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sabato 9 marzo 2019

Venne, vide e abbassò i tassi di interesse

Per la FAZ Mario Draghi passerà alla storia come il primo presidente della BCE a non aver alzato i tassi di interesse e soprattutto lascerà al suo successore un'eredità molto pesante. Per la stampa conservatrice Draghi resta l'autore di un enorme trasferimento di ricchezza ai danni dei risparmiatori e dei pensionati. Ne scrive Philip Plickert nel suo pistolotto sulla FAZ.


Venne, vide e abbassò i tassi di interesse. Quando quasi otto anni fa Mario Draghi è diventato il presidente della Banca centrale europea, il suo primo atto ufficiale fu il taglio dei tassi. I tassi di interesse e i tassi sui depositi vennero rapidamente portati sotto lo zero.

Draghi sta per entrare nei libri di storia come il primo presidente della BCE sotto la cui presidenza i tassi di interesse sono stati solo ridotti, e mai aumentati. Anche dopo cinque anni di crescita economica relativamente forte della zona euro, i tassi restano ancora a zero.

Inoltre, con un programma di acquisto titoli per trilioni di euro ha ulteriormente allentato la politica monetaria. Per i risparmiatori, che soffrono a causa dei mini-interessi e la cui previdenza per la vecchiaia perde valore, è davvero spiacevole.

Molti problemi vengono solo posticipati

Il Consiglio direttivo della BCE, in previsione di sviluppi economici e inflattivi più deboli, ha quindi deciso di posticipare ulteriormente il primo rialzo dei tassi. Si ipotizza che ciò accadrà non prima del 2020, vale a dire dopo la fine del mandato di Draghi alla BCE, previsto per la fine di ottobre.

Il suo successore, a cui lascia un bilancio molto inflazionato, si farà carico di una pesante eredità. Se l'economia dovesse continuare a scivolare, non è chiaro in che modo la BCE potrebbe contrastare la situazione: i tassi di interesse già ora sono al livello piu' basso. Una ulteriore riduzione del tasso sui depositi, già ampiamente in terreno negativo, all'interno del consiglio BCE non viene sostenuta da nessuno, assicura Draghi. Non si è nemmeno parlato di una ripresa degli acquisti netti di obbligazioni.

Se è onesto, dovrebbe però ammettere di aver già usato la maggior parte della polvere da sparo a disposizione della banca centrale. Negli Stati Uniti dopotutto la Federal Reserve già tre anni fa ha osato fare il primo passo sui tassi di interesse: il loro tasso ufficiale di interesse è già oggi al due e mezzo per cento. Se si presentasse il rischio di una recessione, la banca centrale americana potrebbe contrastarlo in maniera efficace. La BCE è invece è nuda.

In Europa tuttavia ci sono alcuni fattori strutturali che impediscono una vera e propria uscita da una politica monetaria accomodante: la BCE con i suoi bassi tassi di interesse e gli acquisti di obbligazioni di fatto sta sostenendo i paesi fortemente indebitati. Ad esempio difficilmente l'Italia potrebbe far fronte ad un aumento dei tassi di interesse.

Anche alcune delle banche che in buona parte dell'Europa meridionale stanno ancora soffrendo per i crediti deteriorati, difficilmente potrebbero sopravvivere a un'inversione di tendenza sui tassi di interesse. Di fatto, la BCE, con la sua politica dei tassi a zero, sta gestendo una grossa ridistribuzione di ricchezza dai creditori e dai risparmiatori, in favore dei debitori.

Tutto ciò fa parte del prezzo da pagare per "il salvataggio dell'euro". Il maestro dei tassi a zero, Mario Draghi, lo sa bene, e pensa anche che si tratti di un suo traguardo storico. Ma alla fine molti problemi vengono solo spostati nel futuro. E anche questo lui lo sa bene.

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giovedì 13 dicembre 2018

FAZ: Draghi continua a dare gas

Puntuale e immancabile il solito attacco a Draghi da parte della Frankfurter Allgemeine Zeitung. Per Holger Steltzner, condirettore del prestigioso quotidiano di Francoforte, Draghi sta ingannando l'opinione pubblica in quanto non sarebbe affatto vero che il QE terminerà a fine anno. Ma soprattutto Draghi, secondo Steltzner, non sarebbe interessato ai dolori che le sue politiche stanno causando ai risparmiatori e agli affittuari tedeschi. Dalla Faz.net


Ormai da diversi mesi il tasso di inflazione della zona euro ha superato il valore obiettivo della BCE mentre la zona euro da anni continua a crescere con forza. E cosa fa la BCE? Il board della banca centrale questo giovedì, come previsto, ha annunciato che a fine anno interromperà il programma di acquisto dei titoli di stato e delle altre obbligazioni.

Chiunque sostiene che la BCE abbia finalmente tirato il freno della politica monetaria è stato ingannato dal presidente Mario Draghi. Perché in realtà e nei fatti, la banca centrale continua a dare gas. Dal prossimo anno dovrebbero cessare solo gli acquisti netti di titoli di stato. Con il denaro delle obbligazioni in scadenza si continuerà comunque ad acquistare dei nuovi titoli. Non si può affatto parlare di un'interruzione del programma di acquisto.

Il bilancio della BCE resta gonfio come sempre

Il bilancio della BCE pertanto resta gonfio come sempre. A differenza della Federal Reserve statunitense, considerata un importante modello di riferimento sin dalla crisi finanziaria ed economica di dieci anni fa, la BCE non sta affatto riducendo il proprio portafoglio obbligazionario. Inoltre non alza i tassi di interesse, ma li lascia a zero e continua a praticare tassi di interesse negativi anche per le banche. Le conseguenze per i risparmiatori, per le pensioni o per i prezzi delle case e gli affitti, a Draghi ovviamente non interessano affatto, anche la Cancelliera Angela Merkel non sembra essere troppo d'intralcio.

Chiunque voglia afferrare almeno in parte quale livello abbia raggiunto il finanziamento degli Stati e delle società tramite la politica monetaria deve confrontare il bilancio della BCE con la performance economica di tutte le economie dell'Eurozona. Inimmaginabile, ma vero: il bilancio della BCE corrisponde a oltre il 40% della performance economica della zona euro.

La discutibile pratica del finanziamento dei paesi dell'eurozona da parte di Draghi inoltre ha appena ricevuto la benedizione della Corte di Giustizia Europea. Vediamo come reagirà la Corte costituzionale tedesca.

Dato che la BCE sta bruciando tutte le opzioni di politica monetaria a sua disposizione, nonostante la ripresa dell'attività economica, resta una domanda aperta: cosa potrà fare in una recessione che prima o poi sicuramente si presenterà? Comprerà anche le azioni oppure tutti i titoli di stato?

Draghi già oggi pretende di impostare il corso della politica monetaria per metà del mandato del suo successore. Per altri quattro anni, infatti, si andrà avanti acquistando altri titoli di stato. La fiducia perduta difficilmente potrà essere riconquistata dal successore Draghi, il quale senza dubbio si troverà in una posizione poco invidiabile.


