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domenica 21 marzo 2021

Il mistero di Breitscheidplatz resta irrisolto

Ci sono nuovi elementi nelle indagini sull'attentato di Breitscheidplatz a Berlino che lasciano ipotizzare la non presenza del tunisino Anis Amri quella sera alla guida del camion. In particolare il sospetto attentarore in piu' occasioni avrebbe smentito a conoscenti ed amici ogni coinvolgimento nell'attentato terroristico, mentre nella versione "ufficiale"  dei fatti si parlava addirittura di una sua plateale rivendicazione. Era abbastanza difficile del resto credere alla versione ufficiale del terrorista solitario che in un normale giorno lavorativo, in una normale periferia industriale di Berlino da solo fa fuori un corpulento autista polacco e poi con il suo camion gira per la città indisturbato fino a sera. Una ricostruzione molto interessante da Telepolis


Il tunisino Anis Amri, ufficialmente considerato l'autore dell'attentato di Breitscheidplatz a Berlino, dopo l'attacco terroristico avrebbe ripetutamente negato a conoscenti e amici di avere a che fare con l'attentato. Una prima indicazione di ciò si trova nei documenti sull'interrogatorio dell'Ufficio federale di polizia criminale (BKA), di cui Telepolis aveva riferito nel dicembre 2020.

Ora c'è un secondo esempio, secondo il quale Amri in una conversazione personale avuta con una persona vicino alla moschea Fussilet, subito dopo l'attentato, avrebbe sostenuto di non essere coinvolto nell'attacco e di essere stato accusato ingiustamente.

La questione nel 2020 era ancora oggetto di indagine. L'ufficio del procuratore federale aveva classificato il dossier su questo argomento come segreto tenendolo nascosto sia alle vittime che ai loro avvocati, i quali avrebbero effettivamente il diritto di ispezionarli, oltre che ai membri eletti del parlamento. Una delle ragioni è che nella vicenda sarebbe coinvolto un informatore dello Stato.


Il dubbio che Amri non fosse l'uomo alla guida del camion lanciatosi sul mercato di Natale il 19 dicembre 2016 che ha ucciso in totale di dodici persone è presente ormai da tempo ed è supportato da una serie di piste oggettive. Alcuni di questi elementi sono emersi anche nella commissione d'inchiesta del Bundestag: impronte digitali mancanti e frammenti di DNA di Amri inconsistenti all'interno del camion che ha commesso il crimine. Sono state invece trovate tracce di una "persona sconosciuta 2" non ancora identificata.

Il fatto che lo stesso presunto assassino neghi il suo coinvolgimento è rilevante perché, stando all'interpretazione ufficiale, si sostiene addirittura che abbia confessato il crimine. Ad esempio, si ipotizza che abbia mostrato in maniera plateale il saluto islamista a una telecamera di sorveglianza della stazione della metropolitana dello Zoo pochi minuti dopo l'attacco.

Lasciando deliberatamente il suo portafoglio con un permesso di soggiorno, così come i suoi due telefoni cellulari all'interno del camion, avrebbe dato un segno della sua confessione in merito al crimine.




La prima smentita di Amri

La prima smentita di Amri sulla sua presunta perpetrazione del criminie si trova nei protocolli dell'interrogatorio della BKA del 2017, secondo i quali un certo Mohamed A., fratello di Khaled A., con il quale Amri aveva condiviso una stanza fino al giorno dell'attentato, aveva ricevuto un messaggio di Anis Amri sul suo cellulare, insieme ad una fototessera e ad un testo con la seguente dicitura:

"Ragazzi, non posso mostrarmi in pubblico, non ho niente a che fare con quanto accaduto. Non farei mai una cosa del genere nella mia vita. Tutte bugie!!! Per favore, condividete TUTTI questo post e non credete a questi media. Aiuto!!! Dio vi benedica tutti miei fratelli e sorelle".

Non dice quando o dove il messaggio sia stato inviato. Gli investigatori della BKA vi si sono imbattuti perché un altro testimone aveva rivelato loro la sua comunicazione via Whatsapp con Mohamed A. Il 31 dicembre 2016 gli era stato trasmesso il messaggio di Amri.

La BKA deve essere stata consapevole della natura esplosiva dei fatti, perché li ha riassunti in una nota supplementare. Non è infatti chiaro come gli investigatori abbiano potuto gestire la pista. Mohamed A., la prima fonte conosciuta, non è nemmeno piu' stato interrogato sull'argomento. Il fratello di quest'ultimo, Khaled A., dopo l'attacco ha dichiarato immediatamente di essersi liberato dei suoi due cellulari. Sostiene di averne venduto uno e di aver buttato via l'altro. Se abbia effettivamente ricevuto il messaggio non è stato quindi accertato.

Lo stesso vale per Bilel Ben Ammar. Egli sostiene, infatti, di aver cancellato tutti i messaggi Whatsapp di Amri dopo l'attacco, aveva riferito agli interrogatori nel gennaio 2017 - ammettendo quindi involontariamente la possibile conoscenza del colpevole. A quel punto, il piano per deportare Ben Ammar in Tunisia era già in atto da tempo, anche se il soggetto veniva considerato come un sospettato. E questo poi è stato portato a termine il 1° febbraio 2017.

