martedì 7 agosto 2012

Euro-Sozialismus? Nein!


Breve commento su Faz.net di Holger Steltzner, vicedirettore del prestigioso quotidiano: la stampa conservatrice non ammorbidisce i toni.
Il leader SPD Gabriel vuole salvare gli stati Euro attraverso la messa in comune dei debiti. In questo modo non aiuta né la SPD né l'Euro

Il leader SPD riesce a fare andare d'accordo famiglia e lavoro. Nel suo congedo parentale Gabriel ha mostrato come sia possibile ripartire in fretta. Anche se questo non sembra averlo risollevato nei sondaggi. Ma il leader SPD cerca nella sinistra della SPD consensi per la sua candidatura alla cancelleria. Ma ora Gabriel attraverso la messa in comune della responsabilità sui debiti degli stati Euro vuole salvare la moneta unica. In questo modo non aiuta né la SPD né l'Euro.

Invece di sostenere una Stabilitätsunion, la SPD ora si batte per una unione di trasferimento, del debito e dell'inflazione (Schulden-Inflations-Transferunion). Poiché solo con questa proposta sarà difficile fare campagna elettorale, prosegue con i suoi attacchi alle banche e chiede un salasso per i ricchi. Ma i contribuenti della classe media sanno che alla fine non saranno "i ricchi", ma saranno invece loro a pagare il conto delle speculazioni con gli euro-debiti e gli immobili. Lavoratori specializzati e impiegati credono anche che con il socialismo del debito o altri trucchi finanziari non salveremo l'Euro, fino a quando la competitività delle economie del nord e sud Europa continuerà a divergere.

lunedì 6 agosto 2012

La SPD apre timidamente agli Eurobond (e tutti la attaccano)


Sigmar Gabriel, membro della troika alla guida della SPD, dopo l'intervento di Habermas, Bofinger e Nida-Rümelin sulla FAZ, apre timidamente agli Eurobond. CDU e FDP non perdono l'occasione per attaccarlo. Da Berliner Zeitung.
Gli stati Euro dovrebbero garantire congiuntamente per i debiti, ha dichiarato Sigmar Gabriel. Secondo il leader SPD, per trasferire i poteri di bilancio del Bundestag alla UE, c'è bisogno di modifiche costituzionali e di un voto popolare. Unione e FDP rifiutano un tale dibattito costituzionale.

La coalizione di governo (Unione e FDP) e l'opposizione sono sempre  piu' distanti nella ricerca di una soluzione alla crisi Euro. Mentre i leader politici dell'Unione attaccano la BCE e la Grecia, e in Europa difendono il controverso corso seguito dal governo federale, la SPD si prepara ad un radicale cambio di strategia.

Sigmar Gabriel (SPD) condivide in pieno il contributo di Jürgen Habermas, Julian Nida-Rümelin e Peter Bofinger ed intende introdurre le loro idee nel dibattito sul programma elettorale della SPD. Nell'articolo dei 3 professori si propone una messa in comune dei debiti fra gli stati Euro, da associare ad uno stretto controllo sui bilanci nazionali dei singoli stati. Secondo i 3 autori questo passo è indispensabile per la soluzione della crisi. Manca tuttavia un progetto politico. Questo sarebbe tanto piu' necessario per bloccare attraverso misure politiche "i mali dell'inquietante universo parallelo" - vale a dire i cattivi mercati finanziari.

Voto popolare sull'Europa

SPD, Unione e Verdi sono stati invitati dai 3 autori ad iniziative comuni per lanciare una nuova convenzione costituzionale. Si dovranno quindi elaborare proposte per un cambiamento costituzionale finalizzato a trasferire alle istituzioni europee i poteri di bilancio nazionali. Il risultato dovrà essere approvato con un referendum popolare. In questo modo sarà possibile aprire la strada ad una unione politica dell'Europa composta da un nucleo di 17 paesi.