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giovedì 22 novembre 2018

H.W. Sinn: che abbia inizio il prossimo atto della tragedia italiana (parte seconda)

Hans Werner Sinn, anche se ormai da qualche anno è in pensione, non si fa sfuggire l'occasione per commentare dalle colonne della Frankfurter Allgemeine Zeitung la situazione italiana. Per il brillante economista tedesco gli italiani con i loro ricatti cercheranno di spillare quanti piu' soldi possibile ai "partner europei", ma l'ultimo atto di questa tragedia potrebbe essere l'uscita dalla moneta unica. Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung (si arriva da qui)

Hans Werner Sinn
Hans Werner Sinn

Ci sono solo quattro opzioni per contrastare l'eccessivo aumento dei prezzi in Italia. La prima strada è quella di avviare di nascosto un'unione di trasferimento. In primo luogo si mettono in comune i debiti che poi vengono garantiti congiuntamente. Poi i creditori privati ​​vengono sostituiti da quelli pubblici, e il debito allungato ed eroso dalla riduzione degli interessi. Alla fine i contribuenti degli altri paesi dell'eurozona danno dei soldi ai debitori affinché questi possano ripagare i loro debiti verso gli investitori finanziari, possano continuare ad acquistare i beni dalle imprese esportatrici e, non da ultimo, per impedirgli di lasciare l'euro.



Ciò renderebbe l'Italia intera ciò che già oggi è il Mezzogiorno italiano: un percettore di trasferimenti dal nord, troppo caro, che non diventerà mai competitivo e che dovrà essere costantemente finanziato dall'esterno. I trasferimenti sarebbero sostanzialmente delle tangenti pagate ai gruppi politici per dare loro qualche altro anno di tranquillità. In realtà l'Europa non può permetterselo perché in una competizione globale sempre più difficile dovrà impegnarsi per diventare economicamente sempre più forte, e non più debole. Nella realtà questo percorso è già stato avviato da molto tempo. E il governo francese infatti insiste affinché si proceda creando un'assicurazione comune sui depositi bancari, un'assicurazione congiunta contro la disoccupazione e un bilancio della zona euro. Si parla sempre di presunti "shock asimmetrici" esogeni da cui bisogna proteggersi - come se la crisi nel Sud Europa avesse a che fare con degli eventi casuali, ingestibili e transitori.

La seconda opzione consiste in una riduzione dei prezzi per correggere l'eccesso di inflazione dei primi anni dell'euro. Ciò implica dei tagli ai salari oppure degli incrementi di produttività senza la partecipazione dei dipendenti. E' una forma di chemioterapia per l'economia che potrebbe spingere il paziente verso la disperazione. Affittuari e debitori andrebbero in bancarotta perché i loro obblighi di pagamento resterebbero invariati, mentre i salari diminuiscono. Questa modalità inoltre, non solo richiede un miracolo in termini di produttività, ma anche una visione che i sindacati italiani non hanno ancora mostrato di avere. Durante l'eurocrisi la Grecia è diventata piu' economica rispetto ai suoi concorrenti del 12% e la Spagna dell'8%, l'Italia invece non ha fatto nulla. Dal 2007 il livello dei prezzi dei beni auto-prodotti è cresciuto alla stessa velocità di quello dei suoi concorrenti nell'area dell'euro.

La terza opzione possibile consiste in una lunga fase inflattiva nei paesi dell'Europa settentrionale, in particolare in Germania. L'apprezzamento italiano nei confronti della Germania rispetto al 1995 è stato del 39%. Per compensarlo la Germania dovrebbe avere per 16 anni un'inflazione del 2 % piu' alta di quella italiana. Per gli italiani sarebbe insopportabile, mentre i risparmiatori tedeschi salirebbero sulle barricate.

La quarta via consiste in un'uscita temporanea dell'Italia dall'euro secondo il piano dell'estate 2015, pensato da Wolfgang Schäuble per la Grecia, e all'epoca approvato informalmente dai 15 ministri delle finanze dell'Ecofin. Il problema sarebbe la probabile fuga dei risparmi che l'Italia dovrebbe affrontare con dei controlli sui movimenti di capitale, almeno fino a quando l'uscita non sarà completata. Dal punto di vista italiano questo percorso avrebbe alcuni vantaggi. L'economia grazie alla svalutazione tornerebbe a crescere molto rapidamente mentre i rapporti di credito interni tornerebbero in equilibrio, in quanto sarebbero convertiti in lire e svalutati, e anche una parte del debito estero potrebbe essere convertito e svalutato. Le banche francesi tuttavia verrebbero colpite duramente, dato che sono esposte verso l'Italia circa tre volte e mezzo in più rispetto a quelle tedesche. Dal punto di vista politico questo passo per i principali politici europei equivarrebbe ad ammettere il loro fallimento. E il mercato dei capitali si verrebbe a trovare in una situazione di notevole turbolenza.
Hans Werner Sinn
Hans Werner Sinn



Ovviamente nessuna di queste strade offre una facile soluzione per i problemi italiani; la prima meno di tutte le altre, che invece molto probabilmente sarà quella scelta sotto l'influenza delle lobby della finanza e dell'export. L'Eurozona è finita in un vicolo cieco. Il nuovo governo italiano lo sa molto bene. Esclude categoricamente il secondo percorso (riduzione dei prezzi), e realisticamente nel prossimo futuro non può aspettarsi alcun successo dal terzo percorso (inflazione del Nord). Si concentra pertanto sulla prima opzione (unione di trasferimento) e si tiene la quarta via, l'uscita temporanea dall'euro, in maniera piu' o meno chiara, come una potenziale minaccia da agitare.

ll portavoce della Lega, l'economista finanziario Claudio Borghi, ha dichiarato che il suo partito vorrebbe introdurre una moneta parallela per risolvere i problemi finanziari italiani, i cosiddetti mini-bot. Secondo le sue parole si tratterebbe di titoli di stato di piccole dimensioni, trasferibili, denominati in euro e destinati a circolare come moneta cartacea. Dato che con i mini-bot si potranno pagare le tasse per un importo pari a quello stampato sul titolo, probabilmente sarebbero scambiati solo con un piccolo sconto rispetto agli euro reali. L'Italia spera così di poter estinguere una parte del suo debito nazionale ricorrendo ai mini-bot.



Paolo Savona, il ministro per l'Europa del nuovo governo, si spinge oltre. Nel 2015 aveva già formulato fin nel dettaglio una exit-strategy sotto forma di uscita dalla moneta unica. Il piano di Savona, tuttavia, non sapeva come risolvere il problema della stampa delle banconote fisiche senza che il mercato dei capitali se ne accorgesse.

