giovedì 30 maggio 2013

L'Euro è eterno, finché dura


Wall Street Journal Deutschland propone un paragone fra i tempi della crisi argentina, e quelli della crisi Euro. La fine della moneta unica potrebbe essere improvvisa. Da wallstreetjournal.de
La disoccupazione in Spagna è al 27%. I giovani irlandesi e portoghesi fuggono dai loro paesi, e un greco su quattro fatica a trovare il denaro per comprare il cibo.

Nonostante la prospettiva cupa, in Europa non esiste alcun piano d'emergenza per dare a queste persone un lavoro. I paesi del sud Europa dovranno tagliare ancora la spesa pubblica, ridurre i salari e i prezzi, fino a quando non torneranno ad essere competitivi. Secondo uno studio di Goldman Sachs, se gestita in questo modo, la crisi potrebbe durare altri 10 anni.

La domanda sorge spontanea: si arriverà ad un momento in cui gli europei ne avranno abbastanza?

Fino ad ora ci sono state molte proteste contro l'austerità, ma nessun paese ha lasciato l'unione monetaria. Molti sono delusi dal progetto Euro, eppure ancora oggi il 60 % dei greci, degli spagnoli, degli italiani e dei francesi vogliono tenere in vita la moneta unica, secondo un recente studio di Pew Research Center.

Chi l'anno scorso si aspettava che la Grecia avrebbe lasciato l'unione monetaria, ha sottovalututo il livello di sopportazione degli europei verso questo tipo di sofferenza. Ma prima o poi la pazienza finirà.

"Le tremende conseguenze prospettate in caso di uscita dall'Euro, fino ad ora hanno avuto un ruolo importante nello scongiurare un tale passo", dice Simon Tilford, capo economista del Center for European Reform, un Think-thank di Londra. Ma quando la gente inizierà davvero a credere che alla fine del tunnel non c'è luce, allora partirà un dibattito aperto sui pro e i contro dell'adesione all'unione monetaria, ci dice. "Non appena questo dibattito sarà avviato, le cose si muoveranno in maniera molto rapida".

Non sarebbe la prima volta che succede qualcosa del genere. Come i membri dell'Eurozona, anche l'Argentina negli anni novanta ha perso il controllo sulla propria valuta, agganciandola al dollaro con il cambio uno ad uno. In questo modo l'inflazione è stata domata, ma gli argentini si sono indebitati cosi' tanto in dollari, che i salari e i costi aziendali sono cresciuti massicciamente. Il paese ha perso la propria competitività - come oggi una larga parte del sud Europa - senza che la valuta potesse essere svalutata, in modo da rendere i prodotti argentini nuovamente attraenti verso l'estero.

Si diceva che gli argentini avrebbero accettato questa situazione fino al momento in cui non si sarebbe completato l'aggiustamento dei prezzi e dei salari. Secondo l'opinione comune gli argentini sarebbero stati pronti a sopportare la recessione per tutto il tempo necessario, se in cambio avessero potuto mantenere l'aggancio con il dollaro lasciandosi alle spalle i tassi di inflazione a doppia cifra. "Una svalutazione per gli argentini non è una opzione", ripeteva allora un'economista della banca mondiale. "Il prezzo sarebbe troppo alto".

Di fatto l'Argentina aveva una propria valuta, a cui in ogni momento poteva tornare. Abbandonare la parità tuttavia sembrava troppo doloroso: la maggior parte dei crediti e dei contratti nel frattempo erano stati definiti in dollari. Dopo 3 anni di recessione gli argentini decisero che anche il ritorno ad ad un Peso indipendente non sarebbe stato peggiore del prezzo da pagare per mantenere la parità con il dollaro.

Nel dicembre del 2001 il ceto medio di Buenos Aires scendeva per le strade. I disordini in tutte le città costringono il governo alle dimissioni. Poco dopo il paese sospendeva il rimborso del debito e il Peso perdeva la parità con il dollaro.

La situazione attuale nel sud Europa è paragonabile? L'economia argentina nei tre anni delle proteste si era contratta dell'8%. Alla fine del 2013 l'economia italiana e portoghese saranno scese dell'8% dal loro livello massimo, e la Grecia di oltre il 23%, secondo i dati del FMI.

I politici europei che fanno un eccessivo affidamento sulla popolarità dell'Euro, dovrebbero riflettere sul fatto che gli argentini hanno sostenuto la parità con il dollaro - fino al momento in cui la situazione si è capovolta.

In un sondaggio del dicembre 2001 - quando iniziarono le agitazioni in Argentina - solo il 14% degli intervistati pensava che qualcosa dovesse cambiare nell'aggancio monetario. Il 62 % diceva di voler mantenere la parità con il dollaro. Gli spagnoli e i greci oggi ripetono all'incirca nella stessa percentuale di voler mantenere l'Euro.

L'Argentina non è un modello per l'Europa, ma un avvertimento. Alla fine del 2001 il Ministro dell'economia argentina ripeteva che l'aggancio al dollaro è "un'istituzione duratura", il cui collasso "potrebbe destabilizzare l'economia e l'intera società". Un mese dopo il Peso era nuovamente libero di fluttuare.

Chiunque creda che non c'è piu' il rischio che un paese lasci l'Eurozona, dovrebbe pensare che un regime monetario è considerato sacro - fino al momento in cui non viene spazzato via.


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mercoledì 29 maggio 2013

Quello che "Alternative für Deutschland" non puo' dire


Il grande economista tedesco Heiner Flassbeck, dalle pagine del suo blog, analizza le posizioni di Bernd Lucke, leader di "Alternative für Deutschland". Gli eurocritici non avranno il coraggio di raccontare ai tedeschi tutta la verità. Da flassbeck-economics.de
FAZ.net ha recentemente pubblicato un dibattito sugli sviluppi dell'unione monetaria fra Bernd Lucke, leader di „Alter­na­tive für Deutsch­land“, e Den­nis Sno­wer, presidente dell'Insti­tuts für Welt­wirt­schaft di Kiel. Entrambi gli economisti sono unanimi nella descrizione delle ragioni della crisi: mancanza di competitività del sud-Europa causata da salari troppo alti in rapporto alla produttività. Tuttavia, quando si parla delle soluzioni per risolvere la crisi, i due incarnano posizioni opposte. Uno vorrebbe che gli europei del sud lasciassero l'unione monetaria, l'altro invece vorrebbe trattenere tutti i membri, e introdurre delle regole di bilancio flessibili.

Dal nostro punto di vista è molto piu' interessante quello che i due oratori non hanno detto, e quello che anche il moderatore della FAZ non ha avuto il coraggio di chiedere. Da un lato, la domanda fondamentale dovrebbe essere: qual'è il rapporto ideale fra salari e produttività all'interno di una unione monetaria? Dall'altro: quali conseguenze avrebbero per la Germania le soluzioni proposte?

Alla prima domanda i nostri lettori potrebbero rispondere con sicurezza: i salari nominali in ogni paese, fin dall'ingresso nell'Euro, sarebbero dovuti crescere quanto la produttività nazionale sommata al tasso di inflazione obiettivo fissato dalla BCE. I valori delle diverse valute, nel momento in cui sono confluite nell'Euro, dovevano corrispondere all'incirca alla parità di potere di acquisto, visto che prima del 1999 non vi sono stati grandi e duraturi squilibri delle partite correnti. Del resto non vi è alcuna prova del fatto che all'inizio dell'unione monetaria potesse esserci una evidente disparità di competitività fra i paesi Euro.

Che a partire dal 1999, non solo nell'Europa del sud, ma anche in Germania, i salari non siano cresciuti in base a questa regola, è empiricamente documentato. Probabilmente è un fatto cosi' spiacevole che si preferisce parlare solo di un lato della medaglia della competitività. E cioe', il superamento verso l'alto di questa regola da parte dei sud europei, mentre si preferisce tacere la ben maggiore deviazione verso il basso operata dai tedeschi. Bernd Lucke è chiaramente incoerente quando afferma che nell'Europa del sud i salari sono cresciuti del 30 o 50 % di troppo, ma preferisce non parlare di quanto è accaduto sull'altro lato. Nella zona Euro i prezzi sono cresciuti esattamente secondo l'obiettivo fissato dalla BCE, vale a dire il 2%. Ma se in un gruppo di paesi i salari sono cresciuti troppo in rapporto alla produttività, in un altro paese o in un altro insieme di paesi, sono rimasti troppo bassi, altrimenti la media non potrebbe corrispondere. A questa incoerenza di fondo si adatta molto bene anche la proposta fatta da Bernd Lucke:  l'uscita dalla moneta unica dei paesi del sud Europa. Di una uscita della Germania pero' non vuole saperne, per questa ragione: "sarebbe molto meglio...perché i paesi del sud avrebbero la possibilità di svalutare, fatto che darebbe loro la possibilità di tornare competitivi".

