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martedì 4 ottobre 2022

Un nuovo bilancio ombra da 360 miliardi di euro per finanziare il freno al prezzo del gas

Con il freno al prezzo del gas (Gaspreisbremse) da 200 miliardi di euro, annunciato pochi giorni fa dal governo di Berlino, i tedeschi di fatto archiviano il pareggio di bilancio che nel decennio scorso avevano imposto ai paesi del sud Europa. Il Ministro delle Finanze Lindner però non vuole perdere la faccia aumentando le tasse e quindi per finanziare il riarmo della Bundeswehr, la lotta al cambiamento climatico e il freno al prezzo del gas dovrà mettere in piedi un bilancio ombra da 360 miliardi di euro pari al 10% del PIL tedesco. Ne scrive Mark Schieritz su Die Zeit

Robert Habeck (Grüne), Bundeskanzler Olaf Scholz (SPD) und Christian Lindner (FDP)


C'è un quadro del pittore spagnolo Francisco de Goya intitolato El sueño de la razón produce monstruos - Il sonno della ragione genera mostri. Ci fa vedere una persona addormentata su una scrivania, ci sono figure simili a pipistrelli con volti distorti che sullo sfondo si alzano in aria. Il dipinto viene considerato un omaggio all'Illuminismo, o piuttosto un monito contro le conseguenze della sua assenza.

Anche il sonno della ragione economica fa nascere dei mostri: mostri fiscali. La Ampel Koalition intende proteggere famiglie e imprese dall'aumento del prezzo del gas. E poiché qualche anno fa a qualcuno è venuta in mente l'idea che il debito pubblico è un male assoluto e quindi deve essere vietato, ora si è deciso di istituire un nuovo contenitore di denaro al di fuori del normale bilancio pubblico. E questo fondo speciale sarà riempito con 200 miliardi di euro presi in prestito. Oltre al fondo speciale per la Bundeswehr e al fondo contro il cambiamento climatico. In totale nel bilancio ombra ci saranno 360 miliardi di euro di debito, pari a circa il dieci per cento del PIL, più della metà del bilancio federale.



Questo contorsionismo costituzionale non sarebbe stato necessario se lo Schuldenbremse non fosse mai esistito. A tal proposito, si può rimproverare alla Ampel Koalition di non aver avuto il coraggio di annullare o almeno riformare una legge cosi' controversa. Invece, ancora una volta, preferiscono andare avanti con dei trucchi contabili. D'altra parte i soldi sono già a disposizione. Qualche mese fa era accaduto esattamente lo stesso nel caso della Bundeswehr. E prima ancora con il clima. L'interpretazione benevola dei fatti sarebbe quindi questa: dopo una lunga lotta e una grande disponibilità al compromesso (in questo caso da parte del Ministro delle Finanze Christian Lindner, che si era a lungo opposto all'ipotesi di fare altro debito), la Ampel Koalition mette a disposizione i fondi per i programmi di soccorso aggiuntivi urgentemente necessari.

Il finanziamento attraverso l'aumento delle tasse sarebbe stato sensato.

I dettagli saranno discussi dalla apposita commissione nominata dal governo. Anche facendo piu' debito, infatti, non sarebbe comunque possibile produrre del gas aggiuntivo. Il fascino del tetto al prezzo del gas è che evita i problemi amministrativi legati al sostegno diretto alle famiglie bisognose. Da un punto di vista puramente economico, infatti, sarebbe più sensato accettare l'aumento del prezzo del gas e sostenere con dei trasferimenti pubblici solo coloro che non riescono più a pagare le bollette. In pratica, però, ciò sarebbe stato estremamente costoso e complicato, se non altro perché in Germania non esiste un meccanismo di erogazione dei trasferimenti diretti.

Con il tetto al prezzo del gas, infatti, lo Stato interviene direttamente alla fonte (il prezzo del gas), il che rende le cose più semplici. E questo è ciò che conta. Perché se gli aiuti non arrivano rapidamente - come ha giustamente sottolineato il ministro dell'Economia Robert Habeck - il tessuto economico del Paese sarà in pericolo. E questo non significa solo il panettiere dietro l'angolo, ma anche la media impresa con molti dipendenti.

Nel progetto si tratta di fare in modo che i risparmi necessari vengano comqunque realizzati nonostante le sovvenzioni, altrimenti il gas a un certo punto dell'inverno sarà finito. Per questo motivo solo una parte del consumo di gas potrà essere sovvenzionata dallo Stato. A causa all'aumento dei prezzi dell'energia, infatti, ci sarà una inevitabile fuoriuscita di ricchezza dalla Germania verso i Paesi da cui proviene l'energia. Lo Stato può solo mitigare questa perdita di prosperità e distribuire l'onere nel modo più equo possibile, non può però compensarla.

Per questo motivo avrebbe avuto senso finanzaiare gli sgravi attraverso un aumento delle tasse. La Ampel non ha seguito questa strada perché sarebbe stato un passo troppo grande per la FDP. Ma questo non risolve il problema, lo rimanda soltanto. A differenza della costruzione di una scuola, un sussidio energetico erogato alle famiglie non produce necessariamente un ritorno - sotto forma di tassi di crescita futuri più elevati grazie all'aumento del livello di istruzione - con il quale i prestiti contratti potranno poi essere ripagati. Quindi non si autofinanzia. Ciò significa che, alla scadenza dei prestiti, si dovrà rispondere alla domanda su chi pagherà il conto. E per questo ci sarà un fondo speciale.

mercoledì 6 maggio 2020

"Quella strana prova di forza dei giudici di Karlsruhe"

Prime impressioni dalla stampa tedesca dopo la importante sentenza della Corte Costituzionale di Karlsruhe. Per Stefan Kaiser su Der Spiegel si tratterebbe di una inspiegabile prova di forza dei giudici costituzionali tedeschi che intervengono in una disputa di natura politica:


La strana prova di forza dei giudici costituzionali

(...) Perché, ci si potrebbe chiedere, la Corte costituzionale federale proprio ora ha deciso di iniziare a silurare le fondamentali misure di sostegno delle banche centrali?

Ma questa accusa da sola non basta. È compito dei giudici esaminare i ricorsi costituzionali - e il fatto che il verdetto sia  stato pronunciato proprio in questo momento, al culmine di una nuova crisi, potrebbe essere solo un puro caso.

Eppure a prima vista la sentenza non solo è irritante, come dice il giudice Voßkuhle, ma lo è anche ad un secondo sguardo. Soprattutto il ragionamento utilizzato dai giudici per argomentare sembra strano. Accusano i banchieri centrali di aver trascurato gli effetti collaterali del loro programma di acquisto di obbligazioni e di non aver fatto suffcienti previsioni sul loro "impatto economico" - e cioè cosa significano i tassi di interesse a zero per gli azionisti, i proprietari di immobili, i risparmiatori e le aziende.

