martedì 28 aprile 2020

Daniel Stelter - Una patrimoniale del 20% sulle famiglie italiane!

Daniel Stelter è un economista tedesco che in questi giorni sta facendo il giro della stampa per ribadire la sua opposizione agli eurobond e soprattutto per spiegare ai tedeschi che gli italiani si possono e si devono salvare da soli applicando una tassa patrimoniale straordinaria del 20% sui beni delle "ricche" famiglie dello stivale. Secondo Stelter sarebbe impensabile chiedere alle "povere" famiglie tedesche di trasferire altre risorse verso l'Italia, un paese in cui la ricchezza privata delle famiglie, secondo l'autore, è decisamente piu'  alta. Ne scrive Daniel Stelter su Focus.de


Nell'intervista alla "Süddeutsche Zeitung" di lunedì scorso, il Presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte ha criticato la posizione dei governi di Germania e Olanda. La loro prospettiva "deve cambiare". In questa crisi è necessaria la solidarietà europea e per questo è arrivato il momento di emettere delle obbligazioni comuni.

A parte il fatto che preferirei aiutare l'Italia in maniera intelligente e per farlo sarebbe meglio mobilitare i nostri crediti TARGET-2 in costante crescita, anche se ad un certo punto si pone il tema della giustizia. Non solo le famiglie italiane, secondo tutti i dati disponibili, sono significativamente più ricche di quelle tedesche, ma sono anche meno indebitate.

Lo scorso fine settimana, pertanto, su Twitter ho sottolineato che l'Italia potrebbe risolvere da sola il problema del suo debito pubblico. Un prelievo una tantum del 20 % del patrimonio sarebbe sufficiente per ridurre il debito pubblico italiano del 100 % del PIL, portandolo ad un livello inferiore rispetto a quello tedesco. Anche dopo un simile taglio, infatti, le famiglie italiane avrebbero ancora un patrimonio superiore rispetto a quello delle famiglie tedesche.

Questa tesi tuttavia ha scatenato una accesa discussione che è culminata con la dichiarazione di un importante economista tedesco secondo il quale si tratterebbe di un calcolo non credibile, che avrebbe inevitabilmente portato a una grave depressione in Italia. Motivo per cui non si tratterebbe di un'opzione praticabile e per questa ragione è necessario aiutare l'Italia mediante l'emissione di obbligazioni comuni.



Un motivo sufficiente per farmi dare un'occhiata più da vicino ai numeri. Perché se si respinge con veemenza una tassazione della ricchezza privata nel paese che chiede solidarietà, e allo stesso tempo non si riscontrano problemi nell'imporre oneri aggiuntivi ai contribuenti di un altro paese, allora deve essere qualcosa davvero impossibile.

Ma in realtà le cose stanno diversamente.

Il punto di partenza per le mie considerazioni sono i seguenti fatti (tutti numeri arrotondati):

- Gli italiani hanno un patrimonio privato di 9.900 miliardi di euro.

- Il debito dello stato italiano è di 2.500 miliardi di euro.

- Il PIL italiano prima del Covid era di 1.800 miliardi di euro.

- Una tassa del 20% sulla ricchezza privata porterebbe 1.980 miliardi di euro: lo stato resterebbe quindi con un debito di 520 miliardi di euro, che corrispondono a meno del 30% del PIL. Se si volesse ridurre il debito al 60 % del PIL, sarebbe sufficiente una tassa del 14 % sulla ricchezza privata.

Poiché questo calcolo approssimativo ha incontrato diverse critiche, esaminiamo più da vicino i dati. La tabella fornisce una panoramica dei livelli di debito dei vari settori - governo, società non finanziarie e famiglie - in percentuale rispetto al prodotto interno lordo dei rispettivi paesi:



Questi dati sono estremamente interessanti:

- La Francia è in testa nella classifica del debito, con il 316,8 % di debito non finanziario rispetto al PIL. Nessuno dovrebbe quindi sorprendersi del fatto che sia proprio la Francia ad attribuire così tanto valore alle obbligazioni comuni a livello di eurozona

- I Paesi Bassi hanno il piu' basso livello di debito pubblico, ma un livello molto elevato di debito privato.

- In nessun altro paese il settore privato è così poco indebitato come lo è in Italia! In nessun altro paese le famiglie sono così poco indebitate, e solo in Germania le società hanno meno debiti in rapporto al PIL.

Quindi è ovvio - come del resto ho fatto io - chiedersi perché l'Italia non si aiuti da sola. E' evidente che non si tratta di un problema di debito eccessivo, ma di un'errata distribuzione tra il settore statale e quello privato. Se il governo italiano trasferisse parte del proprio debito verso il settore privato, questo sarebbe comunque meno indebitato rispetto al settore privato della maggior parte degli altri paesi.

Quindi sicuramente non è una questione di numeri. Per questo i critici avanzano l'ipotesi secondo la quale non lo si potrebbe fare perché andrebbe a gravare in maniera eccessiva sul settore privato.

L'alternativa sostenuta dai miei critici è che gli altri paesi dell'UE - soprattutto la Germania - si facciano carico dei debiti. Ma questo non sarebbe altro che un rimborso basato sulla forza economica, motivo per cui questa idea mi soddisfa solo in misura molto limitata. Come ho sottolineato più volte, anche qui, sono favorevole ad aiutare l'Italia. Ma il paese dovrebbe e potrebbe fare qualcosa per se stesso.

Non è solo teoria

È molto facile applicare un prelievo una tantum sui patrimoni. Secondo i dati del Credit Suisse, le famiglie italiane, se rapporatata al PIL, hanno la più grande ricchezza privata fra i paesi europei.

Banca d'Italia riferisce regolarmente sullo sviluppo della ricchezza privata.

Nel 2017 erano 9.743 miliardi e queste erano le posizioni più importanti (in miliardi ciascuna):

Immobiliare residenziale: 5.247

Contanti / depositi bancari: 1.361

Azioni: 1,038

Assicurazioni/pensioni: 995

Immobili commerciali: 679

Fondi di investimento: 524

Obbligazioni: 314

Per inciso, le famiglie italiane detengono direttamente solo 100 miliardi di titoli di stato. I principali creditori sono le banche e gli istituti esteri e - ovviamente - la BCE. Una tassazione della ricchezza non sarebbe quindi un taglio del debito, come ha notato un altro critico delle mie considerazioni sull'imposta patrimoniale italiana.

Continuiamo con il calcolo: supponiamo che lo stato italiano voglia organizzare una ripartenza dell'economia e quindi ridurre drasticamente il suo debito del 100 percento del PIL, come da me ipotizzato. Sarebbero 1.800 miliardi di euro, vale a dire circa il 18,5 % della ricchezza delle famiglie italiane. Supponiamo che ci sia un'area non tassabile per proteggere i patrimoni più piccoli, alla fine potrebbe corrispondere a circa il 25%.

Supponiamo una riduzione del debito più moderata e pari al 50 % - un passo che ridurrebbe il debito pubblico italiano al di sotto del livello della maggior parte dei paesi dell'area dell'euro - si tratterebbe comunque del 12,5 % di tutti i patrimoni. Per inciso, il sistema di condivisione degli oneri introdotto in Germania dopo la seconda guerra mondiale riguardava il 50 % dei patrimoni censiti e doveva essere versato in 120 rate trimestrali.

