sabato 30 giugno 2012

L'uscita temporanea

Hans Werner Sinn, ripreso da Die Welt, rilancia una sua vecchia proposta: facciamo uscire temporaneamente dall'Euro i paesi in crisi, e dopo una svalutazione, facciamoli rientrare. Ma perché dovrebbero scegliere una seconda volta il suicidio economico?
Il presidente IFO Hans Werner Sinn mette in guardia: la Germania potrebbe diventare responsabile per i debiti dei paesi in crisi. Grecia e Spagna possono recuperare competitività solo con un periodo fuori dalla moneta unica.

Il presidente dell'IFO di Monaco, Werner Sinn, propone un'uscita temporanea dall'Euro per i paesi Euro indebitati. Si potrebbe pensare ad un "centro di riabilitazione" per i paesi come Grecia e Spagna, ci dice Sinn.

"L'Euro dovrebbe essere mantenuto, ma non con tutti i paesi". I paesi in crisi devono avere la possibilità di risanarsi, cosa che non può accadere all'interno della moneta unica. La fase di riabilitazione potrebbe far tornare i prezzi e i salari competitivi: "Uscire, svalutare e tornare di nuovo dentro", dovrebbe essere il nuovo motto. L'economista ci dice: "descrivere l'uscita di un paese come una catastrofe, è un errore gigantesco".

La messa in comune dei debiti in Europa, al contrario, avrebbe conseguenze imprevedbili. Se tutti i debiti fossero messi nella stesso pentolone, e i diversi paesi non fossero piu' responsabili singolarmente per le loro passività, il massimo rating per la Germania sarebbe in pericolo.

La caduta dell'Europa

"Se accadesse saremmo risucchiati nel vortice. Allora la caduta dell'Europa sarebbe sicura". In questo senso devono essere assolutamente evitati nuovi incentivi che favoriscano un ulteriore indebitamento. Sinn appoggia la politica di Angela Merkel. Merkel si è espressa abbastanza chiaramente e su questo punto non dovrebbe fare alcun compromesso.

Sinn ci avverte anche dei pericoli di un trasferimento della responsabilità sui debiti bancari a livello europeo: quello di cui al momento si discute nella UE. Anche in questo caso gli oneri non dovrebbero essere socializzati. E nel complesso, le passività finanziarie degli istituti di credito sono circa tre volte i debiti pubblici. "Se avverrà, alla fine sarà a carico dei contribuenti". Gli istituti del sud Europa coinvolti, con i loro proprietari, dovrebbero farsi carico delle necessarie perdite. "Non c'è da girarci intorno. Si tratta di somme, che superano ampiamente le nostre capacità".

Trappole francesi per la cancelliera


Holger Steltzner, vicedirettore di Frankfurter Allgemeine Zeitung, ci regala una riflessione post vertice: la cancelliera ha commesso un errore, colpa dei ricatti italiani e spagnoli e delle trappole francesi. Siamo nei guai.
I leader di governo hanno trasformato il meccanismo di stabilità europeo in uno strumento di garanzia comune per le banche dell'Eurozona. E' incredbile. Se la Spagna e l'Italia non sono pronte per le riforme, perché il Nord deve pagare con i trasferimenti?

Il Bundestag si è preparato a votare un fondo di salvataggio permanente, che tuttavia nella forma approvata già non esiste piu'. La notte precedente, i capi di governo europei in un memorabile vertice hanno trasformato il fondo ESM in uno strumento per la condivisione delle garanzie verso le banche dell'Eurozona. E' incredibile. Forse i capi di governo pensano che se con il fondo ESM hanno potuto violare le clausole di no bail-out, allora possono anche ignorare le regole di un trattato, prima che questo sia approvato.

Con una manovra politica ricattatoria, il presidente italiano Monti e quello spagnolo Rajoy hanno posto come condizione per l'approvazione del patto di crescita proposto da Hollande, la possibilità per il fondo ESM di finanziare direttamente le banche. Italia e Spagna hanno minacciato di non accettare il patto per la crescita, se si fosse resa obbligatoria l'accettazione di dure condizioni per l'utilizzo dei fondi e se ai salvataggi avesse preso parte anche il FMI.

Nella trappola di Hollande

Ma perchè la cancelliera ha accettato che questo accadesse? Prima di tutto, le è stato strappato (con il forte aiuto dell'opposizione tedesca) il consenso per qualcosa che lei non voleva affatto (patto di crescita). La signora Merkel è finita nella trappola di Hollande: e per questo è diventata ricattabile a livello europeo. Monti e Rajoy hanno saputo usare la situazione e hanno costretto la signora Merkel a fare il contrario di quello che nel discorso al Bundestag prima del vertice EU aveva affermato: una messa in comune dei debiti nella zona euro non ci sarebbe mai stata, per ragioni costituzionali, ma anche, perchè la ritiene economicamente sbagliata e controproducente.

Il circolo vizioso fra banche e debito pubblico deve essere rotto, si dice nella prima fase della dichiarazione. Per questo l'ESM sarà autorizzato a ricapitalizzare direttamente le banche.   Questo significa che non saranno piu' solo gli stati a ricevere i fondi per salvare le banche, come si puo' leggere nella legge sull'ESM approvata dal Bundestag. Ma in futuro, il fondo di bail-out diventerà azionista delle barcollanti casse di risparmio spagnole.

Strumento di responsabilità comune

Cosi l'ESM è diventato un potente strumento per la messa in comune del debito: potenzialmente per tutti i depositi bancari e tutti i rischi bancari della zona Euro, oltre ogni frontiera. La responsabilità limitata del fondo di bail-out ci inganna. Se il fondo ESM diventa un fondo di garanzia dei depositi delle banche Euro, non potrà limitare il suo rischio come co-proprietario di banche in difficoltà. Se la banca A ricapitalizza, non potrà negare il suo aiuto alla banca B. E dove i rischi sono maggiori di quelli ipotizzati, dovrà versare di piu'. Significativamente, quello che si legge nella dichiarazione sulle condizioni per gli aiuti bancari è ("nel rispetto delle norme sugli aiuti di stato"). Da quando è una condizione, attenersi alle leggi e al diritto?

La signora Merkel ha evitato (ancora) l'introduzione degli Euro-bonds. Ma ha accettato che il fondo ESM diventi la bad bank europea. E questo alla fine potrebbe essere piu' costoso degli Euro-bonds, perché i depositi bancari nella zona euro sono maggiori dei debiti pubblici. L'aumento dei fondi di salvataggio sarà piu' facile politicamente, perchè a causa della progressiva condivisione della responsabilità, il numero sempre maggiore dei riceventi potrà facilmente ricattare il sempre piu' ristretto numero di donatori.

Secondo le conclusioni del vertice, la BCE avrà anche la responsabilità della sorveglianza bancaria. Il classico conflitto di interessi fra politica monetaria e controllo bancario verrà messo da parte, come del resto i fondi di bail-out hanno scardinato un principio costitutivo dell'economia di mercato: l'unità fra la decisione e sue conseguenze. La BCE dovrebbe in futuro prendere in considerazione un po' piu' di inflazione per stabilizzare il sistema bancario? Chiuderà un occhio sui livelli di capitalizzazione di una banca traballante, per evitare una tempesta sulla banca? Oppure la BCE si precipiterà in soccorso, laddove manca capitale?

