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giovedì 20 ottobre 2022

Martin Hoepner - Perché le ingerenze tedesche nella formazione del governo italiano non sono accettabili

"In sostanza, tre politici tedeschi chiedono di non tenere conto del risultato elettorale italiano. È intollerabile. Ogni italiano di buon senso non può che respingere con indignazione l'invasione di campo degli scriventi tedeschi e difendere il mandato democratico della Meloni. I mittenti della lettera confermano così tutti i pregiudizi popolari sull'arroganza dei tedeschi nei confronti dei loro vicini" scrive il grande intellettuale tedesco Martin Hoepner in merito alla lettera di 3 importanti eurodeputati tedeschi inviata al capogruppo del PPE Weber. Da Makroskop.eu


Il 4 ottobre, tre eurodeputati tedeschi, Katarina Barley, Daniel Freund e Moritz Körner, hanno scritto una lettera aperta al Presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, invitandolo a intervenire nella formazione del governo italiano.(...)

In Italia, tuttavia nessuno dubita che Meloni, e con lei i partiti dell'alleanza di destra, abbiano ricevuto dagli elettori un mandato chiaro per formare il nuovo governo. Tre eurodeputati tedeschi, tuttavia, pensano di saperne di più. Si tratta di Katarina Barley del gruppo socialdemocratico S&D, che è anche vicepresidente del Parlamento europeo, Daniel Freund del gruppo dei Verdi (Greens/EFA) e Moritz Körner del gruppo liberale (Renew) - non a caso sono rappresentanti proprio dei partiti che attualmente formano il governo tedesco.

Cosa vogliono gli autori

In una lettera aperta datata 4 ottobre, i tre eurodeputati chiedono a Manfred Weber, anch'egli leader tedesco del gruppo cristiano-democratico del PPE, di utilizzare le sue risorse di potere per garantire che Meloni non venga eletta Presidente del consiglio italiano. Secondo la lettera, infatti, Weber dovrebbe minacciare Forza Italia di essere espulsa dal gruppo del PPE se dovesse formare un governo con la Meloni. La lettera è così fuori luogo, strana, goffa e inquietante che vale la pena di dargli un'occhiata da vicino.

La lettera aperta è disponibile qui. I lettori possono essere certi che la riassumo in modo coerente ed equo nella maniera seguente: la signora Meloni ha posizioni che non sono compatibili con i valori fondanti europei. In particolare, nega i crimini più atroci della storia europea (lo si legge nel primo dei sei paragrafi). Se Forza Italia, che fa parte del PPE, formerà un governo con lei, il risultato sarà un governo di estrema destra. In questo caso, il partito di Berlusconi sacrificherebbe i valori europei fondanti (paragrafi 2 e 3). L'Italia dovrebbe prendere a modello la Germania, dove AfD viene esclusa dalla formazione dei governi (paragrafo 4). Se Forza Italia non seguisse l'esempio, non dovrebbe più avere un posto nel PPE (paragrafo 5). Il PPE deve essere un elemento essenziale di difesa contro i nemici della democrazia di destra (paragrafo 6).



Interferenze nel processo democratico

Tra le obiezioni che emergono, quella strategica è ancora la più innocua: durante la campagna elettorale, Meloni aveva chiaramente attenuato le sue critiche all'Unione europea, presentandosi invece come sostenitrice dell'UE. Certamente, potrebbe essersi trattenuta deliberatamente. Forse la sua avversione all'UE è più profonda di quanto abbia mostrato di recente. Tuttavia, la lettera aperta è un'opportunità per una maggiore, non minore, dissociazione. Gli autori non rappresentano solo il loro Paese d'origine e le rispettive famiglie politiche, ma anche il Parlamento europeo in quanto una delle tre principali istituzioni della legislazione dell'Unione. Spingere verso un maggiore distanziamento prima ancora che il nuovo governo italiano sia riuscito a presentare un programma di governo che possa essere valutato in termini di compatibilità con l'Europa è strategicamente poco saggio.

L'interferenza nelle procedure democratiche è molto più grave. Anch'io credo che ai politici non dovrebbe essere impedito di sostenere i rappresentanti dei loro partiti gemelli europei nelle campagne elettorali, altrimenti come sarebbe possibile stringere dei legami fra i gruppi dei partiti europei? Ma una cosa è la campagna elettorale, un'altra è la gestione dei risultati elettorali e dei processi di formazione del governo che ne seguono. In sostanza, tre politici tedeschi chiedono di non tenere conto del risultato elettorale italiano. È intollerabile. Ogni italiano di buon senso non può che respingere con indignazione l'invasione di campo degli scriventi tedeschi e difendere il mandato democratico della Meloni. I mittenti della lettera confermano così tutti i pregiudizi popolari sull'arroganza dei tedeschi nei confronti dei loro vicini.