I beni degli italiani sono nel settore immobiliare

Evidentemente gli italiani non hanno così tanti soldi liquidi. Ciò riflette una migliore gestione degli investimenti rispetto a noi tedeschi. Il settore immobiliare è la componente patrimoniale più importante. Dall'altro lato, il debito è molto basso. Gli italiani potrebbero facilmente prendere in prestito i soldi necessari per pagare le tasse. Se supponiamo che i titolari di liquidità e mezzi equivalenti effettuino il pagamento direttamente dalle loro disponibilità, e che in questo modo siano investiti soprattutto i patrimoni più piccoli - e quindi si applichi il limite per l'esenzione dalla tassazione - ciò comporterebbe già un gettito di 300 Miliardi di euro (ipotizzando un tasso del 10 percento). I restanti 1.500 miliardi di euro nello scenario massimo corrisponderebbero a circa il 25 % delle attività immobiliari italiane.

Lo stato italiano potrebbe quindi partecipare a tutte le proprietà immobiliari e imporre una tassa su di esse

Già nel 2017, il think tank francese France Stratégie aveva suggerito che lo stato sarebbe dovuto diventare comproprietario di tutte le proprietà e in cambio imporre una tassa annuale. Se il proprietario non vuole o non può pagare annualmente, lo sconto viene detratto in caso di vendita o di successione ereditaria. Il governo francese aveva preso le distanze dalla proposta. Ma ciò non cambia il fatto che gli stati possano avvalersi di questa opzione in caso di difficoltà finanziarie.

Nel caso specifico dell'Italia, per lo Stato sarebbe sensato imporre delle ipoteche obbligatorie sugli immobili. I pagamenti andrebbero direttamente allo Stato e il rimborso avverrebbe nel periodo di tempo piu' lungo possibile, ad esempio piu' di 30 anni, come accadeva nel sistema di condivisione degli oneri tedesco, e considerando la politica monetaria della BCE, a tassi molto favorevoli.

L'Italia potrebbe persino ridurre il proprio debito

Se assumiamo un volume di 1.500 miliardi di euro, ciò corrisponderebbe a un onere annuale per le famiglie di 67 miliardi di euro con un interesse del 2 % e una durata di trenta anni. Si tratterebbe circa del 3,5 % della produzione economica annuale. Se il governo si accontentasse di un onere inferiore rispetto allo scenario massimo, parleremmo allora di un onere annuale di circa l'uno per cento del PIL.

In cambio, il governo italiano una volta ridotto il debito potrebbe abbassare significativamente tutte le altre tasse e imposte. Non sarebbe più necessario avere ogni anno un cosiddetto avanzo primario, vale a dire un avanzo di bilancio prima del pagamento degli interessi. Lo stato lascerebbe libere le forze che contribuiscono alla crescita del paese, invece di rallentarle, come ha fatto negli ultimi anni. In questo modo l'Italia avrebbe finalmente la possibilità di superare la stagnazione degli ultimi 20 anni.


Aiutiamo l'Italia a cogliere questa opportunità!

Cosa impedisce di suggerire agli italiani di risolvere i loro problemi in questo modo? Sarebbe la chiave di volta per una ripresa economica. Chi invece fa affidamento sulle famiglie tedesche, decisamente più povere, per ridurre l'onere debitorio degli italiani - in qualsiasi modo lo si voglia impacchettare o nascondere - non solo sta dando una mano alle forze euro-critiche del nostro paese, ma sta anche negando all'Italia un'opportunità unica!

Non sarebbe certo un salvataggio del progetto UE o dell'euro. L'amicizia non la si può comprare. E alla luce della dura discussione attualmente in corso in Europa, ogni giorno possiamo sperimentare quanto questo detto sia vero. Se gli economisti e i politici locali pensano che la soluzione consista nello spostare altre risorse verso le famiglie più ricche  d'Europa, stanno sopravvalutando le prestazioni dell'economia tedesca. Dati i cambiamenti demografici, i cambiamenti strutturali e lo sviluppo deludente della produttività, ci aspettano degli anni alquanto difficili.

La Germania pertanto, come ho scritto nel mio appello pubblicato su queste pagine due settimane fa, dovrebbe contribuire in particolare con degli investimenti diretti e dei prestiti mirati a sostegno del sistema sanitario. In cambio, dovremmo tuttavia sollecitare una partecipazione del settore privato italiano.

A proposito: anche Spagna, Portogallo, Belgio e persino la Francia potrebbero aiutarsi da soli, come mostrano i numeri.

lunedì 27 aprile 2020

Thomas Fricke - Perchè i tedeschi dovrebbero mettere da parte la solita caricatura dell'italiano inaffidabile

"La prima cosa di cui l'Europa ha bisogno per potersi salvare sono dei nuovi esperti tedeschi", scrive Thomas Fricke su Der Spiegel. La stampa tedesca che conta dà spazio anche alle colombe, ma nel dibattito complessivo, si tratta comunque di poche voci con un peso limitato. Thomas Fricke su Der Spiegel spiega ai tedeschi perché è arrivato il momento di prendere sul serio gli italiani mettendo da parte i soliti stereotipi sull'inaffidabilità dei latini. Da Der Spiegel




Forse è solo il frutto dei molti film sulla mafia. Forse è solo l'invidia per il fatto che in Italia semplicemente c'è un clima piu' mite, cibo migliore, più sole e mare. In ogni caso, ci deve essere qualcosa che spiega tutto questo bisogno di insistere sul fatto che noi tedeschi saremmo più risparmiosi, più seri e soprattutto più affidabili. E che gli italiani invece su questi temi sarebbero alquanto deficitari. Ed è proprio quello che alcuni vorrebbero continuare ad insegnarci, proprio ora nel bel mezzo del dramma piu' grande degli ultimi decenni e per il quale nessuno ha colpa.

Tanta arroganza tedesca, non solo ora, ma proprio ora è particolarmente tragica. Perché? Perché da molto tempo ormai la litania tedesca non ha piu' molto a che fare con la vita reale dell'italiano, come del resto accade con la storia della puntualità tedesca e la vicenda dei tempi di costruzione del nostro grazioso aeroporto di Berlino. Una storia che tutto sommato ci sembra ancora divertente.

Al posto della imbarazzante discussione sulla possibilità di una partecipazione tedesca agli Eurobond per aiutare altri paesi - i tedeschi preferiscono continuare a fantasticare sul fatto che l'italiano in passato avrebbe dovuto risparmiare di piu'. Il che dovrebbe spiegare la mancanza di zelo da parte dei tedeschi nell'avviare finalmente una storica operazione di salvataggio all'interno dell'UE, come del resto abbiamo visto al vertice di questa settimana. L'Europa rischia un dramma, non perché gli italiani abbiano torto, ma perché probabilmente ad essere sbagliata è una parte importante della percezione tedesca sulla questione.

Se lo stato italiano in una crisi come questa è finito sotto pressione, sempre che la responsabilità sia degli italiani, dipende soprattutto dal fatto che il paese ha un livello di debito pubblico alquanto elevato, vale a dire tanti debiti fatti in passato. Solo che questo ha poco a che fare con la realtà attuale, ma molto di piu' con una fase di vero deragliamento durante gli anni '80 - sebbene ciò all'epoca non fosse di per sé dovuto solo a una mentalità dello sperpero, ma anche ad un aumento improvviso e molto forte dei tassi di interesse, come del resto evidenziato da Antonella Stirati dell'Università di Roma Tre.


