mercoledì 27 novembre 2019

Perché quella tedesca resta un'egemonia a metà

"La Germania rimane in una posizione problematica di semi-egemonia: il paese ha la forza sufficiente per imporre le sue regole, ma non per farle rispettare. Mentre gli altri stati sono abbastanza forti per infrangere le regole, ma non per cambiarle", scrive l'ottimo Hans Kundnani sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung. Per uscire da questa condizione semi-egemonica i tedeschi dovrebbero ripensare il loro modello economico ed eliminare la loro dipendenza dall'export e quindi dai loro mercati di sbocco. Per un paese che ha fatto dell'export un vanto nazionale e un elemento della propria identità, una rinuncia del genere sembra alquanto improbabile. Ne scrive Hans Kundnani sulla FAZ


Con lo scoppio dell'eurocrisi nel 2010, il futuro della Germania è diventato alquanto incerto. La crisi ha innescato un rinnovato dibattito sull'egemonia tedesca in Europa, dibattito che si è intensificato in seguito alla crisi dei rifugiati del 2015. Dopo l'elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti nel 2016, il futuro dell'alleanza transatlantica e lo stesso "ordine internazionale liberale" sono diventati alquanto incerti. Come si muoverà la Germania in una fase in cui tutto sembra cambiare - che gli analisti come Wolfgang Streeck definiscono un "interregno" nel senso gramsciano del termine?

Gli analisti di politica estera hanno regolarmente ignorato i problemi emersi durante la crisi dell'euro. Ma ciò non significa che i problemi siano stati risolti. Mentre il caos britannico ha provocato un rinnovato impegno retorico nei confronti del progetto europeo, l'integrazione europea è finita su di un binario morto. Nel frattempo la Germania rimane in una posizione problematica di semi-egemonia. Ciò significa in pratica che il Paese ha la forza sufficiente per imporre le proprie regole, ma non per farle applicare. Mentre gli altri stati sono abbastanza forti per infrangere le regole, ma non per cambiarle.

La serie di crisi che a partire dal 2010 hanno afflitto l'UE potevano rappresentare una oportunità di cambiamento. Durante la crisi dell'euro, i paesi dell'Europa meridionale, infatti, hanno accusato la Germania di non mostrare una "solidarietà" sufficiente. Durante la crisi dei rifugiati è stata la Germania invece a chiedere a sua volta "solidarietà" agli altri stati membri. Questa opportunità avrebbe potuto essere la base per un accordo complessivo basato su una comprensione comune dei diritti e degli obblighi fra gli Stati che fanno parte sia dell'area dell'euro che di Schengen, di fatto un "nucleo europeo". Ma invece di collegarle fra loro, la Germania ha cercato di separare entrambe le questioni. L'Europa è in trappola, come diceva Claus Offe.

L'elezione di Donald Trump potrebbe trasformarsi nel più grande shock strategico per l'intera Europa. Per Berlino emerge un dilemma particolarmente difficile: la posizione di semi-egemonia della Germania in Europa dipende da una particolare configurazione dell'ordine internazionale liberale sul quale la Germania ha viaggiato con un biglietto gratuito. Con ciò si intendono in particolar modo gli impegni in termini di sicurezza degli Stati Uniti, che in linea di principio hanno reso irrilevante la questione del potere militare nelle relazioni intraeuropee e hanno trasformato l'America in un consumatore di beni sempre disponibile. Oggi Washington è meno disposta a farlo rispetto al passato e potrebbe anche rinunciare a una parte della propria egemonia.

Le incertezze in merito agli impegni americani in materia di sicurezza  in Europa , negli ambienti geo-politici tedeschi hanno portato a una divisione fra atlantisti e post-atlantisti. Mentre gli atlantisti tendono a sottostimare il cambiamento strutturale nella politica estera degli Stati Uniti, i post-atlantisti non riconoscono l'entità delle difficoltà che l'Europa deve affrontare nello sviluppare autonomamente una strategia alternativa alle garanzie di sicurezza americane. Il problema è che anche gli stessi passi prudenti dell'Europa in direzione dell'autonomia strategica potrebbero ulteriormente indebolire l'impegno degli Stati Uniti.

I tedeschi non si sentono minacciati

Ma mentre sia gli atlantisti che i post-atlantisti parlano della necessità di rispondere alle nuove minacce in un mondo sempre più pericoloso, i tedeschi sembrano essere sempre piu' preoccupati dalla possibilità di perdere la loro identità di paese di pace. Nonostante le incertezze relative alla garanzia militare americana, i tedeschi semplicemente non si sentono minacciati. Molti oggi, ifnfatti, ritengono che l'assunzione di una maggiore "responsabilità", e in particolar modo un drastico aumento della spesa per la difesa, sarebbe una concessione a Trump e alle sue politiche.