Per gli scienziati politici, inoltre, è tutt'altro che chiaro se esiste o meno una strategia ottimale per combattere il populismo di destra e in caso affermativo, quale sia: escluderlo o fargli perdere attrattività attraverso l'inclusione. In Germania si è optato per l'esclusione, in altri casi si è agito diversamente: si pensi all'Austria e alla Svizzera, ai Paesi Bassi, alla Finlandia e alla Danimarca. A volte si è trattato di partecipazione al governo, altre volte di accordi per sostenere governi di minoranza. I nostri vicini europei hanno il diritto di trovare il proprio modo per affrontare i partiti di destra, senza tuttavia dover ricevere istruzioni dalla Germania. A proposito, anche i Democratici di Svezia stanno diventando un partito di governo: la Barley e il co-autore Manfred Weber chiederanno che anche i moderati svedesi siano cacciati dal PPE?

L'Italia non ristagna per sua volontà

Nella lettera dei tre tedeschi manca anche la sensibilità verso le vere ragioni della situazione politica italiana. Invece delle accuse, sarebbe auspicabile un gesto di auto-analisi. Recentemente, Lucio Baccaro ha descritto la politica italiana degli ultimi due o tre decenni come uno stato di emergenza permanente, in cui governi d'emergenza composti da tecnocrati e gabinetti politici di emergenza sembrano alternarsi in un ciclo senza fine: da un governo di esperti che prescrive pillole amare sotto forma di liberalizzazione e austerità al populismo anti-elitario che pone le basi per il prossimo governo di tecnocrati - e così via.



Che questo accada non ha certo solo, ma anche a che fare con il fatto che l'economia italiana dall'introduzione dell'euro praticamente ha smesso di crescere e una delusione ha seguito l'altra. L'UE e in particolare la Germania in questa situazione non sono innocenti. Costringono l'Italia a un corsetto fiscale che spinge la politica di bilancio verso dei costanti avanzi primari. Ciò può essere compatibile con la crescita se allo stesso tempo si registrano anche degli elevati avanzi delle partite correnti. Ma l'Italia, a differenza della Germania, non si trova in una costellazione di sottovalutazione che glielo rende possibile.

Di conseguenza, la combinazione fra svalutazione bloccata e austerità forzata sul bilancio pubblico inibisce l'afflusso di domanda dall'interno e dall'esterno. Chi vuole spezzare il ciclo italiano di tecnocrazia-populismo dovrebbe considerare quali condizioni quadro europee sarebbero necessarie per aiutare l'Italia a imboccare un percorso di crescita sano. E chi come tedesco vuole sostenere l'Italia in questo cammino, dovrebbe prima di tutto riconoscere il proprio contributo alla soppressione degli impulsi di crescita economica in Italia, cioè ammettere e riflettere sui propri errori. Non una parola in questo senso da parte della signora Barley e dei 2 coautori.

Un orrendo fallimento

Come se tutto ciò non bastasse, gli autori della lettera coronano la loro esposizione con un'accusa particolarmente oscura, addirittura ignobile, senza alcuna prova a sostegno: la signora Meloni nega i crimini più atroci della storia europea. Quali siano stati i crimini più atroci della storia d'Europa è fuori discussione. Si tratta dei crimini tedeschi dell'era nazista, culminati nella Shoah. Il futuro capo di governo italiano sarebbe quindi un negazionista dell'Olocausto - chiunque ritenga appropriata, o addirittura possibile, un'interpretazione diversa di questo passaggio della lettera aperta è pregato di farcelo sapere.

Il fatto che la negazione dei crimini nazisti non solo in Germania sia giustamente considerata moralmente riprovevole, ma sia anche un reato penale (si veda il paragrafo 3 del §130 del Codice Penale), conferisce un ulteriore peso all'affermazione. Chissà cosa pensavano gli autori quando hanno formulato la loro accusa (confrontate l'accusa, per esempio, con il contenuto di questa lunga intervista che il giornale israeliano Israel Haymon ha condotto con la signora Meloni). È evidente che i tre eurodeputati tedeschi non hanno il controllo né della loro bocca né della loro scrittura. Si può solo sperare che si scusino formalmente per il loro grossolano errore e che gli italiani sappiano che i tre autori non parlano in nome del popolo tedesco.

sabato 30 maggio 2020

Wolfgang Streeck - Per la politica tedesca è arrivata l'ora della verità

"Chi desidera che l'UE sia sovrana, è libero di chiedere una revisione formale dei trattati, seguita da un referendum laddove questo sia costituzionalmente necessario per rendere efficaci le modifiche ai trattati. Federalismo, perché no - ma per favore alla luce del sole e non come un effetto collaterale delle politiche della BCE, approvate dall'attivismo di un tribunale europeo", scrive il grande intellettuale tedesco Wolfgang Streeck in merito alla sentenza della Corte di Karlsruhe. Per Streeck la sentenza della Corte costituzionale tedesca avrà effetti di vasta portata e per la politica tedesca sta per arrivare l'ora della verità. Un ottimo Wolfgang Streeck da Makroskop

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La sentenza sul PSPP (Public Sector Purchasing Program) della Corte costituzionale federale ha mostrato un'altra frattura nella struttura dell'Unione europea, vale a dire quella fra sistemi giuridici con una diversa concezione della Costituzione. Ci sono dei forti parallelismi con il caso del Regno Unito, dove il modello UE, secondo il quale una costituzione viene modificata passo dopo passo da un tribunale di ultima istanza, si è duramente scontrato con la tradizione radicata in Gran Bretagna di una forte governance parlamentare, fatto che ha contribuito alla Brexit.