I giudici intervengono in una disputa politica

Come se questi effetti collaterali non venissero discussi pubblicamente da anni - e anche dai membri del Consiglio direttivo della BCE. In ogni occasione, l'ex presidente della BCE Mario Draghi, ma soprattutto i governatori delle banche centrali nazionali, come il tedesco Jens Weidmann, ne sottolinevano le conseguenze - e su questa base hanno discusso anche violentemente.

Alcuni, tra i quali anche Draghi, ritenevano che l'obiettivo di una politica monetaria funzionante fosse così importante da doverne accettare gli effetti collaterali. Gli altri, come Weidmann, la vedevano in maniera diversa. È stata una lotta lunga e dura. In questo contesto, sembra davvero assurdo che i giudici costituzionali sostengano seriamente che non vi sia stata un'analisi sufficiente degli effetti.

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Per Mark Schieritz su Die Zeit il vero obiettivo della sentenza sarebbe quello di segnalare l'autonomia dei giudici di Karlsruhe nei confronti della Corte Europea, ma soprattutto, per il commentatore dopo questo verdetto emerge con forza un elemento: l'integrazione europea ha raggiunto i suoi limiti naturali, senza una modifica dei trattati non si potranno fare altri passi in avanti.


La Corte costituzionale federale lascia alla BCE una porta sufficientemente aperta affinché possa continuare i suoi tanto discussi acquisti di titoli di stato. Ma questa è l'unica nota positiva di questo verdetto confuso, euroscettico ed economicamente discutibile. (...)

Non c'è internet a Karlsruhe?

Secondo i giudici di Karlsruhe, la BCE non avrebbe dimostrato in maniera sufficientemente chiara se i vantaggi delle misure superano i possibili svantaggi. Il Bundestag ora è chiamato ad intervenire affinché si verifichi un siffatto test di proporzionalità. Ci si chiede pertanto, cosa faranno, secondo la Corte, gli oltre 3000 impiegati della banca centrale nelle loro lunghe giornate? Si girano i pollici? La politica monetaria corrisponde alla costante ricerca di un equilibrio fra vantaggi e svantaggi. Basta fare un clic sul sito web della BCE, per trovare pagine e pagine di interventi, post di blog e articoli dei membri del Comitato esecutivo su questo tema. Non c'è internet a Karlsruhe?

E la sentenza prosegue con lo stesso stile. Al fine di documentare il rischio derivante dai bassi tassi di interesse per i risparmiatori, i giudici citano uno studio dell'Associazione federale delle banche pubbliche, secondo il quale la politica dei bassi tassi di interesse è un pericolo. Sarebbe come fare riferimento a una dichiarazione di Daimler sulle emissioni del diesel. Chi determina effettivamente i tassi di interesse? Certamente non è solo Christine Lagarde. I giudici avrebbero dovuto chiedersi perché il denaro costa cos' poco non solo in Europa, ma perché accade lo stesso in tutto il mondo. Ma evidentemente non lo hanno fatto in maniera sufficientemente approfondita. Né  si sono chiesti cosa accadrebbe alla previdenza integrativa se i tassi di interesse aumentassero e se l'unione monetaria dovesse frantumarsi.

(..) Una spiegazione chiarificatrice sul verdetto appena dato è che i giudici di Karlsruhe stavano cercando una leva che garantisse loro il diritto permanente di avere l'ultima parola. In definitiva, non vogliono sottomettersi alla Corte di giustizia europea. E' una posizione comprensibile in termini di teoria democratica ed è nella tradizione della corte. Ma i giudici dovrebbero essere consapevoli di quello che in questo modo stanno facendo. Se la Germania pensa di potersi sottrarre al primato del diritto europeo, cosa potremmo dire allora ai polacchi o agli ungheresi che per ragioni completamente diverse hanno dei seri problemi con i requisiti europei?

La BCE ora scriverà la sua difesa, e davanti alla corte chiarirà che il nuovo piano di aiuti per il Coronavirus differisce sostanzialmente dal programma di acquisto titoli appena messo in discussione. È probabile che in questo modo possa avere successo. Anche i giudici di Karlsruhe non dovrebbero avere alcun interesse a distruggere l'unione monetaria.

È anche chiara un'altra cosa, e cioè: con una simile Corte sullo sfondo, non si può affrontare una questione che conosciamo già dalla crisi dell'euro e che abbiamo riascoltato durante la crisi del coronavirus. E' la politica fiscale a dover salvare la moneta unica, non la banca centrale. Ma anche qui i trattati europei stabiliscono dei limiti che impediscono agli stati membri di introdurre delle misure di vasta portata come gli eurobond. E in caso di dubbio, anche gli eurobond finirebbero davanti alla corte di Karlsruhe. Questa sentenza mostra che il potenziale della politica di integrazione nel quadro dell'attuale sistema giuridico si è ampiamente esaurito. Se vogliamo piu' Europa, bisogna cambiare i trattati.


Su Die Welt invece Holger Zschäpitz saluta con entusiasmo il verdetto della Corte di Karlsruhe e con una certa soddisfazione annuncia ai suoi lettori: il „Whatever it takes“ potrebbe essere solo un ricordo del passato:



(...) Il verdetto è un colpo di gong. Nessun esperto in materia in realtà si aspetta che le autorità monetarie di Francoforte interrompano immediatamente gli acquisti di titoli di stato. La Corte costituzionale federale, tuttavia, ha voluto chiarire alla BCE che c'è un'autorità che controlla la politica delle istituzioni monetarie. Come del resto stava accadendo durante la crisi del Coronavirus, che con tutti i suoi programmi di salvataggio a molti osservatori aveva dato la sensazione che la BCE si stesse praticamente scrivendo da sola le proprie regole e stesse operando liberamente secondo il motto del "Whatever it takes". Il duro verdetto di Karlsruhe ha notevolmente ridotto gli spazi disponibili per la BCE. Finora, il potere della BCE sui mercati finanziari si basava anche sul fatto che potenzialmente poteva agire in maniera illimitata. (...)

I giudici di Karlsruhe in questo modo hanno fatto capire che ci sono dei chiari limiti ai programmi di salvataggio e che in futuro si dovrà rispettare anche la regola del capital-key. Gli acquisti illimitati a piacimento sembrano contrastare con il principio della proporzionalità. Sebbene la sentenza si riferisca solo al programma di acquisto dalla ingombrante sigla PSPP, è naturale che tali condizioni si applichino anche al nuovo programma di salvataggio dalla sigla PEPP (Programma di acquisto per l'emergenza Pandemica), per il quale la BCE finora ha avuto tutta la flessibilità possibile. Fino a quando il Bundestag non emetterà un assegno in bianco alla BCE, il margine di manovra si restringerà considerevolmente.

