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domenica 6 gennaio 2013

La ritirata del ceto medio tedesco


I dati recentemente pubblicati sulle diseguaglianze nel mondo del lavoro hanno rilanciato il dibattito sulla distribuzione della ricchezza in Germania.  La situazione è peggiorata, ma secondo FAZ i tedeschi, rispetto a i vicini di casa, non possono lamentarsi. Da FAZ.net
La classe media in Germania si è ristretta e la povertà è cresciuta? Le statistiche mostrano qualcosa di simile. Rispetto ad altri paesi, la situazione sembra invece ancora buona.

Le associazioni sociali (Sozialverband) e i sindacati lanciano l'allarme: in Germania c'è "una povertà record". Frank Bsirske, leader del sindacato dei servizi Ver.di, usa parole drastiche: "Il divario fra ricchi e poveri non è mai stato cosi' ampio, la classe media non si è mai sentita cosi' minacciata", ha dichiarato di recente alla Bild-Zeitung. La "Paritätische Wohlfahrtsverband" ha parlato di un 15.1 % della popolazione "a rischio povertà". Poche settime fa l'Ufficio federale di statistica in un comunicato stampa scriveva che in Germania una persona su cinque si trova in una situazione di povertà o di esclusione sociale.  In una tabella del rapporto si poteva leggere che di fatto il 5.3 % della popolazione - circa un ventesimo - sarebbe povero ("materialmente deprivato"). Il gran numero di statistiche causa confusione e incertezza. Il politologo Klaus Schroeder in una recente intervista alla FAZ ha criticato: "la ricerca sulla povertà viene orientata politicamente".

I sempre piu' frequenti studi su una presunta erosione del ceto medio sono di grande attualità politica. Soprattutto in Germania, dove il ceto medio è considerato la spina dorsale del paese. Fino ad ora, nel confronto internazionale, il ceto medio tedesco è sempre stato considerato ampio e stabile. Tuttavia alcuni recenti studi fanno emergere dei dubbi. Uno studio della "Bertelsmann-Stiftung" è recentemente arrivato alla conclusione: il ceto medio da almeno 15 anni si restringe, e si e' ridotto di 5.5 milioni di unità. La sua quota sulla popolazione complessiva in rapporto al 1997 è scesa di 7 punti percentuali raggiungendo il 58 %. Lo studio considerava ceto medio chi ha un reddito disponibile fra il 70 e il 150 % del reddito mediano, ponderato in base alla dimensione della famiglia. Il reddito mediano nel 2009 era di circa 1.600 € mensili.
Effetto distorsivo della riunificazione

Una persona su quattro nella classe media teme di poter perdere il proprio status, sempre secondo lo studio  della Bertelsmann-Stiftung. In una precedente ricerca del Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW), si parlava addirittura di "panico da status". Olaf Groh-Samberg, professore di sociologia all'università di Brema, che ha contribuito allo studio Bertelsmann dice: "Non c'è stato un crollo di massa nella classe media". Si tratta piuttosto di un avvitamento delle classi di reddito inferiori: la risalita verso la classe media è diventata piu' difficile.

Se il ceto medio si sia ristretto o meno, è un punto su cui discutono da tempo economisti e scienziati sociali. "Il ceto medio tedesco è stabile", secondo l'Institut der deutschen Wirtschaft (IW). L'economista IW Judith Nieheus ammette: "Anche noi nel nostro studio riteniamo che il ceto medio dalla fine degli anni '90 si sia ristretto. Ma parlare di un ceto medio in caduta costante, non è coerente con lo sviluppo stabile a partire dal 2005 mostrato dai dati". In una prospettiva di lungo termine, si puo' dire che il ceto medio è solo di poco al di sotto dei valori di inizio anni '90. 

