giovedì 13 dicembre 2012

Münchau: bentornato cavaliere!


Wolfgang Münchau è probabilmente l'unico commentatore tedesco ad applaudire il ritorno di B. nell'arena politica: il rigorismo sarà rimesso in discussione e Merkel dovrà finalmente raccontare la verità. Da Der Spiegel
Berlusconi dovrebbe essere il prossimo presidente del consiglio italiano? Naturalmente no! Ma la sua candidatura è una buona notizia: finalmente l'austerità sarà un tema da campagna elettorale.

Sono fra i pochi in Germania felici per il ritorno nell'arena politica di Silvio Berlusconi. Non credo possa tornare a capo del governo. Gli italiani ne hanno abbastanza di lui. E anche io non lo voglio vedere di nuovo al potere.

La mia gioia è dovuta a una speranza: durante la campagna elettorale il consenso sull'austerità potrebbe venire meno. Grazie al suo ritorno, per la prima volta, il rigorismo in un grande paese europeo diventa un tema da campagna elettorale. Non è stato cosi' nelle elezioni spagnole del 2011, e nemmeno nel 2012 in Francia. Peer Steinbrück e Angela Merkel sulle politiche anticrisi hanno solo delle piccole distinzioni retoriche.

In Italia ci sarà finalmente una discussione politica: è giusto durante una recessione applicare politiche di risparmio e seguire i diktat di risparmio tedeschi? Io lo trovo fantastico.

La situazione politica in Italia è un po' confusa. Secondo gli ultimi sondaggi i socialdemocratici guidati da Pier Luigi Bersani sono intorno al 30%; il partito antieuropeo del comico Beppe Grillo è tra il 15 e 20 %. Il partito di Berlusconi fra il 14 e il 18 %. La Lega è intorno al 6%, i Cristianodemocratici vicini al 5%. Un ipotetico partito di Monti avrebbe circa il 3%, ma il potenziale viene stimato intorno al 10%. Berlusconi percio' non ha nessuna possibilità di essere rieletto. Ma una maggioranza al senato è comunque possibile, e in questo modo potrebbe bloccare il futuro governo. 

In Italia ci si sente come in una grande depressione

Un governo di centrosinistra guidato da Bersani resta l'opzione piu' probabile. Dopo tutto, quello che Bersani ha detto nei giorni scorsi rappresenta solo il proseguimento della politica di Mario Monti con altri mezzi. Bersani promette piu' austerità, piu' tagli, solo un po' piu' di giustizia sociale.

Il deterioramento della situazione economica metterà le ali ai critici del governo Monti. La recessione è molto peggiore delle previsioni, le vendite di Natale sono deludenti, i dati sulla povertà schizzano verso l'alto. Ma le statistiche economiche riflettono raramente le sensazioni causate da una crisi. In Italia si ha l'impressione di essere in una grande depressione.

La grande maggioranza degli economisti italiani non è affatto d'accordo con l'austerità. Comprendono la dinamica devastante delle politiche di risparmio. I critici di Monti non sono solo degli anti-europei ossessionati, di cui in Italia ce ne sono pochi, ma persone che rifiutano la politica di risparmio per altre ragioni.

Berlusconi ha un altro vantaggio argomentativo. Non ha tabu'. Ha già detto una volta che non si deve escludere un'uscita dall'Euro. Sul punto aveva ragione. Siamo in circostanze in cui per l'Italia un'uscita dall'Euro potrebbe essere la soluzione migliore. Il paese ha perso competitività, difficile da recuperare in una fase di recessione. I salari italiani dovranno stagnare o comprimersi per un decennio. Ogni anno il paese dovrà ottenere avanzi  di bilancio primari -  prima del pagamento degli interessi - per ridurre il debito. E questo non una sola volta, piuttosto anno dopo anno.

Se gli italiani vorranno restare nell'Euro, ci saranno 10 anni durissimi

Adesso immaginatevi la seguente dinamica: il centrosinistra vince le elezioni. Bersani diventa il primo ministro, Monti il Presidente della repubblica. Contro di loro in parlamento un'opposizione euroscettica che vuole cacciare il governo. Alle prossime elezioni fra 5 anni - se il governo potrà resistere cosi' a lungo - i frutti della ripresa non dovranno essere solamente riconoscibili, ma già redistribuiti. Altrimenti il governo sarà a rischio debacle elettorale.

Ma non succederà cosi' rapidamente. L'esperienza greca mostra che la durata di questo processo di aggiustamento viene sempre sottovalutata. Se gli italiani vorranno restare nell'Euro, li aspetta un decennio di risparmio e di orrore. Forse anche di piu'. E già ora molti italiani sono a corto di soldi. Non capisco come possa funzionare politicamente.

Decisivo non sarà il risultato, piuttosto la polarizzazione politica che si avrà in queste elezioni. Se la eurocrisi diventasse una questione politica prioritaria, allora cambierebbero i parametri di tutta la crisi.

La strategia di Angela Merkel, presentare la verità al suo elettorato a piccole dosi digeribili non potrà continuare. Questo è anche il motivo per cui ogni politico a Berlino, Parigi e Brussel è cosi' spaventato dal ritorno di Silvio Berlusconi.

