sabato 20 ottobre 2018

Thomas Fricke su Der Spiegel: fermate l'Italien-Bashing!

Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel ci spiega il livello di assurdità raggiunto dalla politica e dai media mainstream tedeschi. Di fronte alla crisi economica e democratica in cui si trova una parte dell'Europa, i primi della Klasse per pochi decimali di deficit fanno partire un Italien-Bashing a reti unificate. Una decisione assurda e ingiustificabile, che nasconde una certa Schadenfreude per la situazione italiana e che rappresenta l'ennesima scelta miope che si ritorcerà contro l'establishment tedesco. Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel


A volte si ha l'impressione che qualcuno da noi provi una certa gioia nel poter mostrare agli altri paesi che non sono bravi come noi tedeschi. E se il greco al momento non è disponibile, l'italiano è sempre un ottimo oggetto per poterglielo insegnare.

Questo mi sembra l'unico modo per spiegare l'entusiasmo con cui i grandi giornalisti e i rappresentanti della politica attualmente stanno sparlando di ciò che il governo populista a Roma ha proposto come prossimo bilancio pubblico. E in questo quadro è legittima ogni sobria considerazione - ma nessun panico in merito alla possibilità che l'Italia possa fallire o che ci minacci con la sua rovina.

A meno che non si voglia nutrire con altri drammi grotteschi il ​​panico degli operatori sui mercati finanziari già alquanto nervosi.

Il vero dramma non è tanto che un governo populista voglia realizzare le promesse per le quali è stato eletto democraticamente. Per quanto stupide si possa pensare che siano. Ma il fatto che di questi tempi le persone siano così disperate da votare per tali governi. Fatto che a sua volta ha poco a che fare con la presunta mancanza di una cultura italiana della stabilità, ma che ha molto più a che fare con la profonda crisi creatasi dopo decenni di globalizzazione. E notoriamente questo problema tiene molto occupati anche gli americani, gli inglesi, i francesi, gli olandesi e i bavaresi. Solo per citarne alcuni.

Ciò che sembra ancora più sbagliato è cercare di contrastarne le conseguenze con i soliti sermoni sulla stabilità e insistere nel mantenere le promesse sul deficit fatte dai precedenti governi di Roma, già deposti in maniera alquanto spettacolare. Ad ogni modo, uno strano concetto di democrazia.

L'Italia non sta violando i criteri di Maastricht

Leggere quello che in Germania in questi giorni si scrive sull'Italia toglie il fiato. Si paventa una crescita incontrollata del debito. E degli sprechi. Si parla di denaro pubblico usato per gozzovigliare. Oppure si scrive che il governo vuole distribuire mance elettorali. Certo: tipicamente italiano.

Signori, avete ancora tutte le tazzine da caffè nella vostra credenza? Giusto per fare un po' di ordine: il governo ha avuto il coraggio di preventivare solo una piccola parte di ciò che effettivamente intendeva fare. Allo stato attuale il governo italiano con i suoi piani non intende infrangere i criteri di Maastricht - con il 2,4% sul PIL il deficit pubblico rimarrebbe ancora al di sotto del tre per cento. Era stato il governo precedente a voler ambiziosamente ridurre il deficit a solo lo 0,8%. Nel confronto internazionale con un dato simile l'Italia sarebbe stato un modello - fra i paesi del G7 secondo solo ai tedeschi. Il deficit dell'America di Trump probabilmente sarà più di sette volte maggiore.

Questo fa sembrare assurdo anche il grande sospiro preoccupato: hujujuj, il deficit di bilancio statale italiano è triplicato! Attualmente lo si ripete in ogni cronaca, sia nelle foreste che sui prati, come se fosse il frutto di una matematica molto avanzata. Da quasi zero a qualcosa che ancora non è drammatico. Come esempio per lo stammtisch dell'osteria: se qualcuno ogni tanto prende mezzo bicchiere di birra e poi ne triplica la quantità, non è ancora un alcolizzato. Se passa da tre a nove bottiglie al giorno, decisamente lo è. Cosa che l'italiano non fa. E' tutto molto relativo.

Italia: una riforma dopo l'altra

E qui non è di aiuto anche continuare a strillare che gli italiani hanno così tanti (vecchi) debiti. È giusto. Solo in Giappone sono molto piu' alti - senza che nessuno tuttavia continui a strillare che il paese è sull'orlo della bancarotta. Sin dall'inizio della crisi finanziaria globale nel 2008 in Giappone non c'è stato un singolo anno in cui il paese avrebbe potuto adempiere ai criteri Maastricht.