Senza un tale cambiamento di strategia l'unione monetaria nella sua  forma attuale non potrà sopravvivere a lungo, scrivono i filosofi Habermas e Nida-Rümelin insieme all'economista Bofinger, membro del gruppo dei 5 saggi economici. Gabriel ha dichiarato alla Berliner Zeitung che condivide questo punto di vista: "Introdurrò questo contributo nella nostra discussione sul programma di governo e farò campagna per queste proposte presso i leader dei partiti socialdemocratici europei". Il corso politico che la SPD fino ad ora ha appoggiato al Bundestag sembrerebbe chiuso.

FDP: "spettacolo di burattini"

La proposta di Gabriel ha innescato diverse risposte. Il capogruppo al Bundestag della FDP Brüderle, ha detto che la coalizione (FDP e CDU/CSU) è felice di "poter trasformare le elezioni federali in un referendum sul socialismo del debito proposto dal sig. Gabriel". Il segretario generale della FDP Patrick Doering ha accusato Gabriel di avere una politica vacillante e ha definito la proposta di Gabriel "uno spettacolo politico di burattini". E' arrivato il momento per "una parola del capo" da parte del segretario SPD Frank-Walter Steinmeier, "per ristabilire la serietà della politica socialdemocratica" ha detto Döring.

Al contrario fra gli economisti tedeschi l'approccio ha avuto un'accoglienza positiva. In questo modo "sarebbe finalmente possibile illustrare gli argomenti economici e politici pro e contro questo corso politico" ha dichiarato ad Handelsblatt l'economista Kai Carstensen, responsabile degli studi sulla congiuntura dell'Istituto Ifo di Monaco. Se i cittadini dovessero votare in maniera favorevole, i trasferimenti di poteri sarebbero legittimati democraticamente.

Anche il direttore dell' Instituts der deutschen Wirtschaft (IW), Michael Hüther, ha mostrato interesse per l'idea. "Gabriel ha ragione quando dice che una unione fiscale con regole molto rigide per il controllo dei bilanci non è possibile sulla base della costituzione vigente", ha detto Hueter. Tuttavia questa è un processo che richiede molto tempo, perciò " la proposta non sarebbe una soluzione per l'attuale crisi". 

domenica 5 agosto 2012

Optimal currency area! Was??


Era il sogno dei padri fondatori: un mercato del lavoro europeo in grado di assorbire le inevitabili crisi regionali dovute alla moneta unica. Purtroppo alla prova dei fatti le cose sono andate diversamente, e un mercato  europeo resta un miraggio. Una riflessione su FAZ.net
L'Unione Europea non ha incoraggiato l'emigrazione all'interno dell'Europa. Con l'introduzione della moneta unica i flussi sono addirittura rallentati. Anche durante la crisi gli europei restano poco mobili.

Alla fine ci sarà un'ondata! L'agenzia per il lavoro di Schwäbisch-Hall nel febbraio di quest'anno ha ricevuto 15.000 candidature dal Portogallo in crisi. I media si erano precipatati a Schwäbisch-Hall, scrivendo che la tanto attesa emigrazione di massa dai paesi in crisi del sud-Europa era imminente. In città in realtà di portoghesi ne sono arrivati pochi.

La marea di candidature è stata causata da una descrizione esuberante delle possibilità di lavoro e guadagno a Schwäbisch-Hall fatta da una rivista economica portoghese: la disoccupazione è al 3%, ci sono 2.500 posti vacanti, si offrono alti salari e alloggi a prezzi accessibili.

Nessun'onda, solo un rivolo

Su Facebook il testo ha ricevuto una rapida diffusione fra i portoghesi. Anche la candidatura era facile, e il testo forniva un link all'agenzia per il lavoro di Schwäbisch-Hall.

Dopo 6 mesi la disillusione: i contratti di lavoro siglati fra portoghesi e datori di lavoro tedeschi sono stati in totale 26 - nonostante l'onda, alla fine è rimasto un ruscello. Qualcosa in Europa ancora non funziona correttamente, l'emigrazione intraeuropea è ferma.

Questo non è un dettaglio: la libertà di movimento della forza lavoro all'interno dell'Europa era una delle grandi idee dei padri fondatori dell'Unione Europea. Avrebbe dovuto avvicinare i popoli del continente, offrire migliori prospettive agli abitanti delle zone disagiate e ridurre nel lungo periodo le differenze di reddito.