E questo lo trovo grandioso.

mercoledì 12 dicembre 2012

Lavoro nero legalizzato?

Una ricerca IAB conferma che i lavori a tempo pieno vengono smontati in tanti piccoli minijob da 400 € senza tasse e contributi sociali. Lavoro nero legalizzato o reale opportunità di inserimento? Da Der Spiegel


Costano poco e il loro numero cresce di anno in anno: molti minijobber, secondo un recente studio, rimpiazzano i lavoratori regolari a tempo pieno, soprattutto nel commercio e nel turismo. A trarne vantaggio sono le piccole imprese - ma non si creano nuovi posti.

Il governo federale continua a celebrare i suoi successi nel mercato del lavoro. Un esame piu' attento dei dati mostra pero' che non tutti gli sviluppi sono sostenibili. Cresce il numero dei minijobber, ma ad ogni nuovo lavoro a basso salario non corrisponde un posto di lavoro aggiuntivo. Secondo uno studio, i minijob sono una minaccia concreta per i lavoratori a tempo pieno con un'assicurazione sociale.

Secondo una ricerca del "Instituts für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung" (IAB), il fenomeno è maggiormente visibile nei servizi. Qui molti minijobber svolgono lavori in precedenza assegnati ad occupati a tempo pieno - ma lo fanno con una paga piu' bassa.


Le prove della sostituzione sono visibili prima di tutto nel commercio al dettaglio, nel turismo, nella sanità e nel sociale, scrive lo IAB, istituto di ricerca interno all'Agenzia federale per il lavoro. In questi settori i lunghi orari di apertura e la domanda fluttuante hanno un ruolo molto importante. "Il fattore lavoro puo' essere utilizzato in maniera ottimale, se suddiviso in piu' minijobs", scrivono i ricercatori IAB Christian Hohendanner e Jens Stegmaier.

Le aziende in questo modo possono reagire in maniera flessibile ai bisogni dei clienti e ai flussi di lavoro. "Se ad esempio ci sono orari di apertura piu' lunghi o un volume piu' elevato di clienti, la situazione puo' essere gestita con numerosi posti di lavoro a basso salario". 

Soprattutto nelle piccole aziende con meno di 10 dipendenti i ricercatori hanno potuto confermare che la creazione di nuovi minijobs va di pari passo con l'eliminazione degli occupati a tempo pieno con regolare contratto. "Possiamo tuttavia pensare che queste aziende non sarebbero state comunque in grado di creare nuovi posti di lavoro a tempo pieno", scrivono i ricercatori. "Sia perché i lavoratori potrebbero preferire i minijobs, sia perché il volume di lavoro è limitato".

Nelle grandi aziende con oltre 100 lavoratori al contrario entrambe le forme di occupazione sembrerebbero complementari. Qui la crescita dei minijob va di pari passo con la crescita dei lavoratori a tempo pieno.

Secondo IAB in Germania ci sono al momento 7.4 miliondi di minijobber - 2.5 milioni di questi svolti come secondo lavoro. Dalla riforma del 2003 i minijobber possono guadagnare 400 € al mese, senza tasse e contributi sociali. Dal gennaio 2013 la maggioranza nero-gialla ha aumentato la soglia massima fino a 450 € al mese.

Rischi per la previdenza sociale

I ricercatori di IAB ritengono un pericolo la sostituzione dei lavoratori regolari nelle piccole  imprese: indeboliscono le casse sociali e quindi il sistema sociale tedesco. In particolare, i lavoratori che per un lungo periodo hanno svolto un minijob, rischiano la trappola della povertà in vecchiaia a causa di una pensione troppo bassa. I minijobber non hanno inoltre diritto alle ferie e non hanno accesso ai bonus e alle indennità aziendali.

Lo IAB scrive tuttavia che i lavori a basso salario possono diventare un'opportunità per i disoccupati. Le ricerche mostrano infatti che i minijob rendono piu' facile il ritorno nel mondo del lavoro dopo un lungo periodo di disoccupazione.

martedì 11 dicembre 2012

Sinn: Francia come la Spagna


Hans Werner Sinn, su WirtschaftsWoche, prevede 10 anni di stagnazione per la Francia. Solo ispirandosi all'Agenda 2010 i francesi potranno tornare alla crescita: che la compressione salariale abbia inizio anche sull'altra sponda del Reno.
La Francia ha inizialmente beneficiato dell'Euro, come i paesi del sud Europa. Ed insieme a questi è entrata in crisi. Per tornare competitivo, il nostro vicino di casa deve diventare piu' economico del 20%. Il rifiuto di fare le riforme da parte di Hollande non potrà che prolungare la sofferenza.

Alla Francia in questo periodo non va per niente bene. Per il britannico Economist il paese è una bomba a orologeria. Il numero dei fallimenti oggi è del 14% piu' alto che nel 2008, l'anno della crisi Lehman. La quota del manifatturiero sul PIL è scesa al 9%. Meno che in UK (10%) e meno della metà rispetto alla Germania (20 %). Le stesse tradizionali case automobilistiche sono in pericolo. Già in luglio Peugeot ha annunciato la soppressione di 8000 posti e la chiusura di uno stabilimento vicino Parigi. Anche Renault sta considerando la chiusura degli impianti. Altrove le cose non vanno meglio. La società aerospaziale EADS ha annunciato licenziamenti. L'industria siderurgica è in declino.