Altri ricercatori considerano invece l'effetto distorsivo della riunificazione. Nel 1990 si sono aggiunti 17 milioni di cittadini della ex DDR, il cui reddito era meno della metà del livello occidentale, ma distribuito in maniera piu' uniforme. La riunificazione ha abbassato il reddito medio tedesco complessivo, in questo modo  anche all'ovest si è ridotta la soglia fra reddito medio e reddito basso. "Statisticamente la conseguenza è stata un aumento del ceto medio, dopo aver aggiunto un gran numero di redditi bassi: un risultato paradossale", chiarisce Groh-Samberg. Negli anni '90 i redditi dei nuovi Bundesländer hanno recuperato terreno. Nel 1997 - il punto di inizio dello studio Bertelsmann - il ceto medio calcolato statisticamente ha raggiunto il picco del 65%. Secondo i ricercatori DIW, negli ultimi anni le diseguaglianze si sono ridotte dopo il picco del 2005. Da allora si assiste infatti ad una "inversione di tendenza statisticamente significativa".

Il controverso impatto dell'immigrazione

Circa le cause del sopra menzionato ampliamento delle diseguaglianze di reddito, le impressioni sono abbastanza diverse. L'OCSE ha indicato una serie di fattori: prima di tutto il progresso tecnologico: sono favoriti i lavoratori altamente qualificati, mentre quelli scarsamente qualificati finiscono sotto pressione a causa delle razionalizzazione e dell'automazione. In molti paesi la disoccupazione ha contribuito ad una crescente diseguaglianza - ma in Germania il trend degli ultimi 7 anni è andato in direzione opposta. Da quando il mercato del lavoro è stato liberalizzato è diminuita fortemente non solo la disoccupazione di breve periodo ma anche quella di lungo periodo. Cio' è stato accompagnato da un allargamento del settore a basso salario (Niedriglohnsektor), dal declino della contrattazione collettiva e da un minore potere contrattuale dei sindacati. A cio' si è aggiunta una riforma della tassazione che ha ridotto il carico fiscale su tutte le fasce di reddito, ma che ha portato vantaggi ai redditi piu' alti.

Infine l'OCSE menziona anche i cambiamenti demografici, i quali possono portare ad una polarizzazione dei redditi. Ad esempio il trend spinge verso nuclei familiari sempre piu' spesso composti da una sola persona. Cio' porta ad un numero crescente di persone considerate statisticamente a basso reddito, in quanto il loro reddito richiede una ponderazione a seconda delle dimensioni della famiglia. Se il frigo e la televisione non vengono condivisi, ma devono essere acquistati da una sola persona, il reddito si restringe. I critici, come il presidente dell'istituto IFO Hans Werner Sinn, considerano questi calcoli un "artefatto statistico"; di fatto con questo metodo statistico lavorano tutti gli studiosi della distribuzione.

Controverso è anche l'impatto dell'immigrazione, anche se molti studi la considerano marginale. In larga parte i redditi bassi sono aumentati grazie agli immigrati poco qualificati: tra il 1996 e il 2006, fra i 4.1 milioni di cittadini che si sono aggiunti alle fasce di reddito piu' basse, 2.9 erano immigrati, secondo i dati proposti dal sociologo Meinhard Miegel. Il vero problema è che da allora questo strato sociale sembra consolidarsi. La disoccupazione fra gli immigrati è ancora il doppio della media tedesca.

Per i tedeschi è ricco chi guadagna almeno 9100 Euro al mese.

Dove inizia e dove finisce esattamente il ceto medio, i ricercatori non lo calcolano unicamente sulla base dei dati sul reddito. Il ceto medio si definisce anche sulla base della  formazione e di una forte autocoscienza. In precedenza, ci ricorda il sociologo Groh-Samberg,  si poteva parlare di "differenza di colletto": l'impiegato con camicia bianca si differenziava dai ceti piu' bassi, che invece a lavoro dovevano sporcarsi. Questa differenziazione nella Repubblica federale è andata scomparendo. Lavoratori manuali, lavoratori specializzati e capisquadra oggi appartengono al ceto medio. Operai qualificati e non, impiegati semplici come i dipendenti pubblici ai livelli piu' bassi, appartengono al ceto piu' basso. Nelle fasce di reddito medio si trovano molti lavori, "dal lavoratore specializzato fino al professore di liceo", secondo l'economista IW Judith Niehues.