Per gli architetti della zona Euro la mobilità del "fattore lavoro" era di importanza economica vitale - come buffer anti crisi. L'intera Eurozona dovrebbe fondarsi su questa mobilità, e Brussel ha cercato di incrementarla con numerose iniziative, ci dice l'economista ed esperto di migrazione Klaus Zimmermann. Perchè la migrazione è il prerequisito per una "area valutaria ottimale", come gli economisti dicono.

Ma gli economisti vedevano nell'introduzione dell'Euro un grande pericolo: da allora infatti i singoli paesi non possono piu' svalutare e in questo modo tornare alla crescita. Le crisi regionali sono la conseguenza inevitabile. Per le vittime della crisi, resta la speranza, così si pensava, di emigrare in un paese forte. Questa era l'idea.

I padri dell'Euro erano anche consapevoli che l'Eurozona aveva sin dall'inizio una grossa ipoteca: gli europei non emigrano volentieri in altri paesi. Già dal 1973 in Germania non vengono reclutati piu' Gastarbeiter.


I lavoratori migranti tornano in patria

Se confrontati con gli americani, gli europei restano sedentari, sebbene non vi siano barriere giuridiche al trasferimento fra un paese UE e un altro (eccezioni sono le norme transitorie per i nuovi paesi UE).

Così la grande idea si è bloccata. Solo il 2% degli abitanti UE sono stranieri provenienti da altri paesi UE, ci dice Alfonso Sousa-Poza, economista all'Università di Hohenheim - nonostante la libertà di movimento e l'emigrazione degli anni '50 e '60.

E' successo qualcosa che in molti non avevano considerato: con l'introduzione dell'Euro la migrazione da un paese all'altro è addirittura diminuita, invece di crescere. Sono stati molti di piu' i Gastarbeiter che sono tornati nel loro paese. Così molti spagnoli, dopo l'ingresso del loro paese nell'UE sono tornati indietro, secondo un rapporto di DB Research.

La crisi ha cambiato di poco la disponibilità alla mobilità nell'UE.

Il motivo è chiaro: grazie all'Euro i classici paesi di emigrazione, Grecia, Italia, Irlanda, Portogallo e Spagna hanno vissuto una congiuntura positiva, che oggi sappiamo era stata costruita sulla sabbia. Il risultato è bizzarro: in una delle regioni con maggiori possibilità di movimento, la mobilità dei lavoratori fra gli stati si è quasi fermata. E questo è accaduto in una fase, in cui un gran numero di persone, come mai accaduto prima, è stato in movimento.

E ora? La stessa crisi non ha cambiato la scarsa disponibilità alla mobilità, come documentato da un confronto internazionale. Nel 2010, nei travagliati Stati Uniti d'America il 2.4 %, ovvero 7.5 milioni di abitanti hanno lasciato il loro stato federale di residenza per cercare la felicità e il successo in un altro stato federale. 

Da un punto di vista statistico il livello resta molto basso

Nell'Unione Europea nello stesso periodo di tempo 1.5 milioni di persone ovvero lo 0.3 % della popolazione complessiva si sono messi in movimento, per poter vivere o lavorare in uno dei 26 stati della UE. Sicuramente negli ultimi tempi è cresciuto il numero di spagnoli, italiani, portoghesi e greci che hanno lasciato il loro paese, ma da un punto di vista statistico il livello resta molto basso.

Il caso spagnolo illustra molto bene quello che invece è accaduto. Nel 2007 dopo molti anni è scoppiata la bolla immobiliare. Da allora la disoccupazione è cresciuta rapidamente, oggi un quarto degli spagnoli è disoccupato, fra i giovani addirittura uno su due. Non senza conseguenze.

Così nel 2010 circa 400.000 persone hanno deciso di lasciare il paese. Nel 2011 sono state addirittura 500.000. Tuttavia in entrambi gli anni in Spagna sono arrivati un numero simile di immigrati. Per la prima volta nel 2011, anche se di poco, la Spagna è tornata ad essere un paese di emigrazione invece che di immigrazione.