Dennis Snower, in qualità di rappresentante di un istituto di ricerca in cui da decenni si porta avanti il pensiero main-stream neoclassico, si trova in difficoltà. Non puo' parlare degli errori della politica di moderazione salariale tedesca, perché è la politica da sempre consigliata dal suo istituto contro la disoccupazione. Deve necessariamente tacere l'altro lato della medaglia. Non puo' criticare l'assurdità della tesi di Bernd Lucke: l'uscita dei sud-europei dall'unione monetaria sarebbe meglio di un'uscita della Germania, poiché i sud-europei potrebbero svalutare. Che questa sia una stupidaggine è abbastanza chiaro. Non importa chi sarà ad uscire, la svalutazione di una (nuova) valuta, corrisponde alla rivalutazione dell'altra (nuova) valuta. Ma di questa situazione speculare Den­nis Sno­wer preferisce non parlare. Se lo avesse fatto probabilmente avrebbe dovuto necessariamente parlare della specularità della competitività. E questo ferro caldo preferisce non prenderlo nemmeno in mano.

Che cosa rispondere? Dennnis Snower si allontana, per quanto possibile, dal pericoloso scoglio dei prezzi ("La competitività di un paese non dipende dai suoi valori monetari"). E' un argomento pericoloso, in quanto contiene il tema dei costi e dei salari, che è proprio quello da evitare. Al suo posto preferisce parlare dei buoni e vecchi vantaggi comparati, che un paese deve sviluppare per mantenere la sua competitività nel commercio internazionale. E poiché i sud-europei non avrebbero piu' questi vantaggi, dovrebbero costruirsi una nuova struttura produttiva con l'aiuto dei beni strumentali stranieri (nel dubbio, probabilmente tedeschi). Che in caso di una svalutazione non sarebbero piu' in grado di procurarsi, perché un'uscita dall'Euro non sarebbe una buona soluzione per la loro competitività.

Che cosa di puo' dire di questo? Se il commercio internazionale fosse basato essenzialmente sui vantaggi comparati, come ipotizzato da Snower, chi non ha da offrire alcun vantaggio comparato in un commercio mondiale dominato da vantaggi comparati, sarebbe costretto ad uscire dal commercio internazionale?

Ancora una volta è chiaro che la teoria dei vantaggi comparati è del tutto insufficiente a spiegare la realtà. Non è possibile spiegare duraturi squilibri commerciali pari al 5% del PIL,  senza parlare del diverso livello dei prezzi nazionali, e dei valori monetari. Il tentativo di giustificare la permanenza nell'Euro dei paesi del sud con la possibilità di acquistare beni di investimento stranieri è completamente inutile. Tanto piu' che ha ragione Snower, quando sostiene che uno scioglimento della zona Euro nelle modalità proposte da Bernd Lucke, sarebbe associato con gravi problemi economici e politici.

Totalmente inutile è anche il silenzio e le due parole ("Ja, ganz klar") con cui Dennis Snower risponde alla domanda di Lucke: "l'etica del lavoro nel sud Europa è peggiore di quella tedesca?" Avrebbe dovuto dargli la risposta che si meritava, e questo è stato un errore imperdonabile. Perché se non si è in grado di mettere in campo un ragionamento pro-Euro, bisognerebbe almeno opporsi a questi arroganti pregiudizi. Inoltre, anche se questi pregiudizi fossero veri, non sarebbero sostenuti da alcuna logica. Come già detto, i cambi fissati all'avvio della moneta unica, garantivano che i differenziali di produttività, che potrebbero essere basati anche su differenze di mentalità, all'inizio dell'unione monetaria fossero in equilibrio. E lo stesso Bernd Lucke non sarebbe in grado di sostenere che l'etica del lavoro dei sud europei negli ultimi 10 anni è crollata, rispetto a quella del decennio precedente. Chi vuole salvare l'Euro con l'argomento del "manteniamo l'armonia in Europa", e non riesce nemmeno a trovare le parole per difendere i nostri vicini, non dovrebbe partecipare a una tale discussione. Oppure è legittimo il sospetto: non sta argomentando per un suo profondo convincimento europeista, piuttosto in qualità di rappresentante dell'economia dell'export tedesca, che sa molto bene, quale sarebbe la minaccia, se l'Euro si dissolvesse.

Ma ora una seconda domanda: che cosa significherebbe un'uscita del sud Europa dall'Euro per la Germania? E' possibile che Bernd Lucke non abbia alcuna idea di quello che potrebbe accadere in Germania, oppure lo sa e preferisce tacere. 

Chi voterebbe AfD, se egli dicesse che grazie ad un probabile forte apprezzamento del nuovo Euro nord, l'economia dell'export tedesca in poco tempo perderebbe una parte importante della propria competitività? E non solo nei confronti del sud-Europa, ma nei confronti di tutto il resto del mondo. Allora in un colpo solo sparirebbe il paravento dei deficit commerciali del sud Europa, che garantiscono alla Germania un gigantesco avanzo commerciale.

Chi voterebbe la AfD, se descrivesse i problemi occupazionali che emergerebbero non appena il sovradimensionato settore dell'export tedesco iniziasse a contrarsi? E allora arriverebbe la reazione degli economisti neoliberali tedeschi, che chiederebbero alla politica salariale tedesca di stringere ancora la cinghia. E Bernd Lucke difficilmente potrebbe uscire da questa logica, che oggi usa nei confronti del sud Europa. Soprattutto perché egli non conosce nessun'altra ricetta, diversa dalla lotta del "tutti contro tutti", che invece lui considera come concorrenza produttiva.

Chi voterebbe la AfD se egli ammettesse che anche il valore delle attività tedesche detenute all'estero, in caso di una uscita del sud Europa, verrebbe messo in questione, e quindi anche la stabilità delle banche e delle assicurazioni tedesche? E allora la frase usata da Lucke "La sola cosa che ha effetto sulla politica, è la disciplina del mercato dei capitali e i tassi di interesse", copiata da  Hans Tiet­meyer, potrebbe creargli qualche problema.

Lo abbiamo già detto: AfD con il suo slogan "Deutsch­land braucht den Euro nicht" inganna i cittadini. Nessun paese ha piu' bisogno dell'Euro della Germania. E se questo non viene compreso nel nostro paese, presto la Germania avrà una brutta sorpresa. I presunti difensori dell'Euro, che oltre alla minaccia del temuto disastro politico non sanno o non vogliono dare nessun'altra argomentazione a favore della moneta unica, e meno che mai sono capaci di sviluppare una seria strategia per la soluzione, fanno all'Euro un pessimo servizio. E anche loro possono essere accusati di non dire le cose come stanno veramente.  Ogni giorno è sempre piu' chiaro che anche noi tedeschi non potremo uscire dalla crisi  indenni - con o senza l'Euro. Nel continuo scarica barile europeo sulle colpe della crisi, ad avvantaggiarsi saranno soprattutto le forze nazionaliste e radicali. Povera europa!


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lunedì 27 maggio 2013

Dai diktat di risparmio alle campagne di PR


Secondo Lost in Europe, un interessantissimo blog di analisi politica, Merkel e Schäuble hanno iniziato una campagna di PR in vista delle elezioni di settembre: tutto a spese dei sud-europei. Da Lost in Europe
Il governo federale pianifica nuovi aiuti per i paesi Euro in crisi. Secondo N-TV il ministro delle finanze Schäuble sta considerando l'utilizzo della banca pubblica KFW in Spagna e Portogallo. La Cancelliera fa appello alle esperienze positive dopo la riunificazione - il sud Europa diventerà una nuova "amministrazione fiduciaria"?

"Considero la situazione in alcuni paesi dell'EU simile a quella della Germania di allora", scrive Schäuble, secondo Der Spiegel, in una lettera al presidente FDP  Rösler.