Al contrario della Germania, dopo la grande recessione mondiale seguita alla crisi Lehman, la Francia non è riuscita a riprendere il passo. Mentre la disoccupazione tedesca con un tasso del 5.4 % è sensibilmente minore di quanto non fosse prima della crisi (2008), la disoccupazione francese con un 10.7 % supera di molto il suo precedente valore massimo raggiunto durante il rallentamento nell'inverno fra il 2005 e il 2006. La disoccupazione giovanile in Francia è oltre il 25%. In Germania solamente l'8%.

La crisi francese è paragonabile alla crisi tedesca seguita all'introduzione dell'Euro. Il valore massimo di disoccupazione tedesco dell'11.5 % nel 2005 non è stato ancora toccato, ma siamo sulla strada buona. La disoccupazione francese è piu' alta di un punto percentuale rispetto a quella tedesca nel marzo 2003, quando il cancelliere Schröder seguendo le proposte del Consiglio dei saggi introdusse l'agenda 2010, riducendo implicitamente i salari minimi del sistema sociale tedesco. 

Il presidente Hollande non è lontano dalla situazione in cui si trovava Schröder allora. Racconta fiabe, come la sinistra è solita fare, sulle politiche di crescita, riferendosi a misure keynesiane finanziate a debito per l'aumento della domanda. Tali misure sono un fuoco di paglia, che subito si spegne. Riducono la pressione per le riforme, minano la competitività, e aumentano il peso dello stato nell'economia del paese. Con il 56 %, la quota di economia pubblica sul totale è la seconda piu' alta fra i paesi sviluppati. La quota tedesca è solo del 45 %. Nessun paese dell'Eurozona è piu' vicino al socialismo di quanto non lo sia la Francia.

Dopo l'annuncio della moneta unica nel 1995 la Francia è cresciuta molto rapidamente e dal 2003 al 2009 (con eccezione del 2004) ha avuto un prodotto interno lordo per abitante piu' alto della Germania: dopo decenni di ritardo finalmente era in vantaggio. La Francia ha quindi partecipato al boom portato dall'Euro a tutta l'Europa meridionale: il rischio per gli investitori si era ridotto e nel paese stavano arrivando enormi flussi di capitale dalla Germania. Ne ha approfittato sia come importatore di capitali che come esportatore di merci nel sud Europa. Come negli altri paesi in crisi, in Francia si è creata una bolla inflattiva, scoppiata durante la crisi.

Secondo i calcoli di Goldman Sachs oggi la Francia è troppo costosa, come la Spagna. Entrambi i paesi devono ridurre i prezzi del 20% per tornare competitivi e raggiungere la sostenibilità del debito. Questo è uno dei motivi per cui le agenzie di rating Moody’s e Standard & Poor’s  hanno tolto alla Francia il  massimo rating.

Ma una svalutazione reale del 20% non è per niente facile. Per fare questo la Francia deve attraversare una stagnazione lunga 10 anni, durante la quale i tassi di inflazione dovranno restare indietro del 2% annuo rispetto alla media della zona Euro.

La Francia con una politica di crescita alla Hollande può temporaneamente rifiutare una svalutazione reale. Ma cio' renderà solo piu' lunga la sofferenza: primo perché viene impedita la riduzione dei prezzi e secondo perché si aumenta il debito, fatto che rende necessaria una svalutazione ancora maggiore per rendere di nuovo sostenibile il debito.

Sotto lo scudo

La Francia non ha tuttavia bisogno di chiedere la protezione del fondo di salvataggio. Non siamo ancora al punto in cui il mercato dei capitali teme un fallimento dello stato francese. In questo senso non considero probabile la grande crisi finanziaria che molti si aspettano nel 2013 in Francia. Inoltre, in qualche modo la Francia si trova già sotto la protezione dei fondi di salvataggio.

Poiché il capitale tedesco in gran parte è fluito verso i paesi del sud attraverso la Francia, in relazione alla dimensione dell'economia, l'esposizione delle banche francesi verso le misure di salvataggio è il doppio di quella tedesca. Con le decisioni dell'UE della scorsa settimana non è stata salvata solamente la Grecia, ma anche la Francia, di gran lunga il suo maggior creditore.

lunedì 10 dicembre 2012

Farsa italiana


Tobias Piller, corrispondente FAZ da Roma, commenta il ritorno di Berlusconi e le dimissioni di Monti: una farsa italiana.
Con la partenza anticipata del molto apprezzato Mario Monti, l'Italia torna ad un periodo che molti ritenevano superato: il paese si dimostra ancora una volta politicamente instabile, con una legge elettorale inadeguata, un sistema dei partiti debole e istituzioni fragili.