I mini-bot risolverebbero questo problema. Dal momento che verrebbero introdotti prima dell'uscita, sarebbero già a disposizione se improvvisamente in un fine settimana si dovesse perfezionare la conversione valutaria. Tutti i conti bancari, tutti i contratti di lavoro, quelli di affitto e tutti i contratti interni di credito verrebbero mantenuti, solo che il simbolo dell'euro sarebbe sostituito con il segno della lira. Savona vorrebbe trasformare in lire anche il debito pubblico emesso prima del 2012. Si tratta ancora dei tre quarti di tutti i titoli in circolazione. Ci sarebbero quindi altri tagli al debito in modo da ridurre ulteriormente il peso del debito pubblico. I debiti Target di Banca d'Italia nei confronti dell'Eurosistema verrebbero annullati. Potrebbe anche funzionare visto che dopo l'uscita dall'euro non esiste una base legale per il loro rimborso e anche perché molti politici tedeschi di spicco li hanno definiti come degli "irrilevanti saldi di compensazione". Naturalmente tutto dovrebbe essere tenuto segreto fino all'ultimo secondo al fine di evitare una fuga di capitali.

L'Europa dovrà dare all'Italia ancora molto denaro per scongiurare che tutto ciò accada. In ogni caso, che abbia inizio il prossimo atto della tragedia italiana.


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mercoledì 3 ottobre 2018

107 miliardi di integrazioni salariali che sembrano tanto sovvenzioni pubbliche alle imprese

Lo stato sociale tedesco tramite Hartz IV garantisce delle integrazioni salariali ai lavoratori che non raggiungono il minimo previsto dalle tabelle Hartz. Nel 2017 in media 982.089 nuclei hanno percepito dallo stato un sussidio integrativo in quanto lo stipendio di almeno uno dei componenti era al di sotto dei minimi previsti dalle leggi Hartz. Tra il 2007 e il 2017 lo stato ha erogato 107 miliardi di euro di integrazioni. Sebbene l'introduzione di un minimo salariale nel 2015 abbia invertito la tendenza degli ultimi anni, sono in molti a considerare le integrazioni salariali un aiuto di stato indiretto alle imprese tedesche che possono continuare ad offrire salari al minimo di legge perché tanto sarà lo stato a dover integrare gli stipendi. Dalla Faz.net



Centinaia di migliaia di persone in Germania pur avendo un'occupazione dipendono dalla sicurezza sociale di base. Lo stato paga per loro più di dieci miliardi di euro all'anno di sussidi. La Linke è molto critica e considera questa somma un aiuto di stato nascosto garantito ai datori di lavoro che pagano dei bassi salari.

Sono sempre di più i sussidi Hartz IV pagati a persone occupate. La somma ricevuta dalle cosiddette comunità di bisogno Hartz con almeno un componente occupato lo scorso anno ha superato i dieci miliardi di euro. L'anno prima erano stati 9,85 miliardi di euro. Nel complesso in Germania centinaia di migliaia di Aufstocker (percettori di un'integrazione salariale), sebbene abbiano un lavoro dipendente devono fare affidamento sulla  sicurezza di base (Hartz IV). Ciò emerge da una statistica della Bundesagentur für Arbeit su cui la Linke al Bundestag ha voluto portare l'attenzione.


Negli anni fra il 2007 e il 2017 a tali comunità di bisogno Hartz IV sono stati pagati un totale di oltre 107 miliardi di euro di integrazioni salariali. Il valore è oscillato tra i 9 e i 10,36 miliardi di euro e dal 2011 è sempre stato inferiore ai dieci miliardi di euro.

Una comunità di bisogno include i familiari più stretti all'interno di un nucleo per il quale l'Arbeitslosengeld II viene calcolato congiuntamente. Lo scorso anno ci sono state in media 982.089 comunità di bisogno con almeno un lavoratore occupato, fra queste 362.303 comprendevano almeno un minijobber. In media, i nuclei di questo tipo lo scorso anno hanno ricevuto 849 euro al mese.

"Da molti anni ormai l'intera società sovvenziona i datori di lavoro che pagano bassi salari o offrono ai dipendenti solo part-time o mini-job, anche se in realtà molti lavoratori vorrebbero lavorare di più", ha detto la portavoce per il mercato del lavoro della Linke Sabine Zimmermann. La sua proposta prevede di aumentare il salario minimo, di impedire l'assunzione sistematica a basso salario sotto forma di lavoro interinale e di trasformare i mini-jobs in posti di lavoro soggetti a contribuzione per la sicurezza sociale.


sabato 29 settembre 2018

Thomas Mayer: la capitolazione tedesca

Sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung Thomas Mayer, professore di economia, commentatore ed ex capo-economista di Deutsche Bank, spiega ai tedeschi perché le notizie che arrivano dall'Italia e le richieste dei sud-europei testimoniano la totale capitolazione dell'ideologia tedesca. E' probabile che l'ordoliberalismo tedesco stia serrando i ranghi per lanciare una controffensiva. Thomas Mayer dalla FAZ.net


Francia e Germania, quando si tratta di interpretare il ruolo che lo stato deve avere nell'economia e nella politica monetaria sono separate da una profonda "fossa renana". Mentre in Francia prevale la convinzione che lo stato abbia il diritto di dirigere l'economia, in Germania dopo la seconda guerra mondiale prevalse l'opinione che lo stato dovesse restare fuori da questo ambito. La "fossa renana" durante tutti gli euro-salvataggi ha piu' volte causato un forte attrito, fino a quando il governo federale non ha deciso di annacquare la posizione tedesca rendendola irriconoscibile.


Ciò è dimostrato dal sostegno dato alla trasformazione della Banca centrale europea di Mario Draghi nel prestatore di ultima istanza per gli stati e dalla dichiarazione di Meseberg concordata insieme ai francesi, con la quale in sostanza si mira a mettere in comune la responsabilità sui debiti delle banche e degli stati. Si potrebbe pensare che con questa capitolazione la disputa sulle diverse idee in merito all'architettura dell'unione monetaria  sia finalmente terminata. Sarebbe un errore.

Fossa renana e barriera alpina

Alla fossa renana che divide Francia e Germania corrisponde una "barriera alpina" che separa Germania e Italia. E' sicuramente vero che le opinioni dei politici e degli economisti in Italia non sono così omogenee come accade in Francia. Ma c'è ampio consenso lungo tutto lo spettro politico sul fatto che le politiche monetarie e fiscali svolgano un ruolo cruciale nel creare crescita economica e occupazione. Ogni giorno le élite italiane si lamentano per la sofferenza del loro paese causata delle regole di politica fiscale ispirate dalla Germania e insistono sul fatto che la politica monetaria estremamente espansiva avviata dal presidente della BCE Draghi sarà indispensabile anche in futuro. Il nuovo governo italiano, che si è presentato come avversario delle élite, non fa eccezione.