Il futuro delle relazioni fra Germania e Cina dipende dal ruolo della Germania in Europa e dalle sue relazioni con gli Stati Uniti. Negli ultimi dieci anni la Germania è diventata sempre più dipendente dalla Cina come mercato di esportazione, soprattutto dopo che la domanda europea nel corso della crisi dell'euro è calata. Di conseguenza si è sviluppata una stretta relazione politica tra Berlino e Pechino. La crisi ha diviso l'Occidente fra paesi in surplus e paesi in deficit, avvicinando Cina e Germania.

Mentre la Cina sotto Xi Jingping iniziava ad acquistare società di medie dimensioni e diventava sempre più autoritaria, la Germania invece sembrava essere sempre più scettica ed incline ad un approccio fondato su un maggiore coordinamento transatlantico. Ma l'elezione di Donald Trump ha dato nuovo slancio all'idea di un'Europa come polo indipendente in un mondo multipolare nell'ambito di un triangolo con la Cina e gli Stati Uniti. In Cina, molti ritengono si tratti del partner più promettente, soprattutto in materia di cambiamenti climatici - e recentemente il governo tedesco è sembrato addirittura aver perso interesse nei confronti di un corso politico piu' severo in Europa.

La Germania deve ripensare il suo modello economico

Dietro queste difficili sfide di politica estera resta l'impegno costante da parte della Germania nei confronti di un modello economico basato sulle esportazioni che, nonostante le debolezze diventate ben visibili nell'ultimo decennio, può essere considerato senza dubbio un successo. Ma questo modello economico rende difficile la correzione degli squilibri macroeconomici all'interno dell'area dell'euro e ostacola nel lungo periodo l'esistenza di una moneta unica. Inoltre fa arrabbiare gli americani rendendo la Germania particolarmente vulnerabile agli attacchi di Trump e quindi dipendente dalla Cina autoritaria.

Ripensare il proprio modello economico è forse la sfida più grande per la Germania. Ciò sarebbe positivo non solo per i partner della NATO e dell'UE, i quali trarrebbero beneficio dall'aumento della domanda interna tedesca, ma anche per la Germania stessa: l'ossessione per la competitività della Germania ha promosso la disuguaglianza e l'insicurezza politica. L'infrastruttura fatiscente del paese richiede investimenti urgenti. Il forte consenso politico sull'identità della Germania come nazione esportatrice, tuttavia, vieta un tale ripensamento.

La domanda è se la Germania sia in grado o meno di ripensare questo modello prima che sia troppo tardi. Lentamente gli Stati Uniti si ritirano dal loro ruolo egemonico, che detengono dalla seconda guerra mondiale. Sembrano sempre meno disposti a fornire merci globali come la sicurezza e la domanda di beni, specialmente per l'Europa, che giustamente ritengono dovrebbe essere in grado da sola di prendersi cura di sé stessa. Mentre tutto, intorno a loro, si muove, i tedeschi pensano di poter ancora andare avanti come prima.

Molti vedono in ciò un'espressione dell'impegno della Germania nei confronti del liberalismo - e persino di una leadership tedesca in una situazione in cui il paese si vede sempre più circondato da forze "illiberali". Ma un tale pensiero binario in bianco e nero è un errore. Se la Germania vuole davvero salvare l'ordine liberale internazionale, il paese dovrà cambiare il proprio ruolo all'interno di questo ordine. A livello economico, ciò significa piu' che altro un aumento della domanda interna e una riduzione della dipendenza dalle esportazioni. In termini di sicurezza, significa fare molto di più per la sicurezza dell'Europa, oppure, se la Germania non fosse disposta a farlo, chiedersi allora quale prezzo il paese è disposto a pagare agli altri stati in cambio di questa sicurezza.



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lunedì 25 novembre 2019

Sostiene Alice Weidel

Alice Weidel, leader di AfD, nei giorni scorsi ha commentato l'apertura di Scholz sull'unione bancaria europea. L'idea di condividere un sistema di garanzia con i sud-europei, da quanto scrive, non le piace piu' di tanto. Dal profilo FB di Alice Weidel.


Il ministro delle finanze Olaf Scholz in un recente documento ha segnalato il suo sostegno ad un sistema europeo di assicurazione sui depositi nel quadro di una unione bancaria.

Scholz e la GroKo stanno tradendo i risparmiatori tedeschi. Se i sistemi di garanzia sui depositi in Europa dovessero essere messi in comune, i risparmiatori tedeschi in futuro sarebbero chiamati a garantire per i rischi delle banche zombie dell'Europa del sud e per le centinaia di miliardi di crediti inesigibili sui loro bilanci. I ben funzionanti sistemi di assicurazione sui depositi delle banche e delle casse di risparmio tedesche verrebbero sacrificati sull'altare dell'ideologia della condivisione.