Anche con un deficit del 2,4%, il rapporto debito/PIL in Italia nei prossimi anni non continuerà a salire, lo ammette anche il boss dell'Ifo Clemens Fuest. Non eccezionale, ok. Ma nessuna ragione per sproloquiare di una sciatteria sfrenata.

La cosa incredibile è che la scoperta tedesca della presunta sciatteria italiana è esattamente il contrario di ciò che gli italiani sperimentano da anni. Dopo l'arrivo di Mario Monti nel 2011, nei sette anni successivi c'è stata una lunga sequenza di governi riformatori.

Le pensioni sono state tagliate e i contratti di lavoro flessibilizzati. Secondo le valutazioni dell'OCSE da nessun'altra parte sono state fatte cosi' tante riforme strutturali conformi con i libri di testo ortodossi. In nessun altro grande paese da anni lo stato spende, escluso il pagamento degli interessi, meno di quanto raccoglie dai suoi cittadini. Il che significa che per i cittadini c'è sempre meno denaro (almeno per coloro che non hanno titoli di stato). Nessun altro paese dell'UE negli ultimi anni ha tagliato così tanto gli investimenti pubblici.

È qui inizia il dramma. Tutto ciò è stato fatto dai governi di Roma in nome di una dottrina della salvezza secondo la quale con l'austerità il paese sarebbe diventato più dinamico, perché prima o poi le politiche di austerità dovrebbero pagare. La conosciamo. Almeno dai tempi in cui il nostro Gerd era Cancelliere.

Solo che il nuovo dinamismo economico, nonostante tutte le promesse, è rimasto troppo debole - anche perché è stato necessario fare molti tagli, fatto che non è stato positivo per l'economia. Per questa ragione nel paese è cresciuto il divario sociale. E ad essere in fase di boom in Italia sono soprattutto i lavori precari e temporanei. Il che potrebbe spiegare perché così tanti italiani hanno perso la voglia di votare per tali governi. Anche questo per noi non è poi così strano.

Tali drammi hanno contribuito all'ascesa dei populisti

Vi sono forti prove del fatto che il calo di fiducia nei confronti della gloriosa globalizzazione, le continue ondate di austerità e i cicli di riforme abbiano contribuito all'ascesa dei populisti italiani riuniti intorno a Matteo Salvini. Come è accaduto anche altrove. Se è vero che le cose stanno così, è davvero grottesco e negligente affrontare il problema spingendo i governi a fare piu' austerità e piu' riforme contro la volontà di una buona parte della popolazione.

Non può funzionare né in Italia né altrove. Con un approccio simile i socialdemocratici tedeschi sono riusciti a passare dal 40 % dei voti a meno del 20 % per cento attuale. Come i colleghi italiani o francesi. Nessuna coincidenza.

Non è necessario essere italiani. Non è che anche a Berlino c'è un governo che da anni sta  disperatamente cercando di riparare il danno collaterale fatto con delle riforme troppo dure e le conseguenti fratture sociali, facendo delle spese aggiuntive, introducendo il salario minimo e un'età di pensionamento anticipata. E gli italiani non lo possono fare solo perché hanno dei debiti pregressi? Questo non migliorerà la situazione.

Questo vale anche per inglesi, americani, francesi e tedeschi, fra i quali un numero sempre maggiore tende a scegliere i populisti. Ovunque c'è questo vago senso di perdita di controllo. E la situazione non migliorerà certo se un governo riceve da Bruxelles (o Berlino) una raccomandazione a fare il contrario di ciò per cui è stato eletto.

Certo, un'unione monetaria dove ognuno fa quello che vuole non potrebbe funzionare. Ma un'unione monetaria non funziona anche se in essa viene praticata quella stessa dottrina di salvezza che ha contribuito a creare la grande crisi in cui viviamo - e che nel lungo periodo non ha alcuna credibilità.

L'Italia deve spendere di più

Ci sono buone ragioni per le quali il governo italiano dovrebbe spendere piu' denaro, soprattutto per ridare una speranza alle persone frustrate e ai perdenti degli ultimi anni. E per far uscire l'economia dal dilemma della mancanza di domanda interna. E tornare a investire in innovazione.

