Pagine

venerdì 3 agosto 2012

Non possiamo chiedere alla Germania di rinunciare alla sua competitività

Sarà per timidezza, pavidità o complessi di inferiorità, ma durante questa crisi i leader europei ce l'hanno ripetuto piu' volte: sono i sud Europei a dover recuperare competitività. Un recente studio americano, rilanciato da Die Welt, ci dice che è in corso un riequilibrio fra i paesi in crisi. Studio davvero credibile

Un istituto di ricerca americano certifica che Spagna, Irlanda e perfino la Grecia hanno recuperato competitività. Grazie a questo processo la produttività in Europa potrebbe tornare in equilibrio.

La crisi mostra i suoi effetti - ma questa volta positivi. Fino ad ora agli stati indebitati si è rimproverato: i vostri sforzi di riforma non hanno avuto nessun effetto visibile. Ma non è piu' vero.

Paesi come Irlanda o Spagna dall'inizio della crisi sono diventati sensibilmente piu' competitivi. E ciò ha principalmente una ragione: "Il costo del lavoro per unità di prodotto (Lohnstückkosten) è chiaramente diminuito", chiariscono Bert Colijin e Bert Van Ark nel loro studio, realizzato per l'istituto di ricerca americano "The Conference Board".

Il costo del lavoro per unità di prodotto (CLUP) viene considerato l'indicatore piu' importante per la competitività di un paese. Si tratta essenzialmente dei costi per il personale, relativi alla produzione di una merce. Nei paesi altamente sviluppati, nonostante l'alto costo del lavoro, il Clup resta alquanto basso: i lavoratori grazie ad una buona formazione e a macchinari ed attrezzature moderne producono in maniera efficiente.


Un segnale incoraggiante

"Il risultato di questo studio è un segnale incoraggiante per il futuro dei paesi in crisi", chiarisce l'autore dello studio Van Ark. Poichè Clup troppo elevati sono considerati il motivo principale della crisi. Soprattutto nel sud Europa, i salari nei primi anni del decennio sono cresciuti eccessivamente. In Spagna dal 1999 al 2010 sono cresciuti di oltre il 30%. A confronto: la media EU è stata del 21%, in Germania appena del 5%.

Ma ora questo trend sembra essersi invertito. Anche Nazioni come il Portogallo o la Grecia hanno migliorato la loro competitività. Il costo del lavoro in questi paesi è cresciuto fino al 2009. Ma sempre in questi paesi negli ultimi anni il costo del lavoro è sceso in maniera continuativa. Le grandi differenze nella competitività sono una delle principali cause della divisione economica dell'Europa, che ha condotto fino alla crisi del debito. "La frattura fra nord e sud Europa ha reso la crisi piu' acuta ed è la ragione principale, per cui la crisi ancora persiste", chiarisce l'economista Van Ark.

Il fatto che questa forbice tenda a ridursi, è determinato anche dalle grandi economie come Germania e Francia. Qui il costo del lavoro negli ultimi 3 anni è chiaramente cresciuto - nel nostro paese di quasi il 9%. Il conseguente peggioramento relativo della competitività ha dunque una ragione.

La Grecia deve restare nell'Euro

La nostra economia si è ripresa molto piu' rapidamente dalla crisi finanziaria di quanto non abbiano fatto le altre. Per questa ragione non abbiamo avuto grandi riduzioni salariali.  Agli occhi degli autori dello studio, la Germania assume in questo processo un ruolo particolarmente importante. Con gli accordi salariali appena siglati e quelli ancora da firmare non si ribilancia solo la produttività. I salari in crescita dei "ricchi" tedeschi sono un importante fattore di domanda interna per l'intera Europa.

Gli economisti di "The Conference Board" si pronunciano chiaramente contro un'uscita della Grecia dall'Euro. "Nel breve periodo, la competitività crescerebbe nettamente grazie ad una svalutazione della moneta. Ma già dopo uno o due anni il costo del lavoro sarebbe di nuovo allo stesso livello, come prima dell'uscita", chiarisce l'esperto Van Ark. Dicendo questo, contraddice molti colleghi che sostengono da sempre: un'uscita di Atene renderebbe i prodotti greci molto piu' economici - fatto che a sua volta renderebbe le imprese locali molto piu' forti. 