Il prossimo crash bancario è solo una questione di tempo e Olaf Scholz vuole fare in modo che i risparmiatori e i contribuenti tedeschi vi restino impigliati senza alcuna possibilità di sfuggire. Il vice-cancelliere, che a breve vorrebbe anche diventare il leader della SPD, in questo modo mette in grande difficoltà la classe media, i lavoratori e gli impiegati tedeschi. In futuro, dovranno garantire per la cattiva gestione degli stati falliti dell'Europa del sud e per le loro banche giocatrici d'azzardo. Ci opponiamo con risolutezza ad ogni capitolazione di fronte ad una tale richiesta.

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domenica 24 novembre 2019

Bundesbank: il boom immobiliare mette a rischio il sistema bancario tedesco

Siamo probabilmente vicini alla fine del lungo boom immobiliare iniziato nel lontano 2010 e la Bundesbank è seriamente preoccupata per la situazione delle banche tedesche. Ne scrive Die Welt su dati Bundesbank


La Bundesbank mette in guardia dalla crescente vulnerabilità del settore finanziario tedesco. In Germania ormai ogni 2 prestiti concessi, uno viene utilizzato per finanziare appartamenti o immobili. Se il livello dei tassi di interesse dovesse cambiare, la situazione diventerebbe critica. 

La Bundesbank mette in guardia dai crescenti rischi per la stabilità del sistema bancario tedesco. In particolare è la situazione del mercato immobiliare ad essere una fonte di crescente preoccupazione.

I prezzi delle case e degli appartamenti continuano a crescere con forza. Di conseguenza il volume dei prestiti immobiliari concessi sta crescendo al tasso più rapido degli ultimi decenni. "La vulnerabilità è aumentata", ha dichiarato il vicepresidente di Bundesbank Claudia Buch in occasione della presentazione del Rapporto sulla stabilità finanziaria a Francoforte. "Un crollo economico imprevisto o un aumento repentino del premio al rischio potrebbero avere effetti sensibili sul sistema finanziario tedesco."


Nel frattempo in Germania, ogni 2 prestiti erogati - a società e famiglie - uno viene utilizzato per finanziare immobili. Ancora peggio: oltre il 50 % dei mutui residenziali ha una durata superiore ai dieci anni.

Ciò comporta un rischio considerevole per le banche. Molte banche utilizzano i soldi dei depositi a breve termine dei clienti per erogare prestiti a lungo termine. Questa cosiddetta "trasformazione delle scadenze" funziona bene finché il livello dei tassi di interesse non cambia. Qualora dovesse eventualmente arrivare un'inversione di tendenza sui tassi, gli istituti potrebbero dover affrontare un disastro sui tassi di interesse.


Un altro rischio risiede nella valutazione degli immobili e degli appartamenti utilizzati come garanzia per tali prestiti immobiliari. Se queste ipotesi si dovessero rivelare troppo ottimistiche, cosa che può facilmente accadere in tempi di prezzi in rapido aumento, c'è il rischio di svalutazioni pesanti.

Un tale scenario potrebbe colpire le banche e trovarle relativamente impreparate: come emerge dall'indagine della Bundesbank, gli accantonamenti per possibili perdite future su prestiti sono bassi come non lo erano mai stati per decenni. Le banche hanno accantonato meno dell'uno percento del volume dei crediti erogati. All'inizio del millennio il valore era del 2,5 %.

"L'evidenza che i rischi sui crediti erogati possano essere sottovalutati si sta intensificando", ha affermato Buch. C'è il rischio "che gli operatori di mercato continuino a essere troppo ottimisti rispetto al passato, sopravvalutando il valore delle garanzie", ha affermato Buch.

Il rischio di una recessione inattesa

Ciò non riguarda solo il mercato immobiliare. "Le banche finanziano anche molte altre aziende, le quali sarebbero le prime a riscontrare dei problemi in caso di una recessione economica inattesa". In caso di recessione le banche pertanto potrebbero essere gravate in maniera ancora piu' pesante da svalutazioni e da inadempienze sui prestiti.


"I bassi tassi di interesse stanno esercitando delle forti pressioni sui margini di interesse applicati dalle banche, mettono sotto pressione la loro redditività e quindi a rischio la stabilità finanziaria", ha aggiunto Joachim Wuermeling, membro del consiglio di amministrazione della Bundesbank e responsabile della vigilanza bancaria.

C'è comunque almeno una debole consolazione. Perché i prezzi degli appartamenti e delle case in molte città secondo la Bundesbank sono sopravvalutati fra il 15 e il 30 percento. Tuttavia, la Bundesbank al momento non vede "nessuna prova del fatto che sul mercato vi sia una dinamica speculativa alimentata dal credito", afferma Buch.

Il riferimento è alla pericolosa combinazione fra il forte aumento dei prezzi delle case, la crescita eccessiva dei prestiti immobiliari e la  riduzione degli standard per l'erogazione del credito, i quali possono fornire il terreno fertile per una crisi immobiliare.