Il primo ministro Mario Monti, un talento naturale per le apparizioni formali, avrebbe desiderato sicuramente una situazione piu' brillante per la sua uscita di scena. Silvio Berlusconi gli ha appena tolto il sostegno per poter prendere le distanze dalla sua politica europea e dagli aumenti delle tasse. E Monti si è rifiutato di fare il bersaglio per il populismo di Berlusconi. Populismo che ora invece sarà diretto verso l'unione monetaria e contro la Germania, con richieste di una garanzia della banca centrale sui debiti, piu' inflazione e piu' deficit. Poiché la cancelliera tedesca Merkel e la Bundesbank sono contrari a queste posizioni - chiaramente in violazione dei trattati -  già ora sono attaccati da B. Il mito dell'egemonia tedesca e altre accuse diffamatorie, come l'ingresso forzato nell'unione monetaria ad un cambio svantaggioso o il presunto finanziamento della riunificazione tedesca da parte dell'Italia, sono gli argomenti utilizzati da Berlusconi e dai suoi seguaci. 

Il miglioramento di immagine sulla scena mondiale portato da Monti è andato perduto rapidamente. L'Italia ancora una volta si è mostrata politicamente instabile, con una legge elettorale inadeguata, un sistema partitico debole e istituzioni fragili. In questo modo sarà molto difficile realizzare le riforme di cui il paese e l'Europa hanno bisogno.  Monti paga il prezzo per non aver avuto all'inizio del mandato il coraggio di andare a fondo sulle debolezze italiane, quando l'emergenza lo avrebbe permesso: la lentezza della giustizia e dell'amministrazione, la stagnazione delle piccole imprese e i rapporti di lavoro eccessivamente conflittuali.

Monti ha messo a posto le finanze con un aumento delle tasse, ha riformato le pensioni e poi si è perso in tante piccole riforme. Affinché l'Italia possa uscire dalla crisi e tornare competitiva, sono necessarie molte piu' riforme di quanto gli attuali leader intendano fare.

Il ritorno di B. in politica e la sua trasformazione in un leader di un partito di protesta di destra aprono pero' anche delle nuove chance: Monti ha la possibilità e la legittimazione per ottenere il consenso degli elettori di centro destra delusi e in questo modo interrompere la farsa del ritorno berlusconiano.

domenica 9 dicembre 2012

Il ritorno di Weidmann


Jens Weidmann, intervistato da Welt am Sonntag, torna all'attacco sui temi cari al rigorismo Bundesbank: l'OMT è un pericolo per la stabilità monetaria e l'unione bancaria minaccia il patrimonio dei tedeschi.

Jens Weidmann ribadisce la sua opposizione alla politica BCE. La vigilanza bancaria europea ha bisogno di nuovi trattati europei.

Un brontolone te lo immagini in maniera diversa. Completo blu scuro, pettinatura perfetta, una voce gentile - Jens Weidmann è il prototipo del bravo funzionario. Ma da quando il presidente Bundesbank ha votato contro il programma di acquisto BCE, l'OMT, è diventato lo spauracchio di mezza Europa. Il 44enne non si smentisce - e anche sui temi controversi, come l'unione bancaria, si permette una propria opinione.

WAS: Ha comprato una casa recentemente?

JW: No, sono passati 10 anni da quando abbiamo comprato una casa. Allora era appena nato il nostro secondo figlio.

WAS: Ma se i suoi avvertimenti sull'eccesso di liquidità sono veri, in questo momento è l'unico  investimento valido.

JW: In generale non do nessun consiglio di investimento. E' un fatto: il mercato immobiliare tedesco sta vivendo delle forti tensioni regionali. Nelle aree urbane come Francoforte o Monaco i prezzi sono saliti chiaramente. La crescita dei prezzi dipende da una serie di fattori, e il denaro a buon mercato è uno di questi.

WAS: La Bundebank mette in guardia da una bolla immobiliare. Alcuni la accusano di allarmismo, ma i prezzi delle abitazioni in un confronto internazionale restano moderati.

JW: Obiezione. Noi abbiamo posto l'attenzione su un aumento molto rapido dei prezzi, soprattutto nelle aree urbane. Ma non parliamo di una bolla, e non facciamo allarmismo. Saremmo in bolla se ci fosse una crescita molto rapida del credito immobiliare. Ma non è questo il caso. Per valutare correttamente il rischio generale, nel confronto internazionale si deve prendere in considerazione la crescita moderata dello scorso decennio. Tuttavia i bassi tassi di interesse contribuiscono all'attuale boom del mercato immobiliare. Anche l'insicurezza dell'Eurocrisi e il desiderio di parcheggiare il denaro in un porto sicuro hanno un ruolo importante. E questa non è una invenzione della Bundesbank.

WAS: Il membro tedesco del consiglio BCE Jörg Asmussen ritiene infondate queste preoccupazioni. Ha torto?

JW: Siamo d'accordo sul fatto che nel breve periodo la pressione inflazionistica resterà moderata, anche sulle materie prime non vediamo tensioni. Molti pero' si chiedono se le banche centrali saranno capaci e avranno la volontà politica di ridimensionare il corso espansivo, quando il rischio di aumento dei prezzi sarà di nuovo concreto. Queste preoccupazioni non possono essere semplicemente ignorate. Per evitarlo, la politica monetaria deve opporsi all'usurpazione operata dalla politica fiscale. E questa usurpazione ci porta ad una crescente responsabilità condivisa nei bilanci delle banche centrali...