La seconda smentita

Ora emergono diverse pagine di un file che documentano una seconda smentita da parte del presunto colpevole, le quali sarebbero state aggiunte alle indagini della Procura federale e dell'Ufficio federale di polizia criminale nel maggio 2020.

Secondo quanto riferito nel novembre 2019, infatti, un "informatore" avrebbe comunicato quanto segue: Amri aveva detto a Semsettin E., conosciuto alla moschea di Fussilet, in una "conversazione personale" subito dopo l'attentato, che non era coinvolto nell'attacco e che era stato accusato ingiustamente. Lui, Amri, diversi mesi prima aveva già consegnato la carta d'identità trovata nel camion usato per il crimine alla polizia di Berlino.

A fine aprile 2020, Semsettin E. era stato chiamato a comparire come testimone davanti alla polizia. Perché ciò sia accaduto così tardi non è chiaro. La persona convocata tuttavia faceva comunicare al suo avvocato che intendeva esercitare la sua facoltà di non rispondere. Non si è presentato per l'interrogatorio. Fatto già di per sé insolito.

Ancora più insolito, tuttavia, è il fatto che la Procura Federale, come autorità principale, abbia accettato tutto ciò. Il procuratore senior responsabile aveva riferito alla BKA di essersi astenuto dall'applicare "misure coercitive per effettuare l'esame dei testimoni".

A differenza delle persone accusate, i testimoni non hanno il diritto corrispondente e completo di rifiutarsi di fornire informazioni. In linea di principio, devono presentarsi all'interrogatorio e spiegare e giustificare il loro rifiuto per ogni domanda.


È forse per proteggere quell'informatore del novembre 2019? Quali informazioni aveva esattamente? Non c'è una risposta a questa domanda, perché l'intero file, come hanno appreso gli avvocati delle vittime e i membri della commissione d'inchiesta del Bundestag è bloccato. Il procuratore generale lo ha classificato come segreto. Se non viene rilasciato nemmeno al Bundestag, nel file ci deve essere una verità nascosta e importante.

Il turco-tedesco Semsettin E. apparteneva al nucleo radicale della moschea Fussilet di Berlino-Moabit, ufficialmente chiusa dopo l'attacco.

Date le dimensioni ridotte della struttura, si può presumere che Amri ed E. si conoscessero. La dichiarazione in merito ad una "conversazione personale" tra i due, tuttavia, ha causato un certo mal di testa alla BKA. Se i due si fossero incontrati, questo significherebbe che Amri dopo l'attacco non avrebbe immediatamente lasciato la città, ma che sarebbe stato ancora in contatto con diverse persone.

Si sostiene inoltre che Amri nella conversazione abbia fatto riferimento anche ai documenti d'identità che fino al giorno successivo poi non sono stati trovati nel camion, quando forse si trovava già in fuga, una telefonata suggerirebbe anche questo.

Questo a sua volta significherebbe che il fuggitivo possedeva un telefono cellulare, cosa che la BKA nega ufficialmente. I suoi due telefoni cellulari conosciuti sono stati trovati e sequestrati sul camion del crimine. E quando Amri è stato ucciso, in ogni caso non avrebbe dovuto avere con sé un telefono cellulare, almeno secondo i documenti ufficiali.

Non è stato coinvolto nell'attacco? Bisogna essere cauti. Amri almeno ad una certa ora si trovava sul camion, dato che le sue impronte digitali sono state trovate all'esterno. E con sé portava la pistola con cui è stato assassinato l'autista polacco quando lui stesso è stato ucciso in Italia.

Da questo punto di vista, senza dubbio può essere considerato un partecipante al crimine. Ma può anche essere considerato il principale attentatore che il 19 dicembre 2016 ha guidato l'autoarticolato di 40 tonnellate contro la folla al mercatino di Natale di Breitscheidplatz dove sono morte dodici persone e decine di persone sono rimaste ferite?

Ci sono dubbi in merito ai quali si aggiungerebbero le due smentite di Amri. Nessuna impronta digitale o DNA completo di Amri è stato trovato in parti inamovibili della cabina del camion. Sono state invece trovate tracce di altre persone che non sono ancora state identificate.

Per esempio, il materiale relativo al DNA di una "persona sconosciuta", chiamata UP 2, in non meno di quattro posti: tra gli altri, sul poggiatesta del sedile del conducente, sulla maniglia di regolazione del sedile e sulla leva di apertura interna della porta del conducente. La persona poteva essere seduta al posto di guida.

I dubbi sul fatto che Anis Amri fosse al volante del camion che ha commesso il crimine sono formulati anche da tre esperti che l'anno scorso sono stati incaricati dal comitato investigativo di esaminare le prove delle tracce e le indagini della BKA: un criminologo, un esperto forense di DNA e uno specialista in dattiloscopia ("Fine delle certezze ufficiali nel caso Amri").

