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mercoledì 3 aprile 2013

E' la fine del mini-job?


A dieci anni di distanza dall'introduzione dell'Agenda 2010 e dopo averla votata, i Verdi fanno marcia indietro, almeno sui mini-job: sono stati un errore, è una forma di sfruttamento legalizzato. Da Süddeutsche Zeitung

Nel settore dei lavori a basso salario non è previsto l'obbligo della contribuzione sociale. Sono ormai numerose le aziende che impiegando solo minijobber fanno affari d'oro. Ma questa forma di impiego spesso non garantisce una pensione dignitosa. I Verdi vogliono cambiare le regole.

La Bundesagentur für Arbeit ufficialmente considera i Mini-job una buona idea. "Sfruttatate la possibilità di fare esperienza di lavoro e acquisite nuove conoscenze e competenze", scrivono sul loro sito web. "Potrete stringere nuovi contatti, ottenere nuove referenze e avere un nuovo punto di vista". E ancora: "Un mini-job puo' essere il punto di  partenza per un lavoro regolare".

In realtà non funziona proprio cosi'.

Anche i Verdi all'epoca votarono per l'introduzione dei mini-job, lo fece anche Katrin Göring-Eckard, la candidata del partito alla Cancelleria. I mini-job nelle intenzioni del legislatore dovevano essere l'arma perfetta contro la disoccupazione e il lavoro nero. Ma spesso non hanno soddisfatto queste aspettative. O forse peggio: l'effetto è stato esattamente quello opposto.

Ma ora i Verdi  nel medio termine vorrebbero abolire i mini-job. La loro attrattività risiede nel fatto che per il datore di lavoro non è previsto il pagamento dei contributi sociali. Pagano solo un piccolo contributo forfettario. Da gennaio 2013 in teoria per il datore di lavoro ci sarebbe l'obbligo di versare i contributi sociali. I minijobber di loro iniziativa possono tuttavia chiedere di essere esonerati da questo obbligo. E secondo le prime stime lo stanno facendo quasi tutti. Uno stipendio mensile di 450 € massimi non lascia molti margini.

Ormai da mesi quasi ogni settimana escono studi che dimostrano una cosa: i mini-job sono inflazionati. Oltre 7 milioni di individui - soprattutto donne - dipendono da questa forma di lavoro a basso salario. Per oltre 5 milioni sono la fonte principale di reddito. La maggior parte di loro non versa i contributi per la pensione statale. Semplicemente perché lo stipendio non basta. La conseguenza: crescerà la povertà in vecchiaia.

I Verdi propongono pertanto di riorganizzare il cosiddetto settore dei lavori a basso salario. Una parte di questo progetto è l'abolizione dei mini-job. Per i lavori senza assicurazione sociale obbligatoria lo stipendio massimo non dovrà superare i 100 € al mese. Lo ha annunciato Göring-Eckardt alla Rheinische Post.

I mini-job dovranno diventare poco attrattivi

La Göring-Eckardt conferma ancora una volta quello che i Verdi vogliono inserire nel programma per le elezioni federali: l'obbligo di versare i contributi assicurativi a partire dai 100 € al mese.

I mini-job non dovrannoo essere aboliti dall'oggi al domani. Al vertice nella lista delle priorità dei Verdi resta l'introduzione di un salario nazionale minimo definito dalla legge. Poi la limitazione del numero di minijobber impiegati in ogni singola azienda, e quindi la definizione di un numero massimo di ore di lavoro sul totale. In un momento successivo si dovrà stabilire che a partire dai 100 € mensili è necessario contribuire alla sicurezza sociale. Il limite oggi è a 450 €. I mini-job dovranno quindi "esssere sostituiti da forme contrattuali socialmente sostenibili", si dice nel programma.

Sono numerose le aziende che oggi impiegano quasi esclusivamente minijobber. Secondo i Verdi un abuso a spese dei contributi pensionistici dei lavoratori. I minijobber dovranno essere quindi trattati secondo il normale diritto del lavoro. Tutti passaggi che renderanno i mini-job sempre meno attrattivi.

