Visualizzazione post con etichetta german dominance. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta german dominance. Mostra tutti i post

giovedì 29 novembre 2018

Die Welt: "il Migration Compact è un invito a tutti, un programma di immigrazione senza precedenti"

A scriverlo non è il solito foglio di estremisti dell'est ma la liberale e liberista Die Welt tramite la penna del direttore Stefan Aust il quale si è preso la briga di analizzare il testo del famoso Global Compact for Migration dell'ONU ed insieme al collega, il giornalista investigativo Helmar Büchel giunge ad una conclusione drastica: dopo il voto di approvazione del Bundestag la Cancelliera farebbe meglio a dimettersi per non dover assistere agli effetti dell'accordo. Ne parla Epoch Times



I giornalisti vicini ad AfD e gli altri critici del Migration Compact delle Nazioni Unite vengono continuamente accusati dai partiti politici tradizionali di diffondere inconsistenti teorie allarmiste e complottiste. 

Tuttavia anche il direttore di "Die Welt" Stefan Aust e il suo collega giornalista investigativo Helmar Büchel, dopo un'analisi approfondita del documento consigliano apertamente alla cancelliera Angela Merkel di ritirarsi dalla politica subito dopo l'entrata in vigore del controverso accordo:

"se la Cancelliera è intelligente, allora dovrebbe ritirarsi dalla politica attiva il prima possibile, così da non farsi trovare in carica quando ci sarà da gestire le conseguenze del Migration Compact".

Nonostante le rassicurazioni in merito alla natura non vincolante dell'accordo, i due professionisti dei media sostengono che dopo il

"flusso dei richiedenti asilo, arriverà presto un altro flusso, quello dei migranti per motivi economici ".

E non dovranno nemmeno aspettare troppo prima di vedere riconosciuto il loro status.

Aust e Büchel si riferiscono alle rassicurazioni fornite da Angela Merkel durante il congresso CDU di Essen nel dicembre 2016, secondo cui l'apertura delle frontiere nell'estate del 2015 in seguito ad una sua decisione unilaterale, sarebbe stata una "scelta irripetibile dettata da motivi umanitari", un'eccezione non valida per i cosiddetti migranti economici.

Il Migration Compact rende tutto cio' obsoleto, perché 

"di fatto estende i diritti dei richiedenti asilo e dei rifugiati di guerra, a tutti coloro che, per ragioni economiche - comprensibili - lasciano i loro paesi d'origine e cercano fortuna nelle regioni ricche del mondo, specialmente in Europa"

L'Austria con le sue preoccupazioni ha ragione 

Anche gli autori dell'analisi, come del resto il governo federale austriaco, che ha  giustificato allo stesso modo la decisione di non firmare il patto, ritengono che il patto non crei una legge vincolante direttamente applicabile, ma la cosiddetta "legge soft" che ne emerge, tuttavia, svilupperà nel tempo la propria dinamica e i propri effetti. Le potenti ONG potrebbero utilizzarlo in futuro come metro di giudizio per valutare l’operato dei governi e gradualmente il testo potrebbe anche entrare nei corrispondenti procedimenti legali in materia di asilo e di respingimento.

Per quanto riguarda la "candida" rassicurazione fornita dal governo tedesco, secondo il quale l'accordo sarebbe "politicamente, ma non giuridicamente vincolante", Aust e Büchel hanno un messaggio chiaro: "alla fine potrebbe non esserci alcuna differenza". Alcuni membri della Fondazione Wissenschaft und Politik (SWP), il "think tank" vicino al governo federale, come ad esempio Steffen Angenendt e Nadine Biehler, avevano bollato la bozza dell'accordo nell'aprile del 2018 come "non sufficientemente ambiziosa".

A livello mondiale il numero dei rifugiati e dei migranti è in aumento, ed entrambi i gruppi finiscono sempre più per mescolarsi fra loro. Ciò rende molti governi incapaci o non disposti a rispettare i loro obblighi di protezione nei confronti dei rifugiati. "Crescono le divisioni e l'unilateralismo nazionale - con il risultato che la protezione globale dei rifugiati si sta erodendo", proseguono dalla SWP. La conseguenza in questa situazione per loro sembrerebbe essere solo una: immigrazione illimitata e diritti uguali per tutti. Di fatto "l'eccezione umanitaria" del 2015 si trasformerebbe in uno stato permanente.

Merkel, scrivono gli autori su "Die Welt", ha de facto sostituito l'articolo 16 della Costituzione tedesca, il quale intendeva limitare il diritto di asilo ai  perseguitati politici – con delle restrizioni peraltro per chi entra in Germania da paesi terzi:

"sebbene anche in passato nessuno fermava i richiedenti asilo che senza autorizzazione si dirigevano verso la Germania, Merkel di fatto ha concesso a questa immigrazione illegale di massa la  benedizione del governo".

Heusgen è stato premiato dall'ONU con un posto per la moglie

Il governo federale si vanta anche di aver guidato i lavori di preparazione del Migration Compact delle Nazioni Unite dal punto di vista del "contenuto politico, del personale e del finanziamento", con l’intento di sottolineare il "ruolo di regista internazionale in materia di asilo e migrazione" del governo di Berlino. Il riferimento fatto da "Die Welt" agli sforzi del rappresentante permanente della Germania presso le Nazioni Unite, Christoph Heusgen, per fornire anche a sua moglie una posizione ben pagata presso l'ONU - sforzo in cui alla fine ha avuto successo - chiarisce che l'atteggiamento moralmente buonista spesso ripaga anche sul piano personale.

Il Patto per i rifugiati (GCR) ha come obiettivo, secondo il governo federale, quello di una più equa suddivisione delle responsabilità internazionali nei grandi movimenti dei profughi, il Migration Compact (GCM), dovrebbe invece rappresentare la base giuridica per una gestione globale della migrazione, in maniera sicura e regolare. E la Germania, come viene sottolineato con un certo orgoglio, ha attivamente contribuito a modellare il progetto dei due patti con delle proposte sul contenuto di entrambi i documenti.

Anche in questo ambito ci si augura che "am deutschen wesen soll die welt genesen" (tutto il mondo dovrà imparare dai tedeschi) e alla fine anche gli altri stati potranno introdurre le stesse norme tedesche in materia di politiche migratorie - con una conseguente riduzione della pressione migratoria verso la Germania. Altri paesi, persino la Danimarca e la Svezia, che non la pensavano in questo modo, hanno rispedito una parte dei rifugiati verso la Germania.

A cio' si aggiunge il "Piano delle grandi autorità mondiali" - per molto tempo considerato una teoria complottista di destra - per così dire, "un piano dall'alto verso il basso", e cioè compensare attraverso le migrazioni il declino demografico, la contrazione della forza lavoro e l'invecchiamento generale della popolazione. Dal 1995 al 2050 solo la Germania avrebbe bisogno di un'immigrazione netta di 25,2 milioni di persone.

Il corrispondente studio è stato pubblicato nel 2000 dalla divisione delle Nazioni Unite che si occupa di popolazione, allora guidata da Antonio Guterres, oggi segretario generale dell'ONU, il quale considera il Migration Compact come una "opportunità senza precedenti per i responsabili politici," per affrontare "i miti dannosi nei confronti dei migranti e sviluppare una visione comune attraverso la quale la migrazione potrà funzionare per tutte le nostre nazioni ... "

Se tutta l'immigrazione diventa legale, non vi sarà piu’ alcuna immigrazione illegale

Il patto dovrebbe quindi servire anche ad educare la gente. La logica sottostante dell'ONU è quella secondo la quale il modo più efficace per combattere l'immigrazione clandestina è legalizzare tutti gli attraversamenti di confini.

Cosa dovremmo pensare delle rassicurazioni relative al patto per la migrazione, secondo le quali i singoli paesi anche in futuro potranno continuare a definire le loro politiche migratorie, lo chiariscono gli avvertimenti di Guterres. Egli considera infatti come "politiche controproducenti" tutte quelle politiche che intendono limitare l'immigrazione, aumentando la "vulnerabilità dei migranti".