La gestione della crisi Euro mette in discussione anche l'UE come comunità giuridica. Perché non si pretendono da Spagna e Italia le stesse riforme strutturali come dagli altri paesi? Perché i progressi di Irlanda e Portogallo non vengono riconosciuti? Se Italia e Spagna non sono pronte per delle vere riforme, come si potranno convincere i contribuenti del nord Europa dei presunti benefici della responsabilità comune e dei conseguenti trasferimenti? Una messa in comune dei debiti non ci sarebbe stata, fino a quando vivrà, aveva detto questa settimana la cancelliera. E ora, prima del fine settimana, la Germania ci è andata molto vicina.

giovedì 28 giugno 2012

Gli industriali tifano Euro

Su Deutsche Mittelstands Nachrichten scopriamo che gli industriali tedeschi spingono verso una rapida unione politica. L'obiettivo è chiaro: non perdere i vantaggi ottenuti grazie al cambio bloccato con i vicini di casa.
Il presidente della BDI (Confindustria tedesca), Hans Peter Keitel, con una lettere alle associazioni confederate, ha richiesto una unione politica in Europa. Sarà necessario gestire a livello europeo la politica di bilancio. Un Euro possibilmente piu' debole sarebbe di grande aiuto per le esportazioni tedesche. 

Il presidente di BDI Hans Peter Keitel in una lettera alle associazioni aderenti ha indicato i capisaldi della nuova unione economica: "ci sono motivi politici ed economici tangibili" per il mantenimento della moneta unica.

Dal punto di vista dell'industria orientata all'export, grazie all'Euro il commercio è cresciuto: le barriere come i rischi di cambio sono state annullate. Questo per la Germania ha avuto una grande importanza. I fatti indicati da Keitels: "Solo l'anno scorso, l'export nell'area Euro è cresciuto dell'8.6%. In totale nel 2011 circa il 40% dell'export tedesco è andato nell'Eurozona...circa 3 milioni di posti di lavoro in Germania dipendono dall'export verso la zona Euro".

Keitel ritiene che il D-mark avrebbe dato la possibilità ai sud-europei di rendere i prodotti tedeschi piu' cari attraverso una svalutazione. Questo ora non puo' piu' accadere. Anche in rapporto al dollaro, l'Euro è in una migliore condizione di quella del D-mark. La tesi di Keitel: "L'Euro ha effetti asimmettrici: se il suo valore scende sotto il valore dei suoi fondamentali, si hanno effetti positivi per l'economia tedesca. Al contrario se cresce, ci sono effetti negativi per le imprese tedesche nella competizione internazionale".

Anche per quanto riguarda l'inflazione, la Germania avrebbe avuto dei vantaggi: "Di fatto, con l'introduzione dell'Euro, l'inflazione in Germania dal 1999 al 2011 è rimasta vicina all'1.5% annuo. In confronto, i prezzi al consumo con il D-mark negli anni '70 erano cresciuti di oltre il 5%, negli anni '80 e '90 del 2.6 % annuo".

I bassi tassi di interesse sono stati positivi per l'economia, scrive Keitel; anche se il capo della BDI ammette che questo ha portato gli stati e i privati ad un "eccessivo consumo a debito". Keitel sulla situazione attuale del mercato obbligazionario: "I mercati ritenevano la clausola di No-bailout non applicabile a causa degli effetti potenzialmenti disastrosi di una bancarotta statale. Dall'inizio della crisi del debito, i tassi nei paesi della periferia sono cresciuti molto. Non è chiaro quale effetto avrà l'aumento dei tassi sulla crescita futura dell'Eurozona. In ogni caso le possibilità di una politica finanziaria responsabile, durante la crisi sono cresciute. Queste opportunità devono essere utilizzate consequentemente".

E' interessante come Keitel veda la situazione della Germania ad una svolta cruciale, che a lui non appare così rosea: l'Euro non ha dato alla Germania il peso economico per poter plasmare in ambito internazionale il futuro politico. "La percentuale tedesca sul PIL globale è in diminuzione. Mentre la quota tedesca sul totale mondiale è solo del 4%, la quota dell'Eurozona è del 14.5 %. Nel nostro continente solo la EU può essere un vero competitore globale: con circa mezzo miliardo di cittadini, produce un quarto del PIL mondiale. Ogni paese singolo non può diventare un player globale, anche la stessa Germania".

Per questo motivo una forte unione politica è nell'interesse dell'industria tedesca: "Noi europei dobbiamo trasformare l'unione monetaria in una unione politca. Solo attraverso l'inserimento in un quadro istituzionale stabile, le misure di stabilizzazione potranno far crescere la fiducia. La crisi ha mostrato che una politica monetaria comune richiede la messa in comune di importanti elementi di politica economica e finanziaria. L'obiettivo centrale del trasferimento di ulteriori competenze nazionali a livello europeo è quello di promuovere il consolidamento delle politiche di bilancio e delle riforme strutturali". Secondo Keitel, queste misure comprendono il Fiskalpakt, l'ESM e il freno all'indebitamento (Schuldenbremse).

Keitel vuole che queste misure vengano adottate rapidamente. Il leader BDI è inoltre consapevole " che lo sviluppo ulteriore del processo di integrazione europeo deve essere accompagnato  da una legittimazione democratica". 

mercoledì 27 giugno 2012

Fronte unito contro gli Euro-bonds


Handelsblatt.de ci ricorda quanto è forte l'opposizione agli Euro-bonds fra le forze di governo tedesche.
Poco prima del Vertice UE sulla crisi del debito, il presidente della Bundesbank Jens Weidmann si è di nuovo pronunciato chiaramente contro una rapida introduzione degli Euro-bonds - e dalla sua parte ha Angela Merkel.

Crisi politica senza fine: un giorno prima del vertice di Brussel, Merkel ha presentato al Bundestag la posizione del governo sulla crisi Euro, questa serà vedrà il presidente francese a Parigi. E già da giovedi sarà al vertice di UE di Brussel.

Markel ha dei dubbi sul documento redatto dal presidente del consiglio europeo Van Rompuy. La proposta per risolvere la crisi contiene una ulteriore riduzione della sovranità nazionale a favore delle istituzioni europee. Anche prima del suo attesissimo discorso al Bundestag, la cancelliera aveva già espresso il suo chiaro rifiuto verso una responsabilità comune sui debiti. Una responsabilità comune sul debito non ci sarà "fino a quando io vivrò", ha detto Merkel durante una riunione del gruppo parlamentare FDP.

Anche il presidente Bundesbank Jens Weidmann mette in guardia da una rapida introduzione dei cosiddetti Euro-bonds o Euro-bills. Nell'attuale discussione molti spingono per  l'introduzione di una responsabilità comune sui debiti, ha scritto mercoledi Weidmann in un commento sulla "Süddeutsche Zeitung". Il tentativo "di voler fare all'inizio,  l'ultimo passo di un processo di profonda integrazione, e di lasciar indietro gli altri", minaccia di compromettere l'unione monetaria.

Weidmann ha avvertito, che la necessaria rinuncia di sovranità degli stati membri e i necessari adeguamenti nei trattati UE e nelle costituzioni nazionali potrebbero essere annacquati: "Tentativi di aggirare gli impegni, minano sempre di piu' il futuro di fiducia di cui l'unione monetaria ha bisogno", ha continuato Weidmann. Pertanto come prossimo passo  nell'unione monetaria, sarebbe necessario un voto popolare in tutti i paesi. 

Il vice capo gruppo CDU al Bundestag ha messo in guardia da una unione bancaria "a qualsiasi prezzo". Su questo tema ci sarebbero "possibilità e rischi", ha detto il politico al "Neuen Osnabrücker Zeitung". Un maggiore controllo sugli istituti di credito, causato dalle esperienze negative durante la crisi, arriverebbe assolutamente in ritardo. Una responsabilità comune per i rischi assunti dagli istituti finanziari viene respinta anche dal politico CDU: "Questa proposta deve essere rinchiusa nell'armadio dei veleni".

 Gunther Krichbaum (CDU), presidente della commissione sugli affari europei al Bundestag, si è detto d'accordo con la proposta di Schauble di un voto popolare sui salvataggi Euro. Per risolvere la crisi, "è necessario che ci sia una maggiore cessione di sovranità, fatto che entrerebbe in conflitto con la costituzione" ha dichiarato Krichbaum al „Rheinischen Post“. "Per questo motivo sono completamente d'accordo con Schäuble: in tempi ragionevoli abbiamo bisogno di un voto popolare". 

martedì 26 giugno 2012

Lunga vita alla cancelliera?