Sono arrivati, hanno costruito e poi sono andati a casa

Un'altra cosa è degna di nota. Fra gli emigranti in uscita solo il 12-13% è spagnolo. Questo mette in evidenza un modo particolare di far fronte ai momenti di crisi e di boom nel paese. Negli anni della crescita fino al 2007 la Spagna ha attratto così tanti migranti come nessun'altro paese in Europa. Sono arrivati in massa dal Sud America, dal Marocco e dalla Romania - detto in maniera semplice - per tirare su quegli immobili che ora vuoti ai margini delle città fantasma stanno cadendo a pezzi.

E poiché non c'è piu' lavoro nelle costruzioni, tornano di nuovo a casa. I ricercatori parlano di migrazione circolare: il lavoratore dell'Ecuador, che emigra verso la Spagna, torna indietro, e poi forse, in seguito tornerà ad emigrare verso la Spagna. Questo gruppo si assume il peso degli aggiustamenti congiunturali nel mercato del lavoro spagnolo.

La distanza gioca un ruolo fondamentale

E infine c'è un'altra anomalia: se gli spagnoli emigrano, non è necessariamente verso un paese dell'unione monetaria. Questo è legato al motivo centrale dell'emigrazione stessa: gli studi dicono che gli emigranti nel paese di destinazione cercano un livello salariale, che sia di almeno il 35% superiore a quello del paese di origine. Si spostano piu' facilmente se nel paese di arrivo le persone locali sono in grado di fornire aiuto e dare informazioni. E alla fine la distanza e i mezzi di trasporto giocano un ruolo importante. 

In questo senso ad un primo sguardo sembrerebbe che gli spagnoli siano predestinati ad emigrare in Germania. Da noi i datori di lavoro affermano di essere alla ricerca di forza lavoro, c'è già una significatica comunità spagnola stabilitasi da molto tempo e una serie di associazioni e istituzioni che possono aiutare con l'inserimento. E i collegamenti aerei sono buoni.

Il denaro si muove molto piu' facilmente delle persone

L'ostacolo principale resta la lingua: per i sud europei è abbastanza difficile imparare il tedesco, è sicuramente piu' facile con l'inglese. Il riconoscimento delle qualificazioni professionali non è scontato. I costi sociali dell'emigrazione sono sempre significativi. I sud europei sono inseriti nelle loro famiglie piu' di quanto non accada ai nord europei. Lasciarle è molto piu' difficile. E alla fine dietro alla decisione di restare potrebbe esserci anche un calcolo. Se l'Unione Europea dovesse espellere i paesi in crisi, per molti potenziali migranti vale la pena aspettare.

Di fatto recentemente sono arrivati in Germania molti sud europei in piu' di quanto non accadesse in passato, ma sicuramente meno di quanti ne arrivino da Polonia, Romania o Bulgaria. Solo una minoranza degli emigranti spagnoli sceglie la zona Euro, e in Europa la Gran Bretagna resta per loro piu' vicina. Alcuni spagnoli si orientano verso le vecchie colonie. Accade anche per i portoghesi che cercano rifugio in Brasile, Mozambico e Angola.

Questo la dice lunga sull'omogeneità dell'Europa. La lingua divide la struttura sociale e l'orientamento geografico. I paesi Euro per i migranti dei paesi Euro non sono la meta desiderata. Si potrebbe anche dire: il denaro si sposta attraverso le frontiere molto piu' facilmente di quanto non accada per le persone.

sabato 4 agosto 2012

Nuovo ricorso alla Corte costituzionale contro l'ESM


Il deputato ribelle CSU Peter Gauwelier ha esteso il precedente ricorso presentato alla Corte di Karlsruhe sull'incostituzionalità dell'ESM. Il trattato conterrebbe già una licenza bancaria. Da FAZ.net
Il deputato CSU Peter Gauweiler ha presentato ricorso alla corte costituzionale contro il fondo di salvataggio. Fin qui, lo sapevamo. Ma ora  nel suo ricorso include un punto completamente nuovo: sostiene che nel trattato ESM sia già contenuta una licenza bancaria.