Il 25 marzo, le loro perizie saranno presentate al pubblico in una sessione speciale della commissione U del Bundestag.

venerdì 5 giugno 2020

Breitscheidplatz - "Non sappiamo se Anis Amri fosse alla guida del camion"

A dirlo non è il solito blog complottaro ma un deputato del Bundestag membro della commissione d'inchiesta parlamentare sull'attentato terroristico di Breitscheidplatz a Berlino a conclusione dell'inchiesta. Un altro grande mistero tedesco pilotato dalle solite fake news diramate da spin doctor sapienti, e destinato probabilmente a restare irrisolto. Era abbastanza difficile del resto credere alla versione ufficiale del terrorista solitario che in un normale giorno lavorativo, in una normale periferia industriale di Berlino da solo fa fuori un corpulento autista polacco e poi con il suo camion gira per la città indisturbato fino a sera. Un articolo molto interessante da Heise.de



È una frase che sembra un verdetto, ed esprime dei dubbi molto forti sulla versione ufficiale dell'attentato di Breitscheidplatz a Berlino: "Non sappiamo se Anis Amri fosse alla guida. Ma secondo le prove disponibili, c'erano altre persone sul camion". Lo ha detto il deputato al Bundestag dei Verdi Constantin von Notz durante l'ultima riunione della commissione d'inchiesta. La frase era diretta a un commissario investigativo del BKA (Bundesskriminalamt) che non ha saputo spiegare molte delle tracce, ma che tuttavia si è attenuto alla versione ufficiale di Amri attentatore solitario - come del resto avevano fatto altri colleghi del BKA, prima e dopo di lui.

Il lavoro della commissione d'inchiesta porta ad una domanda: Amri era davvero l'unico uomo nel camion? "Non sappiamo se è stato Amri", non significa "non è stato Amri". Ma siamo comunque molto vicini a poter fare questa affermazione. Von Notz parla piuttosto di "Amri possibile colpevole". Decisamente meno della formula del "presunto colpevole" e molto meno dell'affermazione: "Amri è colpevole".

L'urgenza di arrivare alla conclusione comprende anche una domanda: perché le autorità investigative centrali si sono concentrare quasi eclusivamente sul presunto assassino solitario Anis Amri? Il tunisino al momento dell’attentato senza dubbio si trovava nelle vicinanze della scena del crimine. Lo dimostra la registrazione video delle 20:06 nel sottopassaggio della metropolitana di Bahnhof Zoo. Ed era in possesso dell'arma del delitto. Faceva probabilmente parte di un gruppo di criminali. Ma se non era lui il conducente, allora c'era qualcun’altro al volante del veicolo dell’attentato.

Questo significa anche che l'attentato è aperto. I colpevoli e i complici devono ancora essere trovati. Amri può essere considerato come il primo complice sicuro. Ci sono piu' elementi in favore di questo scenario, rispetto a quello della versione ufficiale. Gli investigatori della polizia, ma anche quelli politici nelle commissioni d'inchiesta, hanno avuto a che fare con altre persone collegate ad Amri – inclusi gli informatori delle autorità di sicurezza attivi in questo ambiente. Concentrandosi quasi esclusivamente su Amri, tuttavia, si è perso molto tempo prezioso.

Il caso è anche un esempio di come un intero apparato possa essere manipolato e guidato in una certa direzione indicando semplicemente un nome - sia esso in maniera volontaria o meno.

L'affermazione: "non sappiamo se fosse Amri a guidare il camion" tra l'altro emerge da uno schema probatorio alquanto dubbio. Quali sono le prove forensi che supportano l'ipotesi che Amri abbia guidato il camion, sia responsabile dell'attacco e abbia sparato al camionista Lukasz Urban? Come si fa a dimostrare che il fuggitivo era alla guida del camion, se non si trovano le sue tracce all’interno del camion? La polvere di vetro è stata trovata anche sui vestiti di Amri, proprio come sui vestiti di Urban, che erano nel camion? Sono solo alcune delle domande della commissione, alle quali i criminologi della BKA non possono rispondere in maniera chiara.

Al contrario, lo schema complessivo delle prove rende ipotizzabile che ci fossero altre persone sul camion.

Nel frattempo è un dato di fatto che non sono state trovate impronte di Anis Amri nella cabina di guida del camion. Non sul volante, né sulla leva del cambio, né sul cruscotto o all'interno della portiera del conducente, per esempio.

Sono state riscontrate solo due impronte digitali o impronte di Amri sulla parte esterna della portiera del conducente. Una comprende il palmo, il pollice e le tre dita della mano destra. Secondo il BKA, l'impronta è stata fatta "come se la porta fosse stata chiusa dall'esterno". Come si può chiudere una porta dall'esterno per poi sedersi in cabina? E come è possible che Amri abbia compiuto un "trucco magico" (Konstantin von Notz), vale a dire lasciare le sue impronte digitali sulla portiera del conducente, e poi, supponendo che sia rimasto e si sia spostato sul camion per altri 30 minuti, non averne lasciata neanche una all’interno? Gli investigatori hanno ignorato tutte queste contraddizioni solo perché non corrispondono alla teoria dell'Amri attentatore solitario?