Merkel lascia intendere che di Euro-bonds, fino a quando ci sarà lei, non se ne parla proprio. Stroncati i sogni di Monti e Hollande? Da Der Spiegel
La cancelliera non si era mai pronunciata così chiaramente contro gli Euro-bonds o simili. Non ci sarà una messa in comune dei debiti, almeno fino a quando resto in vita, ha detto Angela Merkel davanti al gruppo FDP. Con questa dichiarazione i piani degli strateghi EU sono stati bocciati.

Prima del vertice EU, Merkel ha chiaramente bocciato la proposta di condivisione dei debiti europei. Una responsabilità comune sui debiti - ad esempio con gli Euro-bonds - non ci sarà, "fino a quando resto in vita", ha detto la cancelliera martedi in una riunione del gruppo parlamentare FDP. I partecipanti confermano questa dichiarazione secondo i racconti di molte agenzie. Anche Spiegel Online ha avuto una conferma della citazione. Alcuni deputati liberali avrebbero poi esclamato ad  alta voce verso la cancelliera: "Le auguriamo una lunga vita!".

Merkel ha poi detto chiaramente davanti ai deputati FDP che dopo 60 anni non abbiamo ancora in Germania una responsabilità comune sui debiti - e quindi non la vedremo neanche in Europa.

La frase della cancelliera giunge come una sorpresa. Merkel e i suoi ministri si sono sempre espressi contro gli Euro-bonds, e fino ad oggi la linea ufficiale era: una messa in comune del debito "al momento" non sarebbe la soluzione migliore per risolvere la crisi. In maniera categorica come oggi, gli Euro-bonds non erano mai stati esclusi.

Durante la riunione del gruppo CDU, invece, secondo i racconti dei partecipanti, Merkel non avrebbe pronunciato la frase "fino a quando sarò in vita". Ma anche in quell'occasione ha parlato dei suoi dubbi sui piani degli strateghi UE per una responsabilità comune sui debiti. 

In concreto la critica del governo si dirige verso il documento del presidente Van Rompuy. Nel documento, Van Rompuy insieme a Mario Draghi, al presidente della commissione Barroso, e al presidente dell'Eurogruppo Juncker, propongono una condivisione dei debiti nell'Eurozona. Oltre a questo, il piano prevede una unione bancaria con dei fondi di garanzia comuni ed una garanzia europea sui depositi. Le proposte dovranno essere discusse al vertice UE che avrà inizio giovedì.

Il governo federale ha già detto martedi in maniera chiara che il piano dei 4 strateghi sarà respinto. Non ci sarebbe un equilibrio sufficiente fra una gestione comune necessariamente piu' forte e una responsabilità condivisa sui debiti. Il documento è formulato in modo che la messa in comune dei debiti possa arrivare in tempi rapidi. Di questo la cancelliera non è soddisfatta, avrebbe detto Merkel davanti ai deputati dell'Unione.

Merkel al vertice sarà messa sotto pressione

Ci si aspetta che al vertice di Brussel, Merkel venga messa sotto pressione dal presidente francese Hollande e dal primo ministro italiano Monti. Soprattutto Monti sta facendo pressione sul governo federale con sempre nuove richieste in materia di Euro-salvataggio.

Martedi anche il responsabile per la politica europea nel governo nero-giallo, Michael Georg Link, ha criticato duramente il piano EU. "Siamo impegnati per garantire la coesione della zona Euro, ma contro una messa in comune dei debiti, perché questo non crea alcuna fiducia", ha detto Link. Il rapporto " io lo leggo come un libro dei desideri", ha continuato Link. Ma "iniziare dalla messa in comune dei debiti, la consideriamo una strada sbagliata".

Quando un lavoro non basta


Su Die Welt, leggiamo che un numero sempre maggiore di occupati, per sbarcare il lunario ha bisogno di un sussidio statale: è l'effetto delle riforme Hartz IV, realizzate dai socialdemocratici, apprezzate dai conservatori, e artefici del Jobwunder.
Un destinatario su 3 dei sussidi Hartz-IV ha un lavoro ed un "Kombilohn" (salario integrato da un sussidio pubblico). L'introduzione di un salario minimo potrebbe essere una soluzione e ridurre le spese a carico dello stato.

Il numero dei lavoratori che non possono vivere con il proprio lavoro e che quindi ricevono un sussidio dallo stato è cresciuto.

Il numero delle famiglie con almeno un lavoratore destinatario di un sussidio Hartz IV - cosiddetti Aufstocker - secondo i calcoli della confederazione sindacale (DGB), anticipati a Die Welt, dal 2007 al 2010 sono cresciuti dell'11% nei Laender orientali e del 14% nei Laender occidentali. 

Hartz IV non sarebbe "solamente un sistema di sostegno per i disoccupati, ma sempre di piu' anche per gli occupati che non possono vivere solo del loro salario", ci dice Wilhelm Adamy, esperto di mercato del lavoro nella DGB.

In tutto il paese nel dicembre 2011, gli occupati che ricevevano sussidi Hartz IV erano 1.35 milioni, nel 2007 erano 1.22 milioni. Circa il 30% dei sussidiati Hartz IV in grado di lavorare secondo i calcoli DGB nel 2011,  sono Aufstocker (ricevono cioè un'integrazione dallo stato), nel 2007 erano il 23.1 %.

L'ufficio del lavoro (Arbeitsagentur) non è preoccupato

Secondo Adamy, sempre piu' lavoratori diventano degli Aufstocker all'interno del sistema Hartz IV. Lavoratori che fino ad allora non ne avevano ancora avuto bisogno, e che dal sistema di integrazione non riescono piu' ad uscire. "C'è il rischio che sotto l'apparenza degli Aufstocker si nasconda una disoccupazione sedimentata. La mia vera preoccupazione è che ci sia un gruppo di persone che non riuscirà piu' ad entrare nel mercato del lavoro".

L'agenzia per il lavoro federale vede le cifre in maniera meno drammatica: è da valutare positivamente il fatto che sempre piu' disoccupati che ricevono un sussidio inizino a lavorare, ci dice una portavoce. Molti di loro sono costretti ad integrare il salario; ciò è dovuto al fatto che molti di questi impieghi sono creati nel settore del lavoro temporaneo e nel settore dei servizi, dove notoriamente non vengono pagati salari elevati.

I centri per l'impiego tuttavia si impegnano per far trovare a questo gruppo di sussidiati Hartz IV un'occupazione con cui possano vivere. "Il sussidio integrativo può essere la carta di ingresso", ci dice la portavoce. Che sottolinea come l'occupazione in generale sia cresciuta.

Il numero di coloro che con un lavoro regolare ricevono un salario integrativo - secondo Adamy circa la metà dei riceventi un sussidio Hartz IV - è cresciuto di pari passo con la crescita dell'occupazione in generale. La quota era pari al 2.6 % nel 2007 e nel settembre 2001 era al 2.5 %.

Integrazione salariale nonostante un lavoro a tempo pieno

Adamy vede la stagnazione in maniera critica: "E' sorprendente: nonostante il positivo sviluppo congiunturale, non si è riusciti a ridurre il numero degli occupati con un'assicurazione sociale che ricevono un'integrazione salariale", ci dice Adamy. Se fossero state fatte riforme importanti come i contributi familiari per i nuclei a basso reddito, i contributi per gli affitti, l'introduzione dei salari minimi in tutti i settori, molti lavoratori non avrebbero avuto bisogno di un salario integrativo. La DGB vorrebbe estendere ulteriormente queste riforme.

L'esperto di mercato del lavoro Hilmar Schneider, del "Institut zur Zukunft der Arbeit" è tuttavia scettico. Il suo sospetto si basa sul fatto che molti Aufstocker hanno un lavoro a tempo pieno. Secondo Adamy 331.000 Aufstocker hanno un regolare lavoro a tempo pieno.

