martedì 31 luglio 2018

Sogno di una bomba di mezza estate

Die Welt riapre il dibattito, in realtà mai chiuso, sulla necessità di dotare la Germania di una propria bomba atomica. Per ora sembra piu' che altro una discussione buona per le pagine estive dei quotidiani, ma in futuro potrebbe trasformarsi in qualcosa di molto piu' concreto, soprattutto se i francesi fossero d'accordo. La campagna per una bomba atomica tedesca va avanti da anni, ne avevamo parlato qui e anche qui, e sicuramente la cosiddetta "stampa di qualità" tornerà a parlarne. Ne scrive Die Welt


La Germania ha bisogno della bomba? Si', afferma il politologo Christian Hacke. Per lui la difesa nazionale in futuro avrà bisogno di una propria capacità di deterrenza. Dopo le uscite del presidente americano Donald Trump al Vertice Nato e i suoi attacchi verbali nei confronti della Germania, secondo Hacke, i tedeschi dovrebbero rendere la loro sicurezza indipendente da quella degli americani. 

"Nel suo nuovo ruolo di nemico numero uno del presidente americano, la Germania dovrà ripensare radicalmente la sua politica di sicurezza", scrive Hacke in un suo contributo sulla "WELT am SONNTAG". Non c'è bisogno di fare allarmismo, tuttavia bisogna affermare con sobrietà: "per la prima volta dal 1949 la Germania si trova senza lo scudo nucleare degli Stati Uniti e in caso estremo oggi sarebbe vulnerabile". In considerazione di questa nuova situazione dovremmo porci la domanda: "come dovremmo gestire una potenziale potenza nucleare tedesca?".

Hacke sostiene la necessità di un'arma nucleare per la Germania. "Affinchè gli USA e la Nato riconoscano la necessità di difendere la Germania, i tedeschi dovranno pensare e agire in maniera lungimirante prendendo in considerazione anche il deterrente nucleare". Sarebbe ottimale "poter scoraggiare ogni potenziale aggressore con un deterrente nucleare". Inoltre le armi nucleari avrebbero soprattutto una funzione politica: "proteggere un paese in situazione di crisi dalla ricattabilità. La diplomazia di crisi ha successo solo se ha un potente sostegno militare", cosi' Hacke.

Sono pochi tuttavia i diplomatici, i militari e gli scienziati a condividere la tesi di Hacke. Sono in molti tuttavia a ritenere necessario un dibattito sul tema. La riflessione sul tema del nucleare deve comunque essere affrontata, afferma lo storico e giornalista Michael Wolffsohn: "altrimenti la Germania finirà per essere una palla da gioco anziché un giocatore della politica mondiale. Si tratta in definitiva della sopravvivenza della Germania".

Anche l'ex diplomatico nonché attuale vice-capogruppo parlamentare della FDP Alexander Graf Lambsdorff ritiene importante "discutere pubblicamente la questione delle armi nucleari. Perché con la fine della Guerra Fredda, in realtà non è finita l'era delle armi nucleari - puo' anche non piacere, ma la realtà è questa".

La Germania potenza nucleare non aumenterebbe tuttavia la sicurezza dell'Europa, piuttosto causerebbe ulteriori danni all'ordine mondiale multilaterale. "Non solo dovremmo uscire dal Trattato di non proliferazione, ma anche il trattato "due piu' quattro" impone alla Germania dei limiti al riarmo. Alla luce della storia i nostri vicini hanno dato grande valore a questo tema", secondo Lambsdorff.

L'ipotesi che i timori dei vicini siano stati superati è sbagliata: "la Germania viene vista ancora con sospetto". Cio' è dovuto principalmente al fatto che Berlino, anche dopo la riunificazione, sulle questioni strategiche internazionali non ha sviluppato una cultura della discussione che va al di là dei circoli di esperti, anche dopo la riunificazione. "Cio' rende piu' difficile per gli altri paesi valutare le reali intenzioni della Germania. Dobbiamo articolare piu' chiaramente il modo in cui ci immaginiamo la sicurezza della Germania nell'alleanza. Il mormorio sospetto nella tenda della birra di Trudering oppure il Trump-bashing alla Heiko Maas non possono sostituire una linea chiara e netta", afferma Lambsdorff.

Dal punto di vista della FDP la sicurezza della Germania in ogni caso è garantita dalla Nato e dall'UE. "I nostri alleati li' ci conoscono, e li' dobbiamo mettere in chiaro che noi condividiamo la dottrina nucleare dell'alleanza, e che non stiamo rincorrendo una nostra arma nucleare".

"Berlino si isolerebbe a livello internazionale"

Anche l'ex consigliere della Cancelleria Horst Teltschik respinge le riflessioni di Hacke bollandole come "stimolanti e provocatorie". "Il riarmo nucleare della Germania sarebbe in politica interna una dura prova e scuoterebbe gli equilibri di potere generali nell'UE e in tutta Europa". Teltschik si pronuncia invece in favore di un maggior impegno nel disarmo e nel controllo delle armi: "purtroppo l'argomento è scomparso dall'agenda internazionale. Cio' deve essere modificato".

Per Peter Ammon, ex ambasciatore a Washington e a Londra, l'acquisizione di un proprio deterrente nucleare sarebbe una chiara rottura con i trattati internazionali. "La Germania resterebbe isolata e diverrebbe l'obiettivo delle critiche dei suoi partner e presumibilmente anche delle sanzioni degli Stati Uniti. Anche a livello internazionale Berlino si metterebbe dalla parte del torto e si isolerebbe: facendo l'opposto di quello che è stato il filo conduttore della politica estera tedesca nel dopoguerra".

Inoltre, lo sviluppo di una capacità nucleare richiederebbe molti anni: "in questo periodo, dal punto di vista della sicurezza politica, ci troveremmo nel peggiore dei mondi possibili".