Il patto stesso contiene anche formulazioni auliche, secondo Aust e Büchel, con molte frasi e riferimenti alti – in particolare quando il testo parla degli obiettivi su cui i membri delle Nazioni Unite si sono impegnati. Al contrario non vengono menzionati i possibili problemi e conflitti che potrebbero derivare dalla migrazione stessa: conflitti culturali e religiosi, diversità di valori, potenziali oneri a carico dei sistemi sociali o problemi di sicurezza interna.

Gli articoli del patto includono anche alcune ovvietà, come l'obbligo di salvare vite umane, la "gestione coordinata delle frontiere ", la lotta contro i trafficanti, o "il miglioramento della disponibilità e della flessibilità dei percorsi per la migrazione regolare", la "promozione del reclutamento etico e ragionevole dei lavoratori" o " il rafforzamento della certezza del diritto e della prevedibilità nelle procedure di migrazione".

Media controllati come prezzo per la governance globale

Agli stati nazione vengono inoltre date delle linee guida, come ad esempio quella di "usare la detenzione degli immigrati come extrema ratio" oppure quella di impegnarsi a "sradicare tutte le forme di discriminazione e promuovere un discorso pubblico basato su fatti dimostrabili per modellare la percezione della migrazione ".

Questo include ovviamente il controllo sui media:

Nel pieno rispetto della libertà di stampa "i media dovranno essere gestiti con l’obiettivo di sensibilizzare sui temi della migrazione", "investendo in standard di rendicontazione etica" oppure "cessando il finanziamento pubblico o il supporto materiale ai media che incentivano l'intolleranza sistematica, la xenofobia, il razzismo e altre forme di discriminazione contro i migranti ".

Aust e Büchel si pronunciano in maniera molto chiara sugli obiettivi e gli obblighi definiti dal patto:

"I regolamenti descrivono essenzialmente un debito da parte del paese di destinazione, cioè quello di garantire ai migranti uno status che non differisce affatto da quello di un richiedente asilo riconosciuto o di un rifugiato di guerra. In molte parti del documento il testo dà l'impressione che la migrazione sia un diritto umano universale, elenca così tante regole di protezione e cosi' tanti impegni per il sostegno ai migranti regolari e illegali che gli stati di destinazione in pratica dovranno fornire, proteggere e intrattenere ogni persona che si presenta alle frontiere”.

I paesi di destinazione avranno quindi un debito: quello di rendere il più confortevole possibile l'immigrazione.

Quello che il governo federale austriaco vuole evitare e quello che, almeno secondo i sostenitori del patto, non ne è mai stato l'obiettivo esplicito, vale a dire istituire un "diritto umano alla migrazione" sarebbe, se non nell'intento, almeno il risultato dell'accordo. I diritti della popolazione del paese di arrivo non vengono presi in considerazione, i doveri degli immigrati non vengono mai menzionati. Il patto, secondo Aust e Büchel, è stato modellato sulle esigenze dei paesi di emigrazione africana.

I 2 giornalisti si aspettano pertanto che l'effetto del documento sarà almeno pari a quello della cultura del benvenuto dell'autunno 2015, compresi i selfie con la Cancelliera. Le ragioni principali delle pressioni migratorie, come i regimi corrotti, le lotte di potere, le guerre civili e i cambiamenti di regime, che raramente hanno portato a dei miglioramenti, restano ampiamente ignorati.

"Il patto si basa sull’uguaglianza e il livellamento dei costumi, delle abitudini, delle forme giuridiche, della comprensione della democrazia e delle forme di comportamento culturale e sociale fra i paesi ospitanti e quelli di origine dei migranti. Nella sua foga regolamentatrice, il documento nasconde la realtà della migrazione odierna e i suoi svantaggi "
.
il patto è

"un invito ai paesi di origine a risolvere i loro problemi interni come la disoccupazione, la carenza di alloggi, la violazione dei diritti umani, la crescita della popolazione, la corruzione, la mancanza di valuta estera e così via, esportando una parte della loro popolazione".

Nel patto, dove peraltro sfuma ogni distinzione tra rifugiati di guerra, perseguitati politici e migranti economici, la mania pianificatrice delle Nazioni Unite si unisce al pio desiderio di un mondo perfetto per i migranti. Gli interessi dei paesi di destinazione non hanno nessuna rilevanza.

"[...] non è menzionato nemmeno il numero totale di immigrati o di coloro che arrivano da determinate regioni oppure il livello di integrazione, le possibilità di formazione professionale, le opportunità di lavoro o la disponibilità di prestazioni sociali o di alloggi. È un programma di immigrazione senza precedenti e senza limiti, un invito a tutti. "

Merkel si erige un memoriale per l'eternità

Il paragrafo 1, comma 1, della legge tedesca sul diritto di soggiorno attualmente in vigore ha come obiettivo il "controllo e la limitazione dell'immigrazione di stranieri in Germania". In futuro tuttavia l’immigrazione non potrà piu' essere controllata o limitata, ma solo accettata e gestita. Ciò elimina efficacemente anche il controverso limite - già poroso - dei 200.000 richiedenti asilo all'anno concordato dalla Grande coalizione.

Nel patto, "legalmente non vincolante" ma "con una rilevanza politica", secondo le conclusioni di Aust e Büchel sarannno i paesi destinatari a farsi carico del fenomeno visto che nelle 32 pagine del Patto vi "si impegnano" per almeno 87 volte. Tutto ciò però dovrà anche essere controllato. I paesi firmatari del Patto dovranno quindi "sviluppare al più presto ambiziose strategie nazionali  per l'attuazione del Migration Compact". Ogni due anni, il Segretario generale delle Nazioni Unite dovrà riferire all'Assemblea generale, ogni quattro anni dovranno tenersi delle "discussioni globali" con la partecipazione di "tutti i soggetti interessati" per analizzare il livello di attuazione del patto.

Angela Merkel non si stanca di sottolineare che il controverso accordo è soprattutto "nell'interesse nazionale" della Germania. E in considerazione del ruolo di supporto garantito alla stesura del patto, l'auto proclamato studente modello in materia di democrazia, la Germania appunto, ha voluto segnare il territorio secondo il percorso già tracciato dall'ex presidente federale Joachim Gauck il quale aveva parlato della necessità di una "maggiore assunzione di responsabilità a livello internazionale da parte della Germania".

I critici, d'altra parte, sospettano che il Patto delle Nazioni Unite potrebbe essere un indimenticabile regalo d'addio lasciato dalla "Cancelliera del mondo" ad un paese con il quale sembra avere una relazione distante e ad una nazione a lei profondamente estranea.


-->

sabato 24 novembre 2018

Perché il bilancio dell'eurozona è un compromesso al ribasso che non serve a nessuno

Per German Foreign Policy l'accordo franco-tedesco sul bilancio dell'eurozona è un compromesso al ribasso, che servirà a poco, ammesso che prima o poi si materializzi, e che soprattutto conferma ancora una volta l'egemonia tedesca in Europa e il fallimento dell'offensiva di Macron. Un'analisi molto interessante di German Foreign Policy


Il fallimento di Macron

Il bilancio della zona euro, sul quale Germania e Francia la scorsa settimana dopo una lunga trattativa hanno trovato un accordo e che lunedi hanno presentato all'eurogruppo, è considerato dal presidente francese Macron come una delle questioni piu' importanti del suo mandato. Nel suo tanto apprezzato discorso tenuto alla Sorbona nel settembre 2017, Macron aveva chiesto l'introduzione di un ministro delle finanze dell'eurozona e di un bilancio dell'eurozona per contrastare le spinte centrifughe nella zona euro e ridurre gli squilibri socio-economici. Le risorse finanziarie che i paesi dell'eurozona avrebbero dovuto versare nel bilancio comune erano stimate da Macron in diversi punti percentuali di PIL; si parlava quindi di diverse centinaia di miliardi di euro. Berlino invece sin dall'inizio ha sempre cercato di diluire e ritardare questo vasto progetto di riforma. L'attuale proposta è molto meno ambiziosa, infatti, ed è limitata, come il ministro dell'Economia francese, Bruno Le Maire, ha ammesso, a circa lo 0,2 % del PIL della zona euro: dai 20 ai 25 miliardi di euro. [1] Si tratta di numeri molto vicini a quanto proposto dal commissario tedesco al bilancio Guenther Oettinger, il quale già a fine 2017, in risposta all'ambiziosa incursione di Macron, aveva parlato di riservare all'interno del bilancio UE al massimo 20 miliardi di euro per la ulteriore stabilizzazione dell'eurozona.