"In qualche modo si dovrà uscire dal sistema - a meno che non si continuino a pagare stipendi immorali", ci dice Schneider. Il numero elevato di Aufstocker con un lavoro a tempo pieno, puo' essere un segnale del fatto che le agenzie per il lavoro esercitano una grande pressione affinché i destinatari degli aiuti Hartz IV accettino anche lavori mal pagati.

I datori di lavoro potrebbero essere tentati di pagare salari al di sotto della produttività perchè gli interessati dovranno accettare comunque. Le agenzie federali per il lavoro causerebbero distorsioni di mercato, che alla fine rendono per molti occupati la condizione di sussidiato una condizione permanente.

Bassi salari e lavoro part-time sempre piu' diffusi

Il numero degli Aufstocker è cresciuto negli ultimi anni soprattutto nel sud e nell'ovest del paese. Adamy attribuisce questa tendenza a tre cause: il lavoro temporaneo si espande, salari generalmente stagnanti negli ultimi anni e affitti costantemente in crescita. "Sempre piu' persone non qualificate anche ad ovest non possono piu' vivere del loro salario".

Molti lavorano part-time e ricevono un basso salario. Prima di tutto nel commercio al dettaglio, dove i datori di lavoro fanno affidamento per ragioni di flessibilità sui contratti a tempo parziale. Così anche fra gli Aufstocker il lavoro part-time si è diffuso: durante il 2007 solo il 32% dei lavoratori assicurati lavoravano part-time, nel 2010 erano il 40%.

Sebbene ci siano anche nell'ovest sempre piu' Aufstocker, nei lander orientali la percentuale degli occupati che riceve un sussidio integrativo, fra i destinatari Hartz IV in grado di lavorare, è chiaramente piu' alta che nei vecchi Bundeslander; la percentuale piu' alta è in Sachsen e Thüringen, con il 35%. La percentuale piu' bassa con il 26.8 % è in Nord Reno Wesfalia e nelle città stato Amburgo e Brema.

Un prodotto delle riforme Hartz IV

I sussidi di integrazione al salario (Aufstocken) sono possibili dall'introduzione della riforma Hartz IV. Gli architetti dell'agenda 2010 erano convinti che è sempre meglio lavorare, anche quando lo stipendio non basta per vivere. Chi a un certo punto smette di lavorare, vede calare rapidamente le sue possibilità di trovare un nuovo lavoro .

Pertanto nell'ambito delle riforme Hartz IV è prevista la possibilità di ricevere un sostegno dallo stato. Con un sistema combinato salario piu' integrazione, lo stato spende meno di quanto spenderebbe se la persona fosse disoccupata e quindi avesse diritto ad un sussidio completo.

I sindacati ed altri critici ritengono che molti datori di lavoro sfruttano il sistema e in considerazione dei sussidi statali abbassano i salari.

Il salario minimo potrebbe ridurre i costi per lo stato

Un salario minimo generale, secondo i sindacati, potrebbe ridurre il numero degli occupati con un basso salario e far diminuire i costi per lo stato. La DGB pone la sua attenzione sui lavoratori che oltre a svolgere un regolare lavoro con assicurazione sociale, ricevono un sussidio di integrazione. Una metà degli Aufstocker, secondo DGB, sarebbero soprattutto Minijobber e altri lavoratori con condizioni precarie oppure lavoratori autonomi.

Per i lavori con regolare assicurazione sociale, la DGB ritiene le aziende responsabili: i lavoratori devono essere retribuiti in modo da non dover piu' ricevere aiuti dallo stato.

In tutta la Repubblica Federale gli Aufstocker nel 2010 sono costati circa 4 miliardi di Euro - 2.186 milardi sono arrivati dallo stato, 1.746 miliardi dai comuni. In media ricevevano circa 600 € di prestazioni passive, di cui 330 per le spese di alloggio.

lunedì 25 giugno 2012

Weidmann boccia Monti


Weidmann, capo della Bundesbank, dopo aver detto no agli Eurobonds, all'unione bancaria, al fondo di estinzione dei debiti proposto dalla SPD, ora dice no anche all'ultima proposta montiana: acquistare debito con il fondo salva stati. Da Süddeutsche Zeitung
Il capo della Bundesbank Weidmann respinge la richiesta italiana di finanziamento attraverso il fondo salva stati. La richiesta fatta dal primo ministro Monti equivarrebbe ad un finanziamento dello stato attraverso la stampa di moneta. L'Italia ha già cercato di finanziarsi con lo  stesso metodo negli anni '70 - senza riuscirci.

La discussione sugli aiuti europei alla superindebitata Italia si fa sempre piu' intensa. Il capo della Bundesbank Jens Weidmann ha respinto la richiesta del primo ministro Mario Monti: il paese avrebbe dovuto ricevere miliardi dal fondo di salvataggio EFSF e ESM, senza dover rispettare i necessari requisiti: "La proposta di Monti si scontra con il divieto di finanziamento attraverso la stampa di denaro, stabilito dai trattati UE ", ha detto Weidmann alla Süddeutsche Zeitung.

I rendimenti sui titoli decennali italiani nelle ultime settimane sono saliti fino al 6%. Il finanziamento del paese europeo con il secondo maggiore indebitamento in rapporto al PIL dopo la Grecia, in questo modo diventa sempre piu' difficile. Il premier Monti propone che sia la BCE per conto del fondo di salvataggio ad acquistare il debito pubblico dei paesi  sotto pressione come Spagna e Italia. In questo modo i costi di finanziamento per i paesi in difficoltà potrebbero scendere. Il fondo salva stati per quest'operazione dovrebbe dare delle garanzie alla BCE .

Il vantaggio per Monti: il suo governo non dovrebbe piu' soddisfare i severi requisiti di risparmio e riforma, come quelli previsti per Grecia, Portogallo e Irlanda che già ora sono sotto la protezione del fondo di salvataggio. Weidmann ha bocciato questa scorciatoia, che nella stessa forma anche il governo spagnolo qualche settimana fa ha cercato di imporre: "Questa politica monetaria avrebbe lo scopo di ridurre i costi di finanziamento dei paesi membri e bloccare i meccanismi di mercato", ha chiarito Weidmann. In questo modo si avrebbe un'ampia condivisione della responsabilità sul debito e il quadro normativo dell'unione monetaria sarebbe minacciato.

L'Italia ha già avuto esperienza con il finanziamento diretto dello stato attraverso la banca centrale: negli anni '70 la Banca d'Italia ha finanziato lo stato italiano - periodo in cui l'inflazione è cresciuta oltre il 10%.

domenica 24 giugno 2012

Schieritz: il destino dell'euro è segnato


Per Mark Schieritz, commentatore su Die Zeit, la moneta unica non può piu' essere salvata. E se certe affermazioni arrivano da un euroentusiasta, c'è da riflettere.


Ecco un'informazione da insider: qualche tempo fa ho ascoltato una conversazione fra alcuni membri del governo federale in cui si diceva che entro 2 anni non avremo piu' avuto l'euro. Non so se la previsione sia corretta, ma sempre di piu' questo sta diventando anche il mio scenario base.


Nel frattempo avevo sperato che l'intervento della BCE di inizio anno, combinato con l'allora in discussione nascita di una unione politica potesse arrestare il crollo, ma questa speranza si è rivelata illusoria. Perchè?

Primo, perchè l'intervento della BCE nel contesto del peggioramento congiunturale e delle condizioni di finanziamento catastrofiche nei paesi in crisi era inadeguato. Gli impulsi di politica economica non sempre vengono trasmessi, e i governi e le aziende continuano a pagare tassi troppo alti, nonostante il tasso di interesse resti bassissimo.