Nel conflitto fra la Corte costituzionale tedesca e la Corte di giustizia europea (CGE), assistiamo a una battaglia tra due potenti tribunali di ultima istanza, conflitto che riguarda altro essenzialmente una sola questione di fondo, e cioè: l'UE è un'organizzazione internazionale o uno stato federale?

Una posizione di spicco che fa parte del patrimonio politico del dopoguerra

La posizione di forza della Corte costituzionale federale tedesca è una parte essenziale del patrimonio politico del dopoguerra. È paragonabile alle disposizioni previste dalla Legge fondamentale secondo le quali le truppe tedesche, anche se sono sotto un comando internazionale, non possono essere dispiegate senza un mandato parlamentare strettamente definito. Entrambe le disposizioni limitano fortemente il potere discrezionale dell'esecutivo federale ed entrambe non sono facilmente conciliabili con un altro obbligo costituzionale del governo tedesco, vale a dire: perseguire la cooperazione internazionale come un obiettivo nazionale.

In generale i poteri di vasta portata attribuiti alla Corte costituzionale federale possono rappresentare una restrizione alquanto scomoda per la capacità dei governi tedeschi di agire, sia in politica estera che interna. Ed infatti è proprio cosi', anche se a volte considerare la Corte costituzionale come un potenziale guastafeste può migliorare la posizione negoziale internazionale del nostro paese. D'altra parte, la Corte di solito fa del suo meglio per andare incontro ai governi in carica.

E questo è il caso del PSPP, nell'ambito del quale non è stato impedito alla Bundesbank di partecipare al programma di acquisto di obbligazioni della BCE. Ciò su cui la corte insiste, tuttavia, è il suo potere decisionale, in merito al fatto che gli atti degli organi dello stato tedesco, in particolare della Bundesbank, possano violare i diritti democratici e politici di base dei cittadini tedeschi, in quanto non sono coperti né dalla Legge fondamentale tedesca né dal diritto internazionale attraverso dei trattati legalmente ratificati dallo stato tedesco.

Anche sotto la pressione di una crisi, non è possibile ignorare le costituzioni 

Gli effetti sono di vasta portata. Pur aderendo al proprio mandato costituzionale, la Corte tedesca, infatti, insiste sul fatto che l'UE, la BCE e la Corte di giustizia europea non possano in alcun modo estendere la loro giurisdizione ai diritti dei cittadini tedeschi garantiti dalla Costituzione tedesca. Sebbene possa sembrare un argomento banale, implica che l'Unione europea non è (ancora) uno stato federale, ma dipende ancora dal fatto che i suoi Stati membri le abbiano conferito determinati poteri. (Uno dei giudici pochi giorni dopo il verdetto ha dichiarato in un'intervista ad un giornale: "fino a quando non vivremo in uno stato europeo, l'adesione di un paese è soggetta alla legge costituzionale di quel paese").

La sentenza implica anche che le costituzioni - compresa la costituzione di fatto dell'UE - non possano essere modificate incidentalmente. Né possono essere ignorate sotto la pressione di una crisi, secondo il famigerato detto di Carl Schmitt: "l'emergenza è l'ora dell'esecutivo", per non parlare dell'altrettanto famigerato detto tedesco: "la necessità non conosce comandamenti".

Chiunque desideri che l'UE sia sovrana, afferma la corte, è libero di chiedere una revisione formale dei trattati, seguita da un referendum laddove questo sia costituzionalmente necessario per implementare le modifiche ai trattati. Federalismo, perché no - ma per favore alla luce del sole e non come un effetto collaterale della gestione della crisi da parte della BCE, sanzionato da un tribunale europeo attivista. (Naturalmente una revisione in senso federale dei trattati, in realtà di qualsiasi revisione, può essere esclusa sia oggi che nel prossimo futuro - anche a causa dell'eterogeneità degli interessi degli attuali 27 Stati membri, nessuno dei quali, in particolare i paesi del Mediterraneo, vogliono rinunciare alla loro sovranità).

Domande sulla vera natura e la vera finalità dell'UE

È interessante come i commentatori, sia di destra che di sinistra, non capiscano quanto sia stato grande l'imbarazzo per il governo tedesco dopo la decisione sul PSPP della Corte costituzionale federale, proprio nel momento in cui la Germania si appresta ad assumere la presidenza dell'UE nella seconda metà dell'anno. Cosi' per raffreddare l'eccitazione della retorica internazionale sulla presunta parsimonia della Germania, lo stato tedesco, per confermare la sua egemonia europea, finirà per pagare alle casse dell'UE molto piu' di quanto i suoi elettori alquanto preoccupati avrebbero mai concesso. Ancora peggio, la sentenza ha sollevato la questione di tutte le questioni, la domanda che i governi europei hanno imparato a evitare, vale a dire: qual'è la vera natura e la vera finalità dell'UE?

