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domenica 23 febbraio 2020

"In Germania è in corso una guerra civile nascosta"

Punto di vista senza dubbio interessante quello di László Földi, un alto funzionario del governo ungherese, dopo la strage di stampo neonazista di Hanau. Per Földi in Germania sarebbe già in corso una guerra civile a bassa intensità fra una parte della società tedesca e i migranti. Ne scrive Epoch Times, testata online considerata vicina ad AfD.


László Földi, colonnello ungherese ed ex funzionario dell'intelligence del ministero degli Interni ungherese, si è pronunciato in maniera molto critica sulla situazione tedesca e sulle violenze di Hanau. Lo riferisce l'agenzia di stampa ungherese MTI. Alla televisione di stato ungherese M1 in riferimento ai fatti di Hanau venerdì 21 febbraio ha detto:

"In Germania è in corso una guerra civile nascosta perché i tedeschi rispondono agli attacchi jihadisti con l'autodifesa"

L'ex direttore operativo del Ministero dell'interno ungherese spiega: "Il riflesso dell'autodifesa" è sorto perché la migrazione ha distrutto il mondo abituale in cui vivevano i tedeschi.

La migrazione in Germania assume una forma speciale, continua Földi. “I migranti sono comparsi in tutte le grandi città di tutti i paesi dell'Europa occidentale. Per evitare ciò, invece, il governo tedesco ha deciso di suddividere le masse, in maniera legale o illegale. Improvvisamente sono comparsi anche nelle piccole città".

Secondo Földi il problema risiede nel fatto che la vita abituale degli abitanti nelle piccole città è stata gravemente disturbata. "Poiché i migranti non parlano nemmeno il tedesco, pensano in maniera molto diversa". La vita della gente del posto è stata messa sotto sopra, ha continuato l'ex ufficiale.


Hanau: I migranti vengono perdonati, i tedeschi no

L'ex funzionario dell'intelligence ungherese spiega inoltre che il governo tedesco urla "terrorista" quando si tratta di un'azione di estrema destra. Se invece ad essere colpevoli sono i migranti, allora vengono perdonati. A suo avviso, la società tedesca non può tollerare questa situazione a lungo.

La politica non si assume alcuna responsabilità per la situazione e cataloga come fascisti tutti coloro che auspicano un ritorno alla vita precedente l'ondata migratoria del 2015, ha aggiunto Földi. Ma questi sono solo "sostenitori della normalità".

Il moderatore del programma "Ma Reggel" ("Questa mattina") pone la domanda: "Non è forse questa la risposta della società a questa situazione, il motivo per cui AfD sta diventando sempre più forte?" Földi risponde: "Sì, vengono rappresentati come un partito fascista, ma è un'assurdità"

Fascismo significa negare qualcosa che esiste e creare qualcosa di completamente nuovo, ha continuato l'ex direttore. "Ma loro vogliono tornare allo stato prima del cambiamento. Per questo io direi che la normalità in realtà è la vera politica e filosofia di AfD. AfD nel lungo periodo avrà successo perché pensano quello che la gente vuole”, ha affermato László Földi.

Földi ha continuato: “Se prima del 2015 eri un turista, ti trovavi in Germania e ti volevi fermare da qualche parte, non cercavi un hotel nelle grandi città. Bastava uscire dall'autostrada e cercare una locanda in un piccolo paese ”.

L'ex ufficiale ha poi spiegato il perché: “L'atmosfera semplicemente era piacevole. Non c'era bisogno di chiudere le porte o i cancelli a chiave. Non c'era motivo di farlo: tutti conoscevano tutti, tutti facevano il loro lavoro e tutti erano felici. Ed è esattamente quello che è cambiato"

venerdì 31 gennaio 2020

"Draghi ha distrutto la fiducia in una antica virtù tedesca: la parsimonia"

L'assegnazione della Croce di Merito tedesca a Mario Draghi, come era prevedibile, divide la stampa in due fazioni: da un lato i filo-europeisti lodano la scelta del presidente tedesco, dall'altro gli euro-critici e i liberal-conservatori attaccano Steinmeier accusandolo di totale mancanza di empatia nei confronti dei sentimenti del popolo tedesco, che in larga parte sarebbe vittima delle scelte della BCE a guida italiana. I sagaci commentatori della Bild-Zeitung tuttavia omettono di ricordare che grazie "all'italiano", come lo chiamano loro, dal 2011 il DAX è piu' che raddoppiato, che il valore degli immobili continua a crescere senza sosta, che il governo federale ha risparmiato oltre 400 miliardi di interessi passivi sul debito, che dal 2020 non ci sarà piu' la perequazione fiscale fra i Laender e che dal 2021 il tanto odiato "Soli" sparirà, per non parlare del lunghissimo boom economico degli ultimi 7 anni, degli aumenti salariali, e si potrebbe continuare.... Epoch Times, testata online vicina ad AfD, raccoglie alcune delle critiche comparse in questi giorni sulla stampa tedesca. 



Venerdì il Presidente della repubblica Frank-Walter Steinmeier presso lo Schloss Bellevue di Berlino assegnerà la Gran Croce di merito di 1a classe della Repubblica federale tedesca a Mario Draghi, presidente per molti anni della BCE, incarico conclusosi nell'ottobre 2019. Il riconoscimento è stato proposto dal Ministro degli esteri Heiko Maas. 

Una certa sorpresa in merito all'assegnazione del riconoscimento era già stata espressa in anticipo anche dal portale "Bloomberg". Nell'articolo, infatti, era scritto che l'ex presidente della BCE questa settimana riceverà il massimo riconoscimento tedesco, "ma probabilmente non avrà l'amore immortale del paese". Il portale di notizie finanziarie considera degno di nota anche il fatto che, a differenza dei suoi predecessori Jean-Claude Trichet e Wim Duisenberg, Draghi non abbia ricevuto il premio durante il suo mandato. 

"Bild Zeitung": "Croce di merito più costosa" nella storia del paese 

Il motivo ufficiale dell'onoreficienza assegnata a Draghi è che egli è riuscito a salvare l'euro. Nell'ambito della crisi greca e e della crisi causata dall'elevato onere debitorio negli altri paesi dell'Eurozona, la persistenza della moneta unica era stata piu' volte messa in discussione. Gli enormi impegni in termini di responsabilità condivisa sul debito, condivisi affinché i paesi colpiti dalla crisi non uscissero dall'euro, e garantiti dai paesi dell'eurozona con un bilancio in pareggio, in Germania in piu' occasioni erano stati oggetto di critica. La "Bild-Zeitung" già all'inizio di questa settimana aveva scritto "dell'ordine di merito più costoso che il nostro paese abbia mai assegnato". 