"Non abbiamo prove per escludere che Amri è l’assassino"

La risposta del coordinatore dell'inchiesta della BKA, l'ispettore capo A.Q., equivale ad un giuramento: "Non abbiamo prove per escludere che Amri sia l'autore del reato". Affermazione che spinge il deputato dei Verdi a porsi la domanda retorica: perché funziona cosi’ bene questa interpretazione tendenziosa delle tracce che porta solo e sempre ad Anis Amri. Von Notz allo stesso tempo si dà anche una risposta: "Perché il colpevole è morto". Se non fosse morto, se ne dovrebbe provare la colpevolezza davanti al tribunale, e con queste prove sarebbe alquanto difficile.

Quindi niente impronte digitali di Amri nel camion - e come siamo messi con il DNA? Anche qui gli elementi sono alquanto scarsi. Al volante è stato trovato un mix fra due persone, ma non è stato tracciato un profilo completo di DNA. A dominare è la parte del camionista Urban. L’annotazione corrispondente nel rapporto riporta alquanto vagamente che Amri è "da considerare" come la seconda persona responsabile delle trace di DNA.

Un profilo misto di tre tracce di DNA era stato trovato anche sul minaccioso foglietto di carta con la scritta "HARDENBERGSTR B" (in lettere maiuscole), scoperto nella cabina del camion solo dopo tre settimane. La Hardenbergstraße è la strada di ingresso per Breitscheidplatz. Ancora una volta a dominare è il DNA del camionista Urban, in secondo luogo si "deve considerare quello di Amri", e in aggiunta c'è il DNA di una terza persona sconosciuta.

Si dice che le prova sia stata trascurata dal Gruppo della polizia criminale intervenuto sul luogo del delitto. Cioè sia durante la prima ispezione avvenuta il 30 dicembre 2016, che durante una seconda ispezione da parte dei coordinatori della BKA fatta il 10 gennaio 2017. Fino ad allora il camion era stato spostato due volte attraverso la città. La nota era nel cruscotto davanti al display del tachimetro. Era stato trascurato dal gruppo della polizia intervenuto sulla scena del crimine originale? È difficile da immaginare. E il fatto che sia stato ignorato deliberatamente non ha molto senso.

L’uomo della BKA A.Q., infatti, non può dire se l’annotazione si trovasse nel camion sin dall'inizio ed è stata trascurata, oppure se "qualcuno l'ha messa lì". Ciò significa: non si può escludere una manipolazione. Per inciso, si tratta solo di un pezzo di carta, il retro è stampato. Da dove provenga non è nemmeno chiaro.

A parte l'inspiegabile traccia di DNA sulla nota, ci sono altri 13 profili di DNA aperti, ha detto il membro della BKA alla commissione. Queste 13 tracce di DNA sono state trovate nella cabina del camionista e "davanti al camion", fra l’altro. Non è chiaro che cosa si intenda per "davanti al camion". Forse il cellulare HTC. Un'altra traccia di DNA sconosciuta è un frammento di pelle sul poggiatesta del sedile del conducente.

Se, oltre a delle tracce inspiegabili di DNA, ci siano anche delle impronte digitali non riconducibili, in commissione non è stato discusso.

Strane foto

Sul cellulare HTC di Amri, stranamente trovato in un buco nella carrozzeria del camion, ci sono due foto scattate dopo l'attacco. I membri della commissione del Bundestag hanno affrontato il tema nel dibattimento in aula. 

L'inspiegabile scoperta è stata oggetto di discussione per settimane. Nel frattempo, la BKA ha rilasciato una spiegazione tecnica ufficiale. In una lettera alla commissione si legge: "si può escludere che i file delle immagini siano stati ripresi con l'HTC di Amri". Si tratterebbe di file di immagini provenienti da pagine web che sono state offerte automaticamente all'utente sul suo dispositivo da una app di Google sotto forma di immagini di anteprima e memorizzate in un file cache. La BKA aveva anche identificato gli indirizzi web dai quali le 2 immagini erano state visualizzate. Non è stato però trovato un collegamento diretto tra le immagini e la pagina web, ma "probabilmente questa è disponibile solo sul lato dei server di Google", si legge nel documento. La BKA tuttavia ipotizza che le immagini possano essere assegnate ai siti web corrispondenti.

Domande irrisolte sul camion del crimine

Sono state sollevate inoltre delle questioni essenziali sul mezzo utilizzato per l’attentato, il camion Scania da 40 tonnellate. Aveva raggiunto il suo peso massimo in quanto caricava travi d'acciaio ed aveva una massa superiore a quella del camion dell’attentato di Nizza, che il 14 luglio 2016 aveva causato oltre 80 morti. Amri sapeva che il camion era carico? – ha chiesto Volker Ullrich (CSU), membro della commissione. È stata una coincidenza - o qualcuno ha scelto deliberatamente questo mezzo perché aveva un carico pesante? Qualcuno in Italia sapeva che il camion stava andando in Germania? Chi l'ha caricato? La scelta dell'arma del delitto forse era già stata fatta in Italia?