Nella ex DDR l'allentamento delle norme sugli aiuti di stato e l'utilizzo della KFW si sarebbero dimostrati efficaci.

Merkel usa gli stessi argomenti parlando del suo vertice per il lavoro: dopo la riunificazione tedesca, nei Lander dell'est abbiamo avuto una valida esperienza di lotta contro la disoccupazione. 

Se queste anticipazioni fossero confermate, gli Eurosalvataggi avrebbero raggiunto una nuova fase. Dopo i diktat di risparmio, Berlino passa alla fase delle campagne di PR. L'obiettivo: migliorare l'immagine del governo di Berlino.

Presumibilmente si tratta solo di manovre elettorali, come ipotizzato anche da W. Münchau. Colpisce pero' la dichiarazione secondo cui i paesi in crisi del sud Europa sarebbero paragonabili alla ex DDR.

Merkel e Schäuble vogliono veramente paragonare le economie capitaliste della Spagna e del Portogallo con i fallimenti del socialismo?

Le bolle speculative e le crisi bancarie dell'ovest sono simili alla bancarotta di stato nell'est?

E i paesi in crisi dovranno subire lo stesso trattamento radicale riservato alla ex "Ostzone" - con il sistematico acquisto delle aziende ancora profittevoli da parte delle imprese dell'ovest, e una tabula rasa "fiduciaria" per tutto cio' che resta?

Non puo' essere vero. Io spero che i capi di stato e di governo di Spagna, Portogallo e Grecia protestino contro l'uso strumentale che la Germania vorrebbe farne, a soli fini di campagna elettorale.

Se avranno bisogno di aiuto, dovranno esigerlo da Brüssel. E in verità lo hanno già fatto. Ma chi è stato a negare il denaro e a bloccare gli aiuti diretti? Il governo federale tedesco nero-giallo...

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Prosegue la guerra fra BCE e Bundesbank


Prosegue lo scontro fra BCE e Bundesbank, questa volta  davanti alla Corte Costituzionale di Karlsruhe. I giudici costituzionali tedeschi ancora una volta dovranno decidere sul futuro europeo. DA FAZ.de
La guerra per la stabilizzazione dell'Euro passa alla battaglia successiva: il luogo sarà l'udienza davanti alla Corte Costituzionale tedesca dell'11 giugno. Jens Weidmann parlerà per conto della Bundesbank, dall'altra parte dovrebbe esserci Jörg Asmussen, membro tedesco del Board BCE.

L'udienza davati alla Corte Costituzionale di Karlsruhe dell'11 giugno, nel quadro del processo di stabilizzazione dell'Euro, è stata riconosciuta sia dalla BCE che dalla Bundesbank come una tappa di fondamentale importanza. Il presidente BCE Mario Draghi non sarà presente, anche se ha ammesso la rilevanza della decisione. La BCE non ha ancora fatto sapere chi ci sarà a parlare per suo conto quando i giudici vorranno sapere qualche particolare in piu' sul fondo di stabilizzazione ESM, sul programma di acquisti della BCE, sui prestiti di emergenza, e sui giganteschi saldi Target. Secondo le prime indiscrezioni dovrebbe essere il membro lussemburghese del board Yves Mersch a spiegare la posizione della BCE. Da giovedi' tuttavia si mormora che a rappresentare la BCE a Karlsruhe ci sarà il membro tedesco Jörg Asmussen. La posizione critica della Bundesbank sarà invece difesa dal presidente Jens Weidmann.

Nel frattempo Draghi, a quanto si dice, ha tenuto conversazioni informali con alcuni ex giudici della Corte Costituzionale per conoscere le peculiarità del piu' alto tribunale tedesco e il ruolo dei suoi attori principali. Per la BCE l'udienza è di grande importanza, poiché la successiva sentenza potrebbe limitarne il campo di azione. Si andrà al centro della questione: Weidmann spiegherà perché considera il programma di acquisto titoli (OMT) un superamento del mandato BCE. Nella relazione di dicembre la Bundesbank scriveva che l'indipendenza della BCE sarebbe stata danneggiata e i rischi sarebbero aumentati nel caso in cui all'interno del programma si fossero acquistate obbligazioni di scarsa qualità. Nel frattempo, si è aggiunta un'operazione di scambio fra la BCE e il governo irlandese. Da allora lo stato irlandese finanzia una parte del suo debito, pari al 20% del PIL irlandese, tramite la BCE al tasso ufficiale di sconto. Non solo alla Bundesbank, ma anche ad altre banche centrali dell'Eurozona, questa decisione è apparsa come una delle operazioni di salvataggio piu' discutibili.

La Bundesbank considera non sostenibili i requisiti previsti dalla BCE per la concessione di credito ai possibili beneficiari dell'OMT. Una volta che gli acquisti saranno iniziati, sarà difficile fermare il programma. Inoltre, sempre la Bundesbank mette in discussione le ragioni di fondo dell'intervento: non è compito della banca centrale garantire la coesione dell'unione monetaria. Questo argomento in particolare è stato utilizzato in piu' occasioni dalla BCE. Nei giorni scorsi, si sono fatte molte allusioni al fatto che dentro la Bundesbank ci sarebbero numerosi  euroscettici.

Karlsruhe non si occuperà direttamente delle questioni relative al diritto europeo.

Il parere della BCE, scritto dal giurista tedesco Frank Schorkopf, è invece teso a dimostrare la legalità dell'acquisto dei titoli di stato. Egli argomenta che la BCE, accanto al suo obiettivo primario di mantenimento della stabilità dei prezzi, dovrebbe perseguirne altri, come ad esempio la garanzia della stabilità finaziaria. Le dichiarazioni circa l'irreversibilità dell'Euro, con le quali si giustifica il programma OMT, non sarebbero affatto una scelta arbitraria. L'irreversibilità dell'Euro non sarà garantita a spese della stabilità dei prezzi. "L'irreversibilità è piuttosto un importante requisito per il raggiungimento della stabilità dei prezzi", si dice nel documento BCE.

Che cosa ci si puo' aspettare allora da Karlsruhe? Si chiedono i banchieri centrali. Poiché la corte suprema non si occupa direttamente delle questioni di diritto europeo, è probabile che su molti punti si dichiari non competente. Probabilmente non ci sarà alcuna dichiarazione del tipo: il programma di acquisto OMT della BCE infrange il diritto europeo. Anche la constatazione di una violazione del diritto europeo viene considerata improbabile. Allo stesso tempo, i giudici, come nel precedente ricorso costituzionale, eviteranno di inoltrare il procedimento alla Corte Europea - dove probabilmente ci sarebbe un atteggiamento favorevole nei confronti delle politiche di salvataggio. Sono ipotizzabili invece esortazioni al Bundestag e al governo, affinché la politica monetaria in futuro sia monitorata, e per una verifica del superamento dei trasferimenti di sovranità già effettuati.

Ma anche se non si arrivasse a tali esortazioni, i critici delle politiche di salvataggio, dal procedimento di Karlsruhe, si apettano un effetto di smorzamento. Anche lo stesso parere della BCE conterrebbe informazioni importanti sui limiti della politica monetaria, sempre secondo i critici. La dichiarazione  BCE indicherebbe infatti il limite oltre il quale l'intervento della BCE debba essere considerato un finanziamento allo stato da parte della banca centrale. Ad esempio, subito dopo una nuova emissione non potranno essere acquistati titoli, per non eludere il divieto di acquisto sul mercato primario. Inoltre, sarà reso esplicito il volume dei titoli di stato con una scadenza da uno a tre anni - il programma è limitato a questa durata. In Spagna, Irlanda, Portogallo e Italia la somma di queste obbligazioni raggiunge i 524 miliardi di Euro. Ma la BCE non perseguirà questo obiettivo di acquisto. Sarà piuttosto interessata a mantenere i mercati liquidi, evitando di acquistare l'intero stock dei titoli in circolazione.

venerdì 24 maggio 2013

Lafontaine: non abbiamo piu' bisogno dell'Euro


Il leader storico della sinistra tedesca, Oskar Lafontaine, con un importante commento su Handelsblatt, esce allo scoperto e attacca la moneta unica: l'Euro è un fallimento, abbiamo bisogno di un nuovo sistema monetario europeo. Da Handelsblatt.de 
L'Eurosistema è stato progettato in maniera sbagliata e non puo' funzionare. Una casa con la statica difettosa, prima o poi crollerà. Abbiamo bisogno di un nuovo sistema monetario europeo piu' stabile.