Il deputato CSU Peter Gauweiler ha ampliato il suo ricorso presso la Corte Costituzionale contro il trattato ESM. Lo ha fatto introducendo il tema della "licenza bancaria", che Francia ed Italia, ma anche l'opposizione tedesca, richiedono per il fondo di salvataggio. Il trattato permetterebbe già adesso il finanziamento del fondo permanente ESM attraverso la BCE, scrive Dieter Murswiek, legale rappresentante di Gauweliers, in una dichiarazione che la FAZ rende pubblica. Murswiek accusa il governo federale tedesco di nascondere ai deputati del Bundestag e all'opinione pubblica la portata reale dei rischi e delle garanzie connesse.

L'esperto di diritto costituzionale di Friburgo presenta alla Corte una proposta concreta per la decisione del 12 settembre: se i giudici di Karlsruhe non vogliono vietare al presidente Joachim Gauck di ratificare l'intero trattato ESM, la sua firma dovrà essere condizionata ad una serie di riserve vincolanti a livello internazionale.

L'ESM può "in pratica richiedere alla BCE credito illimitato"

Murswiek propone le stesse obiezioni che anche il professore di Hannover Stefan Homburg aveva sollevato la scorsa settimana su FAZ. Il segretario del ministero delle finanze Steffen Kampeter (CDU) ha messo in discussione, sempre su FAZ, le posizioni di Homburg. Anche nell'interpretazione che Murswiek dà del trattato ESM, il fondo in pratica "potrebbe ottenere credito illimitato dalla BCE" per acquistare i titoli del debito pubblico dei paesi in crisi (articolo 21). La BCE dovrebbe solamente accettare la richiesta presentata dal fondo ESM. Il presidente della BCE Mario Draghi fino ad ora ha respinto questa possibilità. Ma il consiglio della BCE potrebbe semplicemente cambiare la sua posizione con una decisione a maggioranza.

"Il Fiskalpakt potrebbe essere gettato immediatamente nella spazzatura", avverte Murswiek. Il contribuente tedesco partecipa alla BCE con la sua quota del 27% - in caso di insolvenza di altri stati, la sua responsabilità potrebbe arrivare al 100 %. "Potrebbe non trattarsi solamente di miliardi, ma di trilioni". Secondo il suo punto di vista, la Corte Costituzionale dovrà prendere in considerazione anche i rischi provenienti dai saldi Target della Bundesbank: questi crediti ridurranno sicuramente la quota di profitti della banca centrale tedesca. La responsabilità tedesca sui saldi Target è stimata da Murswiek in circa 310 miliardi di Euro.

Il professore di diritto di Friburgo smentisce con forza anche le affermazioni del ministro Wolfgang Schäuble, secondo cui le garanzie tedesche sarebbero limitate ai 190 miliardi di Euro - la quota tedesca del capitale. Questo limite sarebbe valido solamente verso creditori esterni, come le banche - ma non per gli obblighi di pagamento degli stati all'ESM stesso. Ogni membro potrebbe a causa "di accresciute necessità di capitale" essere chiamato ad incrementare la propria quota, se gli altri membri non fossero in grado di adempiere ai loro impegni (articoli 9 e 25). Attraverso questi obblighi di finanziamento, le garanzie tedesche potrebbe crescere molto oltre la propria quota di capitale, in caso estremo fino a 700 miliardi di Euro - l'intero capitale sociale del fondo. Tale disposizione avrebbe la precedenza sulla presunta limitazione alla propria quota per ciascun paese. (articolo 8, paragrafo 5).

Il meccanismo automatico di garanzia deve essere bloccato

Sempre secondo Murswiek, non deve essere considerata applicabile anche una precedente decisione del Bundestag. Decisione secondo cui gli stati membri sarebbero obbligati dal trattato a ripristinare il fondo ESM se il suo capitale dovesse essere in gran parte già speso: in caso contrario si aprirebbe una procedura di infrazione davanti alla Corte di Giustizia europea. Nemmeno la commissione speciale del Bundestag sui salvataggi Euro avrebbe il tempo di riunirsi. E a causa della prevista immunità e del segreto imposto alle decisioni, il ministro delle finanze tedesco (membro del consiglio ESM) non sarebbe tenuto a renderne conto, nel caso in cui nel Consiglio dei governatori (organo ESM) fossero prese decisioni contrarie alla volontà del parlamento.

