martedì 12 giugno 2012

Quanto resta nel fondo salva stati?


Zeit.de, calcola gli importi ancora disponibili nel fondo di salvataggio europeo EFSF: la somma rimasta è decisamente insufficiente ed espone l'Italia.
Il pacchetto di aiuti messo a disposizione dai paesi UE e dal FMI nel 2010, all'inizio della crisi, raggiungeva i 750 miliardi di Euro. Nel frattempo una grossa parte di questa somma è stata utilizzata.

Dopo l'Irlanda, il Portogallo e la Grecia adesso anche la Spagna ricorre gli aiuti del fondo europeo di salvataggio. Con questo denaro dovranno essere supportate le banche spagnole in difficoltà. Ma quanto denaro rimarrebbe ancora disponibile, nel caso in cui la Spagna avesse bisogno di ulteriori aiuti - oppure, come ipotizzato dal ministro delle finanzae austriaco Maria Fekter - anche l'Italia chiedesse il sostegno del fondo?

Il fondo di salvataggio EFSF introdotto nel 2010 prende denaro a prestito dal mercato dei capitali e fornisce credito ai paesi Euro indebitati. Per i crediti garantiscono i paesi Euro. Il credito disponibile ammonta a 440 miliardi di Euro. Il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha messo a disposizione 250 miliardi di Euro, ulteriori 60 miliardi di Euro di credito sono concessi dall'Unione Europea attraverso la commissione UE. Se sommiamo tutto, il fondo disponeva all'inizio di 750 miliardi di Euro.

Da allora diversi paesi hanno fatto richiesta e ricevuto aiuti finanziari. L'Irlanda nel novembre 2010 ha ricevuto 62.7 miliardi di Euro da EU, FMI, e EFSF, il Portogallo nell'aprile del 2011 ha richiesto crediti per 78 miliardi di Euro. Il secondo pacchetto di aiuti per la Grecia, accordato nel marzo 2012, comprendeva in totale 172.7 miliardi di Euro. Il primo pacchetto di salvataggio per la Grecia era stato concesso prima dell'introduzione del fondo salva stati nell'aprile 2010.

I fondi già concessi riducono considereveolmente il volume di credito del fondo di salvataggio europeo. Dei 750 miliardi di Euro iniziali, 313.4 sono stati pagati oppure già promessi. Sul piatto rimanevano 436.6 miliardi di Euro - prima della richiesta arrivata dalla Spagna. Nel fine settimana i paesi Euro hanno assicurato alla Spagna altri 100 miliardi di Euro. Il volume disponibile resta a questo punto di 336.6 miliardi di Euro.

Questo significa: dei crediti disponibili all'inizio, circa il 55% è stato già utilizzato. Gli aiuti per la Spagna - a differenza di Irlanda, Portogallo e Grecia - saranno forniti solo dall'Europa. Il FMI probabilmente non vi prenderà parte. Nel solo EFSF dei 440 miliardi iniziali rimangono solamente 151.6 miliardi di Euro. "Se la Spagna e l'Italia dovessero avere problemi piu' seri, le somme disponibili non potranno in alcun modo bastare" ha dichiarato l'economista Peter Bofinger. La Spagna è la quarta economia dell'Eurozona, l'Italia la terza.

lunedì 11 giugno 2012

Quanto costerebbe alla Germania uscire dall'Euro

Die Welt si diverte a fare un'ipotesi sui costi per la Germania in caso di uscita dalla moneta unica: ci sarebbero perdite gigantesche e l'economia sarebbe al collasso. I tedeschi sono davvero ricattabili?

Un tedesco su due vorrebbe tornare al D-mark. "Welt-Online" ha simulato un'uscita della Germania dall'Euro e ha fatto i conti. Le consequenze per lo stato, i cittadini e le imprese sarebbero spaventose.

Lo scenario di un'uscita.

Supponiamo che la Repubblica Federale lasci da sola il 1 luglio 2012 l'Eurozona. Dopo un tale passo dovremmo preoccuparci di come riavere il nostro denaro indietro; problema che peraltro è già diventato attuale.