Ammon sconsiglia vivamente di portare avanti il tema dell'arma nucleare in Germania: "I tweet folli del presidente americano Trump non sarebbero certo accettati dai nostri alleati come un motivo sufficiente per distruggere il regime globale di non proliferazione delle armi che è da sempre un interesse chiave della Germania. La perdita di fiducia sarebbe catastrofica".

Tuttavia le antiche certezze della politica di sicurezza devono essere messe in discussione. Se gli USA non dovessero piu' garantire la sicurezza nazionale tedesca, egli sarebbe favorevole ad "una soluzione europea radicale", vale a dire: "un accordo fondamentale e coraggioso con la Francia che preveda una profonda integrazione fra i  2 stati". Una politica di difesa di entrambi gli stati che comprenda anche le forze nucleari francesi.

"Piani simili che oggi a prima vista potrebbero sembrare sorprendentemente radicali, erano già stati formulati negli anni '50. Abbiamo bisogno del coraggio di pensare in una nuova dimensione, anche in politica estera", afferma Ammon. In effetti, secondo un rapporto del servizio scientifico del Bundestag del 2017, dal punto di vista del diritto internazionale sarebbe possibile cofinanziare le armi nucleari francesi o britanniche per poi partecipare in seguito a questo scudo difensivo.

L'Europa potrà affermarsi nei confronti della Russia, della Cina e degli Stati Uniti solo se la Germania è politicamente, economicamente e militarmente forte, analizza Harald Kujat, ex ispettore generale della Bundeswehr. Per garantire la propria sicurezza, anche nel nuovo mondo multipolare, la Germania deve restare ancorata all'alleanza nord-atlantica: "un corso solitario da potenza nucleare metterebbe a repentaglio queste solide basi della nostra sicurezza", secondo Kujat. "Perché la Russia costruirebbe un contrappeso nucleare eurostrategico, con rischi politici e strategici significativi per la nostra sicurezza e quella dei nostri alleati".

domenica 29 luglio 2018

Perché il ricalcolo delle quote BCE sarebbe un problema per il debito italiano

Ai tedeschi il programma di acquisto titoli della BCE non piace proprio e in previsione del ricalcolo delle quote di capitale nel 2019 Die Welt si lascia andare allo Schadenfreude: nella nuova BCE la Germania sarà ancora piu' forte e si potranno acquistare sempre meno titoli italiani, non è da escludere una nuova crisi debitoria nel sud-Europa. Ne parla Holger Zschäpitz su Die Welt


(...) Ironia della sorte, proprio nel sesto anniversario del „whatever it takes“, la promessa con cui Draghi nel 2012 in solitaria ha praticamente salvato l'euro e ha garantito alla zona euro un programma anti-crisi durato fino ad oggi, il presidente della BCE è sembrato alquanto abbottonato quando gli è stato chiesto come dovrebbe avvenire concretamente l'uscita dal programma di acquisto titoli.

Il tempo a disposizione del consiglio BCE sta per scadere. Dal 2015 la BCE ha messo nei suoi libri 2.1 trilioni di euro solo in titoli di stato. A questi bisogna aggiungere molte obbligazioni societarie e i titoli coperti da proprietà immobiliari.

Nel frattempo alcune di queste obbligazioni sono già scadute, e la BCE ha reinvestito il denaro incassato per il riacquisto. Cio' dovrebbe continuare anche se la BCE, come previsto, dovesse smettere di acquistare nuovi titoli dall'inizio del prossimo anno. 

Per quanto tempo la BCE continuerà a sostituire le obbligazioni in scadenza?

Le molte questioni sollevate da questa strategia tuttavia fino ad ora sono rimaste senza risposta: ad esempio, per quanto tempo la BCE intende sostituire le obbligazioni in scadenza con quelle nuove. O ancora piu' urgente, verso quali titoli il denaro dovrebbe continuare a fluire. Dopotutto si tratta di miliardi di euro che potrebbero turbare i mercati.

"Non ne abbiamo discusso", ha fatto notare Draghi a chi glielo ha chiesto e si è sforzato di smorzare qualsiasi discussione in merito: "non abbiamo nemmeno parlato di quando ne dovremo discutere". Alla fine tuttavia ha annunciato che i reinvestimenti saranno basati sulla partecipazione al capitale delle banche centrali.


Ma questo è cio' che rende l'argomento ancora piu' esplosivo. A partire dal 1 ° gennaio 2019, infatti, come previsto, la BCE aggiusterà la composizione del proprio capitale. Al fine di mantenerla indipendente dall'influenza politica, all'inizio dell'unione monetaria si era deciso che sarebbero state le banche centrali nazionali ad essere le proprietarie della BCE. Le diverse banche centrali detengono infatti una percentuale del capitale della BCE.

La dimensione della partecipazione al capitale dipende infatti dalla popolazione e dal PIL. Il PIL e il numero di abitanti di ogni paese vengono messi in relazione al PIL totale a alla popolazione dell'intera unione monetaria. Da entrambe le quote viene determinato un valore medio. 

Alla Germania spetterà una quota maggiore della BCE

Secondo questo sistema di calcolo la Germania attualmente ha una quota del 25.7%. Poichè negli ultimi 5 anni in Germania la popolazione e il PIL sono cresciuti al di sopra della media, a partire dal prossimo anno, dopo il ricalcolo, la quota tedesca dovrebbe aumentare. Nella realtà concreta della politica monetaria fino al 2015 la partecipazione al capitale di ogni paese non aveva alcun ruolo: in seno al consiglio BCE, sulle questioni di politica monetaria ogni membro ha diritto ad un voto. Cio' continuerà a valere.