Secondo Murswiek, la Corte costituzionale dovrebbe almeno obbligare il capo dello stato, a rendere effettive delle riserve nel momento della ratifica. In particolare, la Germania dovrebbe assicurarsi un diritto di uscita dalle politiche di salvataggio. Il meccanismo automatico di garanzia del sistema Target deve essere interrotto. L'obbligo di finanziamento all'ESM in caso di pervenuta impossibilità di uno dei membri dovrebbe essere limitato. Da eliminare sono anche "le procedure di delibera urgente" degli organi ESM, che di fatto eluderebbero le decisioni del Bundestag.  

venerdì 3 agosto 2012

Non possiamo chiedere alla Germania di rinunciare alla sua competitività

Sarà per timidezza, pavidità o complessi di inferiorità, ma durante questa crisi i leader europei ce l'hanno ripetuto piu' volte: sono i sud Europei a dover recuperare competitività. Un recente studio americano, rilanciato da Die Welt, ci dice che è in corso un riequilibrio fra i paesi in crisi. Studio davvero credibile

Un istituto di ricerca americano certifica che Spagna, Irlanda e perfino la Grecia hanno recuperato competitività. Grazie a questo processo la produttività in Europa potrebbe tornare in equilibrio.

La crisi mostra i suoi effetti - ma questa volta positivi. Fino ad ora agli stati indebitati si è rimproverato: i vostri sforzi di riforma non hanno avuto nessun effetto visibile. Ma non è piu' vero.

Paesi come Irlanda o Spagna dall'inizio della crisi sono diventati sensibilmente piu' competitivi. E ciò ha principalmente una ragione: "Il costo del lavoro per unità di prodotto (Lohnstückkosten) è chiaramente diminuito", chiariscono Bert Colijin e Bert Van Ark nel loro studio, realizzato per l'istituto di ricerca americano "The Conference Board".

Il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) viene considerato l'indicatore piu' importante per la competitività di un paese. Si tratta essenzialmente dei costi per il personale, relativi alla produzione di una merce. Nei paesi altamente sviluppati, nonostante l'alto costo del lavoro, il Clup resta alquanto basso: i lavoratori grazie ad una buona formazione e a macchinari ed attrezzature moderne producono in maniera efficiente.


Un segnale incoraggiante

"Il risultato di questo studio è un segnale incoraggiante per il futuro dei paesi in crisi", chiarisce l'autore dello studio Van Ark. Poichè Clup troppo elevati sono considerati il motivo principale della crisi. Soprattutto nel sud Europa, i salari nei primi anni del decennio sono cresciuti eccessivamente. In Spagna dal 1999 al 2010 sono cresciuti di oltre il 30%. A confronto: la media EU è stata del 21%, in Germania appena del 5%.

Ma ora questo trend sembra essersi invertito. Anche Nazioni come il Portogallo o la Grecia hanno migliorato la loro competitività. Il costo del lavoro in questi paesi è cresciuto fino al 2009. Ma sempre in questi paesi negli ultimi anni il costo del lavoro è sceso in maniera continuativa. Le grandi differenze nella competitività sono una delle principali cause della divisione economica dell'Europa, che ha condotto fino alla crisi del debito. "La frattura fra nord e sud Europa ha reso la crisi piu' acuta ed è la ragione principale, per cui la crisi ancora persiste", chiarisce l'economista Van Ark.

Il fatto che questa forbice tenda a ridursi, è determinato anche dalle grandi economie come Germania e Francia. Qui il costo del lavoro negli ultimi 3 anni è chiaramente cresciuto - nel nostro paese di quasi il 9%. Il conseguente peggioramento relativo della competitività ha dunque una ragione.

La Grecia deve restare nell'Euro

La nostra economia si è ripresa molto piu' rapidamente dalla crisi finanziaria di quanto non abbiano fatto le altre. Per questa ragione non abbiamo avuto grandi riduzioni salariali.  Agli occhi degli autori dello studio, la Germania assume in questo processo un ruolo particolarmente importante. Con gli accordi salariali appena siglati e quelli ancora da firmare non si ribilancia solo la produttività. I salari in crescita dei "ricchi" tedeschi sono un importante fattore di domanda interna per l'intera Europa.