Finanziamento non chiaro

I dettagli resi noti in merito all'accordo, peraltro molto vaghi, mostrano anche che nella resa dei conti tenutasi dietro le quinte, Berlino ha largamente prevalso su Parigi. I numeri sulla dimensione del bilancio comune non sono ancora vincolanti e il modo in cui dovrà essere finanziato non è ancora chiaro. Il bilancio dell'eurozona dovrebbe inoltre essere integrato all'interno del bilancio ordinario dell'UE. Il compromesso franco-tedesco è pertanto ben lontano dalle idee originali di Macron. Per la parte tedesca era molto importante integrare il futuro bilancio della zona euro all'interno del bilancio UE in modo da garantire che questo "fosse coerente con le politiche generali dell'UE e con le regole di bilancio", è scritto nelle motivazioni. Ed è proprio sulla scia della crisi dell'euro che queste regole sono state modellate sulle esigenze di Berlino. [2] Un altro punto di controversia tra Parigi e Berlino è la tassa sul digitale fortemente voluta da Macron, con la quale si vorrebbe far passare dalla cassa le società Internet statunitensi. Secondo i piani francesi questa tassa dovrebbe aiutare a finanziare il bilancio dell'eurozona. Il governo tedesco tuttavia è alquanto scettico riguardo a questo progetto perché l'industria automobilistica tedesca, che negli Stati Uniti ha un grande mercato, è vulnerabile alle rappresaglie americane. Le case automobilistiche francesi, che hanno una limitata presenza negli Stati Uniti, non hanno molto da temere da eventuali dazi punitivi statunitensi.

Divisi dall'euro

Gli osservatori ritengono che questo progetto di bilancio dell'eurozona non meriti nemmeno questo nome [3]. È poco più di un "simbolo" della capacità di raggiungere un compromesso fra entrambi i paesi; il governo federale avrebbe "smontato" le idee di Macron. Inoltre, non è nemmeno chiaro, "se il successore di Angela Merkel" vorrà ancora sostenere il progetto. E' fondamentale il fatto che ancora una volta è stata mancata l'opportunità di correggere un "difetto di fabbricazione" dell'area euro. Di fatto a causa della scomparsa dei tassi di cambio e della politica monetaria unica della BCE, le differenze economiche tra i paesi dell'euro non possono essere adeguatamente tenute in considerazione e ciò ha portato ai noti squilibri interni all'eurozona, favorevoli alla Germania. Un bilancio complessivo per l'eurozona sarebbe stato il "modo piu' giusto" per garantire "che le divergenze nelle condizioni di vita all'interno dell'unione monetaria non continuassero ad ampliarsi", affermano i critici; l'attuale compromesso, imposto da Berlino, non lo fa e presenta addirittura un ulteriore punto di rottura decisivo, in quanto "promuove la divisione tra stati dell'euro e non-euro". Inoltre, l'integrazione del bilancio dell'eurozona all'interno del bilancio UE, imposta da Berlino, significa che a decidere saranno congiuntamente tutti gli Stati dell'UE. Non è del tutto chiaro perché gli stati che non fanno parte dell'eurozona dovrebbero essere d'accordo sul progetto. In pratica, Berlino ha fatto in modo che Parigi con il suo bilancio dell'Eurozona vada a scontrarsi anche con i paesi dell'UE al di fuori della zona euro.

"Nessuna funzione anticiclica"

Gli esperti finanziari si aspettano che l'ampio fallimento delle proposte di riforma francesi, che prevedevano una maggiore integrazione europea in risposta alla crisi dell'euro e alla crescita dell'estrema destra, nel medio periodo non aiuteranno a rimuovere le cause della fragilità dell'economia europea. In considerazione dell'imminente rallentamento economico è particolarmente "deplorevole" che la riforma dell'area monetaria sia così "modesta", si sostiene [4] . L'accordo tra il presidente francese Emmanuel Macron e la Cancelliera Angela Merkel non può soddisfare la "ambiziosa funzione anticiclica", per la quale servirebbero invece massicci programmi di investimento che contribuiscano a ridurre gli squilibri e a prevenire le recessioni economiche. Al contrario la Commissione europea continua a discutere con Roma in merito al deficit di bilancio italiano, senza un prevedibile compromesso che "fornisca lo spazio finanziario per fare le riforme strutturali". (...)


-->



1] Deutschland und Frankreich einig bei Eurozonen-Budget. faz.net 16.11.2018.

[2] Eric Bonse: Eurobudget wird abmoderiert. taz.de 19.11.2018.

[3] Alexander Mühlauer: Das Euro-Zonen-Budget hat seinen Namen nicht verdient. sueddeutsche.de 20.11.2018.

[4] Editorial Board: The eurozone recovery continues to falter. ft.com 21.11.2018.

[5] S. dazu Paradebranche in Gefahr.

[6] Editorial Board: The eurozone recovery continues to falter. ft.com 21.11.2018.



venerdì 16 novembre 2018

Il sogno tedesco di un esercito europeo

Quando si tratta di mettere in comune i debiti con i sud-europei, dalla Germania arriva puntuale il solito "coro di Nein". Quando invece si parla di dotare l'UE di un vero esercito europeo arriva un bel "coro di Ja" e tanto entusiasmo. Tutto questo entusiasmo per il presunto esercito europeo probabilmente è solo il dito dietro il quale la politica tedesca vorrebbe nascondere le proprie ambizioni: affiancare alla grande potenza esportatrice un esercito in grado di difendere gli interessi tedeschi su scala globale per trasformare il gigante economico in un gigante politico. Ne parla un ottimo German Foreign Policy.


Forza militare come nuova spina dorsale dell'UE

La creazione di una forza militare comune europea da molto tempo è uno degli obiettivi della politica europea di Berlino. "Nell'UE ... dobbiamo andare verso un esercito comune europeo", sosteneva ad esempio già nel marzo 2007 la Cancelliera Angela Merkel in un'intervista alla Bild Zeitung. [1] In maniera identica si esprimeva anche la SPD. Si tratta "di far partire un processo di sviluppo, il cui sbocco sarà un esercito europeo", era scritto in un documento del gruppo di lavoro sulla difesa della frazione parlamentare della SPD: "gli eserciti nazionali saranno ... sempre più una reliquia del secolo scorso" [2].  I vertici politici tedeschi hanno continuato ad avanzare questa richiesta con regolarità. A volte il concetto viene collegato con un altro messaggio: le truppe europee congiunte potrebbero aiutare a saldare l'UE in maniera ancora piu' forte. Il "progetto europeo per una politica di sicurezza e di difesa comune" sarà "il motore per una ulteriore integrazione europea", aveva dichiarato l'allora ministro degli esteri tedesco Guido Westerwelle nel febbraio 2010. [3] Qualche tempo dopo su di un influente quotidiano tedesco ritenuto di orientamento liberale (sueddeutsche.de) si poteva leggere: "un esercito permanente per l'unione di tutti gli Stati sarebbe qualcosa di simile a una nuova spina dorsale per tutta l'Europa" [4] Il concetto era stato ribadito anche nel dicembre 2017 dal Ministero della Difesa tedesco in occasione dell'avvio del processo per la creazione delle strutture militari comuni ("PESCO"): "con la comunità di difesa dell'UE, il processo di integrazione dell'UE sta vivendo un nuovo impulso" [5].