"Mi aspetto che la BCE nelle prossime settimane modifichi le caratteristiche del PEPP", afferma Bernd Lucke, professore di economia ad Amburgo e uno dei ricorrenti. I giudici di Karlsruhe avrebbero definito dei criteri chiari per evitare di arrivare al finanziamento monetario degli stati, e il programma di salvataggio PEPP li avrebbe chiaramente violati. Se la BCE non dovesse agire, a Karlsruhe potrebbero esserci nuove cause, ed è ipotizzabile che i ricorrenti possano cercare di ottenere un pronunciamento immediato.

Sembra quasi che il  „Whatever it takes“ ormai sia solo un ricordo del passato.

sabato 23 novembre 2019

Isabel Schnabel - L'unione bancaria è nel nostro interesse

Isabel Schnabel è membro del prestigioso Consiglio dei Saggi economici e prenderà il posto della Lautenschläger nel direttorio della BCE. Intervistata da Mark Schieritz su Die Zeit ci spiega perché l'assicurazione europea sui depositi è fondamentale per favorire la fusione di Deutsche Bank e Commerzbank con qualche altra grande banca europea, ma soprattutto ci dice una cosa interessante, di cui apparentemente anche i tedeschi sono a conoscenza: senza l'introduzione di un safe asset europeo, ad esempio gli eurobond, difficilmente i sud-europei accetteranno l'unione bancaria recentemente proposta da Scholz. Ne scrive Die Zeit



ZEIT ONLINE: Frau Schnabel, il Ministro delle finanze Olaf Scholz ha smesso di opporsi a una garanzia europea sui risparmi. Cosa ne pensa?

Isabel Schnabel: penso si tratti di un tentativo molto importante. Porta un po' di movimento in un dibattito che si era fermato e affronta delle questioni importanti per la stabilità dell'unione monetaria. Fra queste c'è anche l'assicurazione sui depositi, che in Germania non è molto popolare .

ZEIT ONLINE: fino a che punto?

Schnabel: una garanzia sui depositi ha lo scopo di evitare che i risparmiatori in preda al panico corrano a ritirare il loro denaro nel caso in cui dovessero presentarsi dei dubbi sulla solvibilità della banca. I sistemi di garanzia sui depositi, tuttavia, coprono solo una parte dei depositi presso le banche. La credibilità della garanzia sui depositi dipende anche dal fatto che dietro, a sostegno della banca, vi sia lo stato con il suo potere finanziario.

ZEIT ONLINE: perché è un problema?

Schnabel: perché l'assicurazione sui depositi crea un legame fondato sul rischio tra le banche e gli stati. Se la credibilità dell'assicurazione sui depositi risente del fatto che un paese è fortemente indebitato, questo allora può destabilizzare le banche. Un'assicurazione europea sui depositi potrebbe impedirlo.

ZEIT ONLINE: allora si potrebbe anche dire: perché in fondo in Germania dovrebbe interessarci cosi' tanto se una banca in Italia fallisce?

Schnabel: è un'illusione pensare che non siano affari nostri. Le nostre economie e i nostri sistemi finanziari sono fra loro troppo intrecciati. Siamo membri di un'area valutaria comune. Abbiamo visto il danno che una crisi può causare in un piccolo stato membro dell'unione monetaria come la Grecia. È nel nostro interesse che ciò non accada di nuovo.

ZEIT ONLINE: ma i critici dicono: tramite l'assicurazione sui depositi i risparmiatori tedeschi alla fine dovranno pagare per le banche italiane in difficoltà.

Schnabel: in questa affermazione c'è il presupposto che le banche tedesche stiano andando alla grande e quelle italiane vadano male. Nel complesso le cose non stanno necessariamente cosi'. Anche nel nostro paese ci sono banche che non sembrano essere molto brillanti. Inoltre, secondo i piani del ministero delle finanze tedesco, l'assicurazione europea sui depositi funzionerà come una polizza di riassicurazione. In questo modo il rischio viene ridotto al minimo

ZEIT ONLINE: come?

Schnabel: come accade in una compagnia di assicurazioni per auto, ci sarebbe una specie di franchigia. In caso di incidente sarebbero i fondi di garanzia nazionali a dover intervenire. Solo se i fondi nazionali dovessero esaurire le risorse, i soldi arriverebbero dal fondo europeo, ma solo come prestito. A questo punto, vorrei aggiungere, dovrebbe anche essere possibile farsi carico delle perdite.

ZEIT ONLINE: come si finanzierebbe il fondo europeo di assicurazione sui depositi?

Schnabel: tramite i contributi delle banche. Si dovrebbe collegare l'entità di questi contributi al rischio: le banche con un modello di business rischioso o le banche di paesi con istituzioni deboli, ad esempio un regime di insolvenza inefficiente, dovrebbero quindi versare contributi più elevati rispetto alle banche solide dei paesi con istituzioni solide.

ZEIT ONLINE: Scholz propone anche di inasprire le regole che regolano i titoli di stato detenuti dalle banche. Cosa succederebbe?

Schnabel: molte banche nei loro bilanci hanno un livello elevato di titoli di stato nazionali. Ciò rafforza la connessione problematica tra gli stati e le banche, perché se uno stato è nei guai, anche le banche di quel paese avranno difficoltà a detenere obbligazioni. Ciò comporta anche il pericolo che il rischio di un default sovrano venga trasferito a livello europeo attraverso un sistema europeo di assicurazione sui depositi. L'assicurazione europea sui depositi dovrebbe essere pertanto accompagnata da una regolamentazione più rigorosa dei titoli di stato.

ZEIT ONLINE: Wolfgang Schäuble, quando era ancora ministro delle finanze, suggerì di obbligare le banche a garantire i titoli di Stato con il capitale proprio come accade per gli altri attivi. Finora non hanno dovuto farlo.

Schnabel: politicamente è ancora molto controverso, in Europa e soprattutto a livello internazionale. Bisogna stare attenti che il nuovo regolamento non porti a una destabilizzazione del mercato dei titoli di Stato.

ZEIT ONLINE: cosa propone lei?

Schnabel: la copertura con il capitale proprio dovrebbe essere orientata soprattutto alla concentrazione. Su questo tema nel Consiglio dei Saggi abbiamo fatto dei calcoli con diversi modelli. Avrebbe senso se le banche potessero detenere le obbligazioni del loro paese di origine fino a un certo limite, senza dover garantire con del capitale azionario aggiuntivo. Se questo limite viene superato, le partecipazioni obbligazionarie all'aumentare della concentrazione e del rischio di insolvenza dovranno essere garantite da una maggiore partecipazione azionaria. La mia impressione è che Scholz abbia in mente qualcosa di simile. Nel dibattito non dovremmo comunque dimenticare: in nessun altro paese europeo la condivisione del rischio tra stati e banche è cosi' grande come in Germania, perché molte delle nostre banche sono di proprietà statale.