Sono almeno quattro decenni fa. Piccolo rompicapo: se noi tedeschi non avessimo avuto all'estero dei cari amici che nel 1953 ci hanno condonato parte dei nostri debiti, anche noi oggi saremmo ancora qui alquanto stupidi e con il carico dell'eredità del passato. Come rischia di andare a finire, quando le persone devono continuare a pagare per i debiti fatti in passato lo si è già visto in Germania dopo la prima guerra mondiale, quando il sistema è crollato, come del resto rischia di fare da anni in Italia.

Quanto e soprattutto se gli italiani hanno effettivamente sperperato denaro, lo si può vedere bene dallo sviluppo del bilancio statale. Dal 1992, i governi italiani, anno dopo anno, hanno registrato un avanzo di bilancio primario, escluso quindi il pagamento di interessi per il servizio sul vecchio debito. In altre parole, lo stato per 30 anni ha speso meno per i suoi cittadini rispetto a quanto non abbia preso da loro. Con l'unica eccezione dell'anno della crisi finanziaria mondiale del 2009. Si tratta di un risparmio da record, e non di uno sperpero, cara casalinga sveva.

E tutto ciò dopo la crisi dell'euro si è trasformato in una catastrofe, quando i capi di governo come Mario Monti, sotto la pressione internazionale e soprattutto tedesca hanno fatto una riforma dopo l'altra. A volte sul mercato del lavoro, a volte del sistema pensionistico. Dolce vita? Sciocchezze. Dal 2010, gli investimenti pubblici in Italia, sotto la pressione dell'austerità, sono scesi del 40 %, afferma Stirati. Un vero crollo. Lo stato ora investe quasi un 10% in meno nell'istruzione. Follia.

Nel complesso la spesa pubblica reale in Italia dal 2006 è rimasta stagnante. Per fare un confronto: da allora in Germania è aumentata di quasi il 20 %. E questo, caro furbacchione, non può essere considerato come un presunto risarcimento per il fatto che in passato l'italiano aveva speso troppo. In Germania, il nostro padre-stato spende un 25% in più pro-capite rispetto all'Italia. Fatto che in queste settimane si mostra in tutta la sua miseria.

E tutto ciò nell'attuale crisi sta diventando un dramma senza fine: i governi italiani dal 2010 in poi hanno anche tagliato la spesa pubblica per la salute, mentre in Germania la spesa pro-capite continuava a crescere anno dopo anno. Il che ha portato al fatto che quando la pandemia è scoppiata in Italia, dove mancavano posti letto, la gente è morta, e molte di quelle persone oggi potrebbero essere ancora vive. Nessuna colpa diretta dei politici tedeschi, ovviamente. Ma è giunto il momento di smetterla di dare ordini sbagliati, e invece aiutare a risolvere il disastro, caro signor Schäuble. Oppure di dire "scusateci".

I pagliacci che invece vorrebbero spiegarci il funzionamento del mondo, in questi giorni continuano a parlare della "tossicodipendenza da debito" degli italiani. Ecco un piccolo suggerimento: se rapportato al prodotto interno lordo, in nessun altro paese il debito privato è così basso come in Italia.

Ancora una domanda: perché la percentuale di coloro che in Italia vorrebbero uscire dall'UE è aumentata e nelle ultime settimane ha superato il 50%? Per capirlo, almeno in una certa misura, bisognerebbe solo provare a mettersi nei panni di quelle persone che a Milano o Bergamo per anni si sono dovuti sorbire tutti i tagli sopra menzionati nella loro vita quotidiana, e che a causa degli ospedali sovraccarichi potrebbero aver perso il padre o la madre - e ora leggono dagli spacconi tedeschi che avrebbero dovuto risparmiare di piu'. A volte semplicemente è solo scomodo. Come italiano, prima o poi mi sentirei nel diritto di dirgli: "levatevi di torno!".

Di questa situazione, tuttavia, non si possono rimproverare i tedeschi in generale. Dietro piuttosto c'è il grande fallimento degli esperti che da noi fanno politica a mano libera, e agiscono come se fossero dei papi dell'economia e mostrando risentimento. E chi per pigrizia o altro preferisce rimestare i soliti cliché, invece di occuparsi delle persone o avere a che fare con delle regole relativamente semplici di analisi e statistica macroeconomica. Non è sufficiente recitare la solita storia del rapporto debito/PIL italiano.

Se il debito pubblico italiano dopo la crisi dell'euro è cresciuto, ciò non è dovuto alla mancanza di austerità. Chi durante la crisi riduce le uscite e aumenta le tasse, semplicemente sta peggiorando la situazione sia sul lato economico che di bilancio - e finisce per avere un deficit e un debito pubblico piu' alto di prima. Qualcosa del genere, con un po 'di buona volontà, dovrebbe essere comunicato anche in Germania. Non siamo mediamente piu' stupidi rispetto ad altri paesi.

Se Hans-Werner Sinn per anni, grazie ad una interpretazione eccessiva ed errata dei saldi target, ha strombazzato ai quattro venti la fiaba dei sud-europei malvagi, lo ha fatto piu' che altro per zelo e anche risentimento, ma non per mancanza di competenza (certamente no). Ma è davvero assurdo se persino un ex capo-economista della Banca centrale europea come Ottmar Issing sembra dimenticare i numeri reali e invece si lamenta sostenendo che i politici italiani chiedono gli Eurobond solo per potersi indebitare all'infinito - dopo che i politici italiani da oltre tre decenni stanno generando un avanzo primario. Cosa vuol dire allora tutto ciò?

Forse la prima cosa di cui l'Europa ha bisogno per potersi salvare sono dei nuovi esperti tedeschi. Alcuni, che in questo periodo continuano a parlare ad alta voce, non meritano affato la buona immagine di cui gode la Germania nel mondo.

Non siamo al circo. Ma in una crisi incredibilmente grave. Per come le cose si stanno mettendo, crescerà il numero di italiani stufi dell'Europa e che non ne vorranno piu' sapere di farsi dire cosa fare nella loro vita quotidiana, da persone che apparentemente non ne hanno idea.

È giunto il momento di fermare il dramma - sia esso con gli Eurobond, come simbolo di un destino da condividere, che del resto abbiamo già fatto con la valuta comune. C'è ancora tempo per i tedeschi, dopo le ultime settimane difficili e incasinate, per raddrizzare la curva.

Altrimenti tra qualche anno l'Unione Europea non sarà più un'Unione. E in paesi come Italia e Francia arriveranno al potere persone che come Donald Trump o Boris Johnson, non avranno piu' alcuna intenzione di prendere parte al gioco. Quel gioco grazie al quale la Germania per decenni ha costruito la propria prosperità. 



sabato 25 aprile 2020

Olaf Scholz - Fondi in cambio di una maggiore integrazione europea

Intervista molto interessante al Ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz della radio pubblica DLF durante la quale il vice-cancelliere socialdemocratico fa trapelare, senza tuttavia fornire dettagli, che il "recovery fund" di cui si è parlato nell'ultimo consiglio europeo sarà di natura temporanea e sottoposto a delle specifiche condizionalità. Per Scholz prima di mettere sul tavolo dei fondi si dovranno fare dei passi aggiuntivi verso un'ulteriore integrazione europea. Da Deutschlandfunk.de

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(...) Quindi la Germania quanto sarebbe disposta a trasferire in più a Bruxelles?

Scholz: si tratta di un discorso molto concreto che non dobbiamo fare in questa intervista e che ovviamente dovrà essere fatto con coloro che sono coinvolti - penso che questa non sia la sede adatta. Ma abbiamo detto che siamo pronti a pagare di più rispetto al passato, e grazie a Dio a farlo anche all'inizio di questo periodo legislativo. Avrà un senso agire nel modo in cui ci siamo preposti.