WAS: ...che lei critica. Ma i governi sarebbero stati in grado di arrestare il kaos sui mercati finanziari?

JW: Di questo dovrebbero essere responsabili i governi. Solo i governi e i parlamenti sono legittimati democraticamente per ripartire i rischi fra i contribuenti europei. Scegliere la via della stampa di denaro, è molto piu' comodo, ma non risolve i problemi. Solo i governi e i parlamenti possono decidere e attuare politiche che rimettano le finanze pubbliche in equilibrio, aumentino la crescita e diano regole migliori all'unione monetaria.

WAS: Ma questo non accadrà dal giorno alla notte

JW: E' vero - per questo sono stati creati i fondi di salvataggio EFSF e ESM. Servono a guadagnare tempo, per rendere possibili percorsi di aggiustamento graduali. Si può' tuttavia discutere se un processo piu' lungo non sia piu' facile da trasmettere agli elettori, rispetto ad un adattamento piu' brusco. I paesi baltici con dei tagli rapidi e duri hanno pero' avuto successo.

WAS: Lei pensa veramente che i greci avrebbero dovuto ridurre la loro spesa pubblica ancora piu' rapidamente?

JW: Se la Grecia avesse veramente applicato le misure concordate nel 2010, oggi sarebbe molto piu' avanti. E ci sono restrizioni su entrambi i lati: i paesi in crisi hanno bisogno di tempo per attuare le riforme. Ma se il processo durerà troppo, crollerà la sostenibilità politica nei paesi donatori. Le banche centrali non possono e non devono oltrepassare queste tensioni.

WAS: I suoi oppositori sostengono che la banca centrale sia la sola istituzione in grado di garantire tale processo.

JW: Questo argomento è molto pericoloso: potrebbe diventare presto una profezia che si autoavvera, sovraccarica di compiti la politica monetaria, e implicitamente dichiara il consiglio della BCE  l'organo di governo economico dell'Eurozona. All'interno di un sistema democratico, la politica non dovrebbe funzionare in questo modo. Il consiglio BCE non è stato votato dal popolo. Deve perseguire un solo obiettivo: la stabilità della moneta.

WAS: I suoi colleghi nel consiglio non la vedono ovviamente in maniera drammatica come lei. Il lussemburghese Yves Mersch ha messo in guardia dai pericoli del non agire.

JW: Non nego che ci fosse bisogno di agire. Io discuto dei mezzi che sono stati scelti per agire. Al posto del programma OMT della BCE in estate sarebbe potuto entrare in azione il fondo di salvataggio EFSF.

WAS: I mercati finanziari non credono che il fondo di salvataggio possa bastare per Spagna e Italia -  la BCE sicuramente.

JW: Nessuno mette in discussione il fatto che la BCE abbia il potere di influenzare i mercati. La domanda è se questo debba essere la misura della nostra azione. La BCE non puo' risolvere i problemi di fondo della zona Euro. Su questo sono pienamente d'accordo con il presidente Draghi. Dal maggio 2010 abbiamo acquistato titoli in continuazione. La domanda dovrebbe essere allora: tali acquisti hanno facilitato l'adozione delle riforme necessarie - o invece hanno solo posticipato le riforme?

WAS: Dagli errori precedenti la BCE dovrebbe avere imparato: in futuro acquisterà solamente i titoli dei paesi che faranno veramente le riforme.

JW: Se ne puo' discutere: quanto è indipendente la politica monetaria quando la sua azione è legata alla politica economica e fiscale? Quanto questo approccio possa essere credibile, ci deve ancora essere mostrato.

WAS: Giriamo la domanda: quando è credibile la condizionalità?

JW: Le mie preoccupazioni sono generalmente note, ed erano uno dei motivi per il disaccordo sul programma.

WAS: Lei ritiene che i suoi colleghi nel Board BCE non prendano seriamente la presunta condizionalità?

JW: Io credo che i miei colleghi siano veramente convinti. Ma nel dubbio c'è sempre la tentazione di dare piu' importanza ad una gestione della crisi di breve periodo.

WAS: Cosi' la condizionalità è solo l'illusione di calmare gli elettori del nord Europa - mentre la stampa di denaro va avanti?

JW: Non posso sottoscrivere. L'OMT, per i suoi sostenitori, è il tentativo di utilizzare le risorse della banca centrale, mentre si affrontano i problemi di fondo dei paesi in crisi. Ma la banca centrale si sta avvicinando troppo alla monetizzazione del debito, e sta assumendo decisioni di distribuzione dei rischi appartenenti ai governi eletti. Inoltre, l'interruzione del programma, nel caso in cui un paese non rispetti le condizioni, resta un problema irrisolto.

WAS: I suoi colleghi sostengono che nel consiglio BCE manca unità - a causa sua.