Deve essere enorme, per la classe politica tedesca, la tentazione di usare le proteste europee contro la Corte costituzionale federale per declassarne il suo rango all'interno della costituzione tedesca. Fatto che amplierebbe enormemente la portata politica dell'esecutivo e sarebbe sicuramente coerente con una tendenza generale presente nelle democrazie capitaliste, con notevoli parallelismi simili agli sviluppi in Polonia e Ungheria, ad esempio. Una riduzione dei poteri della Corte costituzionale federale, tuttavia, non sarebbe facile in quanto la sua reputazione nell'opinione pubblica tedesca resta elevata.

La riforma costituzionale come regalo per il Consiglio europeo?

Una modifica costituzionale che trasformi la Corte costituzionale federale in un tribunale di seconda istanza subordinato alla Corte di giustizia, tuttavia, potrebbe avere delle possibilità. Soprattutto se si riuscisse a dare l'impressione che ciò in qualche modo potrebbe aiutare contro il Coronavirus e la successiva catastrofe economica. La maggioranza dei due terzi richiesta, in parlamento si potrebbe anche trovare, con la SPD e i Verdi che sostituiscono i parlamentari della CDU/CSU che si rifiuterebbero di apportare tale modifica. Non sarebbe forse un bel regalo di Merkel al Consiglio europeo, quando la Germania assumerà la presidenza del Consiglio dell'UE il 1 ° luglio 2010?

Un declassamento della Corte costituzionale tedesca dovrebbe essere benvenuto anche per coloro che - come il filosofo tedesco Jürgen Habermas - chiedono l'istituzione di un esercito europeo come veicolo per la creazione di uno stato europeo. La necessità di ricevere un mandato dal Bundestag spesso si è rivelata essere un problema, soprattutto quando alla Germania è stato chiesto di fornire delle truppe per delle "missioni" in luoghi come Iraq, Libia, Siria, Mali o Afghanistan. Senza la Corte costituzionale, almeno per quanto riguarda la politica estera e la cooperazione internazionale, per il governo tedesco sarebbe stato molto più facile ignorare le preoccupazioni dei parlamentari.

Ursula von der Leyen, attualmente alla presidenza della Commissione europea, nella sua precedente posizione come ministro della Difesa tedesco in più di una occasione si sarà trovata nella impossibilità di fare un favore agli americani o ai francesi a causa delle prevedibili obiezioni del Bundestag. Come presidente della Commissione europea, senza la Corte costituzionale tedesca, sarebbe finalmente in grado di costruire una "cooperazione" militare europea, ad esempio per controllare le ex colonie francesi nell'Africa occidentale.

Violazione della "sovranità europea"?

In ogni caso, subito dopo l'annuncio della decisione della Corte, i deputati dei Verdi al Parlamento europeo hanno chiesto alla Commissione di aprire una procedura formale di infrazione contro la Germania - presumibilmente in nome del patriottismo costituzionale tedesco - sebbene il governo tedesco non abbia fatto nulla per attuare la sentenza, e non è nemmeno chiaro se mai lo farà. Von der Leyen, una lealista di Merkel di lunga data, ha seguito l'esempio esprimendo il timore che diversamente, anche altri paesi dell'Europa orientale come la Polonia, potessero sentirsi incoraggiati a non osservare le decisioni della CGE. In quell'occasione, ha descritto la sentenza PSPP come una violazione della "sovranità europea".

Le procedure di infrazione richiedono tempo e, in ogni caso, alcuni Stati membri si chiederanno cosa ciò significherebbe per la loro sovranità se l'UE dovesse riuscire a rivendicare per sé la sovranità. Forse aspetteranno fino all'ultimo minuto, sperando che i tedeschi si facciano carico delle conseguenze del conflitto. Con ogni probabilità, il processo finirà o addirittura non inizierà se, in cambio, la Germania accettasse di versare piu' soldi nel prossimo bilancio europeo, forse dopo aver massacrato la sua Corte costituzionale come un agnello sacrificale sull'altare dell'europeismo.

Qualunque cosa accada, si può scommettere su due cose. Innanzitutto, il governo tedesco troverà un modo per dare alla BCE la possbilità di continuare a "fare tutto il possibile" per mantenere in vita l'euro. (Se ciò alla fine avrà successo è un'altra questione). L'euro è la miniera d'oro per eccellenza dei tedeschi, mentre non è affatto chiaro perché Italia, Spagna e Francia abbiano così tanta voglia di tenerselo, per la Germania in questa lunga fase di stagnazione capitalista è un'ancora di salvezza.