Non è ancora chiaro se gli obblighi di contribuzione sociale dovranno essere introdotti immediatamente. Il loro ammontare è di circa il 20% del salario lordo, mentre le imposte sul reddito sono progressive e aumentano con il reddito.

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domenica 20 gennaio 2013

Lafontaine: SPD e Verdi corresponsabili per i suicidi nel sud Europa


Le cronache parlamentari ci raccontano che fra i partiti della sinistra tedesca si alza il livello dello scontro sugli Eurosalvataggi. Sullo sfondo la campagna elettorale per la Bassa Sassonia. Da Der Tagesspiegel 
La Linke accusa la SPD e i Verdi di essere corresponsabili per i sucidi nel Sud Europa - l'accusa innervosisce anche alcuni compagni di partito.

Stava andando abbastanza bene con la nuova strategia di  leadership della Linke: SPD e Verdi hanno fatto numerose proposte per una cooperazione politica nel governo federale. E anche se entrambe le parti non erano andate molto lontano, i presidenti Katja Kipping (Linke) e Bernd Riexinger (Linke) avevano tenuto sempre aperte le porte del dialogo. Da giovedi' sembra pero' che questa strategia sia stata spazzata via. Il capo economista della Linke, Michael Schlecht, nel dibattito al Bundestag sulla relazione economica annuale, ha accusato SPD e Verdi: con le vostre politiche di salvataggio state spingendo i sud Europei verso la morte.

"La politica tedesca sta tracciando un vasto solco di sangue nel sud Europa".

"E' uno scandalo", ha detto Schlecht, e sullo stesso tema ha lanciato un'altra dura critica l'ex leader del partito Oskar Lafontaine durante un'intervista alla ARD.  Lunedi al "Morgenmagazin" ha dichiarato che SPD e Verdi si sono allontanati dal concetto di giustizia sociale e hanno esteso l'Agenda 2010 a tutta l'Europa. Si sono resi "corresponsabili" per "i suicidi nel sud Europa. Questo per noi è un tema importante, che mi rende davvero molto triste".

Ad un primo sguardo queste accuse non sono coerenti con cio' che Lafontaine solo domenica scorsa aveva detto davanti ai membri del partito. In occasione dell'avvio dell'anno politico della Linke aveva assicurato di sostenere con forza il corso di Kipping e Riexinger: "SPD e Verdi non possono governare da soli, farebbero solo stupidaggini".E la compagna di Lafontaine, Sahra Wagenknecht, dovrebbe avere un ruolo centrale in Niedersachsen, avviare trattative di coalizione dopo una vittoria dei rosso-verdi o addirittura accettare un ministero?

Nella Linke non tutti sono rimasti sorpresi dalle esternazioni di Lafontaine e Schlechts. "Non tutti gli inasprimenti verbali rafforzano l'argomento", ha dichiarato il politico Stefan Liebich (Linke) al Tagesspiel. Secondo il vice presidente del partito Jan van Aken, Lafontaine "ha chiaramente definito la sua posizione, come io non sarei stato capace di fare". Su Schlecht non ha invece voluto dire niente. Riexinger (Linke) ha constatato: "dichiarazioni molto dure sono a volte necessarie per portare l'attenzione sui problemi. Ma una discussione politica molto forte e una riflessione su un'opzione politica a sinistra non sono in contraddizione". Anche il presidente del gruppo parlamentare Gregor Gysi non ha voluto attaccare pubblicamente i suoi compagni di partito. Con il suo discorso di 11 minuti al Bundestag ha già detto tutto il necessario sul tema, ha spiegato un portavoce. Un altro membro di spicco del partito ha definito il  tema "un reale problema strategico", il fatto che tra SPD e Linke "ci sia una notevole sovrapposizione dell'elettorato potenziale ".