Il pioniere della SPD e direttore di lunga data dell'Istituto Max Planck per la ricerca sociale di Colonia, Fritz Scharpf, scrive: siamo stati ingannati da false teorie economiche e dal nostro entusiasmo per l'Europa. L'Euro ha prodotto sfiducia, disprezzo e ostilità fra i popoli europi. Chi ama l'Europa, vuole la fine dell'Euro. Con queste parole ha fatto partire all'interno della SPD una discussione sull'attuale politica europea.

Coloro che in passato si sono espressi sull'Euro, sostenevano di amare l'Europa. Tuttavia giungevano a conclusioni molto diverse.

Prima di tutto ci sono quelli che considerano l'Europa un mercato di sbocco per l'export tedesco. Da buoni nazionalisti camuffati, i rappresentanti del sistema economico e dei partiti tradizionali, quando si parla di un'alternativa al sistema attuale, iniziano ad illustrare i pericoli per l'economia dell'export tedesco. Raramente capita di sentire questi "europeisti" parlare della catastrofe umana del sud Europa.

Piu' credibili nel loro impegno per l'Europa, invece, sono coloro che vedono nel trasferimento di sovranità alle istituzioni europee e in un rafforzamento del Parlamento europeo un modo per salvare l'Euro. A loro si dovrebbe obiettare: non si tratta dell'Euro, ma dell'Europa. I fan di Merkel - "Se muore l'Euro, muore l'Europa" - ancora una volta dimostrano di avere un concetto di democrazia molto limitato: se il Parlamento europeo viene rafforzato, allora andrà tutto bene.

Al centro dell'ideale europeo ci sono la democrazia e lo stato sociale. Vogliamo coinvolgere quanto piu' possibile i cittadini e le cittadine sulle decisioni riguardanti la cosa pubblica, e vogliamo garantire attraverso un'assicurazione sociale la possibilità di coprire i cosiddetti rischi della vita.

Il progressivo trasferimento di sovranità alle istituzioni di Bruxelles è la strada sbagliata per consolidare la democrazia e lo stato sociale. I principi fondativi di una società democratica, in cui prevalgono gli interessi della maggioranza, sono la sussidiarietà e il decentramento. Cio' che, partendo dalla comunità al livello piu' basso, puo' essere fatto in maniera decentrata, non deve essere trasferito al livello superiore - provincia, regione, stato federale, Europa.

Il nostro sistema economico invece centralizza sistematicamente. Coloro che consciamente o inconsciamente pensano all'interno delle sue categorie, ne sostengono una ulteriore centralizzazione. Ci sono due importanti ambiti economici che ci mostrano quanto questo percorso di sviluppo sia sbagliato. La globalizzazione e la centralizzazione delle banche promossa dal capitalismo finanziario hanno portato l'economia mondiale alla crisi attuale. Una società democratica dovrebbe tornare al sistema delle casse di risparmio di piccole dimensioni, e porre fine al devastante trambusto dei giocatori d'azzardo. Che Wall Street ormai governi gli Stati Uniti è diventato un luogo comune, e che in Europa i governi e i parlamenti seguano le direttive delle banche è ormai evidente.

La concentrazione nel settore energetico ha portato all'energia atomica e oggi dà vita ad un grande progetto industriale come Desertec. Una politica energetica amica dell'ambiente dovrebbe essere decentrata e basata sulla ri-municipalizzazione. Alcune piccole comunità già oggi si fondano sull'auto-approvvigionamento di energia.

Il progetto per il progressivo trasferimento di sovranità a livello europeo, pieno di buone intenzioni, come si puo' vedere da questi esempi, non è giustificato dai fatti e ci porta ad un ulteriore smantellamento della democrazia. Nessun Parlamento sarebbe controllato dalle lobby piu' di quello europeo.

L'Eurosistema attuale ci sta portando alla distruzione dello stato sociale, non solo nel sud Europa. La politica imposta dai partiti tradizionali e fondata sull'Agenda 2010 ha demolito lo stato sociale tedesco, e con una politica di dumping salariale deve essere considerata responsabile per il fallimento dell'Eurosistema.

Affinché la casa europa, mal costruita, non crolli, dovranno essere innalzati dei muri di sostegno. Il sistema monetario europeo dovrà essere flessibile e democratico. Poiché l'egemonia della Bundesbank all'interno dello SME veniva considerata insopportabile, gli stati europei, sotto la guida della Francia, hanno imposto la moneta unica. E ora che "l'Euro finalmente parla tedesco", come hanno detto i bravi nazionalisti cristiano-democratici, gli europei, invece dell'egemonia Bundesbank, si sono guadagnati i diktat di una Cancelliera inesperta d'economia.

L'Eurosistema è stato progettato in maniera sbagliata e non puo' funzionare. Una casa, la cui statica è difettosa, prima o poi crollerà. Come sostenitori dell'Euro abbiamo creduto a lungo di poter cambiare la costruzione europea e rendere la casa stabile. Gli ultimi anni ci hanno pero' mostrato che è stato un errore. L'introduzione di una moneta unica ma con diverse politiche economiche, finanziarie, sociali, salariali e fiscali, in presenza di dumping salariali e fiscali, non poteva funzionare. 

Alcuni dei paesi in crisi continuano ad operare uno sfacciato dumping fiscale. La Germania, ai tempi del governo rosso-verde e della grande coalizione, ha accelerato il passo nella corsa europea alla competizione fiscale mettendo in campo un irresponsabile dumping salariale. Con l'Eurocrisi si è sviluppato un circolo vizioso in cui gli squilibri sono diventati sempre piu' grandi.

Il quadro istituzionale europeo - limiti al deficit, nessun finanziamento pubblico da parte della banca centrale, nessuna unione di trasferimento e la clausola di no bail-out - alla luce della situazione attuale, non puo' durare a lungo. Di fatto la violazione dei trattati e del diritto sono diventati il fondamento per il salvataggio delle banche e degli stati. Lo stato di diritto appartiene all'Europa quanto la democrazia e lo stato sociale.

Il sistema monetario proposto per il rinnovo delle politiche di integrazione europea dovrà evitare gli errori politici ed economici del suo predecessore. Le svalutazioni e le rivalutazioni dovranno seguire i differenziali di inflazione. Soprattutto dovrà esserci una legittimazione democratica. Non dovrà esserci l'egemonia di una banca centrale o di un governo. Una istituzione controllata o almento legittimata democraticamente sarà obbligata ad operare interventi monetari che possano stabilizzare l'economia europea e la difendano dal caos dei mercati finanziari. La reintroduzione del controllo sui capitali aiuterà a combatterne la fuga verso l'estero.

L'argomento spesso usato per sostenere che il passaggio ad un altro sistema monetario è collegato con disordini sociali, è senza dubbio vero. Ma restare nel sistema attuale ci porterà a danni ancora maggiori. Una transizione ragionevole e controllata verso un nuovo sistema monetario europeo è sicuramente meglio di una inevitabile rottura, a cui volenti o nolenti, saremo costretti.

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mercoledì 22 maggio 2013

Apprendisti tedeschi


Il Ministro del Lavoro tedesco, Ursula von der Leyen, a Madrid firma un accordo per ricevere ogni anno 5.000 giovani spagnoli da inserire nel sistema formativo tedesco. Ennesima operazione d'immagine del governo tedesco, colonialismo demografico oppure un aiuto concreto? Da Deutschlandfunk
Spagna e Germania intendono avviare una stretta collaborazione sul tema della formazione. I due ministri del lavoro hanno appena firmato un accordo. Ma i critici accusano entrambi i governi di agire in chiave puramente politica.

Suona molto bene l'accordo firmato oggi dal Ministro del lavoro spagnolo Fátima Báñez e dal suo omologo tedesco Ursula von der Leyen: nello spirito di una collaborazione amichevole dovranno essere migliorati la conoscenza reciproca e il mutuo apprendimento. L'obiettivo sarà portare i giovani nel mondo del lavoro.

E il Ministro del lavoro spagnolo, dopo aver firmato il protocollo d'intesa, ha portato al centro del discorso i giovani:

"Io credo che questo accordo apra ai giovani spagnoli molte possibilità che in questo periodo in Spagna non potrebbero avere. Per questo motivo il mio ringraziamento va al Ministro per il suo impegno e per la sua sensibilità. Grazie a lei, che ogni anno darà a 5.000 giovani spagnoli una possibilità in Germania, nella formazione o come lavoratori specializzati".

