giovedì 29 marzo 2018

Perché in realtà nessuno si sogna di mettere in discussione Hartz IV

Qualcuno nella SPD ha provato a lanciare l'idea di un "reddito di base solidale" come alternativa ad Hartz IV. I vertici del partito socialdemocratico non hanno perso tempo nel far sapere che Hartz IV, con il suo carrozzone fatto di sanzioni, corsi di formazione obbligatori e impiegati zelanti non è affatto in discussione. Mark Schieritz su Die Zeit con un commento molto interessante ci spiega perchè il superamento di Hartz IV al momento è impensabile: si dovrebbe aumentare il salario minimo fissato dalla legge mettendo in pericolo interi settori fondati sul lavoro a basso costo. Ne parla Die Zeit.


In realtà dovremmo essere grati a Jens Spahn. Con le sue dichiarazioni controverse su Hartz IV ha involontariamente avviato un dibattito atteso da tempo, e cioè se il reddito minimo statale nella sua forma attuale possa essere ancora considerato adeguato ai tempi. La risposta è no.

Quando Hartz IV fu introdotto, la Germania era un paese con oltre cinque milioni di disoccupati e un debito pubblico in rapida crescita. Oggi, in alcune regioni c'è la piena occupazione e il debito pubblico sta diminuendo. Si può discutere a lungo su quanto l'introduzione di Hartz IV abbia contribuito a questa inversione di tendenza, ma una cosa è chiara: oggi rispetto ad allora dal punto di vista economico è molto piu' difficile giustificare il fatto che il governo deve risparmiare proprio su coloro che comunque hanno poco o nulla.

Perché è quello che accade: le tariffe standard non tengono conto, ad esempio, del fatto che l'elettricità è diventata sempre più cara, e che non sono previste spese per l'alcol o il tabacco. E chi non si presenta ad un appuntamento all'Arbeitsamt deve aspettarsi un ulteriore taglio al sussidio - solo tra ottobre 2016 e settembre 2017 ci sono stati 965.000 casi in cui sono state applicate sanzioni. Le stime lo mostrano chiaramente: se Hartz IV dovesse consentire una vita dignitosa con un minimo di partecipazione sociale, bisognerebbe aumentare le indennità di 50 o 100 euro al mese.

L'aumento dei sussidi tuttavia è solo uno fra gli elementi necessari di una riforma. Perché se lo stato decidesse di spendere di piu' per le persone bisognose, potrebbero esserci diversi effetti collaterali indesiderati. Probabilmente non varrebbe piu' la pena cercarsi un lavoro oppure passare da un lavoro part-time a basso reddito a uno a tempo pieno - perché di fatto il sostegno statale viene meno quando il reddito aumenta, mentre si iniziano a pagare le tasse e le imposte. Più lordo, in determinate circostanze, può significare anche meno netto. Chiunque cercasse di rendersi indipendente dai sussidi statali verrebbe punito finanziariamente.

Per inciso, questo è anche il motivo per cui Hartz IV, anche in una fase con entrate fiscali copiose come questa, non può essere aumentato a piacere. Almeno non senza paralizzare una parte significatica del mercato del lavoro tedesco. Ma ciò non significa che non si possa fare nulla. Il governo dovrebbe affrontare la questione in maniera sistemica: il salario minimo probabilmente dovrebbe essere aumentato, la tassazione sui redditi piu' bassi dovrebbe scendere e i diversi trasferimenti statali - indennità di alloggio, assegni familiari, sicurezza di base - dovrebbero essere  meglio coordinati. Nell'accordo di coalizione fra Unione e SPD ci sono alcune buone idee, ma non vanno abbastanza lontano. Anche perché un simile attacco al settore a basso salario costerebbe probabilmente miliardi.

E poi c'è la questione su cosa dovrebbe effettivamente accadere a coloro che non trovano un lavoro regolare - ad esempio, perché sono disoccupati da così tanto tempo che non hanno piu' alcuna possibilità di essere collocati sul mercato del lavoro regolare. Per queste persone la SPD vorrebbe introdurre un cosiddetto "reddito di base di solidarietà", una sorta di mercato del lavoro statale per i disoccupati di lunga durata. Cosa dovrebbe significare nel dettaglio non è ancora chiaro.  Ad esempio, le persone coinvolte potrebbero essere impiegate da aziende municipali per svolgere lavori socialmente utili retribuiti: pulizia dei parchi, mantenimento degli edifici pubblici in buone condizioni, allenamento delle squadre giovanili nelle associazioni sportive.

Per questa ragione, il "reddito di base di solidarietà" differisce in maniera fondamentale dal reddito di base incondizionato, che invece resta popolare in alcune aree della sinistra.  Nel concetto di reddito di base incondizionato il lavoro è inteso come un male da evitare, motivo per cui tutti dovrebbero avere il diritto di accedere ai sussidi statali, indipendentemente dal fatto che lavorino o meno. I sostenitori del reddito di base di solidarietà, invece, considerano il lavoro come un mezzo per la partecipazione sociale, quindi chiunque sia in condizione di farlo dovrebbe avere la possibilità di lavorare.

E' decisamente piu' probabile che la realtà della vita in un moderno stato industriale si avvicini a questo modello.

Sullo stesso argomento: La nuova frontiera di Hartz IV

mercoledì 28 marzo 2018

Thilo Sarrazin: il miglior consiglio per gli italiani è quello di uscire dall'euro

Thilo Sarrazin è un ex dirigente della SPD, è stato nel board della Bundesbank e parlamentare della città di Berlino. Intervistato sulla moneta unica da Focus ha un consiglio da dare agli italiani: per voi sarebbe molto meglio uscire dall'euro. La stampa popolare tedesca continua con una narrazione dell'eurocrisi fondata su pregiudizi e cliché: il tentativo dei sud-europei di impossessarsi dei risparmi tedeschi per poter continuare a vivere al di sopra dei propri mezzi, ovviamente a spese dei contribuenti del nord. Da Focus.de 


Focus: in Italia gli euroscettici recentemente hanno ottenuto quasi il 50% dei voti. L'euro ha ancora un significato?

Sarrazin: mi lasci rispondere. L'euro ha tre funzioni. Primo: è una valuta, con la quale paghiamo. Secondo: molti hanno sperato che con l'euro le condizioni economiche generali sarebbero migliorate. Ma non è andata cosi'. E terzo, l'euro è il veicolo per l'integrazione europea. Tuttavia anche in questo compito è fallito, è accaduto esattamente il contrario.

Focus: cio' ha a che fare anche con le differenze culturali fra i paesi?