E secondo perché la volontà di creare una unione politica nel nord e nel sud Europa è molto diversa. Quando Angela Merkel parla di centralizzazione, intende la cessione di competenze e l'armonizzazione delle regole - e solo alla fine probabilmente una condivisione delle responsabilità sui debiti. Quando Mario Monti parla di centralizzazione, intende una unione della responsabilità sui debiti e alla fine la cessione delle competenze. E delle forze tedesche anti-Euro nelle loro varie forme (Freie Wähler, Hans-Olaf Henkel, Bund der Steuerzahler, Stefan Homburg) non ho ancora parlato.

Abbiamo bisogno di entrambe, ma soprattutto ne abbiamo bisogno in fretta - e questo non accadrà. L'unione bancaria sarà la prossima delusione. L'approvazione della cancelliera si riferisce solo alla supervisione congiunta per le banche piu' grandi. Se la Deutsche Bank e la Commerzbank saranno controllate dalla BCE invece che dalla Bundesbank o dalla Bafin, la cancelliera non perderà alcun capitale politico. Ma che il risparmiatore o alla fine lo stato tedesco possano garantire per i risparmi in altri paesi, questo mi sembra molto difficile. La potente associazione delle casse di risparmio sta già lavorando ad una campagna contro il progetto...

Detto chiaramente: non credo che in Europa potrà essere realizzata una vera unione politica, e per questo credo che il destino d'Europa sia segnato. Una moneta senza uno stato non potrà sopravvivere a lungo - e l'Europa per questo stato non è affatto pronta, soprattuto se viene costretta a farlo dalla moneta.

Anche gli americani da Hamilton fino agli Stati Uniti d'America nella forma odierna hanno impiegato almeno un secolo e una sanguinosa guerra civile.

Ma può anche darsi che io mi stia sbagliando, e tutto andrà bene.

sabato 23 giugno 2012

Il ritorno di Jan!


Jan Fleischhauer, commentatore di Der Spiegel, torna a parlare di Italia. Lo fa con il suo humour e con una critica precisa: liberatevi dal potere di veto dei sindacati e tornerete alla crescita. L'esempio è l'Agenda 2010 realizzata dai socialdemocratici tedeschi.
Il destino dell'Euro si decide in Italia. Purtroppo molti italiani si sono convinti che la cancelliera possa da sola salvare il loro paese. Per fare questo dovrebbero finalmente rompere il potere dei sindacati, e far tornare l'economia alla crescita.

Parliamo di cambiamento, ancora una volta degli italiani. Lo so, sto camminando sul ghiaccio sottile. L'ultima volta che da queste colonne mi sono occupato dei nostri vicini del sud, è seguita una tempesta di proteste sulla rete e poi una lettera dell'ambasciatore italiano a Berlino. Ho commesso l'errore, in occasione dell'incidente della Costa Concordia davanti all'Isola del Giglio a metà gennaio, di fare un paio di riflessioni sul significato dei caratteri nazionali ai tempi dell'eurocrisi. Nessun italiano, che abbia stima di se stesso, vorrebbe essere scambiato per un tedesco. Del resto, va tutto bene quando ci si distingue dai propri vicini di casa per degli aspetti positivi, si reagisce invece duramente quando accade il contrario.

Se vogliamo capire perché con il salvataggio dell'Euro non stiamo facendo progressi, dobbiamo guardare al di là delle Alpi. Tutti parlano dei problemi finanziari della Spagna, ma è sugli italiani che si deciderà il destino dell'Euro. Il paese è troppo grande per entrare sotto la protezione dei fondi di salvataggio. Se l'Italia da sola non ce la fa con le proprie forze, allora l'unione monetaria nella forma attuale è alla fine; su questo punto sono d'accordo tutti coloro che capiscono qualcosa dell'argomento. Purtroppo sembra che alla maggioranza degli italiani questa responsabilità sia sconosciuta. 

L'Italia, come molti altri paesi del sud, soffre di una economia troppo rigida; conseguenza di una politica incapace di stimolare l'iniziativa privata, che anzi la punisce. Per anni l'apparato statale è cresciuto insieme all'economia sommersa. Data la produttività limitata, il paese ha bisogno di costanti programmi di stimolo per non scivolare in recessione. 

Questa io la chiamo matematica superiore

Su "Handelsblatt" venerdi è comparso un annuncio che invitava "la signora Merkel e tutti i cittadini tedeschi" ad una "riflessione rapida e senza indugio". L'annuncio era un appello ai tedeschi a fare un esame di coscienza e a non ferire la sensibilità dei vicini, ed era firmato da due grandi quotidiani italiani, e da un gruppo di 10.000 imprenditori, manager ed economisti sempre italiani. 

A parte il fatto che, oltre a chiedersi se l'economia vada così male da doversi affidare ai programmi di traduzione automatica di Google, ci si devono porre domande anche sulle capacità matematiche delle elite di quel paese. Gli autori dell'appello sottolineano infatti che l'indebitamento pubblico in Germania fra il 2000 e il 2007 è cresciuto di 5.2 punti percentuali, dal 59.7 al 64.9 %. In Italia invece sarebbe sceso di 5.6 punti percentuali, dal 109.2 al 103.6 %, come loro calcolano in maniera orgogliosa: al contrario della Germania, il paese "si sarebbe avvicinato al valore del 60% ad un ritmo sostenuto".

Io la chiamerei matematica superiore. Oppure come la si deve chiamare, quando si sostiene che 103.6 è piu' vicino a 60 di 64.9: algebra napoletana? Calcolo con Monti?

Ad Angela Merkel, con i suoi appelli al risparmio, da ogni parte si rimprovera di spingere i paesi del sud in una crisi sempre piu' profonda: secondo i suoi critici risparmio e crescita si escluderebbero a vicenda. Ma questa è un'equazione per stupidi. In realtà, la cancelliera richiede ai paesi ai quali dovrà fornire un aiuto finanziario, la fine della spesa pubblica facile. Esattamente ciò che li ha portati nelle condizioni in cui si trovano. Quello di cui i paesi del sud hanno bisogno è un'Agenda 2010. In queste misure c'è la chiave per il loro risanamento e per il salvataggio della moneta unica: non in nuovi programmi congiunturali, per i quali devono garantire gli altri paesi. 

Perché l'economia tedesca oggi va bene

La causa e i custodi della sclerosi italiana sono i sindacati: attenti solo a fare in modo che nessuno tocchi i loro diritti acquisiti. Il simbolo del loro potere è il famigerato articolo 18, che di fatto impedisce ad ogni imprenditore oltre i 15 dipendenti di licenziare qualcuno dopo averlo assunto. L'economia si è talmente adattata alla situazione, che in alcune zone non esistono aziende con piu' di 15 dipendenti. Che in queste condizioni nessun paese industriale possa prosperare, lo sa anche il presidente Monti. Che oltre a nuove tasse, propone anche una liberalizzazione del mercato del lavoro. Nel fare questa riforma però non ha avuto molto successo e per questo motivo, e non per la crisi economica, l'Italia incontra sempre maggiori difficoltà nel convincere gli investitori internazionali.

Un motivo per cui alla Germania le cose oggi vanno molto meglio che agli altri paesi europei, è la relativa debolezza dei sindacati tedeschi. Il merito di aver sconfitto il loro potere di veto è del precedente cancelliere Schröder. Le riforme Hartz erano una prova di forza per decidere chi nel paese ha veramente il potere: i contestatori organizzati di Ver.di e i IG Metall o il governo legittimato democraticamente. Alla fine questo scontro è stato pagato dalla SPD con la perdita del governo, perché molti membri dei sindacati sono passati alla Linke. Ma i frutti delle riforme di Schröder li stiamo raccogliendo ancora oggi.

venerdì 22 giugno 2012

La Germania sta perdendo competitività?