Ancora più controversa degli eurosalvataggi era stata la politica dei tassi di interesse a zero che Draghi aveva prescritto all'eurozona, combinata con i programmi di acquisto delle obbligazioni che aveva ordinato alla BCE e che continueranno ad essere portati avanti anche dopo aver lasciato l'incarico. Secondo Philip Fabian, il commentatore della "Bild", i tassi di interesse a zero di Draghi, ai risparmiatori tedeschi sono costati 120 miliardi di euro in termini di potere d'acquisto reale. Secondo i calcoli di Comdirekt e Barkow Consulting, riportati dalla "Westdeutsche Zeitung", dal 2011 sarebbero stati addirittura 133,3 miliardi di euro. 

I risparmiatori tedeschi, inoltre, devono fare i conti anche con gli interessi negativi sui loro risparmi. La conclusione di Fabian: “Con la sua politica monetaria, Draghi ha distrutto la fiducia in una antica virtù tedesca: la parsimonia. La Germania per questo non dovrebbe onorarlo". 

Il più stretto alleato della Merkel durante la crisi dell'euro 

Anche il deputato della CDU al Bundestag, Klaus-Peter Willsch, critica con forza il riconoscimento assegnato a Draghi. Secondo Willsch "Draghi non merita la Croce al merito federale perché ha abusato dell'indipendenza della BCE minando il divieto di finanziamento agli stati". Con la sua dottrina dei bassi tassi di interesse ha anche "danneggiato gravemente i risparmiatori tedeschi". 

La controversie che Draghi ancora suscita in Germania illustrano chiaramente le sfide che il suo successore Christine Lagarde dovrà affrontare quando si tratterà di costruire dei ponti verso l'economia più importante dell'area monetaria, continua Bloomberg. Per questo Lagarde ora sta persino cercando di imparare il tedesco e di stabilire dei contatti con i funzionari di ogni livello. 

Secondo il portale, il fatto che ora Draghi nonostante tutte le controversie emerse dovrebbe ricevere un riconoscimento di cui "difficilmente aveva più bisogno rispetto a quelli già ottenuti" è un atto di riconoscimento da parte della Cancelliera tedesca Angela Merkel - per l'impegno di Draghi nel salvataggio dell'euro. Nel 2012 aveva dichiarato di voler fare "tutto ciò che è necessario" per evitare la fine dell'eurozona. In questo modo aveva dato sostegno a Merkel che all'epoca aveva annunciato: "se l'euro fallisce, fallisce l'Europa!" 

"La spada di Damocle del fallimento incombe ancora sull'eurozona" 

In una rubrica sul blog „Tichys Einblick“, l'esperto di politiche di bilancio Oswald Metzger, che nel 2008 è passato dai Verdi alla CDU, ipotizza che da parte della leadership politica tedesca non si alzeranno delle critiche quando Draghi venerdì arriverà a Berlino. Il tenore sarà piu’ o meno questo: Draghi ha salvato la zona euro. 

Il fatto che Draghi in realtà "abbia organizzato un massiccio trasferimento di ricchezza dall'Europa settentrionale a quella meridionale per spingere verso il basso i tassi di interesse dei paesi debitori" solleva dei dubbi sull'adeguatezza del premio, come del resto la bolla che la sua politica dei tassi di interesse a zero ha creato nei mercati immobiliari e azionari. Ma Metzger teme che presto questa bolla potrebbe scoppiare, con conseguenze gravi quanto quelle viste al tempo della crisi finanziaria degli anni 2010. 

"Le aziende che oggi sopravvivono solo perché possono permettersi di rimborsare il proprio debito grazie ai bassi tassi di interesse crolleranno e porteranno con sé verso l'abisso un certo numero di banche” 

Il suo successore Lagarde farebbe bene a tirare il freno, dice Metzger. Quanto più a lungo la politica della BCE di Draghi proseguirà anche sotto Christine Lagarde, tanto minore sarà la possibilità di un aumento dei tassi graduale e sostenibile, come la fine degli acquisti di obbligazioni. 

Inoltre, sempre secondo Metzger, il giubilo per il salvataggio dell'euro potrebbe rivelarsi prematuro: "La spada di Damocle del fallimento è ancora sospesa sull’eurozona, anche se è sempre meno al centro dell'attenzione politica".
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lunedì 17 dicembre 2018

Deutsche Bank simbolo del declino tedesco

"C'è stato un tempo in cui Deutsche Bank era considerata l'incarnazione delle virtù tedesche: serietà, affidabilità, solidità e onestà...", peccato ora non sia piu' cosi'. Quello di Deutsche Bank è solo uno fra i numerosi scandali degli ultimi anni, e qualcuno inizia a chiedersi se anche per la grande Germania i tempi buoni non siano definitivamente passati. Una interessante riflessione di Hubert von Brunn da Epoch Times, una testata online con qualche simpatia populista.


C'è stato un tempo in cui - i più anziani ricorderanno - Deutsche Bank era considerata l'incarnazione delle virtù tedesche: serietà, affidabilità, solidità e onestà... E grazie a queste qualità eccezionali DB godeva di un'ottima reputazione internazionale, arrivando ad essere una delle più grandi banche mondiali. Fino a quando lo svizzero Josef Ackermann nel 2002 ne ha assunto la guida e nei suoi 10 anni di mandato ha trasformato questo faro dell'economia tedesca in un cumulo di macerie. Proprio laddove un tempo dei potenti imprenditori e degli statisti facevano la fila per siglare degli affari, nelle ultime settimane ci sono state le perquisizioni dei funzionari della polizia criminale, della polizia federale e del dipartimento investigativo fiscale, perquisizioni che hanno riguardato anche gli uffici esecutivi.