Daniel Gros, direttore del  Centre for European Policy Studies (CEPS) di Brussel, stima che lo stato, il governo, le banche e le imprese del nostro paese abbiano crediti verso l'estero per circa 2.000 miliardi di Euro; pari all'80% del prodotto interno lordo annuo della Repubblica Federale.

Facili da quantificare sono invece i crediti della Bundesbank verso le banche centrali degli altri paesi europei. Poiché i flussi di denaro all'interno del mercato dei capitali si stanno prosciugando, indirettamente, attraverso la banca centrale, nei bilanci della Bundesbank si sono accumulate somme gigantesche: i cosiddetti crediti Target II.

Alla fine di maggio erano 699 miliardi, pari a piu' di 2 bilanci federali. E ogni mese si aggiungono fra i 50 e i 100 miliardi. Di fatto l'export tedesco viene pagato con credito tedesco.

Se la Germania decidesse di lasciare la moneta unica, almeno una parte di questo denaro andrebbe perduta, se non tutto. "Se la Germania uscisse, violerebbe i trattati sull'unione monetaria e non potrebbe in alcun modo far valere i suoi crediti nei confronti dell'Eurosistema", ci dice Hans Werner Sinn, presidente dell'IFO Institut.

Buco profondo nel bilancio della Bundesbank

Anche se Sinn è stato il primo economista a portare l'attenzione sui pericolosi crediti Target, ci mette in guardia dai pericoli di un'uscita della Germania: "Io credo valga la pena mantenere l'Euro, e la Germania dovrebbe mettere del denaro sul tavolo per tenere in vita la moneta unica".

Nel migliore dei casi i crediti Target sono da considerare come riserve valutarie. Sono crediti della Bundesbank verso la BCE - ma non sono protetti dalle perdite: se l'Euro dovesse svalutarsi consistentemente nei confronti del nuovo D-Mark, la Bundesbank dovrebbe considerare perduti una parte di questi crediti. Si avrebbe allora un gigantesco buco nei bilanci della Bundesbank.

Il governo non incasserebbe alcun dividendo dalla Bundesbank, dovrebbe invece registrare una perdita. Holger Schmieding, capo economista di Berenberg Bank, vede in questo caso una via di uscita: le riserve auree, che nei libri della Bundesbank sono inserite ad un valore piu' basso di quello di mercato, potrebbero essere rivalutate. Come un tempo voleva fare il Ministro delle Finanza Theo Waigel.

Verso una bancarotta dello stato

Se la Bundesbank si mettesse di traverso e non volesse aggiornare il valore delle sue riserve auree, il governo federale dovrebbe ricapitalizzare la Bundesbank a sue spese. Vale a dire, debito pubblico aggiuntivo. Schmieding stima perciò che con un'uscita della Germania dall'Euro, il debito pubblico crescerebbe rapidamente.

"Il rapporto debito/PIL raggiungerebbe rapidamente il 110 o il 120 % del PIL", ci dice Schmieding. "Se dovesse esserci una via verso la bancarotta dello stato tedesco, allora sarebbe questa".

Con un'uscita dalla moneta unica anche il bilancio pubblico sarebbe fortemente influenzato, visto che il PIL diminuirebbe rapidamente. L'insicurezza si trasferirebbe ai beni di investimento in maniera piu' che proporzionale - come dopo la crisi Lehman, quando l'economia tedesca si è contratta piu' di quanto non abbia fatto quella francese.

Fine del miracolo dell'export

In aggiunta l'export soffrirebbe molto, perché il nuovo marco si apprezzerebbe con forza. "Saremmo colpiti da uno Tsunami di rivalutazione", ci dice Michael Burda, professore alla Berliner Humboldt-Universität. Egli infatti calcola una rivalutazione fra il 20 e il 30% - la fine del miracolo dell'export tedesco.

