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domenica 8 luglio 2018

Quella bomba politica da un trilione di euro

La prestigiosa Frankfurter Allgemeine Zeitung torna a pompare l'argomento dei saldi Target e del presunto trilione di euro di crediti della Bundesbank nei confronti dell'eurosistema. Lo fa anche per attaccare il ministro delle finanze Scholz, il quale non avrebbe preparato la Germania al caso dei casi, al worst-case, cioè alla fine dell'euro. La cosiddetta "stampa di qualità" cavalcando in chiave politica un argomento tecnico come quello dei saldi Target di fatto sta spianando la strada alla campagna elettorale di AfD, che ringrazia. Ne parla Manfred Schäfers sulla FAZ.net


Nel Bilancio della Bundesbank giace sopita una bomba politica - ma a Berlino non ne parla nessuno. Come è possibile? Se la tendenza dovesse continuare, sarebbe solo questione di poche settimane: il credito della Bundesbank nei confronti del sistema di pagamento Target 2 a breve supererà il trilione di euro, una somma difficile anche solo da immaginare. Perciò le domande da rivolgere al governo federale dovrebbero essere ancora piu' urgenti, dato che la Germania continua a concedere credito agli altri paesi dell'eurozona in maniera illimitata e senza interessi - e cioè senza garanzie reali.

L'ex presidente dell'Istituto Ifo, Hans-Werner Sinn, sin dall'inizio ha lanciato un segnale di allarme con il suo libro "La trappola Target: i pericoli per i nostri soldi e i nostri figli". L'allora ministro delle finanze Wolfgang Schäuble, secondo le informazioni della F.A.Z., di fronte al peggioramento degli squilibri si era fatto consigliare ripetutamente dal Prof. Sinn. Anche il successore di Schäuble, Olaf Scholz (SPD), dovrebbe essere interessato al problema. Potrà fare qualcosa in piu' rispetto al suo predecessore della CDU per cambiare le cose? E' lecito avere qualche dubbio.

Tramite il sistema Target vengono gestiti i pagamenti transfrontalieri fra le banche centrali dell'area dell'euro. In parole povere, si ha un aumento del saldo negativo quando da un paese esce piu' denaro di quanto non ne entri. Nei primi anni dell'unione monetaria i saldi Target degli euro-stati oscillavano intorno allo zero. Durante la crisi finanziaria hanno iniziato a muoversi in direzione opposta. Al culmine della crisi dell'euro, nel 2012, hanno raggiunto un primo record, poi sono tornati indietro. Con l'inizio del programma di acquisto di obbligazioni da parte della BCE, ad inizio 2015, i saldi Target hanno ripreso a divergere.

Secondo molti economisti, tuttavia, questo non sarebbe sufficiente a spiegare il rapido aumento del saldo della Bundesbank - così come gli enormi deficit delle banche centrali di Italia e Spagna. Si cerca pertanto di spiegare il fenomeno facendo riferimento alla profonda incertezza nell'Europa meridionale, incertezza che avrebbe portato alla fuga di capitali. Quanto sia importante la fiducia per lo sviluppo dei saldi target lo dimostrano gli esempi di Irlanda e Grecia. Per un periodo di tempo l'Irlanda ha avuto il maggior deficit Target in rapporto al PIL. Ora il paese ha un avanzo.

In Grecia, al culmine della crisi, quando era addirittura in discussione l'appartenenza del paese alla zona euro, un terzo dei depositi era già fuggito all'estero, con le dovute conseguenze per i saldi Target. Secondo i dati appena pubblicati dalla Bundesbank tedesca, il saldo target tedesco è salito a 976,3 miliardi di euro. A fine maggio erano 956,1 miliardi di euro. In Italia al contrario continua a crescere il saldo negativo: con 480.9 miliardi di euro, a giugno era di circa 16 miliardi superiore rispetto al mese precedente, secondo i dati forniti dalla banca centrale italiana.

Pensato tecnicamente, realizzato politicamente

Cio' che era nato come un sistema puramente tecnico per la gestione dei pagamenti fra le istituzioni finanziare dei diversi paesi della zona euro, ha evidentemente permesso agli italiani, agli spagnoli, ai greci di acquistare immobili, aziende e obbligazioni in Germania senza che a loro volta fossero stati venduti in precedenza beni o servizi al di là dei propri confini per un valore corrispondente - oppure senza ricorrere al prestito di una banca commerciale. C'è invece al loro posto un finanziamento forzoso a tasso zero garantito dal sistema della banche centrali.

L'opposizione al Bundestag nel frattempo ha aumentato la pressione politica. "Con la nuova coalizione di governo italiana, sul tema dei saldi Target il governo federale dovrà prepararsi anche allo scenario peggiore", ha detto il vicepresidente del gruppo parlamentare della FDP Christian Dürr alla FAZ. Olaf Scholz davanti a ciò purtroppo preferisce chiudere gli occhi. Dietro l'avvertimento di Dürr ci sono gli iniziali vagheggiamenti dei partiti della coalizione populista di Roma in merito all'uscita dell'Italia dall'area dell'euro.

E se dovesse esserci l'uscita dall'euro?

Con l'uscita dall'unione monetaria i crediti diverrebbero esigibili. Ma cio' supererebbe di gran lunga le riserve della banca centrale di Roma. Il nuovo ministro degli affari europei Paolo Savona aveva detto che l'Italia in caso di uscita dall'euro non avrebbe rimborsato i suoi saldi Target. In effetti nel caso peggiore difficilmente sarebbero recuperabili. "Se a minacciare il contribuente tedesco ci fosse una perdita miliardaria, per il ministro delle finanze tedesco sarebbe allora arrivato il momento di inserire il tema nell'agenda politica", avverte Dürr. Quando e in quale misura si verificherebbe esattamente un danno finanziario diretto per la Germania, fra gli esperti tuttavia è oggetto di discussione.

A metà maggio il parlamentare AfD Peter Boehringer nel dibattito al Bundestag sul bilancio del 2018 aveva criticato il fatto che il ministro delle finanze non avesse ancora preso alcuna misura preventiva in caso di inadempimento sui crediti Target. Il presidente della commissione bilancio al Bundestag ha definito i crediti Target della Bundesbank come irrecuperabili. La Bundesbank e quindi il contribuente tedesco semplicemente un giorno dovranno depennarli. Nel gruppo parlamentare dell'Unione tuttavia non ne vogliono sentire parlare. Nel loro ambiente si preferisce fare riferimento ad una prevedibile fine degli acquisti di obbligazioni da parte della BCE. E cio' avrà un effetto positivo sui saldi. A cio' dovrebbe aggiungersi un miglioramento del ciclo economico. Con il ritorno della fiducia nei paesi periferici, la situazione dovrebbe migliorare in maniera corrispondente.

Ma è sufficiente questo principio? O forse non sarebbe il caso di muoversi attivamente? E' sicuramente piu' facile a dirsi che a farsi. Sarebbe piuttosto ipotizzabile coprire i crediti con delle garanzie oppure corrispondere degli interessi. Ma le riserve auree e le altre riserve della banca centrale italiana sono tutt'altro che sufficienti per coprire i crediti tedeschi. La divergenza dei saldi attualmente è cosi' ampia che una compensazione dei crediti a fine anno è del tutto irrealistica. E con un tasso di interesse negativo all'interno dell'eurosistema, una valutazione dei crediti non è cosi' facile.