Sarrazin: abbastanza, noi tedeschi abbiamo fiducia nelle nostre istituzioni e abbiamo una avversione storica nei confronti del debito e dell'inflazione. I paesi del sud sono meno disposti a scendere a compromessi e guardano di più' ai loro interessi. Questo è il motivo per cui esiste un altro approccio verso i conflitti politici, la cui soluzione spesso tende ad essere procrastinata.

Focus: che cosa significa concretamente?

Sarrazin: se non si riesce a trovare un accordo sulla politica di bilancio e sui tagli alle spese o sull'aumento delle tasse, allora si finisce per fare piu' debito. Questa fino ad ora è stata la via italiana. Per questo l'Italia fin dalla seconda guerra mondiale ha avuto un'inflazione piu' alta e ha fatto piu' debiti della Germania. In passato non era un problema, ma ora abbiamo una moneta comune che richiede una certa disciplina di bilancio.

Focus: che non c'è...

Sarrazin: ....e questo è diventato il modo italiano per risolvere i problemi.  I partiti che hanno vinto le ultime elezioni sono quelli che dicono: non ne vogliamo piu' sapere dei diktat finanziari tedeschi. Che si può' anche tradurre cosi': ci piace avere l'euro per comprare auto tedesche a buon mercato, ma non abbiamo nessuna voglia di rispettare le regole sul debito. Inoltre, non possono piu' svalutare la loro valuta per vendere ad un prezzo piu' competitivo i loro prodotti. Tutto cio' in Italia sta producendo grande frustrazione.

Focus: l'economista Heiner Flassbeck sostiene che la Germania nell'ambito dell'eurozona stia praticando un damping valutario, perché l'euro per la Germania è una moneta troppo debole.

Sarrazin: Flassbeck in parte ha ragione. L'euro è davvero troppo debole per noi. In realtà stiamo vendendo i nostri beni ad un prezzo troppo basso, e in questo modo rinunciamo ad una parte della nostra prosperità. Potremmo chiedere molto di piu' per i nostri prodotti. Ma Flassbeck ha anche torto perché da quando c'è l'euro la quota del commercio estero con i paesi dell'euro è diminuita costantemente. Il commercio con i paesi non-euro sta crescendo in maniera decisamente piu' forte.

Focus: perché è così?

Sarrazin: se l'economia in paesi come Francia e Italia non cresce, ovviamente non aumenta nemmeno il potere d'acquisto di quei paesi. L'euro ha influenzato negativamente la crescita nell'Europa meridionale, mentre nell'Europa del nord non ha avuto un effetto positivo.

Focus: ma se la Germania uscisse dall'euro avremmo un D-Mark decisamente piu' forte.

Sarrazin: non ho chiesto che sia la Germania ad uscire dall'euro. Ma alcuni paesi dell'europa del sud starebbero sicuramente meglio senza l'euro. Dobbiamo tornare alle regole del Trattato di Maastricht. E in quei trattati non vi è alcuna indicazione che la Germania debba garantire per i buchi di bilancio dei paesi economicamente piu' deboli. L'unione monetaria non dovrebbe essere una unione dei debiti.

Focus: in realtà è cio' che sta accadendo. Ci puo' spiegare nuovamente perché il denaro tedesco è sul fuoco?

Sarrazin: ci sono diversi meccanismi, in totale ce ne sono cinque, se si include il bilancio UE. La cosa peggiore è: io temo che la maggior parte degli economisti non abbia ancora compreso tutti i meccanismi.

Focus: proviamoci ancora una volta

Sarrazin: inizio dai saldi Target. Gli stati hanno due opzioni per finanziare i disavanzi delle partite correnti. Da un lato con il debito, dall'altro con il sistema Target-2. La BCE permette la creazione di enormi saldi negativi per i singoli stati, come se si trattasse di una linea di credito. Alla fine si tratta di paesi che come l'Italia e la Grecia sono indebitati con la BCE. Dietro però ci sono i crediti dei paesi che nel sistema sono dei pagatori, come la Germania.

Focus: come si è arrivati a questa situazione?

Sarrazin: l'unione monetaria è nata con l'idea che doveva esistere una moneta comune, ma nessun sistema di responsabilità comune. Questo approccio è venuto meno con il salvataggio della Grecia nel 2010. Da allora abbiamo una unione di responsabilità, ad esempio con il sistema Target 2 oppure con il meccanismo europeo di stabilità (ESM)

Focus: ... il fondo europeo di salvataggio per gli stati in difficoltà.

Sarrazin: giusto, e in quel fondo - come lei sa, la Germania è il maggiore contribuente netto. In casi estremi si potrebbe arrivare a 190 miliardi di euro per la Germania.

Focus: la richiesta di un sistema europeo di garanzia dei depositi si fa sempre piu' forte: che cosa significa per il risparmiatore tedesco?

Sarrazin: un'assicurazione europea sui depositi è un altro passo verso questa unione basata sulla messa in comune del debito. Quando si parla di assicurazione sui depositi, si tratta di garantire che i depositi dei clienti siano protetti nel caso in cui la banca fallisca. Abbiamo tre sistemi di garanzia dei depositi in Germania: per le banche private, per le casse di risparmio e per le Volks- e Raiffeisenbanken. E se questi sistemi non dovessero essere sufficienti,interviene lo stato, come è accaduto nel 2008...

...un'assicurazione sui depositi è una messa in comune delle garanzie. Tutte le banche che fanno parte dell'assicurazione garantiscono per una singola banca. Ora molti paesi del sud e dell'Europa dell'ovest, che vogliono portare avanti l'unione monetaria, vorrebbero creare un sistema di responsabilità comune per tutte le banche europee.

Focus: alcune banche in Europa pero' stanno già traballando, specialmente in Italia

Sarrazin: in Spagna, Francia e nella Repubblica Federale, le banche sono sostanzialmente stabili. Sono alquanto instabili in Grecia ma anche in Italia. Le banche italiane, in particolare, nei loro bilanci hanno ancora molti crediti inesigibili.

Focus: l'economista  Markus Krall  ha recentemente parlato di "un oleodotto" che va dalla Germania alla Sicilia

Sarrazin: me lo lasci dire. Vengono create delle condutture affinché i paesi del sud possano continuare a spillare denaro. Si tratta dei saldi Target, del meccanismo europeo di stabilità (ESM), come di una possibile unione basata sulla responsabilità comune. Solo la semplice esistenza di una condotta non significa necessariamente che in quella tubatura scorra del denaro.

Focus: ma questo è esattamente il motivo per cui la condotta è stata creata.

Sarrazin: corretto. Cio' significa: quante piu' tubature ci sono, maggiore sarà il rischio che in una seduta notturna a Bruxelles si decida che di fatto dovranno effettivamente scorrere soldi. Per questa ragione io dico: quante meno tubature possibile!