Senza crescita, il deficit pubblico, come l'esperienza insegna, non può scendere in maniera permanente. Come tutto diventi piu' facile quando l'economia torna a crescere, i tedeschi lo stanno già sperimentando da anni.

Tutto il resto non è  democraticamente sostenibile.

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giovedì 18 ottobre 2018

FAZ: Scholz vuole aiutare chi se ne frega delle regole, fermatelo!

Il ministro delle finanze Scholz nei giorni scorsi ha aperto alla possibilità di sostenere insieme ai francesi un'assicurazione europea contro la disoccupazione. E' stato immediatamente impallinato dai colleghi di governo della CDU, da Merkel e da buona parte della stampa. Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, Manfred Schaefers nel suo dottissimo pistolotto ci spiega perché i tedeschi non devono aiutare chi se ne frega delle regole, cioè gli italiani. 


L'Italia se ne frega delle regole. La proposta di Scholz per un'assicurazione europea contro la disoccupazione arriva nel momento sbagliato, crea dei falsi incentivi e fa delle promesse sbagliate.

Come fanno a stare insieme le cose? Ogni giorno è sempre piu' chiaro che il governo italiano se ne frega delle regole europee. Allo stesso tempo il ministro delle finanze tedesco lavora ad un concetto che porterebbe gli stati membri a non essere piu' responsabili del loro operato.

A Olaf Scholz si può sicuramente attribuire il merito di aver sviluppato a un livello astratto un bellissimo modello teorico: i paesi dell'UE in crisi ricevono dei prestiti in modo da non dover aumentare i contributi sociali nelle fasi economiche piu' difficili, fatto che aggrava ulteriormente ogni recessione.

Ma ogni teoria notoriamente è grigia. L'idea non funzionerà: se l'aiuto esterno è prevedibile, nel paese diminuisce ogni spinta a provvedere con le proprie forze a organizzare il mercato del lavoro nazionale in modo da poter affrontare autonomamente una crisi. E se la situazione dovesse davvero superare le possibilità nazionali, già oggi ci sono gli aiuti europei - anche se a determinate condizioni.

Applicando quanto suggerito da Scholz, Roma avrebbe ancora meno motivi per ridurre il suo indebitamento eccessivo. In breve: momento sbagliato, incentivi sbagliati, promesse sbagliate. L'Unione deve fermare la SPD.



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mercoledì 17 ottobre 2018

Altri 30 miliardi di euro pubblici per la bad bank tedesca

Nel silenzio dei grandi media "di qualità" il governo tedesco in tutta tranquillità nei giorni scorsi ha annunciato che il prossimo anno chiederà ai mercati 30 miliardi di euro aggiuntivi con i quali ricapitalizzare la bad bank di Hypo Real Estate, la banca bavarese nazionalizzata nel 2009 nel corso della crisi finanziaria. Ne parla la Reuters


A causa della pesante eredità lasciata della crisi finanziaria il governo federale tedesco chiederà fino a 30 miliardi di euro aggiuntivi agli investitori.

"Il governo federale intende emettere un volume aggiuntivo di titoli di stato federali", ha detto martedì in un'intervista alla Reuters Tammo Diemer, amministratore delegato della Finanzagentur. Il ricavato sarà disponibile per il rifinanziamento a lungo termine di FMS Wertmanagement - la Bad Bank della nazionalizzata Hypo Real Estate (HRE). "Nei prossimi anni il volume dei titoli di stato federali in circolazione potrebbe aumentare fino a 30 miliardi di euro", ha affermato Diemer, amministratore dell'agenzia finanziaria che si occupa della gestione del debito federale.

Nell'anno che volge al termine, la Finanzagentur federale emetterà nel complesso circa 170 miliardi di euro di titoli di stato per rifinanziare il debito in scadenza del governo federale. "L'offerta di titoli aumenterà", ha detto Diemer riferendosi al fabbisogno del prossimo anno e alle garanzie del governo federale per le passività della FMS Wertmanagement (Bad-Bank).