"I profitti dell'export crollerebbero, e metà dell'economia legata alle esportazioni si troverebbe sull'orlo del baratro", continua Burda. Le conseguenze sarebbero un nuovo equilibrio in Europa: meno export, meno crescita, meno occupati - e salari piu' bassi. "Se gli affari degli esportatori crollassero, anche i salari sarebbero messi sotto pressione" La tredicesima mensilità sarebbe sicuramente la prima ad essere eliminata.

Ma questi non sono tutti i costi che un'uscita si porterebbe dietro. Perchè bisogna calcolare anche i patrimoni e i crediti dello stato, dei cittadini e delle imprese.

Che cosa lo stato perderebbe

A livello federale il calcolo non è troppo difficile. Grecia, Irlanda e Portogallo hanno ricevuto circa 330 miliardi di aiuti dai paesi europei. 28 % di queste somme è garantito dalla Germania.

In caso di uscita della Germania, questi crediti avrebbero un rischio cambio, visto che sono denominati in Euro. Ma c'è anche un rischio emittente: perchè è possibile che questi paesi possano trovarsi in difficoltà finanziarie e non essere in grado di ripagare i loro debiti. La Grecia è già sull'orlo del precipizio.

Anche queste perdite sarebbero poca cosa in confronto a quello che potrebbe succedere nel mondo delle imprese. Un semplice esempio ci mostra il possibile kaos: se la Grecia dovesse uscire dalla moneta unica, ad esempio, un tour operator tedesco dovrebbe ricalcolare il valore di un hotel in Grecia nel suo bilancio: l'investimento a causa della svalutazione avrebbe perso una grossa parte del suo valore. Questo avrebbe un effetto diretto sul proprio capitale. 

L'effetto sarebbe ancora peggiore se la Germania decidesse di uscire: in questo caso tutti gli immobili, gli impianti industriali e le merci nel resto dell'Euro-zona dovrebbero subire una nuova valutazione. Il governo federale dovrebbe creare un fondo di compensazione enorme, mediante il quale le banche, le assicurazioni e  i bilanci delle imprese dovrebbero essere stabilizzati - come accaduto una volta nella conversione da Ost-Mark in D-Mark, ma sarebbe N volte piu' grande.

Quello che l'economia e le banche perderebbero.

Questi sarebbero tuttavia gli effetti immediati. Eventuali effetti ulteriori, come nel caso del fallimento Lehman, sono difficili da prevedere. E' sicuro: sarebbero necessari miliardi per le svalutazioni nei bilanci delle banche, perchè l'effetto sarebbe a valanga, e colpirebbe l'intera economia.

La Germania sarebbe in grande difficoltà. Le riserve d'oro da sole non sarebbero sufficienti. La Bundesbank dovrebbe intervenire e rifornire l'economia con quantità gigantesche di liquidità e denaro contante.

Altrimenti, profetizza l'economista Burda, le banche crollerebbero sotto l'effetto di questa crisi: "L'uscita della Germania dall'Euro porterebbe alla statalizzazione delle stesse banche tedesche...nessuna banca sopravviverebbe con le proprie forze". Sembra quasi rassegnato quando dice: "Siamo ostaggi della situazione. E i paesi del sud lo sanno".

Che cosa perderebbero i cittadini

Ancora non abbiamo parlato dei risparmi dei cittadini. Circa 4.7 trilioni di Euro di patrimonio. Ciò a fronte di 1.55 trilioni di debiti. La posizione netta è di 3.2 trilioni di Euro, che si trovano sui conti, sui libretti di deposito o investiti in assicurazioni sulla vita. Anche questi patrimoni sarebbero a rischio se la Germania dovesse lasciare l'Euro.

Il denaro sui conti correnti sarebbe il problema minore. Il governo potrebbe definire un nuovo tasso di cambio fra l'Euro e la nuova valuta. Dovrebbe poi fissare un giorno in cui tutto il denaro sui conti e nei depositi dovrà essere convertito nella nuova moneta.

In caso diverso, tutto il risparmio d'Europa arriverebbe in Germania. I risparmiatori proverebbero a convertire i loro risparmi nella nuova moneta visto che questa dovrebbe rivalutarsi rispetto al resto d'Europa.