La classe superiore di reddito riguarda i dirigenti o gli alti funzionari, il medico capo, i professori e gli imprenditori con almeno 10 dipendenti. Anche chi vive di rendita e gli ereditieri appartengono a questo gruppo. Agli occhi dei tedeschi la soglia di reddito per i "ricchi" viene posizionata in generale piu' in alto rispetto al limite di 2400 € netti al mese, che rappresentano il 150 % del reddito mediano. Secondo un'indagine rappresentativa, per i tedeschi è ricco colui che guadagna piu' di 9100 € al mese - questa la risposta media. Per i ricercatori della distribuzione la classe di reddito superiore inizia di solito fra i 3000 e i 5000 € mensili. 

Germania meno diseguale rispetto ad altri paesi

La società tedesca in un confronto internazionale è caratterizzata da una minore diseguaglianza materiale. Lo mostra ad esempio il coefficiente di Gini. Un valore di 0 significa assoluta uguaglianza, un valore di 1 estrema diseguaglianza. Il coefficiente di Gini tedesco è salito lievemente a 0.3, resta pero' inferiore al coefficiente medio dei paesi OCSE, pari a 0.31. Chiaramente piu' diseguali sono i redditi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti (coefficiente di Gini dello 0.34 e 0.38), anche nel sud Europa e nell'Europa dell'est c'è piu' diseguaglianza. Solo nella egualitaria Scandinavia i redditi sono distribuiti piu' equamente. "In un confronto con il resto d'Europa, alla classe media tedesca va abbastanza bene", deve ammettere anche Groh-Samberg, sebbene il suo studio ipotizzi una forte erosione della classe media.

Nonostante i numerosi allarmi, i tedeschi sembrano non agitarsi. Un'indagine rappresentativa ha rilevato come la grande maggioranza degli intervistati collochi se stessa nella classe media: nel 1990 a considerarsi classe media erano il 60 % degli abitanti dell'ovest e il 37 % degli ex cittadini della DDR. Questi valori nel 2010 sono addirittura cresciuti. Oggi a considerasi classe media nell'ovest sono il 62 % e nell'est il 51%, sempre meno si considerano classe operaia, ancora meno come classe superiore. L'attrattività della classe media è piu' forte che mai.

domenica 11 novembre 2012

La trappola della povertà e il sogno del salario minimo


Die Zeit ci spiega il boom dei lavori a basso salario. Lo stato e il settore pubblico potrebbero fare molto per evitare la povertà in età avanzata, ma le priorità sono altre.

I bassi stipendi sono una causa di povertà in età avanzata. Quattro imprenditori ci spiegano perché pagano cosi' poco - e che cosa dovrebbe cambiare.

Chi lavora per Peter Kowol rischia la povertà in vecchiaia. Questo è chiaro anche a Kowol: "Il livello dei salari è al minimo", ci dice. "Per una pensione decente non può bastare". I suoi dipendenti guadagnano circa 6 € all'ora. Kowol ci dice che pagherebbe volentieri di piu':"Ma da dove potrei prendere il denaro per salari piu' alti?".

Il 65enne di Gottinga ha un impresa di taxi. Nel suo settore quasi il 90% degli occupati ha un basso salario. Secondo l'ufficio federale di statistica, in nessun'altro settore i bassi salari sono cosi' diffusi. E in nessun'altro settore ci sono cosi' tanti occupati che avranno una pensione da fame.

In questi giorni si discute molto di povertà in vecchiaia. Il Ministro del lavoro Ursula von der Leyen ha presentato il suo piano per una pensione aggiuntiva. Maggioranza e opposizione discutono come modificare il sistema pensionistico affinché milioni di persone non si trovino in una situazione di povertà in età avanzata. La scorsa settimana i vertici della coalizione di governo hanno approvato un progetto di riforma.

Ma piu' in generale, combattere la povertà in vecchiaia è il giusto punto di partenza per combattere la povertà? Non si dovrebbe iniziare da coloro che già oggi hanno uno stipendio basso? Chi vuole evitare la povertà in età avanzata dovrebbe guardare a quello che  già oggi succede nel settore dei taxi - o ad esempio dei parrucchieri. In seconda posizione nella triste classifica dei lavori peggio pagati.

Die Zeit ha chiesto agli imprenditori del  cosiddetto settore a basso salario perché pagano cosi' male i dipendenti -  e che cosa dovrebbe cambiare per far crescere i salari nel loro settore. Le risposte indicano: clienti, consulenti, imprese, lo stato - tutti potrebbero fare qualcosa.