Ma dal momento che gli acquisti di bond e i reinvestimenti sono orientati alla partecipazione al capitale di ogni singolo paese - per indebolire l'accusa di finanziamento monetario agli stati - i miliardi vengono movimentati esattamente sulla base di queste percentuali. Se al momento si acquistano 30 miliardi di euro di titoli al mese, circa un quarto finisce in titoli di stato tedeschi.

Il ricalcolo delle quote di capitale tuttavia potrebbe avere delle conseguenze importanti. Secondo i calcoli fatti da Die Welt, la quota tedesca dovrebbe salire al 26.8%, cio' significa che la BCE potrà mettere piu' Bund nel suo bilancio in rapporto al volume totale degli acquisti. Esattamente il contrario accadrà con  l'Italia, la cui economia negli ultimi anni si è contratta: la quota di capitale italiana dovrebbe passare dal 17.5% al 16.5%. Anche la quota spagnola dovrebbe scendere dal 12.6% al 12.1%.

Per entrambi i paesi si tratta di un cambiamento significativo. Dopotutto con la fine degli acquisti della BCE dal prossimo anno non si tratterà solo dell'uscita dal mercato del piu' importante acquirente. La modifica delle quote di capitale potrebbe anche implicare la mancanza di un riacquisto di pari importo dopo la scadenza del titolo. Vale a dire: i paesi interessati dovranno trovare dei nuovi acquirenti per le loro obbligazioni.

Il ricalcolo delle quote di capitale è un problema per l'Italia

Se i mercati non fossero disposti ad acquistare questi titoli, cio' porterebbe con sé inevitabilmente dei tassi di interesse significativamente piu' alti e aumenterebbe i costi di finanziamento di questi paesi sul debito in emissione. In particolare per l'Italia i rischi sono elevati perché la BCE è rimasta uno degli ultimi acquirenti dei titoli di stato di Roma. Non si puo' escludere una nuova crisi dell'euro in formato ridotto.

"Dopo la pausa estiva la BCE dovrà accelerare l'uscita dal programma di acquisto titoli", afferma Friedrich Heinemann, economista presso il Mannheimer Forschungsinstitut. E' chiaro che la quota italiana e spagnola nel capitale BCE dopo il ricalcolo del 2019 scenderà notevolmente.

"Cio' in realtà significa che le obbligazioni di questi paesi in scadenza non verranno riacquistate per un importo equivalente, e saranno in parte sostituite dall'acquisto di titoli di altri stati membri", ha affermato Heinemann. "Su questo punto la BCE nei prossimi mesi dovrà dimostrare che sta realizzando il suo programma di acquisto titoli con neutralità monetaria e non come un programma di finanziamento per gli stati membri dell'eurozona fortemente indebitati".

Draghi potrebbe essere consapevole dell'esplosività dell'argomento. Poco prima della pausa estiva evidentemente il capo della BCE non ha voluto preoccupare i mercati.

sabato 28 luglio 2018

Perché il FMI mette sotto accusa la Germania

Un report del FMI mette sotto accusa i giganteschi avanzi commerciali tedeschi: sono ormai una minaccia per l'economia mondiale, i tedeschi devono rilanciare gli investimenti e la spesa per dare una mano ai pesi in deficit. Ne parla Holger Zschäpitz su Die Welt


Il momento non potrebbe essere piu' sfavorevole per Berlino. Proprio nei giorni in cui Jean-Claude Juncker, il capo della Commissione Europea, si reca a Washington per i negoziati commerciali, il FMI mette sotto accusa la Germania. Il motivo sono gli orrendi avanzi commerciali che la Germania realizza nel commercio mondiale.

Nella lista nera del FMI, in cui gli economisti hanno messo i paesi che con i loro squilibri minacciano la stabilità dell'ordine mondiale, la Germania occupa il primo posto davanti ai soliti sospetti Cina, Giappone e Corea del Sud, che nelle scorse settimane erano stati al centro degli anatemi di Donald Trump.

Ora il presidente americano, nella sua campagna contro la Germania, riceve nuove munizioni dal FMI. Che a farlo sia proprio un'autorità sovranazionale, per lui sempre sospette, non manca certo di ironia.


I numeri sono alquanto impressionanti. Secondo i dati la Germania lo scorso anno con il suo modello basato sull'export ha generato un avanzo delle partite correnti di 296.4 miliardi di dollari. Corrispondente all'8% del PIL tedesco e allo 0.4% del PIL mondiale.

La Germania ha il piu' grande avanzo commerciale

Nessun'altro paese si avvicina a tali valori. Il Giappone, secondo paese nell'elenco del FMI, ha un surplus delle partite correnti di 196.1 miliardi di dollari, pari allo 0.2% del PIL mondiale del 2017. La Cina, con la quale Trump si trova già in uno stadio avanzato di guerra commerciale, con poco meno di 165 miliardi di dollari, è solo al terzo posto.

Il Regno di Mezzo contribuisce agli squilibri globali solo con lo 0.2% del pil mondiale. I 165 miliardi di dollari di avanzo rappresentano solo l'1.4% dell'economia della Cina.


Il report del FMI sembra confermare le riserve del presidente americano nei confronti della Germania. La valuta tedesca è sottovalutata fra il 10 e il 20%, misurata sulla base dell'elevato surplus delle partite correnti si potrebbe parlare anche di una sopravvalutazione fra il 15 e il 30%. Che la Germania fa parte dell'eurozona e perciò non ha alcun impatto sul valore esterno dell'euro, Trump tuttavia puo' anche ignorarlo.

Per gli economisti del FMI la ragione principale di cio' è l'austerità praticata da Berlino. Se la Germania utilizzasse il suo margine fiscale e spendesse di piu' per gli investimenti, le dimensioni del problema si ridurrebbero. Il governo federale e le regioni potrebbero spendere circa un punto percentuale di PIL in piu'.