Gli economisti ritengono quindi che se un giorno il governo dovesse prendere una tale decisione, quel giorno dovrebbe corrispondere con la data di conversione. Il cambiamento tecnico è fattibile, ma sarebbe probabilmente collegato con il fatto che la maggior parte del denaro contante che non si trova sui conti, potrebbe perdere ogni valore.

Un grosso punto interrogativo ci sarebbe anche per uno degli strumenti di risparmo piu' amato dai tedeschi: le assicurazioni sulla vita. Con circa 1.4 trilioni di Euro, quasi un terzo dei risparmi giace presso le imprese di assicurazione.

Per queste un'uscita dall'Euro sarebbe una trappola: gli assicuratori fino al 1999 potevano investire quasi esclusivamente in Germania; da allora hanno utilizzato in grande stile la possibilità di comprare obbligazioni in tutta Europa.

Le cifre sul denaro dei propri clienti investito dalle assicurazioni nei paesi dell'Euro-zona non sono pubbliche. Si sa solo che nell'autunno 2010 avevano prestato circa il 9% del loro patrimonio in Portogallo, Italia, Irlanda, Grecia e Spagna.

Che cosa rimarrebbe di questi crediti in caso di ritorno al D-Mark, non lo può prevedere nessuno. Ci potrebbero essere delle perdite come nel caso della Grecia. E ci sarebbe sicuramente un rischio cambio. Le assicurazioni avrebbero dei crediti in Euro, ma dovrebbero corrispondere premi in D-Mark. Potrebbero quindi generarsi dei grossi buchi di bilancio.

Sicuramente per le assicurazioni in Germania valgono dei requisiti molto rigidi. Ma che valore potrebbero ancora avere, se ci fossero delle grosse perdite o se avessimo una forte rivalutazione del D-Mark?

Gli esperti valutano particolarmente critica la situazione delle assicurazioni sulla vita: "Con forme di investimento non smobilizzabili che hanno investito in obbligazioni europee, si rischiano delle perdite molto concrete", ci dice l'economista di Deutsche-Bank Mayer.

Qual'è la soluzione?

Nonostante Mayer chieda al governo di compiere una riflessione sulla permanenza nell'Euro, il fatto è che l'economista di Deutsche Bank vede un'altra via di uscita.  La Grecia potrebbe introdurre accanto all'Euro una valuta parallela, il "Greuro".  Anche in Germania, accanto all'Euro, sarebbe possibile introdurre una nuova moneta stabile come mezzo di pagamento.

Meyer ipotizza qualcosa di simile al "Goldmark" - una valuta garantita dall'oro e che dà alle imprese e ai consumatori la possibilità di investire il loro danaro e di utilizzarlo come mezzo di pagamento.

Quello che sulla carta sembra facile, avrebbe però il potenziale per una esplosione violenta. Chi pagherebbe in Euro e chi in Goldmark? In quale valuta i dipendenti pubblici e i pensionati riceverebbero il loro denaro? L'insicurezza sarebbe enorme, la pressione al ribasso sull'Euro di uguale misura. Molti di questi problemi non sorgerebbero comunque in una notte.

Un incubo lo avremmo in ogni caso. Tuttavia Mayer non esclude questa soluzione: "Prima che l'Euro affondi nel vortice della creazione di moneta illimitata, sarebbe importante  creare una seconda barca stabile. Questa imbarcazione potrebbe essere il Goldmark. "Non è bellissimo, ma è sempre meglio che affondare".

Il presidente Bundesbank Weidmann non vuole saperne nulla, confessa però, che la situazione deve cambiare radicalmente, per evitare delle pericolose turbolenze. La chiarezza è necessaria: "intendiamo andare verso una unione fiscale oppure continuiamo a fare affidamento su politiche di bilancio nazionali?".

