martedì 24 settembre 2019

Perché Berlino alimenta l'indipendentismo scozzese

Per German Foreign Policy la politica tedesca sta alimentando l'indipendentismo scozzese in chiave geopolitica: l'obiettivo sarebbe quello di indebolire dall'interno la Gran Bretagna, un paese alleato, nella fase decisiva della Brexit. Nei giorni scorsi Nicola Sturgeon, il primo ministro scozzese nonché leader degli indipendentisti scozzesi, è stata accolta con i massimi onori a Berlino. Ma per i tedeschi potrebbe essere solo un'altra vittoria di Pirro. Ne scrive il sempre ben informato German Foreign Policy





Un secondo referendum sull‘indipendenza 

Il governo regionale scozzese guidato dal Primo Ministro Nicola Sturgeon prosegue la sua campagna in favore di un secondo referendum sulla secessione. Prima del referendum del 18 settembre 2014, i nazionalisti scozzesi, fra questi anche Sturgeon, in diverse occasioni avevano dichiarato che il voto espresso nelle urne dal popolo scozzese sarebbe stato valido e vincolante per almeno una generazione. (…) 



Applausi incoraggianti 

Ciò ha spinto i politici dei partiti di governo e persino alcuni ministri tedeschi a sostenere apertamente gli sforzi indipendentisti dei nazionalisti scozzesi e quindi a sostenere il separatismo in un paese ufficialmente alleato. Già il 26 giugno 2016, infatti, il presidente della Commissione per gli affari europei del Bundestag, Gunther Krichbaum (CDU), aveva dichiarato di aspettarsi un "successo" da un eventuale nuovo referendum sulla secessione scozzese: la Scozia rimarrà nell'UE, aveva detto. Sempre ad inizio luglio 2016, l'allora vice-cancelliere Sigmar Gabriel (SPD) aveva affermato che se la Scozia avesse lasciato il Regno Unito, l'UE "senza dubbio ... l’avrebbe accolta". [2] Il 9 agosto 2016, il Primo Ministro Sturgeon era stata ricevuta dal sottosegretario di stato presso il Ministero degli Esteri di Berlino, Michael Roth. Nel settembre 2016, il capogruppo del Partito nazionale scozzese (SNP) alla Camera dei Comuni, Angus Robertson, aveva invece partecipato a una riunione a porte chiuse del gruppo parlamentare bavarese della SPD a Bad Aibling. [3]


Media Award per Sturgeon 

Nel frattempo, i nazionalisti scozzesi hanno continuato a ricevere aperto sostegno da parte della Repubblica Federale. Così il primo ministro Sturgeon la scorsa settimana è stata in Germania per una serie di colloqui politici. Martedì 17 settembre ha ricevuto il M100 Media Award a Potsdam, premio assegnato ogni anno da una giuria di giornalisti dei principali media tedeschi. Tra i vincitori precedenti l'ex ministro degli Esteri Hans-Dietrich Genscher (2009), il presidente della BCE Mario Draghi (2012) e il politico ucraino Vitali Klitschko, premio assegnato subito dopo il rovesciamento del 2014 in Ucraina, che egli aveva contribuito a causare in cooperazione con i centri di potere tedeschi. [6] Sturgeon ufficialmente è stata insignita del prestigioso premio per essersi distinta nel Regno Unito come "un politico con una posizione chiaramente pro-europea". [7] Il discorso di elogio è stato pronunciato dal Primo Ministro della Nordrhein-Westfalen, Armin Laschet (CDU); il principale discorso politico è stato tenuto dal presidente del Bundestag Wolfgang Schäuble (CDU). Sturgeon nel suo discorso di accettazione, davanti a un pubblico di spicco, ha approfittato dell'occasione per promuovere direttamente un nuovo referendum sull’indipendenza scozzese: la Scozia, secondo lei, dovrebbe aderire all'UE come "paese indipendente" [8]. 

In un round confidenziale 

Mercoledì 18 settembre Sturgeon ha poi proseguito la sua campagna per la separazione della Scozia dal Regno Unito e la successiva ammissione all'UE presso la Deutsche Gesellschaft für Auswärtige Politik (DGAP), uno dei Think Tank piu’ influenti in materia di politica estera tedesca. Il primo ministro scozzese prevede "che nei prossimi anni la Scozia sarà indipendente ... e diventerà quindi un membro indipendente dell'UE", ha detto durante la conferenza stampa. [9] Prima della sua apparizione, coperta in maniera benevola dai principali media della Repubblica Federale ("Nicola Sturgeon - il bel volto del nazionalismo" scriveva il Tagesspiegel, [10]), ha anche avuto uno scambio di opinioni, riferisce la DGAP, "in un giro confidenziale con alcuni specialisti di politica europea". Ha inoltre incontrato, sempre in via confidenziale, il sottosegretario di Stato presso il Ministero degli Esteri Michael Roth. Roth ha poi elogiato via Twitter il "rapporto positivo tra la Germania e le controparti scozzesi". 

Spinti fuori dall’UE 

Con il suo supporto ai nazionalisti scozzesi, Berlino punta in alto. In termini geopolitici, a Berlino potrebbe sembrare vantaggioso riuscire ad imporre la secessione della Scozia e il suo ingresso nell'UE: la Gran Bretagna ne uscirebbe notevolmente indebolita. Al contrario, la Germania e l'UE uscirebbero in qualche modo rafforzate dall'adesione all'UE di un nuovo stato membro dipendente da Berlino. Non è tuttavia chiaro se e in che modo la secessione della Scozia possa essere forzata. Anche se avesse successo, l'ingresso del paese nell'UE resterebbe altamente incerto: diversi stati dell'UE, tra i quali la Spagna, respingono qualsiasi coinvolgimento dei separatisti in quanto essi stessi sono minacciati al proprio interno dalle lotte secessioniste. Al momento è piu’ probabile che una Scozia indipendente resterebbe isolata e fuori dall'UE. Berlino finirebbe quindi per portare i suoi partigiani scozzesi in una posizione scomoda che non avrebbero mai desiderato. 