Molto piu' realista l'analisi del quotidiano spagnolo El Mundo - si tratta per entrambi i governi di una tragica situazione "win-win", scrive il giornale con un certo sarcasmo: i giovani spagnoli pagheranno le pensioni tedesche, e il governo Rajoy sarà felice di far sparire qualche disoccupato dalle statistiche.

Nell'accordo quadro fra il ministro spagnolo e quello tedesco sono stati identificati 7 punti su cui ci sarà uno scambio intensivo di esperienze e opinioni. Le parole d'ordine saranno la mobilità e la formazione sul posto di lavoro. Il Ministro del Lavoro Von der Leyen a Madrid ha illustrato i vantaggi del sistema formativo duale tedesco:

"Le aziende sanno anche insegnare, oppure rendere disponibili degli apprendistati che abbiano un futuro e che possano avvicinare la tecnologia ai giovani".

Da tempo la formazione spagnola è ritenuta troppo scolastica - e per questo da circa un anno c'è un accordo fra entrambi i ministri del lavoro per promuovere lo scambio fra i sistemi di istruzione. Ci sono già tuttavia dei progetti pilota per un sistema formativo piu' vicino alla pratica. Il fatto che adesso il dialogo avverrà all'interno di un ragionevole quadro giuridico, ad esempio i  contratti di formazione, potrebbe dare un nuovo impulso.

E Ursula von der Leyen a Madrid fa di tutto per non dare l'impressione che la Germania stia agendo nel proprio interesse, con il solo obiettivo di attrarre lavoratori qualificati. Di mezzo c'è l'ideale europeo, dice il Ministro del lavoro:

"Che all'interno dell'Europa si possa studiare e viaggiare liberamente, ma anche lavorare e avere una libertà di formazione, e che la mobilità e le buone esperienze che facciamo insieme nei diversi paesi aiutino a creare amicizie e a rimuovere i pregiudizi, col tempo porteranno l'idea europea fino alla prossima generazione".

La maggior parte degli spagnoli, tuttavia, avrebbe assistito ad una migliore promozione dell'ideale europeo se l'unione bancaria fosse stata portata avanti con piu' convinzione, e se invece di proseguire con la dottrina dell'austerità, si fossero ascoltati gli appelli per un maggior stimolo dell'economia. Di fronte ai 2 milioni di giovani che in Spagna non hanno un lavoro, 5.000 possibilità in Germania, nella migliore delle ipotesi, saranno solo una goccia nel mare.

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martedì 21 maggio 2013

Dialogo fra un euroscettico e un non so


FAZ mette a confronto Bernd Lucke, leader di Alternative für Deutschland, e Dennis Snower, presidente dell'Institut für Weltwirtschaft di Kiel. Lucke conferma: fuori gli eurodeboli dalla moneta unica. Da FAZ.net
"Non è la Germania a dover lasciare l'Euro, ma i paesi del sud", ci dice il leader del nuovo partito anti-Euro, Bernd Lucke. Una discussione sul futuro dell'Euro fra lui e Dennis Snower, Presidente dell'Institut für Weltwirtschaft di Kiel.

FAZ: Herr Snower, Herr Lucke, siete entrambi economisti. Ancora oggi sareste per l'introduzione dell'Euro?

Snower: Assolutamente si'. Ma con regole piu' solide. Gli stati europei hanno avuto vantaggi sia politici che economici. Anche se noi fino ad oggi avessimo vissuto bene senza l'Euro, ora sarebbe il momento giusto per introdurlo.

Lucke: Oggi non sarei affatto per l'introduzione dell'Euro, sebbene nel 1999 lo fossi. Pensavo che l'Euro avrebbe potuto esercitare una benefica pressione sugli stati e renderli piu' competitivi. Competitività che fino ad allora era stata difesa solo con le svalutazioni. Ma l'inerzia è stata troppo forte. Anche esercitando una grande pressione, non si sono viste le riforme strutturali sufficienti. Per questo motivo l'Euro non è adatto ad una zona valutaria cosi' eterogenea.

Snower: Io la vedo in maniera opposta. Se i paesi iniziassero ad uscire dall'Euro, in Europa avremmo piu' protezionismo e un nazionalismo dannoso. L'intero progetto europeo sarebbe messo in discussione. Rischiamo un circolo vizioso che ci porta al kaos. Dobbiamo affrontare la crisi Euro in maniera diversa.

FAZ: Siete entrambi d'accordo sul fatto che in questo modo non si potrà andare avanti a lungo. Herr Lucke, lei vuole uscire dall'Euro e tornare al D-Mark?

Lucke: No, non è la Germania a dover abbandonare l'Euro, ma i paesi del sud. Sarebbe molto piu' efficace di un'uscita della Germania dall'Euro. I paesi del sud avranno la possibilità di svalutare, e in questo modo tornare competitivi. L'Europa soffre di una crisi di competitività. Nei paesi del sud i salari in rapporto alla produttività sono troppo alti. Le aziende non sono competitive, è difficile esportare i loro prodotti.

FAZ: Allora, non è un ritorno al D-Mark, ma un ritorno alla Drachma e all'Escudo?

Lucke: Si', dall'introduzione dell'Euro i paesi del sud hanno importato molto di piu' di quanto non abbiano esportato. Le loro bilance commerciali sono sempre state in rosso. I governi hanno avuto per 10 anni la possibilità di contrastare questo pericoloso sviluppo. Non ci sono riusciti, oppure non ne hanno avuto la volontà. Bassa produttività e alti salari non sono sostenibili. I salari nel sud Europa sono del 30 o del 50 % troppo alti. Un taglio dei salari in questa dimensione non è ragionevole. Ormai è possibile solo una svalutazione, e per fare questo c'è bisogno di una propria valuta.

Snower: Concordo con la sua analisi, Herr Lucke, ma non con la sua conclusione. L'introduzione di una moneta nazionale, se tutto andasse bene, avrebbe solo un breve effetto. I prezzi si adeguerebbero velocemente. La competitività di un paese non dipende dalla sua valuta, piuttosto dai suoi vantaggi comparati: che cosa sanno fare meglio degli altri? Questo dipende dalla sua struttura produttiva e dalla sua forza innovativa. Se le cose non dovessero funzionare, un paese povero del sud-Europa, con una valuta debole, non potrebbe permettersi investimenti per creare una nuova struttura produttiva. Il governo cercherebbe la sua salvezza nell'inflazione, alle porte d'Europa ci sarebbe un kaos valutario. Come tutto questo potrebbe portare paesi come la Grecia ad una maggiore competitività, non lo capisco proprio.

Lucke: Esatto, una svalutazione crea solo un sollievo temporale. Ma puo' essere utilizzata per fare le riforme strutturali. In caso contrario, gli stati dovranno poi deprezzare ulteriormente le loro valute.

Snower: Questo li farà andare indietro.

Lucke: Niente affatto, li farà andare solo avanti. Alcuni paesi trovavano molto conveniente svalutare ogni tanto. Ma lei ha naturalmente ragione: senza riforme strutturali non si va da nessuna parte. Ma l'aggiustamento preteso dal sud Europa è ovviamente troppo grande. Perché non dovremmo tornare alla situazione che ha preceduto l'introduzione dell'Euro? Il kaos valutario, da lei evocato, Herr Snower, io non lo vedo affatto. Che cosa ci sarebbe di cosi' caotico nell'avere piu' valute? Prima dell'Euro c'era lo SME. I tassi di cambio fissati venivano adeguati di tanto in tanto. Ha funzionato bene. Se la Grecia potesse svalutare, avrebbe ancora una possibilità.

FAZ: Ha degli esempi?

Lucke: Nel 2001 la Turchia si trovava in una pessima situazione, simile a quella della Grecia di oggi: altamente indebitata e prossima alla bancarotta. Allora dicevamo in maniera arrogante: la Tuchia non è pronta per l'EU. Ma cosa è successo? La Turchia ha risolto il suo problema debitorio, è entrata in nuovi settori economici e al momento sta vivendo un boom con la sua moneta flessibile. Perché la Grecia non dovrebbe andare nella stessa direzione?

Snower: Che la crescita della Turchia sia da ricondurre ad una valuta flessibile, per me è una novità! Il paese ha semplicemente fatto delle buone politiche economiche, ha rafforzato lo stato di diritto e migliorato l'educazione.