Peter Kowol è il prototipo di un imprenditore di taxi. Possiede 2 auto e dà lavoro a 6 guidatori. La maggioranza dei 22.000 imprenditori di taxi in Germania sono dei piccoli imprenditori come lui. E come molti dei suoi colleghi Kowol si lamenta degli affari: "In media un guidatore in un turno di 8 ore incassa 120 €. Alla fine resta molto poco ". Kowol, come la maggioranza nel suo settore, non paga un salario fisso, piuttosto fa partecipare i guidatori al guadagno.

Che gli imprenditori si lamentino è normale. Gli operatori di taxi tuttavia possono fare ben poco per far andare le cose meglio: Kowol ad esempio non può aumentare i suoi prezzi. Proprio nel settore dei lavori a basso salario è lo stato a dettare le regole del business. Stabilisce i prezzi, quante imprese possono operare e quanti taxi possano circolare. "Cio' viene deciso dai singoli comuni, ognuno in maniera diversa", chiarisce Kowol. "Oltre al settore pubblico, non c'è nessun' altro settore che sia regolato piu' del mio".

Questo significa che non esiste un altro settore in cui potrebbe essere piu' facile per lo stato fare qualcosa per i lavoratori. I comuni potrebbero ad esempio riordinare le tariffe con un'ordinanza o ridurre il numero delle licenze. "Le singole imprese incasserebbero di piu' e finirebbero per pagare di piu' anche i loro conducenti" ci dice Kowol.

Il confine fra un salario normale e un basso salario secondo l'ufficio federale di statistica è di 10.36 € per ora. Cioè i due terzi dello stipendio medio pagato in Germania. Chi riceve meno di questa soglia, viene considerato un lavoratore a basso salario. Nel 2010 - non ci sono dati piu' nuovi - questa condizione riguardava un quinto dei lavoratori, ovvero 7 milioni di persone. Per alcuni lavoratori allo stipendio si devono poi aggiungere le mance, che non sono pianificabili e non sono utili per la pensione. I tassisti che in media guadagnano 6.85 € per ora sono nella parte piu' bassa della scala. 

I dipendenti di Wolfgang Löffler non possono tuttavia fare affidamento sulle mance. Vendono Sandwiches con tonno, pollo, verdure, fatti con pane integrale o bianco, lunghi 15 o 30 centimetri. I clienti per lo piu' pagano la cifra esatta. 20 lavoratori, fra cui 3 apprendisti (Azubis), lavorano nelle 3 filiali Subway, che Löffler gestisce nell'area di Stoccarda.

I non qualificati iniziano da Löffler con 6 o 6.5 € per ora. Ancora meno di quanto il contratto collettivo prevede come salario di ingresso: 7.5 € nell'ovest e 6.85 € nell'est. La maggior parte delle catene di fast food pagano secondo tariffa, fra queste McDonald’s, Burger King, Pizza Hut, Kentucky Fried Chicken. Solo Subway non lo fa. Alcuni anni fa i  350 imprenditori Subway, che gestiscono in Germania oltre 600 ristoranti, dovevano diventare membri dell'associazione di settore. Molti di loro hanno pero' rifiutato il vincolo della contrattazione collettiva. "Io allora ero a favore di un ingresso", ci dice Löffler.

Ma allora perché non paga di piu' i suoi dipendenti? "Perché io come singolo non posso farlo", dice. Secondo i suoi calcoli, alla fine non rimarrebbero utili. Con una filiale Subway,  un affiliato in franchising incassa fra 7.000 e 10.000 € per settimana. "30% se ne va per gli ingredienti, 25 % per i salari, 8% per gli affitti". A questo si aggiunge un canone settimanale dell'8%, che ogni partner deve sostenere. Il 4.5% fluisce in una cassa comune per la pubblicità. Solo la partecipazione al franchising Subway costa 10.000 €. "Non ci sono margini", ci dice Löffler.