Oltre a queste domande tecniche ci sono ulteriori problemi. Puo' la politica intervenire nel sistema europeo delle banche centrali dopo averlo creato e avergli garantito il sigillo dell' indipendenza? Anche solo sollevare la questione, e cioè se i trattati su questo punto devono essere modificati, potrebbe causare delle tensioni sui mercati. Un vero dilemma per il ministro delle finanze. Se non fa nulla, i crediti Target della Bundesbank continueranno a crescere oltre il trilione di euro. E se nelle riunioni con i colleghi degli altri paesi dovesse anche solo porre la domanda su cosa si puo' fare per contrastarne la crescita, e se il tema diventasse di dominio pubblico - come sicuramente accadrebbe - ci sarebbe un uragano a minacciare i mercati finanziari.

giovedì 5 luglio 2018

Ciao Hallodri! Come i media tedeschi esorcizzano la minaccia italiana

Bellissima traduzione appena ricevuta da Edoardo che con grande piacere pubblichiamo. Nei giorni della formazione del governo Conte i cosiddetti "media di qualità" tedeschi hanno tirato fuori dal cassetto i peggiori cliché sull'Italia e gli italiani. L'obiettivo della campagna era chiaro: lanciare una spedizione punitiva contro chi osava mettere in discussione gli interessi del paese dominante. Ma i "primi della Klasse" sono abituati a vivere in un mondo ordinato e prevedibile e fanno fatica a capire cosa succede a sud delle Alpi. Per molti giornalisti l'Italia resta un paradiso di arte e cultura abitato da un popolo indisciplinato, incapace di pensare al futuro e che soprattutto dovrebbe prendere esempio dai laboriosi "primi della Klasse".  “Hallodri” è appunto un termine colloquiale tedesco usato per indicare una persona leggera, nullafacente e inaffidabile. Grazie Edoardo per l'ottima traduzione! Da Übermedien, un ottimo Sven Prange



Pochi giorni fa il caporedattore di Der Spiegel, Klaus Brinkbäumer, ha partecipato a un incontro in cui si è confrontato con lettori e lettrici. Deve averne tratto davvero una straordinaria impressione, se nel numero successivo della rivista si è soffermato a parlarne per diverse righe nel suo editoriale. I lettori – ha spiegato ai suoi stessi lettori – non apprezzano quando i redattori di Der Spiegel “esprimono le proprie opinioni su dei fatti senza distinguere chiaramente le une dagli altri”, né gradiscono se eventuali voci discordanti vengono obliterate. A simili critiche Brinkbäumer ha agevolmente replicato che: “noi ovviamente continuiamo a vederla in modo diverso, dato che ogni settimana facciamo uscire Der Spiegel mettendoci tutta la coscienza e la passione possibili”. Subito dopo è cominciata – come se quei lettori non fossero mai esistiti – una settimana di cronaca sulla formazione del nuovo governo italiano che ha portato al numero di Der Spiegel con il cappio di spaghetti in copertina. Numero in cui la carente distinzione tra fatti e opinioni rappresentava tutto sommato il minore dei problemi.

Lavoro da più di dieci anni, perlopiù ricoprendo ruoli direttivi, nelle redazioni delle maggiori testate tedesche di informazione economica e da alcuni anni sono corrispondente dall’Italia. Credevo di aver vissuto più o meno tutti gli accidenti e le storture della vita quotidiana di redazione. Ho messo pepe su alcune tesi, ho semplificato, ai fini della comprensibilità, circostanze complesse, ho anche evitato di dare troppo spazio ad alcune voci. Ciò perché la semplificazione è uno strumento chiave per adempiere al compito del giornalista, che è quello di spiegare. E certamente ho pure scritto qualche marchiana sciocchezza. Eppure, mi pare incredibile ciò che la scorsa settimana – dopo giorni di evidente frenesia – è finito nel servizio di prima pagina di Der Spiegel. Non solo perché tale servizio pare confezionato in modo dubbio, ma anche perché esso rappresenta l’atteggiamento della maggioranza dei media tedeschi nazionali.

Negli ultimi anni ho potuto osservare come si sia fatta sempre più forte la polemica nei confronti dei giornalisti, specie dei giornalisti delle grandi testate nazionali. Ho sentito parlare di “giornalismo di branco”, “stampa pilotata”, “giornalismo delle élites”. Mi paiono esagerazioni, in alcuni casi da teoria del complotto. Ma penso anche questo: un giornalismo che affronti i temi legati all’Italia come lo fanno Der Spiegel, Süddeutsche Zeitung, Frankfurter allgemeine Zeitung, Die Welt, ARD e alcuni media di informazione economica, in parte perché incitati da economisti tedeschi, lobbisti finanziari e politici conservatori, rinfocola queste polemiche e scuote le fondamenta del proprio stesso lavoro.

Sia chiaro: in Italia si è formato un governo di coalizione in cui l’azionista di minoranza, la Lega, è, a mio parere, a tratti omofobo, xenofobo e chiaramente collocato troppo a destra nello spettro politico. Nondimeno è stato votato dal 17% degli elettori. C’è poi un partner di coalizione grande il doppio, i 5 Stelle, che non è più tanto semplice da inquadrare: un variopinto miscuglio di critici del sistema, ecologisti, economisti comportamentali e pasionari dei diritti umani – e tra di loro sono sicuramente presenti anche dei pazzoidi.

Tuttavia, dopo avere trascorso anni a lavorare come giornalista viaggiando per l’Italia e osservando con attenzione il Paese, ritengo che questo governo sia stato eletto in modo democratico. E credo che l’Italia sia una solida àncora in un’Europa che serve anche agli interessi tedeschi: ciò in ragione della forte consistenza della sua economia e del ruolo che essa finora ha ricoperto nell’Unione Europea e nell’Eurozona in qualità di contributore netto, terza economia, propulsore del processo di unificazione e, infine, di unico alleato che la Germania abbia avuto negli scorsi anni in materia di politiche migratorie.

Der Spiegel ha riassunto tutta questa situazione così complessa mettendo sulla copertina degli spaghetti disegnati a mo’ di cappio. Titolo: “Ciao Amore”. Quando lo vedo ho ancora in testa un articolo di Jan Fleischauer pubblicato pochi giorni prima sulla edizione online di Der Spiegel, nel quale gli italiani, che sono – nota bene! – contribuenti netti nel bilancio UE, vengono complessivamente dipinti come dei parassiti. O il testo di Hans-Jürgen Schamp, per il quale il Presidente Sergio Mattarella “invece di lasciare andare al potere i populisti ostili alla UE” ha per fortuna ostacolato la formazione del governo. Come se entrambi i partiti fossero “ostili alla UE” e come se fosse il Presidente, e non gli elettori, a conferire il potere di governare.


Per una settimana ho dovuto assistere a una campagna stampa orchestrata ad arte in cui veniva restituita l’immagine di un’Italia sull’orlo del caos economico a causa del governo che si profilava all’orizzonte. Finché la settimana non si è conclusa con una copertina del Der Spiegel che pronostica il fallimento del Paese, e ciò sulla base di un miscuglio di ignoranza dei fatti, paragoni fuorvianti e mistificazioni; tutti tesi a un solo scopo: privare questo governo, che intende opporsi – in parte a ragion veduta– alla politica tedesca in Europa, di ogni credibilità economica.

Ecco lo strabismo di questo dibattito: la parte del nuovo governo composta dalla Lega può senz’altro attirare critiche profonde sulla sua umanità, sulla sua concezione democratica e sul suo contegno in pubblico. E invece, a fronte di ciò, tutti i media tedeschi per giorni interi vanno agitando lo spettro di una imminente minaccia economica.

Tre esempi su tutti di come lavora Der Spiegel:

Il pezzo si apre muovendo dall’idea che il leader della Lega Matteo Salvini sia il nuovo uomo forte dell’Italia, a capo di un governo di destra. Eppure, la Lega è indubbiamente il partner di minoranza rispetto ai Cinque Stelle (cosa che peraltro viene ammessa altrove nel testo). È come se si volesse qualificare il governo tedesco di Grosse Koalition come un governo socialdemocratico, o come se si raffigurassero Olaf Scholz e Andrea Nahles come le figure politiche dominanti in Germania. Salvini e la sua Lega si prestano molto meglio ad attizzare le paure dei lettori di quanto non possano fare i Cinque Stelle e il vincitore delle elezioni Luigi di Maio, i quali hanno un programma che non è né di destra né assurdo.

Si afferma poi che verrebbe introdotto un reddito minimo garantito. Anche questo serve a comprovare il presunto avvicinarsi del caos finanziario. Peccato che nel contratto di coalizione non vi sia alcun piano nel senso di introdurre un reddito minimo garantito.