Se lo chiede il Financial Times Deutschland, che anticipando i dati di uno studio, con sorpresa arriva ad affermare: gli squilibri regionali nell'area Euro si stanno ricomponendo e il sud recupera competitività. L'analisi è veramente credibile? 
L'economia tedesca come pilastro della competitività europea? Nemmeno per idea. Secondo uno studio i paesi Euro in crisi tornano ad essere competitivi - e l'industria tedesca in Europa è  la piu' penalizzata.

I paesi periferici dell'Eurozona recuperano competitività nei confronti dei paesi core. E' quanto emerge da uno studio non ancora pubblicato della società di ricerca The Conference Board, che Financial Times Deutschland anticipa. Secondo lo studio, sarebbero in particolare Irlanda e Spagna ad aver recuperato chiaramente competitività a partire dal 2008. Dal 2010 anche Grecia e Portogallo hanno iniziato un riequilibrio ad un passo piu' sostenuto.

"Il costo del lavoro per unità di prodotto (Lohnstückkosten) nei paesi periferici scende rapidamente - uno primo raggio di sole per l'intero continente", ha dichiarato Bart van Ark, capo economista di The Conference Board e coautore dello studio. Poiché i costi per unità di prodotto nell'industria tedesca e negli altri paesi del nord crescono con forza, procede all'interno dell'Eurozona il processo di riequilibrio macroeconomico.

Gli economisti che hanno preparato lo studio sono in disaccordo con quanti in Germania sono scettici sulla possibilità per i paesi del sud di tornare ad essere competitivi all'interno della zona Euro - e che quindi propongono un'uscita della Grecia dall'unione monetaria.

Come documentato dai dati di Van Ark e del collega Bert Colijin, il riequilibrio macroeconomico fra il sud Europa e il nord Europa è già a buon punto. Dall'inizio del 2008 alla fine del 2011 la competitività dei paesi in crisi è chiaramente cresciuta in rapporto a quella dei paesi core. I piu' grandi progressi da allora li hanno fatti l'Irlanda e la Spagna, dove i costi per ogni unità di prodotto nell'industria e nei servizi sono cresciuti rispettivamente del 6.3 e 4.4 %.

In Irlanda la flessibilità del mercato del lavoro ha sostenuto questo sviluppo - le imprese durante la recessione possono infatti reagire rapidamente licenziando i dipendenti. Il successo iberico, secondo i ricercatori, è da attribuire ad un maggiore ricorso al lavoro part time.

Da inizio 2010 anche Grecia e Portogallo stanno facendo sensibili progressi. "In Grecia i costi per unità di prodotto fra il 2010 e il 2011 sono scesi di oltre il 5% -  è un dato molto importante", secondo Van Ark. Il miglioramento è da attribuire in primo luogo alla riduzione dei salari.  In questo modo l'economia ellenica ha aumentato la propria competitività negli ultimi 2 anni piu' di ogni altro paese nella moneta unica".

Ancora migliori sono i ritmi di recupero della periferia nei confronti dei paesi core del continente nei settori importanti per l'industria dell'export. Secondo lo studio i costi unitari nel settore manifatturiero irlandese dal 2008 ad oggi sono scesi del 41.5 %. In questo modo un bene prodotto in quel paese costa quasi la metà di quanto non lo si pagasse prima della crisi finanziaria. Anche la Spagna ha ottenuto una riduzione a due cifre.

Al contrario, i paesi del nord, considerati competitivamente i piu' forti nell'unione monetaria, dal 2008 hanno invece perso competitività. In nessun paese i costi per unità di prodotto sono cresciuti piu' che nell'industria tedesca - esattamente del 14%. Anche in Austria e Finlandia gli aumenti sono stati considerevoli. "Gli aumenti in Germania e Austria sono da ricondurre prima di tutto al Kurzaarbeit (contratti di solidarietà durante i periodi di crisi) a cui hanno fatto ricorso molte aziende nel corso della recessione del 2009", così ci dice l'economista Van Ark. Invece di licenziare i dipendenti, molte imprese, nonostante la crisi, hanno scelto di tenerli in azienda - facendoli tuttavia lavorare poche ore la settimana. Questo ha messo sotto pressione la produttività, fino ad oggi. "Gli aumenti salariarli legati ai rinnovi contrattuali nell'industria tedesca possono rendere il riequilibrio in Europa ancora piu' facile", ci dice Van Ark. Poiché gli esportatori tedeschi sono sempre piu' legati alla domanda proveniente dai paesi emergenti,  gli aumenti salariali non dovrebbero avere un impatto così negativo - allo stesso tempo tuttavia la produttività dovrà continuare a crescere.

Con gli aumenti di produttività del sud e la riduzione del nord, secondo Van Ark, si dovrebbe raggiungere nel lungo periodo il necessario riequilibrio macroeconomico. Allo stesso tempo ci mette in guarda da un'uscita di Atene dall'unione monetaria. "Se questo accadesse, nel medio periodo ne risentirebbe non solo la competitività greca, ma anche quella degli altri paesi Euro". Sicuramente la Grecia, con una svalutazione della nuova moneta, nel breve periodo tornerebbe ad essere piu' competitiva  e a far crescere la propria economia. Nel lungo periodo gli svantaggi sarebbero superiori ai vantaggi - anche perché le riforme non potrebbero aiutare il paese.

Per il resto dei paesi Euro, un'uscita della Grecia secondo Van Ark causerebbe prevedibilmente una recessione massiccia e ad una crescente disoccupazione. Secondo gli esperti, se i capi di governo dell'Eurozona nelle prossime settimane dovessero trovare un accordo sull'unione fiscale, la competitività di tutti gli stati nell'unione monetaria ne trarrebbe grande vantaggio.

giovedì 21 giugno 2012

A pagare sono sempre gli stessi


Focus.de, settimanale popolare non lontano dai livelli di Bild Zeitung, ci ricorda che anche la Germania non è immune dagli estremismi. Un commento di Uli Doench
I tedeschi dovrebbero risolvere la crisi - e salvare finanziariamente i vicini. Lo stanno chiedendo tutti. Ma attenzione: chi ci isola e ci vuole spremere, rischia l'estremismo politico - non solo in Germania ma in tutta Europa. 

Un miliardo qui, un miliardo là. Ed è già stato messo insieme un nuovo pacchetto di salvataggio. Ma questo funziona fino a quando non ci ricordiamo: oh - si tratta di denaro vero. E dovremo pagare sul serio alla fine! Per i nostri amici di breve periodo, ma anche per quelli che se ne vanno e lasciano il conto da pagare.

Anche al vertice G20 metà del mondo era d'accordo: la Germania deve fare di piu' per la soluzione della crisi Euro. Sì, assumere perfino il ruolo di leader. Ci dicono "leader", ma in realta vogliono dire "risorsa finanziaria". Noi tedeschi con la nostra forza economica dovremmo liberare tutta l'europa dalla palude del debito...

Tentativi di esproprio malcelati

Ma questo noi non lo vogliamo. Perchè non ce lo possiamo permettere. Non con gli Euro-bond, non con l'unione bancaria - e nemmeno con un governo dell'economia condiviso. O come si chiamano tutti questi eleganti tentativi di esproprio. Nel frattempo lo ha riconosciuto anche Angela Merkel: ha avvertito i fanatici globali dei salvataggi che la forza della Germania non è infinita. Tutte le soluzioni della crisi sarebbero inutili, se il piu' grande donatore di denaro, la Germania, fosse schiacciata dalle eccessive richieste.

Quanto sia corretta l'affermazione della cancelliera, lo mostra l'acuta analisi del commentatore britannico Gideon Rachmann sul "Financial Times": "Stiamo isolando la Germania e la stiamo caricando di richieste eccessive, a nostro rischio". Critica apertamente l'atteggiamento degli Stati Uniti e della Gran Bretagna che assegnano alla germania il ruolo di cattivo nel dramma europeo, sostenendo che i tedeschi con la loro mancanza di azione metterebbero a rischio l'intera economia mondiale.