Potrebbe aumentare i prezzi? "Abbiamo già cercato di farlo", risponde. Alcuni anni fa Subway ha aumentato i suoi prezzi. Non piu' i sandwiches singoli, ma solo come menu', insieme ad una bevanda, alle patatine o ai dolci". "Che il cliente ricevesse di piu' non aveva alcuna importanza. Quello che contava era l'aumento del prezzo", dice Löffler. I ricavi sono crollati, e la catena ha deciso di tornare ai vecchi prezzi. Löffler ha imparato una cosa: " Per i tedeschi, il cibo non deve essere costoso", ci dice.

Chi sente parlare Löffler ha l'impressione che i bassi salari nella gastronomia tedesca siano una legge di natura. In nessun altro settore c'è cosi' tanto lavoro precario come qui. Solo in questo settore lavorano piu' di un milione di occupati in ristoranti, caffé o take away. Quasi la metà dei lavori è un minijob.

Queste persone hanno la possibilità di sfuggire dalla trappola del basso salario? La soluzione di Löffler sembra un po' atipica per un imprenditore: "un salario minimo obbligatorio per tutti i lavoratori". Se tutti nel settore dovessero pagare salari piu' alti, anche i prezzi salirebbero. Se i prezzi salgono ovunque, anche i clienti dovrebbero accettarlo. Questa è la logica di Löffler.

Thomas Kemmerich ha un'altra opinione. "Con un salario minimo di 8.5 € dovrei aumentare i prezzi del 20% e licenziare il 10% dei dipendenti". Kemmerich, 47 anni, ha già commissionato uno studio sugli effetti del salario minimo nel suo settore. Il giurista guida una catena di parrucchieri: Masson, con 80 filiali, la metà dei quali in Turingia e le altre in Nordrhein-Westfalen. 

Kemmerich è un uomo corpulento e calvo. Lui stesso non si taglia i capelli. Nel 1989, subito dopo gli studi, è arrivato da Bonn ad Erfurt, come consulente per le imprese nel passaggio dal comunismo al capitalismo. Nel 1991 ha assunto la direzione di una "cooperativa di lavori manuali", ormai all'insolvenza. In breve tempo è diventato propietario di 20 saloni da parrucchiere. Nel frattempo ha preso anche l'accento della Turingia.

Masson non è una catena low cost, un taglio per donna costa 30 €, per gli uomini 18 €. Nonostante cio', i dipendenti di Kemmerrich all'inizio guadagnano 6 € l'ora in Turingia e 7.5 €  in Nordrhein-Westfalen. "Di piu' non sarebbe possibile dal punto di vista dei costi aziendali". Dai ricavi oltre agli stipendi deve sottrarre gli affitti, l'elettricità, le forbici e gli shampoo. Secondo i bilanci, negli ultimi 2 anni non ha fatto alcun profitto.

Dall'arrivo di Kemmerich nell'est, in tutta la Germania hanno aperto 20.000 nuovi saloni. Ma la gente ci va troppo di rado: "Oggi una donna in Germania in media va solo 5-7 volte all'anno dal parrucchiere, un uomo 7 volte", dice Kemmerich, "il 40 % dei tedeschi non va mai da un parrucchiere". Si fanno tagliare i capelli a casa al nero. Percio' la competizione per i clienti è molto dura. Cosi' Kemmerich continua a pagare i bassi salari, tipici dei parrucchieri.

Il vero problema del settore lo si capisce se si visita in un mattino di autunno la filiale di Masson alla stazione di Erfurt. Li' Moni, Nancy e Aillen mischiano i colori per i capelli e aspettano i clienti. Ne arrivano pochi. Si potrebbe anche dire: ci sono troppe parrucchiere per il numero di clienti. Sebbene le parrucchiere dell'est siano diventate le icone della lavoratrice a basso salario, la parrucchiera resta una scelta molto popolare per i tirocini (ausbildung). Al momento è al quinto posto - soprattutto all'est molte ragazze scelgono questo mestiere. Ci sono di fatto troppe parrucchiere: e questo spinge verso il basso i salari nel settore. 

La maggior parte dei lavoratori senza una formazione professionale (Berufsausbildung) riceve un basso salario. In questo gruppo il 53 % lavora per meno di 10.36 € per ora. Fra i lavoratori con un titolo universitario sono meno del 2 %. L'educazione è quindi la chiave per sfuggire alla trappola dei bassi salari. Ma l'esempio della parrucchiera ci mostra che anche con una formazione standard si ottiene un basso salario. Molte giovani ragazze potrebbero guadagnare di piu' con un lavoro dove la manodopera specializzata è veramente richiesta: infermiera, insegnante o meccatronica.