"Ridurre le riserve parlamentari"

Nei giorni scorsi il presidente francese Emmanuel Macron ha rilanciato la richiesta di creare un esercito europeo. L'occasione è stata il lancio da parte di Parigi della sua Iniziativa di Intervento Europeo (Initiative européenne d'intervention, IEI). [6] A tal proposito Macron ha ribadito che è giunto il momento di costituire "un vero esercito europeo": "l'Europa" dovrà essere in grado di potersi "difendere senza dipendere interamente dagli Stati Uniti". Anche i vertici politici tedeschi hanno espresso il loro sostegno. Proprio nel fine settimana il leader della Spd Andrea Nahles si è espressa a favore di un "esercito europeo": "dobbiamo farla finita con i piccoli stati". Katarina Barley, il ministro della Giustizia e candidato SPD alle elezioni europee ha detto che le forze militari congiunte sarebbero una "vera assicurazione sulla vita per l'Europa". [7] Il presidente della Commissione affari esteri del Bundestag, Norbert Röttgen (CDU), si è unito al coro dichiarando: "senza capacità militari congiunte", ha detto, "la politica estera europea comune non potrà essere presa sul serio" [8]. Il Segretario Generale della CDU Annegret Kramp-Karrenbauer a sua volta ha collegato la richiesta con la proposta di limitare il potere legislativo del Bundestag in materia di operazioni militari. "Credo che un esercito europeo abbia senso", ha detto Kramp-Karrenbauer, candidata alla segreteria della CDU  come successore di Angela Merkel: "lungo il percorso che ci porta a questo obiettivo, dovremo ridurre le prerogative a disposizione del Bundestag in materia di schieramento all'estero delle truppe della Bundeswehr"[9].

"Essere in condizione di agire"

Dopo richieste cosi' serrate da parte dei politici di spicco come non era mai accaduto prima - lunedì anche il Ministro della Difesa Ursula von der Leyen si è espressa ancora una volta a favore di un "esercito europeo" [10] - è arrivato il turno della cancelliera tedesca Angela Merkel davanti al Parlamento europeo. "Dobbiamo lavorare alla visione di avere un giorno un vero esercito europeo", ha detto Merkel martedì. Sicuramente un "esercito europeo non sarebbe un esercito contro la NATO": "Nessuno vuole mettere in discussione i legami tradizionali". Ma "l'Europa" non può più fare affidamento incondizionato sugli "altri" - vale a dire gli Stati Uniti. "L'Europa" dovrà quindi essere in grado di agire. [11]

PESCO Versus IEI

Mentre si fanno sempre più forti le richieste per creare una forza europea, aumenta anche la pressione per presentare dei risultati e proseguono senza sosta le lotte di potere fra francesi e tedeschi su alcuni degli elementi chiave del progetto. Come ha ribadito lunedi il Ministro della Difesa von der Leyen, il governo di Berlino continua a puntare sulla possibilità di unire le forze armate europee agendo dal basso; questo dovrebbe avvenire nel quadro della PESCO e sotto l'ombrello del Framework Nations Concept della NATO, all'interno del quale la Bundeswehr ha già intensificato la sua cooperazione con le truppe dei Paesi Bassi, della Repubblica Ceca e della Romania, oppure con un paese non-UE ma solo NATO come la Norvegia. La Francia invece con la IEI punta su operazioni congiunte e rapide e su di una fusione delle forze armate che dovrebbe avvenire nella pratica militare (german-foreign-policy.com[12]). Nel suo progetto tuttavia la Francia riceve solo il sostegno del Belgio. Il ministro della Difesa belga Steven Vandeput ha infatti firmato insieme al suo omologo francese Florence Parly un accordo che prevede una stretta collaborazione tra le forze di terra di entrambi i paesi. Come conseguenza il Belgio non solo si è impegnato ad acquistare 382 veicoli corazzati Griffon e 60 carri da ricognizione Jaguar - esattamente i modelli utilizzati dall'esercito francese - ma avvierà una collaborazione congiunta anche nel campo della formazione e nel comando delle truppe e in numerosi altri aspetti con le forze di terra francesi. I militari parlano di una cooperazione senza precedenti tra i due paesi [13]. Come conseguenza, nella lotta di potere tra Berlino e Parigi, si rafforza il polo francese.

"Comprate armi europee!"

I disaccordi proseguono anche nel campo della cooperazione per l'acquisto delle armi. Il presidente Macron, che insieme alla cancelliera Merkel spinge verso una concentrazione dell'industria europea della difesa, domenica si è lamentato: "quello che non voglio vedere sono paesi europei che aumentano il loro budget per la difesa, per poi comprare armi dagli Stati Uniti o da altri paesi." [14] Si riferiva probabilmente al fatto che il Belgio nel mese di ottobre ha deciso di non acquistare gli Eurofighter o gli aerei da combattimento Rafale, ma gli F-35 americani - come hanno fatto la Gran Bretagna, l'Olanda e l'Italia. La ragione risiede anche nel fatto che i produttori europei non sono in grado di produrre caccia da combattimento di ultima generazione come gli F-35. Senza dubbio Berlino e Parigi hanno deciso di produrre insieme un jet da combattimento e di concepirlo come un sistema da combattimento (Future Combat Air System, FCAS), tuttavia, il progetto è attualmente bloccato da discussioni inerenti non solo la leadership industriale, ma anche la distribuzione degli ordini e non da ultimo le licenze per l'esportazione [15]. Il disaccordo sulle esportazioni di armi colpisce anche il carro armato franco-tedesco sviluppato dalla neo-costituita KNDS, allenza strategica fra la tedesca Krauss-Maffei Wegmann e la francese Nextei. La joint venture tuttava necessita già di chiarimenti: "lo sviluppo a lungo termine e le vendite del Gruppo KNDS dipenderanno anche dall'atteggiamento del governo tedesco e francese in merito alle esportazioni di tecnologia per la difesa", si legge in una recente relazione sulla gestione della holding Kasseler-Wegmann [16]. Se dovesse costituirsi una forza comune europea con una base industriale e militare nell'UE, ci troveremo allora di fronte a delle dure lotte di potere tra Francia e Germania per aggiudicarsi gli ordini nel settore della difesa.



-->
[1] "Die europäische Einigung ist auch heute noch eine Frage von Krieg und Frieden". Bild 23.03.2007. S. auch Eine Frage von Krieg und Frieden in Europa.
[2] Daniel Friedrich Sturm: Merkel will "gemeinsame europäische Armee". welt.de 23.03.2007.
[3] S. dazu Der Krieg, Europas Rückgrat.
[4] Zeit für eine europäische Armee. sueddeutsche.de 13.07.2010.
[5] Einstieg in die Verteidigungsunion. bmvg.de 08.12.2017. S. dazu Der Start der Militärunion.
[6] S. dazu Die Koalition der Kriegswilligen (II).
[7] Nahles will eine europäische Armee und den Abschied von Hartz IV. handelsblatt.com 10.11.2018.
[8], [9] Donata Riedel: Macron will eine europäische Verteidigung - Der Bundesregierung geht das zu weit. handelsblatt.com 12.11.2018.
[10] Von der Leyen plädiert für eine "Armee der Europäer". sueddeutsche.de 12.11.2018.
[11] Merkel fordert "echte europäische Armee" - Buhrufe und Applaus. welt.de 13.11.2018.
[12] S. dazu Die Koalition der Kriegswilligen (II).
[13] Nicholas Fiorenza: Belgium signs motorised capability co-operation agreement with France during first European Intervention Initiative ministerial. janes.com 12.11.2018.
[14] Merkel fordert "echte europäische Armee" - Buhrufe und Applaus. welt.de 13.11.2018.
[15] Thomas Hanke, Donata Riedel: Future dims for Franco-German combat air system as companies squabble. global.handelsblatt.com 07.11.2018.
[16] Gerhard Hegmann: Auf dem Weg zum europäischen Superpanzer. welt.de 06.11.2018.

sabato 10 novembre 2018

Commemorazioni e perdono a basso costo

Mentre i greci e i polacchi continuano a chiedere un risarcimento per i danni di guerra causati dalla furia distruttrice dei nazisti, i tedeschi scelgono una strategia finalizzata a distogliere l'attenzione: spedire i loro politici di alto livello in giro per l'Europa a celebrare e commemorare le vittime del nazismo, negando tuttavia ogni forma di risarcimento. Da un lato Berlino chiede piu' responsabilità ai governi del sud, dall'altro si rifiuta di assumere ogni responsabilità per i crimini commessi dai nazisti tra il 1939 e il 1945. Ne parla il sempre ben informato German Foreign Policy