JW: Abbiamo preso decisioni che ci stanno portando ai limiti del nostro mandato - che ci possa essere un'opinione comune lo reputo improbabile. Tenuto conto della portata delle decisioni, i cittadini dovrebbero poter conoscere i pro e i contro nel nostro dibattito, per poter formare un giudizio fondato. Presso altre banche centrali e su temi molto meno controversi - come negli Stati Uniti - accade lo stesso, non cosi' di rado.

WAS: Le si sente messo da parte?

JW: Personalmente non mi sento messo nell'angolo. E di fatto le decisioni non sono cosi' unanimi come ci si potrebbe immaginare. Inoltre, non ho certo accettato questo ruolo per essere amato da tutti

WAS: Ma non pensa sia necessario avere almeno un po' di supporto?

JW: Non è che per le mie posizioni non riceva alcun supporto. E poi: quale sarebbe l'alternativa? Cambiare la mia opinione per amore del quieto vivere oppure non esprimersi piu? Non la considero la strada giusta.

WAS: E cosi' si arriva alla situazione paradossale in cui la cancelliera difende la BCE - contro le critiche della Bundesbank.

JW: Che l'OMT da un punto di vista politico possa essere attraente non l'ho mai negato. Ma questo non può essere il metro di misura. Abbiamo bisogno della nostra bussola. Quello che i governi si aspettano da noi, lo si puo' vedere chiaramente nel caso della Spagna. Con la richiesta di un tasso di interesse massimo sui titoli pubblici, la politica monetaria diverrebbe subordinata alla politica fiscale. Ha fatto bene il membro del consiglio BCE Benoît Cœuré a respingere questa proposta. Ma il processo ci mostra anche le aspettative suscitate dal programma OMT.

WAS: Dopo tutto le banche centrali con i finanziamenti alle banche greche hanno tenuto in piedi  il paese per mesi. Siamo finalmente alla fine?

JW: I ministri delle finanze della zona Euro hanno deciso di coprire i fabbisogni di Atene con nuovi crediti e nuovi trasferimenti dai loro stessi bilanci. Purtroppo le banche centrali non potranno restarne fuori: una parte dei finanziamenti necessari alla Grecia dovrebbe arrivare dai cosiddetti "T-bills" - obbligazioni di breve durata. Questi T-bills, per i quali non c'è alcun mercato, saranno acquistati in gran parte dalle banche commerciali greche che potranno poi di nuovo finanziarsi con i mezzi delle banche centrali. Vedo tutto cio' con grande preoccupazione: saranno le banche a colmare una parte dei requisiti di finanziamento.

WAS: L'attuale pacchetto di aiuti considera la Grecia liquida, non è chiaro ancora per quanto. Un altro pesante taglio del debito è solo una questione di tempo?

JW: La recente decisione di tagliare i tassi di interesse e il programma di riacquisto del debito già rappresentano una rinuncia dei creditori. Ma la sostenibilità del debito non è automatica. Considero tuttavia giusto, almeno per il momento, non avviare un'ampia ristrutturazione del debito. Sarebbe un trasferimento di denaro che premierebbe il mancato raggiungimento degli obiettivi, senza aver risolto i problemi di fondo della Grecia. Pertanto questa è la mia posizione: se ci dovrà essere, un futuro taglio del debito dovrà essere preso in considerazione solo nel caso in cui la strada delle riforme venga completata con successo

WAS: Che cosa significa questo per le obbligazioni nel portafoglio della BCE?

JW: Se fosse andata come si auspicava la Bundesbank, non avremmo acquistato nessuna obbligazione e non avremmo avuto questo problema. Ma una cosa è chiara: come banca centrale non dovremmo rinunciare volontariamente a questo credito. Sarebbe una chiara violazione del divieto di finanziamento agli stati.

WAS: La vigilanza bancaria presso la BCE da lei tanto criticata non è stata ancora approvata. Sollevato?

JW: La Bundesbank ha sempre sottolineato che l'unione bancaria è una pietra importante per una unione monetaria stabile. E cio' è possibile solamente con standard di supervisione piu' elevati e se l'indipendenza della BCE non viene compromesssa. E' importante che il governo tedesco condivida queste posizioni e consideri piu' importante la qualità della velocità.

WAS: Lei vede ancora la possibilità di impedire un accordo?

JW: Non è una mia preoccupazione. Mi riguarda molto di piu', invece, evitare il conflitto di interessi fra politica monetaria e vigilanza bancaria. Non vedo come sulla base giuridica vigente, sia possibile trasferire i compiti di vigilanza bancaria alla BCE. Una soluzione giuridicamente corretta implica una modifica dei trattati BCE.

WAS: Una modifica dei trattati EU potrebbe richiedere anni. Chi potrebbe nel frattempo vigilare le banche?

JW: Se la politica vuole davvero l'unione bancaria puo' rapidamente portare avanti i necessari processi decisionali. Fino ad ora il controllo bancario ha avuto una responsabilità nazionale. In ogni caso la vigilanza bancaria non sarà in grado di iniziare il proprio lavoro dal prossimo anno.

WAS: Lei chiede che le banche garantiscano i loro titoli pubblici con capitale proprio. Vuole rendersi completamente impopolare alla politica?