ZEIT ONLINE: gli amministratori di Deutsche Bank e Commerzbank hanno accolto con favore la proposta di Scholz. Come lo spiega?

Schnabel: un'assicurazione europea sui depositi faciliterebbe le fusioni transfrontaliere, che per le principali banche tedesche sono una grande opportunità. Sarebbe un passo importante per ottenere finalmente un vero mercato bancario europeo. Un altro passo essenziale sarebbe una legge uniforme sull'insolvenza bancaria, richiesta anch'essa da Olaf Scholz, per fare in modo che tutte le banche europee siano soggette alle stesse regole.

ZEIT ONLINE: molti economisti dicono: è un problema il fatto che in Europa non vi siano "safe assets", cioè un titolo di debito a prova di fallimento per l'intera unione monetaria.

Schnabel: ciò darebbe alle banche l'opportunità di investire con un'ampia diversificazione in titoli di stato europei senza doversi fare carico di accettare rischi di insolvenza più elevati. Molto dipenderà dalla forma finale del progetto, in modo che non vi siano problemi di incentivi sbagliati. Forse l'unico modo per ottenere un ampio consenso sulle riforme proposte è introdurre dei titoli di debito sicuri.



domenica 12 maggio 2019

Trucchi tedeski - Verso il superamento del pareggio di bilancio

Dopo aver imposto il loro Schuldenbremse in Europa, ai primi segnali di rallentamento dell'economia i tedeschi si rendono conto che il pareggio di bilancio è un problema serio e che hanno necessariamente bisogno di qualche trucchetto per aggirarlo. Il fatto che in Germania si torni a parlare dell'assurdità del pareggio di bilancio è sicuramente un buona notizia, la politica di Berlino tuttavia non puo' perdere la faccia e avrà bisogno di qualche soluzione creativa. Ne scrive Mark Schieritz su Die Zeit


Ci sono molti modi per superare una legge che non si adatta più al clima politico del tempo. I politici possono abolirla, possono riformarla o ricorrere alla variante più popolare: interpretarla in maniera creativa. Ed è esattamente questo il destino che minaccia lo Schuldenbremse (il pareggio di bilancio), introdotto quasi dieci anni fà. Mentre nell'opinione pubblica si continua a discutere se la legge sia ancora adeguata ai tempi, a Berlino si sta già pensando al modo migliore per superarla.

Come promemoria: lo Schudenbremse limita il ricorso all'indebitamento del governo. In tempi normali, i governi regionali e statali in linea di principio devono presentare un "bilancio in pareggio". In pratica ciò significa che i Laender non saranno autorizzati a fare nuovo debito, e il governo federale potrà farlo, ma solo in misura molto modesta. La legge era stata introdotta al culmine della crisi finanziaria, quando la spesa per i programmi di stimolo pubblico e per il salvataggio delle banche avevano fatto aumentare il debito pubblico. Solo in Germania, il debito era passato dal 60 % a oltre l'80% del PIL.

Nel frattempo il rapporto debito/PIL è tornato nuovamente a scendere. Secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale, nei prossimi cinque anni in Germania scenderà al 43% del PIL. Si tratterebbe del livello più basso dalla riunificazione. Alla luce di tali previsioni, anche tra gli economisti conservatori le richieste di una riforma dello Schuldenbremse stanno diventando sempre più forti. Ad esempio, Michael Hüther, direttore dell'Institut der deutschen Wirtschaf, da sempre vicino ai datori di lavoro, afferma che dal punto di vista della politica economica si tratta di una legge miope, in quanto "a causa del blocco all'indebitamento non è piu' possibile fare importanti investimenti per il futuro".

L'unica problema: la legge è ancorata nella Costituzione, e per cambiarla, è necessaria una maggioranza di due terzi sia al Bundestag che al Bundesrat. Ma di fronte a un paesaggio politico sempre più frammentato, sarà molto difficile da organizzare. Al momento nemmeno i due partiti piu' grandi messi insieme avrebbero abbastanza voti per farlo. In ogni caso, al Ministero delle Finanze federale guidato dalla SPD si è arrivati alla conclusione che lo Schuldenbremse resterà per anni, se non per decenni.

Per questo i critici si concentrano sui dettagli della legge. Il testo della legge infatti contiene delle scappatoie che in casi speciali consentono allo stato di spendere di più. In particolare, secondo quanto previsto dallo Schuldenbremse, la vendita di beni pubblici non è da considerarsi come un'entrata pubblica. Ciò era pensato per impedire allo stato di risanare il proprio bilancio privatizzando il suo patrimonio e i suoi terreni. Dall'altro lato, ciò significa che l'acquisizione di proprietà da parte dello stato non viene considerata spesa pubblica.

Quindi, se il governo federale si indebitasse per acquistare azioni di una società pubblica che fa investimenti, queste spese, a determinate condizioni, non sarebbero calcolate nel bilancio dello Stato. "Lo Schuldenbremse offre maggiori possibilità di investimento rispetto a quanto a prima vista potrebbe sembrare", afferma Jeromin Zettelmeyer, esperto di finanza pubblica presso il Peterson Institute for International Economics di Washington. Zettelmeyer sa di cosa sta parlando: è stato capo dipartimento al Ministero degli affari economici sotto Sigmar Gabriel e si è confrontato con la necessità di far aumentare gli investimenti pubblici in Germania.

All'epoca della sua introduzione, probabilmente la politica non se ne era interessata piu' di tanto, lo stato anno dopo anno incassava sempre piu' tasse, e c'erano abbastanza soldi. La situazione tuttavia per la prima volta da diversi anni a questa parte sembra essere cambiata. A maggio il Ministero federale delle finanze ha presentato una nuova stima relativa allo sviluppo delle entrate fiscali. Già oggi si può prevedere che lo Stato da ora in poi dovrà accontentarsi di entrate inferiori rispetto a quanto precedentemente ipotizzato, perché l'economia negli ultimi tempi ha perso slancio. I soldi a disposizione diminuiscono, soprattutto perché la coalizione di governo ha già deciso di spendere miliardi di euro per le pensioni, che dal punto di vista politico difficilmente potranno essere recuperati.

Con ogni probabilità, tuttavia, la questione dello Schuldenbremse presto tornerà ad essere al centro del dibattito politico. Perché i grandi partiti vogliono arrivare alla prossima campagna elettorale con dei piani costosi da presentare agli elettori. La SPD per mobilitare la sua base elettorale vorrebbe utilizzare gli investimenti pubblici nell'edilizia abitativa o nella scuola. Poiché molte imprese costruttrici in Germania hanno già cosi' tanti ordini da non poterne piu' accettare di nuovi nel breve periodo, si sta già lavorando a un programma pluriennale di investimenti.