Lo scenario peggiore: una radicalizzazione politica

Rachman avverte con forza gli americani e i britannici: facendo troppa pressione sulla Germania con continue richieste di denaro, l'intero paese potrebbe radicalizzarsi. C'è il pericolo che - dopo le elezioni in Francia, Olanda e Grecia - anche i tedeschi possano rivolgersi massicciamente verso gli estremismi di destra e sinistra: la onorevole pretesa di evitare il ritorno ad una situazione come quella degli anni '30, potrebbe avere proprio questo effetto. 

Proprio perchè i tedeschi hanno il legittmo diritto di sentirsi ingannati quando si parla di Euro, il rischio di una radicalizzazione politica sarebbe molto forte: avevamo promesso alla Germania di non dover essere responsabile per i paesi Euro in difficoltà (No bail-out) - ma tuttavia il paese è stato portato a dover garantire 671 miliardi per il resto d'Europa.

Rachmann è indignato - al nostro posto - che gli altri paesi, nonostante tutti gli impegni già assunti, accusino la Germania di non fare abbastanza. Chiude la sua analisi con una verità storica amara: "E' un corso politico molto pericoloso quello di sminuire la Germania e isolarla - e allo stesso tempo costringerla a dover essere responsabile finanziaramente per tutta l'Eurozona".

Münchau: Merkel e SPD ci stanno portando verso il disastro

Ancora un commento su Der Spiegel di Wolfgang Münchau. Questa volta se la prende con la cancelliera e il collaborazionismo della SPD: ci stanno portando verso il disastro e i socialdemocratici non hanno una proposta alternativa.
Nell'Euro-crisi dovremmo decidere se ad un orrore senza fine preferiamo un finale con orrore. Mai! Sarebbe disastroso, specialmente per la Germania.  Ma con la sua politica la cancelliera ci sta portando esattamente in quella direzione. 

Molti anni fa, durante la presentazione di una tesina, ho fatto arrabbiare un insegnante di scuola accusando la SPD di aver sostenuto la deflazione del canelliere Heinrich Brüning, durante la Repubblica di Weimar. In una città guidata dalla SPD, in una regione guidata dalla SPD e in uno stato allora governato dalla SPD, avevo fatto un'osservazione politicamente scorretta.

Ancora oggi per le sinistre è difficile assumere una posizione chiara contro la narrativa dominante sulla crisi proposta dai partiti conservatori. E' una narrativa che sostiene: la crisi attuale è stata causata da una mancanza di disciplina di bilancio, durante le crisi si deve risparmiare, il problema del sud Europa è la mancanza di riforme e non abbiamo bisogno di una unione fiscale o di una unione bancaria. Tutto andrà bene, se ci atteniamo alle regole.

La tesi è chiara e falsa. Come lo era all'inizio degli anni trenta la tesi deflattiva - con le conseguenze conosciute. Allo stesso modo falso è Thilo Sarrazin con le sue facili soluzioni: "lasciate che la Grecia esca dall'Euro, e tutto andrà bene".

Queste narrative dominanti sono purtroppo condivise anche da molti dei miei lettori. Spesso si sente dire un'ovvietà:" meglio una fine orribile, che un orrore senza fine". Non sono affatto d'accordo con questa osservazione. La veridicità di questa frase dipende ovviamente dalla natura dell'orrore a cui in un caso o nell'altro si sarebbe esposti. In Germania la depressione economica era terminata esattamente con un orrore.

Chi oggi propone la fine dell'orrore, nasconde i costi economici, sociali e politici di un passo cosi' drastico, come negli anni '30 facevano i suoi fratelli ideologici. Quando invece calcola i costi dei programmi di salvataggio o di una unione fiscale, al contrario, calcola con precisione le somme da spendere, in alcuni casi gonfiandole.

Abbiamo solo 8 giorni di tempo

Un finale con orrore sarebbe rovinoso, soprattutto per la Germania. In primo luogo il mercato interno europeo non sopravviverebbe ad un ritorno dei cambi flessibili. L'industria dell'export tedesco non si riprenderebbe da una botta del genere. Ci sarebbe anche un collasso finanziario. La Bundesbank ha crediti nei confronti della BCE per 700 miliardi di Euro, creati attraverso il sistema di pagamento Target-2. Questi saldi crescono ogni mese. Se la dissoluzione dell'Euro dovesse arrivare entro la fine dell'anno, le perdite complressive sarebbero fra 1 e 2 trilioni di Euro, compresi i rischi assunti con i fondi di salvataggio e il necessario bail-out delle banche tedesche fallite. Sarebbe circa tra il 40 e l'80 % del nostro prodotto interno lordo.

La politica dei rinvii di Angela Merkel è ancora piu' rovinosa. Ogni mese l'onere per la Germania è sempre piu' elevato. Un esempio di questa follia è l'esplosione del debito greco. Quando la crisi è iniziata, l'indebitamento greco era al 100 % del PIL. Dopo molti anni di risparmi e nonostante il taglio del debito, l'indebitamento è mediamente piu' alto. Se la Spagna e l'Italia dovessero finire sotto l'ombrello protettivo europeo, allora la Germania e la Francia garantirebbero insieme per oltre 4 trilioni di Euro di debiti. Questo sarebbe  piu' del reddito dei 2 paesi messi insieme. Stiamo andando verso la piu' grande bancarotta statale della storia.

Conosco solo 2 possibilità per evitarla:

- l'acquisto del debito pubblico tramite la banca centrale europea

- una parziale messa in comune dei debiti attraverso gli Euro-bonds e una unione bancaria

La politica di Merkel ci conduce verso l'inferno di Dante: "Lasciate ogni speranza o voi che entrate".

Per mettere in piedi un progetto di riforma abbiamo ormai 8 giorni - fino al prossimo vertice EU. Se la cancelliera non prepara una inversione ad U, allora i miei critici potranno avere il piacere di sperimentare la loro tesi del finale con orrore. Mi ricorda il commento da Schadenfreude (piacere per la sfortuna altrui) che John Kenneth Galbraith aveva fatto sul monetarista Milton Friedman: "Milton è stato molto sfortunato, perché abbiamo avuto la possibilità di provare le sue teorie".

Quando scrivevo la mia tesina ero molto seccato dalla posizione politica dei socialdemocratici. Quello che allora non comprendevo, era come la SPD potesse aver fatto ciò. Nel corso di questa crisi ho invece capito, quanto rapidamente una isteria di massa irrazionale può prendere piede in un paese democratico, e come tutta la politica, compresa la sinistra, ne venga travolta. 

mercoledì 20 giugno 2012

Die Bundesbank sagt Nein!

La Bundesbank boccia la proposta di messa in comune dei debiti pubblici europei cara a Verdi e SPD: prosegue la grande intesa fra banca centrale e coalizione nero-gialla. Da Zeit.de
La Bundesbank si allinea alla coalizione nero-gialla e  si dichiara contraria al fondo per la riduzione del debito dei paesi Euro.

La Bundesbank boccia la proposta fatta da alcuni economisti per una condivisione della responsabilità sul debito pubblico europeo. Responsabilità e controllo non sarebbero "piu' adeguatamente equilibrate". E' la critica che la banca centrale tedesca fa alla proposta, lanciata da un gruppo di economisti, di un fondo per l'estinzione dei debiti  pubblici in eccedenza. In caso di infrazione delle norme, senza aver prima trasferito sovranità a livello europeo, non sarebbe possibile nessun intervento sui bilanci pubblici nazionali. Nella sua pubblicazione mensile la banca centrale ha scritto: "che questa proposta possa essere realizzata all'interno degli attuali trattati europei, è molto discutibile".

Anche la cancelliera Angela Merkel vede con un certo scetticismo il modello di condivisione della responsabilità preferito dai Verdi: ci sarebbe una lunga serie di interrogativi sulla sua costituzionalità. La proposta, fatta dal Consiglio di Esperti per lo Sviluppo Economico guidato dal ricercatore di Mannheim Wolgang Franz, prevede infatti che il debito oltre il 60 %, criterio fissato dal trattato di Maastricht, debba essere considerato parte di un fondo europeo con una responsabilità comune.