Lucke: Nell'ambito dello stato di diritto e dell'istruzione la Grecia puo' già competere con la Turchia. La differenza è una valuta propria. La differenza è anche nel fatto che la Turchia ha ormai abbandonato la speranza di entrare nell'EU e di ricevere i suoi fondi. Per questo ha ripreso il  destino nelle proprie mani. Anche la Grecia dovrebbe fare lo stesso - con una propria valuta e senza un trasferimento di denaro permanente.

Snower: Arriviamo al punto. Considero il meccanismo per lo scioglimento dell'Euro da lei sostenuto alquanto pericoloso. Lei vorrebbe di fatto costringere i paesi del sud ad abbandonare l'Euro. E questa sarebbe la conseguenza, se la Germania non prendesse piu' parte ai fondi europei di salvataggio. Il risentimento nei confronti dei tedeschi nel sud-Europa è già abbastanza forte. Frau Merkel è raffigurata con uniformi naziste. Ma un'uscita forzata sarebbe uno scenario da orrore sociale, a causa del divario crescente fra paesi ricchi e paesi poveri. In secondo luogo, avremmo una divisione interna, fra coloro che hanno gli Euro, e coloro che invece avrebbero solamente Drachma.

Lucke: Non stiamo parlando di buttare fuori qualcuno. Voglio solo tornare al testo e allo spirito dei trattati europei. E li' si trova ancora oggi scritto: nessuna garanzia per i debiti degli altri paesi. Se i greci vogliono restare nell'Euro in queste condizioni, bene. Ma la mia previsione è: in queste condizioni i greci vorranno tornare immediatamente alla loro valuta.

Snower: Lei mi deve spiegare come facciamo a dire ai greci che la Germania non garantirà per un'insolvenza dello stato, se poi siamo stati noi, con il nostro no ad ulteriori finanziamenti, a causarla. Ogni greco dirà: i tedeschi ci hanno sbattuto fuori.

Lucke: Il solo responsabile per la bancarotta è il governo greco. Il governo tedesco è  responsabile per aver trascinato cosi' a lungo la bancarotta. E' ora di attenersi a quanto deciso: col primo pacchetto di salvataggio abbiamo garantito un sostegno per soli tre anni. Questi 3 anni sono passati. Dopo ci sono stati altri 2 pacchetti di salvataggio senza poter vedere progressi decisivi. La Grecia non ha rispettato gli aggiustamenti strutturali promessi. Percio' è legittimo dire: adesso ci atteniamo agli accordi. Chiunque non rispetti gli obblighi, non puo' contare su ulteriori concessioni.

Snower: In Europa si raccontano due storie. La storia degli stati creditori è questa: gli stati irresponsabili dell'Europa mediterranea ci rubano i nostri risparmi. I paesi debitori raccontano: l'Europa ha una nuova potenza egemone, la Germania. E la Germania impone la disgregazione sociale dei paesi del sud. Se la Germania imponesse un'uscita dei paesi del sud, in Europa si scatenerebbe l'inferno. Come poi in Europa si possa tornare a vivere in armonia, non mi è chiaro.

Herr Lucke, si aspetta una pacificazione dell'Europa?

Lucke: Certo. Ci sarà una piccola ondata di risentimento, ma passerà. L'accusa di egemonia dice: voi tedeschi volete imporre ai paesi debitori la visione tedesca. E cio' fa arrabbiare. E' arrivato il momento di fermarsi. Senza i pacchetti di salvataggio, non ci sarebbero piu' le condizioni di austerità dettate dalle potenze straniere. Ognuno deve poter essere felice a modo suo. Se l'etica del lavoro di questi paesi non corrisponde a quella tedesca, è bene che le persone in questi possano lavorare come meglio preferiscono.

FAZ: Pensa che l'etica del lavoro nel sud-Europa sia diversa?

Lucke: Si', certamente. Ma lasciamoli vivere nel modo in cui preferiscono. Se le persone in questi paesi vogliono lavorare meno, in maniera piu' rilassata e avere un benessere inferiore, prego. Perseguire la propria felicità è un diritto di ogni popolo. Se noi tedeschi vogliamo rispettare gli altri paesi, dovremmo permettere loro di vivere come preferiscono.

Snower: Sarebbe bello se potesse essere vista in questo modo. La storia che sento raccontare nel sud-Europa dice: dovremmo diventare sudditi tedeschi. I tedeschi l'hanno sempre voluto, e ora ci stanno riuscendo. Se la Germania bloccasse i prestiti di emergenza, gli altri paesi lo considererebbero un atto di aggressione.

Lucke: Se lasciamo i paesi in pace, senza imporre loro le nostre condizioni, non cercheremo di assogettarli. Li lasciamo liberi di scegliere.

FAZ: Come funziona il suo scenario di uscita graduale dall'Euro nel dettaglio?

Lucke: Ricordi: nel 1999 quando l'Euro è stato introdotto, il D-Mark per 3 anni è rimasto come denaro contante. Nelle transazioni non in contante, si pagava già in Euro. La conversione era fatta dai computer, non la si notava nemmeno. Adesso faremmo nello stesso modo, ma nella direzione inversa. L'Euro resterebbe come denaro contante, questo significa che tutti i pagamenti in contante saranno fatti in Euro: comprare il pane, prendere un caffé. I pagamenti non in contante, ad es. stipendi, gli affitti, le fatture, e cosi' via, sarebbero gestiti con la nuova valuta. In senso stretto questa moneta sarebbe un paniere di valute, composto dall'Euro e dalla nuova Drachma, e i clienti non se ne accorgerebbero nemmeno. In ogni momento questa valuta potrebbe essere convertita in Euro, e al contrario. Per lo piu' saranno i  computer a fare i calcoli automatici. Di volta in volta la banca centrale greca svaluterebbe la Drachma o ridurrebbe la quota degli Euro nel paniere di valute. Le valute parallele garantirebbero una transizione morbida.

Snower: Non mi sembra una buona idea. Una transizione dolce è inutile, perché il solo effetto positivo di una svalutazione è in un passaggio rapido. I debiti del paese restano in Euro, ma dovrebbero essere rimborsati immediatamente in Drachma. E questo porterebbe ad un taglio del debito. Potremmo avere lo stesso risultato anche senza una valuta parallela. E poi ci sarebbe una divisione nella società: fra i salariati che ricevono solamente Drachma, e i titolari di depositi bancari che invece hanno ancora gli Euro. Inoltre, questi paesi avranno bisogno di importare beni per sviluppare una struttura produttiva, che invece non potranno piu' permettersi. E tutti finirebbero per dare la colpa alla Germania.

Lucke: Sui tempi dell'uscita dovrebbero decidere i rispettivi governi. E' anche possibile fare tutto in maniera molto rapida. Se si sceglie il percorso piu' prudente, non potranno esserci grandi disordini. Avremo un rilancio dell'economia e un piccolo aumento del debito. Lo stato avrebbe un aumento delle entrate fiscali e potrebbe in questo modo far fronte ad un aumento dei debiti. L'effetto netto sarebbe pari a zero. Ma il settore privato beneficerebbe di una svalutazione. Anche i disoccupati ne trarrebbero un grande vantaggio. Meno import corrisponde a un minore disavanzo delle partite correnti, e proprio questo era l'obiettivo.

FAZ: Quindi secondo il suo modello la Grecia potrebbe non aver bisogno di un taglio del debito?

Lucke: No, L'uscita dall'Euro aiuterebbe il settore privato a tornare competitivo. Per risolvere la crisi debitoria c'è bisogno di un taglio del debito - per la Grecia in ogni caso. Ma anche in Portogallo probabilmente non potremo fare a meno di un default ordinato. Come sappiamo da molte esperienze precedenti, subito dopo la svalutazione si verifica una forte ripresa economica.

FAZ: Herr Snower, lei come intenderebbe stabilizzare l'Euro?

Snower: Siamo ad un bivio. Diamo all'Euro ancora una chance! Per fare cio' abbiamo bisogno di istituzioni che siano vincolanti per tutti. Suggerisco la creazione di regole fiscali flessibili.

FAZ: Vale a dire?