Fondato nel 2010 come istituto di proprietà statale per la liquidazione della banca, a metà 2018 la FMS aveva un portafoglio con un valore nominale di poco inferiore ai 72 miliardi di euro. Il compito della "bad-bank" è quello di estinguere la montagna di titoli inesigibili della HRE e mantenere quanto piu' piccolo possibile il danno per il contribuente. Le parti ancora sane della HRE sono sopravvissute all'interno della banca di nuova fondazione Pfandbriefbank pbb, che è tornata in borsa come un istituto di dimensioni piu' piccole.
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venerdì 5 ottobre 2018

Perché l'uomo globalizzato è uno schiavo

Riflessione molto interessante dello storico Klaus-Rüdiger Mai sul rapporto fra sinistra e stato nazionale. Per l'autore la sinistra non puo' fare a meno dello stato nazione perché l'uomo globalizzato è solo uno schiavo degli interessi finanziari ed economici internazionaliUn ottimo Klaus-Rüdiger Mai da Deutschlandfunkkultur.de


Il futuro della sinistra si decide nel suo rapporto con lo stato nazione, lo storico Klaus-Rüdiger Mai ne è convinto. Perché non tutti gli stati nazione sono uno stato sociale, ma ogni stato sociale è uno stato nazionale.

Lo stato nazione ha una brutta reputazione nel nostro paese. Le élite tedesche perseguono l'obiettivo del suo graduale superamento e della creazione degli Stati Uniti d'Europa. La ragione principale ce la forniscono coloro che si considerano razionalisti e che si sono alleati con gli economisti neo-liberisti secondo i quali solo un'Europa unita può sopravvivere alla globalizzazione e allo scontro con la Cina e gli Stati Uniti. L'Europa come una comunità di emergenza nell'era della globalizzazione, della quale presumibilmente saremmo in balia.

Per gli ideologi, d'altra parte, la storia ne è la prova: l'Europa unita è la lezione storica che arriva dalle due guerre mondiali. Un'Europa unita servirebbe ad impedire ogni guerra sanguinosa, almeno in Europa.

L'addio della sinistra alle questioni sociali

Il terzo argomento a dominare i sogni della sinistra è difficilmente riconoscibile. Deriva infatti dall'internazionalismo del movimento operaio. La sinistra nel suo motto "proletari di tutti il mondo unitevi" ha sostituito la nozione di proletariato con quella di europei, perché nel frattempo ha abbandonato la questione sociale e si è rivolta alle élite urbane; alcuni di loro addirittura si riferiscono al proprio elettorato parlando di "popolino".

Tutti e tre gli argomenti sono infondati perché da un lato a causa di culture e sistemi sociali molto diversi non puo' emergere uno spazio economico e sociale unitario, a meno che non si instauri uno spazio forzoso comune con un sistema di trasferimenti continui. Ma tutto ciò un giorno imploderebbe portandoci a conflitti e lotte per la redistribuzione in tutta Europa; il ritorno in termini di pace di un'Europa unificata in questo modo resterebbe quindi un sogno incompiuto.

Dall'altro lato la politica di minoranza di una élite porta ad una nazionalizzazione della maggioranza. Perché per la maggior parte dei cittadini in primo luogo è necessario uno stato funzionante in grado di far valere i propri poteri sovrani in ogni parte del paese - che inizia ai propri confini esterni - e che deve essere in grado di organizzare un sistema di sicurezza sociale solidale ed equo per i suoi cittadini. Milton Friedman diceva: puoi avere uno stato assistenziale e puoi avere i confini aperti, ma non puoi averli entrambi contemporaneamente.

Lo stato nazione come prerequisito per la giustizia sociale

Non tutti gli stati nazionali sono uno stato sociale, ma ogni stato sociale è uno stato nazionale. Se in questo paese gli esponenti di sinistra facessero davvero una politica per la maggioranza delle persone, allora dovrebbero prima di tutto sostenere lo stato nazione, che è la condizione preliminare per la giustizia sociale. In questo senso lo stato-nazione è un progetto di sinistra. Il futuro della sinistra si decide nel suo rapporto con lo stato-nazione.

Quindi, al di là degli spettri del nazionalismo e dell'isolamento e oltre il sogno della dissoluzione delle nazioni in un super-stato europeo, dobbiamo finalmente riflettere su come è possibile far funzionare una leale cooperazione europea fondata sugli stati nazionali.

L'uomo globalizzato è uno schiavo

Politicamente, socialmente, culturalmente ed economicamente, l'Europa avrà un futuro stabile solo negli stati-nazione fondati sulla democrazia, all'interno dei quali i cittadini potranno definire democraticamente il quadro all'interno del quale dovrà operare la cooperazione europea. Dopotutto è una contraddizione inestricabile il fatto che a parlare continuamente di diversità siano proprio quelli che in Europa vorrebbero imporre una omogeneizzazione per livellare ogni diversità.