Münchenberg: I ​​dati della Commissione europea tuttavia sono già disponibili, lì si parla almeno del 2 % del PIL anziché solo dell'1,2 %. Sarebbe un numero accettabile anche per lei?

Scholz: credo che dobbiamo essere molto chiari sul fatto che attualmente ci troviamo in una fase decisiva. Il punto non è che ora possiamo operare con grandi numeri, ma che prima bisogna definire quello che sarà effettivamente necessario. Come ho detto, non si tratta di definire ora cosa ci sarà nei prossimi sette anni, ma in particolare, come sarà effettivamente possibile raccogliere piu' denaro, almeno nella fase iniziale. Questo è un compito completamente diverso, e quindi si dovrà definire quanto effettivamente sarà necessario e in che modo ciò dovrà essere fatto. Una cosa mi è assolutamente chiara: quello che sta accadendo ora non potrà andare avanti senza una ulteriore integrazione europea. Farci carico di ulteriori compiti senza prima aver sviluppato entrate e forme di finanziamento comuni, senza affrontare il dumping fiscale nell'UE, senza fare in modo che ci siano dei compiti comuni da affrontare insieme, non potrà funzionare. 

Dobbiamo spingere in avanti il processo di unificazione e integrazione europea. Solidarietà significa anche che quello che sta accadendo ora, altrimenti non funzionerà, sostanzialmente non è mai stato fatto in nessuna parte del mondo e nella storia. Chi ora non capisce che questo in pratica è il momento in cui l'integrazione europea dovrà compiere un decisivo passo in avanti non sarà in grado di risolvere nessuno dei problemi attuali.

Münchenberg: Herr Scholz, quando afferma che è necessaria una maggiore integrazione europea, significa anche un maggiore controllo, ad esempio, su quello che si dovrà fare con i soldi che l'UE metterà a disposizione nel corso della crisi?

Scholz: Sì, infatti non ha senso mettere sul tavolo grandi somme di denaro senza prima definire a cosa serviranno. Non si tratta di finanziare i bilanci, si tratta di qualcosa di simile a quello che abbiamo appena fatto, ad esempio. Abbiamo dato alla Commissione europea l'opportunità di prendere in prestito fino a 100 miliardi di euro, ad esempio per finanziare il programma di "Kurzarbeit" di breve periodo che abbiamo anche qui in Germania, e che in altri paesi attualmente non sarebbero in grado di finanziare da soli. E dobbiamo essere specifici e precisi come in quel caso, e quindi è probabile che si possano generare somme che sono molto più grandi di quanto è stato discusso in passato, ma forse non sono così alte come quelle impressionanti che ora alcuni stanno sparando un po' a caso.

Münchenberg: C'è anche un altro punto in discussione, queste somme sono sovvenzioni oppure prestiti - qual è la posizione del governo federale?

Scholz: Suppongo che sarà un mix fra le diverse opzioni, ed è chiaro che quello che stiamo facendo ora è garantire che i diversi paesi siano in grado di svolgere i loro compiti per i loro cittadini, come mantenere i posti di lavoro e finanziare le imprese. Ciò farà aumentare il debito pubblico ovunque, anche da noi. Siamo riusciti a ridurre il nostro debito al di sotto del 60 % del PIL, e quindi possiamo far fronte a un aumento al 75 % che al momento è il livello che stiamo prendendo in considerazione, anche al di sotto rispetto all'ultima crisi finanziaria, quando avevamo più dell'80% cento. Altri paesi partono dal 100 % o più di debito, e questa è sicuramete una grande sfida per quei paesi. È quindi importante affrontare il problema generale e tenerlo d'occhio.

Münchenberg: Herr Scholz, ora ci vorrà un po 'di tempo prima che questo fondo per la ricostruzione venga creato e che se ne conoscano tutti i dettagli. La politica forse non può farsi da parte perché alla fine potrà affidarsi alle banche centrali, in particolare alla Banca centrale europea, che alla fine pomperà ancora un trilione di euro nei mercati entro la fine dell'anno?

Scholz: la BCE fa parte dell'Eurosistema e svolge un ruolo essenziale, proprio come stanno facendo attualmente le banche centrali di tutti i paesi. Dovrà avere la forza necessaria. Le decisioni di cui abbiamo parlato all'inizio, messe in piedi dai ministri delle finanze, significano, ad esempio, che i paesi avranno la possibilità di mobilitare dei fondi aggiuntivi attraverso il meccanismo europeo di stabilità. Ciò significa che mentre la banca centrale sostiene il finanziamento pubblico, si aprirà una buona opportunità di combinazione in maniera ordinata con le attività della banca centrale. Credo questa volta sia stato tutto organizzato in maniera molto piu' saggia rispetto a quanto non fosse accaduto dieci anni fa, perché sia ​​con la politica fiscale sia con le capacità della banca centrale, possiamo assicurarci di superare al meglio questo momento molto difficile.

Münchenberg: Ciononostante la BCE per un certo periodo acquisterà obbligazioni spazzatura, ovvero titoli che sono stati declassati allo status di spazzatura dalle agenzie di rating. Non si sta spingendo un po' troppo lontano?

Scholz: questo è un messaggio che non corrisponde esattamente a ciò che ha deciso la BCE. Ha fatto qualcosa che penso sia facilmente comprensibile, e cioè affermare che le obbligazioni che erano buone e che ora non possono piu' essere considerate buone perché la loro valutazione è diventata improvvisamente difficile a causa della situazione attuale, dovranno esere considerate come prima. Questo è qualcosa che la normale attività commerciale fa ovunque. Se hai un buon rapporto con i tuoi clienti, se sei ragionevole, come azienda cercherai di tenerti i tuoi clienti e di attraversare questa crisi con loro, la si può vedere anche in questo modo. (...)


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L'export italiano stava asfaltando quello tedesco...

Breve post per ricordare come la congiuntura del settore industriale tedesco anche prima del Covid-19 non fosse affatto buona, mentre sul fronte italiano c'erano segnali incoraggianti. E infatti nei primi 2 mesi del 2020 l'export italiano era partito molto bene proseguendo il trend positivo del 2019 e registrando un ottimo +4,7% rispetto ai primi 2 mesi del 2019, mentre l'export tedesco nei primi due mesi dell'anno scendeva addirittura in territorio negativo segnando un -0,1%, coerentemente con il risultato decisamente deludente dell'export germanico nel corso di tutto il 2019.


Qui sotto i dati relativi all'export tedesco nei primi due mesi dell'anno (fonte Destatis.de). L'export passa dai 217,7 miliardi di euro nei primi mesi del 2019 ai 216 miliardi del 2020. 







lunedì 20 aprile 2020

Il progetto europeo si sgretola sul confine franco-tedesco

A metà marzo il governo tedesco ha deciso di chiudere il confine con la Francia, ufficialmente nel tentativo di arginare l'epidemia. A poco piu' di un mese da quella decisione, sul lato tedesco si registra un crescendo di toni nazionalisti, con episodi di lancio di uova contro le auto francesi e insulti razzisti contro gli alsaziani. In questo clima di rinnovato spirito nazionalista, il progetto europeo è ancora attuale? Ne scrivono l'ottimo Albrecht Müller sulle Nachdenkseiten e la Frankfurter Allgemeine Zeitung


Francis Joerger da 30 anni è il sindaco del villaggio di Scheibenhard in Alsazia, e da sempre lavora in favore della comprensione e della collaborazione tra francesi e tedeschi. Instancabilmente e con grande impegno. Nella foto qui sotto si trova sul ponte tra Scheibenhard (Alsazia) e Scheibenhardt (Palatinato meridionale) di fronte a una barriera costruita su lato tedesco del confine - apparentemente in accordo con il governo francese. Francis Joerger non può piu' visitare la comunità gemella nella parte tedesca. Anche la tradizionale festa del ponte, un simbolo di comprensione reciproca e riappacificazione, che non sempre è stata facile, quest'anno non si terrà.