Snower: Le regole dovranno permettere agli stati di spendere di piu' durante una recessione, ma nel lungo periodo si dovrà raggiungere un rapporto debito-PIL desiderato. Dovrebbe funzionare in maniera automatica. Se uno stato viola la regola, sarà - automaticamente - punito: l'IVA sarà aumentata automaticamente, le spese dello stato saranno automaticamente tagliate con il tosaerba. Tutto cio' affinché gli stati rispettino le regole di bilancio.

FAZ: Una tale regola automatica suona alquanto antidemocratica

Snower: Ma i popoli ne trarranno vantaggio. Oggi sono in balia del cosiddetto "deficit bias". Questo significa: nei periodi di recessione si accumulano debiti, ma in tempi buoni, quando le entrate fiscali migliorano, il denaro viene speso anziché essere restituito. Questo è il motivo per cui l'indebitamento fra i paesi OCSE cresce continuamente. Non è sostenibile. Per questo lo stato, come accade nella politica monetaria, deve essere forzato da una istituzione indipendente a scendere verso un determinato livello di debito.

Lucke: Queste regole, Herr Snower, non potranno funzionare. Chi dovrebbe controllare il loro rispetto? I politici troverebbero sempre nuovi motivi per poter violare i criteri "in via eccezionale": in una fase di sviluppo non si puo' soffocare la crescita con piu' tasse, e argomenti del genere.  Dovremmo allora trasferire il controllo a Bruxelles. Ma questo non è politicamente sostenibile. I popoli non accetterebbero mai di sacrificare la sovranità fino a questo punto. Chi vuole trasferire sovranità nazionale a Bruxelles? I popoli europei non potrebbero piu' decidere il loro stesso destino.

Snower: Al contrario. Nella situazione attuale i cittadini sono trattati come dei bambini. Tutti gli stati, anno dopo anno, aumentano le spese, e i cittadini non hanno alcuna possibilità di decidere se vorranno o meno scaricare questo peso sulle generazioni future. Le regole fiscali dovranno essere decise a livello nazionale, e monitorare da parte dell'EU.

Lucke: Lei sembra credere che tutti i popoli europei sono composti da macroeconomisti che riescono a comprendere in anticipo e con una certa lungimiranza la relazione fra crescita e debito. Ma la gente comune non riesce a comprendere a pieno le regole fiscali. I governi cercheranno di vendere ai loro cittadini degli scenari ottimisti per poter promettere loro dei benefici sociali. E allora ci troveremmo nel solito dilemma del debito, come oggi. 

Snower: Andrebbe ancora peggio se lasciassimo queste decisioni in mano ai politici miopi. Non sottovaluti i cittadini, Herr Lucke. Il popolo sa bene che i debiti non possono crescere piu' rapidamente del PIL. Lo hanno imparato dalla gestione del loro bilancio familiare.

FAZ: Cosa succede quando un paese non si attiene alle regole e non puo' ripagare il debito?

Snower: Un paese diventa insolvente, e ci sarà un taglio del debito all'interno dell'Euro. Fino ad ora sono mancati criteri di solvibilità

Lucke: Herr Snower, lei sa che in tutta la letteratura scientifica non esistono criteri utilizzabili per definire la solvibilità di uno stato.

FAZ: Che cosa significa concretamente?

Snower: Io credo la Grecia abbia bisogno di un nuovo taglio del debito. Ma gli altri paesi, secondo il mio modello, ce la faranno a rimborsare il debito.

FAZ: Chi controllerà che i governi, abusando di uno stato di emergenza permanente non infrangano costantemente le regole?

Snower: Le regole saranno implementate da un istituto indipendente, composto da persone noiose come il sottoscritto, che avranno il compito di misurare il ciclo economico su cui la politica fiscale anticiclica dovrà adattarsi.

Lucke: E' destinato a fallire. Non ho fiducia in certi organi indipendenti, ma che in realtà sono dipendenti dalla politica. La sola cosa che puo' avere effetto sulla politica è la disciplina dei mercati e dei tassi di interesse. Io non credo che i paesi ridurranno i debiti durante una fase di espansione. Pensi alla Grecia: dal 2001 al 2007 ha avuto un periodo di boom, ma si è indebitata ancora di piu'.

FAZ: Gli altri paesi membri saranno obbligati a fornire un aiuto finanziario?

Snower: No, no. La regola di no bail-out dovrà essere ripristinata. Anche seconde me l'Europa non deve essere una comunità fondata sulla messa in comune dei debiti; l'ESM non dovrà piu' fornire denaro agli stati. Al massimo, per un periodo transitorio di cinque anni, posso ipotizzare un fondo per la compensazione degli interessi - un trasferimento limitato verso gli altri paesi - fino a quando il mercato dei capitali non si sarà aggiustato sulle regole fiscali in vigore.

Lucke: Con un fondo per la compensazione degli interessi di fatto sta già rinunciando alla disciplina dei mercati. In questo modo renderemo possibile un maggiore indebitamento. Penso che sia molto positivo il fatto che anche lei sia contro l'ESM, la messa in comune del debito e i bail-out. Ma un fondo per la perequazione degli interessi non è altro che una forma di bail-out. Di fatto sono trasferimenti, e quando i 5 anni saranno terminati, si comincerà a strillare di nuovo - per averne ancora.

FAZ: Cari signori, entrambi volete un'alternativa per la Germania, ma sulle questioni importanti avete un punto di vista completamente diverso. Lei, Herr Lucke, si batte per un'uscita dall'Euro, in quanto leader del partito da lei fondato. Che cosa pensa, Herr Snower, di un accademico che diventa politico?

Snower: Non credo che gli accademici debbano restare fuori dalla politica. Dovremmo tuttavia distinguere fra conoscenza accademica e obiettivi sociali. Si tratta di due prospettive molto diverse.

FAZ: Se Herr Lucke dovesse avere successo, secondo lei andremo verso un disastro?

Snower: Si'. Mi sembra la storia di quello che ha costruito una casa di paglia e legno. E' chiaro che c'è un pericolo di incendio. Allora qualcuno se ne esce con l'idea di bruciare la casa preventivamente per poi ricostruirla. Un altro, invece, e sarei io, dice: è possibile rendere l'edificio a prova di fuoco. Temo disordini sociali, se dovessimo sciogliere l'Euro.

Lucke: Non si dovrebbero costruire case facilmente incendiabili - e possibilmente non bisognerebbe abitarci. Ma l'immagine è sbagliata, perché nessuno vuole bruciare. Vedo l'Europa come un'escursionista in montagna, che cammina su di un terreno molto scivoloso. La strada si restringe, è difficile da distinguere e conduce verso una precipizio. E' il momento di invertire la rotta, tornare all'ultimo bivio, e prendere una strada migliore.

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domenica 19 maggio 2013

Flassbeck: salviamo l'Europa dalle macerie della moneta unica


In una recente analisi pubblicata dalla Rosa Luxemburg Stiftung, il grande economista tedesco Heiner Flassbeck ribadisce la sua scarsa fiducia nella possibilità di salvare la moneta unica e lancia un appello: salviamo l'Europa politica dal crollo dell'Euro. Versione completa in inglese qui.
Lo studio proposto dalla fondazione Rosa-Luxemburg «The Systemic Crisis of the Euro – True Causes and Effective Therapies» di Heiner Flassbeck und Costas Lapavitsas mostra  come l'Euro sia minacciato nella sua stessa esistenza. Sin dall'inizio sono state ignorate le condizioni necessarie per il funzionamento della moneta unica. La gestione della moneta unica, concentrata sulle questioni fiscali, non si è mostrata adeguata alla complessità della situazione, ed è stata accecata dall'ideologia degli attori piu' importanti. Ancora una volta, l'attenzione sugli aspetti fiscali ("crisi di debito pubblico") ha impedito una terapia completa ed efficace. Inoltre, aver accusato in maniera unilatarale i paesi debitori ed aver preteso da loro una politica di austerità, ha messo in moto una crisi economica le cui conseguenze negative per le condizioni di vita degli uomini mettono in discussione i sistemi democratici e la convivenza pacifica dei cittadini in Europa, con un impatto negativo che durerà per decenni.