La forza e la grandezza dell'Europa arrivano dalle diverse culture dalle quali sono emerse le nazioni come istituzioni sociali e democratiche. Questa diversità dell'Europa presuppone la libertà, perché solo una persona che vive nella propria regione può davvero essere libera. L'uomo globalizzato è semplicemente uno schiavo degli interessi finanziari ed economici internazionali. È arrivato il momento di ridare allo stato nazione e alla nazione una definizione positiva.




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mercoledì 3 ottobre 2018

107 miliardi di integrazioni salariali che sembrano tanto sovvenzioni pubbliche alle imprese

Lo stato sociale tedesco tramite Hartz IV garantisce delle integrazioni salariali ai lavoratori che non raggiungono il minimo previsto dalle tabelle Hartz. Nel 2017 in media 982.089 nuclei hanno percepito dallo stato un sussidio integrativo in quanto lo stipendio di almeno uno dei componenti era al di sotto dei minimi previsti dalle leggi Hartz. Tra il 2007 e il 2017 lo stato ha erogato 107 miliardi di euro di integrazioni. Sebbene l'introduzione di un minimo salariale nel 2015 abbia invertito la tendenza degli ultimi anni, sono in molti a considerare le integrazioni salariali un aiuto di stato indiretto alle imprese tedesche che possono continuare ad offrire salari al minimo di legge perché tanto sarà lo stato a dover integrare gli stipendi. Dalla Faz.net



Centinaia di migliaia di persone in Germania pur avendo un'occupazione dipendono dalla sicurezza sociale di base. Lo stato paga per loro più di dieci miliardi di euro all'anno di sussidi. La Linke è molto critica e considera questa somma un aiuto di stato nascosto garantito ai datori di lavoro che pagano dei bassi salari.

Sono sempre di più i sussidi Hartz IV pagati a persone occupate. La somma ricevuta dalle cosiddette comunità di bisogno Hartz con almeno un componente occupato lo scorso anno ha superato i dieci miliardi di euro. L'anno prima erano stati 9,85 miliardi di euro. Nel complesso in Germania centinaia di migliaia di Aufstocker (percettori di un'integrazione salariale), sebbene abbiano un lavoro dipendente devono fare affidamento sulla  sicurezza di base (Hartz IV). Ciò emerge da una statistica della Bundesagentur für Arbeit su cui la Linke al Bundestag ha voluto portare l'attenzione.


Negli anni fra il 2007 e il 2017 a tali comunità di bisogno Hartz IV sono stati pagati un totale di oltre 107 miliardi di euro di integrazioni salariali. Il valore è oscillato tra i 9 e i 10,36 miliardi di euro e dal 2011 è sempre stato inferiore ai dieci miliardi di euro.

Una comunità di bisogno include i familiari più stretti all'interno di un nucleo per il quale l'Arbeitslosengeld II viene calcolato congiuntamente. Lo scorso anno ci sono state in media 982.089 comunità di bisogno con almeno un lavoratore occupato, fra queste 362.303 comprendevano almeno un minijobber. In media, i nuclei di questo tipo lo scorso anno hanno ricevuto 849 euro al mese.

"Da molti anni ormai l'intera società sovvenziona i datori di lavoro che pagano bassi salari o offrono ai dipendenti solo part-time o mini-job, anche se in realtà molti lavoratori vorrebbero lavorare di più", ha detto la portavoce per il mercato del lavoro della Linke Sabine Zimmermann. La sua proposta prevede di aumentare il salario minimo, di impedire l'assunzione sistematica a basso salario sotto forma di lavoro interinale e di trasformare i mini-jobs in posti di lavoro soggetti a contribuzione per la sicurezza sociale.


Il nuovo militarismo di Berlino

Nel giorno in cui si celebra la riunificazione tedesca, questo blog propone una riflessione sul nuovo militarismo tedesco. Un ottimo Georg Rammer su Ossietzky, una rivista pacifista e anti-militarista, analizza gli sforzi del governo di Berlino per dotare la Germania di una Bundeswehr in grado di agire su scala globale con l'obiettivo di difendere gli interessi della grande potenza esportatrice. Da Ossietzky.net


L'egemonia tedesca in Europa, da molti paesi temuta sin dal 1989, ormai è una realtà. Il campione mondiale dell'export impone nell'UE una rigorosa politica di austerità e nel proprio interesse garantisce il sostegno agli investitori e al libero commercio. Tuttavia per garantire alle imprese tedesche un ambiente favorevole agli investimenti e l'accesso a materie prime a basso costo è necessaria un'adeguata garanzia militare. Da un punto di vista critico, queste attività possono essere considerate elementi costitutivi del nuovo imperialismo tedesco.