Ciò emerge chiaramente anche da una recente presa di posizione di Paolo Savona, il Ministro per gli affari europei, a cui la mia collega Agnieszka Gehringer ha fatto riferimento poco tempo fa. Savona, che originariamente era stato indicato dai partner di coalizione come Ministro delle Finanze, ma la cui nomina in questo ruolo era stata bloccata dal Presidente Mattarella, parla di una riunione del 5 luglio a cui hanno preso parte il ministro Salvini, il ministro delle finanze Tria e il ministro Di Maio. L'occasione dell'incontro era stata la formulazione di una posizione italiana nei negoziati per l'ulteriore sviluppo dell'Unione Europea. La squadra dei ministri tra le altre cose in quell'occasione aveva chiesto un ampliamento dello statuto della BCE. Oltre alla stabilità dei prezzi, la BCE dovrebbe impegnarsi anche a promuovere la crescita economica, come già avviene negli Stati Uniti. Inoltre sempre la BCE dovrebbe essere in grado di controllare il tasso di cambio dell'euro intervenendo sul mercato dei cambi, e agire come prestatore di ultima istanza per gli stati al fine di impedire gli "attacchi speculativi" dei mercati finanziari. I ministri vorrebbero inoltre introdurre una "politica europea per gli investimenti" al fine di aumentare la non soddisfacente crescita economica e ridurre le differenze in termini di sviluppo e produttività tra i paesi dell'euro. Questa politica dovrebbe "sfuggire ai vincoli finanziari del bilancio europeo" e non essere piu' soggetta alle limitazioni del patto di stabilità e crescita.

Il fallimento italiano dall'inizio della crisi finanziaria

Il dispiacere dei ministri è comprensibile in quanto l'economia italiana non è stata in grado di adattarsi ai vincoli imposti dalla moneta unica europea. Il fallimento è diventato particolarmente evidente negli ultimi dieci anni a partire dalla crisi finanziaria. Oggi la produzione industriale è del 15% inferiore rispetto ai livelli del 2008 e il prodotto interno lordo reale del 3,4% inferiore rispetto al 2008. Dieci anni di crescita negativa sono difficili da tollerare in qualsiasi società. Dal punto di vista tedesco, che influenza anche le istituzioni dell'UE, le rigidità strutturali dell'Italia impediscono il necessario adattamento dell'economia alle esigenze create dalla moneta unica. Dal punto di vista italiano, tuttavia ad essere responsabile è la fine della politica di svalutazione della moneta e della spesa pubblica finanziata a debito, che ora invece dovrebbe essere applicata all'unione monetaria.

Venti anni di unione monetaria hanno evidenziato che la capacità di aggiustamento strutturale dell'Italia è molto limitata. Otto anni di crisi dell'euro hanno al contrario rivelato che il quadro istituzionale dell'unione monetaria è estremamente flessibile. Dal punto di vista italiano, è ben chiaro il modo in cui la barriera alpina può essere superata: eliminando ciò che resta delle posizioni tedesche.

martedì 28 agosto 2018

"Perché i tedeschi non possono avere un presidente della BCE?"

Se lo chiede Holger Steltzner sulla FAZ, uno dei direttori del quotidiano, il quale critica la decisione di sacrificare la candidatura del fido Jens Weidmann e propone una spiegazione per inquadrare la scelta della Cancelliera: Merkel vuole la presidenza della commissione per poter imporre a livello europeo la redistribuzione dei migranti. Dalla FAZ.net


La Cancelliera Angela Merkel ridicolizza un altro presidente della Bundesbank. In passato aveva già negato ad Axel Weber il suo sostegno politico per il passaggio al vertice della BCE, aprendo in questo modo la strada a Mario Draghi, il quale poi con i tassi di interesse negativi ha svalutato i risparmi e ha pompato i prezzi delle attività sul mercato immobiliare.

Ciononostante, molti continuano a celebrare il presidente italiano della BCE come il "salvatore" dell'euro, sebbene abbia messo la BCE al servizio della politica, oppure proprio per questa ragione. A Draghi non interessava che alla banca centrale fosse vietato finanziare gli stati. Con i giganteschi acquisti di titoli di stato ha trasformato la BCE nel piu' grande creditore dei paesi dell'eurozona.

La Germania ora aveva di nuovo la possibilità di esprimere il presidente della BCE. Il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, in quanto eccellente politico monetario, sarebbe stato un ottimo candidato per la successione a Draghi. Weidmann se avesse scelto di mettere la BCE sulla strada della normalizzazione della politica monetaria avrebbe potuto riconciliare i tedeschi con l'euro. La Cancelliera nonostante il rifiuto proveniente dall'Italia avrebbe comunque potuto imporre Weidmann - ma Merkel ancora una volta non vuole avere un tedesco al vertice della BCE. Il fatto che un tedesco non sia candidabile per questa posizione ci dice molto sullo stato di salute dell'unione monetaria. L'Italia ha di fatto un diritto di veto sulla nomina del presidente della BCE? Puo' diventare presidente della BCE solo chi è disposto ad acquistare obbligazioni governative?

Merkel non ha alcun interesse ad avviare un diverso corso della BCE

E a dimostrare l'incapacità del governo federale c'è il fatto che anche Berlino preferisce avere a Francoforte qualcuno che fa politica per i debitori e che non si preoccupa delle conseguenze per i risparmiatori e per le pensioni. Nelle interviste domenicali i politici tedeschi ci dicono che si riconoscono nei valori della Bundesbank. In realtà il governo federale si è schierato sul fronte opposto. Davanti alla Corte Costituzionale tedesca, quando si discuteva dei tanto contestati acquisti dei titoli di stato, i rappresentanti di Berlino erano palesemente seduti a fianco della BCE. Ovviamente per Merkel le preoccupazioni dei risparmiatori sono totalmente irrilevanti, esattamente quanto lo è il divieto di finanziamento monetario degli stati per Draghi.

Nel nostro paese sono in molti a pensare che la Germania per poter esprimere un presidente della BCE dovrebbe pagare un prezzo elevato. In politica è normale che ci si batta duramente per poter occupare le posizioni di vertice. Vengono creati dei pacchetti da scambiare e nuove posizioni da mettere sul piatto della bilancia: come ad esempio la presidenza della commissione o la presidenza del consiglio o i 3 nuovi posti da direttore alla BCE. E' anche vero che nulla è veramente deciso fino a quando l'intero pacchetto non è pronto.

Ma che la Germania debba pagare un prezzo aggiuntivo per Weidmann, al di là del solito mercanteggiamento, è una tipica considerazione tedesca, una forma di obbedienza anticipata che esiste solo in questo paese. Gli olandesi, i francesi o gli italiani non avrebbero mai avuto l'idea di dover pagare un "prezzo" politico per il loro presidente della BCE.

Altmaier mette sul piatto della bilancia un peso politico all'altezza?

Merkel, invece di un presidente della BCE, sarà soprattutto in grado di mettere alla presidenza della prossima commissione europea una persona fidata? Chi ritiene che un presidente di commissione sia piu' importante del presidente della BCE ha dimenticato quale è stato l'attore piu' capace durante la crisi dell'euro. Draghi ha mostrato che un presidente BCE consapevole del proprio potere in 8 anni ottiene molto di piu' di un presidente della commissione in cinque.

Gli ultimi presidenti di commissione erano tutti ex capi di governo. Il ministro della difesa o dell'economia del nostro paese avranno un peso politico sufficiente in quanto potenziali candidati? Qual'è la forza trainante di un parlamentare europeo poco conosciuto fuori da Bruxelles nel ruolo di candidato principale di Merkel per il Partito Popolare Europeo?