In secondo luogo, anche se la BCE, il bilancio dell'UE, la Banca europea per gli investimenti e tutti gli altri, grazie a delle iniezioni di soldi europei e alla abile messa in scena di una presunta capitolazione tedesca, per diversi anni ancora continuassero a trovare i mezzi necessari per tenere in piedi e foraggiare le classi politiche della periferia meridionale dell'eurozona ormai in declino, ciò non fermerebbe affatto la devastazione economica dei paesi del Mediterraneo. Perché questa è di natura strutturale, ed è radicata nella rinuncia alla sovranità monetaria dei paesi del Mediterraneo ed è così profonda che non può essere risolta attraverso quei trasferimenti che i governi tedeschi potrebbero permettersi sia economicamente che politicamente.

Il risultato sarà una crescente disuguaglianza fra i paesi dell'Unione monetaria e all'interno dei paesi, e sarà accompagnata da un'ostilità internazionale in crescita costante. Si avvicina l'ora della verità per le vuote promesse fatte dai tedeschi in passato, fatte con la irresponsabile speranza che non dovessero essere mai mantenute. La delusione avvelenerà profondamente la politica europea.

venerdì 17 aprile 2020

Heiner Flassbeck - Le gravi responsabilità della Germania nella crisi economica del sud Europa

"Se gli sforzi in termini di austerità dello stato italiano non hanno funzionato, la responsabilità diretta è dei paesi in surplus del nordChi non se ne accorge e fa finta che tutto dipende solo dalla volontà politica del paese in questione...difetta della necessaria competenza, e forse anche della necessaria comprensione", scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck, il quale poi si chiede: "I paesi del nord proveranno ancora una volta a scaricare sui paesi del sud il prezzo del loro dumping salariale e dei conseguenti avanzi delle partite correnti?". Un ottimo Heiner Flassbeck da Makroskop.eu



"In caso di necessità, l'audacia si fa saggezza", scriveva Niccolò Machiavelli - e aveva ragione. Nei momenti di bisogno emerge l'animo delle persone e si capisce di chi ci si può fidare e di chi no. Diventa evidente anche chi ha la capacità intellettuale di andare oltre le proprie ombre e di mettere in discussione i propri dogmi. Germania, Paesi Bassi e Austria mostrano di non disporre dell'audacia che si fa saggezza. Ci sarà una vendetta amara. 

Per sapere esattamente di cosa si tratta, basta ascoltare l'intervista rilasciata ieri dal Ministro dell'economia Altmaier. Ancora una volta è chiaro che solo quelli che in Europa "negli ultimi anni hanno veramente fatto uno sforzo" ora potranno avere l'opportunità di farsi prestare senza problemi i soldi di cui hanno bisogno per combattere la crisi causata dal Coronavirus e senza dover subire alcun aumento in termini di tassi di interesse. Altmaier lo ha detto letteralmente: 

"Lo stato ... siamo tutti noi. Ma grazie al pareggio di bilancio e al consolidamento delle finanze pubbliche degli ultimi anni, abbiamo creato le condizioni grazie alle quali ora possiamo prendere soldi in prestito, soldi che ci permettono di aumentare temporaneamente la spesa pubblica in maniera significativa in modo da salvare le imprese e quindi salvare i posti di lavoro e con essi la prosperità del Paese ". 

Al contrario, questo significa solo che "gli altri" che non si sono comportati esattamente in questo modo, ora non potranno mettere mano al portafoglio perché non hanno le risorse per farlo. Non hanno creato le condizioni per salvare la loro economia. 


E i media tedeschi – e non poteva andare diversamente - sono saltati su questo carro governativo. In una trasmissione speciale della ZDF di questa settimana (dal minuto 11) sono stati ripetutamente menzionati i paesi "più deboli" del sud e i paesi "economicamente forti" del nord, i quali dovrebbero garantire per i paesi del sud. Su Ntv, invece, non si vergognano affatto di parlare addirittura della "tossicodipendenza da debito" del sud. Ma anche Die Zeit scrive che i paesi tenuti a galla dalla BCE potrebbero "fallire" se i tassi di interesse non restassero per sempre bassi. 

La debolezza della logica dei "forti" 

"Debole" e "forte" sembrano essere delle categorie quasi naturali. I paesi considerati deboli sono quelli che dopo la crisi finanziaria del 2008/2009 non sono riusciti a consolidare i loro bilanci nazionali e a ridurre il loro debito pubblico. E questo nonostante il fatto che un paese come l'Italia abbia compiuto i maggiori sforzi in termini di austerità rispetto a qualsiasi altro paese europeo. "Forti" sarebbero invece quei paesi che come Austria, Paesi Bassi e Germania, hanno usato il "bel tempo" per prepararsi a un'emergenza come quella attuale. 

Tutto ciò, a voler essere precisi, è la visione alquanto ristretta dei tedeschi, una visione che non ha assolutamente nulla a che fare con la logica macroeconomica e quindi non ha nulla a che fare con la realtà nell'Unione monetaria. È anche un'impressionante prova di totale fallimento intellettuale. L'errore di fondo per molti anni è stato il rifiuto da parte della politica tedesca e dei media tedeschi di prendere atto dell'importanza e delle conseguenze causate dal surplus delle partite correnti tedesche. La possibilità o meno di ridurre i disavanzi pubblici, nella attuale situazione economica globale, dipende quasi esclusivamente dalla possibilità o meno di accumulare avanzi delle partite correnti. 