Prestiti UE come un bavaglio

Il rapporto della commissione bipartisan del Parlamento greco che stima in 288 miliardi di euro le riparazioni di guerra che la Germania deve alla Grecia - e a cui si aggiungono gli undici miliardi di euro di un prestito forzoso fatto ai nazisti e mai rimborsato - è stato completato nel mese di agosto del 2016. Come confermato da Kostas Douzinas, professore di diritto presso il London Birkbeck University e presidente del Comitato parlamentare di Atene per gli Affari Esteri e la Difesa, il governo di Atene negli ultimi due anni non ha potuto trarre le dovute conseguenze dal rapporto e quindi ottenere da Berlino le riparazioni spettanti, in quanto la Grecia fino ad agosto 2018 "ha continuato a ricevere prestiti dall'UE". [1] Bruxelles pertanto  grazie ai cosiddetti "aiuti finanziari" ha contribuito a far risparmiare alla potenza egemone dell'UE il pagamento delle riparazioni previste dalla normale giurisprudenza in riferimento alle peggiori devastazioni di guerra causate dall'occupazione nazista negli anni fra il 1941 e il 1944. Poco dopo la fine del "programma di aiuti" il Presidente del parlamento greco, Nikos Voutsis, ha annunciato che Atene già quest'anno intende prendere le misure  necessarie per chiedere e ottenere i risarcimenti dovuti. [2] Nel mese di ottobre, il presidente greco Prokopis Pavlopoulos durante la visita del suo omologo tedesco Frank-Walter Steinmeier ha confermato che il governo greco intende portare avanti le sue legittime richieste. [3] A breve sono quindi attesi i primi passi della parte greca.

Lo sviluppo impedito

Allo stesso tempo i politici ateniesi sottolineano che il danno di guerra causato dalla Germania ha contribuito in maniera significativa a rallentare lo sviluppo economico greco. Secondo le stime degli esperti durante l'occupazione tedesca a causa della malnutrizione sono morti circa un quarto di milione di greci. Circa 60.000 greci ebrei sono stati deportati nei campi di sterminio tedeschi e lì sono deceduti; almeno 30.000 greci sono stati invece uccisi nei massacri compiuti dalle SS e dalla Wehrmacht. Il danno materiale è "difficile da calcolare", scrive lo storico Hagen Fleischer, un esperto di storia della Grecia sotto l'occupazione tedesca. [4] Subito dopo l'invasione gli occupanti hanno razziato materie prime e generi alimentari in enormi quantità; non hanno solo sottratto il sostentamento alla popolazione, ma hanno anche distrutto le basi dell'artigianato greco e della già debole industria. A ciò si aggiungono, come sostenuto da Fleischer, "le perdite causate dall'iperinflazione e dalla distruzione delle infrastrutture in seguito allo sfruttamento economico da rapina (miniere, foreste, ecc) e la distruzione sistematica durante la ritirata: la maggior parte dei ponti ferroviari abbattuti, ben oltre l'80% del materiale rotabile distrutto, il 73% delle navi commerciali affondate, quasi 200.000 case totalmente o parzialmente distrutte". La distruzione è stata "così profonda", riassume il giornalista ed europarlamentare greco Stelios Kouloglou "che ha avuto un ruolo significativo nel ritardare lo sviluppo e la trasformazione del nostro paese in uno stato europeo moderno." [5]

Politica della terra bruciata

Secondo un verdetto unanime, al di fuori del mondo slavo la Grecia è stato il paese ad aver sofferto piu' di ogni altro sotto il regno del terrore tedesco. Fra i paesi del mondo slavo ad essere colpiti in maniera ancora piu' terribile dalla guerra di sterminio tedesca c'è sicuramente la Polonia. La guerra di annientamento e il terrore durante l'occupazione hanno causato la morte di circa sei milioni di polacchi. Senza precedenti sono anche i danni materiali causati dagli occupanti tedeschi con la loro "politica della terra bruciata" nelle azioni di guerra, nella guerra contro i partigiani, nei massacri oppure durante la ritirata. L'esempio più noto è la distruzione per oltre il 90% della capitale Varsavia. Come quello greco, anche il parlamento polacco ha voluto quantificare il danno causato dagli occupanti tedeschi. I danni ammonterebbero a 840 miliardi di euro. [6] Anche a Varsavia si prepara una richiesta di risarcimento da presentare alla Germania e, se possibile, se ne verifica la fattibilità. "A mio avviso, le riparazioni di guerra non sono un problema risolto" ha infatti recentemente dichiarato il presidente polacco Andrzej Duda in occasione delle consultazioni governative fra tedeschi e polacchi. [7]

Perdono gratuito

Berlino ha scelto di dare la sua consueta risposta sia alle richieste della Grecia che a quelle della Polonia: diniego e distrazione. Ad essere negati non sono i crimini tedeschi, ma il fatto che ad essi debbano seguire degli obblighi di risarcimento e di indennizzo definiti giuridicamente: Berlino continua a sostenere che in primo luogo avrebbe già pagato un risarcimento piu' che sufficiente e che in secondo luogo non è obbligata a pagare altri soldi. Entrambe le argomentazioni non sembrano essere vere, nonostante tutti gli sforzi fatti dal governo di Berlino, mediante diversi trucchi legali, per evitare le pretese delle numerose vittime del nazismo (german-foreign-policy.com riportato [8]). Le autorità tedesche cercano infatti di distrarre l'attenzione dalla crescente insoddisfazione presente nei paesi colpiti, partecipando incessantemente a una commemorazione dietro l'altra; fatto che suggerisce un apprezzamento simbolico per le vittime, ma che allo stesso tempo implica un rigoroso rifiuto di qualsiasi compensazione materiale. Recentemente il presidente della repubblica Steinmeier ha voluto celebrare questo concetto durante la sua visita in Grecia. Steinmeier in una cerimonia commemorativa di metà ottobre ha detto: ​​"Ci inchiniamo alle vittime, e soprattutto chiediamo perdono per quello che è successo in Grecia". [9] Il "perdono" tuttavia dovrebbe essere concesso gratuitamente. Steinmeier intende visitare il prossimo primo settembre la Polonia in occasione dell'ottantesimo anniversario dell'invasione tedesca. Dal punto di vista di Berlino, dovranno essere presentate formulazioni simili a quelle proposte durante la visita del presidente federale in Grecia.

La responsabilità della Germania

Chi dalla Grecia critica il rifiuto tedesco di pagare un risarcimento fa ricorso a un termine che anche al governo tedesco spesso piace usare: "responsabilità". Nel gergo di Berlino viene spesso usato per descrivere la nuova ambizione egemonica globale tedesca: poiché la Germania ha concquistato un "nuovo potere", ora deve farsi carico anche di una "nuova responsabilità", almeno cosi' era scritto già diversi anni fa in maniera esemplare in un lavoro programmatico della Berliner Stiftung Wissenschaft und Politik ( SWP), che in questo modo cercava di legittimare l'offensiva politica a livello mondiale della Repubblica Federale. [10] Più di recente, tra gli altri, anche il Ministro degli Esteri Heiko Maas, ha postulato una "crescente responsabilità del nostro Paese" - "ai tavoli negoziali di Minsk, Vienna e Losanna, Bruxelles e New York": bisogna "accettare la responsabilità, dove ci viene chiesto di farlo" ha detto Maas. [11] "La Germania", dice il deputato greco Koúloglou, "non ha mai assunto la sua storica responsabilità per aver completamente distrutto il nostro paese" [12]. Questo vale non solo per la Grecia, ma anche per la Polonia e per tutti gli altri paesi invasi dal terrore nazista nel continente europeo.

-->




[1] Helena Smith: Greece reiterates claim of €288bn for damages under Nazi occupation. theguardian.com 29.10.2018.