Ancora una volta si tratta di riciclaggio di denaro. Per ora ci sarebbero due dipendenti di alto livello sospettati di aver aiutato i clienti a creare delle società fittizie nel paradiso fiscale delle Isole Vergini per ripulire del denaro. Secondo le comunicazioni iniziali della procura, in ballo ci sarebbero anche i "profitti" derivanti dalle attività criminali. Le indagini sono in corso da agosto e si riferiscono agli anni fra il 2013 e il 2018. Ackermann era già da tempo a proprio agio nel suo castello in Svizzera. Le irregolarità che ora sono oggetto di indagine si sarebbero quindi verificate sotto i suoi successori: Anshu Jain (indiano britannico) e John Cryan (britannico).

Non siamo ancora fuori dal pantano

Avete notato qualcosa? Per oltre 16 anni la più grande banca tedesca non è stata gestita da un tedesco. 16 anni in cui arroganza, avidità e debolezze di carattere si sono fatte largo nelle torri gemelle di Francoforte e hanno trasformato Deutsche Bank, un tempo un istituto rispettato, in una banca dalla reputazione molto dubbia. Dalle file della sinistra si è anche alzata la richiesta di ritirare la licenza bancaria appesa al muro della banca. Non siamo ancora arrivati ​​a questo punto, ma il mondezzaio che l'attuale presidente Christian Sewing - di nuovo un tedesco - dovrà cercare di ripulire, è davvero un compito titanico. Operazioni rischiose sui mutui (in particolare negli Stati Uniti), tassi di interesse manipolati, riciclaggio di denaro, Panama Papers, off-shore Leaks, transazioni azionarie cum-ex, ecc - i dirigenti di Deutsche Bank hanno partecipato a tutti questi affari loschi riempiendosi le  tasche. E ciò ha già portato a innumerevoli procedimenti legali e a oltre 20 miliardi di euro di multe. E il pantano - come si può ben vedere - è tutt'altro che asciutto.

Come abbia fatto una banca così rispettabile a portarsi in casa un incosciente come Josef Ackermann, una mente ragionevole difficilmente riesce a capirlo. Lo svizzero nel 2004 era già stato inquisito nel processo Mannesmann per irregolarità nella battaglia per l'acquisizione combattuta con Vodafone. Non importa, si è comportato come un Messia, ha mostrato il segno della vittoria e si è seduto comodamente sulla poltrona di presidente esecutivo di DB con uno stipendio annuale di circa 13 milioni di euro. Nel 2005 ha suscitato un vero scandalo quando contro tutte le voci che lo mettevano in guardia ha voluto fissare il folle obiettivo di raggiungere un rendimento sul capitale proprio pari al 25% (!).  Mentre annunciava la riduzione di 6.400 posti di lavoro, un grido di indignazione attraversava il paese. E tutto ciò accadeva proprio il  giorno dopo che il numero dei disoccupati in Germania per la prima volta aveva superato i cinque milioni. I politici e i sindacalisti all'epoca parlavano di un "porcheria", vedevano al lavoro "stupide persone che pensano solo al denaro" e chiedevano di boicottare la banca. Da allora in poi è andato tutto a picco. Ackermann & Co. non solo hanno rovinato il bilancio e il prezzo delle azioni di Deutsche Bank, ma anche la sua reputazione, che per molti decenni fin ad allora in tutto il mondo non era mai stata messa in discussione.

Il mondo ci ride dietro

Ma non è abbastanza. Il disastro Deutsche Bank, anche preso singolarmente, sarebbe già abbastanza grave, se poi lo si inquadra nel concerto dei fallimenti che in questi ultimi anni la Germania ha mostrato al resto del mondo, la questione allora si fa enorme. C'è il tentativo senza speranza di costruire un aeroporto nella capitale. Semplicemente non ne vuole sapere di avere successo. I guasti si sommano ai guasti - e il mondo ride a crepapelle. Il Dieselgate! L'avidità e l'arroganza hanno messo a repentaglio il fiore all'occhiello dell'economia tedesca, l'industria automobilistica, in particolare Volkswagen. Quali incredibili profitti siano stati fatti dalla società negli ultimi decenni, lo dimostra il fatto che i 20 miliardi di dollari di sanzioni che VW è stata condannata a pagare negli Stati Uniti non hanno impressionato piu' di tanto l'azienda. Il danno di immagine che i marchi premium tedeschi con i loro imbrogli hanno fatto al marchio di qualità "Made in Germany" tuttavia è immenso. Mentre le condanne contro le aziende tedesche arrivano principalmente dagli Stati Uniti.

Alla stessa maniera è stato colpito anche il gigante della chimica Bayer, dopo aver inghiottito il concorrente americano Monsanto. All'improvviso c'è una valanga di cause legali - e persino multe per ca. 80 milioni di euro - dovute alla produzione di glifosato. Per decenni la Monsanto ha fabbricato questo pesticida e l'ha usato in tutto il mondo,  Stati Uniti compresi. Ma ciò non era mai stato un problema. Solo dopo che la società tedesca ne è diventata proprietaria, si è invece trasformato in  un problema.

Cosa c'è che non va in Germania?

Per non dimenticare la Bundeswehr. In varie missioni all'estero, dove di fatto l'esercito non ha nulla da cercare, le truppe vengono duramente messe alla prova, mentre  in realtà non riescono nemmeno a garantire il loro compito primario, cioè la difesa nazionale: perché le navi non galleggiano, i sommergibili non si immergono, gli elicotteri non volano e i Panzer non si muovono.  Il mondo ci ride dietro, e poi l'aereo del governo, che ha sempre dei problemi, e che recentemente ha costretto la Cancelliera ad arrivare al vertice del G-20 a Buenos Aires con un giorno di ritardo. La situazione è ancora più imbarazzante e il mondo intero ci ride dietro.

Cosa c'è che non va in Germania? La terra di poeti e pensatori, inventori, ingegneri, scienziati e innovatori? Non ce la facciamo piu'? Abbiamo già sparato tutte le nostre cartucce e dobbiamo solo guardare a come altri paesi - Cina, Svizzera o Turchia - riescono a terminare grandi progetti apparentemente senza troppi sforzi? Al momento sembra proprio che sia così. L'antica reputazione che un tempo avevamo di economia di grande successo, è stata messa in discussione da ben note società (vedi sopra) per avidità e arroganza.

Un paese con un'economia forte ha anche bisogno di una leadership adeguata, specialmente nell'era della globalizzazione. Ma questo è esattamente ciò che non abbiamo - e sembra che non lo avremo anche nei prossimi anni. Come abbia fatto la rivista americana "Forbes", a nominare la cancelliera Merkel la "donna più potente del mondo", non mi riesce proprio di capirlo.