Domande alle quali anche il BKA non sa rispondere, ma che portano alla scena italiana dell'attentato terroristico di Berlino e alla fine della fuga di Amri a Sesto San Giovanni vicino Milano. Lì, vicino a dove è morto, il camion successivamente diventato il mezzo dell’attentato del 16 dicembre 2016, nell'ultimo luogo di carico aveva ritirato un pacco.

Quali competenze necessita una persona che vuole guidare un veicolo così pesante, lungo e ingombrante? Soprattutto di notte, nel traffico delle ore di punta di una grande città. Non si sa nemmeno se Amri avesse la patente di guida dell'auto. Una volta l’informatore "Murat" lo aveva accompagnato in auto dal Nordreno-Vestfalia a Berlino facendogli da autista. Ma il padrone di casa di Amri, Kamel A, era un camionista di professione.

Il camion entra nel mercatino di Natale a circa 50 km/h, poi entro una distanza di 70 - 80 metri viene frenato fino a fermarsi, come sarebbe accaduto in un grave incidente stradale. Eppure l'autista non dovrebbe aver lasciato tracce? Sudore, sangue, capelli, scaglie di pelle. E l'incidente non ha lasciato segni su di lui? Lesioni, abrasioni, contusioni, sangue. Con o senza cintura di sicurezza. C'erano segni corrispondenti sul corpo di Amri? Anche questo non è chiaro.

Nessun confidente, sostenitore o complice?

Il numero di persone, possibili complici, che si trovavano in prossimità della scena del crimine al momento del delitto continaua ad aumentare: oltre al coinquilino di Amri, Khaled A., al suo confidente Ben Ammar, Walid S. o ai fratelli Ahmad e Bilel M., la commissione ha scoperto che anche Feysel H. potrebbe essere stato in Breitscheidplatz poco dopo il delitto. Amri probabilmente aveva incontrato Feysel H. nella moschea di Fussilet un'ora prima dell'attacco. Come ha scoperto la commissione, c'era anche Ahmad M., che poi ha lasciato la moschea qualche minuto prima di Amri. Ciò significa che sono già state identificate dalle tre alle quattro persone sul luogo dell’incontro.

La BKA ha individuato un totale di oltre 300 possibili referenti di Amri in Germania. 43 sono stati classificati come "potenzialmente rilevanti per il reato". Tra questi, soprattutto l’ambiente di Berlino, compresa la moschea radicale di Fussilet. A Berlino e nel Nordreno-Vestfalia sono state effettuate una serie di intercettazioni telefoniche e di ispezioni in appartamenti. A Dortmund, Amri aveva anche utilizzato un alloggio che, curiosamente, si trova in Mallinckrodtstraße, vicino alla scena di un crimine della NSU.

In nessun caso ci sono confidenti, sostenitori o complici, non "rilevanti per il reato". Almeno nel caso di Ben Ammar, tuttavia, c'era un fondato sospetto di complicità. E’ stato comunque espulso, così come è accaduto a una mezza dozzina di altri contatti di Amri espulsi dopo di lui. I sospettati sono stati ignorati o depotenziati – sia che si trattasse della presenza sulla scena dell'attenato o del DNA sull'arma del delitto.

Il suo giro di persone era composto da jihadisti violenti, spacciatori di droga e criminalità organizzata, che tuttavia fra loro non erano strettamente separati; ma che al contrario, si sovrapponevano e si mescolavano. L'esempio migliore è stato lo scontro fisico nel luglio 2016 tra i complici di Amri e altri arabi in un bar del clan Abou Chaker. Ahmad M., che era insieme ad Amri nella moschea di Fussilet la sera dell'attentato, utilizzava per inciso lo pseudonimo di "Ahmad Abou-Chaker".

Sconosciuta l’identità degli informatori

Il rappresentante della BKA, il Kriminalhauptkommissar (KHK) D.G., responsabile per le indagini sugli informatori, quando gli è stato chiesto se ci fossero fonti della BKA nel giro di Amri ha scrollato le spalle. Ci sono state segnalazioni da parte di fonti che hanno fornito informazioni? Allo stesso modo: nessun ricordo.

È noto che la BKA di Berlino avesse almeno due informatori inseriti nell’ambiente.

Il Dipartimento di sicurezza del LKA (Landeskriminalamt) di Berlino, che ha assunto immediatamente la direzione dell’indagine il 19 dicembre 2016, si è rapidamente convinto che l'evento di Breitscheidplatz fosse un attacco islamista. Ha compilato immediatamente una lista di 40 persone su Berlino classificate come possibili colpevoli e che sono state perquisite a casa o nelle moschee dalle 23.00 in poi. La maggior parte di questi controlli, tuttavia, non sono stati effettuati immediatamente.