Ma la responsabilità comune dovrebbe essere tuttavia ben limitata. Continuare come abbiamo fatto fino ad ora, Weidmann lo esclude: "In questa condizione, l'unione monetaria non può funzionare a lungo".

domenica 10 giugno 2012

Fino a quando non perderemo la pazienza

Su Der Spiegel,  Jan Fleischhauer ci ricorda che dopo 60 anni di pace, fra la destra tedesca e la Francia non è ancora sbocciato il vero amore. 
L'Euro nella prospettiva francese mirava a indebolire l'egemonia economica tedesca. Con Francois Hollande i francesi riprendono il loro vecchio progetto con nuovo vigore.

Il governo francese ha appena deciso di abbassare a 60 anni l'età di pensionamento dei propri cittadini. Nessun francese dovrà lavorare per tanti anni solo perchè le finanze del paese lo impongono. In nessun modo cosi' a lungo come il povero parente tedesco, che per volere del suo governo dovrà faticare fino ai 67 anni.

Beata Francia, si può dire, dove le dure leggi dell'economia sotto il sole eterno del socialismo perdono il loro aspetto spaventoso. Anche la "Grande Nation" mette al mondo troppi pochi bambini per poter garantire il benessere dei propri cittadini fino all'età avanzata.  Altrove questo è un grave problema demografico che richiede a tutti piu' impegno e lavoro. In quel paese diventa solo una piccolo problema che può essere eliminato con un tratto di penna. Se solo il possente braccio del presidente lo vuole.

Bene, ma non sarà così facile anche per l'appena eletto nuovo Re Sole repubblicano, Francois Hollande, e per suoi colleghi. Comprendono abbastanza di economia per capire che i problemi non potranno essere risolti semplicemente posticipandoli. Ma per fortuna ci sono ancora i tedeschi, sulla cui volontà di lavorare sodo all'Eliseo si fa molto affidamento. Così si chiude il cerchio.

Nell'Euro-crisi siamo arrivati al punto in cui ognuno sta cercando di salvarsi scaricando i costi sugli altri. Quando Hollande propone che sia la collettività europea a salvare le banche spagnole, senza poi avere il diritto di immischiarsi negli affari di questi istituti, non pensa tanto al benessere della nazione spagnola, ma piuttosto al suo interesse. Se si ammette che si possano ricevere aiuti in cambio di un controllo dall'estero, i diversi paesi di fatto avranno in mano una polizza assicurativa contro i capricci dei cicli economici. Le prossime banche che potranno rifornirsi con denaro fresco da Brussels (e presumibilmente lo faranno), sono a Parigi.

Il saggio Franz Müntefering (SPD) ha già avvertito il suo partito: non cantate troppo forte la canzone di Hollande. Nel frattempo il leader SPD Sigmar Gabriel aveva definito il presidente francese  un amico. La vecchia volpe sa quando davanti a sé ha qualcuno che sta lavorando solo per i propri interessi. In realtà, la maggior parte delle proposte del nuovo capo di stato sono a carico degli altri, nonostante tutti i giuramenti di  solidarietà europea. Qualcuno dovrà garantire per programmi sociali che il governo francese propone. Perché non dovrebbe farlo la nazione che secondo la grande maggioranza è la piu' operosa e affidabile?

I finanziatori esteri, di cui Hollande ha bisogno per la sua politica generosa, la pensano in maniera diversa dagli elettori locali. Si chiedono se riusciranno mai a rivedere il loro denaro, e domandano premi di rischio adeguati. Una strada per avere credito fresco a buon mercato conduce verso i risparmi dei tedeschi. Per questo il governo francese si batte con tenacia per gli Euro-bonds e l'unione bancaria.

L'altra strada sarebbe, far lavorare un po' di piu' i francesi: ma il presidente non vuole chiederlo ai suoi cittadini.

La paura dell'egemonia tedesca

L'ansia per un'egemonia tedesca sull'Europa è da sempre una ossessione della politica estera francese - e l'Euro un mezzo per poterla prevenire. Mitterand ha notoriamente dato il suo assenso alla riunificazione tedesca solo dopo aver avuto la disponibilità di Kohl a mettere in comune la moneta.