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Deutsche Bank e Commerzbank difendono l'unione bancaria, le casse di risparmio e le banche cooperative non ne vogliono sapere

Per i tedeschi ormai è chiaro che il salvataggio di Deutsche Bank e Commerzbank dovrà passare attraverso una fusione bancaria europea, e questo probabilmente è il motivo dietro la recente accelerazione del ministro Scholz sull'unione bancaria. Leggendo le cronache tuttavia si capisce che il mondo bancario tedesco sul tema è molto diviso. Ne scrive Die Welt


Gli istituti finanziari tedeschi sono divisi sulla proposta del ministro delle finanze Scholz per la creazione di un'assicurazione europea sui depositi. A battersi per la sua creazione è soprattutto Deutsche Bank - con il supporto di una grande banca straniera.

(...) I rappresentanti di alto livello dell'industria finanziaria tedesca ed europea si sono incontrati la scorsa settimana a Francoforte in occasione della Euro Finance Week per discutere di alcuni temi attuali. Uno di questi temi, che il primo giorno ha suscitato notevoli controversie fra i banchieri presenti, è stata proprio la recente iniziativa del ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz per l'unione bancaria e il mercato comune dei capitali in Europa.

Scholz circa due settimane fa aveva segnalato la disponibilità della parte tedesca a fare qualche concessione su questo tema. Finora l'assicurazione europea comune sui depositi, infatti, era sempre fallita a causa della resistenza tedesca. Scholz con la sua proposta di istituire un Fondo europeo di assicurazione sui depositi, in gergo noto come EDIS, ha voluto rompere questa situazione di stallo. Si tratterebbe di un fondo che dovrebbe entrare in funzione se i sistemi di garanzia nazionali dovessero andare in crisi.

I prerequisiti per la sua istituzione sarebbero: la standardizzazione delle regole di insolvenza e di risoluzione delle crisi bancarie in Europa, la riduzione dei crediti in sofferenza, in particolare quelli delle banche del sud, e il cambio di status dei titoli di Stato nei bilanci delle banche i quali non dovrebbero essere più trattati come obbligazioni prive di rischio.

Jörg Kukies, Sottosegretario di Stato presso il Ministero delle finanze, a Francoforte ha difeso con forza i piani del suo ministro. "Il mercato bancario europeo è troppo frammentato, ci sono dei grandi svantaggi", ha affermato. La situazione deve cambiare. Kukies ritiene inoltre che le banche dell'Europa del sud nella riduzione dei loro crediti inesigibili siano sulla buona strada.

A dargli supporto anche la consigliera della Bundesbank Sabine Mauderer. "La proposta del ministro delle finanze Olaf Scholz porta un nuovo slancio nella discussione - e questo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno", ha affermato. L'Europa deve integrarsi di più, soprattutto in un momento in cui altri mercati si stanno progressivamente allontanando. E' importante pertanto un'unione del mercato bancario e dei capitali. "Ma una vera unione bancaria richiede anche un'assicurazione comune sui depositi".

Banche cooperative e casse di risparmio contro la responsabilità condivisa

Anche Felix Hufeld, capo dell'organo di supervisione finanziaria BaFin, si è unito a Scholz. "Accolgo con favore l'iniziativa del ministro delle finanze, il quale sta cercando di rilanciare una discussione ormai arenata", ha detto. 

Con la necessaria volontà politica, tuttavia, è possibile raggiungere una soluzione, anche per quanto riguarda l'istituzione di una unione del mercato dei capitali. "È uno dei progetti più importanti dell'Unione europea", ha affermato Huffeld. "E' giusto e meritevole sforzarsi per questo obiettivo".

Ma ci sono state anche forti critiche e queste sono arrivate soprattutto dal lato delle banche cooperative. Uwe Fröhlich, amministratore di DZ Bank, l'istituto di vertice del settore cooperativo, ritiene che le proposte di Scholz siano molto poco attraenti dal punto di vista tedesco. "Nessun cliente tedesco alla fine ne beneficierà", ha affermato. E per il settore sarà piuttosto un peso aggiuntivo. In una direzione simile sono andate anche le critiche del rappresentante delle casse di risparmio: l'industria finanziaria tedesca non ha bisogno dell'Unione bancaria europea.

Tuttavia ciò ha fatto arrabbiare Karl von Rohr, vicepresidente di Deutsche Bank. "Ognuno dovrebbe sapere da sé, se accontentarsi di contare gli gnomi nel giardino del proprio cortile o pensare in grande", ha detto. L'unione bancaria contribuisce a creare un mercato più grande in Europa e questo è cruciale per la sua competitività con America e Cina.

Ovviamente si tratta anche del futuro di Deutsche Bank. Perché dopo il fallimento dell'ultima fusione con Commerzbank, la più grande banca privata tedesca evidentemente ha scelto di orientarsi in maniera diversa. "Per noi, il consolidamento avrà luogo a livello europeo", ha affermato von Rohr. Questo è un altro motivo per cui è importante avere un mercato bancario europeo unico.