L'altra commissione d'inchiesta, quella della Camera dei rappresentanti di Berlino, non sapeva di chi si trattasse. Ma il nome Anis Amri non era tra quei 40, ha spiegato Stefan Redlich, che all'epoca era responsabile delle task force mobili (MEK) e dei gruppi di ricerca che effettuavano questi controlli. Circa la metà dei sospetti era stata scagionata quando il nome di Amri è diventato noto nel pomeriggio del 20 dicembre 2016. I controlli sulle persone sono stati interrotti e successivamete è stato ricercato solo il fuggitivo. Il confidente di Amri, Ben Ammar, si è nascosto per dieci giorni. A tutt'oggi, gli investigatori non sono ancora in grado di dire dove si trovava.


domenica 7 maggio 2017

Governerà alla tedesca?

Telepolis racconta la speranza delle élite tedesche di avere un Presidente francese che finalmente possa governare alla tedesca. Fra i grandi sostenitori di Macron in Germania ovviamente non poteva mancare Daniel Cohn-Bendit, ex leader della sinistra radicale, attualmente al servizio degli interessi delle élite tedesche. Da Telepolis


Formalmente il ballottaggio si tiene solo il 7 maggio. Ma per gli osservatori internazionali le elezioni ci sono già state e ora tutti si chiedono se Macron sarà in grado di applicare le assurdità richieste dalla Germania in materia di politica del lavoro. 

"Cosi' bravo come presidente", era il titolo del "Journal Internationale Politik und Gesellschaft", accanto ad un ritratto di Emmanuel Macron, che non a caso sembrava una riedizione giovanile di Sarkozy.

Alla IPG (Internationale Politik und Gesellschaft) non si discute piu' se Macron vincerà o meno il secondo turno contro Le Pen, ormai ci si chiede solo se il nuovo arrivato, senza partiti alleati, nelle elezioni parlamentari riuscirà ad avere una maggioranza in Parlamento. I consiglieri politici sono preoccupati di cosa potrebbe accadere se Macron dovesse governare senza una propria maggioranza:

"Se dovesse mancargli una propria maggioranza parlamentare, ci sarebbero allora 3 opzioni. Primo, uno dei grandi partiti politici potrebbe avviare una coalizione con Macron. Sarebbe una novità per la politica francese, sin dalla fondazione della Quinta Repubblica da parte di Charles de Gaulle. In secondo luogo sarebbe possibile un sostegno alla sua politica senza un accordo di coalizione formale e terzo, come eccezione, la già sperimentata coabitazione, nella quale il Presidente governa con un Primo Ministro sostenuto dai partiti di opposizione. "

Il mito dei partiti inconciliabili in Francia

In questi giorni si è parlato molto della presunta peculiarità francese, e del fatto che non ci sarebbero accordi possibili fra i partiti francesi. Diversi commentatori elettorali non si sono fatti mancare la vuota metafora della Rivoluzione Francese, a cui Macron di fatto dovrebbe dare avvio.

Non sorprende che anche la conservatrice Konrad-Adenauer-Stiftung (KAS) abbia fatto ricorso a questa formulazione. Cio' che qui viene rivenduto come Rivoluzione Francese è esattamente l'opposto: la Rivoluzione Francese è stata primo di tutto la rivolta del terzo stato, l'emergere di una classe borghese, esattamente l'opposto della piccola mentalità reazionaria prussiana, che in Germania invece si stava facendo largo.

Ogni volta che dei cittadini consapevoli scendono in strada, si torna a parlare della Rivoluzione Francese. Un concetto che dovrebbe significare non aver paura dell'autorità, né in fabbrica, né in ufficio oppure nella società in generale. Quello che invece Macron dovrebbe fare, secondo la KAS, la Bild-Zeitung e compagnia, è proprio lo smantellamento di questa immagine della Rivoluzione Francese.

Dovrebbe finalmente realizzare le riforme nell'interesse dell'economia tedesco-europea, quelle stesse riforme che Hollande e i suoi predecessori non erano riusciti a mettere in pratica. Chi preferisce sottolineare che Macron non appartiene a nessuna delle tradizionali famiglie politiche, allora molto probabilmente si auspica che per lui i tradizionali think-tank del pensiero liberale possano avere piu' rilevanza di quanto potrebbe accadere con un presidente che ha bisogno di ottenere il consenso del suo stesso partito.

Anche il fatto che i partiti in Francia avrebbero un ruolo inconciliabile con gli interessi del capitale, diversamente da quanto accade in Germania, deve essere considerato un mito. Anche in Francia, infatti, dopo le elezioni, Hollande ha continuato ad applicare la politica che fino ad allora era stata portata avanti da Sarkozy e dai conservatori. Tutte le premesse di Hollande di rendere l'UE piu' sociale, sono state disattese.

Non ha cercato di combattere l'austerità tedesca alleandosi con i paesi della periferia europea. Quello che ancora di piu' ci si aspetta da Macron è che governi in nome del liberalismo economico e soprattutto combatta, sia nelle strade che nelle aziende, anche in maniera repressiva, la resistenza opposta dai sindacati di base.

Cohn Bendit e gli interessi dell'Europa tedesca

Fra i sostenitori di Macron della prima ora c'è anche il Verde Daniel Cohn-Bendit, un politico di lungo corso che è riuscito a mantenere su di sé l'aurea della ribellione del 1968. Anche allora si trattava piu' che altro di un mito. Cohn-Bendit è passato rapidamente alla nuova sinistra, trasformando il suo radicalismo anti-stalinista di sinistra in un grande amore per l'occidente.