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giovedì 29 novembre 2018

Die Welt: "il Migration Compact è un invito a tutti, un programma di immigrazione senza precedenti"

A scriverlo non è il solito foglio di estremisti dell'est ma la liberale e liberista Die Welt tramite la penna del direttore Stefan Aust il quale si è preso la briga di analizzare il testo del famoso Global Compact for Migration dell'ONU ed insieme al collega, il giornalista investigativo Helmar Büchel giunge ad una conclusione drastica: dopo il voto di approvazione del Bundestag la Cancelliera farebbe meglio a dimettersi per non dover assistere agli effetti dell'accordo. Ne parla Epoch Times



I giornalisti vicini ad AfD e gli altri critici del Migration Compact delle Nazioni Unite vengono continuamente accusati dai partiti politici tradizionali di diffondere inconsistenti teorie allarmiste e complottiste. 

Tuttavia anche il direttore di "Die Welt" Stefan Aust e il suo collega giornalista investigativo Helmar Büchel, dopo un'analisi approfondita del documento consigliano apertamente alla cancelliera Angela Merkel di ritirarsi dalla politica subito dopo l'entrata in vigore del controverso accordo:

"se la Cancelliera è intelligente, allora dovrebbe ritirarsi dalla politica attiva il prima possibile, così da non farsi trovare in carica quando ci sarà da gestire le conseguenze del Migration Compact".

Nonostante le rassicurazioni in merito alla natura non vincolante dell'accordo, i due professionisti dei media sostengono che dopo il

"flusso dei richiedenti asilo, arriverà presto un altro flusso, quello dei migranti per motivi economici ".

E non dovranno nemmeno aspettare troppo prima di vedere riconosciuto il loro status.

Aust e Büchel si riferiscono alle rassicurazioni fornite da Angela Merkel durante il congresso CDU di Essen nel dicembre 2016, secondo cui l'apertura delle frontiere nell'estate del 2015 in seguito ad una sua decisione unilaterale, sarebbe stata una "scelta irripetibile dettata da motivi umanitari", un'eccezione non valida per i cosiddetti migranti economici.

Il Migration Compact rende tutto cio' obsoleto, perché 

"di fatto estende i diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati di guerra, a tutti coloro che, per ragioni economiche - comprensibili - lasciano i loro paesi d'origine e cercano fortuna nelle regioni ricche del mondo, specialmente in Europa"

L'Austria con le sue preoccupazioni ha ragione 

Anche gli autori dell'analisi, come del resto il governo federale austriaco, che ha  giustificato allo stesso modo la decisione di non firmare il patto, ritengono che il patto non crei una legge vincolante direttamente applicabile, ma la cosiddetta "legge soft" che ne emerge, tuttavia, svilupperà nel tempo la propria dinamica e i propri effetti. Le potenti ONG potrebbero utilizzarlo in futuro come metro di giudizio per valutare l’operato dei governi e gradualmente il testo potrebbe anche entrare nei corrispondenti procedimenti legali in materia di asilo e di respingimento.

Per quanto riguarda la "candida" rassicurazione fornita dal governo tedesco, secondo il quale l'accordo sarebbe "politicamente, ma non giuridicamente vincolante", Aust e Büchel hanno un messaggio chiaro: "alla fine potrebbe non esserci alcuna differenza". Alcuni membri della Fondazione Wissenschaft und Politik (SWP), il "think tank" vicino al governo federale, come ad esempio Steffen Angenendt e Nadine Biehler, avevano bollato la bozza dell'accordo nell'aprile del 2018 come "non sufficientemente ambiziosa".

A livello mondiale il numero dei rifugiati e dei migranti è in aumento, ed entrambi i gruppi finiscono sempre più per mescolarsi fra loro. Ciò rende molti governi incapaci o non disposti a rispettare i loro obblighi di protezione nei confronti dei rifugiati. "Crescono le divisioni e l'unilateralismo nazionale - con il risultato che la protezione globale dei rifugiati si sta erodendo", proseguono dalla SWP. La conseguenza in questa situazione per loro sembrerebbe essere solo una: immigrazione illimitata e diritti uguali per tutti. Di fatto "l'eccezione umanitaria" del 2015 si trasformerebbe in uno stato permanente.

Merkel, scrivono gli autori su "Die Welt", ha de facto sostituito l'articolo 16 della Costituzione tedesca, il quale intendeva limitare il diritto di asilo ai  perseguitati politici – con delle restrizioni peraltro per chi entra in Germania da paesi terzi:

"sebbene anche in passato nessuno fermava i richiedenti asilo che senza autorizzazione si dirigevano verso la Germania, Merkel di fatto ha concesso a questa immigrazione illegale di massa la  benedizione del governo".

Heusgen è stato premiato dall'ONU con un posto per la moglie

Il governo federale si vanta anche di aver guidato i lavori di preparazione del Migration Compact delle Nazioni Unite dal punto di vista del "contenuto politico, del personale e del finanziamento", con l’intento di sottolineare il "ruolo di regista internazionale in materia di asilo e migrazione" del governo di Berlino. Il riferimento fatto da "Die Welt" agli sforzi del rappresentante permanente della Germania presso le Nazioni Unite, Christoph Heusgen, per fornire anche a sua moglie una posizione ben pagata presso l'ONU - sforzo in cui alla fine ha avuto successo - chiarisce che l'atteggiamento moralmente buonista spesso ripaga anche sul piano personale.

Il Patto per i rifugiati (GCR) ha come obiettivo, secondo il governo federale, quello di una più equa suddivisione delle responsabilità internazionali nei grandi movimenti dei profughi, il Migration Compact (GCM), dovrebbe invece rappresentare la base giuridica per una gestione globale della migrazione, in maniera sicura e regolare. E la Germania, come viene sottolineato con un certo orgoglio, ha attivamente contribuito a modellare il progetto dei due patti con delle proposte sul contenuto di entrambi i documenti.

Anche in questo ambito ci si augura che "am deutschen wesen soll die welt genesen" (tutto il mondo dovrà imparare dai tedeschi) e alla fine anche gli altri stati potranno introdurre le stesse norme tedesche in materia di politiche migratorie - con una conseguente riduzione della pressione migratoria verso la Germania. Altri paesi, persino la Danimarca e la Svezia, che non la pensavano in questo modo, hanno rispedito una parte dei rifugiati verso la Germania.