L'Unione, d'altra parte, con il taglio delle tasse vorrebbe recuperare dei punti di consenso politico nel mondo economico e fra i contribuenti. Si stima tuttavia che la completa abolizione del contributo di solidarietà, da solo avrebbe un costo di circa 11,5 miliardi di euro, anno dopo anno. Il freno all'indebitamento perciò, con grande dolore per l'Unione, rappresenta un limite alla riduzione delle imposte. Se fosse possibile spostare gli investimenti su dei bilanci secondari, allora ci sarebbero più soldi per abbassare le tasse.

La tempistica di una tale azione sarebbe favorevole: grazie ai bassi tassi di interesse il governo tedesco al momento può indebitarsi a un costo estremamente basso. Se oggi prende a prestito un euro, fra 10 anni dovrà rimborsarne alle banche meno di 90 cent, dedotta l'inflazione. I partiti perciò sono sempre piu' interessati a dei suggerimenti sul modo in cui il freno all'indebitamento può essere aggirato.

Fra gli economisti si stanno già diffondendo i corrispondenti modelli. La Bundesanstalt für Immobilienaufgaben di Bonn potrebbe essere dotata di capitale, e quindi essere utilizzata per la costruzione di alloggi sociali. In alternativa, il governo federale potrebbe concedergli il diritto di contrarre prestiti che non verrebbero calcolati nel bilancio dello Stato. Anche le ferrovie - una società per azioni di cui il governo federale detiene il 100 % delle azioni - potrebbe procurarsi del capitale aggiuntivo.

Alcuni stati federali stanno già sperimentando tali approcci alternativi. Il Senato di Berlino, ad esempio, per ristrutturare e costruire nuove scuole si sta concentrando sempre di più sui cosiddetti partenariati pubblici-pubblici. Il Land trasferisce i terreni o le scuole da ristrutturare ad una società per l'edilizia residenziale municipale. Questa si fa prestare denaro sul mercato dei capitali, costruisce o rinnova le scuole e le affitta per 25 anni ai diversi municipi della capitale. In questo modo, "nonostante lo Schuldenbremse, gli investimenti necessari per il futuro vengono realizzati su ampia scala", afferma Sebastian Dullien, il nuovo direttore dell'Institut für Makroökonomie und Konjunkturforschung di Dusseldorf.

Lo svantaggio: ci sono dei costi aggiuntivi. Una società per l'edilizia abitativa, a causa del suo basso merito di credito, quando deve ottenere nuovo capitale, lo può fare solo pagando tassi di interesse più elevati rispetto allo stato. E una tale società non è nemmeno controllata direttamente dal parlamento. Ciò potrebbe rappresentare un problema se il modello venisse trasferito a livello federale, visto che il Bundestag  solo con una certa riluttanza sarebbe disposto a rinunciare ai diritti di partecipazione in materia di bilancio.

Anche da un punto di vista politico, una tale elusione dello Schuldenbremse per la coalizione di governo non sarebbe di aiuto. L'Unione teme che ciò comprometta la sua reputazione di partito delle finanze pubbliche sane. Scholz, d'altra parte, è preoccupato che i tagli alle tasse indeboliscano permanentemente la base delle entrate dello stato. Ciò potrebbe essere un problema quando i tassi di interesse  a un certo punto torneranno ad aumentare. Perché allora finanziare gli investimenti con dei prestiti potrebbe diventare troppo costoso. Gli aumenti delle tasse, infatti, spesso dal punto di vista politico sono difficili da far accettare, e allora lo stato dovrebbe tagliare la spesa.

Pertanto non è ancora chiaro se i vari piani di simulazione potranno essere implementati nella realtà. Ma è chiaro che più la situazione finanziaria si deteriora, maggiore sarà la pressione per farlo.



Se ne era parlato anche qui:


Marcel Fratzscher: "potrebbe accadere anche in Germania"


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mercoledì 11 luglio 2018

Mark Schieritz: "nessuna paura della bomba da un trilione di euro!"

Un ottimo Mark Schieritz su Die Zeit risponde alla FAZ e prova a tranquillizzare i tedeschi in merito al famoso trilione di euro di crediti vantati dalla Bundesbank nei confronti dell'eurosistema all'interno del Target 2. Per Schieritz la politica si è ormai impossessata di un argomento tecnico sconosciuto ai piu' con il quale può attaccare il governo di Berlino, l'obiettivo sarebbe uno solo: modificare l'orientamento politico pro-europeo della Germania e scardinare l'eurozona. Ne parla Mark Schieritz su Die Zeit


Forse non l'avevate ancora notato, ma la Germania è vicina alla rovina finanziaria. Almeno questa è l'impressione che si ha seguendo il dibattito sui cosiddetti saldi Target della BCE.

In parole povere, l'argomento piu' o meno è questo: le banche centrali dei paesi in crisi dell'Europa del sud devono alla Bundesbank tedesca piu' o meno 1.000 miliardi di euro. I soldi prima o poi andranno perduti perché tanto questi paesi sono insolventi. Se dovessimo calcolare correttamente le perdite attese, la Germania non avrebbe un surplus di bilancio ma un deficit enorme. I partiti dell'establishment tuttavia preferiscono tenere la "verità" nascosta perché altrimenti i cittadini salirebbero sulle barricate, ed è proprio per questa ragione che a Berlino nessuno sta facendo nulla.

Su questo tema è quasi tutto falso.

Primo: la Bundesbank non ha prestato denaro alle banche centrali del sud. Gli importi in questione provengono dal sistema di pagamento Target 2. Questo sistema garantisce che ovunque all'interno dell'unione monetaria si possa pagare in euro. Normalmente i saldi di questo sistema sono piu' o meno in equilibrio. I risparmiatori portano i loro soldi alla banca, e questa concede dei prestiti.

Se ad un certo punto ci sono molti risparmiatori che affidano i loro risparmi ad una banca estera, sarà la BCE a dover colmare la lacuna creatasi. Dal  punto di vista tecnico il paese avrà quindi delle passività presso la BCE. Il paese nel quale il denaro è stato trasferito - e che quindi non dipende dal denaro della banca centrale - avrà invece un credito nei confronti della BCE.

Ma i crediti e le passività sono solo delle grandezze fittizie. Esistono virtualmente nei bilanci della banca centrale, ma non nel mondo reale. Il fatto che attualmente il denaro scorra dal sud verso il nord (e che questo sia compensato dalle corrispondenti registrazioni di contropartita presso la BCE) è un segnale che la crisi monetaria non è stata ancora definitivamente superata. Ma in realtà è sempre stato cosi'.