Non sarebbe la prima vittoria di Pirro 


A ciò si aggiunge il fatto che Londra difficilmente accetterebbe il sostegno tedesco ai nazionalisti scozzesi. I piani del governo federale, infatti, prevedono di continuare a lavorare a stretto contatto con il Regno Unito, anche dopo che questo avrà lasciato l'UE, in modo da poter competere con gli Stati Uniti all’interno di un blocco europeo [11]. Nella capitale tedesca ciò è auspicabile per motivi politici, ma soprattutto per ragioni militari. Si può tuttavia dubitare che questo progetto sia realizzabile, soprattutto nel caso in cui Berlino dovessse contribuire alla disintegrazione della Gran Bretagna. Una separazione della Scozia dal Regno Unito, con il sostegno energico di Berlino, non sarebbe in ogni modo la prima vittoria di pirro dei tedeschi.




[1] Kevin McKenna: Nicola Sturgeon's strike for independence should not let the SNP off the hook. theguardian.com 28.04.2019.

[2] S. dazu Das Druckmittel Sezession.

[3] S. dazu Das Druckmittel Sezession (II).

[4] Simon Johnson: Nicola Sturgeon hails "phenomenal" new poll showing majority for Scottish independence. telegraph.co.uk 05.08.2019.

[5] Simon Johnson: Independence referendum fifth anniversary poll shows six out of 10 Scots want to remain in UK. telegraph.co.uk 17.09.2019.

[6] S. dazu Unser Mann in Kiew.

[7] Nicola Sturgeon erhält M100 Media Award. m100potsdam.org 02.09.2019.

[8] Acceptance Speech of Nicola Sturgeon. m100potsdam.org.

[9] Schottland sieht seine Zukunft in der EU. dgap.org 18.09.2019.

[10] Albrecht Meier: Nicola Sturgeon - das nette Gesicht des Nationalismus. tagesspiegel.de 18.09.2019.

[11] S. dazu Ein gefährliches Spiel.



lunedì 23 settembre 2019

La favola dell'integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro tedesco

Secondo gli ultimi dati ministeriali, l'integrazione nel mercato del lavoro tedesco dei rifugiati arrivati a partire dal 2015 sarebbe un successo inatteso. Ad un'analisi piu' attenta dei numeri, tuttavia, si può dire che appena il 20% dei rifugiati in età lavorativa arrivati a partire dall'autunno 2015 risulta occupato.  Ne scrive Roland Springer su Tichys Einblick


Nella disputa tra i rappresentanti del fronte degli ottimisti e dei pessimisti in merito all'integrabilità dei richiedenti asilo provenienti dalle regioni di guerra e dalle ragioni povere del Medio Oriente e dell'Africa, ancora una volta i media mainstream hanno preferito dare spazio agli ottimisti, in particolare alla Commissaria del governo federale per l'integrazione, Annette Wiedmann-Mauz. Ad esempio, la Stuttgarter Zeitung (StZ) del 10 settembre riporta che questa collaboratrice della Cancelliera, sulla base degli ultimi dati della Bundesanstalt für Arbeit (BA) relativi all’occupazione fra i richiedenti asilo, ritiene che negli ultimi quattro anni la loro integrazione nel mercato del lavoro “sia andata decisamente meglio di quanto avevano previsto gli esperti”. Ad incoraggiarla, tra le altre cose, c’è l’esperto di mercato del lavoro dell’Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung (IAB) Herbert Brücker. Il Tagesschau del 9 settembre, infatti, fa riferimento ad una sua citazione quando scrive: "in autunno, è probabile che circa il 40% dei rifugiati in età lavorativa abbia un impiego".

Questa affermazione fa riferimento alle 399.000 persone provenienti dagli otto principali paesi di origine dei rifugiati, che a giugno 2019 alla BA erano registrate come occupate e coperte da assicurazione sociale (324.000 sozialversicherungspflichtig) oppure con un impiego marginale (75.000 geringfügig beschäftigt o minijobber).  Secondo la BA, ciò corrisponderebbe a un tasso di occupazione di circa il 40% per i dipendenti soggetti ad assicurazione sociale, percentuale che viene ottenuta calcolando il rapporto tra gli occupati e tutte le persone tra i 15 ei 65 anni provenienti da questi otto paesi. Per tutti gli stranieri (senza cittadinanza tedesca), attualmente il tasso corrispondente è di circa il 52%, per i cittadini tedeschi del 69 %.

Tra le circa 400.000 persone provenienti dagli otto paesi che alla BA sono state registrate come assicurate o come minijobber, non vengono calcolati solo i "rifugiati" arrivati a partire dal 2015, ma anche quelli che erano arrivati in Germania già (molto) tempo prima del 2015 o come richiedenti asilo o come migranti regolari, oppure studenti.  Fra queste persone ci sono inoltre anche coloro che sono arrivati in Germania da questi 8 paesi a partire dal 2015, ma grazie ad un altro titolo di soggiorno. Fra i circa 400.000 occupati citati da Widmann-Mauz e altri come una prova del successo non ci sono solo i richiedenti asilo arrivati in Germania dal 2015.