Secondo l'opinione del mio amico Francis, con la recente chiusura del confine sono stati fatti dei danni enormi. Egli infatti registra con attenzione e preoccupazione un crescendo di toni nazionalisti. I vertici politici continuano a parlare di una forte amicizia, ma la situazione in basso invece è molto diversa. L'animosità tra il di qua e il di là sembra essere in crescita. Gli alsaziani che lavorano in Germania se fanno acquisti in un supermercato tedesco rischiano una multa. Come del resto risulta anche a noi, egli registra degli insulti alquanto stupidi provenienti dalla parte tedesca, ad esempio al confine tra Francia e Saar.

La chiusura delle frontiere è stata fatta senza considerare le interdipendenze che si sono create nel corso degli ultimi decenni. Lavoratori francesi, alsaziani e lorenesi che lavorano in Germania e viceversa. Ci sono tedeschi che vivono in Francia. I francesi che lavorano in Germania, invece, devono percorrere lunghe distanze a causa della chiusura dei piccoli valichi di frontiera.

Le chiusure sono assurde, sopratutto dal momento in cui sono state emanate regole di base relativamente rigide in tutti i paesi. Ad esempio, Francis Joerger, come tutti gli altri alsaziani che non vanno a lavoro, è autorizzato a lasciare casa sua solo per un breve periodo di tempo e può spostarsi solo entro 1 km. Allora perché gli viene impedito di passare il confine? È ragionevole, necessario e privo di rischio che questi possano essere riaperti il ​​più rapidamente possibile a Scheibenhard(t), come in molti altri luoghi tra l'Alsazia e la Lorena da un lato, e il Baden, il Palatinato e la Saarland dall'altro.

Ma è improbabile che i governi centrali e regionali se ne accorgano. Alcuni di loro potrebbero persino credere che il solo attraversamento del confine fra un Land e l'altro o una visita al Mar Baltico possano diffondere il virus.

Le modalità con le quali l'Europa si sta sgretolando su larga scala, si capiscono da quanto poco e in maniera esitante i singoli stati si siano aiutati in termini di assistenza sanitaria, e anche perché le mosse dei singoli stati alla fine non siano state coordinate fra loro. Affrontare la crisi causata dal Coronavirus mette in luce gli Stati nazionali. La pacca sulla spalla nazionalista è diventata ormai di uso comune. "Oh, come siamo stati bravi. Siamo stati cosi' previdenti e non abbiamo vissuto al di sopra dei nostri mezzi”. Questa è la sottile e inconscia melodia dei tedeschi. Da Peter Altmaier fino all'emissione televisiva sulla borsa prima delle otto.

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Il ponte dell'amicizia tra Kleinblittersdorf e Grosbliederstroff, che collega la Saarland con la Lorena, presto dovrebbe tornare ad avere giustizia per il nome che porta. Il primo ministro della Saar Tobias Hans (CDU) venerdì 17 aprile, infatti, ha annunciato di voler riaprire il ponte per i pendolari transfrontalieri. "La cooperazione transfrontaliera nelle regioni di confine è particolarmente importante nonostante e anche a causa della pandemia di corona-virus", afferma Hans. Non bisogna creare ulteriori ostacoli a coloro che ogni giorno attraversano i confini  per andare a lavorare.

"Questo è un segnale importante", afferma il deputato francese Christophe Arend del partito presidenziale La République en marche. "Ma il nostro obiettivo deve essere quello di riaprire tutti i valichi di frontiera", ha detto alla FAZ. Arend dirige il gruppo inter-parlamentare franco-tedesco e la nuova assemblea parlamentare franco-tedesca ed è preoccupato per la battuta d'arresto negli scambi transfrontalieri. “Il virus non conosce confini. Abbiamo urgentemente bisogno di regole comuni e non di una gara fra chi si chiude di piu'", afferma.

I dipendenti francesi devono rimanere a casa

Su sua richiesta, il valico tra Großrosseln e Petite-Rosselle è stato riaperto, ma solo durante il giorno. Non è una soluzione soddisfacente per i pendolari con un turno di mattina o di notte. "C'è voluta una quantità infinita di sforzi ed energia per riuscire a fare un passo così piccolo", afferma Arend. La chiusura unilaterale del confine imposta dalla Germania il 16 marzo ha messo alla prova l'amicizia franco-tedesca, in quanto va a colpire tutte le abitudini quotidiane.

Nel suo collegio elettorale della Lorena, i pendolari spesso gli hanno riferito di dover fare fino a 50 chilometri di deviazione per raggiungere il posto di lavoro nella Saarland. "I francesi inizialmente sono stati  trattati come dei lebbrosi", afferma Arend. La situazione  ora sembra essere migliorata. Ma per i 2.000 dipendenti francesi del fornitore automobilistico ZF a Saarbrücken è stato molto difficile quando senza preavviso gli hanno chiesto di restare lontani dal posto di lavoro. ZF ora ha ripreso la produzione, ma solo per i dipendenti tedeschi.

I pendolari, fra cui 150 dipendenti francesi della Clinica di Saarbrücken, devono affrontare delle lunghe deviazioni. La stampa francese ha anche riferito di reazioni ostili con cui i francesi della Saarland devono fare i conti. Qualche giorno fa, Michael Clivot, sindaco del comune di confine di Gersheim, ha suscitato scalpore perché si è rivolto alla popolazione con un videomessaggio: "Si era diffuso un certo livello di ostilità nei confronti dei nostri amici francesi". Alcuni francesi sarebbero stati insultati o fermati per strada. Clivot afferma che alcuni francesi vengono in Germania per fare acquisti senza essere autorizzati, ma anche gli abitanti della Saarland fanno lo stesso in Francia.

Il pregiudizio dello "sporco francese"

Anche il ministro degli esteri Heiko Maas, originario della Saarland, e il vice Primo Ministro della Saarland, Anke Rehlinger (entrambi SPD), si sono espressi criticando con forza tali incidenti. Arend ha affermato di essere preoccupato per la rapidità con cui sono tornati i pregiudizi sugli "sporchi francesi". Il console generale francese a Saarbrücken, Catherine Robinet, ha confermato che si tratta di "casi individuali".

Sono state lanciate uova contro le auto con targhe francesi, i clienti di lingua francese nei supermercati tedeschi sono stati insultati ed è stato chiesto loro di tornare in "Corona-Francia". Robinet ha anche riferito di dipendenti di un'impresa di pulizie tedesca della Saarland, che si dice abbia negato l'accesso ai dipendenti francesi durante la notte.

(...) Il deputato Andreas Jung (CDU) sottolinea la difficile situazione dei genitori franco-tedeschi divorziati che condividono la custodia dei figli. Ci sono stati casi simili di difficoltà anche tra le famiglie che vogliono visitare parenti anziani dall'altra parte del confine. Situazioni che non dovrebbero essere lasciate alla discrezione degli agenti di polizia, ma dovrebbe essere sempre chiaro quando è consentito oltrepassare la frontiera. Si dice che un ufficiale di polizia abbia insultato un francese al confine tra Großrosseln e Petite-Rosselle. Almeno questa è l'accusa della parte lesa. Nel frattempo, sono stati avviati procedimenti penali contro ignoti.