C'è solo una situazione in cui i saldi diventano rilevanti: se un paese della zona euro dovesse uscire dall'unione monetaria. Ovviamente questo potrebbe anche accadere, ma in quel caso sui mercati finanziari e nella politica europea avremmo un caos gigantesco. Fra tutti i problemi quello dei saldi Target probabilmente sarebbe il piu' piccolo.

Non è nemmeno chiaro se la Bundesbank sarebbe effettivamente insolvente, come si legge spesso. Una banca centrale alla fine non è una banca commerciale qualsiasi. Puo' stamparsi da sola i soldi e puo' semplicemente ignorare il buco nel suo bilancio. Se AfD dice, il ministro delle finanze Scholz nel bilancio pubblico dovrebbe prendere misure preventive in considerazione della possibilità di subire delle perdite, allora la domanda sorge spontanea: per farci cosa esattamente? E in quale misura?

Secondo: non c'è nessuno che sta cercando di tenere nascosti i saldi Target. I dati relativi ai saldi vengono pubblicati dalla Bundesbank su internet, e sul tema ci sono dei libri interi. Se la politica non fa nulla è perché "fare qualcosa" in questo caso significherebbe limitare la libera circolazione dei capitali all'interno dell'unione monetaria. E quasi certamente questa sarebbe la fine della stessa unione monetaria. Anche negli Stati Uniti le sedi regionali della banca centrale si aiutano a vicenda.

E allora perché la questione è diventata un tema cosi' importante? Perché non si tratta piu' di economia, ma di politica. Numeri molto grandi, una materia complessa, che quasi nessuno riesce a comprendere a fondo - sono esattamente gli elementi di cui c'è bisogno per raccogliere consenso con i racconti horror sui tedeschi e il loro presunto ruolo di mucca europea da mungere, e con la minaccia di una bancarotta imminente.

In altre parole: i saldi Target sono uno strumento per attaccare l'orientamento politico pro-europeo della Germania. Il vero pericolo arriva da questa appropriazione indebita di un discorso scientifico, non dal trilione che è da qualche parte in un bilancio.

venerdì 11 maggio 2018

L'incubo dello Schwarze Null

Con un commento molto interessante Mark Schieritz su Die Zeit attacca la follia tedesca del pareggio di bilancio: la Germania ha bisogno di un'offensiva sugli investimenti pubblici perché le infrastrutture sono in pessime condizioni e quando non ci sarà più' debito pubblico il paese non sarà più' ricco, bensì' più' povero. I tedeschi devono fermare questa follia. Ne scrive Die Zeit.

Contatore del debito pubblico

L'orologio piu' famoso del quartiere governativo di Berlino recentemente ha iniziato a muoversi all'indietro. Da gennaio di quest'anno il debito tedesco - come registrato dall'associazione dei contribuenti nel loro contatore del debito - sta scendendo di 78 euro al secondo.

Cosa cio' significhi esattamente puo' essere letto nell'ultimo rapporto finanziario del Fondo monetario internazionale (FMI). Secondo il documento, nel 2023 il rapporto debito/pil tedesco avrà raggiunto il 42,4% del Pil. Attualmente siamo al 64.1 %. Se dovesse mantenere questo ritmo in 15 anni lo stato tedesco non avrà piu' debito.

Un sogno? Un incubo!

Per un paese come la Germania vale sempre: quando non ci sarà piu' debito pubblico, allora il paese non sarà piu' ricco, ma piu' povero.

Bisogna sapere che il debito pubblico in un'economia moderna svolge un ruolo importante. E' un bacino di raccolta per il surplus di denaro dei risparmiatori. Chi vuole investire il proprio patrimonio in maniera sicura acquisterà dei titoli di stato tedeschi. Quando non ci sarà piu' debito sovrano tedesco, non ci saranno piu' titoli di stato tedeschi da comprare.


I risparmiatori - ma anche le banche e le imprese -  se vogliono investire denaro, dovranno allora acquistare azioni. Ma non c'è alcuna garanzia che il valore di un'azione domani sarà lo stesso di oggi. In altre parole: quando lo stato non farà piu' debiti, allora sarà alquanto difficile investire denaro in maniera sicura. E questa è una minaccia per la stabilità dell'intero sistema finanziario.

Non c'è assolutamente alcun motivo per correre questo rischio. Non ci troviamo in una situazione in cui lo stato tedesco non puo' permettersi di fare debito. Al contrario, dopo decenni di austerità mal interpretata il paese sta vivendo della propria sostanza. Le strade sono fatiscenti, anche i ponti, e della condizione delle scuole pubbliche meglio non parlarne. Se - come accade a Berlino - a soccorrere le persone che si sentono male devono andare i vigili del fuoco con un camion cisterna, perché non ci sono ambulanze disponibili, allora qualcosa è andato storto.

Quello che c'è da fare è ovvio: la Germania ha bisogno di un'offensiva sugli investimenti. Il governo federale, le regioni e i comuni devono mettere mano ai soldi e correggere gli errori del passato. Molti soldi. E poiché molte società di costruzioni attualmente non hanno capacità disponibile e quindi non possono accettare nuovi ordini, una tale offensiva deve durare diversi anni, se non decenni.

Sarebbe tuttavia folle finanziare le uscite per il risanamento delle infrastrutture con le entrate correnti. Se i ponti e le strade vengono riparati, a trarne beneficio saranno soprattutto le generazioni successive. Pertanto sarebbe perfettamente logico scaricare su di loro una parte dei costi. In termini finanziari: fare debito. Perfino la casalinga sveva, citata spesso in questo contesto, potrebbe essere d'accordo. Alla fine probabilmente anche l'acquisto della sua casa è stato finanziato con un prestito della banca.

Cio' non significa che lo stato dovrà buttare i soldi dalla finestra. Significa invece che alcune ipotesi di base della politica fiscale tedesca dovranno essere riconsiderate. Il freno all'indebitamento (Schuldenbremse) ad esempio è figlio dei suoi tempi. E' stato inserito nella Costituzione circa dieci anni fa, perché a quell'epoca si temeva che il debito pubblico finisse fuori controllo.

Il problema oggi è un altro. Oggi la massima priorità dovrebbe essere quella di arrestare il declino dell'infrastruttura pubblica e rendere il paese adatto per il ventunesimo secolo. Invece dello Schuldenbremse (pareggio di bilancio) - nella Costituzione tedesca dovrebbe esserci una regola sugli investimenti. Perchè una cosa è certa: nessuno avrà dei vantaggi se fra 15 anni la Germania non avrà piu' debiti ma nemmeno una scuola funzionate. Neanche i nostri figli.


venerdì 27 aprile 2018

Mark Schieritz: la risposta tedesca a Macron per evitare che AfD diventi il primo partito

Mark Schieritz su Die Zeit prova a delineare la risposta minima che la politica tedesca potrebbe dare a Macron sul tema delle riforme europee, senza destabilizzare il panorama politico tedesco e senza spianare la strada ad Alternative fuer Deutschland. Da Die Zeit.