JW: Non si puo' tentare di porre fine alla dipendenza fra banche e stati con una unione bancaria - e allo stesso tempo assistere alle banche che si riempiono di titoli di stato. Se i governi vogliono veramente interrompere questo circolo vizioso, allora i titoli pubblici devono essere garantiti con capitale proprio come ogni altro credito, per poter coprire il rischio di credito. Altrimenti questa dipendenza sarebbe semplicemente trasferita dal livello nazionale a quello europeo.

WAS: Pensa seriamente che la politica possa accettare questa proposta - e rendere piu' difficile il finanziamento degli stati in Europa?

JW: E' certamente nell'interesse del governo di Berlino che i contribuenti tedeschi non diventino, per la via traversa dell'unione bancaria, responsabili della solvibilità degli altri stati. 

WAS: Che cosa farà nel 2019 quando scadrà il suo mandato e avrà già compromesso il gradino successivo della sua carriera - diventare presidente BCE?

JW. Non è quello il tema. Ora è importante superare la crisi e trasformare l'unione monetaria in una unione di stabilità. Per fare questo mi posso impegnare molto bene anche dai vertici della Bundesbank.

venerdì 7 dicembre 2012

Colonialismo demografico


L'arrivo in Germania di lavoratori qualificati dal sud Europa risolve i problemi demografici tedeschi, ma crea nuove difficoltà per gli eurodeboli. Siamo di fronte ad un colonialismo demografico? Da WirtschaftsWoche
Grande gioia per l'arrivo dei lavoratori migranti dal sud Europa, ma stiamo chiudendo gli occhi sui problemi dei paesi di origine. Una nuova fonte di conflitto in Europa.

Finalmente arrivano: gli espatriati che i tedeschi speravano di avere. "Sempre piu' accademici fra i nuovi immigrati", ha annunciato l'Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung. Sono giovani, hanno studiato e per i due terzi arrivano dall'Europa. 306.000 cittadini EU nella prima metà del 2012 sono arrivati in Germania, 24 % in piu' rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. La maggior parte di loro arriva dalla Polonia (89.000) e dagli altri paesi dell'Europa dell'est e del sud est. Ma l'emigrazione dal sud Europa è cresciuta con particolare forza. Dalla Grecia nella prima metà del 2012 sono arrivate quasi 16.000 persone (78 % in piu' rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente), dalla Spagna 11.000 (+ 53%), e dal Portogallo quasi 6000 (+53%). E in futuro potranno crescere ancora.

Allenarci alla cultura del benvenuto

Gli immigrati europei sono accolti come un messia collettivo arrivato per salvare la Germania dal disastro. E il disastro si chiama: mancanza di forza lavoro specializzata. Sostenuti dal Ministero per l'economia e dalle associazioni di categoria, i tedeschi vorrebbero sviluppare una "cultura del benvenuto". L'istituto Goethe di Madrid istituisce nuovi corsi di tedesco. Le camere di commercio tedesche cercano attivamente personale nel sud Europa: "Le imprese devono solo dirci quali profili stanno cercando. Noi poi inviamo i nostri uomini", assicura il presidente delle Camere di commercio tedesche (DIHK), Hans Heinrich Driftmann.

Nella politica tedesca e ai piani alti dell'economia c'è unanimità: i tedeschi non si riproducono abbastanza, gli immigrati devono venire a salvarci. Cosi' come 40 anni fa nessun reclutatore di Gastarbeiter pensava alle conseguenze di lungo periodo per la società tedesca, anche oggi i sostenitori dell'immigrazione non riflettono sui possibili effetti: per i paesi di origine.

Con un master in valigia

I sudeuropei - a differenza di molti alti gruppi di immigrati - non avranno grandi problemi di integrazione. 30enni greci o spagnoli con un master in valigia non sono culturalmente molto diversi dai tedeschi nativi. Ma questa emigrazione, in un futuro non troppo lontano, sarà un problema per i paesi di origine. Oltre ad avere un problema di debito pubblico, mancanza di competitività ed elevata disoccupazione giovanile, questi paesi hanno gli stessi problemi demografici della Germania.

La crisi del sud Europa per l'ufficio risorse umane delle aziende tedesche è una grande opportunità. Sembrerebbe una situazione win-win: la metà degli spagnoli sotto i 25 anni sono disoccupati e l'economia tedesca potrà attingervi. Ma come in tutti i presunti affari win-win, anche l'emigrazione di personale specializzato non rimarrà senza problemi e conseguenze. I paesi da cui oggi emigrano le speranze dei dipartimenti risorse umane tedeschi, sono diversi dai classici paesi di emigrazione

Nel sud Europa una spirale verso il basso

L'Europa del sud da molto tempo non è piu' il serbatoio inesauribile di manodopera per i paesi industrializzati, come lo era stato nel diciannovesimo e ventesimo secolo. I tassi di natalità del sud Europa non sono molto piu' alti di quelli tedeschi. Molti di noi non si sono ancora resi conto che le spagnole, le italiane e le greche non hanno piu' 3, 4 o 5 bambini, come ai tempi del reclutamento dei "gastarbeiter". In media una donna spagnola, secondo le statistiche UN, ha 1.2 bambini, meno della media delle donne tedesche.