Infine, si può leggere una sorta di reportage dalla Sicilia, scritto in modo tale che sembra la descrizione del profondo entroterra di uno stato fallito. Ovviamente il fine è ancora una volta quello di dimostrare tutta la fragilità attribuita all’Italia. La tesi per cui il Paese verserebbe in condizioni disperate sarebbe avvalorata da un dato: il PIL pro capite in Sicilia (circa 18mila €) ammonta a meno della metà di quello delle più ricche regioni settentrionali (circa 40mila €).

Pare logico, no? Si tratta invece di un ragionamento ingannevole. Se si guarda ai rapporti tra i Länder tedeschi più forti e quelli più deboli il divario è ancora maggiore: il PIL pro capite qui parte da 20mila € per arrivare fino a circa 60mila €. Ma chi sosterrebbe mai che per questo la Germania è prossima al collasso?

Chi, dopo questo servizio dalla prima, non si fosse ancora del tutto convinto che questo governo italiano è un pericolo per la Germania, potrebbe leggersi Henrik Müller sulla edizione online di domenica di Der Spiegel . Qui, sulla base di quanto avvenuto col nuovo governo in Italia, si deplora il fatto che “popoli interi votano contro i propri stessi interessi”. Perché è ovvio che Henrik Müller dall’università di Dortmund conosca perfettamente gli interessi degli italiani. Perché egli sa che l’attuale governo è il primo governo dal 1994 senza ministri imputati o condannati; il primo governo dall’inizio degli anni Sessanta che non sia sospettato di avere contatti latenti con la mafia; il primo governo che abbia suggellato il proprio programma con un contratto di coalizione, seguendo così l’esempio tedesco e fornendo una base affidabile al proprio lavoro.

Vista la natura cangiante dei protagonisti il tutto potrebbe saltare più domani che domani l’altro – ma perlomeno se ne potrebbe dare notizia al lettore del Der Spiegel, il cui caporedattore tanto si cruccia per la mescolanza di fatti e opinioni e l’omissione di informazioni al fine di dar risalto a tesi forti.

Forse si potrebbe indulgere davanti a simili errori, se solo Der Spiegel non stesse come pars pro toto per tutti i grandi media tedeschi: si monta uno scenario di caos economico che mini la credibilità del governo italiano ancora prima che questi inizi a sfidare le posizioni, ormai immutate da anni, del governo tedesco nei confronti dei partner europei, reclamando riforme dell’eurozona per una gestione meno rigida del debito, un ridimensionamento del surplus commerciale tedesco e una vigilanza bancaria comune a Bruxelles.  

L’ex ministro greco delle finanze, Yanis Varoufakis, dopo il fallimento del suo tentativo di mutare dall’interno la politica UE, ha supposto che l’insuccesso fosse dovuto anche all’opposizione di una schiera (tedesca) di giornalisti economici, politici, burocrati UE e lobbisti finanziari. A tal proposito ha addotto i seguenti motivi: l’organizzazione di un fronte nordeuropeo di pubblicisti allineato contro gli europei del sud; la pretesa di avere l’esclusiva nel dire quali misure economiche potessero essere sensate (misure che poi coincidevano puntualmente con la politica economica dominante nella UE); la diffamazione di chiunque la pensasse diversamente e la rimozione di quanto avvenuto nell’Eurozona prima del 2010. 


Varoufakis ha talmente torto che, dopo alcune settimane di intense cronache dall’Italia, è possibile esemplificare ciascuna delle situazioni da lui denunciate. 

Entrambi i partiti di governo sono imperterritamente definiti come populisti. “I populisti ci riprovano”, titola ad esempio la Süddeutsche Zeitung. Sulla problematicità dell’impiego del concetto di “populismo” si è espresso tra gli altri lo storico Michael Wolffsohn il quale ha ritenuto il termine nient’altro che un “manganello diffamatorio” da usare in mancanza di altre argomentazioni. La definizione di populismo che al momento va per la maggiore l’ha data invece il politologo Jan-Werner Müller: “il populismo è una ben precisa concezione politica per la quale a un popolo omogeneo e moralmente puro si contrappongono sempre élites corrotte, immorali e parassitarie”. In Italia questa definizione potrebbe andare bene per la Lega, ma di certo non per i Cinque Stelle. Cionondimeno nessun termine relativamente all’Italia è stato impiegato dai media più di frequente. 

Sempre la Süddeutsche Zeitung titola il 18 maggio ciò che tuttora molti colleghi prendono per vero: “Lega e Cinque Stelle progettano un reddito minimo garantito di 780 €”. Con l’incessante ripetizione di questa notizia si vuole provare in modo sistematico l’incompetenza finanziaria del prossimo governo. Come già si è detto per Der Spiegel, vi è solo un piccolo problema: che non è affatto così! 

In effetti, i Cinque Stelle avevano sostenuto nel proprio programma elettorale un reddito minimo garantito. Tuttavia, la proposta non è stata neppure considerata nelle trattative per formare la coalizione; al suo posto il governo vuole introdurre una garanzia minima per i disoccupati, garanzia che al momento non esiste. Chi mai in Germania si metterebbe a equiparare l’Hartz IV a un reddito minimo garantito? Forse l’erronea interpretazione si deve alla parola “reddito” (Einkommen). Eppure, l’aggettivo “garantito” non è mai stato pronunciato. Questo fa la differenza. Ma mettiamo pure che fosse diversamente: in Germania perfino degli amministratori di grandi gruppi quotati in borsa si sono espressi in favore di un “reddito minimo garantito”. Tutti ammattiti?

Holger Steltzner, uno dei direttori della Frankfurter Allgemeine Zeitung, scrive: “La BCE dovrebbe regalare a Roma 250 miliardi di euro”. Anche questa una affermazione che compare ovunque negli articoli della stampa. La richiesta era effettivamente stata messa per iscritto in una delle prime bozze del contratto di coalizione, per poi scomparire immediatamente e non venire più ripetuta… tranne che dai media tedeschi. 

Handelsblatt da ultimo imposta la storia di copertina su questa tesi: “il declino politico ed economico dell’Italia minaccia l’intera Eurozona”. Anche qui l’immagine di un paese fragile dell’Europa meridionale che minaccia il benessere tedesco e l’Euro. Ma che vorrebbe poi significare declino politico? Che in Italia per la prima volta da anni nasce un governo che nelle urne ha trovato il consenso di più del 50% degli elettori? E che significa declino economico? Che tutte le istituzioni internazionali pronosticano, per la terza volta consecutiva, una crescita economica del Paese maggiore dell’1%? Che gli italiani sono campioni mondiali nelle esportazioni di autoveicoli, generi alimentari, prodotti di lusso e di alta moda? Frasi a effetto, che rimangono sempre nel vago e che sono soprattutto funzionali alla rappresentazione dell’Hallodri meridionale. 

È del tutto evidente che questa coralità di atteggiamenti e di toni non è dovuta a previ accordi, né siamo di fronte a una qualche congiura. Eppure le parole si assomigliano tra di loro, non solo quelle dei media, ma anche quelle dei media e dei politici. Quando  Handelsblatt scrive ad esempio che un governo tecnico nominato dal Presidente della Repubblica sarebbe stato più conforme alla “ragionevolezza economica” di quello attuale, ciò ricorda molto quanto detto dal Presidente del Consiglio bavarese, Markus Söder, che ha chiesto agli italiani di essere “ragionevoli”. 

Morale della favola: i giornalisti tedeschi di punta sono uniti nel voler difendere a ogni costo i presupposti delle politiche economiche europee dominanti. Come spiegare altrimenti il fatto che in nessuno di questi articoli si ricorda che la Germania ha a lungo ignorato, prima che lo facesse l’Italia, i limiti all’indebitamento previsti dal Patto Euro Plus? Che la Germania ha salvato le banche con soldi pubblici prima che lo facesse l’Italia? Che in Germania è stata licenziata una riforma delle pensioni molto più costosa di quella che si progetta ora in Italia?