La tesi di Van Ark è sostenuta dal fatto che il costo del lavoro per unità di prodotto in Grecia negli ultimi 2 anni, anche con l'Euro, è chiaramente sceso. Non a causa di stipendi in diminuzione, ma bensì grazie ad una maggiore produttività. La pressione per le riforme da parte di EU, FMI e BCE sembra per una volta avere effetti chiari - finalmente positivi.

8 commenti:

  1. Che bello esser competitivi...peccato che competitività faccia rima con povertà...

    RispondiElimina
  2. Sto Van Ark le spara "grosse" in assoluta libertà...
    Prima non riesce a nascondere che il CLUP dipende essenzialmente dal costo del lavoro (variazioni comparate dei salari reali), poi si "inventa" un aumento della produttività "non a causa di stipendi in diminuzione", uscendo da ogni verosimiglianza scientifica (a parte l'ipotesi, contro ogni evidenza, di considerare la recessione indotta da austerity l'ambiente ideale per effettuare -immaginifici- massicci investimenti in IR&S, facendogli avere effetto in 1 o 2 anni (!), laddove, invece, c'è insolvenza diffusa e caduta verticale di risparmi e investimenti).

    Insomma, pare una marchetta propagandistica pro-euro (e pro-domo propria, dato che se ne avvantaggia) che ignora il modello consolidato di crescita di Thirlwall (nei paesi "avanzati") e la correlazione univoca tra competitività e diminuzione dei salari reali.
    Quest'ultima, comunque, porta al "recupero" su altri paesi (con stessa moneta, se no ci pensavano molto meglio variazioni naturali dei cambi nominali) solo se non sia effettuata, come ora nei PIGS, in direzione pro-ciclica, allorchè la caduta della domanda porta a deindustrializzazione e apertura ulteriore al controllo acquisibile dalle economie che, pur riaumentando i salari, hanno goduto di competitività, attici della bilancia dei pagamenti e dispongono dei capitali per impadronirsi delle economie indebitate (ancor più dagli effetti recessivi dell'austerity). Vedrete come, ad es;, l'Irlanda (estero controllata sul piano dei capitali immobilizzati) non può che rischiare di riprodurre meccanismi shock legati alla dipendenza dai mercati finanziari, dato che può punire i salari quanto vuole ma non può raddrizzare strutturalmente il carico dell'indebitamento privato con l'estero e stabilizzare l'attico della bdp.

    Ignorare keynes coduce sempre a iperboli controfattuali e controintuitive...insomma il delirio liberista falsificatore a cui siamo abituati e che porta cinicamente alle sofferenze dei popoli cui stiamo assistendo (quasi) impotenti...