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domenica 19 aprile 2020

La lotta tra Francia e Germania per il potere nell'UE

"Loro sono per l'Europa quando si tratta di esportare le merci che fabbricano. Loro sono per l'Europa quando si tratta di procurarsi manodopera a basso costo. Ma non sono per l'Europa quando si tratta di condividere i debiti. Non è possibile". Non sono le parole di un blogger sovranaro qualsiasi, ma quelle usate dal presidente francese nell'intervista al FT di venerdì per descrivere l'atteggiamento dei tedeschi in Europa. La lotta per il primato nell'UE del dopo pandemia è iniziata. Ne scrive Lost in Europe


Fra Berlino e Parigi è scoppiata una dura lotta di potere per dettare il futuro dell'UE. Fondamentalmente la controversia dovrebbe riguardare la battaglia per la solidarietà finanziaria e i "corona-bonds". In verità, si tratta di più, di molto di più.

Al giorno d'oggi bisogna leggere i giornali per avere il polso di quello che succede nell'UE. Ai tempi del corona-virus e delle videoconferenze, la politica europea si fa con le interviste, sempre che si continui a farla. Il presidente del Consiglio dell'UE Michel ha rilasciato a tal proposito un' intervista alla FAZ. L'introduzione dei cosiddetti corona-bonds non è piu' in programma. "Ci sono sensibilità diverse all'interno del Consiglio", ha detto Michel alla "FAZ".

In questo modo il belga ha mostrato una strana concezione del suo ufficio. Come presidente del Consiglio non dovrebbe andare in cerca delle "sensibilità", ma piuttosto guidare l'organo più importante dell'UE. Dovrebbe fare in modo che la struttura continui a funzionare, non correre dietro ad essa.

Come si fa ad accendere l'UE, tuttavia, è un arte che nessuno conosce meglio del presidente francese Macron. "Ora è il momento della verità, in cui si tratta di stabilire se l'Unione Europea è un progetto politico o solo un mercato", ha detto al "FT".

A differenza di Michel, Macron ancora una volta si è pronunciato in favore di trasferimenti finanziari e di nuovi prestiti. E allo stesso tempo, si è espresso energicamente contro la cancelliera Merkel e contro la politica europea dei tedeschi e degli olandesi, ha detto infatti in un'intervista al FT:

"Loro sono per l'Europa quando si tratta di esportare le merci che fabbricano. Loro sono per l'Europa quando si tratta di procurarsi manodopera a basso costo", ha detto Macron. “Ma non sono per l'Europa quando si tratta di condividere i debiti. Non è possibile"

Macron in passato si era già espresso con toni simili. Ma questa volta, nel bel mezzo della peggiore crisi economica degli ultimi cento anni (secono l'ex presidente Von Rompuy), le sue parole sembrano quasi minacciose.

Macron ha anche messo in guarda dai danni ingenti al mercato interno causati dalle misure di sostegno nazionali - anche in questo caso si riferiva alla Germania. Dopo questa crisi non potrà esserci un semplice "proseguiamo così".

La ragione di fondo apparentemente è la preoccupazione che la Germania e la sua economia possano emergere ancora più forti dalla pandemia, mentre la Francia ancora piu' indebolita. Il mercato interno allora diventerebbe solo un mercato tedesco, e l'UE sarebbe sicuramente una "Europa tedesca".

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sabato 18 aprile 2020

Jörg Meuthen: se italiani, francesi e spagnoli sono piu' ricchi dei tedeschi, perché dovremmo pagare per i loro debiti?

Questo non è il blog di AfD in lingua italiana, ma ogni tanto vale la pena andare a sbirciare cosa scrivono i vertici di AfD, vale a dire il partito che in Germania nella battaglia contro gli eurobond probabilmente detta la linea alla FdP, alla CDU e alla CSU.  Il leader di AfD Jörg Meuthen su FB



Cari lettori, per favore provate a fare una stima: qual'è la ricchezza mediana del tedesco "medio" (adulto) (cioè quella esattamente nel mezzo tra la metà più povera e più ricca del nostro paese)?

E qual'è invece la ricchezza mediana dell'italiano, dello spagnolo, e del francese?

Allora deve essere proprio vero che il tedesco medio è molto più ricco degli altri europei, giusto? Dopotutto, ce lo hanno inculcato per anni: da una parte i ricchi tedeschi, dall'altra gli altri europei piu' poveri (in parte). Poveri europei che, nonostante la loro povertà, hanno anche finanziato la nostra prosperità acquistando i nostri prodotti.

E ora in questi tempi di Corona-virus, è arrivato il momento di dare finalmente qualcosa in cambio e di mostrare la nostra solidarietà, non è vero, soccorritori europei riuniti?

Quindi ora per dare una risposta alla domanda posta. Ci sono varie statistiche su questo argomento, ma tutte, senza eccezioni, puntano nella stessa direzione. Ora citerò una statistica che è persino usata su Wikipedia (nota per essere piuttosto di sinistra).

Secondo queste statistiche, l'italiano medio ha un patrimonio netto mediano, dedotti i suoi debiti, di circa 84.500 euro.

Lo spagnolo ha un patrimonio mediano netto di circa 87.700 euro.

Il francese addirittura ha una fortuna mediana corrispondente a circa 93.700 euro.

Tutti questi importi, ovviamente, non sono nulla in confronto al presunto "ricco" tedesco: questo egoista che si occupa solo del proprio benessere, può dire di avere accumulato solo circa 32.500 euro.

Sì, avete letto bene, non manca uno zero e non è uno scherzo: in tutti i paesi citati, la ricchezza pro-capite mediana è più di due volte, e nel caso della Francia, è quasi tre volte più alta che in Germania.

Chi non ci crede, vada a leggersi la colonna mediana (tenere presente che i valori indicati sono in dollari USA, mentre i valori menzionati sopra sono già stati convertiti in euro):

Non ci hanno forse sempre detto che siamo noi tedeschi a trarre i maggiori benefici dall'euro? Come è possibile che siamo rimasti cosi' indietro rispetto ai paesi la cui performance economica è inferiore rispetto alla nostra?

Oltre ad alcuni fattori - come ad esempio un livello di tassazione più basso rispetto alla Germania (motivo per cui questi paesi hanno piu' debito pubblico di noi, che ora vorrebbero scaricare su di noi!) - ad essere responsabili per questa situazione sono stati gli errori di progettazione dell'euro, che ora gravano su di noi.

Proprio all'inizio della mia carriera professionale, quando ero consulente presso il Ministero delle finanze dell'Assia, avevo messo in guardia molto chiaramente dalle enormi difficoltà che sarebbero sorte con questa valuta e che il Trattato di Maastricht non valeva nemmeno la carta su cui era scritto.

In quella fase, avevo anche sperimentato personalmente come Theo Waigel, ovviamente proprio come lo era Helmut Kohl, si era completamente disinteressato alla politica monetaria, avviando una campagna per l'introduzione dell'euro.

L'euro, insieme ad altri effetti estremamente spiacevoli, fa in modo che, ad esempio, noi tedeschi fortemente orientati all'export, garantiamo ai paesi abituati ad una valuta debole nel sud del nostro continente (ma anche sostanzialmente a tutti coloro che vogliono utilizzare il sistema per se stessi) una struttura di scoperto di conto corrente completamente illimitata e anche completamente non garantita all'interno del quadro dei sistemi di pagamento dell'eurozona. 