Vi sono alcuni colleghi e colleghe che lo hanno rammentato nei giorni scorsi. Ad esempio, Petra Reski, che da anni lavora come corrispondente indipendente dall’Italia, e anche Markus Oetting, che segue con grande attenzione i Cinque Stelle. E non sono mancati neppure alcuni editoriali perspicaci, come quello di Giovanni di Lorenzo su Die Zeit di due settimane fa, che si sono mostrati più critici, pur senza impiegare queste stesse argomentazioni. Nondimeno, i toni non sono finora complessivamente mutati. 

Del resto, anche io nei mesi scorsi ho potuto partecipare ad alcune ricerche di mercato e a tavoli di discussione con lettori ed ex utenti dei media giornalistici. Ho incontrato, proprio come Brinkbäumer, lettori e lettrici perlopiù disgustati da un giornalismo a tesi univoche; che tengono per tradizionalistico il mescolare fatti a opinioni, come vorrebbe la vecchia scuola.; che rifiutano il giornalismo da campagna di opinione e che si sentono venduti come degli scemi quando vengono tenute loro nascoste determinate informazioni. 

L’impressione è che non si tratti di casi isolati: basta guardare su internet come hanno reagito molti lettori di Der Spiegel la settimana scorsa, dopo la pubblicazione della copertina con il cappio di spaghetti. Almeno Brinkbäumer nel suo pezzo ha anche aggiunto, circa l’incontro con i lettori, che: “se ne deve trarre come conclusione che dovremo riesaminare l’opinione che abbiamo di noi stessi”. C’è da augurare ai lettori del Der Spiegel che l’attuale titolo di copertina sia stato prodotto prima di questo riesame, e che non ne sia invece il risultato. 




domenica 1 luglio 2018

Da Meseberg verso l'unione di trasferimento

Sulla FAZ 4 economisti tedeschi di spicco, Thomas Mayer, Dirk Meyer, Gunther Schnabl e Roland Vaubel, consigliano di tenere gli occhi ben aperti sul progetto franco-tedesco di riforma dell'eurozona. Per i 4 economisti il documento di fatto aprirebbe la strada alla temutissima unione di trasferimento. Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung


Il presidente francese Macron e la cancelliera Merkel durante la riunione al castello di Meseberg del 19 giugno 2018 hanno trovato un accordo sulle misure "per un ulteriore rafforzamento dell'area dell'euro e per la trasformazione in una vera unione economica". Le misure proposte vanno nella direzione di una ulteriore espansione dell'unione bancaria e monetaria europea e di una loro trasformazione in una unione fondata sulla responsabilità comune, come temuto dai 154 professori di economia nel loro appello pubblicato sulla FAZ.

Il documento prevede una trasformazione del meccanismo europeo di stabilità (ESM) in un Fondo Monetario Europeo (FME) sottoposto alla legislazione dell'UE. A tal proposito si afferma nella dichiarazione:

"Come primo passo abbiamo bisogno di cambiare il trattato intergovernativo ESM per migliorare l'efficacia degli strumenti di prevenzione e per rafforzare il suo ruolo nella valutazione e nel monitoraggio dei programmi futuri. In una seconda fase potremo garantire l'integrazione dell'ESM all'interno della legislazione dell'UE, mantenendo al contempo i suoi elementi di controllo centralizzati".

Se l'ESM dovesse essere recepito nel diritto UE, il ruolo dei parlamenti nazionali nella concessione degli aiuti per gli aggiustamenti strutturali verrebbe notevolmente indebolito. Poichè nel nuovo FME i singoli paesi nel caso di decisioni urgenti potrebbero perdere il diritto di veto, i paesi creditori potrebbero essere messi in minoranza. Cosi' ad esempio il Bundestag tedesco perderebbe il suo diritto di controllo. Inoltre, se il FME dovesse passare sotto il diritto europeo, finirebbe sotto l'influenza di paesi non appartenenti all'area dell'euro.

Ristrutturazione del debito degli stati membri

"Al fine di migliorare l'attuale quadro di sostenibilità del debito e aumentarne l'efficacia, dovremmo iniziare a lavorare sulla possibilità di introdurre clausole di ristrutturazione del debito con un solo livello di aggregazione".

La proposta sembra andare nella direzione di quanto da noi auspicato, vale a dire un nuovo quadro normativo per l'insolvenza degli stati. Cio' aprirebbe la possibilità di ristrutturare il debito degli stati insolventi. Tramite "l'aggregazione ad un livello" dei voti dei creditori (piuttosto che una maggioranza a due livelli per tutte le serie di obbligazioni e poi per le singole obbligazioni) si ridurrebbe la possibilità dei singoli investitori di bloccare la ristrutturazione del debito. L'esecuzione della ristrutturazione in questo modo sarebbe piu' facile. E questa è una buona cosa.

"L'ESM avrà un ruolo maggiore nella progettazione e nel monitoraggio dei programmi in stretta cooperazione con la Commissione e in collaborazione con la Banca centrale europea (BCE) e sulla base di un compromesso da negoziare fra la Commissione e l'ESM. Dovrà essere in grado di valutare la situazione macroeconomica negli Stati membri e quindi contribuire a prevenire le crisi. Ciò dovrà essere fatto nel pieno rispetto dei trattati e senza riflettere il ruolo della Commissione"

L'integrazione dell'ESM con la politica monetaria europea contraddice con il mandato della BCE, vale a dire quello di definire la politica monetaria per l'area dell'euro nel suo complesso. Inoltre, l'ESM non avrà alcun interesse a sospendere i programmi in caso di non conformità delle condizioni, in quanto la concessione dei prestiti genera dei flussi di reddito.

"Ogni volta che uno Stato membro richiede l'assistenza finanziaria dell'ESM, potrà richiedere anche l'assistenza finanziaria del FMI".

Assistenza finanziaria del FMI solo quando il debito è sostenibile

Il sostegno finanziario da parte dell'FMI prevede che il debito del destinatario sia sostenibile. Al fine di garantire un'analisi politicamente neutrale, la richiesta di assistenza finanziaria al FMI non dovrebbe essere facoltativa, ma obbligatoria. 

"Come ulteriore sviluppo della linea di credito preventiva dell'ESM (PCCL,) il sostegno finanziario potrebbe essere invocato nel caso di problemi di liquidità, se vi è appunto il rischio che i membri del MES perdano l'accesso ai mercati, sebbene non vi sia la necessità di un programma completo".

In questo modo per un paese dovrebbe essere piu' facile ottenere la liquidità prevista da un "PCCL", senza dover quindi soddisfare tutte le condizioni necessarie per un programma completo. Inoltre un PCCL potrebbe aprire la porta del sostegno al paese attraverso il programma OMT della BCE. Tramite la cooperazione fra FME e BCE ciascun paese potrebbe ricevere un supporto illimitato di liquidità.

Il Bundestag perderebbe il controllo su oltre 60 miliardi di euro

Se il meccanismo europeo di stabilità (ESM) sarà utilizzato come una riassicurazione per il risanamento delle banche (Backstop) e avrà il diritto di prestare i 60 miliardi di euro previsti dall'ESM e tale importo dovrà essere rimborsato entro tre anni attraverso una tassa bancaria, sorgerebbero allora tre problemi seri:

1. L'ESM e quindi il Bundestag perderebbero il controllo su oltre 60 miliardi di fondi ESM.

2 Dato che la "tassa sulle banche" è tutt'altro che adeguata al rischio, le banche tedesche e i risparmiatori tedeschi dovranno sostenere gran parte dei costi di ristrutturazione delle banche greche, italiane e degli altri paesi

3. Poiché il Backstop dovrebbe entrare in vigore dal 2021, le banche in difficoltà e le loro autorità di regolamentazione avranno un incentivo a posticipare fino a quel momento la comunicazione e la ripulitura dei bilanci dai loro crediti inesigibili e la valutazione del rischio dei titoli di stato in loro possesso. Cio' a scapito della crescita economica e della stabilità finanziaria. 

Senza il backstop, la pressione per rafforzare i bilanci bancari e liquidare le banche insolventi sarebbe maggiore.