Le statistiche della BA infatti non mostrano le proporzioni dei vari gruppi di immigrati sul numero totale dei dipendenti degli otto paesi, a cui tuttavia gli esperti per le informazioni statistiche della BA a richiesta specifica rispondono. Nel giugno 2015, all'Agenzia federale del lavoro risultava un totale di 77.000 persone già registrate e soggette a contributi sociali (sozialversicherungspflichtig), e provenienti da questi paesi. A voler essere corretti, se l’obiettivo è quello di capire quale sia stato il successo dell’integrazione nel mercato del lavoro a partire dall'apertura delle frontiere del 2015, questi 77.000 dovrebbero essere detratti dalle 324.000 persone con assicurazione sociale dell'agosto 2019. Invece di 324.000, sarebbero quindi solo 250.000 le persone che dal 2015 sono arrivate dagli otto principali paesi di origine e che hanno un’occupazione coperta da contributi sociali, dei quali un'ampia maggioranza sicuramente arrivata come richiedente asilo e solo una piccola minoranza come migrante economico.

Il tasso di occupazione del 40%, che secondo Brücker nel frattempo sarebbe stato raggiunto, è corretto se rapportato a tutte le persone occupabili provenienti dagli otto principali paesi di origine degli attuali richiedenti asilo, che vivono in Germania da anni o addirittura da decenni, ma non è corretto se riferito ai "rifugiati" arrivati in Germania da questi paesi a partire dal 2015. Quale sia questo dato, in realtà non è mostrato dalle statistiche della BA, ma può essere calcolato in maniera approssimativa usando altre statistiche. A fine 2018 secondo l'Ufficio federale di statistica in Germania c’erano circa 1,8 milioni di richiedenti asilo. È probabile che siano entrati quasi tutti a partire dal 2015. I dati sulle fasce di età mostrano che circa il 70% dei richiedenti asilo è in età lavorativa. Abbiamo quindi a che fare con circa 1,3 milioni di richiedenti asilo occupabili, arrivati in Germania a partire dal 2015. Il loro tasso di occupazione attuale, sulla base dei 250.000 occupati soggetti ad assicurazione sociale, dovrebbe essere quindi non del 40, ma piuttosto del 20 %. Se fosse effettivamente al 40 %, considerando i circa 1,8 milioni richiedenti asilo indicati dall'Ufficio federale di statistica, allora la persone in età lavoratoriva dovrebbero essere solo 625.000.

In altre parole: su base realistica, solo il 20 % dei richiedenti asilo arrivati dal 2015 è occupato con un’assicurazione sociale. Sempre meglio di nulla, ma tutt'altro che una conferma del successo delle politiche e delle idee della lobby dell'asilo presente nella politica, negli affari, nelle organizzazioni dei datori di lavoro, nei sindacati, nelle chiese, nell’associazionismo, nelle NGO, nei media, e grazie ai quali il costante abuso dell'articolo 16 della Legge fondamentale è servito a favorire l’immigrazione economica. A ciò si aggiunge il fatto che il tasso di occupazione viene calcolato come il rapporto fra occupati e forza lavoro. Non aumenta solo quando aumenta il numero degli occupati, ma anche quando diminuisce il numero dei lavoratori. Un aumento del tasso di occupazione fra i richiedenti asilo non deriva solo ed esclusivamente dalla crescente integrazione nel mercato del lavoro, ma può anche essere il risultato di un declino dell'immigrazione dei richiedenti asilo occupabili.

Entrambi i fenomeni in Germania sono riscontrabili a partire dal 2015. Il numero degli immigrati provenienti dagli otto principali paesi di origine e registrati come lavoratori con assicurazione sociale è aumentato passando dai 77.000 di giugno 2015 ai 324.000 di giugno 2019, la maggior parte dei quali sono richiedenti asilo. Nello stesso periodo, il numero di richieste di asilo presentate all'Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (BAMF) è sceso passando dalle 745.000 del 2016 alle 185.000 del 2018. Se l'arrivo dei richiedenti asilo si fosse fermato o se il numero si fosse ridotto a causa del rientro nei loro paesi d'origine, il tasso di occupazione dei richiedenti asilo rimasti nel paese sarebbe comunque cresciuto, anche nel caso di una lenta integrazione nel mercato del lavoro. In teoria potrebbe anche avvicinarsi a quello registrato fra tutti gli stranieri (52 %), che ovviamente, è piu' basso rispetto a quello registrato fra i cittadini tedeschi (69 %). 

Certo, siamo ancora lontani da una situazione del genere. Sebbene il declino delle domande di asilo registrato a partire dal 2016 sia considerevole, il numero di richieste continua ad essere significativamente superiore rispetto a quello registrato negli anni fra il 2000 e il 2012. Allo stesso tempo, il rimpatrio dei richiedenti asilo (la cui domanda è stata respinta) è più lento che mai. L'arrivo di circa 200.000 richiedenti asilo all'anno, previsto dal contratto di coalizione, rende difficile o addirittura impedisce un aumento significativo del tasso di occupazione, e allo stesso tempo garantisce un costante aumento dei destinatari di Hartz IV. Il numero dei percettori di un sussidio fra i richiedenti asilo è più che raddoppiato, passando dai circa 290.000 del giugno 2016 ai circa 600.000 di agosto 2019. Tra i richiedenti asilo arrivati dal 2015 ci sono attualmente più di mezzo milione di destinatari di Hartz IV, a fronte di circa 250.000 occupati con un'assicurazione sociale.

Chi vuole considerare questo dato come una prova convincente di una integrazione riuscita nel mercato del lavoro, probabilmente pensa più alla giustificazione di una decisione sbagliata presa nel 2015 dalla Cancelleria che non ai richiedenti asilo attirati nel paese con false promesse o la soluzione di problemi del mercato del lavoro.

In materia di asilo e integrazione la poesia e la realtà spesso vengono fra loro confuse, non solo dai sostenitori dichiarati di una società etnicamente e culturalmente omogenea, ma anche dagli aperti sostenitori di una società etnicamente e culturalmente sempre più eterogenea.