Il governo federale e l'industria della difesa su questo tema possono già registrare un successo: da parte della popolazione tedesca c'è poca resistenza nei confronti del riarmo. Anche se in realtà molti sondaggi da anni ci ripetono che in Germania ci sarebbe un'ampia maggioranza contraria alle missioni militari e sempre secondo i tedeschi a minacciare la pace sarebbero molto piu' gli Stati Uniti che non la Russia. Nonostante ciò il ministero diretto dalla signora Von der Leyen e la Grande Coalizione continuano a perseguire una politica di militarizzazione, riarmo e di atti minacciosi nei confronti della Russia. Recentemente il Ministero della Difesa ha infatti presentato un nuovo "Concetto per la Bundeswehr" (Ministero della Difesa federale, 20 luglio 2018). L'obiettivo del documento è fornire una risposta al "profondo cambiamento nella situazione di sicurezza in Europa e nel mondo" ed esprimere "la volontà della Germania di assumere maggiori responsabilità a livello globale" (p.4). "Nel mondo", qui espresso in senso letterale, le missioni dell'esercito tedesco in futuro comprenderanno un concetto di sicurezza globale esteso anche nell'ambito dei sistemi informatici e spaziali.

Il documento del ministero sottolinea l'importanza sia delle missioni all'estero che della difesa nazionale e dell'alleanza. Ma chi sarebbe - dopo il crollo del sistema socialista, del Patto di Varsavia e dell'Unione Sovietica -  il vero nemico dal quale il paese e la NATO devono difendersi? La Russia non viene menzionata da nessuna parte. Probabilmente non è nemmeno necessario, perché evidentemente gli autori ritengono che il nemico di cui si parla nel documento quando si fa riferimento alla "minaccia ibrida" - sovversione e disinformazione, propaganda e attacchi dal cyberspazio (p.22) - sia già ampiamente ancorato nella mente dell'opinione pubblica. Dobbiamo perciò' creare una "resilienza" contro questi attacchi, cioé una protezione per la nostra capacità di agire. Il potenziale di minaccia dell'avversario, con la sua strategia globale ibrida ed estremamente agile, sarà la sfida centrale. Mancano tuttavia informazioni più concrete.

La Bundeswehr in ogni caso è già pronta. In Georgia, che a nord ha un lungo confine con la Russia, in agosto si sono svolte manovre di addestramento con 3.000 soldati provenienti da 13 paesi, tra cui la Germania. A luglio 19 paesi della NATO hanno partecipato alla manovra navale »Sea Breeze« nei pressi di Odessa, in Ucraina. A novembre, la Bundeswehr, con 8.000 soldati e 100 carri armati parteciperà alla più grande manovra della NATO dalla fine della Guerra Fredda - in Norvegia, un paese che nell'estremo nord ha un confine comune con la Russia. Trenta paesi fra NATO e paesi partner dell'alleanza forniranno un totale di 40.000 militari per intimidire il nemico.

Quest'anno nel complesso è previsto che 12.000 soldati tedeschi prendano parte alle esercitazioni della NATO nella parte settentrionale e orientale del territorio dell'alleanza, tre volte in più rispetto al 2017. L'obiettivo è la "deterrenza della Russia", come si legge dall'inizio dell'anno su diversi giornali. Inoltre i battaglioni multinazionali di stanza in Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia e Lituania sono già sotto la guida della Bundeswehr. La Bundeswehr dal 2019 prenderà inoltre il comando della forza di risposta rapida della NATO. Diverse manovre della NATO come "Sabre Strike", "Flaming Thunder" o "Iron Wolf" dovrebbero, secondo Ntv (19.2.18), inviare un chiaro segnale di deterrenza a Putin.

Dobbiamo ricordarlo: nella guerra di annientamento contro l'Unione Sovietica, i soldati tedeschi hanno bombardato, fucilato e fatto morire di fame 27 milioni di persone. Evidentemente la sicurezza della Russia non fa parte della ragione di stato tedesca.