I negoziati potrebbero iniziare a giugno

"Il lavoro su una tabella di marcia per l'avvio delle trattative politiche sull'EDIS dovrebbe iniziare dopo il consiglio europeo di giugno".

Se il sistema di garanzia sui depositi bancari dovesse essere messo in comune come pianificato, ad essere socializzati sarebbero anche i costi degli errori che le banche e i governi hanno commesso in passato. 

"Siamo determinati a compiere progressi decisivi verso l'unione del mercato dei capitali in merito a tutti gli argomenti concordati dai nostri ministri delle finanze".

L'Unione del mercato dei capitali dovrebbe infatti essere completata, anche perché i movimenti internazionali dei capitali compensano gli shock asimmetrici.

"Proponiamo di istituire a partire dal 2021, nel quadro dell'Unione europea, un bilancio per la zona euro al fine di aumentare la competitività, la convergenza e la stabilizzazione nella zona euro."

Un bilancio comune porterà ad ulteriori trasferimenti verso quei paesi della zona euro che in passato non hanno adottato le necessarie misure di riforma. Sarebbe sbagliato premiare la cattiva condotta. Attraverso il sistema di pagamento interbancario Target2 la Germania si è già fatta carico di oltre 900 miliardi di euro di passività della BCE, che non hanno interessi e senza una scadenza. Ci sono già dei fondi disponibili sottoforma del cosiddetto fondo per gli investimenti di Juncker (EFSI, 500 Miliardi di euro) oppure il Fondo Europeo di coesione. Dovrebbero essere gli stati nazionali a garantire per la stabilizzazione della congiuntura nazionale.

"Esamineremo il tema di un fondo europeo per la stabilizzazione della disoccupazione in caso di gravi crisi economiche, senza che questo si trasformi in una unione di trasferimento".

La disoccupazione ha principalmente cause interne la cui responsabilità di solito è dei paesi membri. I prestiti UE non fanno altro che ritardare l'adeguamento necessario. Inoltre, un fondo comune per le indennità di disoccupazione costituisce un passo ulteriore verso la messa in comune delle prestazioni sociali.

lunedì 25 giugno 2018

Hans Werner Sinn: Merkel sbaglia e divide la Mitteleuropa

Anche il professor Hans Werner Sinn dalle colonne della Frankfurter Allgemeine Zeitung non si fa sfuggire l'occasione per attaccare Merkel sul tema dei migranti. Per il professore la Cancelliera in cambio dell'appoggio dei francesi avrebbe ceduto alla richiesta di Macron di creare un budget autonomo per l'eurozona, secondo Sinn si tratta di un errore di portata storica in quanto servirebbe solo a separare la Germania dalla sua area di influenza storica, la Mitteleuropa. Dalla FAZ.net


L'accordo è chiaro: Merkel sostiene la proposta di Macron per la creazione di un budget dell'eurozona e in cambio Macron appoggia Merkel sulla politica per i rifugiati. La Cancelliera tedesca è pronta a pagare miliardi su miliardi affinché gli altri paesi dell'UE accettino il fatto che la Germania possa respingere alla frontiera i richiedenti asilo provenienti da paesi terzi considerati sicuri. In questo modo riuscirà a soddisfare le condizioni che Horst Seehofer aveva stabilito per lei. Ma la Cancelliera si trova a dover pagare per qualcosa che è già una legge in vigore e che potrebbe essere applicata cosi' come è.

Il quadro giuridico è stato chiarito ancora una volta dall'ex presidente della Corte costituzionale federale, Hans-Jürgen Papier, in una storica conferenza sulla costituzione tedesca tenutasi lo scorso fine settimana a Frauenchiemsee. Il regolamento di Dublino prevede che di norma il primo paese sicuro raggiunto da un richiedente asilo sia quello responsabile per la procedura della richiesta d'asilo. Un altro paese UE puo' tuttavia dichiararsi responsabile e assegnarsi la procedura. Se il paese vuole avvalersi di questa possibilità, dovrà quindi osservare le proprie leggi, cioè la costituzione tedesca e la legge sull'asilo tedesca.

"Viene già comunque controllato"

Secondo la legge, chi entra in Germania attraverso un paese terzo sicuro non puo' chiedere asilo in Germania, e ai sensi della legge sull'asilo, l'ingresso nel paese deve essere negato qualora si cerchi di entrare per chiedere asilo. Il richiedente asilo deve essere respinto anche nel caso in cui venga acciuffato immediatamente dopo il confine. Se tuttavia ce l'ha fatta ad entrare nel paese, ha diritto ad avviare una procedura di asilo in Germania. Per i richiedenti asilo non vale quindi la libera circolazione all'interno dell'UE. Per loro non esiste un diritto alla libera scelta del paese di residenza o di asilo.

Il Trattato di Schengen potrebbe porre delle difficoltà in quanto non vengono piu' eseguiti controlli alla frontiera fra la Germania e i paesi vicini. Nel frattempo tuttavia il trattato è stato sospeso per un periodo di tempo limitato, mentre su molti confini interni sono stati reintrodotti i controlli alla frontiera. Dal momento che i controlli vengono già effettuati, non c'è nulla che ostacoli l'attuazione della legge.

La libertà di movimento rimane garantita

Anche i respingimenti dei richiedenti asilo provenienti dall'Italia al confine francese sono già da molto tempo una pratica diffusa e dimostrano che l'affermazione molto comune, secondo la quale il diritto europeo non sarebbe compatibile con i respingimenti alle frontiere, è semplicemente pretestuosa. Solo lo scorso anno la Francia ha respinto 85.000 persone. Seehofer vorrebbe fare un accordo simile con il cancelliere Kurz. Nei fatti è stata la Cancelliera a violare per anni la legge e ora critica Horst Seehofer, che invece vorrebbe iniziare ad applicare le norme. Che Angela Merkel, con l'appoggio dato al budget europeo sia pronta a pagare la Francia per avere un diritto di cui la Germania già dispone, è una mossa di una stupidità difficile da superare. La manovra della CSU vale davvero questo prezzo?

Consentire i controlli alle frontiere, contrariamente a quanto comunemente pensato, non significa limitare la libera circolazione, perché tali controlli non limitano il diritto dei cittadini UE a viaggiare liberamente attraverso i confini come turisti oppure per lavoro. I controlli alle frontiere consentono piuttosto di distinguere fra persone con o senza libertà di movimento. Dopotutto la libertà di movimento all'interno dell'UE vale anche per quei cittadini UE i cui paesi non appartengono all'accordo di Schengen. Proprio come il cancello davanti ad un'azienda, che serve a difendere i diritti di proprietà, non impedisce il libero commercio, ma piuttosto lo rende possibile, i controlli alle frontiere non sono in conflitto con i diritti di libertà interni all'UE, piuttosto aiutano a garantirli e a difendere i diritti di proprietà dei cittadini nei confronti del loro paese, delle infrastrutture e ad evitare gli abusi in merito alle prestazioni assicurative dello stato sociale 

"Non abbiamo bisogno di questa Europa"

Che la Cancelliera per ragioni evidenti ora accetti un budeget dell'eurozona, non è affatto nell'interesse tedesco, perché con un simile bilancio ci sarà un rafforzamento dell'area dell'euro e non dell'UE. E' giusto che l'integrazione europea faccia passi avanti, e sono senza dubbio importanti i progetti di Merkel e Macron nell'ambito della difesa, dell'economia digitale, degli aiuti all'Africa e dei controlli congiunti alle frontiere, è invece sbagliato porre l'accento solo sulla zona euro. Perché l'eurozona comprende solo una parte dei paesi dell'UE. Nel nord mancano la Danimarca e la Svezia e ad est la Polonia, la Rep. Ceca, l'Ungheria, la Croazia, la Bulgaria e la Romania. Per la maggior parte di questi paesi un'adesione all'euro è impensabile nel prossimo futuro. In questo senso, la politica di Angela Merkel, è quella di tracciare una linea di separazione ai confini settentrionali e orientali dividendo la Mitteleuropa.