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domenica 22 settembre 2019

3 siriani su 4 (in età lavorativa) vivono di Hartz IV

Secondo i recenti dati della Bundesagentur für Arbeit, 3 siriani su 4 in Germania vivono di Hartz IV e quindi di sussidi pubblici. E ci troviamo in un mercato del lavoro ancora forte e in crescita da anni. La rapida integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro, alla prova dei fatti, è solo una favola. Ne scrive Die Welt

Siriani immigrati in Germania

Più del 60 % dei destinatari di Hartz IV sono tedeschi. I siriani costituiscono il secondo gruppo più numeroso con il 10%. Il loro tasso di disoccupazione è alto, certifica una statistica - e tre quarti di loro ha bisogno del sussidio di base.

Circa tre quarti dei siriani residenti in Germania in età lavorativa vivono in tutto o in parte di Hartz IV. Secondo le statistiche della Bundesagentur für Arbeit (BA) hanno recentemente raggiunto il 74,9 %. Il tasso di disoccupazione per i cittadini siriani a giugno di quest'anno si è attestato al 44,2 %, in leggero calo. Un anno prima era ancora del 49,6 %.


Chi frequenta un corso di integrazione o un corso di lingua a carattere professionale non viene considerato disoccupato ma "persona sottoccupata". A ricevere Hartz IV sono anche coloro che guadagnano così poco da non potersi permettere di vivere del loro salario.

Subito dopo l'arrivo in Germania, chi è in cerca di protezione riceve denaro dallo stato - come previsto dalla legge sui benefici per i richiedenti asilo. Poiché le procedure di asilo per i siriani in media vengono completate più rapidamente rispetto a quelle per chi arriva da paesi con un tasso di riconoscimento più basso, i siriani entrano più rapidamente nel sistema della sicurezza sociale di base.

Secondo la BA circa il 43 % degli afgani in età lavorativa a maggio riceveva prestazioni Hartz IV. Il tasso di disoccupazione per questo gruppo a giugno era del 26%. Per fare un confronto: a giugno erano disoccupati il 4,7% dei tedeschi e il 12,2% di tutti gli stranieri.

Rifugiati dalla Siria con un livello di istruzione superiore

Come mostra una tabella creata dalla BA per il parlamentare di AfD René Springer, a settembre il 63,6 % di tutti i destinatari di Hartz IV erano cittadini tedeschi. I siriani sono il secondo gruppo più numeroso con il 10,5 %, seguiti dai percettori di Hartz IV provenienti dalla Turchia (4,2 %). Il 2,5 % dei beneficiari proveniva dall'Iraq, il 2,2 % dall'Afghanistan. L'1,6 per cento dei beneficiari proveniva dalla Bulgaria, paese UE. Il numero include anche bambini e persone in età da pensione. Per chi ha doppia cittadinanza, l'Agenzia federale considera solo una delle due cittadinanze.

Secondo l'Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (Bamf), il livello di istruzione dei rifugiati dalla Siria è superiore a quello dei rifugiati provenienti da altri paesi di fuga come Afghanistan, Eritrea o Somalia.

Il fatto che i richiedenti asilo provenienti dai paesi con un basso tasso di riconoscimento cerchino relativamente in fretta un lavoro ha anche a che fare con il fatto che durante la procedura di asilo non hanno avuto accesso ai corsi di integrazione finanziati dallo Stato, afferma Panu Poutvaara, responsabile presso l'Ifo del Centro per la ricerca sulla migrazione. Ha poi detto: "il boom economico degli ultimi anni è stato un buon presupposto per l'integrazione - anche per i meno qualificati. Alla luce delle prospettive attuali sempre peggiori, sarà necessario compiere sforzi ancora maggiori". Poutvaara che è anche consulente presso il Consiglio consultivo per l'integrazione e la migrazione (SVR), ha sottolineato che le persone con una scarsa possibilità di restare nel paese spesso cercano di assicurarsi il diritto di restare tramite il lavoro oppure tramite il cosiddetto "permesso per l'Ausbildung".

AfD è pessimista. "La famosa immigrazione di lavoratori qualificati non c'è mai stata. Al suo posto invece assistiamo ad un'immigrazione sistematica nel nostro stato sociale", ha detto il parlamentare AFD Springer.

sabato 21 settembre 2019

Il nuovo pacchetto per il clima, fra gilet gialli e "Khmer verdi"

Con il nuovo pacchetto per il clima varato ieri dal governo tedesco arriva anche un'ondata di aumenti sui carburanti, sull'elettricità e sui trasporti che si ripercuoterà sui lavoratori e sui contribuenti. Il governo rosso-nero di Berlino per cercare di recuperare terreno elettorale rende omaggio all'ambientalismo ideologico e al gretinismo ma complica la vita ai lavoratori e ai "gilet gialli", vale a dire a tutti coloro che ogni giorno si devono confrontare con la durezza del vivere. Ne scrive l'ottima penna di Roland Tichy su Tichys Einblick


Chi non ha nulla da dire, deve parlare molto, sperando che il suono delle parole riesca a colmare il vuoto.

E questo vale soprattutto per i negoziati sul pacchetto climatico. 16 ore di trattative hanno partorito un mostro: un mostro che si mangia il portafoglio dei consumatori e distrugge posti di lavoro. Ma allo stesso tempo è anche un topolino: per il clima non fa nulla.

È piuttosto un capolavoro: dopo tanto sforzo vengono mancati quegli obiettivi che il governo si era auto-imposto con la grande ambizione di salvare il clima.

Questo è il pacchetto: prima si sovvenzionano i nuovi riscaldamenti a nafta, per poi bandirli dal 2030. Prima incentivare e poi vietare: questa è l'idea brillante per la  contemporanea distruzione di energia e denaro. L'unica domanda è: come potrà riscaldarsi, ad esempio, chi ha una casa sulle montagne e lontana da un gasdotto - mentre anche tutti gli altri carburanti sono vietati. Il riscaldamento globale arriverà davvero così alla svelta da rendere il riscaldamento superfluo?