A cio' si aggiunge il "Piano delle grandi autorità mondiali" - per molto tempo considerato una teoria complottista di destra - per così dire, "un piano dall'alto verso il basso", e cioè compensare attraverso le migrazioni il declino demografico, la contrazione della forza lavoro e l'invecchiamento generale della popolazione. Dal 1995 al 2050 solo la Germania avrebbe bisogno di un'immigrazione netta di 25,2 milioni di persone.

Il corrispondente studio è stato pubblicato nel 2000 dalla divisione delle Nazioni Unite che si occupa di popolazione, allora guidata da Antonio Guterres, oggi segretario generale dell'ONU, il quale considera il Migration Compact come una "opportunità senza precedenti per i responsabili politici," per affrontare "i miti dannosi nei confronti dei migranti e sviluppare una visione comune attraverso la quale la migrazione potrà funzionare per tutte le nostre nazioni ... "

Se tutta l'immigrazione diventa legale, non vi sarà piu’ alcuna immigrazione illegale

Il patto dovrebbe quindi servire anche ad educare la gente. La logica sottostante dell'ONU è quella secondo la quale il modo più efficace per combattere l'immigrazione clandestina è legalizzare tutti gli attraversamenti di confini.

Cosa dovremmo pensare delle rassicurazioni relative al patto per la migrazione, secondo le quali i singoli paesi anche in futuro potranno continuare a definire le loro politiche migratorie, lo chiariscono gli avvertimenti di Guterres. Egli considera infatti come "politiche controproducenti" tutte quelle politiche che intendono limitare l'immigrazione, aumentando la "vulnerabilità dei migranti".

Il patto stesso contiene anche formulazioni auliche, secondo Aust e Büchel, con molte frasi e riferimenti alti – in particolare quando il testo parla degli obiettivi su cui i membri delle Nazioni Unite si sono impegnati. Al contrario non vengono menzionati i possibili problemi e conflitti che potrebbero derivare dalla migrazione stessa: conflitti culturali e religiosi, diversità di valori, potenziali oneri a carico dei sistemi sociali o problemi di sicurezza interna.

Gli articoli del patto includono anche alcune ovvietà, come l'obbligo di salvare vite umane, la "gestione coordinata delle frontiere ", la lotta contro i trafficanti, o "il miglioramento della disponibilità e della flessibilità dei percorsi per la migrazione regolare", la "promozione del reclutamento etico e ragionevole dei lavoratori" o " il rafforzamento della certezza del diritto e della prevedibilità nelle procedure di migrazione".

Media controllati come prezzo per la governance globale

Agli stati nazione vengono inoltre date delle linee guida, come ad esempio quella di "usare la detenzione degli immigrati come extrema ratio" oppure quella di impegnarsi a "sradicare tutte le forme di discriminazione e promuovere un discorso pubblico basato su fatti dimostrabili per modellare la percezione della migrazione ".

Questo include ovviamente il controllo sui media:

Nel pieno rispetto della libertà di stampa "i media dovranno essere gestiti con l’obiettivo di sensibilizzare sui temi della migrazione", "investendo in standard di rendicontazione etica" oppure "cessando il finanziamento pubblico o il supporto materiale ai media che incentivano l'intolleranza sistematica, la xenofobia, il razzismo e altre forme di discriminazione contro i migranti ".

Aust e Büchel si pronunciano in maniera molto chiara sugli obiettivi e gli obblighi definiti dal patto:

"I regolamenti descrivono essenzialmente un debito da parte del paese di destinazione, cioè quello di garantire ai migranti uno status che non differisce affatto da quello di un richiedente asilo riconosciuto o di un rifugiato di guerra. In molte parti del documento il testo dà l'impressione che la migrazione sia un diritto umano universale, elenca così tante regole di protezione e cosi' tanti impegni per il sostegno ai migranti regolari e illegali che gli stati di destinazione in pratica dovranno fornire, proteggere e intrattenere ogni persona che si presenta alle frontiere”.

I paesi di destinazione avranno quindi un debito: quello di rendere il più confortevole possibile l'immigrazione.

Quello che il governo federale austriaco vuole evitare e quello che, almeno secondo i sostenitori del patto, non ne è mai stato l'obiettivo esplicito, vale a dire istituire un "diritto umano alla migrazione" sarebbe, se non nell'intento, almeno il risultato dell'accordo. I diritti della popolazione del paese di arrivo non vengono presi in considerazione, i doveri degli immigrati non vengono mai menzionati. Il patto, secondo Aust e Büchel, è stato modellato sulle esigenze dei paesi di emigrazione africana.

I 2 giornalisti si aspettano pertanto che l'effetto del documento sarà almeno pari a quello della cultura del benvenuto dell'autunno 2015, compresi i selfie con la Cancelliera. Le ragioni principali delle pressioni migratorie, come i regimi corrotti, le lotte di potere, le guerre civili e i cambiamenti di regime, che raramente hanno portato a dei miglioramenti, restano ampiamente ignorati.

"Il patto si basa sull’uguaglianza e il livellamento dei costumi, delle abitudini, delle forme giuridiche, della comprensione della democrazia e delle forme di comportamento culturale e sociale fra i paesi ospitanti e quelli di origine dei migranti. Nella sua foga regolamentatrice, il documento nasconde la realtà della migrazione odierna e i suoi svantaggi "
.
il patto è

"un invito ai paesi di origine a risolvere i loro problemi interni come la disoccupazione, la carenza di alloggi, la violazione dei diritti umani, la crescita della popolazione, la corruzione, la mancanza di valuta estera e così via, esportando una parte della loro popolazione".

Nel patto, dove peraltro sfuma ogni distinzione tra rifugiati di guerra, perseguitati politici e migranti economici, la mania pianificatrice delle Nazioni Unite si unisce al pio desiderio di un mondo perfetto per i migranti. Gli interessi dei paesi di destinazione non hanno nessuna rilevanza.