Se si escludono le holding localizzate in Olanda per ragioni fiscali, la Germania resta di gran lunga il principale investitore nell'europa dell'est. I vicini dell'est storicamente sono sempre stati parte integrante dell'ambito culturale dell'Europa centrale. Non è assolutamente accettabile che la Cancelliera tedesca intenda tirare una linea divisoria attraverso quest'area culturale semplicemente per distogliere l'attenzione dai suoi fallimenti catastrofici nella politica per i rifugiati e per contrastare la CSU nella battaglia interna al gruppo parlamentare. La Commissione Europea rivende la sua politica di separazione con lo slogan "Europa a due velocità". Il presidente del Consiglio Europeo, il polacco Donald Tusk, ha detto in proposito che non abbiamo bisogno di una tale Europa, perché è quella che avevamo fino al 1989. Mi pare non ci sia molto da aggiungere.

giovedì 21 giugno 2018

Merkel divide l'Europa ed è ricattabile

Nell'estate del 2015 Merkel decideva unilateralmente di far entrare in Germania un milione di migranti. Quella scelta ha avuto conseguenze enormi e ora i tedeschi devono pagare il prezzo di quell'errore: il ricatto dei francesi i quali avrebbero strappato a Merkel la promessa di creare un budget autonomo per l'eurozona in cambio dell'appoggio di Macron per fare fuori (politicamente) il leader della CSU Horst Seehofer. Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, un commento del condirettore Holger Steltzner.


Angela Merkel sostiene di voler evitare divisioni all'interno dell'UE. Allo stesso tempo pero' con la sua politica del benvenuto e con gli euro-salvataggi sta creando altre fratture fra gli stati membri. Anche se negli uffici della cancelleria federale di Berlino nessuno vorrebbe sentirlo dire: tre anni fa, improvvisamente e unilateralmente, senza consultare i suoi partner europei (ad eccezione dell'Austria) decise di aprire i confini ad oltre un milione di migranti senza prima aver chiarito la loro identità e il loro diritto a richiedere asilo. Le conseguenze sono state enormi: per la Germania, per l'UE, per i paesi arabi e per l'Africa. Merkel tuttavia insiste nel sostenere di non aver sbagliato.

Una conseguenza immediata è stato il voto sulla Brexit, perché le immagini di un afflusso illimitato sono state la famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso britannico. In Germania la decisione solitaria di Merkel ha portato ad una seconda e duratura ripresa elettorale di AfD, e ad essere sotto stress non sono solo i gruppi parlamentari della CDU e della CSU. Anche il clima sociale da allora è diventato sempre piu' tossico. Il fallimento e gli scandali del Bamf lasciano sbalorditi, come del resto l'accumularsi dei cosiddetti casi isolati simili a quello di Susanna F. Nessuno capisce perché persino i terroristi islamici possano rientrare legalmente in Germania. Nemmeno la nazionale di calcio non è piu' un modello per un'integrazione di successo, dopo che Özil e Gündogan hanno posato con il "venerabile" presidente Erdogan in campagna elettorale, sebbene non abbiano un passaporto turco.

Si è resa ricattabile

Ad Annegret Kramp-Karrenbauer piace evocare l'eredità europea di Helmut Kohl. Ma c'è il rischio che le ricada addosso quando il segretario generale della CDU, nel pieno della battaglia con la CSU, vorrebbe erigere a principio europeo la necessità di evitare l'unilateralismo nazionale a scapito degli altri paesi europei. Il cancelliere federale austriaco Sebastian Kurz ha fatto un commento appropriato sull'argomento: "non siamo noi i colpevoli nella questione migratoria". Oppure, come dicevano i danesi: "puoi anche invitare qualcuno da te, ma dopo non puoi metterti a discutere su chi deve essere a pagare il conto".

Quella decisione unilaterale ha reso la Cancelliera ricattabile, come del resto hanno evidenziato le negoziazioni con il presidente francese Emmanuel Macron. La "Dichiarazione di Meseberg", messa insieme precipitosamente, rivela soprattutto una cosa: la situazione di emergenza di Merkel. Diversamente da quanto concordato con la CSU, la Cancelliera è dovuta andare incontro al desiderio di Macron di dotare l'eurozona di un budget autonomo, per questo il presidente francese la sostiene sui temi della politica di asilo. La CSU vorrebbe invece  convocare immediatamente una riunione di coalizione. C'è molto di piu' in gioco della stabilità finanziaria. Perché secondo i desideri di Macron a decidere sul budget della zona euro dovrebbero essere solo 19 stati. C'è il rischio di una nuova spaccatura con i vicini orientali della Germania, Polonia e Rep. Ceca, e con i vicini del nord, Danimarca e Svezia, che dell'euro non ne vogliono sapere.

La CSU non puo' aspettare perchè presto in Baviera si vota. Il Ministro dell'Interno Horst Seehofer (CSU), per buone ragioni, ha annunciato per il futuro di voler respingere alle frontiere tedesche i rifugiati già registrati, in quanto cio' corrisponde al quadro giuridico tedesco e all'attuale legislazione dell'UE, come spiegato anche da molti importanti giuristi. Riuscirà il vertice UE sull'asilo, convocato in tutta fretta per questo fine settimana, a impedire la divisione fra i "partiti gemelli" CDU e CSU?

La politica del benvenuto di Merkel ha trasformato la legge tedesca sull'asilo in una legge per la richiesta di asilo che quando deve decidere in merito all'ingresso nel sistema sociale tedesco non fa alcuna distinzione fra i rifugiati politici, i migranti economici e l'immigrazione. Chiunque alla frontiera pronunci la parola "asilo" avrà diritto ad una richiesta di durata per lo piu' indefinita, sebbene non esista alcun diritto a vivere in uno stato di propria scelta. Bisogna leggerlo lentamente per poterlo capire: il ministro dell'interno vuole applicare le leggi attualmente in vigore in Germania, motivo per cui la Cancelliera minaccia di licenziarlo. E poi Merkel promette a Macron anche i miliardi necessari per i suoi piani sull'eurozona, nel tentativo di farsi aiutare da Parigi a sconfiggere Seehofer.

mercoledì 23 maggio 2018

Hans-Werner Sinn: l'Italia non ha fatto nulla per rilanciare la propria competitività

Dopo aver ascoltato e letto le nuove idee sull'euro in arrivo dall'Italia, la stampa tedesca lancia la Strafexpedition. La FAZ schiera subito un pezzo da novanta come Hans Werne Sinn il quale non ha dubbi: il boom dei partiti eurocritici è dovuto al fatto che in Italia si è fatta poca austerità e poca moderazione salariale. Dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung


La spettacolare ascesa dei partiti radicali in Italia, e il loro tentativo di mettersi in mostra promettendo incredibili benefici economici, sarebbe una conseguenza degli errori commessi durante gli euro-salvataggi. E' questa la tesi sostenuta dall'economista Hans-Werner Sinn, l'ex presidente dell'istituto Ifo di Monaco, nella sua ultima analisi sullo sviluppo del sud-europa dall'inizio dell'eurocrisi che verrà pubblicata a breve dal Ces-Ifo come documento di lavoro dal titolo"The ECB’s Fiscal Policy“.

I risultati di questo studio, pubblicati in anticipo dalla FAZ, sono spiazzanti: la relazione fra la forte crescita dei partiti estremisti nell'Europa meridionale e le difficoltà economiche dovute alla crisi dell'euro è piu' un'illusione che una verità. La colpa di quanto accaduto, secondo Sinn, sarebbe invece degli stati europei e della Banca Centrale Europea (BCE) i quali si sarebbero addentrati sempre piu' in una "spirale interventista" fino ad arrivare al QE e all'acquisto dei titoli di stato da parte della banca centrale, uscendo quindi dal campo della politica monetaria per entrare in quello della politica fiscale. 