[2] German war reparations report to come to House this year, Parl't speaker says. ekathimerini.com 12.09.2018.

[3] Greece broaches war reparations issue again. ekathimerini.com 11.10.2018.

[4] Hagen Fleischer: Die deutsche Besatzung(spolitik) in Griechenland und ihre "Bewältigung". sogde.org, Dezember 2013.

[5] Helena Smith: Greece reiterates claim of €288bn for damages under Nazi occupation. theguardian.com 29.10.2018.

[6] Jan Puhl: Muss Deutschland jetzt Milliarden an Polen zahlen? spiegel.de 11.09.2017.

[7] "Kein erledigtes Thema". tagesschau.de 28.10.2018.

[8] S. dazu Die Regelung der Reparationsfrage und Die Reparationsfrage.

[9] Steinmeier bittet Griechen um Verzeihung. zeit.de 11.10.2018.

[10] Neue Macht - Neue Verantwortung. Elemente einer deutschen Außen- und Sicherheitspolitik für eine Welt im Umbruch. Ein Papier der Stiftung Wissenschaft und Politik (SWP) und des German Marshall Fund of the United States (GMF). Berlin, Oktober 2013. S. dazu Die Neuvermessung der deutschen Weltpolitik.

[11] Rede zum Amtsantritt von Bundesaußenminister Heiko Maas. auswaertiges-amt.de 14.03.2018.

[12] Helena Smith: Greece reiterates claim of €288bn for damages under Nazi occupation. theguardian.com 29.10.2018.


domenica 28 ottobre 2018

Flassbeck: perché il governo italiano dovrebbe approfittare delle critiche americane ai tedeschi

Riflessione impeccabile del grande Heiner Flassbeck: gli americani continuano ad attaccare gli avanzi commerciali tedeschi e la relativa sottovalutazione del cambio, in Europa tuttavia nessuno ha il coraggio di alzare la voce contro le violazioni dei trattati europei commesse dai primi della klasse. Invece di inventarsi soluzioni complesse e politicamente impraticabili, come ad esempio l'assicurazione europea contro la disoccupazione o l'unione di trasferimento, bisognerebbe andare dritto alla radice del problema: il dumping salariale e la deflazione tedesca. Da Makroskop.de un ottimo Heiner Flassbeck


Il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti nel suo recente „Currency Report“ ha fornito un'analisi sorprendentemente accurata della crisi europea. Perché solo gli europei non riescono a capirlo?

Ciò che il presidente americano sapeva già nel maggio 2017 ora è stato  confermato da un rapporto americano ufficiale: „The Germans are bad, very bad“. Nel cosiddetto Currency Report che il Tesoro americano invia ogni sei mesi al Congresso, le parole di Trump non vengono esattamente ripetute, ma il messaggio di fondo resta lo stesso.

Non è la prima volta che la Germania in questo rapporto viene criticata, ma il modo in cui questa volta lo si fa dimostra che ora l'amministrazione americana capisce molto meglio cosa è accaduto nell'eurozona rispetto a quanto non facesse prima. Il fatto che i media tedeschi e la politica tedesca sull'argomento mantengano un silenzio assordante, parla da sé.

Perché solo gli americani capiscono cosa sta accadendo in Europa?

E' più che sorprendente il fatto che sia proprio l'amministrazione americana a capire esattamente ciò che è accaduto nell'area dell'euro, molto meglio di quanto non facciano i membri stessi della zona euro. Nonostante sia stata espressa una critica così aperta e chiara nei confronti della Germania, tuttavia non c'è stato un solo paese fra quelli della zona euro ad esprimersi apertamente in merito, paesi che soffrono in maniera diretta delle conseguenze della politica tedesca. Il Tesoro americano nel suo capitolo sulla Germania scrive:

"Nel lungo periodo c'è stata una significativa divergenza tra l'inflazione interna tedesca e la crescita dei salari e l'inflazione media dell'area dell'euro (piu' alta) e la crescita dei salari. Ciò ha contribuito ad un aumento generale della competitività della Germania rispetto a quella dei suoi vicini dell'area dell'euro. Tuttavia, date le ampie differenze in termini di performance economiche all'interno dell'area dell'euro, il tasso di cambio nominale dell'euro non ha seguito questo aumento della competitività tedesca....

Permettere un aumento della domanda interna rispetto a un'offerta relativamente inelastica dovrebbe contribuire a far crescere i salari, i consumi interni, i prezzi relativi nei confronti degli altri membri dell'area dell'euro e la domanda di importazioni; un livello dei prezzi relativi piu' alto aiuterebbe a far apprezzare il sottovalutato tasso di cambio reale della Germania. Ciò contribuirebbe ad un riequilibrio globale e all'interno dell'area dell'euro".

E' davvero un peccato che le amministrazioni europee non siano in grado o non siano abbastanza coraggiose da mettere al centro della discussione europea la questione tedesca proponendo un'analisi così chiara e senza trucchi. Se il presidente francese si presentasse con proposte simili, sostenendo che la politica salariale tedesca ha violato l'obiettivo d'inflazione concordato, potrebbe anche risparmiare al suo ministro delle finanze e delle politiche europee la cosiddetta assicurazione europea contro la disoccupazione.

Anche il governo italiano dovrebbe approfittare delle critiche americane. Fino ad ora ha avuto troppa paura di attaccare ufficialmente la posizione tedesca e di denunciare apertamente le violazioni delle regole dell'unione monetaria commesse dai tedeschi. Questa potrebbe essere una tattica per avere ulteriori argomenti da spendere nel corso delle "trattative" con Bruxelles, ma prima o poi qualcuno dovrà dirlo: il dumping salariale tedesco è alla base della miseria dell'euro e la Germania ha violato in maniera sistematica le norme sulla limitazione degli avanzi delle partite correnti, senza alcuna sanzione da parte della Commissione.

Da dove arrivano i tassi di cambio?

Al di là del problema dell'euro, il Tesoro americano continua a fare un errore analitico decisivo. Fra i tre criteri che stabiliscono se un paese puo' essere considerato un „currency manipulator“, c'è ancora l'intervento sul mercato dei cambi da parte della banca centrale. Poiché la BCE non interviene sul mercato dei cambi, anche questa volta la Germania è sfuggita alle maglie della rete. Ciò significa che l'amministrazione americana intende attenersi alla finzione secondo la quale non è possibile criticare un tasso di cambio che non è stato distorto da interventi della banca centrale. Pur riconoscendo che ci possono essere sopra- e sottovalutazioni anche senza interventi diretti, si rifiuta tuttavia di fare il passo logico successivo.

Ma ciò non è affatto giustificato in considerazione di una speculazione valutaria massiccia e destabilizzante. Se invece dei tassi di cambio definiti dal mercato si dovesse individuare un tasso di cambio adeguato all'economia nel suo complesso, cioè bilanciare la crescita del costo del lavoro per unità di prodotto attraverso l'apprezzamento e la svalutazione, ci sarebbero molti più casi di paesi che in maniera ingiustificata guadagnano o perdono competitività.