"[...] non è menzionato nemmeno il numero totale di immigrati o di coloro che arrivano da determinate regioni oppure il livello di integrazione, le possibilità di formazione professionale, le opportunità di lavoro o la disponibilità di prestazioni sociali o di alloggi. È un programma di immigrazione senza precedenti e senza limiti, un invito a tutti. "

Merkel si erige un memoriale per l'eternità

Il paragrafo 1, comma 1, della legge tedesca sul diritto di soggiorno attualmente in vigore ha come obiettivo il "controllo e la limitazione dell'immigrazione di stranieri in Germania". In futuro tuttavia l’immigrazione non potrà piu' essere controllata o limitata, ma solo accettata e gestita. Ciò elimina efficacemente anche il controverso limite - già poroso - dei 200.000 richiedenti asilo all'anno concordato dalla Grande coalizione.

Nel patto, "legalmente non vincolante" ma "con una rilevanza politica", secondo le conclusioni di Aust e Büchel sarannno i paesi destinatari a farsi carico del fenomeno visto che nelle 32 pagine del Patto vi "si impegnano" per almeno 87 volte. Tutto ciò però dovrà anche essere controllato. I paesi firmatari del Patto dovranno quindi "sviluppare al più presto ambiziose strategie nazionali  per l'attuazione del Migration Compact". Ogni due anni, il Segretario generale delle Nazioni Unite dovrà riferire all'Assemblea generale, ogni quattro anni dovranno tenersi delle "discussioni globali" con la partecipazione di "tutti i soggetti interessati" per analizzare il livello di attuazione del patto.

Angela Merkel non si stanca di sottolineare che il controverso accordo è soprattutto "nell'interesse nazionale" della Germania. E in considerazione del ruolo di supporto garantito alla stesura del patto, l'auto proclamato studente modello in materia di democrazia, la Germania appunto, ha voluto segnare il territorio secondo il percorso già tracciato dall'ex presidente federale Joachim Gauck il quale aveva parlato della necessità di una "maggiore assunzione di responsabilità a livello internazionale da parte della Germania".

I critici, d'altra parte, sospettano che il Patto delle Nazioni Unite potrebbe essere un indimenticabile regalo d'addio lasciato dalla "Cancelliera del mondo" ad un paese con il quale sembra avere una relazione distante e ad una nazione a lei profondamente estranea.


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sabato 16 giugno 2018

Perché Merkel sul tema dei migranti è sempre piu' isolata

Nel 2015 Merkel decise unilateralmente di aprire le frontiere a centinaia di migliaia di migranti e profughi. Ora invece, dopo lo scandalo Bamf e l'omicidio della bambina di Magonza, il ministro degli interni Seehofer vorrebbe farla finita con la politica delle frontiere aperte della Cancelliera. Merkel sembra aver perso il contatto con la realtà del paese, ed è sempre piu' vicina alla fine politica. Cosa accadrà nei prossimi giorni? Prova a rispondere Epoch Times analizzando la stampa tedesca. 


Si potrebbe quasi dire che Berlino si trova in stato di emergenza. Da quando la Cancelliera Angela Merkel ha deciso di affrontare il suo ministro degli interni Horst Seehofer (oppure viceversa), la tensione nell'ambiente politico continua a salire. Fa davvero sul serio Horst Seehofer quando chiede controlli severi alle frontiere, oppure i suoi piani sono "solo fumogeni da campagna elettorale", come accusa Alice Weidel di AfD?

Riuscirà Seehofer con la sua forzatura a scavalcare la Cancelliera? Una cosa è certa, il ministro degli Interni, con la sua richiesta di respingere al confine tedesco i richiedenti asilo già registrati in un altro paese, negli ambienti dell'Unione trova più sostegno di Merkel, che invece non vuole affatto smuoversi e continua a puntare su una soluzione europea.

Ma anche in Europa nessuno sembra voler giocare la stessa partita della Cancelliera e la domanda si fa sempre piu' forte: che cosa la spinge ad andare avanti da sola? Ansgar Graw su Die Welt commenta il corso politico da solista di Merkel in Europa e scrive:

"Merkel, da allora, è stata e resta ancora da sola in Europa. A parte la promessa iniziale di prendersi dei piccoli contingenti (la Francia aveva accettato di accogliere 1000 rifugiati, la Danimarca 40), in seguito è venuta meno la volontà di seguire la Cancelliera nella sua politica delle frontiere aperte. Non solo la Polonia o l'Ungheria, ma anche gli austriaci, i danesi e i francesi hanno adottato una politica sempre più restrittiva. Emmanuel Macron, ad esempio, fa una chiara distinzione tra rifugiati politici e migranti economici".

Secondo Graw, era stata lei in solitario, il 4 settembre del 2015 dopo una telefonata con Vienna, ad aver "fatto aprire le frontiere per 7.000 o al massimo 9.000 rifugiati". Il giorno successivo pero' aveva poi chiesto ai costernati governi di Francia, Belgio e Danimarca se erano disposti ad accettare una parte dei 20.000 migranti effettivamente arrivati solo nel primo fine settimana.

Crisi di governo dopo 3 mesi di coalizione

L'oppositore politico di Merkel, Horst Seehofer, deve affrontare le elezioni in Baviera e quindi non ha altra "scelta". Lunedì vuole presentare un provvedimento ministeriale che prima deve essere approvato dalla segreteria della CSU.

Jörg Kürschner commenta sulla "Junge Freiheit": "Con un tale corso politico da solista, Seehofer vorrebbe scavalcare le competenze della Cancelliera previste dalla Costituzione. Se Seehofer nelle prossime settimane dovesse fare sul serio in merito al suo provvedimento ministeriale, la Cancelliera, per non perdere la faccia, dovrebbe licenziare il suo ministro degli interni. Il risultato sarebbe una crisi di governo con possibili nuove elezioni. Uno scenario realistico tre mesi dopo la formazione della coalizione fra CDU, CSU e SPD. Se si arriverà davvero a questo punto, lo si capirà nei prossimi giorni. In ogni caso la CSU è compatta dietro il suo segretario di partito".

Inoltre, Kürschner scrive anche che la Cancelliera dovrebbe riflettere sul suo futuro politico. La sua perdita di popolarità è immensa. Con la sua politica sui rifugiati ha diviso la Germania, ha diviso l'Europa, e ora è sul punto di dividere la CDU e la CSU, che a causa delle loro profonde differenze oggi hanno tenuto due riunioni separate.

Sbattere fuori Seehofer - governo alla fine?