Focus: ecco lo scenario: diciamo che i tassi di interesse della zona euro aumentano e che i costi per il servizio del debito per i paesi indebitati stanno aumentando. A un certo punto queste condutture vengono aperte, e noi tedeschi dobbiamo pagare. Giusto?

Sarrazin: sì è giusto. Lasciatemi dire qualcosa sulla politica dei tassi di interesse. Abbiamo ancora dei tassi di interesse estremamente bassi. Se sei un risparmiatore, allora sai cosa cio' significa per i tuoi risparmi.

Focus: sfortunatamente, niente di buono per i risparmiatori tedeschi.

Sarrazin: questa politica dei tassi di interesse non è stata fatta secondo gli standard e le necessità tedesche. Considerando la forza dell'economia tedesca, anche un tasso di interesse del tre, quattro o cinque per cento sarebbe assolutamente accettabile. Anche se i bilanci pubblici dovessero pagare più interessi, sarebbe comunque fattibile. I tassi di interesse sono mantenuti artificialmente bassi dalla BCE.

Focus: parlando di lavoro, fortunatamente, in Germania abbiamo un tasso di disoccupazione relativamente basso. Le cose vanno diversamente in altri paesi come ad esempio in Spagna. Alcuni economisti stanno già mettendo in guardia contro la sicurezza sociale europea. Sarebbe una conduttura in piu'?

Sarrazin: è vero, nel peggiore dei casi potremmo quindi trovarci a finanziare i disoccupati nei paesi del sud.

Focus: quindi ancora denaro tedesco che deve servire per risolvere i problemi degli altri?

Sarrazin: è sicuramente intenzione degli europei del sud ottenere più denaro possibile dalla Germania e in generale dal Nord Europa. La domanda è come dobbiamo gestire la situazione.

Focus: come la gestiamo?

Sarrazin: non facciamo abbastanza resistenza. Una delle scelte piu' infelici di Martin Schulz è stata quella di dare l'impressione che fosse compito della Germania lasciare che gli stati indebitati si rifornissero con il denaro tedesco. Questo non puo' e non deve accadere.

Focus: accadrà?

Sarrazin: io faccio la seguente previsione. A livello europeo continueremo a prendere iniziative che vanno nella direzione sbagliata. Questi passi saranno troppo piccoli per risolvere i problemi in Spagna, Francia, Italia & Co. Ma sufficientemente grandi da causare rabbia e instabilità in Germania. Per questa ragione la frustrazione sta crescendo, su entrambi i fronti

Focus: quali saranno le conseguenze?

Sarrazin: in Germania, la moneta comune, l'euro, sta diventando sempre più impopolare. E nei paesi del sud stanno crescendo le forze che sono contrarie ad una ulteriore integrazione europea.

Focus: non dovremmo forse preferire un finale con l'orrore rispetto ad un orrore senza fine e lasciare che l'euro imploda?

Sarrazin: io piuttosto mi auspico che si possa tornare ai principi originari che furono concordati all'inizio. Il vecchio principio diceva: abbiamo una moneta comune, ma delle casse nettamente separate, e ognuno si occupa dei propri debiti.

Focus: che cosa accade se ipotesi simili venissero portate alle estreme conseguenze?

Sarrazin: se i mercati sapessero che ad esempio gli italiani devono pagare tutti i loro debiti da soli, i tassi per gli italiani salirebbero sicuramente. Questo significa: gli italiani devono pensare seriamente al loro futuro. Se vogliono mantenere l'euro, devono iniziare a risparmiare sul serio. Ma se non vogliono risparmiare, allora staranno meglio con la loro valuta.

Focus: ma è del tutto irrealistico che Italia & Co. in futuro possano garantire da soli per i propri debiti. 

Sarrazin: anche io sono scettico, perché il ministro delle finanze italiano in realtà dovrebbe preoccuparsi di come tenere sotto controllo il suo debito e di come far ripartire economicamente il suo paese. Non mi pare stia accadendo. Piuttosto si preferisce inveire contro la politica di austerità tedesca.

Focus: e la Francia?

Sarrazin: i francesi sicuramente finiranno per arrabbiarsi con i tedeschi, ma pensano ancora secondo categorie come quelle del prestigio. Non sarebbe certamente compatibile con il loro orgoglio nazionale accettare di essere troppo deboli per l'euro.

Focus: che dire dell'Italia?

Sarrazin: il miglior consiglio che si puo' dare agli italiani è quello di uscire

Focus: ci possiamo permettere di liberare l'Italia dall'euro?

Sarrazin: potrebbe diventare costoso: probabilmente dovremmo rinunciare a tutti i crediti nei confronti dell'Italia.

Focus: quanti soldi ci sono in ballo per il contribuente tedesco?

Sarrazin: potremmo perdere centinaia di miliardi di euro

Focus: che cosa significa?

Sarrazin: che il treno dell'integrazione europea deve essere fermato

Focus: in Germania, AfD sta lavorando duramente per fermare l'integrazione europea. Questo partito è cresciuto molto negli ultimi anni. Cosa ne pensa: AfD sarebbe diventata così forte se la SPD avesse ascoltato di più le tesi dei suoi libri come "Europa braucht den Euro nicht"  oppure "Deutschland schafft sich ab“?

Sarrazin: certo, penso che cio' che ho scritto nel 2010 sull'islam, l'immigrazione e sui nostri problemi demografici fosse giusto. La SPD ma anche la CDU/CSU all'epoca hanno perso l'opportunità di affrontare questi problemi in maniera ragionevole. E quando i temi non trovano una rappresentanza politica, allora saranno gli altri ad occuparsi di questi problemi. AfD non esisteva nemmeno quando uscì il libro. E anche se AfD certamente su molte cose sbaglia, ciò non cambia il fatto che in Germania abbiamo ancora molti problemi irrisolti. 

martedì 27 marzo 2018

In piedi sotto la pioggia ad aspettare

Così la stampa tedesca descrive il giovane presidente francese alle prese con la grande temporeggiatrice Merkel, che evidentemente non ha nessun interesse ad accelerare l'integrazione europea e soprattutto puo' nascondersi dietro lo scetticismo del nuovo "fronte del nord". I tedeschi ancora una volta si mostrano disponibilissimi a sfruttare i vantaggi dell'unione monetaria quando si tratta di inondare i mercati europei e mondiali con le loro merci, ma diventano improvvisamente euroscettici quando c'è da cooperare con i paesi del sud. Ne parla German Foreign Policy


[…] Parigi vorrebbe un budget per la zona euro e un euro-ministro delle finanze; dell'introduzione degli Eurobond, originariamente prevista dal piano Macron, non c’è piu’ traccia. Durante la conferenza stampa congiunta in occasione dell‘ultimo vertice UE di venerdì scorso, la Cancelliera ha risposto alle proposte concrete del Presidente francese senza prendere impegni precisi oltre ad esprimersi in favore di un generico "proseguimento della discussione", riportano le corrispondenze; Merkel sta lasciando Macron "in piedi sotto la pioggia ad aspettare". Sorge spontanea la domanda: "quanto tempo ancora il presidente francese presterà il fianco alle tattiche temporeggiatrici di Merkel". La discussione su quale forma concreta dovrebbero prendere i trasferimenti finanziari nel quadro di una unione sociale europea non ha fatto passi avanti; c'è ancora disaccordo e "non si sa ancora da dove dovrebbe arrivare il denaro e in che modo dovrebbe essere speso"[2]. 