Gli economisti di "The Conference Board" si pronunciano chiaramente contro un'uscita della Grecia dall'Euro. "Nel breve periodo, la competitività crescerebbe nettamente grazie ad una svalutazione della moneta. Ma già dopo uno o due anni il costo del lavoro sarebbe di nuovo allo stesso livello, come prima dell'uscita", chiarisce l'esperto Van Ark. Dicendo questo, contraddice molti colleghi che sostengono da sempre: un'uscita di Atene renderebbe i prodotti greci molto piu' economici - fatto che a sua volta renderebbe le imprese locali molto piu' forti. 

La tesi di Van Ark è sostenuta dal fatto che il costo del lavoro per unità di prodotto in Grecia negli ultimi 2 anni, anche con l'Euro, è chiaramente sceso. Non a causa di stipendi in diminuzione, ma bensì grazie ad una maggiore produttività. La pressione per le riforme da parte di EU, FMI e BCE sembra per una volta avere effetti chiari - finalmente positivi.

giovedì 2 agosto 2012

In fondo a noi va ancora bene...


Bild.de ricorda ai tedeschi che nonostante la crisi europea, mentre tutto affonda, la Germania sta guadagnando dalle sfortune altrui. Schadenfreude? 
Ogni giorno aumentano i miliardi con i quali la Germania cerca di risolvere la crisi Euro. Se il fondo ESM sarà approvato, la Germania sarà responsabile per circa 340 miliardi di Euro.

Ma non paghiamo solamente: in particolare i consumatori e lo stato, attraverso i bassi tassi di interesse ricevono un importante aiuto.

Bild.de ci spiega chi in Germania sta guadagnando dall'Euro-crisi.

Il Ministero delle Finanze

Wolfgang Schäuble mentre emette debito, sta addirittura guadagnando del denaro. Il rendimento per i bond federali a 2 anni è arrivato a - 0.021%. Chi presta il denaro, paga addirittura un prezzo! Per i Bund a 10 anni Schäuble deve ora pagare solo l'1.25% di interessi. A confronto: l'Italia deve pagare per lo stesso periodo il 5,96%. 

Folker Hellmeyer, capo analista di Bremer Landesbank, ha calcolato: la Germania negli ultimi 30 mesi ha risparmiato oltre 60 miliardi di Euro per il rifinanziamento del debito. Insieme a maggiori entrate ed una spesa sociale piu' bassa il risparmio è fra i 70 e i 100 miliardi di Euro.

Proprietari di case

I tassi per i prestiti ipotecari da settembre 2008 si sono dimezzati dal 5.24% al 2.62%. Chi 4 anni fa ha preso a prestito 100.000 Euro, oggi potrebbe per lo stesso costo prendere a prestito 155.000 Euro.

Credito

Chi chiede ora un prestito a rate (ad es. 10.000 €), paga in media il 6.56 % di interessi. Nel settembre 2008 erano ancora l'8.29%. Risparmio per interessi: 361 €

I tassi per i fidi bancari sono scesi all'1.54%, fino al 10.92% di media. Chi ha una scoperto di conto di 2000 €, risparmia 31 € all'anno. (FMH - consulenza finanziaria).

Banche

Le banche possono rifinanziarsi presso la BCE allo 0.75% di interesse (nel settembre 2008 era il 4.25%). Su 100 milioni di Euro sono circa 290 000 Euro di risparmio per interessi ogni mese.

Esportatori

Il corso debole dell'Euro rende attrattivi i prodotti tedeschi all'estero. I clienti che pagano in dollari, a causa del corso debole dell'Euro, oggi pagano per le macchine e la tecnologia tedesca meno di due anni fa.

mercoledì 1 agosto 2012

Raus!


Continua la campagna della stampa popolare per l'uscita di Atene dall'Euro. Questa volta su Focus.de, Uli Dönch ci ricorda che solo attraverso il risparmio i greci potranno restare nel paradiso della moneta unica. 
Non possono risparmiare - e non vogliono nemmeno farlo. Al contrario danno la colpa sempre agli altri: prima gli USA, oggi la Germania e domani forse gli eschimesi.