La concorrenza di massa non è invece il problema di Ingrid Niehaus. Almeno non diretto. "Il mio concorrente piu' agguerrito", ci dice l'imprenditrice, "non è il negozio all'angolo, è il cliente stesso". Niehaus gestisce una lavanderia. Con 16 dipendenti lava gli abiti, i vestiti e stira le camice. 

La sua piccola impresa nella periferia di Bad Bentheim la si riconosce già da lontano - dal vapore bianco che esce da un tubo e va verso il cielo. Molte lavanderie sono di piccole dimensioni, spesso aziende familiari. Niehaus ha appena lasciato la gestione dell'azienda al figlio. Nelle piccole aziende come quella di  Niehaus i lavoratori e gli imprenditori sono molto vicini. Non si accumulano enormi profitti e per questo si pagano bassi salari.

Da Niehaus le stiratrici e le lavandaie iniziano con 7.5 € all'ora, e arrivano al massimo a circa 9 €. Nel settore, con circa 70.000 dipendenti, si trovano anche salari piu' bassi. Alla domanda, se le cose potrebbero andare meglio, Niehaus parla del suo principale concorrente: "con un prezzo di 1.79 € per camicia molti clienti dicono, ok va bene. Ma se chiedessi 2.79 € o 3 €, le cose andrebbero diversamente". Almeno una parte dei clienti se ne andrebbe. 

I salari in questo settore sono bassi anche per questo motivo:  molto spesso il lavoro è troppo facile. Per stirare o piegare i vestiti non c'è bisogno di una formazione particolare. Allo stesso tempo molti degli occupati nel settore - spesso donne straniere - non trovano nessun'altro lavoro.

Dal 2009 per le lavanderie esiste anche un salario minimo. Al momento è di 7 € nell'est e di 8 € nell'ovest. Ma è valido - "per fortuna" come dice Niehaus - solo per le imprese che servono altre aziende, come Hotel, ospedali o case di cura. In questa parte del mercato dominano imprese con gigantesche linee di lavaggio e macchine piegatrici automatiche.

"Possono pagare meglio di noi aziende artigianali", ci dice una lavoratrice. "Ma si interessano solamente per il bussiness di massa, non certo per una macchia su un abito da sposa". In questi impianti industriali sono occupati pochissimi lavoratori. Una maggiore automazione spingerebbe verso un salario maggiore, sebbene la forza lavoro non sia scarsa.

La maggior parte degli economisti per questo motivo rifiutano i salari minimi: pensano che molti lavori facili scomparirebbero. I sostenitori, al contrario, pensano che ci sia un margine per l'aumento dei salari senza che questo causi la scomparsa dei posti di lavoro. E' difficile dire chi ha ragione. Secondo l'economista di Friburgo Bernd Fitzenberger, non sarebbe certo facile trovare il livello giusto: nella ricerca del giusto salario minimo, prima di trovarlo si faranno degli errori. Chi è daccordo, propone una introduzione prudente e per gradi del salario minimo. La stessa federazione sindacale tedesca, non chiede un salario minimo di 10 € , bensì di 8.5 €.

Questo ci dice: non esiste una leva potente da utilizzare per far uscire dalla trappola dei bassi salari e della povertà in età avanzata una larga parte della popolazione.

Chi è interessato alla coesione della società e vuole  pensioni adeguate, dovrebbe iniziare da piu' parti. Dall'orientamento professionale, come il caso delle parrucchiere mostra. Dalla formazione: senza una qualificazione spesso si trovano solo lavori mal pagati - o addirittura nessuno. 1 su 5  è infatti disoccupato. E' necessaria anche una migliore regolamentazione dello stato nei settori dove la concorrenza è limitata, come ad esempio i taxi. In questo settore un salario minimo non aiuterebbe molti lavoratori. In altri settori come le lavanderie, potrebbe aiutare un po' - non dovrebbe però essere cosi' alto, da far scomparire lavoro di facile esecuzione.