Il diesel diventerà più caro; e in questo modo sarà punita un'alternativa alla benzina per il risparmio di CO2. Come possono stare insieme le  cose? E poiché tutto in qualche modo dovrà stare assieme, saranno aumentate le detrazioni per i pendolari. Sotto forma di sgravio fiscale, a partire dal 2020 le detrazioni per i pendolari verranno aumentate di cinque centesimi per km percorso. Di conseguenza sarà possibile detrarre dalle imposte per ogni km di distanza 35 centesimi anziché 30, ma solo a partire dal 21 ° chilometro. Un pendolare che fa 25 km al giorno avrà un risparmio fiscale di circa 20 euro all'anno! Ma di cosa stiamo parlando? Di una riduzione del traffico, di proteggere il clima o di un bidone?

Premio per i pendolari?

Il leader dei Verdi Robert Habeck ha criticato immediatamente l'aumento del rimborso forfettario per i pendolari. "Questa è davvero una sciocchezza, perché viene premiato chi percorre lunghe distanze", ha detto Habeck. In questo modo egli mostra tutta la sua incomprensione verso coloro che in Francia, ad esempio, indossano i gilet gialli:

in fondo i pendolari si divertono così tanto a spostarsi per lavoro, che accettano volentieri di fare dei lunghi tragitti per recarsi sul posto di lavoro. I pendolari trascorrono la vita in treni perennemente in ritardo e sovraffollati, nelle metropolitane o negli ingorghi. Da oggi sapranno dal signor Habeck, che per il loro pendolarismo vengono "premiati". Chi l'avrebbe mai pensato? C'è anche una ricompensa per fare quello che ti piace. Il lavoro svolto in pessime condizioni viene reinterpretato come se fosse un piacere, proprio da chi la mattina non si è mai alzato per andare  in fabbrica e vive con i soldi del contribuente.

E si va avanti in questo modo - un passo avanti e poi uno molto costoso indietro, e alla fine è tutto sempre piu' caro. Oltre ad una quota fissa per le auto elettriche, secondo il progetto di legge, verrà ulteriormente ridotta la tassa sulle auto aziendali elettriche in modo da dare una spinta alla domanda ancora molto debole. La costruzione di un milione di punti di ricarica pubblici entro il 2030 dovrebbe aiutare le persone a non aver paura di non poter ricaricare le batterie.

Gli incentivi per l'acquisto di veicoli elettrici, inoltre, dovrebbero essere incrementati, in particolare per i veicoli più piccoli, quelli che costano fino a 30.000 euro. Diciamo quindi addio alla sovranità dei consumatori, lo stato sa cosa è piu' conveniente, conta solo l'eco-bilancio delle auto elettriche. Per le auto più economiche, unicamente a batteria, lo stato dal 2021 al 2022 dovrebbe versare 2.000 euro e in seguito 4.000 euro, a ciò si aggiunge lo sconto del produttore di 2.000 euro. Sconto del produttore? Il prezzo viene prima aumentato dal produttore, e poi ridotto con uno sconto.

Il prezzo pianificato dalla Grosse Koalition per l'aumento della benzina, del diesel, dell'olio combustibile e del gas naturale dovrebbe iniziare nel 2021 con un costo fisso per i diritti di inquinamento di 10 euro per tonnellata di anidride carbonica (CO2). Entro il 2025, il prezzo dovrebbe salire gradualmente fino a 35 euro. Ciò si rifletterà alla stazione di servizio con 9-15 centesimi di aumento per ogni litro - denaro che mancherà al consumatore e in qualche modo dovrà essere ridistribuito. 

Il fascino dei grandi numeri

Si dovranno costruire un milione di punti di ricarica per le auto elettriche. È il fascino dei grandi numeri, che in qualche modo suona molto bene - deve succedere e probabilmente succederà quello che il sindaco di Tubinga, Boris Palmer, teme già da tempo: le strade e le piazze delle città verranno sventrare per posare i cavi di alimentazione, perché altrimenti, quando viene attaccato il nuovo cavo per la ricarica rapida dell'ultimo modello di Porsche, si potrebbe oscurare l'intero quartiere. Lo sventramento delle città aiuterà il clima? Bisognerebbe investire in azioni di società di costruzioni e di produttori di rame, perché avranno molto da fare e molto da sotterrare. Questo è ciò che il leader della CSU Markus Söder definisce un "salto tecnologico": cavi elettrici nel terreno per trasportare energia prodotta con il carbone. 

Volare diventerà sempre più costoso e sarà ridotta l'iva sui biglietti del treno: la ferrovia è davvero l'alternativa per chi ha bisogno di viaggiare per lavoro da Berlino a Bruxelles o per la famiglia che vuole trascorrere le vacanze a Maiorca o in Grecia? Parlano della svolta nel trasporto ma gestiscono una ferrovia di stato dove solo il 70 % dei treni arriva puntuale - senza contare i ritardi causati dai treni persi per aver mancato una coincidenza o dai treni che non partono nemmeno: i collegamenti cancellati sono il segno distintivo di un'azienda che ha fallito in tutti i suoi obiettivi, ma che resta molto costosa. Il treno è il simbolo della grande coalizione: il blocco nelle stazioni.

E così si danno una pacca sulla spalla per il loro teatrino delle marionette. Söder vede una grande interesse internazionale per il pacchetto di misure; dopo tutto, il paese in cui i collegamenti Internet funzionano peggio che in Albania ora si è messo in testa di salvare il clima globale.

"Dimensione globale"

Nonostante ciò si danno una pacca sulla spalla e si stringono le mani a vicenda, mentre mettono le mani nella tasca sinistra dei cittadini per poi rimettere qualche centesimo in quella destra, perché è chiaro: la maggior parte dei 50 miliardi resterà attaccata alle loro dita golose. 