La Germania dovrebbe continuare ad aumentare l'età pensionabile

Gli esperti del FMI chiedono inoltre un aumento dell'età pensionabile. Cio' significa che le persone dovrebbero risparmiare di meno. Maggiori consumi ridurrebbero anche gli avanzi nel commercio estero.

Ma non c'è solo la politica ad essere considerata responsabile del surplus. Anche i gruppi industriali tedeschi vengono criticati dal FMI. Avrebbero dei tassi di risparmio troppo elevati e quindi esacerberebbero gli squilibri. Salari piu' alti, tasse piu' elevate e maggiori investimenti potrebbero aiutare a ridurre questo surplus (...).

Gli avanzi delle partite correnti non sono di per sé negativi

(...) Gli squilibri delle partite correnti non sono  di per sé negativi, come sottolineato dal FMI. Possono servire anche a mitigare gli shock asimmetrici come l'aggiustamento strutturale di un determinato paese in crisi.

Gli squilibri diventano pericolosi quando non sono di natura temporanea o ciclica, ma permanenti. I singoli paesi vengono spinti in deficit con l'estero da quelli in eccedenza. Se i singoli paesi generano grandi eccedenze, ci saranno altri paesi che automaticamente saranno costretti a fare dei deficit.

Il FMI ha calcolato dei livelli equi per la situazione economica dei singoli stati. E secondo questi dati la Germania dovrebbe realizzare un avanzo delle partite correnti del 2.8 % del PIL a livello globale. Vale a dire: un buon 5% del surplus tedesco secondo il FMI contribuisce agli squilibri globali. E per questa ragione la Germania ora si trova sotto accusa.

venerdì 20 luglio 2018

Hans Werner Sinn sui saldi Target (seconda parte)


Il prof. Hans Werner Sinn dalle pagine della Frankfurter Allgemeine Zeitung torna ad infiammare il dibattito tutto tedesco sulla natura dei saldi Target e rilancia la sua versione dei fatti: la Germania sarebbe ormai un self-service dove gli europei si riforniscono di merci senza saldare il conto mentre i sud-europei grazie alla liquidità illimitata garantita dalla banca centrale hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi. A pagare il conto alla fine saranno i tedeschi, amen. Parte seconda, si arriva da qui



Cosi' la Bundesbank, ad esempio, ha dovuto eseguire gli ordini di addebito in arrivo dalla banca centrale spagnola, i quali avevano l'obiettivo di riportare a casa i titoli di stato spagnoli riacquistati dagli assicuratori sulla vita tedeschi. Ha dovuto creare nuovo denaro e darlo al venditore del titolo affinché il titolo potesse tornare nelle mani della banca centrale spagnola, una istituzione dello stato spagnolo. Si è trattato sicuramente di un buon affare per la Spagna, in quanto un titolo di debito pubblico nelle mani di un investitore privato, che in alcuni casi puo' anche diventare problematico, veniva comodamente sostituito da un semplice debito contabile nei confronti dell'eurosistema e indirettamente verso la Bundesbank. Un debito contabile senza scadenza e al momento senza nemmeno un tasso di interesse. Per la Germania l'affare sicuramente non è stato molto vantaggioso. Non c'è dubbio che i venditori tedeschi siano stati pagati con il denaro della Bundesbank, ma questo in realtà è solo un credito nei confronti di un'istituzione dello stato tedesco che in cambio ha ricevuto un credito Target nei confronti dell'eurosistema.

La Bundesbank ha inoltre aiutato i sud-europei a liberarsi dai loro debiti verso gli investitori di tutto il mondo e a sostituirli con un debito contabile verso l'eurosistema, che ha sua volta costituisce un debito contabile nei confronti della Bundesbank. Per restare sullo stesso esempio: se la banca centrale spagnola riacquista i titoli di stato spagnoli da un investitore di Shanghai il quale poi, dato che questa transazione ha portato ad una svalutazione dell'euro, con i proventi realizzati dalla vendita acquista un'azienda tedesca, anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un buon affare per gli spagnoli. Un debito cartolarizzato nei confronti di un investitore privato cinese è stato sostituito da un debito contabile verso l'eurosistema. L'investitore cinese per la cessione del titolo spagnolo è stato ricompensato con l'azienda tedesca, mentre il venditore dell'azienda tedesca ha ricevuto degli euro che rappresentano tuttavia un credito nei confronti della Bundesbank per il quale la Bundesbank è stata ricompensata a sua volta con un credito Target.

Naturalmente si tratta solo di esempi. Puo' anche darsi che l'investitore straniero abbia acquistato azioni o altri titoli o immobili tedeschi, dato che come accadeva nel sistema di Bretton Woods la Germania resta a buon mercato e offre buone merci e buone possibilità di investimento. Oppure l'investitore straniero ha trasferito il proprio denaro sui conti bancari tedeschi in attesa di opportunità di acquisto favorevoli. Anche il denaro affluito in questo modo rappresenta tuttavia un credito nei confronti della Bundesbank coperto solo dai saldi Target. Assurdo è invece il fatto che questa volta sul banco non venga messo dell'oro.

I rischi

I crediti Target significano oneri e rischi per lo stato tedesco, il quale è il proprietario della Bundesbank e ha il diritto di incassare all'infinito gli interessi sui saldi target. Cosi' come accadrebbe ad un'azionista in caso di mancato pagamento dei dividendi, lo stato tedesco in caso di una perdita sui crediti Target dovrebbe sopportare gli stessi oneri nei confronti dell'eurosistema. Cio' è indipendente dal fatto che lo stato tedesco debba ricapitalizzare o meno la Bundesbank.