Solo la Grecia, la Spagna e la Francia hanno fatto progressi

La ripresa che a partire dall'eurocrisi puo' essere osservata nell'Europa meridionale, Sinn la definisce un "Flash Keynesiano";  un fuoco di paglia creato dai salvataggi, dalle misure di sostegno, dall'abbassamento artificiale dei tassi di interesse e dai diversi programmi di acquisto titoli della BCE. Questo stimolo economico avrebbe portato ad una certa ripresa nell'Europa del sud, soprattutto nel settore dei beni non commerciabili e dei servizi locali. Cio' tuttavia avrebbe impedito l'aggiustamento verso il basso dell'eccessivo livello salariale e in parte avrebbe garantito anche degli aumenti salariali. Al contrario, in questi paesi il settore internazionale dei beni commerciabili e l'industria non ne avrebbero affatto beneficiato. Non è vero che in questi paesi ci sarebbero al momento delle difficoltà, nonostante la falsa ripresa - le difficoltà persistono, in parte, proprio per questa ragione.

"I problemi di competitività restano", scrive Sinn. Lo mostra un confronto tra i tassi di cambio reale, cioè il prezzo dei beni auto-prodotti in questi paesi in rapporto al resto dell'eurozona. "Italia e Portogallo in 10 anni non hanno fatto nulla di concreto per migliorare la loro competitività", dice Sinn. Solo la Grecia e la Spagna - "e in parte anche la Francia" - avrebbero fatto qualche passo in avanti. "Per la Grecia e la Spagna tuttavia lo sforzo per l'adeguamento è particolarmente grande e il percorso particolarmente lungo", afferma Sinn. Entrambi i paesi, sotto l'influenza dei programmi di aiuto, avrebbero cessato ogni sforzo per diventare piu' competitivi.

L'Irlanda è un caso eccezionale

Se si confronta il prodotto interno lordo reale di oggi e quello di prima della crisi, l'Italia con un meno 5% è al penultimo posto in Europa prima della Grecia. La Germania è cresciuta del 13%, la Francia è a un piu' 8%, la Spagna al 4% e il Portogallo intorno allo zero %.

Considerando solo la produzione dell'industria e del settore manifatturiero („Manufacturing output“) nei rispettivi paesi rispetto a prima della crisi dell'euro, il dato per l'Italia sarebbe ancora peggiore con un meno 17%. La Germania in questo confronto avrebbe un piu' 9%, la Francia segna un meno 9%, Grecia e Spagna addirittura un meno 20% ciascuna. "Queste cifre gettano una luce sui problemi economici che hanno portato al violento e drammatico aumento dei partiti estremisti in questi paesi negli ultimi anni", afferma Sinn.

Un caso notevole è l'Irlanda, sottolinea l'economista. L'Irlanda è stato il paese con la maggiore svalutazione reale e allo stesso tempo è riuscita a ripristinare la propria competitività. "Non è successo grazie agli aiuti, ma perché il paese è entrato in crisi già alla fine del 2006, non ha ricevuto nessun aiuto ed è stato costretto a tirare la cinghia - con una riduzione dei prezzi e dei salari", dice Sinn. Quando nel 2011 sono arrivati i salvataggi,  l'auto-aiuto irlandese è cessato immediatamente: "fortunatamente il lavoro era già stato fatto".

Le reazioni all'appello degli economisti

L'accorato appello dei 154 economisti trova divesi sostenitori nella politica e qualche scettico sia nella SPD che fra gli economisti. Ne parla la FAZ.net


L'appello dei 154 professori di economia contro la messa in comune delle responsabilità all'interno dell'area euro divide la coalizione di governo. Dall'Unione arriva approvazione, qualche critica invece dalla SPD. "Vogliamo piu' Europa, ma non al prezzo di dover annacquare e spostare le responsabilità", ha detto il portavoce sui temi di bilancio del gruppo parlamentare dell'Unione, Eckhardt Rehberg, alla FAZ. L'assunzione di rischi da parte di uno stato deve essere collegato alle responsabilità di quello stato membro. A questo proposito le valutazioni sulle promesse elettorali italiane di oltre 100 miliardi di euro, considerando il rapporto debito/PIL oltre il 130%, sarebbero contrarie alla razionalità economica. "L'Italia sta giocando pesante", ha detto il politico della CDU. "Evidentemente in alcuni stati europei l'ultima crisi del debito è già stata completamente dimenticata".

Il vicepresidente del gruppo parlamentare della SPD, Achim Post, ha cercato invece di abbassare i toni: "In un momento cosi' importante per il futuro d'Europa mi piacerebbe vedere appelli che abbiano anche la capacità di mostrare un progetto futuro per l'Europa, invece di accontentarsi di elencare preoccupazioni e dubbi di ogni tipo".

Naturalmente le riforme devono essere attentamente considerate e ponderate in termini di rischi. Inoltre, non tutte le idee di riforma attualmente in discussione sono già abbastanza mature: "una maggiore coesione nell'eurozona non rappresenta un rischio per la sicurezza, al contrario, puo' e deve contribuire a rendere l'Eurozona ancora piu' a prova di crisi. E cio' sarebbe anche nell'interesse tedesco", ha detto il politico della SPD.

Il politico di AfD von Storch si rallegra

Il gruppo della FDP si sente confermato dall'appello. "Gli aiuti nell'eurozona devono essere sempre l'ultima ratio e non possono portare ad una messa in comune dei debiti", ha detto il vicepresidente  Christian Dürr. C'è il rischio di minare la sovranità fiscale nazionale e indebolire i criteri di stabilità, qualora le proposte di Macron e Junkcer venissero semplicemente applicate. "Il governo federale deve finalmente diventare l'avvocato dei contribuenti e dei risparmiatori", ha chiesto il politico della FDP.

Fra gli economisti ci sono state anche delle obiezioni. Marcel Fratzscher, il presidente del Deutsches Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW), ha twittato scrivendo che i firmatari dell'appello respingono la maggior parte delle riforme europee sulla base del fatto che creerebbero un "azzardo morale", una sorta di tentazione morale: "se a prevalere fossero queste posizioni, allora l'euro finirà e si arriverà ad una profonda depressione".

Il professore di economia di Francoforte Jan Pieter Krahnen ha parlato di "semplici argomentazioni in bianco e nero" definendo "sorprendente" che gli economisti vi si prestino. "Gran parte della mia professione non condivide queste posizioni", ha invece sottolineato la professoressa di economia di Bonn e membro del consiglio dei saggi economici, Isabel Schnadel. Dopotutto fra i firmatari c'era anche un ex presidente del Consiglio dei Saggi Economici, Juergen B. Donges.

Clemens Fuest, il presidente dell'istituto Ifo di Monaco ha dichiarato: "E' chiaro che nessuno vuole una messa in comune delle responsabilità - quello che secondo me manca all'appello è un piano convincente su come impedire l'estensione delle garanzie di solidarietà e su come si possano convincere gli altri stati ad appoggiare queste riforme". Il suo predecessore, l'ex presidente Ifo Hans-Werner Sinn, è fra i firmatari dell'appello. "Se si teme che le cose vadano sempre per il peggio e lo si considera anche probabile, allora si pone una questione esistenziale per l'euro - il documento lascia perplessi", scrive Michael Hüther, il direttore dell'Instituts der deutschen Wirtschaft (IW) di Colonia. Il macroeconomista Rüdiger Bachmann ha twittato che è significativo quali siano stati gli economisti a non firmare - ad esempio Fuest, Hüther e lui.

Gli ex politici di AfD nonché attuali parlamentari europei del gruppo dei Liberal-conservatori e riformisti, i professori di economia Bernd Lucke e Joachim Starbatty hanno appoggiato l'appello, sebbene in quanto politici non abbiano potuto firmare il documento. "Ci troviamo di fronte ad un importante momento di scelta nell'UE e il governo federale non si è ancora pronunciato in maniera sufficientemente chiara sul tema", ha affermato Lucke. E' "giusto e importante" che gli economisti mettano in guardia dai rischi di una euro-unione fondata sulla messa in comune delle responsabilità.