Le conseguenze dell'emigrazione dei lavoratori specializzati verso la Germania non sono state analizzate: l'assunzione di questi giovani da parte dei tedeschi non potrà che peggiorare i problemi demografici, comuni a tutta Europa, dei loro paesi di origine. Nessuna economia puo' crescere se le persone giovani e produttive lasciano il paese. 

L'emigrazione verso il nord sottrae al sud Europa proprio quei giovani senza i quali non è possibile migliorare la competitività economica: lavoratori della conoscenza, persone intelligenti, creative e mentalità imprenditoriali. Come è possibile che in Spagna, per non parlare della Grecia o del sud Italia ci possa essere una ripresa, se vengono a mancare coloro che dovrebbero avviarla e portarla avanti?

Il sud e l'est Europa sono di fronte ad una situazione demografica drammatica, che probabilmente è unica nella storia: calo delle nascite e contemporanea emigrazione dei giovani piu' produttivi. C'è il rischio di una spirale verso il basso.

E' un dilemma che nessuno vuol vedere.  Da un lato come paese salvatore ci auguriamo che il sud (e anche l'est) Europa possano rapidamente tornare produttivi e perciò non essere piu' dipendenti dai trasferimenti. Allo stesso tempo  il problema demografico nella periferia europea diventa piu' grave: per risolvere un nostro problema di mancanza di forza lavoro preleviamo personale specializzato dai paesi del sud ed est Europa. Il demografo Herwig Birg parla di "colonialismo demografico": importando i giovani da altri paesi, sfruttiamo questi paesi da un punto di vista demografico.

Böblingen invece di Pamplona

L'immigrazione, di cui i politici tedeschi oggi sono molto felici, potrebbe diventare un ulteriore argomento di discussione con i paesi del sud, in una situazione già tesa. Già oggi, nonostante i giganteschi salvataggi non c'è alcuna gratitudine verso la Germania, piuttosto un risentimento crescente. Non riceveremo certo un grazie da Lisbona, Madrid o Atene, per aver alleggerito il carico dei locali centri per l'impiego. Ma se un giorno il sud Europa dovesse tornare ad avere una buona situazione economica, e ci si rendesse conto che mancano i giovani perché lavorano a Boblingen invece che a Pamplona, i loro governi presenterebbero a Brussel e Berlino argomenti completamente nuovi.

Il conflitto fra i principi intraeuropei di concorrenza e solidarietà sarà esacerbato dalla catastrofe demografica. La campagna tedesca per reclutare giovani produttivi da paesi in cui le nascite sono basse come in Germania, metterà a dura prova non solo i sistemi di sicurezza sociale nei paesi di origine, ma anche la solidarietà intraeuropea. Il conto finale per la Germania potrebbe allora costare molto di piu' di qualche corso di tedesco.

mercoledì 5 dicembre 2012

Italia - Germania 0-0


L'ufficio federale di statistica pubblica i dati sul commercio estero del terzo trimestre 2012: da luglio a settembre gli scambi commerciali fra Italia e Germania sono in sostanziale pareggio e l'export italiano è in grande rimonta. E' iniziata la riscossa italiana? L'export verso l'Eurozona scende al 36% del totale.
Le esportazioni tedesche nel terzo trimestre 2012 sono cresciute del 3.6% rispetto allo stesso trimestre del 2011 raggiungendo i 275,4  miliardi di Euro. L'export nei paesi extra EU (paesi terzi) è cresciuto  del 9.9%, raggiungendo i 122.3 miliardi di Euro: la quota sulle esportazioni tedesche dei paesi terzi è cresciuta nel terzo trimestre 2012 raggiungendo il 44.4 %.

Fuori dalla UE sono cresciute con forza le esportazioni verso gli Stati Uniti, del 25.7% fino a 23.6 miliardi di Euro. In maniera significativa sono cresciute anche le esportazioni verso la Corea (+15.8 %, a 3.4 miliardi di Euro) e verso il Giappone (+12.9% a 4.6 miliardi di Euro). Meno significativo è stato l'aumento delle esportazioni verso la Russia (+7.6%, a 10.2 miliardi di Euro) e Cina (+0.9 % a 16.6 miliardi di Euro).

Le esportazioni verso i paesi membri della EU sono scese dello 0.9 % a 153 miliardi di Euro. Fra questi gli andamenti sono stati diversi: mentre le consegne nella zona Euro sono scese del 3% raggiungendo i 99.1 miliardi di Euro, le vendite verso i paesi UE non Euro sono cresciute del 3.3 % a 54 miliardi di Euro.

Il cliente piu' importante della EU è ancora la Francia (+3.8 %, 25,3 miliardi di Euro). Meno merci rispetto allo stesso trimestre del 2011 sono state vendute in Spagna (-13.2%, a 7.2 miliardi di Euro), Italia (-12.4 % a 12.9 miliardi di Euro), Portogallo (-11 % a 1.5 miliardi di Euro) e Grecia (-6.9 % a 1.2 miliardi di Euro). 

Significativo l'aumento delle spedizioni verso il Regno Unito (+13.9% a 18.8 miliardi di Euro).