La tattica temporeggiatrice di Berlino 



E’ dalla vittoria elettorale del presidente francese che Berlino continua ad utilizzare la stessa tattica per temporeggiare. Macron era riuscito infatti a prevalere nei confronti dell'estrema destra del Front National promettendo una maggiore integrazione europea e una riforma dell'eurozona. All'inizio si è voluto far credere alla "speranza francese“ che sarebbe stato necessario aspettare le elezioni federali dell'autunno 2017. In seguito, si è voluto raccontare che la lunga fase necessaria per la formazione di un governo a Berlino avrebbe creato "un vuoto di potere" che invece ha permesso alla Cancelliera di "lasciare in attesa" le proposte di Macron.[3] Il "nuovo slancio", promesso dal presidente dall'aspetto giovanile subito dopo la sua elezione, ha lasciato il posto allo scetticismo di molti critici. Gli avversari di un budget della zona euro e di un ministro delle finanze dell'eurozona all'interno dell'UE sono molti, soprattutto se si tratta di "posticipare e disinnescare" dei piani cosi' impopolari a Berlino. Nel tentativo di sfruttare il temporaneo vuoto di potere a Berlino, il ministro delle finanze olandese e altri ministri nordici dell'UE si sono pronunciati contro i piani di Macron. Anche fra i paesi governati dall'ultradestra della periferia orientale dell'UE prevale il rifiuto nei confronti dei piani di Parigi. “E' diventato molto piu' facile per la Germania nascondersi dietro lo scetticismo degli altri paesi", conferma un esperto del Consiglio Tedesco per le Relazioni Estere (DGAP). La prolungata "incertezza" sulla posizione di Berlino ha spinto anche altri stati a criticare i piani di Macron. Ora "Berlino potrebbe appoggiarsi a questo rifiuto e invocare un compromesso oppure dei progressi decisamente piu’ piccoli". [4] 



La tradizione del blocco di Berlino 


Il temporeggiamento nei confronti degli sforzi francesi finalizzati alla creazione di un meccanismo intraeuropeo in grado di compensare la "Beggar-Thy-Neighbour-Politik" tedesca, a Berlino ha una lunga tradizione. Parigi ha sempre cercato di contrastare le enormi eccedenze commerciali tedesche, che di fatto equivalgono ad una esportazione di debito, cercando di spingere verso una integrazione europea accellerata; ma ogni volta le élite francesi si sono trovate di fronte ad un muro di gomma. Nel 2015 l'allora presidente francese Francois Hollande aveva suggerito una piu’ stretta cooperazione franco-tedesca e l'istituzione di un governo della zona euro – ricevendo pero' un rifiuto netto da parte di Berlino. Hollande vorrebbe "forzare l'Europa a stare insieme ricorrendo a dei tecnocrati. Ma questo non funziona"[5]. In precedenza il presidente francese Sarkozy ci aveva provato con l'idea di creare all'interno dell'eurogruppo un "governo europeo". La proposta francese formulata nell'autunno del 2008 - poco dopo lo scoppio della crisi finanziaria globale - nasconde il rischio "di una divisione all'interno dell'UE" e tocca i "nervi" dell'Europa, aveva lasciato trapelare nell'ottobre 2008 la Cancelleria nei confronti dei media tedeschi.[6] Con queste dichiarazioni il tentativo di Sarkozy era stato rimosso dall'agenda.



[2] Silke Wettach: Warum die große Euro-Reform ausfällt. wiwo.de 23.03.2018.

[3], [4] Karin Finkenzeller: Merkel hat Zeit. zeit.de 21.03.2018.

[5] Albrecht Meier: Unions-Fraktionsvize Friedrich erteilt Hollandes Vorschlag Abfuhr. tagesspiegel.de 20.07.2015.

[6] Berlin: Sarkozy könnte die EU spalten. faz.net 24.10.2008. S. auch Tomasz Konicz: Aufstieg und Zerfall des deutschen Europa.

lunedì 26 marzo 2018

11.4 miliardi di euro all'anno

Continua l'offensiva dei francesi per convincere i tedeschi a cedere sul terreno dell'unione di trasferimento. Dopo Macron, questa volta è Christine Lagarde che a Berlino presenta il suo "fondo per il cattivo tempo", lo strumento con il quale secondo il presidente del FMI si potrebbero superare gli shock all'interno dell'eurozona. Ovviamente in Germania quando si tratta di aprire il portafogli permane un certo scetticismo. Ne parla Die Welt


[...] "Per evitare che la dolorosa esperienza degli anni della crisi economica 2008/2009 si ripeta, l'eurozona ha bisogno di creare una sorta di capacità fiscale centrale", ha detto Lagarde durante un evento organizzato dall'istituto di ricerca economica DIW a Berlino. Il cosiddetto "fondo per il cattivo tempo" dovrebbe rappresentare una parte centrale di questo progetto.

Secondo la proposta del presidente del FMI, i paesi della zona euro dovrebbero versare ogni anno lo 0,35% del loro prodotto interno lordo (PIL) all'interno di un fondo. A fronte di versamenti esigui, secondo Lagarde, si potrebbe ridurre di oltre il 50% il rischio di avere sconvolgimenti incontrollabili all'interno dell'eurozona. Il prerequisito per ricevere le prestazioni del fondo dovrebbe essere il rispetto delle regole fiscali dell'UE, ha chiarito sempre il presidente del FMI.

Il principio dell'assicurazione auto

Il fondo non è destinato a compensare le debolezze croniche e i deficit nazionali dei paesi dell'eurozona. Le risorse del fondo sarebbero destinate a coprire le lacune di bilancio causate dalle diverse situazioni di crisi dei rispettivi stati membri. La dimensione del fondo non sarà probabilmente sufficiente per risolvere la prossima crisi, ha detto Lagarde, "ma puo' aiutare a superarla".

Secondo il piano, i 19 Stati "negli anni buoni dovrebbero contribuire a costruire le riserve", vale a dire riempire il fondo. Al quale potrebbero poi ricorrere i paesi con problemi economici. "Il fondo dovrebbe operare secondo il principio dell'assicurazione auto", ha affermato il capo del FMI. "Solo chi in precedenza ha contribuito, potrà in seguito beneficiare delle prestazioni. E chi lo ha fatto, dopo aver superato la situazione difficile, dovrà pagare di piu".