Il rischio di una perdita diventa concreto nel momento in cui le altre banche centrali, a causa dei loro debiti Target, non possono piu' far fronte ai loro impegni di pagamento all'interno dell'eurosistema. Cosi' ad esempio un fallimento dello stato italiano, insieme ai suoi effetti indiretti sul sistema bancario a causa dell'elevato debito Target della Banca d'Italia, quasi mezzo trilione di euro, anche nel caso di pignoramento degli utili provenienti dal signoraggio, oppure di utilizzo di tutte le riserve disponibili, si trasformerebbe in una perdita per diverse centinaia di miliardi di euro per il resto dell'eurosistema, di cui la Germania dovrebbe sostenere il 31%. La situazione sarebbe molto simile se l'Italia dovesse uscire dall'euro e smettesse di onorare i suoi debiti Target. 

Si spera che questi scenari estremi non si materializzino mai, tuttavia sono rilevanti per l'ulteriore sviluppo dell'eurozona nella misura in cui forniscono ai paesi in crisi una potenziale arma di minaccia finalizzata alla creazione di una unione di trasferimento. Il nuovo governo italiano ha giocato apertamente questa carta. O i paesi del nord mettono mano al borsellino oppure dovranno farlo con l'uscita dalla moneta unica, se necessario tramite il fallimento della propria banca centrale.

Ad un esame più attento, tuttavia, questo minaccia potenziale non è così forte come potrebbe sembrare inizialmente, perché i crediti Target della Bundesbank, anche in normali circostanze, non manterranno il valore con il quale sono stati iscritti a bilancio. Un normale istituto finanziario privato dovrebbe svalutare completamente un credito con un interesse pari a zero e che forse solo in un secondo momento potrà generare un tasso di interesse reale determinato dagli stessi debitori. Da questo punto di vista la metà delle attività nette sull'estero della Germania, accumulate tramite gli avanzi delle partite correnti, già oggi probabilmente dovrebbero essere considerata come un banale pro memoria.

In considerazione della crescita continua dei saldi Target di Italia e Francia è arrivato il momento per la politica di entrare in azione e porre fine alla strategia del silenziatore e della banalizzazione. Anche molti giornalisti non dovrebbero farsi imbrigliare da questa strategia. La Germania, a differenza della Francia, dovrà affrontare dei gravi problemi demografici che comunque a partire dagli anni '30 causeranno serie difficoltà finanziarie. Non puo' restare ferma a guardare la dissoluzione del suo patrimonio causata dal sistema Target.

Esistono delle possibilità per contenere i saldi Target. Si potrebbero rimuovere le cause sopra indicate da individuare nella eccessiva creazione asimmetrica di credito all'interno dell'eurosistema, ma ciò presuppone che i potenti debitori Target all'interno del consiglio BCE siano disposti a rinunciare ai loro privilegi. Sarebbe invece piu' efficace se i tribunali e i parlamenti affrontassero il tema e mettessero in piedi un sistema per il rimborso annuale dei saldi Target, come accade fra i 12 distretti della banca centrale americana. Si potrebbe anche introdurre un massimale senza necessariamente dover limitare i pagamenti in quanto le banche potrebbero effettuare fra di loro, attraverso le clearing house private, i trasferimenti internazionali, oppure ricorrere a delle specifiche fusioni all'interno delle loro reti. Al fine di dare il tempo necessario per la costruzione di tali reti, il superamento del limite massimo dovrebbe essere consentito solo dietro il pagamento di una penalità. Le misure da adottare richiedono certamente ulteriori discussioni. Solo una cosa è chiara: non possiamo andare avanti in questo modo.

giovedì 19 luglio 2018

H.W. Sinn sui saldi Target (parte prima)

Il prof. Hans Werner Sinn dalle pagine della Frankfurter Allgemeine Zeitung torna ad alimentare il dibattito tutto tedesco sulla natura dei saldi Target e rilancia la sua versione dei fatti: la Germania sarebbe ormai un self-service dove gli europei si riforniscono di merci senza saldare il conto mentre i sud-europei grazie alla liquidità illimitata garantita dalla banca centrale hanno potuto vivere al di sopra dei propri mezzi. A pagare il conto alla fine saranno i tedeschi, amen. Dalla FAZ.net, H.W. Sinn.



Il saldo Target tedesco è un credito di natura contabile della Bundesbank nei confronti dell'Eurosistema. Questo credito è cresciuto in quanto la Bundesbank per conto di altre banche centrali ha creato denaro e coerentemente con le richieste dei committenti stranieri lo ha messo a disposizione per l'acquisto di merci o attività, per il rimborso dei debiti oppure per la creazione e lo sviluppo di riserve di liquidità, allo stesso tempo  le altre banche centrali hanno ottenuto denaro per un importo corrispondente. Si tratta di una linea di credito pubblica fra le banche centrali che ha garantito alle altre economie della zona euro un afflusso netto di beni, servizi e asset tedeschi senza che queste dovessero ricorrere al credito privato. I crediti Target concessi dalla Bundesbank (Decisione BCE 2007 NP10) vengono remunerati delle banche centrali debitrici al tasso di rifinanziamento principale della BCE, tasso che attualmente è pari a zero.

I saldi Target nelle statistiche della bilancia dei pagamenti tedesca sono registrati come una componenti degli attivi esteri, cresciuti sulla base delle precedenti eccedenze di conto corrente. Con un valore di 1.929 miliardi di euro a fine 2017, le attività nette sull'estero tedesche sono le più grandi al mondo dopo quelle del Giappone. I Crediti Target della Bundesbank a metà 2018 rappresentavano il 51% dell'attivo estero netto.