Proprio su questo punto c'è una restrizione logica sotto forma di un gioco a somma zero, perché non tutti i paesi del mondo possono avere contemporaneamente un avanzo delle partite correnti. L'unione monetaria nel suo complesso non può accumulare delle enormi eccedenze delle partite correnti perché cosi’ facendo provocherebbe delle contro-reazioni nel resto del mondo, in particolare negli Stati Uniti. L'euro si apprezzerebbe e così si impedirebbe una strategia di accumulo delle eccedenze delle partite correnti delle stesse dimensioni che la Germania e i Paesi Bassi hanno avuto per anni. Proprio perché ogni paese in surplus ha bisogno dei paesi in deficit, non dovrebbe essere permessa l'arroganza dei paesi in avanzo. La categorizzazione in forte e debole è priva di senso sin dalle fondamenta. 

La stessa logica si applica all'argomento della competitività (ad esempio, Wolfgang Reitzle su WELT). Si sostiene, infatti, che i paesi del sud avrebbero perso competitività e si fa finta che questa sia la loro unica colpa. Chiunque capisca che l’unione monetaria non può continuare ad avere grandi eccedenze delle partite correnti nei confronti del resto del mondo, comprenderà anche quanto è assurda l'idea secondo la quale tutti i paesi avrebbero dovuto e potuto migliorare la loro competitività nel quadro dell'unione monetaria. Questa idea tuttavia non è diventata più logica nel corso degli anni solo per il fatto di essere stata ripetuta come se fosse una preghiera dalla maggior parte dei politici tedeschi, soprattutto da Angela Merkel, oppure perché è stata presa sul serio e considerata una strategia di politica economica per l'Europa e continua ad esserlo ancora oggi. 

Proprio perché, per motivi logici, non tutti i membri dell'unione monetaria possono diventare contemporaneamente più competitivi, i paesi del nord dell'unione monetaria avevano necessariamente bisogno della perdita di competitività dei paesi del sud, altrimenti non avrebbero mai potuto aumentare la propria competitività in maniera così forte. E come è stato possibile? Contrariamente alle regole economiche dell'eurozona, i paesi del nord non hanno aumentato i loro salari quanto sarebbe stato appropriato, dato l'obiettivo di inflazione concordato in maniera congiunta. Se tutti i paesi sin dall'inizio avessero tentato di attuare la stessa politica di contenimento dei salari, l'unione monetaria ben presto si sarebbe trovata in una situazione deflazionistica e nessun paese avrebbe migliorato la propria competitività. L'affermazione sulla competitività (chi la aumenta si comporta correttamente, chi la reduce si comporta in modo sbagliato) è assurda, come lo è quella sui saldi delle partite correnti (i paesi in surplus fanno bene, i paesi in deficit fanno male). 

Aziende che risparmiano e maniaci del surplus come partner commerciali 

Poiché per ragioni logiche il governo può risparmiare e consolidare le finanze pubbliche solo se un altro settore è pronto a sostenerne il debito, i paesi con un deficit delle partite correnti ora si trovano in una situazione senza speranza. Il disavanzo delle partite correnti significa che un paese "assorbe" le eccedenze di risparmio di un altro paese attraverso l'indebitamento (sia del settore privato che dello stato). In altre parole: il divario in termini di domanda del paese in deficit viene ampliato dai paesi in surplus. Tuttavia, poiché quasi ovunque nel mondo il settore delle imprese private è diventato un risparmiatore netto e nessuno stato democratico può costringere le sue società private a indebitarsi, un paese in deficit, i cui partner commerciali stanno facendo tutto il possibile per mantenere o addirittura espandere le eccedenze delle proprie partite correnti, non avrà più alcuna possibilità di limitare il proprio deficit di bilancio publico. 

E ciò significa nient'altro che i paesi in surplus del nord sono direttamente responsabili del fatto che gli sforzi in termini di austerità dello stato italiano non abbiano funzionato. Chiunque non se ne accorga e fa finta che ciò dipenda solo dalla volontà politica del paese in questione, e dal fatto che ci sia o meno un consolidamento delle finanze, difetta della competenza necessaria, e forse anche della necessaria comprensione. Se un paese del sud ha come partner commerciale i maniaci del surplus commerciale del nord e si trova insieme a loro in una unione monetaria, dovrà sperare che nei paesi del nord o almeno nella Commissione europea ci sia un numero sufficiente di persone intelligenti in grado di capire queste connessioni e di sostenere i paesi in deficit. In caso contrario, il paese è perduto, soprattutto in una crisi economica globale come quella attuale. 

Debiti elevati, sempre e ovunque 

Un'altra conseguenza puramente logica di questa crisi sfugge anche alla maggior parte degli osservatori. Si sostiene, ad esempio, che un rapporto debito/PIL al 100 % sarà problematico come lo sarebbe stato all'inizio di quest'anno (sempre che lo sia mai stato). Per l’Italia si calcola già un 180 % e ci si sorprende per questo numero enorme. Il numero comunque ci dice molto poco, ma anche secondo la dottrina dominante, ci potrebbe dire solo qualcosa in relazione al dato corrispondente per gli altri paesi. 