Questo scoperto illimitato, tuttavia, non viene chiamato "scoperto illimitato" ma "saldo Target II".

Ed è così che funziona: se, ad esempio, un italiano acquista una nuova auto da uno dei nostri produttori tedeschi, non c'è un flusso di denaro che passa direttamente da un conto bancario italiano a un conto bancario tedesco, ma la tedesca Bundesbank, che deve inviare l'importo al produttore in Germania, riceve un messaggio dalla BCE secondo il quale ora ha un credito corrispondente nei confronti della banca centrale italiana. È così facile!

Ed è così facile spennare un paese orientato all'export. L'importo totale dei crediti nei confronti degli altri paesi, già maturato, è quasi di 1 trilione (!) di euro. Niente di tutto ciò, nemmeno un centesimo, sarà recuperabile se l'eurozona dovesse rompersi.

Ora, dopo la crisi finanziaria e la crisi greca, abbiamo già la prossima crisi (c'erano davvero così tante crisi ai tempi del D-Mark?), e ancora una volta sarà a spese nostre. In maniera spudorata e in parte con parole che ricordano la retorica di guerra, i paesi citati all'inizio chiedono a noi tedeschi di garantire la prossima orgia del debito appena iniziata.

In Germania, a dare sostegno a questo progetto ci sono prima di tutto i politici dell'area verde e di sinistra che probabilmente non otterranno molto dall'usare il loro lavoro in favore di altri paesi - paesi in cui la ricchezza pro capite è più alta e l'età pensionabile è più bassa. Quanto si può essere ciechi? (...)

E' arrivato il momento di avere una valuta in grado di aiutare il nostro paese invece di danneggiarlo. E' il momento di porre fine al prolungamento dell'insolvenza degli stati a spese dei paesi del nord. Tempo per #AfD.


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venerdì 17 aprile 2020

Heiner Flassbeck - Le gravi responsabilità della Germania nella crisi economica del sud Europa

"Se gli sforzi in termini di austerità dello stato italiano non hanno funzionato, la responsabilità diretta è dei paesi in surplus del nordChi non se ne accorge e fa finta che tutto dipende solo dalla volontà politica del paese in questione...difetta della necessaria competenza, e forse anche della necessaria comprensione", scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck, il quale poi si chiede: "I paesi del nord proveranno ancora una volta a scaricare sui paesi del sud il prezzo del loro dumping salariale e dei conseguenti avanzi delle partite correnti?". Un ottimo Heiner Flassbeck da Makroskop.eu



"In caso di necessità, l'audacia si fa saggezza", scriveva Niccolò Machiavelli - e aveva ragione. Nei momenti di bisogno emerge l'animo delle persone e si capisce di chi ci si può fidare e di chi no. Diventa evidente anche chi ha la capacità intellettuale di andare oltre le proprie ombre e di mettere in discussione i propri dogmi. Germania, Paesi Bassi e Austria mostrano di non disporre dell'audacia che si fa saggezza. Ci sarà una vendetta amara. 

Per sapere esattamente di cosa si tratta, basta ascoltare l'intervista rilasciata ieri dal Ministro dell'economia Altmaier. Ancora una volta è chiaro che solo quelli che in Europa "negli ultimi anni hanno veramente fatto uno sforzo" ora potranno avere l'opportunità di farsi prestare senza problemi i soldi di cui hanno bisogno per combattere la crisi causata dal Coronavirus e senza dover subire alcun aumento in termini di tassi di interesse. Altmaier lo ha detto letteralmente: 

"Lo stato ... siamo tutti noi. Ma grazie al pareggio di bilancio e al consolidamento delle finanze pubbliche degli ultimi anni, abbiamo creato le condizioni grazie alle quali ora possiamo prendere soldi in prestito, soldi che ci permettono di aumentare temporaneamente la spesa pubblica in maniera significativa in modo da salvare le imprese e quindi salvare i posti di lavoro e con essi la prosperità del Paese ". 

Al contrario, questo significa solo che "gli altri" che non si sono comportati esattamente in questo modo, ora non potranno mettere mano al portafoglio perché non hanno le risorse per farlo. Non hanno creato le condizioni per salvare la loro economia. 


E i media tedeschi – e non poteva andare diversamente - sono saltati su questo carro governativo. In una trasmissione speciale della ZDF di questa settimana (dal minuto 11) sono stati ripetutamente menzionati i paesi "più deboli" del sud e i paesi "economicamente forti" del nord, i quali dovrebbero garantire per i paesi del sud. Su Ntv, invece, non si vergognano affatto di parlare addirittura della "tossicodipendenza da debito" del sud. Ma anche Die Zeit scrive che i paesi tenuti a galla dalla BCE potrebbero "fallire" se i tassi di interesse non restassero per sempre bassi. 

La debolezza della logica dei "forti" 

"Debole" e "forte" sembrano essere delle categorie quasi naturali. I paesi considerati deboli sono quelli che dopo la crisi finanziaria del 2008/2009 non sono riusciti a consolidare i loro bilanci nazionali e a ridurre il loro debito pubblico. E questo nonostante il fatto che un paese come l'Italia abbia compiuto i maggiori sforzi in termini di austerità rispetto a qualsiasi altro paese europeo. "Forti" sarebbero invece quei paesi che come Austria, Paesi Bassi e Germania, hanno usato il "bel tempo" per prepararsi a un'emergenza come quella attuale. 

Tutto ciò, a voler essere precisi, è la visione alquanto ristretta dei tedeschi, una visione che non ha assolutamente nulla a che fare con la logica macroeconomica e quindi non ha nulla a che fare con la realtà nell'Unione monetaria. È anche un'impressionante prova di totale fallimento intellettuale. L'errore di fondo per molti anni è stato il rifiuto da parte della politica tedesca e dei media tedeschi di prendere atto dell'importanza e delle conseguenze causate dal surplus delle partite correnti tedesche. La possibilità o meno di ridurre i disavanzi pubblici, nella attuale situazione economica globale, dipende quasi esclusivamente dalla possibilità o meno di accumulare avanzi delle partite correnti. 

Proprio su questo punto c'è una restrizione logica sotto forma di un gioco a somma zero, perché non tutti i paesi del mondo possono avere contemporaneamente un avanzo delle partite correnti. L'unione monetaria nel suo complesso non può accumulare delle enormi eccedenze delle partite correnti perché cosi’ facendo provocherebbe delle contro-reazioni nel resto del mondo, in particolare negli Stati Uniti. L'euro si apprezzerebbe e così si impedirebbe una strategia di accumulo delle eccedenze delle partite correnti delle stesse dimensioni che la Germania e i Paesi Bassi hanno avuto per anni. Proprio perché ogni paese in surplus ha bisogno dei paesi in deficit, non dovrebbe essere permessa l'arroganza dei paesi in avanzo. La categorizzazione in forte e debole è priva di senso sin dalle fondamenta. 

La stessa logica si applica all'argomento della competitività (ad esempio, Wolfgang Reitzle su WELT). Si sostiene, infatti, che i paesi del sud avrebbero perso competitività e si fa finta che questa sia la loro unica colpa. Chiunque capisca che l’unione monetaria non può continuare ad avere grandi eccedenze delle partite correnti nei confronti del resto del mondo, comprenderà anche quanto è assurda l'idea secondo la quale tutti i paesi avrebbero dovuto e potuto migliorare la loro competitività nel quadro dell'unione monetaria. Questa idea tuttavia non è diventata più logica nel corso degli anni solo per il fatto di essere stata ripetuta come se fosse una preghiera dalla maggior parte dei politici tedeschi, soprattutto da Angela Merkel, oppure perché è stata presa sul serio e considerata una strategia di politica economica per l'Europa e continua ad esserlo ancora oggi. 