I trasferimenti fra i paesi, come mostrato dal sistema di clearing di Londra, non devono necessariamente passare attraverso le banche centrali. Anche le banche private possono scambiarsi ordini di pagamento transfrontalieri e in questo modo stabilire rapporti di credito rendendo quindi possibile lo scambio di merci e il movimento dei capitali. In nessun paese pertanto a tale scopo viene raccolto o immesso nuovo denaro in circolazione da parte della banca centrale e anche i saldi Target non si modificano. I trasferimenti al di fuori del sistema Target implicano crediti privati fra i sistemi bancari, mentre i trasferimenti all'interno del sistema Target sono crediti di natura pubblica. Le due forme di credito sono diverse in quanto il rischio default in un caso è presso il contribuente e nell'altro resta presso gli azionisti delle banche, ma entrambi contribuiscono all'indebitamento netto o accreditamento netto di ogni paese. Insieme agli altri flussi di capitale pubblici e privati si riflettono nei saldi delle partite correnti.

Uno sguardo al sistema di Bretton Woods

Anche nel sistema di Bretton Woods, il sistema internazionale dei cambi fissi del dopoguerra, a causa dei trasferimenti che arrivavano alla Bundesbank dall'estero, esisteva già qualcosa di simile ai saldi Target. Le banche centrali americane e dei paesi europei vicini fornivano alle rispettive economie un eccesso di liquidità che permetteva ai cittadini, come accade oggi con i saldi Target, di fare acquisti in Germania. Con la moneta auto-stampata acquistavano merci, aziende, azioni e immobili e molte altre cose, alla Bundesbank spettava poi il compito cambiare la valuta estera in D-Mark. In un secondo momento tuttavia la Bundesbank poteva pretendere che la valuta non-americana venisse convertita in dollari o oro e poiché il prezzo di mercato dell'oro era inferiore rispetto alla parità fissata, riceveva in cambio per lo piu' oro. Fino al 1968 la Bundesbank aveva accumulato oltre 4.000 tonnellate di oro, che all'epoca equivalevano al 3,4% del prodotto interno lordo tedesco. Allo stesso tempo, aveva riserve in dollari pari all'1,6 % del PIL.

A confronto i crediti Target della Bundesbank a metà 2018 erano pari al 30% del PIL tedesco del 2017. Se la Bundesbank dovesse convertirle in oro, al prezzo corrente riceverebbe 28.277 tonnellate di oro.

Self-service nell'eurosistema

Nell'ambito del sistema di pagamento di Bretton Woods, la necessità di rimborsare il debito in valuta estera con degli attivi che non potevano essere creati dal nulla, manteneva i saldi entro limiti ristretti. Nell'eurosistema invece non è previsto alcun rimborso. Questo spiega l'enorme aumento dei saldi Target. In effetti la Germania è diventato un enorme negozio self-service nel quale puoi far segnare sul conto a tuo piacimento, senza che il proprietario del negozio possa chiedere il pagamento dei suoi crediti.

Ci sono essenzialmente cinque accordi istituzionali che hanno consentito la creazione asimmetrica di credito all'interno dell'eurosistema nei primi anni della crisi finanziaria, diciamo fino al 2012 circa. Il primo è il sistema Target stesso. Il Trattato di Maastricht non dice nulla a proposito. Questo sistema è stato creato dalle banche centrali stesse, senza chiedere nulla ai parlamenti. L'eurosistema avrebbe potuto essere basato anche su trasferimenti privati. La seconda regola consiste nella politica della liquidità illimitata per il rifinanziamento dei crediti. In base a questa politica le banche commerciali di qualsiasi paese possono ottenere prestiti illimitati dalla propria banca centrale e in questo modo effettuare trasferimenti illimitati verso gli altri paesi. Devono ovviamente depositare una quantità sufficiente di titoli in pegno. La qualità minima di queste garanzie, e questa è la terza regola, in seguito è stata abbassata fino al rating BBB-, vale a dire fino al livello spazzatura. Di titoli spazzatura in giro ce n'erano tuttavia a sufficienza per far funzionare la macchina stampa denaro locale.

Il quarto elemento consiste nei cosiddetti prestiti d'emergenza ELA, che consentono a ciascuna banca centrale di creare a piacimento tutto il denaro di cui ha bisogno a meno che i due terzi del consiglio BCE non voti contro. Dal momento che i paesi in crisi del sud più l'Irlanda negli anni decisivi avevano in seno al consiglio BCE un voto in piu' del terzo necessario, nessuno ha potuto impedire che questi paesi si concedessero crediti ELA per centinaia di miliardi. Il quinto punto consiste nel cosiddetto accordo segreto Anfa, alla cui pubblicazione la BCE è stata costretta da un dottorando di Berlino. Secondo l'accordo una banca centrale puo' acquistare titoli stampandosi il denaro in proprio. Cosi' Banca d'Italia neò qiadrp dell'accordo Anfa ha potuto acquistare titoli di stato per 105 miliardi di euro. Tutti questi crediti creati con la macchina stampa denaro sono andati a ruba fra le banche commerciali in quanto sono stati offerti a condizioni molto piu' economiche rispetto ai crediti disponibili sul mercato dei capitali.

L'eccessiva creazione di credito nei paesi in crisi, che ha consentito trasferimenti netti verso i paesi dell'europa settentrionale, è stata compensata da un corrispondente declino nella creazione di credito in Germania in quanto il trasferimento di denaro dalle altre banche centrali ha reso superfluo l'indebitamento nei confronti della propria banca centrale. Negli anni 2012 e 2013 in Germania non vi è stato alcun ricorso al credito della Bundesbank. In Germania circolava solo il denaro delle rimesse che le altre banche centrali avevano commissionato.