    RispondiElimina
  3. Caro Quarantotto, infatti l'assurdità di questi riallineamenti al ribasso dei CLUP, fatti pro-ciclicamente quale regola-delirio dell' "austerità espansiva" in stile Alesin-Giavazziana durante una crisi da debito, PRIVATO e non pubblico, viene proposta da questo paper come una di quelle riforme di "lungo-periodo" che dovrebbero in qualche modo riallineare i paesi in difficoltà (le cosiddette cicale) verso i virtuosi. Innanzitutto si omette il fatto che le cosiddette formiche (cioè i virtuosi che stanno SOTTO il target fissato del 2% di inflazione), hanno aggiustato il tasso di cambio reale (in moneta unica il peso aggiustamento del cambio si scarica sui prezzi dei beni attraverso legge domanda ed offerta) via deflazione salariale (-6% salari lavoratori tedeschi nell'ultimo decennio, distorsione mercato UEM attraverso "svalutazione competitiva" prezzi beni e blocco legge domanda offerta) e defiscalizzazione imprese manifatturiero-produttive gabbando i propri partner, dando luogo ad un ingente afflusso di beni a prezzi ultraconcorrenziali e di capitali che hanno causato a cascata un circolo vizioso che ha decretato il dissesto periferico. Già l'economista italiano Serra nel 1613, prima di Kaldor ad esempio, riconosceva che l'industria manifatturiera è uno dei motori della crescita perchè non dipende dalle condizioni climatiche, produce beni durevoli, è soggetta a rendimenti di scala crescenti perchè può essere moltiplicata con minore proporzione di spesa. I tedeschi hanno puntato tutto su di essa nelle modalità indicate, in uno scenario tuttavia che presentava una richiesta dei loro beni, quindi uno scenario di domanda ancora presente nonostante la droga dei capitali che loro prestavano ai paesi periferici per permettere a questi ultimi l'acquisti di Mercedes, Vw ecc. Sopraggiunta la crisi dei subprime, di cui la Germania con la Deutsche Bank ha scherzato troppo, il cosiddetto Sudden stop ha provocato la caduta della domanda (sostenuta dai capitali in arrivo dall'estero visto il risparmio zero "domestic" dovuto all'Euro erosione) dei paesi periferici, scoperchiando il vaso di pandora dei loro crescenti debiti privati ed esteri. Il mantenimento persistente di tassi di inflazione al di sotto della media europea ha causato la paralisi/morte dei sistemi produttivi (+CLUP= - competitività) dei partner europei quali Grecia, Portogallo, Spagna a vantaggio dei soliti noti. Ora si chiede che tutti in Europa, trattando i lavoratori come capre da tosare, si riallineino abbassando i CLUP. Certo, facciamolo: creiamo disoccupazione. La curva di Phillips ci spiega che la crescita del salario è inversamente proporzionale rispetto al tasso di disoccupazione: guardiamo i tassi di disoccupazione di Spagna, Grecia, Irlanda, Italia (e perchè no, dell'Eu e della Germania durante riforma Hartz) per capire che la competitività di cui si parla in questo articolo è direttamente causata da ciò. Verifichiamo poi i tagli negli stipendi greci (-30%, H.W. Sinn quantificava nel 37% la maggiorazione che causava la non convenienza dei prezzi dei beni greci ad esempio), e l'esodo in corso di lavoratori spagnoli, portoghesi e greci verso la Germania, un po' come avvenuto in Lettonia (discorso comunque a parte visto che non fa parte dell'UEM ma ha moneta "agganciata" ed il suo ingresso è previsto per il 2012) dove la "competitività" è stata "avvantaggiata" dall'esodo biblico di centinaia di migliaia di lavoratori su una popolazione di circa 7milioni di abitanti. Con un solo quesito che alla fine si solleva: ma se tutti simmetricamente abbassiamo stipendi e aumentiamo la disoccupazione, poi a chi vendiamo i nostri prodotti dato che i paesi UEM commerciano prevalentemente con i loro vicini? Mistero...Van Ark e Colijin rappresentano con questo studio l'apice della democraticità intrinseca del progetto Europa: abbassamento coatto degli stipendi ed esodo forzato, la soluzione che avvantaggia la competitività nel breve periodo. Complimenti.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Caro Flavio hai ragione! (bella citazione storica).
      Poi se tutti sono parimenti competitivi a chi si vendono questi beni "equivalenti" nei prezzi (in mera teoria)?
      La verità, sempre ipocritamente taciuta, è che in un'OCA imperfetta chi "colpisce" per primo, comprimendo i salari e il CLUP (quindi i tassi di cambio reale legati all'inflazione differenziale) consolida il vantaggio.
      Il riallineamento competitivo via salari "successivo", infatti, unito alle misure di austerità imposte per l'ugualmente pro-ciclico consolidamento fiscale, provoca una tale caduta della domanda nel paese "a maggior inflazione" (salariale e anche indotta dalla domanda drogata dai crediti esteri) da:

      -deindustrializzarlo e vanificare con un "effetto strozzatura" la ipotetica riespansione della produzione (impianti in gran parte smantellati);

      - colonizzarne a "fabbrica cacciavite" l'economia(lavorazioni a minor valore aggiunto, non esigenti investimenti resi impossibili dalla caduta verticale della domanda e dal credit crunch).

      Questa seconda ipotesi è quella che più incombe sull'Italia (anche a causa della originaria via italiana al "tentativo" di deflazione salariale, cioè il precariato "sotto-demansionante", che dissuade in pratica da investimenti in IR&S): essa non potrà nemmeno essere scongiurata da, peraltro denegati, interventi "illimitati" della BCE_ESM riduttivi degli spread che, come ho già evidenziato, agiscono sugli effetti e non sulle cause degli squilibri provocati dalle "monete uniche".
      Stiamo correndo, comunque, vada, verso la dissoluzione della democrazia fondata sulla tutela del lavoro (art.3 tr. istitutivo UE e 145-147 tr. sul "funzionamento" dell'UE) e più ancor che l'europa, stiamo distruggendo la sua cultura civile, vìolando, oltretutto, le stesse regole "fondamentali" che stati membri e istituzioni UE si erano imposte...