Mark Schieritz

Secondo un vecchio detto, il meglio è nemico del bene. Lo stesso vale per la discussione sulle riforme proposte dal presidente francese Emmanuel Macron. 

Macron la scorsa estate ha presentato dei piani ambiziosi per una riorganizzazione dell'unione monetaria e da allora attende una risposta da Berlino. Il fatto che i tedeschi si trovino in difficoltà nel dare questa risposta, spesso viene interpretato come un'indicazione di un certo livello di apprensione dei tedeschi sulle politiche europee, ma questa è solo metà della storia.

La redistribuzione non funziona ovunque

Che per la Germania e la Francia non sia cosi' facile trovare una convergenza, ha semplicemente a che fare con i diversi interessi politici. Una maggiore redistribuzione in Europa non funzionerebbe allo stesso modo per tutti i paesi. Detto in altre parole: cio' che potrebbe tenere sotto controllo i populisti nell'Europa del sud, metterebbe le ali ai populisti del nord.

Si sostiene anche che la Germania avrebbe dei vantaggi se ad esempio venisse introdotta una garanzia europea sui depositi, in quanto si ridurrebbe il rischio di una crisi bancaria. Questo argomento è economicamente corretto, ma non cambia la realtà politica con cui il governo federale deve fare i conti.

Nessuno alla fine avrebbe un vantaggio reale se i depositi bancari in Italia fossero protetti un po' meglio ma se contemporaneamente AfD dovesse diventare il primo partito alle prossime elezioni generali - il che, se si guardano i sondaggi sulla Germania dell'est, non puo' essere affatto escluso. Alla fine anche i risparmiatori tedeschi non ne trarrebbero alcun vantaggio.

C'è una risposta possibile per Macron che nei fatti potrebbe far progredire l'unione monetaria senza destabilizzare il panorama politico tedesco? La buona notizia è: esiste.


Innanzitutto l'unione monetaria non è piu' nelle condizioni in cui si trovava allo scoppio dell'ultima crisi. E' stato creato un fondo per la gestione delle crisi, l'ESM, che puo' erogare aiuti agli stati in difficoltà. C'è un regime comune per la gestione delle crisi bancarie. C'è una banca centrale, che ha dimostrato che anche in caso di emergenza non esiterebbe a prendere misure non convenzionali per difendere la stabilità della valuta.

Queste cose sono state sostenute anche dai tedeschi, sebbene noti economisti avessero messo in guarda dall'iperinflazione e dal collasso debitorio. In realtà oggi l'inflazione è piu' bassa di quanto non fosse prima della crisi. Anche il debito pubblico sta calando, e probabilmente possiamo essere felici del fatto che a governare il paese siano i politici e non gli economisti.

Una lacuna nell'architettura anti-crisi

La BCE sta raggiungendo il limite delle sue possibilità nella misura in cui non puo' fissare un tasso di interesse specifico per gli stati in crisi. Quando la possibilità di fare debito pubblico si esaurisce, resta solo l'accesso al fondo ESM. E al momento le risorse vengono erogate solo se la stabilità dell'intera area valutaria è in pericolo e al paese richiedente vengono imposte condizioni difficili. E di questo molti stati hanno paura.

Questa lacuna nell'architettura anti-crisi potrebbe essere colmata se in futuro il fondo ESM potesse intervenire anche in caso di un'emergenza non cosi' grave. Si potrebbe ipotizzare ad esempio che il fondo trasferisca denaro alle assicurazioni nazionali contro la disoccupazione, in modo da evitare che alle persone che perdono il lavoro vengano tagliati anche i sussidi. Quando la crisi sarà superata, questi soldi dovranno poi essere ripagati al fondo.

Cio' aiuterebbe i paesi colpiti e in Germania sarebbe politicamente rivendibile, almeno se il governo avesse il coraggio di fare un tentativo. Un ulteriore vantaggio: al di là delle proposte di ampia portata fatte da Macron, non è necessario modificare i trattati europei, cosa che al momento non è politicamente fattibile.

L'Eurozona sarebbe salva per sempre con questa soluzione minima? Probabilmente no, ma diventerebbe almeno un po' piu' stabile. E non è poco di questi tempi.

giovedì 29 marzo 2018

Perché in realtà nessuno si sogna di mettere in discussione Hartz IV

Qualcuno nella SPD ha provato a lanciare l'idea di un "reddito di base solidale" come alternativa ad Hartz IV. I vertici del partito socialdemocratico non hanno perso tempo nel far sapere che Hartz IV, con il suo carrozzone fatto di sanzioni, corsi di formazione obbligatori e impiegati zelanti non è affatto in discussione. Mark Schieritz su Die Zeit con un commento molto interessante ci spiega perchè il superamento di Hartz IV al momento è impensabile: si dovrebbe aumentare il salario minimo fissato dalla legge mettendo in pericolo interi settori fondati sul lavoro a basso costo. Ne parla Die Zeit.


In realtà dovremmo essere grati a Jens Spahn. Con le sue dichiarazioni controverse su Hartz IV ha involontariamente avviato un dibattito atteso da tempo, e cioè se il reddito minimo statale nella sua forma attuale possa essere ancora considerato adeguato ai tempi. La risposta è no.

Quando Hartz IV fu introdotto, la Germania era un paese con oltre cinque milioni di disoccupati e un debito pubblico in rapida crescita. Oggi, in alcune regioni c'è la piena occupazione e il debito pubblico sta diminuendo. Si può discutere a lungo su quanto l'introduzione di Hartz IV abbia contribuito a questa inversione di tendenza, ma una cosa è chiara: oggi rispetto ad allora dal punto di vista economico è molto piu' difficile giustificare il fatto che il governo deve risparmiare proprio su coloro che comunque hanno poco o nulla.

Perché è quello che accade: le tariffe standard non tengono conto, ad esempio, del fatto che l'elettricità è diventata sempre più cara, e che non sono previste spese per l'alcol o il tabacco. E chi non si presenta ad un appuntamento all'Arbeitsamt deve aspettarsi un ulteriore taglio al sussidio - solo tra ottobre 2016 e settembre 2017 ci sono stati 965.000 casi in cui sono state applicate sanzioni. Le stime lo mostrano chiaramente: se Hartz IV dovesse consentire una vita dignitosa con un minimo di partecipazione sociale, bisognerebbe aumentare le indennità di 50 o 100 euro al mese.