Questo principio serve a impedire che il fondo si trasformi in un'unione di trasferimento. Non dovrebbe quindi funzionare in modo da incentivare i singoli paesi ad essere finanziati in maniera permanente da altri paesi, ha spiegato il presidente del DIW Marcel Fratzscher. L'obiettivo sarebbe quello di fare in modo che alla fine ogni paese possa ricevere prestazioni pari a quanto ha versato nel fondo. "Dal mio punto di vista, anche nel caso in cui i pagamenti da effettuare siano ingenti, non dovrà essere ampliato facendo ricorso a prestiti. Quando il fondo è vuoto, è vuoto", dice Fratzscher.

Rischi economici

Lagarde invece va oltre: in circostanze estreme, il Fondo dovrebbe essere autorizzato anche a prendere denaro in prestito. E questi prestiti in seguito dovrebbero essere rimborsati grazie ai contributi dei singoli membri. "Ma per essere chiari: questo fondo deve essere un buffer temporaneo, non uno strumento di salvataggio permanente" cosi' secondo Lagarde.

Lagarde ha inoltre sottolineato che in un contesto fatto di tendenze sempre più protezionistiche e populiste, è importante stabilizzare la zona euro e prepararla ad affrontare le crisi future. "In questi tempi difficili abbiamo bisogno di leadership", ha detto il capo del FMI, anche alla luce della disputa commerciale con gli Stati Uniti. "Il mio desiderio è che la zona euro sia una di queste istituzioni leader".

11.4 miliardi di euro all'anno

Per quanto è stato reso noto, i piani presentati non sono del tutto nuovi ed hanno alcuni punti deboli. Cosa suaccadrebbe in caso di crisi in uno stato membro in regola con i pagamenti, ma che sotto determinati aspetti non ha rispettato le norme fiscali dell'UE? 

Al Ministero delle Finanze Tedesco le reazioni alla proposta di Lagarde sono alquanto scettiche. "Le proposte in merito ai nuovi strumenti di bilancio sono un elemento della discussione in corso sull'approfondimento dell'unione economica e monetaria. Ci sono sul tema diverse considerazioni e suggerimenti, non da ultimo da parte della Commissione Europea, ma anche del FMI, che continuano ad essere oggetto di discussione", cosi' la risposta del ministero ad una nostra richiesta. "ll lavoro degli organismi europei è attualmente incentrato sullo sviluppo dell'Unione bancaria e del meccanismo europeo di stabilità".

"Mi sfugge completamente la necessità di un ulteriore strumento di compensazione dei deficit", ha detto a Die Welt Peter Bofinger, il membro piu' anziano del "Consiglio dei saggi economici". "E' una cosa a metà fra la concessione di un prestito nell'ambito dei pacchetti di stabilità e gli aiuti erogati attraverso il meccanismo europeo di stabilità (ESM). Che senso avrebbe un terzo strumento?", chiede Bofinger.

Bofinger sottolinea inoltre che i versamenti previsti dal FMI entro tre anni raggiungerebbero i 100 miliardi di euro. "Come si possono investire tutti questi soldi?" Alla fine ci troviamo in una fase di bassi tassi di interesse e "l'investimento di una somma simile non farebbe altro che ridurre ulteriormente i tassi di interesse", cosi' Bofinger.

La questione successiva è se il modello sia davvero praticabile. Dopo tutto, i beneficiari di aiuti finanziari dovrebbero aumentare i pagamenti subito dopo aver superato una crisi. I governi dei paesi da poco usciti da una crisi potrebbero essere meno disposti ad aumentare immediatamente i versamenti nel sistema di sicurezza.

Infine, l'entità del fondo delineato da Lagarde rischia di incontrare forti resistenze nella zona euro: lo 0.35% del PIL sono molti soldi, e per alcuni paesi potrebbero addirittura essere troppi. Per la Germania, con un PIL di circa 3,26 trilioni di euro, significa che ogni anno dovrebbe versare circa 11.4 miliardi di euro nel fondo, calcolati sui 10 anni sarebbero 114 miliardi di euro.

Nei periodi buoni, come quello attuale, si possono anche obbligare i governi a prendere un tale impegno. Ma cosa accadrebbe quando le nuvole piu' scure si radunano nel cielo economico? Christine Lagarde vede il problema, ma controbatte usando una espressione di saggezza che da mesi continua a ripetere come se si trattasse di un mantra: "bisogna riparare il tetto quando ancora splende il sole".

Perché in Germania centinaia di migliaia di persone sono senza assicurazione e copertura sanitaria

Nella civilissima Germania del 2018 ci sono centinaia di migliaia di persone non coperte da un'assicurazione sanitaria. Ad essere colpiti non sono solo gli stranieri, ma ci sono molti lavoratori autonomi che semplicemente non riescono a coprire i contributi minimi previsti dalle assicurazioni obbligatorie. Ne parla il Tagesschau della ARD.


Jens Spahn, il nuovo ministro della salute, ha una grande fiducia nell'assicurazione sanitaria tedesca: "abbiamo un sistema di sicurezza sociale di alto livello a cui hanno accesso gli 80-82 milioni di persone che vivono in questo paese". E questo non accade quasi in nessun'altro paese al mondo, ha detto Spahn lunedì sera durante il programma "Hart aber fair".

Per Helmut Böhm, frasi del genere suonano come una presa in giro. Il 64enne berlinese è uno fra quei citati 82 milioni di persone. Egli tuttavia non ha alcun accesso al sistema di sicurezza sociale garantito dall'assicurazione sanitaria.


Fuori dall'assicurazione sanitaria

Per molti anni, insieme a sua moglie, è stato coperto da un'assicurazione sanitaria privata (PKV). Quando pero' i contributi hanno raggiunto i 1.100 euro al mese, la coppia non ha piu' potuto permettersela. Böhm a causa del diabete è diventato inabile al lavoro iniziando a percepire una pensione di appena 640 euro.

La coppia è dovuta passare ad un'assicurazione sanitaria pubblica (GKV), fatto che inizialmente non sembrava essere problematico. Dopo appena un trimestre pero' la cassa mutua ha espulso Helmut Böhm. Era stato un errore: nonostante l'inabilità al lavoro non ha piu' diritto all'assicurazione sanitaria legale. Il problema è che a differenza della moglie era già oltre i 55 anni.