I dati sono pessimi. Incredibilmente cattivi. E questo, nonostante noi e il resto degli europei li abbiamo sostenuti con almeno 380 miliardi di Euro. Non è servito a nulla. Al contrario: lo stato sprecone continua a crescere, la burocrazia continua a imperversare - solo il debole settore privato si contrae.

Ma che cosa fanno i greci? Si lamentano. Pretendono riforme piu' morbide, piu' tempo e aiuti generosi. Come se gli oltre 33.000 Euro a testa non fossero ancora abbastanza. 

Non ci fa arrabbiare la routine ormai secolare di una intera nazione. Ma l'arroganza spesso irritata, insieme ad una sfacciata mancanza di responsabilità.  Ma c'è una cosa che i greci sanno fare molto bene, ed è incolpare gli altri della loro miseria. 

Un greco smaschera i greci

Chi dovrebbe saperlo meglio di un locale: il combattivo commentatore di atene Takis Michais sa smascherare la pigrizia dei suoi connazionali come nessun'altro. Già nel 2009 aveva pronosticato: non passerà molto tempo prima che i media greci inizino a dare la colpa al resto del mondo per le proprie miserie. I "mercati", la "Germania"  in generale, oppure "Angela Merkel" in particolare - "mettete la croce sul corrispondente". E' andata proprio così.

La FAZ cita l'autore Takis con le parole: "prima gli americani erano tutti colpevoli, ora sono i tedeschi, domani forse gli eschimesi." In questo atteggiamento presuntuoso i politici, i giornalisiti e la popolazione sono tutti uniti.

Quanto Takis abbia ragione, lo mostra il commento sulla „Süddeutschen Zeitung“ di due greci molto influenti: l'ex presidente Kostas Simitis e il professore Jiannis Stornaras. Per entrambi è chiaro  - che meraviglia - che la Grecia non ha nessuna colpa nella Eurocrisi.

Debito sì, risparmio no

Ancora piu' notevole di questa tesi sono tuttavia gli argomenti di entrambi i 2 grandi pensatori greci.

- Il paese negli anni '90 si è enormemente sforzato per raggiungere i criteri della moneta unica. Il rapporto deficit/pil nel 1999 ha raggiunto il 2.5%. Come? E' stato un vero successo economico - oppure il risultato di statistiche falsificate massicciamente? Qui gli autori tacciono...

- Al contrario, si rammaricano in maniera eloquente "che l'allora governo in carica, nel 2006 abbia perso il controllo sulle entrate e la spesa pubblica". Ben detto. Non ci dicono nulla di come tutti i governi greci negli ultimi decenni abbiano gonfiato gli apparati statali, per poter regalare ad elettori ed amici un lavoro lucrativo...

- Secondo gli autori non è stata la Grecia a causare lo sfascio greco. Piuttosto il "fallimento di Lehman Brothers", "l'aumento dei rischi finanziari", e "l'aumento dei tassi di interesse...hanno innescato la crisi del debito".

- Come era da attendersi, Simitis e Stournaras a questo punto smascherano i veri colpevoli: gli altri europei. "La titubanza della zona Euro ad agire...ha portato la Grecia fuori dai mercati".

Arriva a questo punto la parte migliore del pamphlet: la Grecia e gli altri stati indebitati non hanno fatto nulla di sbagliato. "Per poter coprire questi deficit, i paesi della periferia sono stati costretti a prendere sempre piu' denaro in prestito." Veramente? Esiste una parola magica? Inizia con la "S" - come Simitis e Stournaras - e finisce con "PAREN" (sparen=risparmiare).

Chi in maniera duratura spende piu' di quanto incassa, avrà prima o poi un problema. Ma il problema può essere eliminato proprio con il risparmio. Questo concetto però in tutta la Grecia sembra essere una parola straniera. Fino a quando questo atteggiamento non cambia, il paese non potrà essere aiutato. Purtroppo. Questo sembrano averlo notato gradualmente anche i politici tedeschi. Merkel, Schäuble & Co. in questi giorni hanno giurato che avrebbero fatto "tutto il possibile per il mantenimento dell'Euro". Non hanno però detto, che tutti i paesi potranno mantenere la moneta unica...