Merkel ha deciso contro Weidmann. E' sicuramente un suo diritto, ed è politicamente persino comprensibile. Perché al centro della sua politica non ci sono i risparmiatori o i contribuenti, ma i rifugiati. Vorrebbe continuare la sua politica sui rifugiati a livello europeo e in futuro redistribuire i migranti all'interno dell'UE. Per questo progetto, contro il quale c'è una forte resistenza non solo nell'Europa centro-orientale e in Scandinavia, le sarebbe utile avere un presidente della commissione di fiducia. Naturalmente è lecito che la Cancelliera prenda tali decisioni relative alle posizioni da occupare. Con un "candidato" tedesco alla presidenza della commissione puo' anche sperare di portare piu' voti alla CDU alle prossime elezioni europee.

Ma per fare cio' deve per forza rinnegare il suo compagno di viaggio di lunga data Weidmann? Invece di preparare in segreto l'intero pacchetto, l'Unione prima con dei commenti saccenti ha candidato Weidmann alla successione di Draghi, per poi bruciarlo rendendo pubblica una conversazione privata con Merkel. Cio' che resta è un altro presidente della Bundesbank danneggiato.


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lunedì 6 agosto 2018

H.W. Sinn: perché non possiamo banalizzare i saldi Target (parte seconda)

Sulle pagine della FAZ.net va in onda l'ennesima puntata dell'interminabile dibattito sulla natura dei saldi Target. Questa volta il prof. Sinn risponde a Martin Hellwig e a tutti gli economisti tedeschi che continuano a minimizzare l'importanza dei saldi Target, si arriva da qui. Dalla Faz.net


Le regole per il rimborso dei saldi sono state dimenticate


Nell'euro le regole per il rimborso dei saldi Target sono state "dimenticate". E' quindi perfettamente comprensibile che i vertici dei paesi attualmente in crisi abbiano trovato molto vantaggioso farsi stampare sempre piu' denaro dalla propria banca centrale, invece di farselo prestare negli altri paesi alle normali condizioni di mercato. Centinaia di miliardi di euro sono stati prestati alle banche commerciali locali mediante i crediti Ela e Anfa, con una decisione presa in proprio, e allo stesso tempo i paesi in crisi grazie ai loro voti nel consiglio BCE hanno deciso che le banche centrali nazionali per la concessione dei prestiti di rifinanziamento potevano accontentasi di garanzie sempre peggiori. Hanno potuto accettare perfino titoli spazzatura con un rating BBB. Il margine discrezionale per la definizione dei criteri è stato molto ampio.


Le banche commerciali dei paesi sovra-indebitati hanno poi trasferito all'economia privata, a condizioni estremamente favorevoli rispetto a quelle di mercato, tutta questa liquidità stampata nella tipografia nazionale. Cio' ha permesso di fare sempre piu' trasferimenti netti verso gli altri paesi senza che la liquidità nazionale si prosciugasse. Si tratta di un aspetto decisivo di cui Hellwig non si occupa. Le banche centrali del sud, con la loro enorme creazione di credito, hanno marginalizzato gli investitori internazionali i quali hanno sviluppato una sempre maggiore riluttanza a finanziare il crescente debito pubblico e privato nell'Europa meridionale.

La marginalizzazione del mercato dei capitali privato attraverso la rinuncia ad un premio di rischio adeguato per uno specifico paese rappresenta una distorsione fondamentale nella allocazione del capitale che nel lungo periodo rende l'Europa piu' debole. Non è un problema transitorio e nemmeno una questione di eredità del passato, piuttosto un problema strutturale e permanente che puo' affondare l'Europa se non viene risolto.

La creazione asimmetrica di moneta è solo una delle ragioni della crescita dei saldi Target. Dal 2015 si sono poi aggiunti gli acquisti nell'ambito del programma di QE che nel frattempo hanno raggiunto i 2.4 trilioni di euro e che per circa la metà del loro importo hanno riguardato investitori non appartenenti all'area dell'euro. Poiché gli investitori hanno trasferito i loro proventi soprattutto in alcuni paesi del nord dell'eurozona, soprattutto in Germania, per poter poi investire il loro denaro in questi paesi, le  banche centrali coinvolte si sono trovate costrette a fornire la liquidità richiesta, fatto che ha portato ad un ulteriore aumento dei saldi Target.

Scambio fra i titoli di debito pubblico cartolarizzati e debiti Target

Il procedimento tecnico di cui la BCE in questo contesto parla volentieri implica che nel portafoglio degli investitori di tutto il mondo una grande quantità di titoli di stato del sud-Europa sia stata sostituita da attività di ogni tipo provenienti dalla Germania, mentre i venditori residenti in Germania, incluse le banche, che hanno messo a disposizione dei loro clienti i conti bancari hanno ricevuto in cambio dei pagamenti in euro dalla Bundesbank, la quale a sua volta è stata compensata con dei crediti Target nei confronti dell'eurosistema. Si tratta di una enorme azione di ristrutturazione del debito a cui la Bundesbank ha dovuto partecipare forzosamente.

I paesi sovra-indebitati dell'Eurozona hanno potuto sostituire il loro debito pubblico cartolarizzato verso investitori privati, i quali a volte possono anche diventare noiosi, con dei comodi debiti Target nei confronti dell'eurosistema e quindi sostituire indirettamente i creditori privati con la Bundesbank. Allo stesso tempo gli investitori di tutto il mondo hanno avuto la possibilità di scambiare i loro titoli di stato del sud-Europa con delle azioni, delle aziende, delle partecipazioni o altre attività. Certamente fra i portafogli salvati ce n'era anche qualcuno tedesco, cosa che avrà sicuramente fatto rallegrare alcuni gestori di fondi tedeschi. Questi tuttavia avrebbero potuto essere salvati in maniera diretta risparmiando molto denaro, se solo lo si fosse voluto. Non era certo necessario salvare tutti i fondi pensione investiti nell'Europa del sud. Il giubilo che il programma di QE ha scatenato a Wall Street e a Londra dovrebbe destare qualche preoccupazione.

Draghi: l'Italia deve saldare per intero il debito Target

In particolare il pericolo si materializzerebbe se un paese o piu' paesi dovessero lasciare l'eurosistema. Se l'eurosistema nel complesso dovesse collassare, la parte tedesca dell'area valutaria si troverebbe su di un enorme montagna di moneta creata dalla banca centrale, troppo grande per un solo paese e con enormi rischi di inflazione. La Bundesbank dovrebbe quindi avviare una riforma monetaria oppure incassare il denaro per poi bruciarlo, ad esempio vendendo titoli pubblici che in precedenza aveva ricevuto in regalo dal tesoro tedesco. Questo scenario è la minaccia con l'aiuto della quale la Germania nei prossimi anni potrebbe essere costretta ad entrare in una unione di trasferimento. Le perdite in quel caso si manifesterebbero nel bilancio dello stato.