La Bundesbank ha messo in guardia da un sovradimensionamento di questo modello di responsabilità: i debiti dei paesi Euro - senza Irlanda, Grecia e Portogallo - oltre il 60% del PIL, sommati insieme alla fine del 2011, erano 2.3 trilioni di Euro. Vale a dire il 90% del PIL tedesco. "Si tratta dell'introduzione di una responsabilità comune molto ampia che si aggiunge ai programmi di aiuto già discussi e approvati". Contro il piano va anche l'esperienza in ambito di applicazione delle regole europee sui bilanci pubblici. Si dovrebbe escludere che il percorso per l'estinzione dei debiti possa essere allungato oppure che in futuro si possa rinunciare a rimborsare il debito. Ci sono molti dubbi sul fatto che "una programmazione precisa ed un'applicazione rigorosa nel corso del tempo possano essere adeguatamente garantite".

Quando tocca a noi?


Da due settimane i Bund scendono e in Germania ci si comincia a interrogare: siamo ancora un paese sicuro per i mercati finanziari? Da Handelsblatt.de
Fino ad ora la Germania nella crisi se l'è cavata bene. Ma le cose presto potrebbero cambiare. I primi dubbi cominciano ad affiorare fra gli investitori: la Repubblica Federale è davvero sicura come fino ad ora tutti hanno creduto?

La Germania ha sicuramente tratto vantaggio dalla crisi europea. Mai fino ad ora un ministro delle finanze tedesco si era potuto indebitare con un tasso così basso come è accaduto negli ultimi mesi. Gli investitori stranieri hanno inondato la Germania di denaro perchè solo i titoli del debito tedesco sul mercato vengono considerati come sicuri. Fino ad ora è stato così, ma le cose potrebbero cambiare.

Alcuni investitori cominciano a chiedersi se è veramente così intelligente prestare denaro allo stato ad un tasso vicino allo zero. Fra gli scettici: Bill Gross di Pacific Investment Management Co (Pimco), uno dei piu' grandi gestori. "La Germania per me implica un rischio di credito. Non è un mercato attrattivo", ci dice Gross. Nel mercato dei titoli del debito pubblico si è formata una bolla. "Sui Bundesanleihen (Bund) sarei cauto, perché ci sono pochi scenari nei quali potrebbero svilupparsi positivamente" ci dice.

Nel settore Gross è conosciuto come il "Re delle obbligazioni". Le sue parole sono importanti. Gestisce il piu' grande fondo obbligazionario del mondo. Che cosa rende gli investitori scettici? Gli impegni assunti dalla Germania nella crisi del debito sono sempre piu' grandi. Sicuramente le obbligazioni tedesche hanno tratto vantaggio dalla crisi - i rendimenti sui titoli a 2 anni sono scesi anche sotto lo 0% - ma ora è rimasto davvero poco margine, ha detto Gross in un'intervista a Bloomberg. Le conseguenze: Pimco ha ridotto nel portafoglio la percentuale di titoli tedeschi.

La Germania è il piu' grande pagatore nei pacchetti di salvataggio per la Grecia. Se la Grecia dovesse fallire e uscire dall'euro, i contraccolpi per la Repubblica Federale sarebbero pesanti. Gli esperti stimano i costi diretti, causati da un'uscita di Atene dalla moneta unica, fra i 70 e i 100 miliardi di Euro.

In totale la Germania garantisce 211 miliardi di Euro per il fondo di salvataggio EFSF. A questi si devono aggiungere ulteriori miliardi per il fondo ESM. Allo stesso tempo, Spagna e Italia rischiano di perdere l'accesso ai mercati: esattamente i paesi che dovrebbero garantire i prestiti del fondo. 

"Se ci sarà una unione fiscale, sarà la Germania a dover pagare. Se ci sarà una unione bancaria, sarà sempre la Germania a dover pagare. Il paese non è piu' un rifugio sicuro", ci dice Bill Blain di  Newedge Group a Londra. Gli investitori cominciano a calcolare lentamente i danni potenziali che la Germania potrebbe subire.

Anche Ralf Ahrens, gestore del fondo pensione Frankfurt Trust, ci dice: "Se la crisi Euro continua, arriverà il momento in cui si dovrà fare una unione fiscale, e ci sarà una condivisione dei debiti. E allora in quel momento il mercato comincerà a riflettere sul merito di credito della Germania".

La stessa cancelliera qualche giorno fa aveva messo in guardia, dopo tutti i fondi di salvataggio approvati,  dal non sopravvalutare la capacità di spesa della Germania. 

Le grandi agenzie di Rating Moody’s, Fitch e S&P sono ancora calme. Continuano a dare alla Germania il massimo rating. Altri la vedono in maniera un po' diversa. Il servizio di informazione finanziaria D&B, che fra l'altro valuta la solidità finanziaria degli stati, ha abbassato il rating della Germania da DB1 a DB2. Gli sviluppi futuri sembrano negativi, ci dice Thomas Dold, presidente di D&B Germania. "Sebbene abbiamo avuto fino all'ultimo la speranza, che la forza economica tedesca potesse fungere da stimolo per gli altri paesi, o almeno rallentarne la caduta, i nuovi dati economici non possono sostenere questa tesi".

Fino ad ora si poteva almeno contare sull'economia tedesca. Ma questa potrebbe aver già superato la fase di crescita. Gli esperti finanziari e gli investitori istituzionali si aspettano un rallentamento dell'economia. Questo emerge chiaramente nell'indicatore sulla congiuntura redatto dal Zentrums für Europäische Wirtschaftsforschung (ZEW). L'indice rispetto a maggio ha perso 27.7 punti, ed ora è a meno 16.9 punti, come comunicato martedi dallo ZEW di Mannheim.  E' la caduta piu' forte dell'indicatore dall'ottobre 1998. 

"Le aspettative degli esperti finanziari mettono in guardia da valutazioni troppo positive sulla congiuntura tedesca", ci dice il presidente di ZEW Wolfgang Franz. I rischi di un rallentamento fra i piu' importanti partner commerciali, sono ovvii. A questo si aggiugne la "situazione di grande incertezza nell'area Euro", ci dice Franz.

Nel mercato obbligazionario i dubbi degli investitori non emergono ancora chiaramente. Il rendimento dei decennali è sempre all'1.51 %. Ancora molto basso, ma piu' alto rispetto a inizio giugno. Il primo giugno il rendimento aveva raggiungo l' 1.127 %.

Nel mercato dei Credit default swap (CDS) la situazione sembra diversa. Con i CDS gli investitori si assicurano contro il default da parte degli stati. Il costo dei CDS rispecchia il rischio fallimento - piu' è elevato, maggiore è la probabilità.

Nessuno si aspetta un fallimento della Germania. Ma é chiaro che la Germania non è immune alla crisi dei vicini. Da marzo i costi per l'assicurazione dei titoli tedeschi sono quasi raddoppiati. Attualmente il premio di rischio è intorno ai 104 punti base. Traduzione: chi vuole assicurare titoli per un valore di 10 milioni di Euro, deve pagare ogni anno 104.000 Euro.

C'è un trend abbastanza riconoscibile: la grande fuga verso i titoli di stato tedeschi potrebbe essere alla fine. Bill Gross  ipotizza un solo scenario in cui i Bund continuano a crescere: un'uscita della Germania dall'Euro-zona. Tuttavia anche il "Re delle obbligazioni" non è infallibile. Un anno fa aveva predetto uno storno dei titoli del debito pubblico americani. Invece il corso dei titoli americani nei mesi seguenti è cresciuto -  e Gross si è dovuto ricredere un po' mestamente ed è saltato sul treno già in corsa.