Anche gli uffici del welfare non possono aiutare

Il legislatore ha introdotto questo limite di età per il passaggio all'assicurazione sanitaria legale al fine di evitare da parte degli assicurati il "salto da un sistema all'altro": vale a dire, godere dei contributi e dei benefici dell'assicurazione sanitaria privata in giovane età, e in vecchiaia, quando i contributi aumentano e iniziano ad arrivare le malattie, passare nel sistema delle Krankenkasse pubbliche. In realtà una legge ragionevole, ma che nei casi piu' difficili, come quello di Helmut Böhm, ti lascia senza una protezione.

Sfortuna, è passato attraverso la rete, gli hanno detto. Perfino l'ufficio di previdenza sociale non puo' fare nulla per casi come il suo, perché lui - nel frattempo pensionato - riceve una prestazione di pochi euro superiore al limite necessario per avere diritto alla sicurezza di base. E sebbene abbia attivato un avvocato per esaminare il caso, Böhm non ha alcuna possibilità di ottenere una copertura assicurativa a prezzi accessibili.

Fra 80.000 e centinaia di migliaia di persone sono senza assicurazione

Non è il solo a trovarsi in questa situazione e ad avere avuto questo destino. Si stima che tra le 80.000 e diverse centinaia di migliaia di persone in Germania siano prive di un'adeguata copertura assicurativa sanitaria. I numeri sono difficili da verificare, è probabile che la cifra oscura sia ancora piu' alta. Dal 2007 in Germania è stato introdotto l'obbligo di assicurazione sanitaria.

Ad essere colpiti ad esempio sono molti lavoratori autonomi, perché non possono permettersi di pagare i contributi, anche quelli minimi per l'assicurazione pubblica. Molti con le loro entrate riescono appena a sopravvivere, e non hanno certo i soldi per pagare il contributo minimo di oltre 300 euro previsto dalla Krankenkasse pubblica. Restano i debiti contributivi e una copertura assicurativa limitata.

Il gruppo piu' grande: stranieri senza documenti e cittadini UE senza lavoro

Un altro gruppo di persone coinvolte sono i migranti privi di documenti e senza un titolo valido per la residenza. Anche i richiedenti asilo con una richiesta non accettata rientrano in questa categoria. In realtà avrebbero diritto ad una copertura medica. Poiché devono prima rivolgersi ai servizi sociali, i quali hanno l'obbligo di trasmettere le informazioni all'ufficio immigrazione, di solito non percorrono questa strada.

Anche i cittadini UE, che grazie alla libertà di circolazione si trovano in Germania alla ricerca di un lavoro, non hanno alcun diritto ad un'adeguata assistenza sanitaria. Con un inasprimento della legge introdotto nel 2017 sono stati esclusi dall'assistenza sociale, e quindi anche loro passano attraverso la rete.

In caso di incidente, dolori acuti o malattie potenzialmente mortali, ogni persona in Germania deve essere curata. Ma già il semplice ricorso a fasciature o antidolorifici deve essere pagato di tasca propria, per non parlare della fisioterapia o delle misure di riabilitazione.

"Un attestato di povertà per la Germania"

Anche Helmut Böhm ha scoperto che i costi possono crescere alla svelta. Nel 2017 a causa di una pericolosa infiammazione -  una conseguenza del suo diabete - gli è stato amputato un arto inferiore. La lunga degenza ospedaliera e la fornitura di protesi alla fine gli sono costate circa 50.000 euro. Senza l'aiuto dei familiari e dei conoscenti non sarebbe stato in grado di far fronte alle spese. Deve sostenere da solo anche i costi per le compresse contro il diabete e le visite dal medico: ogni mese sono dai 170 ai 200 euro.

"Specialmente fra i malati cronici, la mancanza di una copertura assicurativa è un problema molto serio", afferma Johanna Offe di  "Ärzte der Welt". Perché potrebbe anche accadere che il malato non ricava tutti i farmaci o le cure necessarie. Molti semplicemente non si recano dal dottore perché temono di dover sostenere dei costi molto alti oppure per vergogna. "In un paese ricco come la Germania rappresenta un attestato di povertà", ci dice in un'intervista a tagesschau.de.

La società civile colma le lacune

Soprattutto perché lo stato, secondo il Patto sociale delle Nazioni Unite, è obbligato a fornire assistenza medica a chiunque si trovi in Germania. Ci sono tuttavia varie organizzazioni all'interno della società civile che forniscono assistenza medica alle persone prive di un'assicurazione sanitaria: "Ärzte der Welt", i "Medinetze" oppure i  "Malteser Medizin für Menschen ohne Krankenversicherung". In realtà non sarebbe compito della società civile colmare le lacune che lo stato crea con i suoi stessi fallimenti, ci dice Offe.

Per un gruppo di persone colpite, almeno in questa legislatura, tuttavia dovrebbe cambiare qualcosa: il contributo minimo per l'assicurazione sanitaria legale dei lavoratori autonomi dovrebbe essere dimezzato, almeno cosi' è scritto nell'accordo di coalizione. "Si tratta di un miglioramento importante per molti lavoratori autonomi", dice Offe. Per persone come Helmut Böhm, che non hanno accesso all'assicurazione sanitaria pubblica, tuttavia non cambierà nulla.


sabato 24 marzo 2018

La Germania fra la peste dell'unione di trasferimento e il colera della fine dell'euro

Le élite politiche ed economiche tedesche sono di fronte ad un bivio: da un lato la peste dell'unione di trasferimento dall'altro il colera delle conseguenze politiche e geo-strategiche della fine della moneta unica. Ne parla in 140 pagine uno studio appena pubblicato dal Feri Cognitive Finance Institute di Francoforte e rilanciato da WirtschaftsWoche in un articolo le cui conclusioni sono alquanto chiare: l'equilibrio della moneta unica è molto precario, la fine dell'euro non è da escludere. Da wiwo.de


Fino al 2015, almeno fino all'escalation della crisi dei migranti, non c'era una domanda che occupasse la politica europea piu' di questa: l'unione monetaria può' essere tenuta in piedi senza che i membri vacillanti, la Grecia in primo luogo, debbano lasciare l'eurozona? La questione sembrava aver ricevuto una risposta definitva: la fine dell'unione monetaria non è piu' all'ordine del giorno. O almeno questo è il messaggio che da allora i governanti di Bruxelles e delle capitali dell'eurozona e della BCE di Francoforte continuano a proclamare in maniera piu' o meno credibile. Anche al prossimo vertice UE di giovedì e in quello dell'eurozona di venerdi' nessun capo di governo esprimerà dei dubbi ad alta voce.

Dall'inizio della crisi greca nel 2010 il rimedio è sempre stato lo stesso, come ha recentemente spiegato Hans-Werner Sinn al presentatore televisivo Markus Lanz: "la crisi è sempre stata superata mettendo sul tavolo il portafogli del contribuente, essenzialmente di quello tedesco. E nel farlo è stato detto: non abbiate paura investitori, mettete pure i soldi sulla Grecia & Co., nel dubbio saranno i tedeschi a ridarveli  indietro". Insieme alla politica di enorme espansione monetaria della BCE, si è trattato più' che altro di una sospensione o di un tentativo di gestione della crisi, ma non c'è stata una reale rimozione delle cause sottostanti.