E anche la "Bild" mette in guardia la Cancelliera chiedendole di fare una "inversione di marcia" - perché se Seehofer lunedi' dovesse imporre la sua posizione, la Cancelliera dovrà farlo fuori. Il governo sarebbe alla fine. E prosegue:

"Su questo tema Angela Merkel mette a rischio la stabilità politica del paese, del governo eletto, l'unità del suo fiero partito e rischia nuove elezioni con un'ulteriore crescita delle forze radicali. Tutto questo per una politica che la stragrande maggioranza delle persone in Germania, e il suo stesso partito, non vogliono piu"

La CSU con la propria testardaggine rischia molto, ma sul tema ha ragione, giudica la Bild. Non è piu' ragionevole "andare avanti con una politica le cui conseguenze non possono piu' essere affrontate dalle nostre autorità".

"La soluzione europea, che Merkel persegue ormai da tre anni, fino ad ora non c'è stata. E' ancora in condizione di poter tornare indietro e di salvare la faccia", cosi' secondo il giornale.

Una cosa del genere non è probabilmente mai avvenuta nella politica tedesca

La "Tagesspiegel" parla di una netta "cesura". La Cancelliera non appoggia il suo Ministro degli Interni e nel fare cio' non solo si mette contro la CSU, ma anche una gran parte della CDU. Merkel continua ad insistere sulla sua "soluzione europea".

Stephan-Andreas Casdorff commenta cosi': "La gestione del problema da parte di Merkel porta alla crisi. Merkel nei confronti della maggioranza dell'Unione si comporta come se ignorasse le obiezioni. Secondo il motto, non può essere ciò che non è permesso. Lei non spiega le sue idee, non fa campagna, non combatte, ma cerca piuttosto di far coalizzare nel corso del tempo".

"In questo modo tuttavia la Cancelliera, secondo un numero sempre crescente di critici, sta perseguendo una triplice divisione: quella dal suo stesso partito, quella fra CDU e CSU, e anche lei stessa si sta allontanando sempre piu' dalla realtà".

Se Merkel insiste con il suo atteggiamento, prosegue Casdorff, resterà isolata anche fra le sue fila. Se resta isolata, il suo potere sarà seriamente in pericolo. La CSU è "determinata al massimo", cosi' ha dichiarato il segretario generale Markus Blume. "Forse lo è anche la Cancelliera, almeno fino al punto di perdere la sua posizione", cosi' Casdff.

domenica 18 marzo 2018

Hans Werner Sinn: la coalizione Jamaika è fallita a causa di Macron

Il Prof. Hans Werner Sinn, ormai in pensione, nei giorni scorsi è stato ospite di Markus Lanz sulla ZDF per parlare di Trump, dell'UE e dell'unione di trasferimento prossima ventura. Anche questa volta non ha deluso le aspettative e ha spiegato ai tedeschi la vera ragione dietro il fallimento della coalizione Jamaika. Ne parla epochtimes.de


Giovedì sera tardi, il più famoso e illustre economista tedesco è stato ospite di Markus Lanz.

Quello che il prof. Hans Werner Sinn ha detto, senza peli sulla lingua  e sempre in pieno accordo con il segretario della FDP Christian Lindner, anch'egli in studio, viene riportato di seguito.

Trump ha ragione con le sue accuse contro l'UE

Le auto americane, secondo il professore, partito subito in quarta, vengono importate nell'UE con dazi del 10%, le nostre auto vengono esportate negli USA solo con il 2.5% di dazio. Allo stesso tempo pero' l'UE accusa Trump di voler isolare gli Stati Uniti aumentando le tariffe doganali. In realtà accade il contrario, ha spiegato Hans Werner Sinn.

L'UE in realtà cerca di proteggersi applicando tariffe doganali molto alte con l'unico scopo di difendere gli interessi di una specifica lobby economica Tutto questo accade a spese dei consumatori europei e a spese degli Stati Uniti, ma anche del terzo mondo. Nella narrazione della stampa tedesca tuttavia i fatti vengono completamente travisati.

A spese dei consumatori europei, in particolare tedeschi

Lo stesso vale per i prezzi agricoli dell'UE. A causa delle barriere doganali i prezzi dei beni alimentari sono del 20% superiori rispetto ai prezzi presenti sul mercato mondiale e piu' alti rispetto ai prezzi degli Stati Uniti. Chi se ne avvantaggia e chi invece ci guadagna? A trarne vantaggio sono gli agricoltori europei che usano le loro lobby per convincere l'UE a proteggerli mediante alte tariffe doganali. E questo naturalmente a scapito dei consumatori tedeschi, che devono pagare di piu' per il cibo che comprano.

La carne bovina quando viene importata è sottoposta a un dazio del 69%, la carne di maiale al 26%. Negli Stati Uniti il cibo è molto piu' economico.

In un normale scambio libero da dazi, i consumatori ordinari, specialmente la gente comune, avrebbero enormi benefici. Spendendo gli stessi soldi, il loro tenore di vita sarebbe nettamente superiore, perché con prezzi alimentari piu' bassi potrebbero fare la spesa a prezzi decisamente piu' vantaggiosi.

La colpa è chiaramente dell'UE che ha una politica protezionista. E gli americani si sono stancati. Per questo Trump ha minacciato: se non la smettete tasseremo le vostre auto con un dazio piu' alto.

Perchè l'UE si comporta in questo modo? Cosa c'è dietro?

La risposta corretta sarebbe quella di non fare come vorrebbe fare l'UE, e cioè imporre tariffe punitive sulle Harley Davidson. La risposta giusta  sarebbe piuttosto quella di ridurre le proprie tariffe doganali e impegnarsi a praticare un commercio libero ed equo. Hans Werner Sinn ha spiegato anche perchè l'UE vuole elevate tariffe protezionistiche o punitive e addirittura ipotizza una guerra commerciale. 

Semplicemente perchè i dazi doganali finiscono nel bilancio dell'UE e costituiscono una parte importante del bilancio UE. Il Moloch-UE  grazie ai dazi doganali si finanzia autonomamente e perciò ha interesse ad aumentare le proprie entrate, ma a spese della propria popolazione, che deve pagare prezzi piu' alti.