Le regole di efficacia ed efficienza si applicano anche alla protezione del clima. (...)

Ma è proprio su questo concetto di efficienza che fallisce il pacchetto: si rende omaggio all'isolamento degli edifici, che di fatto consuma il doppio dell'energia di quella che dovrebbe risparmiare.

Spegnendo le centrali nucleari si sono aumentate le emissioni di CO2 di 18 punti percentuali  - ciò ha un senso? Con le centrali nucleari, anche la piu' piccola delle misure attuali sarebbe stata semplicemente inutile. Puoi correggere una decisione sbagliata, ma solo se non sei la GroKo. E si va avanti allo stesso modo

Una somma tra i 40 e gli 80 miliardi viene investita nella fine della lignite - tra i 2 e i 4 milioni di euro pro-capite per ognuno dei 20.000 posti di lavoro. Per fare ciò saranno le centrali a carbone ad alimentare l'elettricità; sono più costose e solo leggermente più pulite, calcolando anche il percorso di consegna complessivo.

E così continua: qui un sussidio e là una tassa, c'è prima un divieto e poi  un bonus. Il tutto si aggiunge a un volume di ridistribuzione di circa 50 miliardi, l'unica domanda è la seguente: con quale obiettivo? Possono davvero esserci così tanti piccoli interventi insignificanti per raggiungere una somma del genere?

Lo spettacolo sonnolento della GroKo viene mostrato come se fosse una prova delle loro capacità, ma è solo la prova che non serve, se non per fare cassa. E' sempre possibile incassare. Aumentare le tasse va sempre bene.

E mentre cercano di scrollarsi di dosso la sonnolenza, diventa sempre piu' chiaro che la disoccupazione nei prossimi mesi aumenterà rapidamente.

L'ex ministro dell'ambiente danese ed eco-attivista, Ida Auken, ha dichiarato in questi giorni che per le società europee il pericolo non arriva solo dai gilet gialli che protestano, come accade in Francia, contro la distruzione dei loro mezzi di sussistenza. Ci sono anche i "gilet verdi", e sono ancora più pericolosi, e sono quelli che in Germania vengono chiamati "Khmer Verdi".

Questi gilet verdi, con la loro protesta frutto di esaltazione, minacciano di distruggere le basi economiche della nostra società. Per paura dei gilet verdi, la GroKo ha messo insieme un pacchetto di misure che fa arrabbiare i gilet di ogni colore: per i gilet verdi i palliativi messi in campo dal governo non saranno mai abbastanza. I gilet gialli si renderanno conto che per questo pagano le tasse e che per questo rischiano la disoccupazione.


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giovedì 19 settembre 2019

La favola del miracolo economico tedesco

Il miracolo economico tedesco del secondo dopoguerra sarebbe solo una favola che i tedeschi si raccontano per coltivare il loro orgoglio. Ludwig Erhard invece sarebbe  un economista di quarto ordine, mentre l'economia sociale di mercato non sarebbe mai esistita, soprattutto perché l'aggettivo sociale non vi ha mai trovato spazio; e anche il famoso miracolo dell'export è un'altra favola consolatoria, perché si dovrebbe parlare piu' che altro di un deficit delle importazioni, almeno secondo la giornalista e scrittrice Ulrike Herrmann. Una riflessione molto interessante e lontana dai soliti luoghi comuni, in chiave anti-nazionalista, dell'ottima Ulrike Herrmann intervistata dalla Ard.



Si tratta della narrazione che facciamo del nostro paese. La maggior parte dei nostri miti nazionali hanno a che fare con il modo in cui noi tedeschi nel dopoguerra siamo rapidamente diventati ricchi e potenti. "Tutti questi miti non sono affatto veritieri", afferma la giornalista Ulrike Herrmann. "Si dice sempre che i tedeschi, con la loro diligenza e raffinatezza, da soli abbiano realizzato un miracolo economico unico, e questo non è vero - in effetti, tutta l’Europa è cresciuta dopo la seconda guerra mondiale, e alcuni paesi hanno avuto addirittura piu’ successo di noi. Ad esempio, in termini di reddito pro-capite il paese di maggior successo di sempre - nessuno lo sa – è stata la Spagna". 



La Spagna? Preferiamo credere solo al miracolo economico tedesco, perché vorremmo essere una superpotenza economica indipendente. Ma questa storia è solo una favola.

Il problema del "mito di Erhard"

E allora il padre del miracolo economico, Ludwig Erhard? Solo un economista di quarto ordine, afferma Ulrike Herrmann. E un profittatore del nazismo. "Ludwig Erhard è stato direttamente legato al regime nazista e in termini finanziari ha tratto un enorme vantaggio da questo orrore, secondo me il fatto che Ludwig Erhard ancora oggi venga celebrato come se fosse un eroe tedesco è semplicemente uno scandalo".

Anche i politici dei Verdi si fanno fotografare volentieri insieme ad Erhard. Dietro c'è l'idea che noi tedeschi, con grande diligenza, ce l'abbiamo fatta da soli. Nel fare ciò però abbiamo fatto affidamento sul commercio europeo come nessun altro paese - e sull'aiuto dei nostri vicini. "Il problema con il mito di Erhard è proprio questo", afferma Herrmann. "Si finisce per perdere di vista l'importanza degli europei e il fatto che senza l'Europa non ci saremmo mai arricchiti, e ora che l'Eurozona è in crisi, per i tedeschi ovviamente è estremamente pericoloso pensare di poter andare avanti in autonomia e in qualche modo riuscire a sopravvivere da soli. I tedeschi, come spesso si afferma, sarebbero gli ufficiali pagatori d'Europa e starebbero molto meglio se fossero da soli. Come si può leggere nel programma elettorale di AfD"

La fiaba dell'economia sociale di mercato

Dobbiamo finalmente liberarci dalla menzogna insita in certe favole economiche. Lo chiede Ulrike Herrmann nel suo nuovo libro. E quella "dell'economia sociale di mercato" di Erhard è una di quelle favole. Ci fa credere che la durezza del capitalismo sia stata messa sotto controllo e ribilanciata dalla politica.