Sarebbe molto scomodo anche se un singolo paese come l'Italia dovesse minacciare l'uscita. In una lettera a 2 deputati Cinque Stelle Mario Draghi ha dichiarato che l'Italia in caso di uscita dalla moneta unica avrebbe dovuto saldare interamente il suo debito Target. Secondo Martin Hellwig, tuttavia, non vi è alcuna base giuridica per fare cio', e anche se fosse obbligata a farlo, di fatto Banca d'Italia potrebbe anche non adempiere ai suoi obblighi perché i suoi attivi sarebbero costituiti da lire svalutate e sul lato del passivo del bilancio ci sarebbero i debiti Target in euro. In un modo o nell'altro la Germania dovrebbe sopportare una perdita in proporzione pari al 31% del debito Target italiano mentre non sarebbe possibile annullare né l'acquisto dei titoli di stato fatto da Banca d'Italia né il trasferimento di merci e attività tedesche agli stranieri.

Che lo stato italiano in questo caso sia solvente o meno, contrariamente all'opinione di Hellwig, non ha alcuna importanza, perché i titoli di stato italiani che Banca d'Italia ha acquistato appartengono solo a lei, e non sono garantiti dall'eurosistema. Si tratta in primo luogo degli stessi saldi Target.

Avrei preferito che ad occuparsi dei saldi Target al posto dei tecnocrati dell'eurosistema almeno una volta nella storia dell'eurozona vi fossero stati dei rappresentanti eletti democraticamente affinché l'opinione pubblica possa finalmente capire cosa sta realmente accadendo.

H.W. Sinn: non possiamo banalizzare i saldi Target (prima parte)

Sulle pagine della FAZ.net va in onda l'ennesima puntata dell'interminabile dibattito sulla natura dei saldi Target. Questa volta il prof. Sinn risponde a Martin Hellwig e a tutti gli economisti tedeschi che continuano a minimizzare l'importanza dei saldi Target . Dalla Faz.net


La crescita dei saldi Target obbliga la BCE a fare chiarezza. Il suo presidente cerca di schivare le domande relative al loro rimborso, ad una loro limitazione o alle garanzie e accusa ogni critico di volere la fine l'euro. Il presidente del DIW nonché ex-dipendente della BCE Marcel Fratzscher ritiene invece che i critici della BCE siano vicini ad AfD e li accusa di voler creare il panico. Altri ipotizzano almeno un sentimento anti-europeo. Molti giornalisti in previsione del superamento del limite del trilione di euro hanno preso parte ad un'azione di rassicurazione concordata e preventiva. Evidentemente il nervosismo sta crescendo. 

Anche  Martin Hellwig si unisce alle loro fila. Quando il tema dei saldi Target emerse per la prima volta egli lavorava alla BCE come responsabile per il monitoraggio dei rischi macroeconomici. Anche allora per lui si trattava solo di banali saldi. Ora si difende, ma senza portare argomenti convincenti.


I crediti Target della Bundesbank sono un attivo, ovvero un credito non garantito nei confronti dell'eurosistema sul lato sinistro del bilancio (dare), compensato dalle passività delle altre banche centrali sul lato destro (avere). Cosi' la banca centrale spagnola al momento conta circa 400 miliardi di euro e quella italiana circa 500 miliardi di euro di debiti Target. La stessa Francia si trova con 80 miliardi di euro in terreno negativo.

I saldi Target sono molto piu' di semplici operazioni di compensazione

Continuare a parlare di semplici operazioni di compensazione nel contesto del sistema di pagamento Target è una banalizzazione fuorviante, in quanto i saldi Target misurano i trasferimenti netti da altri paesi verso la Germania. Trasferimenti che hanno obbligato la Bundesbank ad eseguire degli ordini di pagamento per conto delle altre banche centrali. Sono stati rimborsati dei debiti in Germania e poi con il denaro incassato sono stati realizzati degli acquisti nel paese. In questo modo è finita in mani estere una quantità netta di beni e attività come azioni, titoli di debito, società, case e conti bancari per un valore complessivo di circa 1.000 miliardi di euro, senza che per questo sia tornata indietro alcuna sostanza reale. I crediti della Bundesbank nelle statistiche della bilancia dei pagamenti sono registrati come una parte del patrimonio estero tedesco e corrispondono alla metà delle attività estere nette complessive della Germania.

La Bundesbank con gli ordini di trasferimento produce del cosiddetto "denaro esterno" (Außengeld), per il quale a differenza del "denaro interno" (Innengeld), prestato alle banche nazionali, riceve un credito Target nei confronti dell'eurosistema e quindi indirettamente nei confronti delle altre banche centrali dell'eurosistema. Dal punto di vista dei singoli beneficiari tedeschi dei pagamenti, l'origine del denaro è indifferente, tuttavia quello che ricevono è denaro della banca centrale: un credito nei confronti della propria banca centrale e quindi nei confronti di un'istituzione che appartiene a loro in quanto cittadini.

Se i crediti Target nei confronti delle altre banche centrali dovessero venire meno, la Germania non sarebbe in alcun modo rimborsata per i beni e le attività, compresi i titoli di debito rimborsati, che sono stato trasferiti agli stranieri. In questo caso i contribuenti tedeschi avrebbero rimborsato i debiti degli stranieri e avrebbero pagato per gli stessi beni e le attività patrimoniali consegnate. Per le eventuali perdite della Bundesbank sarà il contribuente tedesco a dover essere responsabile, sia rinunciando alla distribuzione degli utili che attraverso una ricapitalizzazione della Bundesbank, fra loro equivalenti.

Un fido bancario

Secondo la mia interpretazione i crediti Target della Bundesbank sono paragonabili ad un fido bancario nell'ambito dei rapporti dell'eurosistema, simili ai diritti speciali di prelievo del FMI oppure ai limiti di credito concessi alle banche centrali nell'ambito dei sistemi a cambio fisso.

Hellwig mette in dubbio la natura creditizia dei saldi Target in quanto egli ritiene che la Bundesbank sia una filiale della BCE, e considera "semanticamente priva di senso" un'analisi dei flussi di pagamento internazionali basata sull'economia tedesca, in quanto, dietro ai pagamenti ci sono sempre delle persone e delle istituzioni, la cui classificazione per nazionalità, secondo lui, non è importante.

In questo modo egli porta il corso della storia molto avanti, perchè lo stato europeo, che forse consentirebbe una tacita rinuncia nei confronti delle rivendicazioni verso gli altri paesi, in Europa non è stato ancora fondato. Fino ad ora i beni della Bundesbank appartengono ancora allo stato tedesco. La Corte Costituzionale tedesca ha ripetutamente sottolineato che la Bundesbank non deve sottomettersi ad un meccanismo di pagamento a favore di altri paesi.

Anche gli Stati Uniti, che sono uno stato unico, vengono divisi in ulteriori 12 distretti della banca centrale con un proprio bilancio. I saldi Target (li' denominati saldi Isa) negli Stati Uniti vengono compensati annualmente attraverso il trasferimento di titoli fruttiferi negoziabili. Di conseguenza molti trasferimenti inter-distrettuali per compensare i deficit di finanziamento locali vengono realizzati dalle banche commerciali alle condizioni di mercato.