Le due ondate Target

Il saldo Target tedesco durante la crisi è aumentato in due ondate. La prima ha raggiunto il picco nell'agosto 2012 con un massimo di 751 miliardi di euro. Dopo il crollo di Lehman il mercato dei capitali si rifiutava di continuare a finanziare i disavanzi delle partite correnti dei paesi dell'Europa meridionale e dell'Irlanda. Gli investitori stranieri volevano avere indietro il prima possibile i soldi prestati e si rifiutavano di fornire prestiti aggiuntivi. Fra i residenti dei paesi in crisi, inoltre, chi aveva dei beni tentava di venderli e di portare i soldi all'estero. L'auto-aiuto con la macchina stampa soldi sopra descritto ha permesso alle diverse economie di ricorrere allo scoperto di conto corrente misurato dai saldi Target.

Negli ultimi 4 anni abbiamo invece assistito alla seconda ondata. E' stata innescata dall'aspettativa e dall'attuazione del programma di acquisto titoli della BCE con il quale fra il marzo 2015 e il giugno 2018 sono stati acquistati titoli per un valore di 2.4 trilioni di euro, di questi 2 trilioni di euro erano titoli governativi. Sebbene ciascuna banca centrale abbia riacquistato solo i titoli di stato del proprio paese, i saldi Target sono tornati a crescere. Cio' è dovuto da un lato al fatto che i venditori volevano mettere in sicurezza in Germania la liquidità ottenuta con la vendita. Si tratta di un aspetto che alla luce del grande ritorno in Italia dell'eurocrisi è diventato sempre piu' importante. La fuga di capitali dall'Italia ma anche dal sistema bancario francese è stata significativa.

Dall'altro lato è dovuto ad un aspetto tecnico: i titoli dei paesi euro del sud in precedenza erano stati venduti in tutto il mondo per finanziare gli enormi disavanzi di conto corrente, ora per riacquistare questi titoli erano comunque necessari dei trasferimenti verso l'estero. In entrambi i casi la Bundesbank è stata obbligata ad accreditare i riacquisti e quindi anche i vecchi disavanzi delle partite correnti dei paesi del sud tramite una gigantesca azione di ristrutturazione del debito retroattiva.  

(continua...parte seconda)

martedì 17 luglio 2018

Oskar Lafontaine sulla follia No Border

Oskar Lafontaine insieme alla moglie Sahra Wagenknecht e ad altre personalità di spicco sta cercando di costruire un nuovo raggruppamento politico in grado di superare i tradizionali confini della Linke e della sinistra tedesca. Dalla sua pagina FB il leader storico della socialdemocrazia tedesca questa volta se la prende con l'assurda ideologia dei "no-border-no-nation" e risponde per le rime a chi lo accusa di essere un nazionalista di sinistra. Dal  suo profilo FB, un ottimo Oskar Lafontaine.


C'era da aspettarselo: c'è un nuovo raggruppamento politico che sta ottenendo risonanza e molti già ne parlano male. Gli oppositori cercano di diffamarlo definendolo "nazionalismo di sinistra". Ma in un tale contesto parlare di "nazionalismo di sinistra" sarebbe come parlare di "cattolicesimo musulmano". Sinistra e nazionalismo non possono stare insieme visto che il movimento dei lavoratori cantava: "popoli ascoltate i segnali" e non "popolo ascolta i segnali" (Internazionale).

E alla fine di ogni congresso di partito cantavano: "Brüder zur Sonne zur Freiheit“ e non "Deutsche zur Sonne zur Freiheit“.

Il modo piu' semplice è guardare dentro l'ideologia "no-border-no-nation", perché chiunque si ponga la questione di come poter costruire uno stato sociale capirà immediatamente quanto questa ideologia sia lontana dalla realtà. E i seguaci di questo pensiero, di conseguenza, vedono nello stato sociale un'aberrazione nazionalistica.

Il non-senso del "nazionalismo di sinistra" trova molti sostenitori fra chi ritiene che esprimere solidarietà verso i rifugiati significhi mantenere le frontiere aperte per tutti e garantire benefici sociali a tutti quelli che arrivano. Questo equivoco diventa piu' chiaro quando si guarda al sistema sanitario. Nei paesi anglosassoni spesso la metà dei dottori e degli infermieri arriva dai paesi in via di sviluppo. In Germania, con un certo orgoglio, si fa riferimento al fatto che qui da noi sono stati accolti migliaia di medici dalla Siria e dalla Grecia. Almeno a questo punto i seguaci dell'ideologia dei "confini aperti per tutti" dovrebbero iniziare a capire che stanno sostenendo qualcosa di irrealistico e completamente antisociale. In Siria e in Grecia, dove questi medici sarebbero molto piu' necessari che da noi, il sistema sanitario è al collasso. L'alsaziano Albert Schweitzer andò fino a Lambaréné in Gabon per fondare un ospedale e aiutare le persone malate senza assistenza sanitaria. Oggi la solidarietà viene capovolta.

Ancora negli anni '70 del secolo scorso i paesi industrializzati formavano gratuitamente persone provenienti dai paesi in via di sviluppo, i quali avevano poi l'obbligo di tornare nel loro paese una volta completato il periodo di formazione. Oggi invece un'ampia comunità neoliberista e bipartisan vorrebbe andare a reclutare lavoratori specializzati e rendere in questo modo ancora piu' poveri i paesi in via di sviluppo.

Internazionalismo significa dare asilo alle persone politicamente perseguitate, aiutare i rifugiati di guerra e permettere ai poveri di questo mondo una vita migliore, grazie agli investimenti realizzati dai paesi industrializzati in quelli in via di sviluppo con l'obiettivo appunto di migliorare la vita delle persone, invece di continuare a depredarle.

Quanto sia ormai avanzata la confusione concettuale lo si vede anche dal fatto che coloro che chiedono di spendere miliardi di euro nei campi profughi e nelle zone in cui si muore di fame vengono considerati dei nazionalisti di sinistra. Mentre coloro che vorrebbero andare a reclutare nei paesi piu' poveri la forza lavoro piu' istruita e quindi rendere omaggio al "nazionalismo occupazionale" tedesco si danno una pacca sulla spalla e si considerano erroneamente degli internazionalisti.