Ma allora non è vero? Non doveva funzionare per tutti? In Germania non abbiamo forse un rapporto unico fra capitale e lavoro?


Ulrike Herrmann afferma: "Economia sociale di mercato - questo è quello che pensano molti tedeschi quando gli viene ripetuto che l'economia di mercato in Germania convive con la politica sociale. Ma in realtà l'idea di fondo di Erhard era quella secondo cui il mercato stesso è già sociale di per sé. Il che ovviamente non significa altro che che tutti si meritano quello che guadagnano, e cioè: i ricchi sono a ragione ricchi, e non c'è bisogno di alcun sindacato. Erhard è sempre stato contro i sindacati e ha sempre ripetuto che bisognava ridurre i salari. E questa idea: viviamo in un'economia sociale di mercato, e quindi i lavoratori dovrebbero essere grati di vivere in questo sistema perfetto, e non dovrebbero chiedere salari più alti, perché tutto è già così sociale. E questo si trascina fino al giorno d'oggi. E tragicamente bisogna dire che Gerhard Schröder con la sua Agenda 2010 in realtà è stato l'erede perfetto di Erhard”.

Diventare ricchi grazie alla povertà?

Schröder era orgoglioso di aver creato il più grande settore a basso salario d'Europa, in uno dei paesi più ricchi al mondo. Il suo argomento: se vogliamo che l'economia prosperi bisogna alleggerire il peso sulle aziende, e alla fine tutti potranno trarre beneficio da questa ricchezza. "L'intera filosofia alla base del settore a basso salario", afferma Herrmann, "è assurda, perché si fonda sull'idea che si possa diventare ricchi diventando piu' poveri. Le persone vengono rese artificialmente povere dai bassi salari, e ciò dovrebbe condurre al benessere. Ma questa è una stupidaggine. La povertà non può renderti ricco. Ma quello che la Germania dovrebbe fare è porre fine quanto prima a questo settore a bassa retribuzione e convertire tutti questi lavori - mini-jobs, lavoro interinale e così via - in posti di lavoro regolari pagati con un salario dignitoso.

Non c’è un surplus di esportazioni, ma un deficit di importazioni

I salari in Germania vengono mantenuti bassi in modo da poter vendere le nostre merci all'estero al prezzo piu' basso possibile: questo è il mito del campione mondiale dell'export. Ma le nostre eccedenze nell'export non sono qualcosa di cui essere felici, Herrmann dice a proposito: "In realtà, bisognerebbe dire che ciò a cui assistiamo, non è un’eccedenza nell’export, ma un deficit di importazioni - se si vanno a vedere le ragioni di questo surplus, si capisce che ciò accade perché i salari in Germania sono così bassi che non possiamo permetterci di comprare abbastanza beni dai nostri vicini ".

Con i nostri bassi salari e le nostre merci economiche mettiamo gli altri europei sotto pressione. E allo stesso tempo importiamo troppo poco di quello che loro producono. Al contrario: prestiamo loro denaro per acquistare i nostri beni, il che rende la somma del debito non piu’ rimborsabile sempre maggiore. "Dagli Stati Uniti al Fondo monetario internazionale, all'OCSE, alla Banca centrale europea, i nostri vicini, primo fra tutti Macron, ci dicono che in Germania i salari devono aumentare, in modo che l’economia possa crescere e quindi mettere in moto anche l’import. E tutti sono concordi su quello che la Germania dovrebbe fare, solo i tedeschi non ne vogliono sapere", afferma Herrmann.

Pericolo per la democrazia

Si tratta di una follia economica e di un pericolo per la democrazia. Perché questa ci promette l'uguaglianza di tutte le persone. Herrmann afferma: "Ma l'economia attualmente produce grandi diseguaglianze e avvantaggia solo il 10% piu’ ricco. Non si può promettere l'uguaglianza politica e poi consentire una disuguaglianza economica che diventa sempre più ampia, in questo modo avremo sempre piu’ persone che si sentono lasciate indietro, le quali avranno la sensazione di non trarre alcun beneficio. E alla fine ad affermarsi sarà solo il disincanto politico e questo disprezzo per lo stato. E cio‘ potra essere sfruttato politicamente dai partiti estremisti "

Alla fine non è così difficile: abbiamo solo bisogno di storie nuove e buone.







martedì 17 settembre 2019

Per il quarto anno consecutivo la Germania avrà il piu' grande surplus delle partite correnti del mondo

Nonostante il rallentamento dell'export, l'Istituto Ifo certifica che anche quest'anno, per il quarto anno consecutivo, la Germania avrà il surplus di conto corrente piu' grande al mondo. Ne scrive Der Spiegel su dati Ifo


Secondo i calcoli dell'Istituto Ifo, anche quest'anno, per il quarto anno consecutivo la Germania avrà il piu' grande surplus di conto corrente del mondo, nonostante il forte rallentamento delle esportazioni.

L'eccedenza nel 2019 raggiungerà i 276 miliardi dollari, ha dichiarato l'economista dell'Ifo Christian Grimme. A grande distanza segue al secondo posto il Giappone con 188 miliardi di dollari, prima della Cina con 182 miliardi.

Dall'altra parte invece, secondo i calcoli dell'Ifo, quest'anno saranno gli Stati Uniti a registrare il più grande deficit delle partite correnti del mondo con circa 480 miliardi di dollari, nonostante i dazi punitivi su molti prodotti cinesi .