Ma tutto cio' si spinge ancora piu' avanti. Tutti i regolamenti e le prescrizioni in cui i prodotti alimentari vengono descritti con esattezza, (come ad esempio la curvatura dei cetrioli, o le dimensioni delle mele e delle patata etc) servono ad un solo scopo: il mercato UE deve essere chiuso verso l'esterno a favore di determinate aziende e produttori (pura politica di lobby). E questo sempre a spese dei consumatori europei.

Il protezionismo dell'UE danneggia il terzo mondo più di ogni aiuto allo sviluppo

Alla domanda di Lanz, se tutto cio' non avvenga a scapito del Terzo Mondo, ad es. del piccolo contadino africano, l'economista ha risposto: si', certo. Un economista canadese ha fatto i calcoli.

Conclusione: gli aiuti allo sviluppo verso il terzo mondo sono molto inferiori rispetto al danno, causato al terzo mondo, dal fatto che i paesi sviluppati non facciano entrare i loro prodotti nei loro mercati, cioè che il commercio estero sia fortemente limitato. Questo vale soprattutto per i prodotti agricoli in cui il terzo mondo ha un vantaggio commerciale (di prezzo).

La discussione pubblica è completamente distorta. Si cerca di imporre ogni tipo di discorso moralizzeggiante per giustificare le tariffe protettive, che in realtà pero' finiscono per colpire solo la gente comune.

La vera ragione del fallimento della "Jamaica"

Il prof. Sinn ha quindi rivelato la vera ragione dietro il fallimento della coalizione Jamaica.

In verità si tratta dell'unione di trasferimento. Il  presidente francese Macron voleva un ministro delle finanze europeo, voleva le tasse europee, voleva la possibilità di mettere in comune il debito, un'assicurazione comune contro la disoccupazione, e un'assicurazione comune sui depositi etc.

Perchè Macron lo vuole e perché molti altri nell'UE lo vogliono?

Perché in questo modo potrebbero prosciugare il contribuente tedesco e il popolo tedesco. I quali sarebbero poi chiamati a rispondere dei debiti fatti dagli altri, a pagare per i disoccupati degli altri, e a garantire ogni volta per le loro banche pericolanti etc.

Macron: se Lindner entra nel governo, sono morto

Si tratta di grandi oneri a carico del contribuente tedesco. E Macron avrebbe anche detto: 

"Se Lindner entra nel governo, sono morto. "

E questo secondo Sinn sarebbe il vero motivo del fallimento della coalizione Jamaika: la Francia non avrebbe mai voluto la FDP al governo, perchè avrebbe ostacolato la trasformazione socialista dell'UE. 

L'Italia è a terra

In verità, afferma il Prof. Sinn con una certa decisione, la domanda finale che dobbiamo porci è questa: la Germania aprirà il portafoglio per sostenere i paesi non competitivi del sud attraverso una unione di trasferimento?

E su questo tema la FDP dice: Nein, non lo faremo. I contribuenti tedeschi non possono permetterselo. Non possono farlo, servirebbe una cifra troppo grande. Ognuno deve prendersi cura di se stesso.

E allo stesso tempo questi paesi, in particolare la Grecia, continuano ad avere una disoccupazione di massa perché non sono competitivi, perchè sono costretti a restare nell'euro.

Un problema ancora più grande della Grecia è l'Italia. In Italia, la frustrazione è al massimo. Il paese è a terra. La produzione industriale italiana è del 20% inferiore rispetto al livello di dieci anni fa. Un quarto delle aziende è fallito. Oggi gli italiani dicono: fuori i soldi oppure ce ne andiamo.

Il Professore non sa come se ne esce. Perché l'Italia non è la Grecia (oltre 60 milioni di abitanti rispetto a nemmeno gli 11 milioni della Grecia). In Grecia si è cercato di coprire tutto con il denaro, la causa dei problemi tuttavia non è stata rimossa. Il denaro per salvare l'Italia, come è stato fatto con la Grecia, semplicemente non c'è.

Dopo la Brexit è saltato l'equilibrio di potere fra nord e sud, il sud ora puo' fare quello che vuole

Il maggior problema della Brexit non è, come molti credono, il fatto che le esportazioni verso la Gran Bretagna potrebbero diminuire drasticamente, ma la scomparsa del pensiero liberista britannico all'interno dell'UE. Questa forma di pensiero e questa cultura economica sono invece decisivi. E a causa della Brexit potrebbero uscirne fortemente danneggiati.

In termini concreti: nel Consiglio Europeo c'è una minoranza di blocco per la quale è necessario avere il 35% della popolazione dell'UE. Fino ad ora abbiamo avuto un equilibro fra il nord (Germania, Regno Unito, Paesi Bassi, Austria, Paesi scandinavi ...) e Sud (Francia, Italia, Spagna, Portogallo, Grecia ...)

I paesi del nord fino ad ora avevano il 39%, i paesi del sud il 38 % della popolazione UE. Entrambi avevano una minoranza di blocco, il sud e il nord. Quando pero' la Gran Bretagna sarà uscita, il nord avrà solo il 30% della popolazione - e quindi non avrà piu' la minoranza di blocco - il sud avrà però il 43%. Cio' significa che in futuro il sud potrà fare ciò' che vuole.

I tedeschi si accorgeranno che i loro conti sono stati saccheggiati quando ormai sarà troppo tardi

Ma non potrà funzionare, secondo il Prof. Sinn. Lo spostamento dei rapporti di forza, verso un dominio del sud, è estremamente preoccupante. Stiamo andando verso una unione di trasferimento, dalla quale non potremo piu' difenderci, perché non avremo piu' una minoranza di blocco.

E tutto ciò è stato messo nero su bianco nell'accordo di coalizione fra CDU e SPD. Le crisi degli ultimi anni, a partire dal 2010, sono state "risolte" usando sempre lo stesso principio: in sostanza hanno messo il portafogli del contribuente tedesco sul tavolo e hanno detto: non abbiate paura, ci saranno sempre i tedeschi a pagare i debiti, anche se gli altri non dovessero essere in grado.

Ma cosa accadrà fra 15 anni, chiede Sinn, quando i baby boomer andranno in pensione e vorranno avere la loro pensione di vecchiaia dai figli, che in realtà non sono mai nati. Allora tutte le garanzie promesse all'interno dell'eurozona ci cadranno sui piedi. Che succede in Germania, chiede l'economista. Che i loro conti vengono saccheggiati, i tedeschi se ne accorgono sempre quando ormai è troppo tardi.