Gli aggrediti sono invece indignati. "Campagna elettorale a basso costo", replicano i Verdi. Il parlamentare dei Verdi Volker Beck ha twittato: la polemica della Linke è "incredibile" e "antidemocratica". Il segratrario generale SPD Andrea Nahles ha parlato di uno "stato di disperazione e odio". "Per Lafontaine in campagna elettorale ogni mezzo sembra legittimo". Posizione confermata anche dal leader SPD Sigmar Gabriel. In un'intervista alla ARD ha escluso ogni coalizione rosso-rosso nel governo federale. La Linke è "un partito diviso al proprio interno", con cui "non sarà possibile guidare insieme la piu' grande economia d'Europa".

mercoledì 14 marzo 2012

Tutti uniti per il Fiskalpakt


Se qualcuno sperava che SPD e Verdi potessero votare contro il Fiskalpakt e il rigorismo Merkeliano dovrà ricredersi: appoggeranno il governo in cambio (forse) della tassa sulle transazioni finanziarie. Che invece i liberali della FDP non vogliono proprio. Da TAZ.de

In cambio del loro voto al Fiskalpakt la SPD e i Verdi vogliono ottenere la tassa sulle transazioni finaziarie. Le loro possibilità non sono buone.

No, dice Volker Beck (capogruppo dei Verdi al Bundestag), se si avviano i negoziati, le linee rosse sono fuori luogo. "In questo modo ci si rende la vita solo piu' difficile". No, un voto di prova non è mai stato fatto. Ma fra i parlamentari ci sono valutazioni molto diverse sul Fiskalpakt presentato dalla coalizione di governo. Almeno questo.

Beck è considerato un abile negoziatore. Eppure ancora mercoledi scorso gli risultava difficile chiarire, come i Verdi e la SPD sarebbero riusciti a costringere la cancelliera Merkel a ingannare la FDP. Entrambi i partiti di opposizione vorrebbero introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie nell'area Euro in cambio della loro approvazione al Fiskalpakt in parlamento. Ma davanti alla loro unica possibilità di influenzare il governo con un no al Fiskalpakt, sembrano tornare sui loro passi. La richiesta di tassare le transazioni finanziarie resta ancora nella nebbia.

Il governo mercoledi ha approvato l'accordo che dovrebbe costringere i paesi europei al risparmio. Il patto fiscale prevede dei freni all'indebitamento, che dovranno essere inseriti nella costituzione dei singoli paesi. Inoltre, contiene una procedura per gli eccessi di deficit, che sanziona in maniera automatica gli stati che faranno troppi debiti. 

La SPD e i verdi appoggiano in sostanza il freno al debito e la politica rigorista per l'Europa - ma nella procedura parlamentare che sta per iniziare vogliono ottenere quanto più possibile per il loro sì. L'aritmetica è dalla loro parte: per l'approvazione del Fiskalpakt è necessaria una maggioranza dei due terzi del parlamento. Senza l'opposizione non potrà passare.

Per approvare la tassa sulle transazioni finanziarie contro la riluttante FDP, la SPD e i Verdi tentano una manovra strategica. Si mostrano contrari ad un progetto di risparmio che condividono e che trovano positivo. Il capo gruppo della SPD ha dichiarato che le trattative per l'approvazione del provvedimento saranno dure. La lotta sarà "finalizzata alla concretizzazione della tassa sulle transazioni finanziarie" all'interno del pacchetto. Il provvedimento di certo non è ancora concreto. E lo stesso Oppermann è stato attento a non porre la tassa sulle transazioni finanziarie come condizione decisiva.

Oppermann e Beck sono consapevoli dell'altezza della caduta possibile. Finora SPD e Verdi nei provvedimenti riguardanti l'Euro hanno sempre votato con la maggioranza, sebbene i loro voti non fossero decisivi. Ora è diverso. Se dovessero decidersi per un no al Fiskalpakt, affonderebbe tutto il lavoro che la Cancelliera aveva fatto e preteso dagli altri paesi.

Una cosa è sicura: la FDP, che la tassa sulle transazioni finanziarie la vuole evitare con tutta la forza, ha riconosciuto la debolezza dei loro contraenti. Adesso il leader del partito Rainer  Brüderle   ha detto con gusto, è l'opposizione ad avere la responsabilità.