"Questo perché il conflitto commerciale sta esercitando una pressione sia sul lato delle esportazioni che su quello delle importazioni, quindi gli effetti sui saldi delle partite correnti quest'anno saranno probabilmente alquanto bassi ", ha detto Grimme. (...)
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lunedì 16 settembre 2019

Marcel Fratzscher - Perché bisogna fermare il vittimismo e il nazionalismo della stampa popolare

Per Marcel Fratzscher il vittimismo della Bild Zeitung e gli attacchi alla BCE da parte della stampa tedesca sono piu' che altro una forma di nazionalismo miope che ignora gli enormi benefici che la Germania sta avendo dalla lunga stagione dei tassi a zero. Ne scrive la colomba Marcel Fratzscher su Handelsblatt


Il grido di indignazione levatosi dalla Germania giovedì scorso quando la BCE ha annunciato un nuovo pacchetto di misure è stato molto forte. Raramente fin ad ora l'argomento era stato trattato dalla maggior parte dei media tedeschi in maniera cosi' emotiva - i quali hanno attaccato la BCE in maniera cosi' dura.

La "Bild Zeitung" ha mostrato il presidente della BCE Mario Draghi come se fosse un vampiro che succhia il sangue dai conti dei piccoli risparmiatori e costringe le persone a fare debiti. È arrivato il momento di rimuovere dal dibattito il nazionalismo e l'ideologia, e di fondarlo su fatti ed elementi concreti. Un simile dibattito, nel nostro paese, servirebbe a smascherare molti falsi miti.

Il primo mito è quello del risparmiatore tedesco vittima della politica monetaria della BCE. È vero che i tassi di interesse a zero rendono estremamente difficili le forme di previdenza integrativa privata, soprattutto per i piccoli risparmiatori che non possiedono una abitazione propria, oppure che non hanno azioni. Ma è anche vero che la responsabilità dei bassi tassi di interesse non è della BCE, ma della politica.

L'interesse è il prezzo del denaro e poiché ogni anno in Germania risparmiamo il 7% del PIL, i tassi di interesse devono per forza restare bassi. Il problema non è tanto l'elevato livello di risparmio dei cittadini, piuttosto gli elevati risparmi e i bassi investimenti delle imprese e dello stato.

Soprattutto in questi periodi economici difficili, è urgente che il governo tedesco stabilizzi l'economia con un programma di investimenti e crescita di lungo periodo al fine di far risalire i tassi di interesse.

Lo stato tedesco è anche il principale beneficiario dei bassi tassi di interesse, grazie ai quali ogni anno risparmia 45 miliardi di euro di interessi sul debito. Il governo federale avrebbe potuto trasferire ai contribuenti questi risparmi attraverso la riduzione delle tasse, come l'abbassamento dell'IVA o la riduzione dei contributi sociali, ma invece ha preferito abolire in parte o del tutto il "Soli", non a beneficio dei piccoli risparmiatori, ma dell'alta borghesia.

Il secondo mito individua nelle banche le vittime della politica monetaria: è puro cinismo quello dei dirigenti delle banche tedesche che accusano la BCE di aver distrutto il sistema finanziario. Il fatto è che le banche con i loro comportamenti sono responsabili della crisi finanziaria globale del 2008/09, senza la quale oggi non ci sarebbero tassi di interesse a zero.

Invece di lamentarsi della BCE, le banche dovrebbero assumersi la responsabilità dei loro comportamenti. Il problema maggiore della BCE - e la ragione dei tassi negativi sui depositi - è che le banche non stanno adempiendo al loro compito di prestare denaro e in questo modo rallentano la ripresa economica dell'Europa. Senza le necessarie riforme del sistema bancario, i tassi di interesse non aumenteranno.

Il terzo mito è quello della Germania vittima della BCE. Non malgrado, ma grazie alla politica monetaria della BCE, l'economia tedesca sta andando cosi' bene.

Proprio l'economia tedesca, a causa della sua elevata dipendenza dalle esportazioni, ha notevolmente beneficiato dei bassi tassi di interesse, dell'abbondanza di credito, della salvaguardia della stabilità economica dell'Europa e di un euro relativamente debole 

Le lamentele di alcuni tedeschi secondo le quali la BCE starebbe assumendo dei rischi troppo elevati all'interno del sistema di pagamento Target oppure con i suoi prestiti è cinica: la Germania vuole trarre profitto dall'euro, ma essa stessa dovrebbe contribuire il meno possibile al successo della valuta comune.

E se alcuni continuano a lamentarsi del fatto che nelle decisioni della BCE la Bundesbank è stata messa in minoranza, bisogna dire che anche il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, si è pronuncato in favore di una riduzione dei tassi sui depositi.

Il quarto mito riguarda il ruolo della BCE. Molti in questo paese desiderano che la BCE costringa i governi a risparmiare e a fare le riforme, proteggendo al contempo i piccoli risparmiatori e le banche. In Italia e in Spagna, molti invece chiedono che la BCE riduca in maniera permanente il debito pubblico o riformi le banche.

Niente di tutto ciò è compito della BCE, e fallirebbe miseramente se solo tentasse di farlo. La politica ha affidato un compito centrale alla BCE: mantenere la stabilità dei prezzi. La BCE non è riuscita a farlo e quindi non ha altra scelta che continuare la sua politica monetaria espansiva fino a quando i prezzi non saranno nuovamente stabili. Tutto il resto è compito della politica.

In Germania abbiamo bisogno di un dibattito onesto sui tassi di interesse e sulla politica monetaria, e non di un dibattito guidato dall'ideologia o dal nazionalismo. Invece di abusare della BCE come capro espiatorio per gli errori della politica economica e finanziaria - e quindi danneggiarla - i politici, i media e gli economisti dovrebbero avviare un discorso responsabile su ciò che dovrebbe essere fatto per determinare la fine della stagione dei tassi di interesse a zero, che tutti noi del resto desideriamo.



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