Le regole per i rimborsi sono state dimenticate

Nell'euro le regole per il rimborso dei saldi sono state "dimenticate". E' quindi comprensibile che i vertici dei paesi attualmente in crisi abbiano trovato molto attraente farsi stampare sempre piu' denaro dalla propria banca centrale, invece di farselo prestare negli altri paesi alle normali condizioni di mercato. Centinaia di miliardi di euro sono stati prestati alle banche commerciali locali mediante i crediti Ela e Anfa, con una decisione propria, e allo stesso tempo i paesi in crisi grazie ai loro voti nel consiglio BCE hanno deciso che le banche centrali nazionali potevano accontentasi di garanzie sempre peggiori per la concessione dei prestiti di rifinanziamento. Hanno potuto accettare perfino titoli spazzatura con un rating BBB. Il margine discrezionale per la definizione dei criteri è stato molto ampio.

CONTINUA (parte seconda)>>



venerdì 20 luglio 2018

Hans Werner Sinn sui saldi Target (seconda parte)


Il prof. Hans Werner Sinn dalle pagine della Frankfurter Allgemeine Zeitung torna ad infiammare il dibattito tutto tedesco sulla natura dei saldi Target e rilancia la sua versione dei fatti: la Germania sarebbe ormai un self-service dove gli europei si riforniscono di merci senza saldare il conto mentre i sud-europei grazie alla liquidità illimitata garantita dalla banca centrale hanno vissuto al di sopra dei propri mezzi. A pagare il conto alla fine saranno i tedeschi, amen. Parte seconda, si arriva da qui



Cosi' la Bundesbank, ad esempio, ha dovuto eseguire gli ordini di addebito in arrivo dalla banca centrale spagnola, i quali avevano l'obiettivo di riportare a casa i titoli di stato spagnoli riacquistati dagli assicuratori sulla vita tedeschi. Ha dovuto creare nuovo denaro e darlo al venditore del titolo affinché il titolo potesse tornare nelle mani della banca centrale spagnola, una istituzione dello stato spagnolo. Si è trattato sicuramente di un buon affare per la Spagna, in quanto un titolo di debito pubblico nelle mani di un investitore privato, che in alcuni casi puo' anche diventare problematico, veniva comodamente sostituito da un semplice debito contabile nei confronti dell'eurosistema e indirettamente verso la Bundesbank. Un debito contabile senza scadenza e al momento senza nemmeno un tasso di interesse. Per la Germania l'affare sicuramente non è stato molto vantaggioso. Non c'è dubbio che i venditori tedeschi siano stati pagati con il denaro della Bundesbank, ma questo in realtà è solo un credito nei confronti di un'istituzione dello stato tedesco che in cambio ha ricevuto un credito Target nei confronti dell'eurosistema.

La Bundesbank ha inoltre aiutato i sud-europei a liberarsi dai loro debiti verso gli investitori di tutto il mondo e a sostituirli con un debito contabile verso l'eurosistema, che ha sua volta costituisce un debito contabile nei confronti della Bundesbank. Per restare sullo stesso esempio: se la banca centrale spagnola riacquista i titoli di stato spagnoli da un investitore di Shanghai il quale poi, dato che questa transazione ha portato ad una svalutazione dell'euro, con i proventi realizzati dalla vendita acquista un'azienda tedesca, anche in questo caso ci troviamo di fronte ad un buon affare per gli spagnoli. Un debito cartolarizzato nei confronti di un investitore privato cinese è stato sostituito da un debito contabile verso l'eurosistema. L'investitore cinese per la cessione del titolo spagnolo è stato ricompensato con l'azienda tedesca, mentre il venditore dell'azienda tedesca ha ricevuto degli euro che rappresentano tuttavia un credito nei confronti della Bundesbank per il quale la Bundesbank è stata ricompensata a sua volta con un credito Target.

Naturalmente si tratta solo di esempi. Puo' anche darsi che l'investitore straniero abbia acquistato azioni o altri titoli o immobili tedeschi, dato che come accadeva nel sistema di Bretton Woods la Germania resta a buon mercato e offre buone merci e buone possibilità di investimento. Oppure l'investitore straniero ha trasferito il proprio denaro sui conti bancari tedeschi in attesa di opportunità di acquisto favorevoli. Anche il denaro affluito in questo modo rappresenta tuttavia un credito nei confronti della Bundesbank coperto solo dai saldi Target. Assurdo è invece il fatto che questa volta sul banco non venga messo dell'oro.

I rischi

I crediti Target significano oneri e rischi per lo stato tedesco, il quale è il proprietario della Bundesbank e ha il diritto di incassare all'infinito gli interessi sui saldi target. Cosi' come accadrebbe ad un'azionista in caso di mancato pagamento dei dividendi, lo stato tedesco in caso di una perdita sui crediti Target dovrebbe sopportare gli stessi oneri nei confronti dell'eurosistema. Cio' è indipendente dal fatto che lo stato tedesco debba ricapitalizzare o meno la Bundesbank.

Il rischio di una perdita diventa concreto nel momento in cui le altre banche centrali, a causa dei loro debiti Target, non possono piu' far fronte ai loro impegni di pagamento all'interno dell'eurosistema. Cosi' ad esempio un fallimento dello stato italiano, insieme ai suoi effetti indiretti sul sistema bancario a causa dell'elevato debito Target della Banca d'Italia, quasi mezzo trilione di euro, anche nel caso di pignoramento degli utili provenienti dal signoraggio, oppure di utilizzo di tutte le riserve disponibili, si trasformerebbe in una perdita per diverse centinaia di miliardi di euro per il resto dell'eurosistema, di cui la Germania dovrebbe sostenere il 31%. La situazione sarebbe molto simile se l'Italia dovesse uscire dall'euro e smettesse di onorare i suoi debiti Target. 

Si spera che questi scenari estremi non si materializzino mai, tuttavia sono rilevanti per l'ulteriore sviluppo dell'eurozona nella misura in cui forniscono ai paesi in crisi una potenziale arma di minaccia finalizzata alla creazione di una unione di trasferimento. Il nuovo governo italiano ha giocato apertamente questa carta. O i paesi del nord mettono mano al borsellino oppure dovranno farlo con l'uscita dalla moneta unica, se necessario tramite il fallimento della propria banca centrale.

Ad un esame più attento, tuttavia, questo minaccia potenziale non è così forte come potrebbe sembrare inizialmente, perché i crediti Target della Bundesbank, anche in normali circostanze, non manterranno il valore con il quale sono stati iscritti a bilancio. Un normale istituto finanziario privato dovrebbe svalutare completamente un credito con un interesse pari a zero e che forse solo in un secondo momento potrà generare un tasso di interesse reale determinato dagli stessi debitori. Da questo punto di vista la metà delle attività nette sull'estero della Germania, accumulate tramite gli avanzi delle partite correnti, già oggi probabilmente dovrebbero essere considerata come un banale pro memoria.