L'aumento dei sussidi tuttavia è solo uno fra gli elementi necessari di una riforma. Perché se lo stato decidesse di spendere di piu' per le persone bisognose, potrebbero esserci diversi effetti collaterali indesiderati. Probabilmente non varrebbe piu' la pena cercarsi un lavoro oppure passare da un lavoro part-time a basso reddito a uno a tempo pieno - perché di fatto il sostegno statale viene meno quando il reddito aumenta, mentre si iniziano a pagare le tasse e le imposte. Più lordo, in determinate circostanze, può significare anche meno netto. Chiunque cercasse di rendersi indipendente dai sussidi statali verrebbe punito finanziariamente.

Per inciso, questo è anche il motivo per cui Hartz IV, anche in una fase con entrate fiscali copiose come questa, non può essere aumentato a piacere. Almeno non senza paralizzare una parte significatica del mercato del lavoro tedesco. Ma ciò non significa che non si possa fare nulla. Il governo dovrebbe affrontare la questione in maniera sistemica: il salario minimo probabilmente dovrebbe essere aumentato, la tassazione sui redditi piu' bassi dovrebbe scendere e i diversi trasferimenti statali - indennità di alloggio, assegni familiari, sicurezza di base - dovrebbero essere  meglio coordinati. Nell'accordo di coalizione fra Unione e SPD ci sono alcune buone idee, ma non vanno abbastanza lontano. Anche perché un simile attacco al settore a basso salario costerebbe probabilmente miliardi.

E poi c'è la questione su cosa dovrebbe effettivamente accadere a coloro che non trovano un lavoro regolare - ad esempio, perché sono disoccupati da così tanto tempo che non hanno piu' alcuna possibilità di essere collocati sul mercato del lavoro regolare. Per queste persone la SPD vorrebbe introdurre un cosiddetto "reddito di base di solidarietà", una sorta di mercato del lavoro statale per i disoccupati di lunga durata. Cosa dovrebbe significare nel dettaglio non è ancora chiaro.  Ad esempio, le persone coinvolte potrebbero essere impiegate da aziende municipali per svolgere lavori socialmente utili retribuiti: pulizia dei parchi, mantenimento degli edifici pubblici in buone condizioni, allenamento delle squadre giovanili nelle associazioni sportive.

Per questa ragione, il "reddito di base di solidarietà" differisce in maniera fondamentale dal reddito di base incondizionato, che invece resta popolare in alcune aree della sinistra.  Nel concetto di reddito di base incondizionato il lavoro è inteso come un male da evitare, motivo per cui tutti dovrebbero avere il diritto di accedere ai sussidi statali, indipendentemente dal fatto che lavorino o meno. I sostenitori del reddito di base di solidarietà, invece, considerano il lavoro come un mezzo per la partecipazione sociale, quindi chiunque sia in condizione di farlo dovrebbe avere la possibilità di lavorare.

E' decisamente piu' probabile che la realtà della vita in un moderno stato industriale si avvicini a questo modello.

Sullo stesso argomento: La nuova frontiera di Hartz IV

martedì 20 settembre 2016

Trucchi tedeschi

Come il Ministero delle Finanze tedesco cerca di nascondere l'evidenza: in Germania si fanno pochi investimenti pubblici. Mark Schieritz su Die Zeit.


Per il Ministro delle Finanze tedesco la vita non è mai stata troppo facile. Non c'è una singola conferenza economica internazionale durante la quale al ministro non venga chiesto di fare di più' per rafforzare gli investimenti in Germania. Non può' andare avanti così, avrà pensato qualcuno al Ministero delle Finanze, e avrà quindi deciso di creare un documento per cercare di togliere il vento dalle vele degli avversari.

Come si fa? Semplice, basta riformulare il problema, con ordine pero'.

Nel rapporto pubblicato dal Ministero delle Finanze vengono confrontati i tassi di investimento fra i diversi paesi. Dal documento emerge che il settore privato in Germania investe (relativamente) molto, fatto che nella relazione e nella documentazione viene ampiamente evidenziato (grafico).


Se gli investimenti privati crescono è sicuramente un dato positivo, ma viviamo in una economia di mercato e per gli investimenti privati lo stato è solo indirettamente responsabile. Il dibattito politico non dovrebbe essere se BMW decide o no di mettere in funzione una nuova linea di produzione. Si dovrebbe invece discutere se lo stato contribuisce sufficientemente al mantenimento e alla salvaguardia delle infrastrutture pubbliche - parole chiave in questo caso sono scuole e ponti fatiscenti.

Al Ministero delle Finanze la vedono in maniera diversa e nel documento appena pubblicato si legge la seguente conclusione:

"la richiesta di un aumento degli investimenti pubblici, per rafforzare gli investimenti nel loro complesso, non è sufficiente. Sarebbe sbagliato voler compensare con gli investimenti pubblici un basso livello di quelli privati. Se lo stato intende garantire un maggiore livello complessivo di investimenti, in primo luogo è suo compito migliorare le condizioni in cui gli investimenti possono essere realizzati dall'economia privata.  Detto in altre parole, indipendentemente dai bisogni reali, chiedere un aumento della spesa pubblica, potrebbe rivelarsi controproducente"

Probabilmente dipende anche dal fatto che il bilancio degli investimenti pubblici in Germania, nonostante diverse iniziative del governo federale, è tutt'altro che positivo, come del resto il rapporto stesso riconosce.


Negli investimenti pubblici la Germania è l'ultima della classe - e per relativizzare questa constatazione vengono utilizzati essenzialmente 3 argomenti: negli Stati Uniti gli investimenti sono riconducibili anche alle spese militari; nel resto dell'unione monetaria i fondi strutturali UE hanno spinto il tasso di investimento verso l'alto; in Francia lo stato fa più' investimenti perché lì lo stato ha ancora un ruolo importante nell'economia.

Potrebbe anche essere - ma è realmente plausibile che ci siano sempre fattori speciali per giustificare il fatto che il tasso di investimento è più' alto che in Germania? La situazione non migliora se si allarga il gruppo di paesi, come mostra il grafico seguente dell'OCSE (quota degli investimenti pubblici sul totale degli investimenti).



Anche la BCE arriva ad una conclusione simile (questa volta calcolando gli investimenti pubblici come quota del PIL).

Ma non è tutto, gli investimenti pubblici sono molto bassi non solo se confrontati con gli altri paesi, ma anche in una prospettiva storica. La loro quota sul PIL oggi è solo la metà di quella degli anni '70, come emerge da questo grafico del Consiglio dei Saggi economici (Sachverständigenrats).


Si potrebbe argomentare che cio' è riconducibile alle privatizzazioni, ma alla fine questa strategia evasiva non è convincente. E' necessario prendere una posizione chiara: lo stato tedesco investe molto meno di quanto faceva prima, e molto meno rispetto a ogni altro paese sviluppato su questa terra.

Per me è chiaro che stanno solo cercando di nascondere con qualche trucco questo fatto ormai evidente.