Un recente studio del Feri Cognitive Finance Institute di Francoforte accompagna in circa 140 pagine le profezie della Cassandra Sinn verso il vertice UE di questa settimana. La conclusione di questa indagine argomentativa basata sulla teoria dei giochi è la seguente: "Il crollo della moneta unica non è affatto da escludere".

Le proposte di riforma fatte dal Presidente francese Macron, tanto celebrate anche in Germania, secondo l'autore dello studio nonché presidente del Feri-Instituts, Heinz-Werner Rapp, non sono affatto risolutive: l'unione monetaria è un "cantiere incompleto" i cui principali "difetti di costruzione" e "il rischio incidente" non possono in alcun modo essere rimossi, al massimo nascosti. Anche nelle attuali proposte di Parigi si tratterebbe piu' che altro di reperire nuove risorse finanziarie per continuare a spingere l'attuale politica "sia attraverso nuove opportunità per la creazione di debito pubblico, oppure piu' pericolosamente - attraverso la socializzazione dei rischi". Nel grande discorso alla Sorbona di Macron del settembre scorso si diceva letteralmente: "abbiamo il dovere di finanziare i beni comuni, al cui vertice c'è la moneta unica. Abbiamo quindi bisogno di maggiori investimenti e di mezzi per la stabilizzazione in caso di crisi economiche". Investimenti, risorse - quindi denaro.

I motivi principali per "la fragilità concettuale, istituzionale ed economica" dell'euro sono fondamentalmente i conflitti di interesse, le incomprensioni e le contraddizioni "concettuali e filosofiche" fra Germania e Francia, in quanto principali paesi dell'eurozona. Queste contraddizioni, accettate con garbo e leggerezza nell'ambito del primato della politica nella fase iniziale della moneta unica costituiscono ora un "terreno pericoloso denso di fratture e complessi fattori di rischio", che mettono a repentaglio l'esistenza stessa dell'unione monetaria.

Rapp individua diverse linee di rottura. Prima di tutto morali - nel caso estremo, l'inganno deliberato in merito alla situazione delle finanze greche al momento dell'ingresso nell'unione monetaria. Ancora piu' profonda: l'eterogeneità economica degli stati membri in relazione alla competitività, all'indebitamento e alla flessibilità delle istituzioni e delle strutture. E ancora strettamente collegata è la linea di rottura concettuale che è stata aperta dal sistema dei saldi Target: originariamente inteso come un sistema di compensazione interno per i flussi di pagamento, in seguito si è trasformato in un sistema di lettere di credito senza controllo. Un sistema fatto "di prestiti per la creazione di denaro", come indica lo studio citando Hans-Werner Sinn. Ed è altamente improbabile che la Bundesbank tedesca, di fatto il principale creditore, sarà mai in grado di incassare questi prestiti vantati nei confronti del sud-europa.

A ciò' si aggiungono le "linee di faglia sistemiche". Sono diventate evidenti durante l'eurocrisi, soprattutto nelle misure di aggiustamento e con le evidenti tracce lasciate nella struttura istituzionale dell'unione monetaria (non ultimo il pacchetto di salvataggio ESM). Queste misure svalutano l'insieme originale delle regole del trattato di Maastricht - soprattutto la clausola centrale del "No-bail-out" che proibiva esattamente tali misure di salvataggio.

Al di là delle proteste ufficiali, queste misure hanno liberato i governi dei paesi in crisi dalla pressione immediata di dover agire. In termini di teoria dei giochi: l'esperienza di un giocatore, le cui violazioni aperte delle regole non gli procurano nessuna punizione, ma al contrario, gli garantiscono il supporto degli altri giocatori, conduce direttamente all'azzardo morale, in altre parole al free-riding. 

La prospettiva di forti sconvolgimenti economici e soprattutto politici, che potrebbero esserci in caso di totale rottura della zona euro, potrebbero tuttavia non essere un motivo sufficiente per spingere i politici al governo, soprattutto in Germania, "a fare almeno quei passi minimi che potrebbero ancora evitare una rottura della zona euro".

La prospettiva futura piu' probabile per l'unione monetaria "è una graduale transizione verso una costosa ed inefficiente unione di trasferimento". In considerazione di queste riflessioni legate alla teoria dei giochi, Rapp ipotizza che nel frattempo una riforma di fondo che introduca trasferimenti crescenti e dalla durata incondizionata diventi sempre piu' improbabile, poiché gli incentivi per gli attori nazionali tendono a ridursi. Le conseguenze implicite sarebbero: "un significativo aumento dei trasferimenti e un aumento costante dei rischi futuri, soprattutto per la Germania".

La via verso l'unione di trasferimento perciò' secondo Rapp "non è solo una dichiarazione di bancarotta nei confronti di tutte le precedenti promesse di voler creare un'unione monetaria stabile; l'unione di trasferimento porta con sé ulteriori perturbazioni nella zona euro". I trasferimenti non potrebbero stabilizzare in maniera definitiva e a lungo termine l'unione monetaria, ma causerebbero sempre nuove crisi, generate da violazioni delle regole rimaste impunite. Risultato: una unione di trasferimento fragile. 

L'alternativa all'unione di trasferimento permanente, non necessariamente impossibile, sarebbe l'uscita dei singoli stati membri. A poterlo fare sarebbero, secondo Rapp, i membri piu' piccoli ed economicamente forti come l'Austria o la Finlandia, perché per loro a un certo punto l'incentivo a lasciare l'unione potrebbe diventare piu' forte rispetto al vantaggio di rimanere, che invece imporrebbe obblighi crescenti.

Una tale riduzione di perimetro oppure il completo collasso dell'eurozona è ipotizzabile anche come uno scenario di lungo periodo all'interno di una unione monetaria da tempo sempre infruttuosa e sempre piu' costosa. Per la Germania, economicamente forte, ma per ragioni politiche senza opzioni di uscita - l'unione monetaria in futuro significherà sempre piu' una scelta fra la peste e il colera - oppure entrambe le malattie uno dietro l'altra.