Se, sulla scia della crisi globale causata dal corona-virus, il rapporto debito pubblico/PIL dovesse aumentare di 30 o 40 punti percentuali in quasi tutti i paesi, la valutazione a livello macroeconomico del livello di indebitamento di un paese riguarderà il confronto con gli altri paesi, ma non il confronto dei semplici numeri di un determinato paese con delle norme valide in precedenza. Anche l’UE dovrà capirlo, in relazione alla sua norma sul rapporto al 60% fra debito e Pil. Chiunque insista sul fatto che dopo questa crisi tutti i paesi dovranno tornare a questo standard - il Ministro federale dell'economia (vedi l'intervista sopra) sembra davvero crederci - commetterà un grave errore. 

Anche nel Trattato di Maastricht non c'è mai stata una giustificazione sostanziale per un rapporto debito/pil al 60%. Il tentativo di costringere l'intera zona euro a ridurre i deficit pubblici verso l’obiettivo del 60% dopo la crisi causata dal Coronavirus non avrà alcuna possibilità di successo a causa del ruolo di risparmiatore netto assunto dal settore delle imprese private. Piuttosto, qualsiasi tentativo in questa direzione rafforzerà ulteriormente il desiderio di risparmio del settore delle imprese e delle famiglie, in quanto renderanno ancora piu’ difficile qualsiasi sviluppo macroeconomico positivo dopo la crisi e quindi ogni singolo operatore economico cercherà di difendere il proprio denaro. I paesi del nord proveranno ancora una volta a scaricare sui paesi del sud il prezzo del dumping salariale e dei conseguenti avanzi delle partite correnti frutto del loro tentativo di voler apparire buoni e forti? 

Si tratta di qualcosa evidentemente assurdo, e chi proverà a farlo avrà l'Europa sulla propria coscienza. Se ciò dovesse accadere, i paesi del sud, compresa la Francia, dovranno insistere affinché i nordici "virtuosi" escano dall'euro per sostenere le conseguenze delle loro misure di austerità sotto forma di una valuta forte che si aprezza e di una disoccupazione di massa. 

Anche la politica monetaria rimane tabù 

La Bank of England ha recentemente annunciato che in via temporanea, cioè per superare il periodo della crisi, finanzierà direttamente lo stato, in modo che non sia piu’ necessario percorrere la strada che porta al mercato dei capitali. Questo atteggiamento pragmatico della banca centrale inglese, esplicitamente indicato come una misura anti-crisi, ci mostra ancora una volta che osare durante una crisi può essere saggio. D'altra parte, nella zona euro, e in particolare in Germania, è ancora un tabù parlare del ruolo della politica monetaria e del fatto che la politica monetaria deve e ovviamente finanzierà gli Stati durante la crisi. 

Ancora una volta, il dogma dell'indipendenza della banca centrale e della autoresponsabilità della politica finanziaria ostacolano un approccio sobrio e appropriato. Invece di discutere dei corona-bonds, i ministri delle finanze dovrebbero essere così audaci e affermare che la BCE farà in modo che tutti i paesi possano prendere in prestito esattamente allo stesso tasso di interesse perché non c'è alcun merito proveniente dal passato che possa dare agli attori sul mercato dei capitali il diritto di classificare i paesi in base ad una qualsiasi scala e di farli giocare l’uno contro l'altro, in modo da arricchirsi con questo gioco. Poiché non c'è né buono né cattivo, né forte né debole, avrebbero dovuto dire: abbiamo deciso di fare esattamente ciò che è necessario, ovvero dare a tutti i paesi dell'Unione monetaria la possibilità di aiutare le persone in un momento così straordinariamente difficile e di proteggerle dalle conseguenze economiche di un disastro naturale.
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giovedì 24 maggio 2018

Heiner Flassbeck: le nuove idee italiane sono ragionevoli e i tedeschi devono avviare un dialogo con il nuovo governo

Per il grande economista Heiner Flassbeck le nuove idee italiane sono ragionevoli e giuste mentre i leader politici del nuovo governo hanno gli attributi per sfidare l'arroganza tedesca. Frau Merkel farebbe bene ad aprire un dialogo con gli italiani, prima che sia troppo tardi, per la Germania e per l'Europa. Da Makroskop.eu


Non è chiaro se Petra Gerster fosse consapevole di cio' che stava dicendo durante la trasmissione Heute della ZDF (qui) quando ha aperto il primo servizio affermando che l'Italia ha attualmente 2.300 miliardi di euro di debito e i nuovi populisti, arrivati al potere a Roma, in realtà vorrebbero fare solo delle riforme molto costose. Il suo collega Claus Kleber, con il suo ineguagliabile mix di ignoranza e arroganza, un po' piu' tardi ha detto che gli italiani dovranno essere "messi alla briglia" da Bruxelles, se vogliamo che l'eurozona continui ad esistere.