Starbatty, che a partire dal 1992 ha lanciato diverse azioni contro l'euro, ha peraltro espresso il suo scetticismo in merito alle prospettive di successo dell'attuale appello. "I professori non devono farsi alcuna illusione circa il successo dei loro appelli. Noi stessi siamo entrati in politica perché i nostri avvertimenti in merito ai pericoli dell'euro sono rimasti inascoltati". Il politico di AfD Beatrix von Storch ha twittato: "154 professori di economia chiedono urgentemente di votare per AfD - un po' tardi, ma è già qualcosa".

lunedì 21 maggio 2018

L'accorato appello dei 154 professori tedeschi

La Frankfurter Allgemeine Zeitung pubblica l'accoratissimo appello con il quale 154 professori tedeschi mettono in guardia dalla trasformazione dell'eurozona in una unione fondata sul debito e sulla condivisione della responsabilità, come previsto dai piani di Macron e Juncker. Fra i firmatari alcuni nomi molto noti: Hans Werner Sinn, Thomas Mayer e Jürgen Stark (ex BCE) e tanti altri. Il timing sembra perfetto per rispondere alle nuove proposte in arrivo dall'Italia. Dalla FAZ.net  


Noi - 154 professori di economia - mettiamo in guardia da un ulteriore sviluppo dell'unione monetaria e bancaria europea in direzione di una unione basata sulla messa in comune della responsabilità. Le proposte del presidente francese Macron e del presidente della Commissione Europea Juncker, menzionate nell'accordo di coalizione di Berlino, comportano dei grandi rischi per i cittadini europei.

1 Se il meccanismo di stabilità ESM, come previsto, dovesse essere utilizzato come una riassicurazione per il risanamento delle banche, verrebbe meno per gli istituti di credito e per le autorità di controllo ogni incentivo a ripulire i bilanci dai crediti inesigibili. Questo a spese della crescita e della stabilità finanziaria.

2. Se come previsto l'ESM dovesse essere trasferito all'interno del quadro legislativo dell'UE sotto forma di un Fondo Monetario Europeo (FME), il fondo finirebbe sotto l'influenza di paesi che non sono membri dell'eurozona. Poiché i singoli paesi perderebbero il diritto di veto sulle decisioni urgenti, i paesi creditori potrebbero essere messi in minoranza. Cosi' ad esempio il Bundestag tedesco perderebbe il suo diritto di controllo.

3. Se il sistema di garanzia dei depositi bancari, come previsto, venisse messo in comune, verrebbero socializzati anche i costi degli errori che le banche e i governi hanno commesso in passato.

4. Il previsto "Fondo europeo per gli investimenti per la stabilizzazione macroeconomica" e il "Fondo per il sostegno delle riforme strutturali" porteranno ad ulteriori trasferimenti e prestiti a favore di quei paesi della zona euro che in passato hanno evitato di fare le riforme necessarie. Sarebbe un errore premiare una condotta sbagliata. La Germania, all'interno del sistema di pagamento interbancario Target 2, ha già accettato piu' di 900 miliardi di euro di passività della BCE, sui quali non vengono pagati interessi e per i quali non è prevista alcuna scadenza o rimborso.

5. Un Ministro europeo delle finanze dotato di una capacità di bilancio e con un ruolo di interlocutore della BCE contribuirebbe ad una ulteriore politicizzazione della politica monetaria. Gli ingenti acquisti di obbligazioni da parte della BCE (2.550 miliardi di euro fino a settembre 2018) già ora possono essere equiparati a una monetizzazione del debito da parte della banca centrale.

Il principio di responsabilità è una pietra miliare dell'economia sociale di mercato. L'unione fondata sulla messa in comune della responsabilità mina la crescita e minaccia la prosperità di tutta l'Europa. Cio' è evidente nel livello salariale sempre piu' basso, soprattutto fra i piu' giovani. Pertanto chiediamo al governo federale di tornare ai principi di base dell'economia sociale di mercato.

Invece di creare nuove linee di credito e incentivi verso cattive condotte economiche è importante promuovere riforme strutturali. Il privilegio garantito ai titoli di stato nella gestione del rischio delle banche deve essere abolito. L'eurozona ha bisogno di una procedura di insolvenza ordinata per gli stati e di una procedura per l'uscita ordinata. L'unione del mercato dei capitali deve essere completata - anche perché i movimenti di capitale compensano gli schock asimmetrici. Nel consiglio BCE è necessario collegare i diritti di voto con le responsabilità. I Saldi Target devono essere compensati con regolarità. Gli acquisti di titoli di stato devono cessare rapidamente.




Alle 154 Unterzeichner


Hanjo Allinger, Rainer Alt, Peter Altmiks, Niels Angermüller, Gerhard Arminger, Philipp Bagus, Hartwig Bartling, Christian Bauer, Alexander Baumeister, Dirk Baur, Hanno Beck, Peter Bernholz, Norbert Berthold, Dirk Bethmann, Ulrich Blum, Christoph Braunschweig, Gerrit Brösel, Martin-Peter Büch, Walter Buhr, Rolf Caesar, Ronald Clapham, Erich Dauenhauer, Frank Daumann, Dietrich Dickertmann, Leef Dierks, Gerd Diethelm, Alexander Dilger, Juergen B. Donges, Norbert Eickhof, Alexander Eisenkopf, Mathias Erlei, Rolf Eschenburg, Stefan Felder, Robert Fenge, Cay Folkers, Siegfried Franke, Jan Franke-Viebach, Michael Frenkel, Andreas Freytag, Wilfried Fuhrmann, Werner Gaab, Gerhard Gehrig, Thomas Glauben, Frank Gogoll, Robert Göötz, Christiane Goodfellow, Rüdiger Grascht, Alfred Greiner, Heinz Grossekettler, Andrea Gubitz, Gerd Habermann, Hendrik Hagedorn, Gerd Hansen, Rolf Hasse, Klaus-Dirk Henke, Henner Hentze, Thomas Hering, Bernhard Herz, Stefan Hoderlein, Stephan Hornig, Guido Hülsmann, Jost Jacoby, Hans-Joachim Jarchow, Thomas Jost, Markus C. Kerber, Henning Klodt, Michael Knittel, Leonard Knoll, Andreas Knorr, Manfred Königstein, Ulrich Koester, Stefan Kooths, Walter Krämer, Dietmar Krafft, Rainer Künzel, Britta Kuhn, Werner Lachmann, Enno Langfeldt, Andreas Löhr, Tim Lohse, Helga Luckenbach, Reinar Lüdeke, Dominik Maltritz, Gerald Mann, Thomas Mayer, Dirk Meyer, Renate Ohr, Michael Olbrich, Werner Pascha, Hans-Georg Petersen, Wolfgang Pfaffenberger, Ingo Pies, Werner Plumpe, Mattias Polborn, Thorsten Polleit, Niklas Potrafke, Bernd Raffelhüschen, Bernd-Thomas, Ramb, Richard Reichel, Hayo Reimers, Stefan Reitz, Rudolf Richter, Wolfram F. Richter, Gerhard Rösl, Roland Rollberg, Alexander Ruddies, Gerhard Rübel, Karlhans Sauernheimer, Stefan Schäfer, Wolf Schäfer, Malcolm Schauf, Bernd Scherer, Jörg Schimmelpfennig, Ingo Schmidt, Dieter Schmidtchen, Michael Schmitz, Gunther Schnabl, Jan Schnellenbach, Bruno Schönfelder, Siegfried Schoppe, Jürgen Schröder, Christian Schubert, Alfred Schüller, Peter M. Schulze, Thomas Schuster, Christian Seidl, Hans-Werner Sinn, Fritz Söllner, Peter Spahn, Jürgen Stark, Wolfgang Ströbele, Stefan Tangermann, H. Jörg Thieme, Stefan Traub, Dieter Tscheulin, Ulrich van Suntum, Roland Vaubel, Stefan Voigt, Hermann von Laer, Hans-Jürgen Vosgerau, Adolf Wagner, Heike Walterscheid, Gerhard Wegner, Rafael Weißbach, Heinz-Dieter Wenzel, Max Wewel, Hans Wielens, Otto Wiese, Rainer Willeke, Manfred Willms, Dietrich Winterhager, Michael Wohlgemuth, Hans-Werner Wohltmann, Achim Zink