Alla peste dell'unione di trasferimento e al colera dei possibili sconvoglimenti causati dal crollo dell'euro, per la Germania, ma alla fine anche per il resto d'Europa, si aggiunge un'altra malattia, che temporaneamente potrebbe coincidere con le altre due, come chiarito da Hans-Werner Sinn nella trasmissione di Markus Lanz: cosa succederà fra 15 anni in Germania quando i babyboomer andranno in pensione e vorranno ricevere una pensione finanziata da quei figli che non hanno mai avuto? Le richieste di trasferimento dei beneficiari interni si troveranno a concorrere con quelle degli altri paesi europei. E entrambi dovranno affrontare gli interessi del gruppo sempre piu' debole, che invece dovrà finanziare tutti: il contribuente.

giovedì 22 marzo 2018

In Germania quasi il 10% della popolazione percepisce un sussidio di base

Da sozialpolitik-aktuell.de, il sito del prestigioso IAQ di Duisburg (Institut Arbeit und Qualifikation), rilanciamo una breve ma interessante analisi sui dati relativi ai percettori di un sussidio sociale minimo in Germania: 7.9 milioni di persone pari al 9.7% della popolazione complessiva percepiscono sotto diverse forme un sussidio sociale minimo, in forte crescita il numero degli stranieri. Da sozialpolitik-aktuell.de

Fonti: Bundesagentur für Arbeit (2018), Statistische Ämter des Bundes und der Länder (2017), Sozialberichterstattung

- Nella discussione su quanto accaduto presso la Tafel di Essen (blocco dell'accettazione per i non tedeschi) non si possono ignorare le condizioni quadro all'interno delle quali si svolge il conflitto: la società è caratterizzata da una crescente divisione sociale. Nonostante la buona congiuntura economica, l'aumento dell'occupazione, la diminuzione della disoccupazione e il surplus del bilancio pubblico, quasi il 10% della popolazione ha un reddito cosi' basso da dover richiedere l'erogazione di un sussidio per la "sicurezza di base".


- Le prestazioni previste dalla "sicurezza di base" (Grundsicherung) sono cosi' basse che sempre piu' persone devono fare ricorso agli aiuti messi a disposizione dalla società civile e dalle Tafel, il cui volume pero' è alquanto limitato. In questo modo i confitti per la redistribuzione sono strutturalmente programmati tanto che in una società benestante è necessario porsi la domanda: chi ha diritto a ricevere il cibo scaduto?

- La media nazionale di quasi il 10% della popolazione nasconde pero' un fatto: in molte regioni e città della Germania c'è una dipendenza ancora maggiore dai sussidi di base e molta piu' povertà. Questo è particolarmente vero per le città dell'area della Ruhr, sulla costa e nei nuovi Bundeslaender. Cosi' nella città di Essen nel 2016 il 21.2% della popolazione era classificato a rischio povertà, vale a dire il loro reddito era inferiore al 60% del reddito mediano tedesco calcolato a livello nazionale. Fra questi è sempre piu' alta la percentuale delle persone prive di cittadinanza tedesca.

- La parte piu' significativa dei percettori di un sussidio di base è rappresentata dai disoccupati nell'ambito del SGB II (Sozialgesetzbuch Zwei) con l'indennità Arbeitslosengeld II (Hartz IV) e il Sozialgeld (assistenza per chi è impossibilitato a lavorare). La media nazionale dei beneficiari di prestazioni secondo il SGB II nel 2017 era pari al 9.3% della popolazione complessiva. Nella città di Essen la percentuale di destinatari di un sussidio nell'ottobre 2017 era pari al 20.4%. Quasi il 40% dei beneficiari di SGBII in questa città sono stranieri.

- Il tasso di copertura della "sicurezza di base" fra il 2006 e il 2012 è sceso leggermente. Poiché il numero dei disoccupati nello stesso periodo è diminuito significativamente, lo sviluppo di questo trend è sorprendente. I dati indicano che una parte crescente dei beneficiari di prestazioni sociali nell'ambito di SGB II non è disoccupata.

- Dal 2013 si puo' notare un nuovo aumento sia del numero dei beneficiari sia della percentuale dei destinatari di un sussidio di base. Cio' è riconducibile alla forte crescita degli aventi diritto fra i richiedenti asilo nell'ambito del grande afflusso di profughi. Nel 2016 circa 728.000 persone hanno ricevuto prestazioni ai sensi della legge sul diritto di asilo.

- Anche la struttura dei destinatari delle prestazioni nell'ambito del SGBII è cambiata. Mentre dal 2007 la dipendenza fra i tedeschi ha continuato a scendere - raggiungendo nel 2016 il 6.4% - fra la popolazione straniera si puo' individuare la tendenza opposta: la percentuale di percettori cresce e nel 2016 ha raggiunto un valore del 17.7%. La distanza fra i tedeschi e gli stranieri nel 2016 era di 11.5% punti percentuali.


mercoledì 21 marzo 2018

Il doppio gioco di Merkel

Secondo Lost in Europe, un blog ben informato, Merkel nel confronto con Macron, avrebbe chiesto ad Altmaier (CDU) di spalleggiare il gruppo intransigente del nord guidato dall'olandese Rutte (qui la lettera uscita sulla stampa tedesca) per ritagliarsi un ruolo di mediazione con il fronte dei sud-europei, guidato da Macron, e per frenare ogni passo verso la temuta unione di trasferimento. Da Lost in Europe


E questo signori è stato "il motore franco-tedesco": poco prima del vertice UE di giovedì fonti vicine agli ambienti del governo di Berlino confermano che la Cancelliera Merkel appocggia l'iniziativa anti-Macron del Nord Europa.

In precedenza era trapelato che il braccio destro di Merkel - l'ex Capoufficio alla Cancelleria Altmaier - aveva partecipato a due dei tre incontri del gruppo guidato dal primo ministro olandese Rutte.

Si tratta del gruppo di paesi del nord che si oppone all'approfondimento dell'unione monetaria, come invece chiede Macron. Il gruppo inoltre è contrario ad un aumento dei contributi UE, come invece annuncia la "GroKo" nel contratto di coalizione.

"Ci fa sempre piacere partecipare quando si parla del futuro dell'UE", si dice in ambito governativo. Il NO del gruppo Nord al "piu' Europa" sarebbe "un contributo positivo al dibattito attuale".

Merkel sta cercando di posizionarsi come mediatrice - a metà fra gli intransigenti olandesi e il capo di stato francese. Non esiste un monopolio franco-tedesco, almeno cosi' si dice.

In verità Merkel vorrebbe solo rallentare Macron e preservare lo status quo all'interno dell'UE, cosi' favorevole alla Germania. Gioca un doppio ruolo che serve piu' che altro a rallentare la prevista riforma dell'UE.

E cio' farà in modo che dal vertice UE di giovedì e venerdì non ci si potrà aspettare nessun progresso concreto. "L'agenda dei leader" semplicemente non porta da nessuna parte.

Macron tuttavia è riuscito a mettere due temi all'ordine del giorno: una nuova tassa europea sulle società internet - e un vertice europeo nel quale si parlerà del futuro dell'unione monetaria.

Ovviamente Berlino frena anche su questi temi, non ci si puo' aspettare nessuna decisione...