-->

sabato 27 ottobre 2018

La potenza egemone e i suoi nemici all'interno dell'UE

A turbare i sonni della Germania sono gli attacchi che sui diversi fronti europei stanno mettendo a rischio la base economica e politico-militare della potenza tedesca: l'Unione Europea. Da sud gli italiani mettono in dubbio il paradigma dell'austerità, da est i polacchi e gli ungheresi la subalternità politica alla Germania, da ovest i francesi con Mélenchon attaccano il nuovo militarismo di Berlino, mentre da nord i britannici contrastano il bullismo di Bruxelles. German Foreign Policy, di solito ben informato, analizza la situazione europea dal punto di vista di Berlino. Da German Foreign Policy


(...) L'Europa della guerra

Il conflitto con l'Italia e lo scontro sulle condizioni per l'uscita della Gran Bretagna dall'UE [4] stanno aggravando le tensioni con un numero crescente di paesi. Ad esempio in Francia, dove le proteste contro l'egemonia di Berlino all'interno dell'UE di recente sono diventate sempre più forti. In un discorso tenuto lunedì all'Assemblea nazionale, il fondatore de La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, non  solo ha preso posizione contro l'austerità imposta da Berlino, accusandola di distruggere il modello sociale francese [5], ma ha anche criticato la militarizzazione dell'UE portata avanti da Berlino [6]. "In realtà si voleva costruire un'Europa della pace", ma ora scopriamo che su iniziativa della Germania, "stiamo costruendo un'Europa della guerra". Già alla fine di settembre Mélenchon in un articolo di giornale aveva protestato contro i piani tedeschi per trasformare il paese una potenza nucleare tramite una partecipazione al nucleare militare francese. Inoltre, - per l'ennesima volta - ha sottolineato l'egemonia del personale tedesco nelle posizioni decisive all'interno degli organi e delle burocrazie UE [7]. In definitiva, l'egemonia tedesca nell'UE si fonda sullo schiacciante potere economico del paese che consente al governo di Berlino di comportarsi in maniera imperiosa. [8] Mélenchon, che con il 19,6 per cento nelle elezioni presidenziali del 2017 ha mancato di poco il ballottaggio, lancia ora un appello affinché la Francia "esca da tutti i trattati europei"  in quanto in vista non vi sarebbe nessun miglioramento. [9]

Vassalli

Contemporaneamente stanno diventando sempre piu' evidenti le crescenti divergenze con gli stati del gruppo di Visegrad (Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Slovacchia). Martedì durante un incontro negli uffici del Ministero degli Esteri ci sono state delle schermaglie tra il presidente della repubblica Frank-Walter Steinmeier e il suo omologo polacco Andrzej Duda. Al centro dello scontro non c'è stata solo la riforma della magistratura, con la quale Varsavia vorrebbe sottoporre i tribunali del paese, in particolare le istanze superiori, al controllo politico [10]. Alludendo ad ulteriori questioni controverse, Duda si è espresso contro un "concerto delle principali potenze" all'interno dell'Unione mediante il quale i paesi piu' popolosi dominano apertamente gli altri e ha dichiarato: "Non vogliamo essere vassalli". [11] All'obiezione del presidente tedesco, secondo il quale tutti gli Stati membri avrebbero aderito volontariamente all'Unione, Duda ha sottolineato che con la Gran Bretagna ora c'è un primo paese a lasciare l'UE. Non è un segreto che fino ad ora Bruxelles non abbia risparmiato sforzi nel cercare di trasformare l'uscita della Gran Bretagna in un deterrente per scoraggiare gli altri membri ad uscire dall'Unione [13]. Per gli Stati membri più piccoli l'uscita dall'UE è un'opzione possibile solo in linea teorica, come dimostrato dalla tattica negoziale intimidatoria dell'UE nelle trattative per la Brexit.

Mangiare o essere mangiato

Nel tentativo di consolidare l'UE, dalla quale le élite tedesche continuano a trarre grandi vantaggi economici e politici, l'establishment tedesco ha individuato un nemico e ora lo indica apertamente. I "nemici" dell'Unione "sono all'interno e vogliono distruggerla", era scritto pochi giorni fa su un quotidiano tedesco, un tempo una testata liberale, in riferimento al conflitto sul bilancio italiano. [14] Allo stato attuale ci sono "almeno tre attacchi simultanei" nei confornti dell'UE: uno dalla Gran Bretagna, in partenza, un secondo dalla Polonia e dall'Ungheria e un terzo dall'Italia. Roma potrebbe ora "causare una crisi valutaria e finanziaria", che obbligherebbe gli stati euro a scegliere se cedere al "ricatto" italiano oppure prendere in considerazione "l'uscita di uno dei paesi fondatori". La maggioranza dell'UE deve "resistere agli attacchi, se non vuole essere divorata", scrive l'autore. La lotta con la Polonia e l'Ungheria può essere tenuta "sospesa" per un po', almeno fino a quando in questi paesi "non ci sarà un cambiamento del sentimento politico". "La questione italiana" tuttavia, non lo consente a causa delle dinamiche della crisi; sarà "un banco di prova" per i rapporti con i "nemici" dell'UE. L'autore di questo articolo, con ottimi collegamenti all'interno dell'establishment della politica estera tedesca, mette in discussione il governo italiano: "non vale la pena mettere a rischio il destino di un paese per questa coalizione". E 'giunto il momento di agire: "chi vede ancora un valore in questa Unione, deve difenderlo con tutte le sue forze. L'era glaciale dell'Europa è appena iniziata".

La potenza centrale in Europa

Gli sforzi della Repubblica Federale di tenere insieme l'UE, che domina e da cui trae grandi benefici, recentemente sono stati commentati anche dallo storico britannico Perry Anderson. Anderson nel suo ultimo libro dal titolo "Egemonia" cita il  consigliere governativo berlinese Herfried Münkler il quale già nel 2015 scriveva che è responsabilità "della potenza centrale in Europa" - vale a dire la Germania - "frenare le forze centrifughe che recentemente si sono fatte sempre piu' forti all'interno dell'Unione": "Se la Germania fallisce nel ruolo di potenza centrale europea, allora sarà l'Europa a fallire" [15]. Anderson è da molto tempo che si esprime criticamente nei confronti dell'UE; già nell'estate del 2015 dopo lo scardinamento del "no" greco al referendum sull'austerità, aveva accusato l'Unione di essere costruita "sul rifiuto di qualsiasi forma di sovranità popolare", di essere "una struttura oligarchica", di imporre "un duro regime economico" che porta "privilegi per pochi e disagi per molti" [16]. Di fronte a richieste come quelle di Münkler, Berlino dovrà "in maniera responsabile modificare il ruolo e i compiti della potenza centrale europea", scrive Anderson, in Germania si parla da sempre di una "responsabilità" per "l'Europa", senza tuttavia menzionare minimamente i profitti che la Repubblica federale da anni accumula con le enormi eccedenze commerciali [17] provenienti dagli altri Stati membri dell'UE. "Anderson", si legge ancora sul suo libro "Egemonia", non risparmia sarcasmo quando parla delle auto-celebrazioni che di sé fa l'ufficiale pagatore e maestro d'Europa: "Al servizio della propria auto-glorificazione, la potenza egemone usa sempre il proprio pathos auto-compassionevole o auto-incensante".[18]

--> [1] Manovra, governo tira dritto: 'Non cambia'. ansa.it 24.10.2018.
[2] Die Märkte blicken auf Italien. wiwo.de 22.10.2018.
[3] Briten sind nicht die größten EU-Skeptiker. n-tv.de 17.10.2018.
[4] S. dazu Das Feiglingsspiel der EU.
[5] Michaela Wiegel: Schluss mit dem Basar. Frankfurter Allgemeine Zeitung 24.10.2018.
[6] S. dazu Die Koalition der Kriegswilligen und Die deutsche Bombe.
[7] S. dazu Eine nie dagewesene Machtkonzentration und Der Blitzaufstieg des Generalsekretärs.
[8] Jean-Luc Mélenchon, Bastien Lachaud: L'Allemagne vise-t-elle une hégémonie en Europe? Le Monde 23.09.2018.
[9] Michaela Wiegel: Schluss mit dem Basar. Frankfurter Allgemeine Zeitung 24.10.2018.
[10] Reinhard Lauterbach: Der nächste Exit? junge Welt 24.10.2018.
[11] "Wir wollen nicht Vasallen sein". spiegel.de 23.10.2018.
[12] Eckart Lohse: Stunde der Wahrheit. Frankfurter Allgemeine Zeitung 24.10.2018.
[13] S. dazu Brüsseler Provokationen und Die Arroganz der EU.
[14] Stefan Kornelius: Eiszeit in Europa. Süddeutsche Zeitung 19.10.2018.
[15] Herfried Münkler: Wir sind der Hegemon. faz.net 21.08.2015.
[16] Perry Anderson: The Greek Debacle. jacobinmag.com 23.07.2015.
[17] S. dazu Ein Transmissionsriemen deutscher Dominanz.
[18] Jürgen Kaube: Kommen Sie uns bitte nicht mit der Moral des Stärkeren. faz.net 14.09.2018.

mercoledì 3 ottobre 2018

Il nuovo militarismo di Berlino

Nel giorno in cui si celebra la riunificazione tedesca, questo blog propone una riflessione sul nuovo militarismo tedesco. Un ottimo Georg Rammer su Ossietzky, una rivista pacifista e anti-militarista, analizza gli sforzi del governo di Berlino per dotare la Germania di una Bundeswehr in grado di agire su scala globale con l'obiettivo di difendere gli interessi della grande potenza esportatrice. Da Ossietzky.net


L'egemonia tedesca in Europa, da molti paesi temuta sin dal 1989, ormai è una realtà. Il campione mondiale dell'export impone nell'UE una rigorosa politica di austerità e nel proprio interesse garantisce il sostegno agli investitori e al libero commercio. Tuttavia per garantire alle imprese tedesche un ambiente favorevole agli investimenti e l'accesso a materie prime a basso costo è necessaria un'adeguata garanzia militare. Da un punto di vista critico, queste attività possono essere considerate elementi costitutivi del nuovo imperialismo tedesco.