In questi giorni la stupidità macroeconomica ancora una volta celebra il suo momento piu' alto. E chiamarla stupidità non è un eccesso, piuttosto un eufemismo. Certo, si tratta ancora della stupidità della casalinga sveva che non riesce a capire che non puo' esserci alcun miglioramento economico senza un aumento del debito. In particolare non vuole capire che anche in Germania la situazione economica migliora solo quando il debito aumenta. Ma per noi è indifferente, ci arrabbiamo solo quando - oh orrore - improvvisamente ci rendiamo conto che gli altri sono ancora piu' indebitati di prima.

E' molto pericoloso

Fino ad ora per le persone illuminate questo dibattito era stato piu' che altro una ragione sufficiente per lamentarsi dell'ignoranza della politica e della società in materia di economia, ma ora il senso del dibattito sta cambiando radicalmente. Perché ora la stupidità collettiva del nord Europa, massicciamente rafforzata dai media, degenera in una controversia politica che potrebbe danneggiare non solo l'Europa, ma presumibilmente anche la democrazia, se non addirittura finire per distruggerla.

Le sciocchezze strombazzate ogni giorno nei "moralissimi" e "avanzatissimi" paesi del nord, questa volta non riguardano un piccolo governo ingenuo e alla fine arrendevole come quello greco. Questa volta si tratta del governo di un grande paese che è stato esplicitamente votato dai cittadini per rivedere il coinvolgimento dell'Italia in Europa ed eventualmente metterlo in discussione nel caso in cui non sia piu' possibile negoziare una modifica di tale coinvolgimento. E si tratta - almeno nel caso della Lega - di un partito che ha le competenze economiche per misurarsi anche intellettualmente con l'Europa tradizionale, il che non significa altro che poter chiamare apertamente la stupidità nordica per quello che è, appunto stupidità.

Quando gli "estremisti di destra" sono spinti al radicalismo

Ancora piu' importante è che la Lega di Matteo Salvini ha un segretario con la faccia tosta e la brutalità necessaria per non farsi intimidire dai burocrati di Bruxelles e dai diplomatici degli altri paesi. Per lui la resistenza del Nord Europa significa solo affidarsi alla prossima opportunità, vale a dire nuove elezioni, per diventare cosi' forte da non doversi piu' interessare degli appellativi del nord, come "xenofobo" o "radicale di destra".

Non voglio ripetere quello che ho detto altrove sulla situazione economica italiana e sulle sue prospettive (link). Tuttavia, il rifiuto da parte del nord di riflettere sulle legittime preoccupazioni del sud ci ha portato esattamente al punto in cui ci troviamo oggi.

E questo era chiaramente prevedibile il 5.12 del 2016 (dopo il referendum) quando scrivevo:

"La Germania, con la sua insistenza sulle regole del patto di stabilità e crescita, per ragioni puramente ideologiche blocca ogni tentativo di uscire dalla crisi dal lato della domanda.

La via di uscita dalla crisi europea porta direttamente al nazionalismo. Per questo non è esagerato dire che la Germania è direttamente responsabile del nazionalismo nel sud-Europa. Del nazionalismo del nord è responsabile solo indirettamente: soprattutto per aver mentito ai tedeschi raccontando che il sud pigro dipende dai trasferimenti del nord, aprendo quindi la strada ai partiti di destra. 

Ora bisogna guardare a come i politici e i media tedeschi, considerando questi fatti, gestiranno la questione europea e le responsabilità tedesche. Potremo cosi' capire qual'è il livello di confusione in Europa. Unire i punti che permettono alla politica di fare qualche passo nella giusta direzione è un compito molto difficile. Il terremoto italiano e l'ascesa del nazionalismo austriaco con un po' piu' di lungimiranza potevano essere evitati. Ma la lungimiranza e la comprensione non sono qualcosa che possiamo aspettarci dal sistema politico, mediatico ed accademico, in Germania e in Europa" 

Ed è andata esattamente cosi'. Ma di una tale riflessione nel nord non c'è alcuna traccia. Sempre la stessa attitudine testarda, l'insistere sempre sulle stesse regole (obiettivamente false), ignorando pero' quelle che invece riguardano la Germania stessa. Ma il modo in cui la Germania, insieme alla sua "stampa libera" e alla sua "scienza libera" continua a non tenere affatto conto delle regole previste in merito alla limitazione degli avanzi delle partite correnti, difficilmente puo' essere espresso a parole.

Siamo certamente l'incarnazione della saggezza e della solidità e per questo ci guardiamo bene anche solo dall'avviare un dialogo con gli altri sui possibili errori del passato. Ma chi oggi si rifiuta di entrare in un dialogo dal risultato aperto con un nuovo governo eletto democraticamente, di qualsiasi colore esso sia, nonostante la richiesta sia economicamente motivata, finirà per raccogliere una tempesta fascio-nazionalista, che a confronto, cio' che stiamo vivendo ora è solo una leggera brezza.