In ogni caso la povertà in età avanzata non è un problema da combattere alla fine della vita lavorativa. Si deve iniziare molto prima.

domenica 29 luglio 2012

Meno di 8.5 € l'ora


TAZ.de ci ricorda le disuguaglianze salariali in Germania. I dati sono quelli appena pubblicati dallo Statistisches Bundesamt.

L'11% degli occupati guadagnano meno di 8.5 € l'ora. Ad essere colpite sono soprattutto le donne. Nella Germania dell'est la percentuale di lavoratori a basso salario è il doppio dell'ovest.

Circa l'11% di tutti gli occupati in Germania nel 2010 hanno guadagnato meno di 8.5 € all'ora. Nella maggior parte dei casi (46%) si tratta dei cosiddetti Minijobber o lavori a 400 €, secondo i dati forniti dallo Statistisches Bundesamt giovedì scorso. Un terzo (33%) erano occupati a tempo pieno, il 21% part time. Circa il 60% dei lavoratori a basso salario sono donne.

I dati arrivano dal rilevamento sulla struttura delle retribuzioni nelle imprese dell'industria manifatturiera e dei servizi con piu' di 10 dipendenti per l'anno 2010.

Nella Germania dell'Est oltre un quinto (22%) lavorava con un salario orario inferiore agli 8.5 €, sebbene la maggior parte siano occupati a tempo pieno. Nell'ovest il 10% dei lavoratori resta sotto questa soglia. Il gruppo piu' grande sono i Minijobber, principalmente donne e occupati senza formazione professionale.

La maggior parte degli occupati con un salario orario sotto gli 8.5 € lavorano nel settore manifatturiero (14%) e nel lavoro temporaneo (10%), oppure nella pulizia e nella cura (12%), nel commercio al dettaglio (10%) o nel settore alberghiero (9%).

martedì 5 giugno 2012

Se 50 ore sono poche

Un articolo sulla Süddeutsche Zeitung riporta i dati di uno studio del Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW). Centinaia di migliaia di occupati a basso salario, per sbarcare il lunario devono lavorare almeno 50 ore la settimana.


Chi guadagna poco spesso deve faticare  piu' a lungo. Secondo uno studio, il 25% degli  occupati con un basso salario (Niedriglohn) deve lavorare 50 ore alla settimana e anche di piu'. La legge sugli orari di lavoro, prevede tuttavia al massimo 48 ore settimanali.


Molti degli occupati a basso salario devono lavorare a lungo per sbarcare il lunario. Un quarto degli occupati a basso salario con un lavoro a tempo pieno, lavora di regola 50 ore la settimana, e anche di piu'. I dati emergono da uno studio del Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung (DIW). "Orari di lavoro cosi' lunghi come fra i lavoratori a basso reddito, sono presenti solo all'altro estremo della scala dei redditi, lavori ben pagati e a tempo pieno", scrive l'autore dello studio Karl Brenke.

Nel complesso, secondo lo studio, quasi 900.000 occupati con un basso stipendio lavorano almeno 50 ore la settimana. Fra questi ci sono ad esempio i conducenti di mezzi pesanti, i magazzinieri, e gli occupati nel settore dell'ospitalità. In media i lavoratori a basso salario con un lavoro full time secondo lo studio DIW, lavorano 45 ore per settimana - 2 ore in piu' delle altre forze lavoro impiegate a tempo pieno. "E' un problema sociale il fatto che queste persone possano sbarcare il lunario solo con degli orari di lavoro molto lunghi", ci dice Brenke. I lavoratori rischiano inoltre conseguenze per la loro salute. L'istituto DIW fa riferimento anche alle leggi sul lavoro, che fissano a 48 ore per settimana l'orario di lavoro massimo.

Sono considerati a basso salario, i lavoratori che ricevono meno dei due terzi del salario medio orario. Nel 2010 la soglia era di 9.26 € per ora lordi. In totale, nel 2010 circa il 22% dei lavoratori riceveva un salario considerato basso, secondo i dati del DIW. Piu' della metà ha un' occupazione per la quale è necessario un periodo di apprendistato o un titolo universitario. A questo gruppo appartengono i commessi, gli assistenti medici, i panettieri, i lavoratori nel settore dell'ospitalità, parrucchieri e infermieri.