Se fino a qualche anno fa lo si diceva con un certo imbarazzo, oggi il ministro della difesa lo sottolinea con orgoglio: la Germania rivendica la leadership nell'UE, sia economica che politica. La Bundeswehr dovrà pertanto essere in grado di affermare la sua guida nelle operazioni multinazionali. Gli interessi tedeschi determineranno in maniera chiara la missione e i compiti dei militari. Oltre alla protezione della sovranità dello stato, l'interesse verterà sulla salvaguardia delle rotte commerciali e di approvvigionamento di una Germania povera di risorse, ma molto forte nell'export. Per questa ragione, come sottolineato dal documento del ministero, dal 1991 i militari tedeschi hanno gestito più di 60 missioni in tutto il mondo (pagina 14).

Oltre a queste missioni estere, in futuro sarà necessario occuparsi dei "compiti di ristabilimento dell'ordine" anche nei paesi amici, nel caso in cui la sicurezza pubblica (degli investitori o della popolazione?) non dovesse essere piu' garantita (p.25). In queste "regioni fragili" (p.28), in certe condizioni potrebbe essere necessario creare autorità politiche e organizzazioni al fine di"rafforzare" i "partner" attraverso "consulenze militari e una cooperazione negli armamenti". Come è noto già oggi lo si fa nei paesi africani.

Non c'è da sorprendersi se la Germania ha boicottato l'accordo ONU sul divieto di proliferazione delle armi nucleari firmato da 122 Stati. Nel Concetto del ministero della difesa viene infatti sottolineata l'importanza di una partecipazione al nucleare. La Germania vorrebbe pertanto aggiungersi alla lista delle potenze nucleari mettendo a disposizione dei sistemi di lancio per i missili, immagazzinando armi nucleari nel paese e usando la bomba in caso di guerra. Naturalmente tutto ciò non è affatto compatibile con il divieto imposto dalle Nazioni Unite.

"La Bundeswehr dovrà essere [...] effettiva in tutte le dimensioni e ad ogni livello di intensità" (p.50). In questo modo non solo si mira a raggiungere il successo dell'azione militare, ma anche alla possibilità di aprire una varietà di opzioni ai "decisori politici" (p.36). Potere politico da raggiungere attraverso una superiorità militare. Del disarmo, della priorità da dare alla risoluzione pacifica dei conflitti o della necessità di osservare la situazione mondiale con gli occhi del nemico, nel documento non se ne parla.

Questo concetto sembra piu' che altro un guazzabuglio tecnocratico. Nessun pensiero alle possibili cause dei numerosi conflitti nel mondo o alla possibilità di evitarli e gestirli pacificamente. Sembra banale, ma è molto pericoloso: chi ha solo un martello, in ogni problema vedrà un chiodo. Il documento del governo è un pamphlet ideologico. Le affermazioni, i pregiudizi e le immagini di un nemico auto-creato sono imposte come dei fatti al fine di ottenere il risultato desiderato: riarmo e militarizzazione. Si sta preparando il terreno a delle "soluzioni" militariste.
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martedì 2 ottobre 2018

Handelsblatt: in Italia deve cambiare la musica

Non poteva mancare il solito pistolotto di Handelsblatt molto critico nei confronti del governo italiano e altrettanto critico verso una Commissione UE troppo generosa con i soliti debitori incalliti del sud, almeno secondo la brillante giornalista autrice dell'illuminante commento. Per il quotidiano di Duesseldorf nei rapporti fra Italia ed UE la musica deve cambiare: è arrivata l'ora della tolleranza zero e se necessario della cacciata dell'Italia dalla moneta unica. Da Handelsblatt, Ruth Berschens


In Europa si sta affermando la negazione politica della realtà. La Gran Bretagna immagina di essere in grado di dettare le condizioni per la Brexit ad una UE molto più grande - proprio come se l'Impero fosse risorto. E ora l'Italia fa ancora peggio: i populisti a Roma fingono che la montagna del debito da due trilioni di euro non esista e che possano continuare a dare gas facendo nuovo debito.

Gli inglesi hanno "solo" voluto sfidare l'UE - scelta che assomiglia ad una missione suicida. Ma quello che stanno facendo gli italiani va ben oltre: non solo stanno sfidando la zona euro, ma anche i mercati finanziari. Bisognerebbe mettersi a ridere davanti a tali dimostrazioni nazionali di forza, se non fossero così pericolose, per l'Italia e per l'Eurozona.