E tardi, ma forse non ancora troppo tardi per un'inversione di rotta. Se la Germania, come principale paese creditore, mostrasse comprensione cambiando radicalmente la sua posizione e si accordasse su di una nuova strategia con gli altri paesi, l'Eurozona potrebbe superare la difficile recessione e fronteggiare la crisi. Ma per ogni giorno in piu' trascorso applicando le vecchie strategie fallite, diventa sempre piu' improbabile una svolta. Gli elementi chiave di una nuova strategia dovrebbero essere una riduzione dei gap di competitività - prima di tutto con un aumento dei salari in Germania -, la fine immediata delle politiche di austerità e il superamento della difficile fase di transizione per i paesi debitori attraverso i crediti BCE, gli Eurobond e gli aiuti incondizionati del fondo ESM. Anche in questo caso avremmo bisogno di molto tempo. Il ritorno ad una situazione in cui i paesi debitori potranno essere economicamente autosufficienti, crescere e creare nuovi posti di lavoro, durerà almeno 10 anni.

Poiché le probabilità di una tale svolta sono molto basse, è necessario prendere in considerazione altri scenari. Un passo necessario quando nei paesi particolarmente colpiti dalla crisi i costi dell'aggiustamento non sono piu' politicamente sostenibili, e la democrazia è in pericolo. Lo studio di Flassbeck/Lapavitsas sostiene che i benefici di una unione monetaria in Europa, anche al di là delle mere considerazioni politiche, potevano essere notevoli. La possibilità di avere una politica monetaria focalizzata su di una grande regione europea, racchiudeva in sé grandi opportunità. Che pero' non sono state utilizzate. In considerazione del costoso processo di aggiustamanto imposto ai paesi debitori, senza alcuna garanzia di un ritorno alla crescita, questa politica ha raggiunto il suo limite politico. 

I governi eletti democraticamente possono imporre ai loro popoli solo una dose limitata di sofferenze. Soprattutto durante una crisi in cui è difficile spiegare perché solo alcuni paesi devono sopportare delle sofferenze, mentre altri paesi o istituzioni hanno di fatto preso il potere. I popoli potranno accettare una situazione del genere solo per un periodo di tempo limitato. Tutte le crisi valutarie del passato hanno generato un enorme potenziale per conflitti, ribellioni e kaos. In quasi tutti i casi gli effetti politici della crisi sono stati limitati  solo con una svalutazione della moneta, che in tempi relativamente rapidi ha garantito un'inversione economica e quindi un miglioramento delle aspettative circa il futuro economico. Tale misura purtroppo nell'unione monetaria non è disponibile. Nessuna misura di politica economica imposta dalla Troika ai paesi in crisi ha le potenzialità per portare ad una svolta economica. La riduzione dei salari è controproducente perché danneggia l'economia interna, che in tutti i paesi colpiti (ad eccezione dell'Irlanda), da un punto di vista quantitativo, è molto piu' importante dell'export. Le cosiddette politiche sul lato dell'offerta, in linea di principio, non possono aiutare a superare una fase di estrema debolezza della domanda. Nella maggior parte dei casi le crisi di domanda si aggravano.  

Prima o poi dovrà essere contemplata anche l'uscita.

Prima o poi i governi eletti democraticamente dovranno mostrare qualche successo nel combattere la crisi. Dovranno creare aspettative positive e dare ai giovani la speranza in un futuro migliore. Se questo non dovesse accadere, cresceranno le forze politiche ai limiti dello spettro democratico. Se la crisi dovesse proseguire - sia nei paesi debitori che in quelli creditori - saranno sempre piu' forti quei partiti che metteranno in discussione l'unione monetaria, considerata la responsabile, e chiederanno un'uscita. Aver definito irreversibile la strada verso l'unione monetaria è stato ingenuo. Tutte le regole sociali, ideate dagli uomini, sono reversibili e saranno revocate nel momento in cui falliscono.

Aver eliminato dalla discussione la possibilità di un'uscita perché non si vuole mettere in discussione l'Europa, è stato un irresponsabile tentativo di imbonimento e un favore agli euroscettici. 

Se ragionevolmente accettassimo questa possibilità, sarebbe necessario iniziare a riflettere sul modo in cui sarà possibile governare le forze centrifughe nazionali, senza che l'Europa politica si frantumi. A parte i piccoli problemi tecnici che in uno scenario di uscita potrebbero presentarsi, ci sono due ostacoli principali da superare. 

Primo: un rigido controllo dei capitali è indispensabile per evitare una fuga ed un assalto alle banche, se per uno o piu' paesi si iniziasse a parlare di un'uscita dall'unione monetaria. Con Cipro si è creato un precedente che da un lato ci mostra che questa misura puo' essere in linea con i trattati europei, e dall'altro che i controlli possono essere messi in piedi in tempi rapidi e in modo da evitare il caos tipico di una decisione del genere.

Secondo: nella transizione verso una nuova moneta nazionale c'è il pericolo che la nuova valuta, se lasciata al mercato dei cambi, possa crollare immediatamente e rendere il passaggio molto doloroso. Tutti i paesi in deficit hanno bisogno di una svalutazione fra il 25 e il 40%, un deprezzamento maggiore danneggerebbe il commercio intraeuropeo, mentre i paesi che dipendono pesantemente dall'import, in caso di conversione valutaria, soffrirebbero una riduzione del reddito reale che potrebbe rappresentare una dinamite politica. Evitare una svalutazione eccessiva, consentire una transizione indolore per i paesi che intendono restare nell'Unione Europea, ed evitare la distruzione del mercato comune europeo, sono i compiti piu' importanti per la politica europea. 

Come mostra lo studio di Flassbeck/Lapavitsas, si riprorrebbe il Sistema Monetario Europeo (SME), nel cui ambito i paesi che intendono uscire saranno protetti dal pericolo di una svalutazione incontrollata e potranno ritrovare la loro competitività senza un collasso dell' economia interna. 

La Germania sarebbe colpita duramente da uno scenario in cui alcuni paesi optassero per l'uscita. In caso di una uscita ordinata di molti paesi (Europa del sud e Francia), la struttura produttiva tedesca estremamente orientata all'export (con una quota dell'export sul PIL superiore al 50 %), sviluppatasi negli anni dell'unione monetaria, dovrebbe subire un pesante aggiustamento. Il settore dell'export crollerebbe, e solo le modalità dell'aggiustamento economico potrebbero fare in modo che il mercato interno riesca ad intercettarne una parte. Se la Germania cercasse di contrastare la perdita di competitività con un ulteriore taglio dei salari, sarebbe inevitabile una lunga recessione ed una fase di elevata disoccupazione. Ed anche in questo caso è necessario che la Germania riconosca le cause della crisi, insieme ai suoi errori, e agisca di conseguenza. In Germania una nuova lotta per conquistare quote di mercato e raggiungere una maggiore competitività non sarebbe politicamente sostenibile: la maggior parte della popolazione si troverebbe a lottare per la semplice sopravvivenza. 

L'Europa è piu' importante dell'Euro

Molti che giustamente credono all'Europa come ad un processo storico di pacificazione, non possono accettare che alcuni paesi escano dall'unione monetaria. Dobbiamo tuttavia essere realisti. Con l'unione monetaria, l'Europa ha fatto in anticipo un passo troppo lungo. Se l'Euro potesse essere ancora salvato, sarebbe sicuramente un grande successo. Ma se non è possibile farlo in tutti i paesi membri, allora le energie politiche dovrebbero essere utilizzate per salvare l'Europa politica dalle macerie del collasso di una parte dell'unione monetaria. 

Lo studio mostra chiaramente che le decisioni di fondo sull'Euro possono essere giustificate anche con buoni argomenti economici. La teoria economica dominante sin dall'inizio ha  ignorato questi argomenti screditandoli politicamente. Ma anche all'interno delle grandi istituzioni come la BCE e la Commissione EU, si è cercato di implementare l'unione monetaria sulla base delle teorie neoclassiche dominanti. Questo tentativo è fallito. Una unione monetaria fondata sui precetti monetaristi della BCE e della Commissione, e su concetti grezzi, come la concorrenza fra le nazioni, non puo' e non potrà mai funzionare. Tutti coloro che intendono salvare l'Europa in quanto idea politica - e questo dovrebbe essere l'obiettivo primario - dovrebbero riconoscere che questo potrà essere realizzato solo con una teoria economica che sia allo stesso tempo realista e progressista. Solo quando si capirà che è necessario garantire la partecipazione di tutti gli uomini ai vantaggi del progresso economico e che la concorrenza fra stati è una idea assurda, si potrà sperare che dalle macerie del vecchio edificio possa nascere una nuova Europa.

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