Bisognerebbe gridare: "Nazionalisti dell'occupazione di tutto il mondo, pensateci!"

domenica 15 luglio 2018

Thomas Mayer: verso il Target 3

Thomas Mayer, professore di economia, ex capo-economista di Deutsche Bank nonché abituale commentatore sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, nella sua rubrica settimanale sulla FAZ getta altra benzina sul fuoco del ben noto dibattito sui saldi Target. Per Mayer la Bundesbank dovrebbe forzare un'uscita dal Target 2 e imporre un nuovo sistema Target 3 in cui i debitori del sud dovrebbero garantire con l'oro o altre riserve i trasferimenti fra le banche centrali dell'eurosistema.. Dalla FAZ.net


In quale altra banca i clienti possono ottenere un credito di qualsiasi importo senza nessuna garanzia, senza scadenza e a tasso zero? Si dovrebbe pensare, da nessuna parte. Ma invece questo è proprio quello che la BCE offre ai suoi membri. Nel sistema di pagamento interbancario Target2 i membri del sistema europeo delle banche centrali possono finanziare il loro paese per un tempo illimitato, senza alcun limite e a tasso zero. In questo sistema la Bundesbank tedesca si è involontariamente trasformata nel principale creditore: alla fine del mese scorso aveva prestato 976 miliardi di euro alla BCE. Banca d'Italia è invece il piu' grande debitore. A fine maggio aveva 465 miliardi di debito verso la BCE.

Le voci equilibrate della BCE cercano di calmare le acque. Secondo queste voci si tratterebbe solo di saldi contabili di compensazione senza alcun significato economico. Non è vero. I saldi Target riflettono i differenziali di tasso di interesse fra i paesi della zona euro, che sono molto piu' bassi rispetto alla valutazione del rischio data dagli investitori. L'Italia è il caso piu' evidente.

Poiché il livello dei rendimenti sui  titoli di stato italiani a 10 anni non compensa l'esposizione al rischio degli investitori, essi utilizzano il programma di acquisto della BCE per scambiare un rischio di credito italiano con uno tedesco. Per fare questo offrono un bond italiano alla BCE a Francoforte. Una banca tedesca accredita il denaro al cliente e in cambio del titolo ottiene il denaro della riserva della Bunesbank. La Bundesbank trasferisce quindi il titolo a Banca d'Italia. In cambio riceve un credito della BCE mentre per Banca d'Italia si crea un debito corrispondente, un debito che non fa male. L'investitore si è liberato del rischio italiano, che ora invece è in carico alla BCE. Poiché questa non ha abbastanza capitale proprio per coprire il rischio di un default italiano, il rischio resta in capo alla Bundesbank. All'interno dell'eurozona tramite il sistema Target 2 vengono quindi redistribuiti rischi per importi giganteschi a scapito della Bundesbank.

Il meccanismo di trasferimento del rischio incorporato nel sistema Target 2 è unico e probabilmente in un primo momento non è stato compreso a fondo da nessun politico tedesco. Perché altrimenti non si spiega come mai la parte tedesca abbia accettato che nel copiare il sistema di pagamento americano Fedwire sia stata omessa la parte che limita questi trasferimenti. Nel Fedwire infatti i saldi derivanti dai pagamenti fra le diverse regioni americane ogni anno devono essere saldati con trasferimenti di attività da parte delle banche centrali la cui regione ha accumulato un deficit. Questo incentiva le banche centrali regionali a fare in modo che le banche della loro area di responsabilità non prestino troppo facilmente denaro ai clienti a rischio.

La BCE non ha le risorse necessarie e non sarà in grado di incassarle dai propri debitori per poter estinguere i suoi debiti nei confronti della Bundesbank. Questa pertanto probabilmente resterà con il cerino in mano di tutti i crediti maturati in passato. Tuttavia c'è un modo per impedire alla montagna di continuare a crescere: in futuro dovrà insistere per ottenere un saldo annuale delle posizioni. A tal fine le banche centrali dei paesi della zona euro con un deficit delle partite correnti dovrebbero su base mensile impegnare presso la BCE riserve e capitale proprio per un valore equivalente al deficit. Per arrestare la fuga di capitali e per non perdere quanto versato in pegno, queste banche centrali dovrebbero fare in modo che le banche commerciali sotto il loro controllo aumentino il premio al rischio sui loro tassi di prestito e deposito. Gli investitori che oggi per i loro affari evitano alcune borse, perché li' possono scambiare solo obbligazioni rischiose in cambio di depositi bancari ancora piu' rischiosi, verrebbero attratti da un tasso di interesse piu' allettante. In altre parole sarebbe piu' lucrativo vendere titoli di stato italiani a Milano rispetto a Francoforte.

Sarebbe da ingenui aspettarsi che le altre banche centrali e i loro governi possano acconsentire volontariamente alla sostituzione del sistema Target 2 con un sistema esteso per la liquidazione dei saldi, chiamiamolo Target 3. Per poterlo imporre la Bundesbank dovrebbe dichiarare unilateralmente di voler uscire dal Target 2 e che i pagamenti futuri saranno gestiti solo attraverso il Target 3. Per fare cio' tuttavia ci sarebbe bisogno del sostegno della politica.

Nella loro "dichiarazione di Meseberg" la Cancelliera e il presidente francese hanno sproloquiato di un "meccanismo di riassicurazione", di una "garanzia congiunta sui depositi" e di un "budget per l'eurozona". Della piu' grande pentola finanziaria, Target 2 appunto, non se ne è parlato affatto. Di fatto non si puo' parlare di "condivisione del rischio" e di "solidarietà" all'interno dell'eurozona, senza prendere in considerazione questo polipo finanziario.