Proprio perché, per motivi logici, non tutti i membri dell'unione monetaria possono diventare contemporaneamente più competitivi, i paesi del nord dell'unione monetaria avevano necessariamente bisogno della perdita di competitività dei paesi del sud, altrimenti non avrebbero mai potuto aumentare la propria competitività in maniera così forte. E come è stato possibile? Contrariamente alle regole economiche dell'eurozona, i paesi del nord non hanno aumentato i loro salari quanto sarebbe stato appropriato, dato l'obiettivo di inflazione concordato in maniera congiunta. Se tutti i paesi sin dall'inizio avessero tentato di attuare la stessa politica di contenimento dei salari, l'unione monetaria ben presto si sarebbe trovata in una situazione deflazionistica e nessun paese avrebbe migliorato la propria competitività. L'affermazione sulla competitività (chi la aumenta si comporta correttamente, chi la reduce si comporta in modo sbagliato) è assurda, come lo è quella sui saldi delle partite correnti (i paesi in surplus fanno bene, i paesi in deficit fanno male). 

Aziende che risparmiano e maniaci del surplus come partner commerciali 

Poiché per ragioni logiche il governo può risparmiare e consolidare le finanze pubbliche solo se un altro settore è pronto a sostenerne il debito, i paesi con un deficit delle partite correnti ora si trovano in una situazione senza speranza. Il disavanzo delle partite correnti significa che un paese "assorbe" le eccedenze di risparmio di un altro paese attraverso l'indebitamento (sia del settore privato che dello stato). In altre parole: il divario in termini di domanda del paese in deficit viene ampliato dai paesi in surplus. Tuttavia, poiché quasi ovunque nel mondo il settore delle imprese private è diventato un risparmiatore netto e nessuno stato democratico può costringere le sue società private a indebitarsi, un paese in deficit, i cui partner commerciali stanno facendo tutto il possibile per mantenere o addirittura espandere le eccedenze delle proprie partite correnti, non avrà più alcuna possibilità di limitare il proprio deficit di bilancio publico. 

E ciò significa nient'altro che i paesi in surplus del nord sono direttamente responsabili del fatto che gli sforzi in termini di austerità dello stato italiano non abbiano funzionato. Chiunque non se ne accorga e fa finta che ciò dipenda solo dalla volontà politica del paese in questione, e dal fatto che ci sia o meno un consolidamento delle finanze, difetta della competenza necessaria, e forse anche della necessaria comprensione. Se un paese del sud ha come partner commerciale i maniaci del surplus commerciale del nord e si trova insieme a loro in una unione monetaria, dovrà sperare che nei paesi del nord o almeno nella Commissione europea ci sia un numero sufficiente di persone intelligenti in grado di capire queste connessioni e di sostenere i paesi in deficit. In caso contrario, il paese è perduto, soprattutto in una crisi economica globale come quella attuale. 

Debiti elevati, sempre e ovunque 

Un'altra conseguenza puramente logica di questa crisi sfugge anche alla maggior parte degli osservatori. Si sostiene, ad esempio, che un rapporto debito/PIL al 100 % sarà problematico come lo sarebbe stato all'inizio di quest'anno (sempre che lo sia mai stato). Per l’Italia si calcola già un 180 % e ci si sorprende per questo numero enorme. Il numero comunque ci dice molto poco, ma anche secondo la dottrina dominante, ci potrebbe dire solo qualcosa in relazione al dato corrispondente per gli altri paesi. 

Se, sulla scia della crisi globale causata dal corona-virus, il rapporto debito pubblico/PIL dovesse aumentare di 30 o 40 punti percentuali in quasi tutti i paesi, la valutazione a livello macroeconomico del livello di indebitamento di un paese riguarderà il confronto con gli altri paesi, ma non il confronto dei semplici numeri di un determinato paese con delle norme valide in precedenza. Anche l’UE dovrà capirlo, in relazione alla sua norma sul rapporto al 60% fra debito e Pil. Chiunque insista sul fatto che dopo questa crisi tutti i paesi dovranno tornare a questo standard - il Ministro federale dell'economia (vedi l'intervista sopra) sembra davvero crederci - commetterà un grave errore. 

Anche nel Trattato di Maastricht non c'è mai stata una giustificazione sostanziale per un rapporto debito/pil al 60%. Il tentativo di costringere l'intera zona euro a ridurre i deficit pubblici verso l’obiettivo del 60% dopo la crisi causata dal Coronavirus non avrà alcuna possibilità di successo a causa del ruolo di risparmiatore netto assunto dal settore delle imprese private. Piuttosto, qualsiasi tentativo in questa direzione rafforzerà ulteriormente il desiderio di risparmio del settore delle imprese e delle famiglie, in quanto renderanno ancora piu’ difficile qualsiasi sviluppo macroeconomico positivo dopo la crisi e quindi ogni singolo operatore economico cercherà di difendere il proprio denaro. I paesi del nord proveranno ancora una volta a scaricare sui paesi del sud il prezzo del dumping salariale e dei conseguenti avanzi delle partite correnti frutto del loro tentativo di voler apparire buoni e forti? 

Si tratta di qualcosa evidentemente assurdo, e chi proverà a farlo avrà l'Europa sulla propria coscienza. Se ciò dovesse accadere, i paesi del sud, compresa la Francia, dovranno insistere affinché i nordici "virtuosi" escano dall'euro per sostenere le conseguenze delle loro misure di austerità sotto forma di una valuta forte che si aprezza e di una disoccupazione di massa. 

Anche la politica monetaria rimane tabù 

La Bank of England ha recentemente annunciato che in via temporanea, cioè per superare il periodo della crisi, finanzierà direttamente lo stato, in modo che non sia piu’ necessario percorrere la strada che porta al mercato dei capitali. Questo atteggiamento pragmatico della banca centrale inglese, esplicitamente indicato come una misura anti-crisi, ci mostra ancora una volta che osare durante una crisi può essere saggio. D'altra parte, nella zona euro, e in particolare in Germania, è ancora un tabù parlare del ruolo della politica monetaria e del fatto che la politica monetaria deve e ovviamente finanzierà gli Stati durante la crisi. 

Ancora una volta, il dogma dell'indipendenza della banca centrale e della autoresponsabilità della politica finanziaria ostacolano un approccio sobrio e appropriato. Invece di discutere dei corona-bonds, i ministri delle finanze dovrebbero essere così audaci e affermare che la BCE farà in modo che tutti i paesi possano prendere in prestito esattamente allo stesso tasso di interesse perché non c'è alcun merito proveniente dal passato che possa dare agli attori sul mercato dei capitali il diritto di classificare i paesi in base ad una qualsiasi scala e di farli giocare l’uno contro l'altro, in modo da arricchirsi con questo gioco. Poiché non c'è né buono né cattivo, né forte né debole, avrebbero dovuto dire: abbiamo deciso di fare esattamente ciò che è necessario, ovvero dare a tutti i paesi dell'Unione monetaria la possibilità di aiutare le persone in un momento così straordinariamente difficile e di proteggerle dalle conseguenze economiche di un disastro naturale.
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