Ben presto l'occidente si è trasformato nell'UE. E da un paio di decenni Cohn-Bendit puo' essere considerato, nella sua splendida veste verde, come un propagandista degli interessi imperialisti tedeschi. E' accaduto anche martedì sera alla Schaubühne di Berlino dove Cohn-Bendit, insieme a numerosi giornalisti franco-tedeschi, ha discusso delle elezioni francesi e delle loro possibili conseguenze.

La discussione si è sviluppata essenzialmente intorno a Cohn-Bendit, il quale con un discorso altamente emozionale ha spiegato ai presenti perché non avrebbe mai potuto sostenere il candidato della sinistra Jean-Luc Mélenchon.

Dal punto di vista contenutistico tuttavia non è stato molto facile spiegarlo. Alla fine la sinistra francese aveva anche un programma ecologista e si era schierata per un'uscita dal nucleare. Ma secondo Cohn-Bendit, sui temi di politica estera, Mélenchon ha scelto la parte sbagliata: vale a dire quella che si oppone all'Europa tedesca. Anche nel conflitto fra Cina e Tibet, secondo Cohn-Bendit,  Mélenchon non si sarebbe schierato dalla parte dell'opposizione tibetana, come invece aveva fatto lui da tempo.

Ma a mettere in agitazione Cohn-Bendit è stato il fatto che Mélenchon nel conflitto in Kosovo sin dall'inizio non ha considerato come illegittima la parte serba e che sempre secondo Mélenchon nel conflitto in Ucraina il cattivo non poteva essere solo Putin. Questo è bastato per far dire a Cohn-Bendit che nemmeno da morto avrebbe potuto sostenere "Melenchon il rosso".

Indipendentemente dal modo in cui si valutano i singoli conflitti, è sorprendente che Cohn-Bendit non abbia alcun problema nel trovarsi alleato con le destre dell'Ucraina o con gli islamisti siriani. Ancora piu' importante, dalla Serbia, al Tibet fino all'Ucraina, Cohn-Bendit sostiene le stesse forze che dal 1945 sono state alleate della Germania, e che ancora oggi lo sono. 

Che fra i misfatti di Mélenchon, Cohn-Bendit consideri anche le richieste fatte a Merkel, cio' dovrebbe lasciare davvero senza parole: la Bild Zeitung si complimenta, riferendosi ad un uomo che da giovane era saltato sul carro della sinistra radicale ma che poi è diventato un pastore tedesco.

Un certo risentimento fra Cohn-Bendit e i suoi ascoltatori lo ha causto l'intervento del regista Thomas Ostermeier, che ha avuto il coraggio di esprimere un'opinione diversa da quella di Cohn Bendit, culminata con la domanda: perchè i precari francesi dovrebbero votare il candidato Macron, che ora vorrebbe compiacere la maggioranza dei francesi con quelle stesse imposizioni che in Germania sono note come Hartz IV?.

Cohn Bendit e gli altri giornalisti non si sono stancati di riferire della grande attenzione con cui i media conservatori hanno seguito l'implementazione di queste misure e del fatto che le élite francesi su questo tema possono apprendere molto dalla Germania. Almeno un ascoltatore ha provato a confutare la bugia secondo la quale in Germania all'epoca non ci furono proteste contro le misure Hartz IV. Le proteste di massa durarono piu' di un mese e da questi movimenti, in maniera indiretta, è nata poi la Linke tedesca. Cohn Bendit e gli ossequiosi giornalisti probabilmente non lo sanno.

lunedì 24 ottobre 2016

La manovra di Schäuble

Il Ministro Schäuble vorrebbe trasferire al fondo ESM il controllo sui bilanci pubblici nazionali. Il principio di fondo secondo Schäuble sarebbe sempre lo stesso: chi mette i soldi, i tedeschi, ha il diritto di bocciare o approvare i bilanci nazionali. Tomasz Konicz su Telepolis.de
Il Ministro delle Finanze Schäuble sta lavorando per dare a Berlino il controllo sulle politiche di bilancio degli stati europei.

Ancora una volta il governo federale prova ad allargare l'egemonia tedesca in Europa ampliando le sue possibilità di intervento politico. Per dirla con le parole usate dal Wall Street Journal, Il Ministro delle Finanze tedesco Schäuble vorrebbe avere un "cane da guardia con i denti". 

Controllo tramite il Fondo ESM

A metà ottobre Schäuble ha avviato una manovra per estendere il controllo diretto su uno degli elementi centrali della sovranità statale dei membri UE: le politiche di bilancio. Secondo il Ministro tedesco in futuro dovrebbe essere il fondo di salvataggio ESM a controllare i progetti di bilancio dei paesi dell'Eurozona, come riportato anche dalla FAZ. Sempre secondo Schäuble la Commissione UE non sarebbe piu' adatta a svolgere questo compito.