Ottenendo peraltro il supporto di un concorrente, Carola von Schmettow, portavoce di HSBC Germany, la quale sostiene la proposta del Ministro federale delle finanze, e anche lei lo considera un prerequisito per la competitività delle banche europee a livello globale. "Abbiamo bisogno di campioni europei", ha detto.

Chi alla fine farà parte di questo scenario ancora non è chiaro, come non sono chiare le prospettive per l'unione bancaria e il mercato dei capitali. Perché il progetto del ministro delle finanze della SPD ha altri oppositori agguerriti fra le fila dei partner di coalizione.

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sabato 23 novembre 2019

Isabel Schnabel - L'unione bancaria è nel nostro interesse

Isabel Schnabel è membro del prestigioso Consiglio dei Saggi economici e prenderà il posto della Lautenschläger nel direttorio della BCE. Intervistata da Mark Schieritz su Die Zeit ci spiega perché l'assicurazione europea sui depositi è fondamentale per favorire la fusione di Deutsche Bank e Commerzbank con qualche altra grande banca europea, ma soprattutto ci dice una cosa interessante, di cui apparentemente anche i tedeschi sono a conoscenza: senza l'introduzione di un safe asset europeo, ad esempio gli eurobond, difficilmente i sud-europei accetteranno l'unione bancaria recentemente proposta da Scholz. Ne scrive Die Zeit



ZEIT ONLINE: Frau Schnabel, il Ministro delle finanze Olaf Scholz ha smesso di opporsi a una garanzia europea sui risparmi. Cosa ne pensa?

Isabel Schnabel: penso si tratti di un tentativo molto importante. Porta un po' di movimento in un dibattito che si era fermato e affronta delle questioni importanti per la stabilità dell'unione monetaria. Fra queste c'è anche l'assicurazione sui depositi, che in Germania non è molto popolare .

ZEIT ONLINE: fino a che punto?

Schnabel: una garanzia sui depositi ha lo scopo di evitare che i risparmiatori in preda al panico corrano a ritirare il loro denaro nel caso in cui dovessero presentarsi dei dubbi sulla solvibilità della banca. I sistemi di garanzia sui depositi, tuttavia, coprono solo una parte dei depositi presso le banche. La credibilità della garanzia sui depositi dipende anche dal fatto che dietro, a sostegno della banca, vi sia lo stato con il suo potere finanziario.

ZEIT ONLINE: perché è un problema?

Schnabel: perché l'assicurazione sui depositi crea un legame fondato sul rischio tra le banche e gli stati. Se la credibilità dell'assicurazione sui depositi risente del fatto che un paese è fortemente indebitato, questo allora può destabilizzare le banche. Un'assicurazione europea sui depositi potrebbe impedirlo.

ZEIT ONLINE: allora si potrebbe anche dire: perché in fondo in Germania dovrebbe interessarci cosi' tanto se una banca in Italia fallisce?

Schnabel: è un'illusione pensare che non siano affari nostri. Le nostre economie e i nostri sistemi finanziari sono fra loro troppo intrecciati. Siamo membri di un'area valutaria comune. Abbiamo visto il danno che una crisi può causare in un piccolo stato membro dell'unione monetaria come la Grecia. È nel nostro interesse che ciò non accada di nuovo.

ZEIT ONLINE: ma i critici dicono: tramite l'assicurazione sui depositi i risparmiatori tedeschi alla fine dovranno pagare per le banche italiane in difficoltà.

Schnabel: in questa affermazione c'è il presupposto che le banche tedesche stiano andando alla grande e quelle italiane vadano male. Nel complesso le cose non stanno necessariamente cosi'. Anche nel nostro paese ci sono banche che non sembrano essere molto brillanti. Inoltre, secondo i piani del ministero delle finanze tedesco, l'assicurazione europea sui depositi funzionerà come una polizza di riassicurazione. In questo modo il rischio viene ridotto al minimo

ZEIT ONLINE: come?

Schnabel: come accade in una compagnia di assicurazioni per auto, ci sarebbe una specie di franchigia. In caso di incidente sarebbero i fondi di garanzia nazionali a dover intervenire. Solo se i fondi nazionali dovessero esaurire le risorse, i soldi arriverebbero dal fondo europeo, ma solo come prestito. A questo punto, vorrei aggiungere, dovrebbe anche essere possibile farsi carico delle perdite.

ZEIT ONLINE: come si finanzierebbe il fondo europeo di assicurazione sui depositi?

Schnabel: tramite i contributi delle banche. Si dovrebbe collegare l'entità di questi contributi al rischio: le banche con un modello di business rischioso o le banche di paesi con istituzioni deboli, ad esempio un regime di insolvenza inefficiente, dovrebbero quindi versare contributi più elevati rispetto alle banche solide dei paesi con istituzioni solide.