In considerazione della crescita continua dei saldi Target di Italia e Francia è arrivato il momento per la politica di entrare in azione e porre fine alla strategia del silenziatore e della banalizzazione. Anche molti giornalisti non dovrebbero farsi imbrigliare da questa strategia. La Germania, a differenza della Francia, dovrà affrontare dei gravi problemi demografici che comunque a partire dagli anni '30 causeranno serie difficoltà finanziarie. Non puo' restare ferma a guardare la dissoluzione del suo patrimonio causata dal sistema Target.

Esistono delle possibilità per contenere i saldi Target. Si potrebbero rimuovere le cause sopra indicate da individuare nella eccessiva creazione asimmetrica di credito all'interno dell'eurosistema, ma ciò presuppone che i potenti debitori Target all'interno del consiglio BCE siano disposti a rinunciare ai loro privilegi. Sarebbe invece piu' efficace se i tribunali e i parlamenti affrontassero il tema e mettessero in piedi un sistema per il rimborso annuale dei saldi Target, come accade fra i 12 distretti della banca centrale americana. Si potrebbe anche introdurre un massimale senza necessariamente dover limitare i pagamenti in quanto le banche potrebbero effettuare fra di loro, attraverso le clearing house private, i trasferimenti internazionali, oppure ricorrere a delle specifiche fusioni all'interno delle loro reti. Al fine di dare il tempo necessario per la costruzione di tali reti, il superamento del limite massimo dovrebbe essere consentito solo dietro il pagamento di una penalità. Le misure da adottare richiedono certamente ulteriori discussioni. Solo una cosa è chiara: non possiamo andare avanti in questo modo.

domenica 15 luglio 2018

Thomas Mayer: verso il Target 3

Thomas Mayer, professore di economia, ex capo-economista di Deutsche Bank nonché abituale commentatore sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung, nella sua rubrica settimanale sulla FAZ getta altra benzina sul fuoco del ben noto dibattito sui saldi Target. Per Mayer la Bundesbank dovrebbe forzare un'uscita dal Target 2 e imporre un nuovo sistema Target 3 in cui i debitori del sud dovrebbero garantire con l'oro o altre riserve i trasferimenti fra le banche centrali dell'eurosistema.. Dalla FAZ.net


In quale altra banca i clienti possono ottenere un credito di qualsiasi importo senza nessuna garanzia, senza scadenza e a tasso zero? Si dovrebbe pensare, da nessuna parte. Ma invece questo è proprio quello che la BCE offre ai suoi membri. Nel sistema di pagamento interbancario Target2 i membri del sistema europeo delle banche centrali possono finanziare il loro paese per un tempo illimitato, senza alcun limite e a tasso zero. In questo sistema la Bundesbank tedesca si è involontariamente trasformata nel principale creditore: alla fine del mese scorso aveva prestato 976 miliardi di euro alla BCE. Banca d'Italia è invece il piu' grande debitore. A fine maggio aveva 465 miliardi di debito verso la BCE.

Le voci equilibrate della BCE cercano di calmare le acque. Secondo queste voci si tratterebbe solo di saldi contabili di compensazione senza alcun significato economico. Non è vero. I saldi Target riflettono i differenziali di tasso di interesse fra i paesi della zona euro, che sono molto piu' bassi rispetto alla valutazione del rischio data dagli investitori. L'Italia è il caso piu' evidente.

Poiché il livello dei rendimenti sui  titoli di stato italiani a 10 anni non compensa l'esposizione al rischio degli investitori, essi utilizzano il programma di acquisto della BCE per scambiare un rischio di credito italiano con uno tedesco. Per fare questo offrono un bond italiano alla BCE a Francoforte. Una banca tedesca accredita il denaro al cliente e in cambio del titolo ottiene il denaro della riserva della Bunesbank. La Bundesbank trasferisce quindi il titolo a Banca d'Italia. In cambio riceve un credito della BCE mentre per Banca d'Italia si crea un debito corrispondente, un debito che non fa male. L'investitore si è liberato del rischio italiano, che ora invece è in carico alla BCE. Poiché questa non ha abbastanza capitale proprio per coprire il rischio di un default italiano, il rischio resta in capo alla Bundesbank. All'interno dell'eurozona tramite il sistema Target 2 vengono quindi redistribuiti rischi per importi giganteschi a scapito della Bundesbank.

Il meccanismo di trasferimento del rischio incorporato nel sistema Target 2 è unico e probabilmente in un primo momento non è stato compreso a fondo da nessun politico tedesco. Perché altrimenti non si spiega come mai la parte tedesca abbia accettato che nel copiare il sistema di pagamento americano Fedwire sia stata omessa la parte che limita questi trasferimenti. Nel Fedwire infatti i saldi derivanti dai pagamenti fra le diverse regioni americane ogni anno devono essere saldati con trasferimenti di attività da parte delle banche centrali la cui regione ha accumulato un deficit. Questo incentiva le banche centrali regionali a fare in modo che le banche della loro area di responsabilità non prestino troppo facilmente denaro ai clienti a rischio.

La BCE non ha le risorse necessarie e non sarà in grado di incassarle dai propri debitori per poter estinguere i suoi debiti nei confronti della Bundesbank. Questa pertanto probabilmente resterà con il cerino in mano di tutti i crediti maturati in passato. Tuttavia c'è un modo per impedire alla montagna di continuare a crescere: in futuro dovrà insistere per ottenere un saldo annuale delle posizioni. A tal fine le banche centrali dei paesi della zona euro con un deficit delle partite correnti dovrebbero su base mensile impegnare presso la BCE riserve e capitale proprio per un valore equivalente al deficit. Per arrestare la fuga di capitali e per non perdere quanto versato in pegno, queste banche centrali dovrebbero fare in modo che le banche commerciali sotto il loro controllo aumentino il premio al rischio sui loro tassi di prestito e deposito. Gli investitori che oggi per i loro affari evitano alcune borse, perché li' possono scambiare solo obbligazioni rischiose in cambio di depositi bancari ancora piu' rischiosi, verrebbero attratti da un tasso di interesse piu' allettante. In altre parole sarebbe piu' lucrativo vendere titoli di stato italiani a Milano rispetto a Francoforte.

Sarebbe da ingenui aspettarsi che le altre banche centrali e i loro governi possano acconsentire volontariamente alla sostituzione del sistema Target 2 con un sistema esteso per la liquidazione dei saldi, chiamiamolo Target 3. Per poterlo imporre la Bundesbank dovrebbe dichiarare unilateralmente di voler uscire dal Target 2 e che i pagamenti futuri saranno gestiti solo attraverso il Target 3. Per fare cio' tuttavia ci sarebbe bisogno del sostegno della politica.

Nella loro "dichiarazione di Meseberg" la Cancelliera e il presidente francese hanno sproloquiato di un "meccanismo di riassicurazione", di una "garanzia congiunta sui depositi" e di un "budget per l'eurozona". Della piu' grande pentola finanziaria, Target 2 appunto, non se ne è parlato affatto. Di fatto non si puo' parlare di "condivisione del rischio" e di "solidarietà" all'interno dell'eurozona, senza prendere in considerazione questo polipo finanziario.