Alla base della proposta ci sarebbe il rifiuto della Commissione di sottomettersi alle richieste di Schäuble. Il Ministro tedesco sarebbe infatti irritato con i burocrati di Bruxelles per la decisione di non multare Spagna e Portogallo in seguito al superamento del limite del 3% nel rapporto fra deficit e PIL.

Promemoria: dal 2013 la Commissione ha ricevuto ampi poteri in tema di controllo dei bilanci dei paesi della zona Euro e ora ha il potere di sanzionare gli stati con un deficit eccessivo. La Commissione tuttavia non è obbligata, le sanzioni rimangono a discrezione della Commissione stessa.

Ma chi era stato ad imporre queste regole non troppo tempo fà? Naturalmente questi requisiti erano stati introdotti sotto la pressione di Berlino con l'obiettivo di applicare quelle stesse misure di austerità che la Germania aveva imposto all'Eurozona. La vittoria negoziale di allora tuttavia non era stata completa. 

Le Regole per il controllo dei bilanci in vigore dal 2013 sono state introdotte in seguito a forti scontri fra i paesi Euro: la Germania voleva che la Commissione nell'ambito dei suoi poteri di controllo sui bilanci pubblici potesse sanzionare automaticamente i singoli paesi, mentre la maggioranza dei paesi della zona Euro si era schierata contro ulteriori riduzioni della sovranità. Il compromesso raggiunto prevedeva che le sanzioni fossero uno strumento a discrezione della Commissione.

Tutti devono rispettare le regole

Le politiche per la gestione delle crisi si formano attraverso una lotta di potere interna fra gli stati europei - di solito la Germania riesce ad avere il sopravvento sugli altri. Nelle burocrazie europee c'è sempre una battaglia fra i funzionari tedeschi, desiderosi di affermare le loro politiche austerità, e i sud europei di orientamento keynesiano che vorrebbero rilanciare le economie dei paesi in crisi.

Non appena le autorità tedesche hanno la sensazione di aver perso il controllo sulle istituzioni europee oppure sulle regole dell'Eurozona, pretendono la creazione di nuove istituzioni oppure di nuove regole per rafforzare il controllo sulle politiche di crisi. L'Eurozona puo' funzionare "solo se ci sono delle regole e queste possono anche essere rispettate", le parole del Ministro delle Finanze tedesco riportate dal WSJ.

Tutti devono rispettare le regole, che ovviamente Schäuble stesso ogni volta definisce sulla base degli interessi tedeschi. Anche se sbagliata, è una logica perfetta per la Germania campione mondiale dell'export, la cui congiuntura si fonda sugli avanzi con l'estero e sull'esportazione di debiti - pubblicamente poi ci si indigna per i debiti prodotti all'estero da questa stessa politica. 

La Germania sarebbe insoddisfatta per il modo in cui a Bruxelles le nuove regole sono applicate, riporta la Süddeutsche Zeitung (SZ): 

"Il Governo tedesco considera sbagliato il comportamento della Commissione Europea e la sua volontà di ampliare di fatto la libertà di cui gode nel valutare i bilanci pubblici degli stati nella zona Euro. Soprattutto per quanto concerne la valutazione dei paesi finanziati con i crediti del fondo ESM. Anche il ruolo della BCE nella valutazione dei paesi in crisi, a causa dei conflitti di interessi, è stato fatto oggetto di critiche".

In altre parole: le linee guida imposte fino ad ora da Berlino, sono diventate per lo stesso governo di Berlino insufficienti, in quanto la Commissione, secondo il governo tedesco, abusa del suo potere discrezionale e non impone in maniera scrupolosa i diktat di risparmio di Schäuble. E come sarebbero le nuove regole che Schäuble, in cooperazione con l'immancabile Jens Weidmann, vorrebbe dare all'Eurozona?

Proposta della Bundesbank: l'ESM come il FMI

Mentre Schäuble criticava la Commissione Europea, la Bundesbank anticipava le modifiche che vorrebbe apportare alle regole dell'Eurozona: l'ESM dovrà essere ulteriormente rafforzato mediante il trasferimento delle competenze della Commissione e della BCE, con le quali Berlino si trova in costante disaccordo.

Le proposte di Schäuble e della Bundesbank indebolirebbero le istituzioni europee e trasformerebbero di fatto l'ESM in un fondo monetario europeo, cosi' riporta la SZ. Si tratta di una vecchia idea di Schäuble che risale al 2010 e che egli allora non era riuscito ad imporre.

Fino ad ora la Troika composta da FMI, BCE e Commissione si è fatta carico del lavoro sporco, ora il Ministro delle Finanze tedesco vorrebbe istituzionalizzare in maniera duratura questi compiti nell'ESM e portarli sotto il suo controllo. Bundesbank e Ministero delle Finanze tedesco vogliono formalmente togliere potere alle istituzioni dell'UE, che già durante la crisi si erano trasformate in mere facciate europee dietro le quali si sono scatenati difficili conflitti nazionali. 

Secondo la SZ, Schäuble e Weidmann motivano le loro proposte sostenendo che i "finanziatori dell'ESM", gli stati europei, con i loro crediti finanziano i paesi in crisi. In altre parole: chi paga ha diritto di parola.