Vista in questo modo, con la messa in comune del debito europeo, arriva a compimento un progetto che secondo la prospettiva francese era da sempre diretto a contrastare la Germania piu' che a unificare il continente. Sarkozy pensava di poter servire al meglio il vecchio obiettivo, cercando una collaborazione stretta con la cancelliera. Hollande torna al vecchio principio di indebolire i tedeschi, cercando di minarne la forza economica.

Il prossimo passo nella crisi sarà la minaccia diretta. La Spagna, con il suo rifiuto di entrare sotto la copertura del fondo di salvataggio, è a un passo da far saltare l'intero sistema. Ipotizzano apertamente che i tedeschi abbandoneranno le loro posizioni e salveranno le loro banche. Senza pretendere alcuna garanzia che le cose volgeranno al meglio in maniera duratura.

Il prezzo per l'uscita dall'Euro

I prossimi che proveranno la fermezza dei paesi europei donatori sono i greci. Sono vicino al ministro degli esteri di quel paese assolato, grande amico nostro. Se ho capito bene l'uomo è  convinto di poter negoziare dopo le elezioni  il prezzo che gli altri paesi danno all'uscita della Grecia. Loro stessi hanno poco da perdere, i vicini, prima di tutto i tedeschi, hanno invece ancora molto. Su questa discrepanza sarà calcolato il prezzo.

E' sempre stata un'aspettativa tedesca pensare che in un'Europa unita gli interessi nazionali sarebbero rimasti in secondo piano e alla fine avrebbero perso ogni importanza: in questa speranza si riconosce l'eredità di una politica romantica. Solo gli ingenui in politica possono credere che a Madrid, Roma o Parigi si pensi veramente agli interessi europei, quando si parla di piu' Europa.

Come potete vedere, questa forma di fanatismo resiste in maniera molto caparbia nel nostro paese - perfino nei vertici della SPD.

sabato 9 giugno 2012

Vittoria di Pirro per la SPD?

Accordo raggiunto fra governo nero-giallo e opposizioni rosso-verdi: introduzione della tassa sulle transazioni finanziarie in cambio del voto favorevole al Fiskalpakt. Un commento su Zeit.de ci spiega perché la SPD non può cantare vittoria.
La FDP cede, la SPD trionfa: la maggioranza nero-gialla (CDU-FDP) vuole introdurre una nuova tassa sulle transazioni finanziarie. Ma a trarne vantaggio sarà di nuovo solamente Merkel.

Sigmar Gabriel ancora una volta è molto orgoglioso. Da anni il suo partito fa campagna per una tassa sulle transazioni finanziarie. Il leader SPD esulta dopo il successo nelle negoziazioni sul Patto fiscale e sul fondo di salvataggio ESM. Alla fine l'Unione e la FDP avrebbero avuto una "svolta a 180 gradi" e si sarebbero convertite alla linea politica definita dai social-democratici.

In effetti, la coalizione di governo ha sorprendemente abbandonato una posizione che fino a poco tempo fa aveva difeso con convinzione. Soprattutto la FDP, che fino ad ora aveva escluso una tassa sulle transazioni finanziarie: e in particolar modo una versione della tassa da introdurre in pochi paesi - e non in tutta Europa.

Philipp Rösler (FDP) e i suoi uomini hanno avuto argomentazioni simili a quelle del primo ministro britannico Cameron, ieri in visita a Berlino: una tassa del genere minaccerebbe le borse europee, perché gli speculatori e gli operatori finanziari fuggirebbero verso i paradisi fiscali esteri, per aggirare la tassa.

Merkel si sforza di avere un vasto consenso

I liberali tedeschi la temono ancora. Ma hanno riconosciuto che non potevano restare ancora a lungo in disaccordo con la cancelliera e il ministro delle finanze Schäuble. Soprattutto se intendevano evitare nuove difficoltà alla maggioranza nero-gialla.

Questo perché Merkel e Schäuble già da molto tempo hanno chiarito che su questo tema sono pronti ad andare incontro alla SPD e ai Verdi. Il loro obiettivo è ottenere il voto delle opposizioni sul Fiskalpakt e sul fondo di salvataggio ESM prima della pausa estiva. La coalizione nero-gialla per raggiungere la maggioranza dei due terzi al Bundestag ha infatti bisogno dei voti dell'opposizione. Per questa ragione hanno deciso di appoggiare la tanto criticata tassa sulle transazioni finanziarie.