"Bella Italia" sia dal punto di vista politico che economico negli ultimi dieci anni si è drasticamente ristretta. A differenza della Germania e piu' recentemente anche della Francia, il terzo stato dell'eurozona non è riuscito a vincere la sfida della globalizzazione. L'ingombrante apparato statale con la sua burocrazia eccessiva e un'infrastruttura in parte in condizioni miserabili scoraggia sistematicamente gli investitori.


Le vecchie generazioni fanno affidamento sui loro privilegi e sottraggono ogni opportunità alla gioventù ben istruita. Molti giovani italiani disillusi hanno già lasciato il loro paese. L'Italia è l'unico paese dell'UE che negli ultimi anni non ha beneficiato della ripresa economica. In termini di crescita economica il paese si trova all'ultimo posto nell'UE.

La responsabilità per la situazione di malessere è delle élite del paese - non solo quelle politiche. Alle aziende del ricco nord non dovrebbe essere indifferente il destino della loro patria. Bisognerebbe auspicarsi che l'economia abbia un impatto maggiore sui nazional-populisti al governo rispetto a quello modesto avuto fino ad ora.

Sono anni ormai che l'Italia continua ad andare giù. Ma ora la Lega e il Movimento Cinque Stelle stanno rapidamente portando il paese verso l'abisso. Lo mostra la reazione frenetica dei mercati finanziari alla bozza di bilancio di Roma per il 2019. Con l'UE aveva convenuto che il rapporto deficit / PIL l'anno prossimo sarebbe sceso allo 0,8%.

E da qui il governo di Roma ne ha fatto un 2,4 % per poterci pagare delle costose promesse elettorali. La già gigantesca montagna del debito dovrebbe continuare a salire - e tutto ciò succede con una crescita economica ancora bassa.

Per la Commissione europea si tratta di uno sviluppo catastrofico. Con nessun altro paese le autorità di bilancio di Bruxelles negli ultimi anni erano state così pazienti. A nessun altro paese erano state accordate così tante eccezioni alle regole del Patto di stabilità. All'Italia era già stato concesso di fare nuovi debiti in piu' occasioni e per ragioni ogni volta eccezionali - come ad esempio per i rifugiati o per le vittime del terremoto. L'Italia aveva bisogno di tempo per attuare riforme difficili, aveva sostenuto in ogni occasione una Commissione alquanto benevola.

Ma la maggior parte delle riforme non ha portato a nulla, la disoccupazione è ancora elevata, la frustrazione fra la gente è in aumento, così come i risentimenti anti-europei. Quasi tutti i partiti politici in Italia accusano l'UE per la miseria del paese. Non c'è quindi da stupirsi se a salire al potere sono stati due partiti apertamente ostili all'UE.

La Commissione europea con la sua politica della generosità ha fallito. Ora dovrà cambiare la musica. Se il governo di Roma non dovesse fare marcia indietro, diventerà inevitabile una procedura di infrazione per  disavanzo eccessivo.

Ma forse è già troppo tardi per farlo. I premi al rischio sui titoli di stato italiani continuano a salire, le banche sono sotto pressione e la fuga di capitali è iniziata da tempo. È possibile che il crollo sui mercati prima o poi finisca fuori controllo, come accadrebbe in caso di recessione o di un forte aumento dei tassi di interesse.

La zona euro potrebbe essere quindi giunta a un test senza precedenti: forse per la prima volta si troverebbe ad affrontare l'uscita di un paese. Dal punto di vista finanziario l'unione monetaria non potrebbe assorbire l'italia, se non altro per le sue dimensioni. Il fondo di salvataggio della zona euro sarebbe irrimediabilmente sopraffatto dalle dimensioni del debito italiano. Inoltre, è difficile immaginare che i parlamenti degli stati piu' solidi della zona euro, come la Germania, l'Olanda o la Finlandia possano concedere miliardi di euro a favore degli irresponsabili populisti italiani.

Alla zona euro non resterà quindi altra scelta che isolarsi: dovrà proteggere gli altri stati membri e le loro banche, prima che queste finiscano per essere risucchiate dalla deriva italiana.

Anche per la stessa Italia probabilmente non ci sarebbe più alcuna ancora di salvezza all'interno dell'unione monetaria. Cosa questo significhi lo possiamo vedere in Argentina: iperinflazione, disoccupazione, impoverimento. Il prezzo per la negazione politica della realtà viene pagato da tutti, non solo da chi ne è la causa.



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