      Elimina
    2. Volevo dire alla fine "commerciano fra loro", "vicini" potrebbe essere fuorviante. E che l'ingresso Lettonia in UEM è previsto per il 2014. A mio avviso di questo passo ci avviamo al paradosso di diventare tutti paesi "esportatori", ma verso chi? cioè è plausibile a tuo avviso l'idea che l'Europa (i tecnocrati intendo) voglia in qualche modo, nel suo complesso, puntare all'avanzo di bilancia dei pagamenti, cioè punti a "combattere" i paesi emergenti (e.g. BRICS) utilizzando come ha fatto la Germania la deflazione salariale (nei paesi periferici destinati ad essere fabbriche cacciavite) come stimolo all'export e contemporaneo (come spiega Cesaratto) disincentivo all'import (visto che comunque il mercato europeo è il più maturo ed ambito)? Questa tesi bislacca, che spero non sia veritiera, non andrebbe poi a scontrarsi comunque con i tassi di cambio flessibili vigenti con l'extra UEM? Ti ringrazio.

      Elimina
    3. Eh, la tua ipotesi è deduttivamente molto verosimile e la risposta al tuo quesito è già in quello che ci siamo detti nonchè in...Thirlwall.
      Solo che bisogna essere coscienti che si creerebbe una "specializzazione" produttiva e finanziaria tra:
      1. paesi centrali UEM, destinati a mantenere un più forte avanzo commerciale, perchè nutrirebbero di merci ad alto valore assoluto e aggiunto i "med" e l'est;
      2. paesi "cacciavite", soggetti a concorrenza e congiuntura più forti per la maggiore esposizione concorrenziale extraUEM.
      Tanto più che "cosa" produrre e "dove", in questo assetto, lo deciderebbe la germania che acquisirebbe il controllo dei sistemi bancari e produttivi degli altri (di fatto la cosa è già in atto e il vero loro rischio è la pendenza delle sofferenze subprime annidate nelle famose controllate discarica del loro "estroso" sistema bancario).

      Per l'Italia questa non solo sarebbe una colonizzazione neppure strisciante, ma anche la "garanzia" di decine di anni di crescita moderata o stagnante, dove il valore ridotto pro-unitario dell'export e la debolezza della domanda interna, si accoppierebbe alla ciclicità dei mercati dei beni più esposti. Ovviamente, la disoccupazione dovrebbe sempre rimanere "incombente", da cui l'attenzione spasmodica sulle riforme "strutturali"
      Allegria! Viva monti, viva Bersani! :-)

      Elimina
    4. W Monti, W Bersani e W gli IDE... (naturalmente sono sarcastico)...

      Elimina
  4. Caro "Voci" eccoti una versione non piddina (e come tale non interessata a preservanrsi dalla rivolta degli interessati..italiani, ingannati dal mito dell'euro meraviglioso)di ciò che arriva dalla Germania.
    http://www.dagospia.com/rubrica-3/politica/alla-fine-paghiamo-noi-la-favoletta-sui-tedeschi-salvatori-delleuro-non-regge-sono-gli-42357.htm#Scene_1

    Si utilizzano anche fonti da te citate.
    A parte le precedenti "prove" di infromazione attendibile offerte dal tale "medium" (che certo..), noterai come continuare a nascondere la verità sull'euro (cosa che tu ci stai consentendo di correggere con molta lealtà), ha l'effetto di rilegittimare le "voci" più discutibili in ciascun paese, lasciando la rivelazione della verità fuori dalla vera sensibilità democratica e impedendo (in tutti i paesi) quel dialogo fondato sul riconoscimento e la fiducia che l'euro stesso sta rendendo impossibile.

    Ma questo è esattamente lo scopo genetico dell'euro: togliere di mezzo i popoli e la cultura democratica e instaurare una tecnocrazia oligarchica senza ritorno...
    C'è in Germania qualcuno che se ne sta rendendo conto?

    RispondiElimina