Il governo federale e l'industria della difesa su questo tema possono già registrare un successo: da parte della popolazione tedesca c'è poca resistenza nei confronti del riarmo. Anche se in realtà molti sondaggi da anni ci ripetono che in Germania ci sarebbe un'ampia maggioranza contraria alle missioni militari e sempre secondo i tedeschi a minacciare la pace sarebbero molto piu' gli Stati Uniti che non la Russia. Nonostante ciò il ministero diretto dalla signora Von der Leyen e la Grande Coalizione continuano a perseguire una politica di militarizzazione, riarmo e di atti minacciosi nei confronti della Russia. Recentemente il Ministero della Difesa ha infatti presentato un nuovo "Concetto per la Bundeswehr" (Ministero della Difesa federale, 20 luglio 2018). L'obiettivo del documento è fornire una risposta al "profondo cambiamento nella situazione di sicurezza in Europa e nel mondo" ed esprimere "la volontà della Germania di assumere maggiori responsabilità a livello globale" (p.4). "Nel mondo", qui espresso in senso letterale, le missioni dell'esercito tedesco in futuro comprenderanno un concetto di sicurezza globale esteso anche nell'ambito dei sistemi informatici e spaziali.

Il documento del ministero sottolinea l'importanza sia delle missioni all'estero che della difesa nazionale e dell'alleanza. Ma chi sarebbe - dopo il crollo del sistema socialista, del Patto di Varsavia e dell'Unione Sovietica -  il vero nemico dal quale il paese e la NATO devono difendersi? La Russia non viene menzionata da nessuna parte. Probabilmente non è nemmeno necessario, perché evidentemente gli autori ritengono che il nemico di cui si parla nel documento quando si fa riferimento alla "minaccia ibrida" - sovversione e disinformazione, propaganda e attacchi dal cyberspazio (p.22) - sia già ampiamente ancorato nella mente dell'opinione pubblica. Dobbiamo perciò' creare una "resilienza" contro questi attacchi, cioé una protezione per la nostra capacità di agire. Il potenziale di minaccia dell'avversario, con la sua strategia globale ibrida ed estremamente agile, sarà la sfida centrale. Mancano tuttavia informazioni più concrete.

La Bundeswehr in ogni caso è già pronta. In Georgia, che a nord ha un lungo confine con la Russia, in agosto si sono svolte manovre di addestramento con 3.000 soldati provenienti da 13 paesi, tra cui la Germania. A luglio 19 paesi della NATO hanno partecipato alla manovra navale »Sea Breeze« nei pressi di Odessa, in Ucraina. A novembre, la Bundeswehr, con 8.000 soldati e 100 carri armati parteciperà alla più grande manovra della NATO dalla fine della Guerra Fredda - in Norvegia, un paese che nell'estremo nord ha un confine comune con la Russia. Trenta paesi fra NATO e paesi partner dell'alleanza forniranno un totale di 40.000 militari per intimidire il nemico.

Quest'anno nel complesso è previsto che 12.000 soldati tedeschi prendano parte alle esercitazioni della NATO nella parte settentrionale e orientale del territorio dell'alleanza, tre volte in più rispetto al 2017. L'obiettivo è la "deterrenza della Russia", come si legge dall'inizio dell'anno su diversi giornali. Inoltre i battaglioni multinazionali di stanza in Lituania, Lettonia, Estonia, Polonia e Lituania sono già sotto la guida della Bundeswehr. La Bundeswehr dal 2019 prenderà inoltre il comando della forza di risposta rapida della NATO. Diverse manovre della NATO come "Sabre Strike", "Flaming Thunder" o "Iron Wolf" dovrebbero, secondo Ntv (19.2.18), inviare un chiaro segnale di deterrenza a Putin.

Dobbiamo ricordarlo: nella guerra di annientamento contro l'Unione Sovietica, i soldati tedeschi hanno bombardato, fucilato e fatto morire di fame 27 milioni di persone. Evidentemente la sicurezza della Russia non fa parte della ragione di stato tedesca.

Se fino a qualche anno fa lo si diceva con un certo imbarazzo, oggi il ministro della difesa lo sottolinea con orgoglio: la Germania rivendica la leadership nell'UE, sia economica che politica. La Bundeswehr dovrà pertanto essere in grado di affermare la sua guida nelle operazioni multinazionali. Gli interessi tedeschi determineranno in maniera chiara la missione e i compiti dei militari. Oltre alla protezione della sovranità dello stato, l'interesse verterà sulla salvaguardia delle rotte commerciali e di approvvigionamento di una Germania povera di risorse, ma molto forte nell'export. Per questa ragione, come sottolineato dal documento del ministero, dal 1991 i militari tedeschi hanno gestito più di 60 missioni in tutto il mondo (pagina 14).

Oltre a queste missioni estere, in futuro sarà necessario occuparsi dei "compiti di ristabilimento dell'ordine" anche nei paesi amici, nel caso in cui la sicurezza pubblica (degli investitori o della popolazione?) non dovesse essere piu' garantita (p.25). In queste "regioni fragili" (p.28), in certe condizioni potrebbe essere necessario creare autorità politiche e organizzazioni al fine di"rafforzare" i "partner" attraverso "consulenze militari e una cooperazione negli armamenti". Come è noto già oggi lo si fa nei paesi africani.

Non c'è da sorprendersi se la Germania ha boicottato l'accordo ONU sul divieto di proliferazione delle armi nucleari firmato da 122 Stati. Nel Concetto del ministero della difesa viene infatti sottolineata l'importanza di una partecipazione al nucleare. La Germania vorrebbe pertanto aggiungersi alla lista delle potenze nucleari mettendo a disposizione dei sistemi di lancio per i missili, immagazzinando armi nucleari nel paese e usando la bomba in caso di guerra. Naturalmente tutto ciò non è affatto compatibile con il divieto imposto dalle Nazioni Unite.

"La Bundeswehr dovrà essere [...] effettiva in tutte le dimensioni e ad ogni livello di intensità" (p.50). In questo modo non solo si mira a raggiungere il successo dell'azione militare, ma anche alla possibilità di aprire una varietà di opzioni ai "decisori politici" (p.36). Potere politico da raggiungere attraverso una superiorità militare. Del disarmo, della priorità da dare alla risoluzione pacifica dei conflitti o della necessità di osservare la situazione mondiale con gli occhi del nemico, nel documento non se ne parla.

Questo concetto sembra piu' che altro un guazzabuglio tecnocratico. Nessun pensiero alle possibili cause dei numerosi conflitti nel mondo o alla possibilità di evitarli e gestirli pacificamente. Sembra banale, ma è molto pericoloso: chi ha solo un martello, in ogni problema vedrà un chiodo. Il documento del governo è un pamphlet ideologico. Le affermazioni, i pregiudizi e le immagini di un nemico auto-creato sono imposte come dei fatti al fine di ottenere il risultato desiderato: riarmo e militarizzazione. Si sta preparando il terreno a delle "soluzioni" militariste.
-->