ZEIT ONLINE: Scholz propone anche di inasprire le regole che regolano i titoli di stato detenuti dalle banche. Cosa succederebbe?

Schnabel: molte banche nei loro bilanci hanno un livello elevato di titoli di stato nazionali. Ciò rafforza la connessione problematica tra gli stati e le banche, perché se uno stato è nei guai, anche le banche di quel paese avranno difficoltà a detenere obbligazioni. Ciò comporta anche il pericolo che il rischio di un default sovrano venga trasferito a livello europeo attraverso un sistema europeo di assicurazione sui depositi. L'assicurazione europea sui depositi dovrebbe essere pertanto accompagnata da una regolamentazione più rigorosa dei titoli di stato.

ZEIT ONLINE: Wolfgang Schäuble, quando era ancora ministro delle finanze, suggerì di obbligare le banche a garantire i titoli di Stato con il capitale proprio come accade per gli altri attivi. Finora non hanno dovuto farlo.

Schnabel: politicamente è ancora molto controverso, in Europa e soprattutto a livello internazionale. Bisogna stare attenti che il nuovo regolamento non porti a una destabilizzazione del mercato dei titoli di Stato.

ZEIT ONLINE: cosa propone lei?

Schnabel: la copertura con il capitale proprio dovrebbe essere orientata soprattutto alla concentrazione. Su questo tema nel Consiglio dei Saggi abbiamo fatto dei calcoli con diversi modelli. Avrebbe senso se le banche potessero detenere le obbligazioni del loro paese di origine fino a un certo limite, senza dover garantire con del capitale azionario aggiuntivo. Se questo limite viene superato, le partecipazioni obbligazionarie all'aumentare della concentrazione e del rischio di insolvenza dovranno essere garantite da una maggiore partecipazione azionaria. La mia impressione è che Scholz abbia in mente qualcosa di simile. Nel dibattito non dovremmo comunque dimenticare: in nessun altro paese europeo la condivisione del rischio tra stati e banche è cosi' grande come in Germania, perché molte delle nostre banche sono di proprietà statale.

ZEIT ONLINE: gli amministratori di Deutsche Bank e Commerzbank hanno accolto con favore la proposta di Scholz. Come lo spiega?

Schnabel: un'assicurazione europea sui depositi faciliterebbe le fusioni transfrontaliere, che per le principali banche tedesche sono una grande opportunità. Sarebbe un passo importante per ottenere finalmente un vero mercato bancario europeo. Un altro passo essenziale sarebbe una legge uniforme sull'insolvenza bancaria, richiesta anch'essa da Olaf Scholz, per fare in modo che tutte le banche europee siano soggette alle stesse regole.

ZEIT ONLINE: molti economisti dicono: è un problema il fatto che in Europa non vi siano "safe assets", cioè un titolo di debito a prova di fallimento per l'intera unione monetaria.

Schnabel: ciò darebbe alle banche l'opportunità di investire con un'ampia diversificazione in titoli di stato europei senza doversi fare carico di accettare rischi di insolvenza più elevati. Molto dipenderà dalla forma finale del progetto, in modo che non vi siano problemi di incentivi sbagliati. Forse l'unico modo per ottenere un ampio consenso sulle riforme proposte è introdurre dei titoli di debito sicuri.



mercoledì 2 ottobre 2019

Il crescente successo della "quota 98" tedesca

Anche nell'operosa Germania, sono sempre di piu' i lavoratori che non ne vogliono sapere di lavorare fino a 67 anni e che quindi provano a sfruttare la possibilità di andare in pensione a 63 anni con 35 anni di contributi (Frührente). Per evitare le penalizzazioni previste dalla legge (0.3% al mese), occorre tuttavia versare un conguaglio. Ne scrive la Süddeutsche Zeitung


- Sono sempre di piu' i lavoratori che versano volontariamente denaro nelle casse della previdenza sociale pubblica in modo da poter andare in pensione in anticipo senza alcuna penalizzazione.

- Dal 2015, la somma annuale versata con questo scopo è aumentata di otto volte passando a 207 milioni di euro.

- Si può iniziare a pagare i contributi aggiuntivi già dall'età di 50 anni. Una possibilità usata principalmente da chi ha già un buon stipendio, in quanto è costosa.


Per molti è un sogno difficilmente realizzabile: andare in pensione in anticipo, senza subire penalizzazioni per le prestazioni di vecchiaia. Sono soprattutto i redditi piu' alti che da qualche tempo hanno la possibilità di realizzare questo sogno - per niente economico. Per molto tempo è stato un segreto conosciuto solo dagli esperti, recentemente tuttavia è diventato sempre più popolare. In Germania, i lavoratori versano - su base volontaria - somme sempre più elevate alla previdenza sociale pubblica, in modo da poter andare in pensione già a 63 anni, senza tuttavia dover subire per anni delle penalizzazioni finanziarie .

Come annunciato dalla Deutsche Rentenversicherung (DRV Bund), nel 2018 la previdenza sociale pubblica ha incassato circa 207 milioni di euro sotto forma di "contributi volontari per compensare le future riduzioni pensionistiche". Si tratta di un "aumento di oltre otto volte" rispetto al 2015; all'epoca, infatti, erano stati solo 24 milioni di euro. E con una certa soddisfazione, Dagmar König, presidente della Bund DRV, aggiunge: l'aumento dei contributi volontari, non solo "ha un effetto positivo sulle finanze delle casse pensionistiche pubbliche", ma è "anche un segno dell'elevata fiducia dei contribuenti nella sicurezza e nella redditività della pensione pubblica obbligatoria".

Gli esperti finanziari parlano di aspettative di rendimento tra il 2 e il 4 %

Chi l'avrebbe mai pensato? Proprio la tanto vituperata previdenza sociale pubblica in Germania è diventata una  gestione patrimoniale molto ambita. In tempi di tassi di interesse a zero ciò non dovrebbe sorprendere, soprattutto se si considera un fatto importante: in nessun'altra forma di investimento il guadagno consiste nella possibilità di andare in pensione con diversi anni di anticipo.




La tendenza è diventata da tempo evidente. Nel 2018 oltre 100.000 persone assicurate si sono rivolte alla Bund DRV al fine di informarsi sulle condizioni alle quali sarebbero potute andare in pensione anticipatamente. Con la nuova "legge Flexirent", entrata in vigore a luglio 2017 e a lungo ignorata dalla grande maggioranza del pubblico, è stata introdotta una possibilità vantaggiosa per poterlo fare. Da allora, chiunque sia assicurato con la previdenza sociale pubblica e vuole andare in pensione anticipatamente senza penalizzazioni, può versare dei contributi aggiuntivi al fondo pensione. E' particolarmente attraente per i nati nel 1964, o dopo. Per loro, dal 2030 in poi, infatti, verrà applicata l'età pensionabile standard di 67 anni.

Questo limite tuttavia può essere considerevolmente anticipato grazie alle opportunità offerte dalla cosiddetta legge Flexirent: questa "pensione per assicurati a lungo termine" è prevista a partire dai 63 anni, a condizione però che si abbiano almeno 35 anni di contributi versati - compresi maternità, servizio di leva o servizio civile.

Il calcolo di base piu' o meno funziona cosi': ogni mese di anticipo della pensione corrisponde a un - 0,3 %. Calcolato su un anno corrisponde ad una riduzione del 3,6 % (0,3 X 12 mesi). Se vuoi andare in pensione 4 anni prima, devi accettare un meno 14,4 %. Oppure semplicemente aver versato prima alle casse pensionistiche pubbliche una somma, di solito a cinque cifre. Questo pagamento può iniziare già dall'età di 50 anni, ed è possibile il pagamento rateale.

Gli ultimi dati esemplificativi della Bund DRV - chiariscono le dimensioni della questione: se ti aspetti una pensione mensile di 2.400 euro e vuoi andare in pensione due anni prima, avrai una riduzione di  172,80 € al mese, e quindi una pensione ridotta a 2.227,20 €. Chi vuole evitare questa penalizzazione, può pagare in una sola volta 40.766 euro alla previdenza sociale pubblica, oppure rateizzare l'importo.


Gli esperti finanziari citano un'aspettativa di rendimento compresa tra il 2 e il 4%. Cosa rende la questione ancora più attraente: gli aumenti futuri delle pensioni non sono inclusi, tuttavia nessuno dovrebbe aspettarsi che il recente aumento delle pensioni (3,18 % nella Germania occidentale e 3,91 % nell'est) diventi la regola, ancor di piu' se l'attuale rallentamento economico dovesse continuare.

Una domanda completamente diversa: cosa significano la pensione a 63 anni e i relativi pagamenti per le casse pubbliche? Il sistema di previdenza sociale in questo modo verrà indebolito? È a spese dei contribuenti? Le penalizzazioni dal punto di vista del calcolo attuariale sono corrette? Secondo Bert Rürup, il più noto esperto pensionistico in Germania, le penalizzazioni applicabili sono state "definite sulla base delle tabelle di mortalità fissate a metà degli anni '80", da allora sono rimasti invariati. Il fatto è che con queste riduzioni, secondo Rürup, la Germania "nel confronto internazionale si trova in fondo alla classifica". Le penalizzazioni dovrebbero essere impostate in modo "da rendere irrilevante per il sistema pensionistico il pensionamento anticipato o posticipato". Se questo dovesse essere il caso, sarà tanto piu' problematico quanto piu' popolare sarà la pensione a 63 anni.




martedì 1 ottobre 2019

Il grande successo del salario minimo per legge

Nonostante le gufate dei soliti economisti alla H.W. Sinn, il salario minimo per legge, introdotto quasi cinque anni fa, è stato un grande successo e ha dato un importante contributo al boom dell'occupazione degli ultimi anni, soprattutto nelle fasce salariali piu' basse.  Ne scrive il General Anzeiger 


Cosa avevano previsto i critici prima dell'introduzione del salario minimo per legge? Hans-Werner Sinn, uno dei più importanti economisti tedeschi, all'epoca aveva profetizzato fino a 900.000 disoccupati aggiuntivi. Dopo che nel 2015 è stato introdotto il salario minimo di 8,50 euro l'ora, in realtà non è successo nulla di simile - al contrario: l'occupazione è esplosa, anche e soprattutto nelle fasce salariali più basse. La Germania di oggi ha  cinque milioni di occupati e tre milioni di posti di lavoro soggetti a contributi previdenziali in piu'. I salari orari delle categorie a basso reddito sono decisamente saliti.

Quasi cinque anni dopo l'introduzione del salario minimo, il bilancio degli esperti è positivo, le sirene delle cassandre si sono placate. "Noi economisti abbiamo dovuto ammettere che le nostre previsioni erano completamente sballate. I nostri allarmi erano completamente esagerati", afferma Alexander Spermann, esperto di mercato del lavoro di Colonia. La fortunata Germania ha avuto un timing perfetto per l'introduzione del salario minimo: il 2015 si è trovato esattamente nel bel mezzo di una ripresa economica durata quasi dieci anni, e il salario minimo non ha frenato la  crescente domanda di lavoro.

Soprattutto nei settori a basso salario come la ristorazione, la vendita al dettaglio e i servizi di assistenza si è registrato un costante aumento dell'occupazione. Philipp vom Berge studia le implicazioni del salario minimo per conto dell'Institut für Arbeitsmarkt und Berufsforschung (IAB) e conferma che non sono stati rilevati effetti negativi sull'occupazione. "La diminuzione maggiore si è osservata nei mini-job, parzialmente compensata dalle conversioni in lavori part-time soggetti a contributi previdenziali".

Rilevata una crescita aggiuntiva

Contemporaneamente i salari orari nelle fasce piu' basse sono decisamente aumentati. Già ad inizio 2015, la Commissione sul salario minimo aveva registrato un balzo in avanti di oltre il 7 % rispetto al 2014 nei settori in cui il salario minimo era particolarmente diffuso. "Nella parte bassa della distribuzione dei salari dopo l'introduzione del salario minimo per legge, ci sono stati dei chiari aumenti salariali" ricorda Jan Zilius, capo della Commissione per il salario minimo.

In particolare, a trarne maggiore vantaggio sono stati i dipendenti della Germania orientale, i mini-jobber, i lavoratori scarsamente qualificati e le donne. Il salario minimo tuttavia non ha risolto il problema della povertà: perché le persone non erano a rischio povertà, oppure perché gli aumenti salariali non sono stati sufficienti a far aumentare i redditi netti delle famiglie, afferma l'esperto IAB vom Berge. "Una caratteristica che il salario minimo per legge, come strumento di politica del mercato del lavoro, non può soddisfare, è la protezione complessiva dalla povertà", afferma Zilius.

Ora invece si stanno moltiplicando i segni di recessione, e la vera prova del nove per il salario minimo deve ancora arrivare. Le aspettative economiche del Zentrums für Europäische Wirtschaftsforschung (ZEW) sono scese al livello più basso dalla fine del 2011.

Molto dipenderà dalla sopravvivenza del ben sperimentato metodo per la definizione del salario minimo al duro scontro politico. In Germania, diversamente da quanto accade in Francia o nel Regno Unito, è una commissione indipendente a fissare l'aumento annuale del salario minimo, non è compito del governo. Allo stesso tempo, la commissione, composta dai datori di lavoro e dai rappresentanti dei dipendenti, è legalmente vincolata da standard molto precisi. Il salario minimo pertanto deve seguire l'evoluzione della contrattazione collettiva, tenendo conto dell'inflazione e della situazione economica. Fino ad ora il salario minimo di conseguenza è cresciuto solo moderatamente. In Germania si attesta attualmente a € 9,19 l'ora, nel confronto UE si trova a metà classifica.

Per il 2020 la Commissione ha fissato, prima del previsto, un ulteriore aumento a 9,35 euro, che in fase di recessione potrebbe rappresentare un  doloroso aumento dei costi per molte aziende. Ma i datori di lavoro lodano il sistema del salario minimo. "È positivo che il salario minimo segua lo sviluppo dei salari collettivi e quindi una dinamica di costante aggiustamento", afferma Steffen Kampeter, presidente della Confederazione delle associazioni dei datori di lavoro. I sindacati e i partiti alla sinistra del centro la vedono in maniera diversa. Vogliono imporre un salario minimo di almeno dodici euro o anche di più, e alcuni ritengono che la Commissione sia un ostacolo.


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