Per non restare isolata provocando l'ira della cancelliera, alla FDP non è rimasto altro che piegarsi alla volontà dell'alleato. SPD e Verdi avevano già chiarito che senza concessioni sulla tassa finanziaria e senza un pacchetto di crescita per i paesi in crisi, non avrebbero votato il Fiskalpakt.

Merkel da tempo ha capito che senza l'appoggio dei partiti di opposizione, non può fare grandi passi in avanti, soprattutto in tema di Eurocrisi. Ed ha anche capito che non le porta nessun vantaggio opporsi alle richieste che incontrano il favore popolare: come quella di far partecipare le banche ai costi della crisi con una tassa finanziaria. Anche se è probabile che questo obiettivo potrà essere raggiunto solo in pochi paesi europei.

Merkel con i suoi sforzi per un largo consenso sulla crisi dell'Euro, ha evitato una forte contrapposizione fra le parti come è accaduto in altri paesi europei. Per questo motivo è sempre pronta a rivedere le proprie posizioni, come ha già fatto piu' volte durante la Eurocrisi.

Ma che cosa significa questo per la SPD? Da un lato si può dire che ne trarrà sicuramente vantaggio: è il partito di opposizione con piu' successi nella storia della repubblica federale. Molte richieste avanzate verso la maggioranza nero-gialla nel frattempo sono diventate senso comune, come la svolta nella politica energetica e ora la tassa sulle transazioni finanziarie. Diversamente da quanto accadeva con Oscar Lafontaine negli anni novanta, al Bundestag il partito non ricorre all'ostruzionismo in grande stile e non cerca il dissenso su ogni provvedimento.

Al contrario: fra i leader del partito la lunga esperienza di governo si nota molto bene. I leader cercano la cooperazione invece dello scontro continuo, anche se spesso nel loro partito questa linea non viene ben accolta. Questo è giusto, meritorio e come vediamo adesso porta anche dei successi.

In che modo la SPD combatterà la campagna elettorale contro Merkel?

E' anche possibile che questa condotta non porti molto ai socialdemocratici. Alla fine gli elettori potrebbero ringraziare ancora una volta la cancelliera, che ai loro occhi avrà fatto la cosa giusta, e dimenticare, da dove queste idee sono arrivate.

Inoltre: la SPD avrà bisogno di nuovi temi per la campagna elettorale al Bundestag. Con la tassa sulle transazioni finanziarie, Merkel gliene ha già portato via uno.

venerdì 8 giugno 2012

Nein, nein, nein!

Su FAZ.net, il quotidiano conservatore piu' prestigioso, continua la lunga serie di nein: questa volta il rifiuto è per la richiesta spagnola di ricapitalizzare le banche direttamente dal fondo ESM. Un commento di Holger Steltzner, vicedirettore di Franfurter Allgemeine Zeitung.
Il ministro delle finanze spagnolo si è lamentato per gli alti tassi di interesse che il suo paese deve pagare. Non è certo un buon motivo per scaricare i crediti immobiliari deteriorati sul fondo di salvataggio. 

Il ministro delle finanze spagnolo Montoro si è lamentato per i tassi troppo elevati sul mercato dei capitali che hanno reso impossibile per il suo paese raccogliere fondi. Anche se la Spagna prima dell'introduzione dell'Euro aveva già pagato tassi piu' alti del 6 o 7%. 

Emilio Botin, il presidente di Banco Santander, la banca spagnola piu' grande, descrive la situazione del paese in maniera completamente diversa: in Spagna non c'è nessuna crisi bancaria, solo alcune banche hanno bisogno di un limitato aiuto finanziario. A che cosa dobbiamo credere?

La commissione europea, ma anche Spagna, Italia e Francia spingono verso gli Euro-bond, verso l'accesso delle banche al fondo di salvataggio ESM,  verso l'uso di un "big bazooka" da parte della BCE e verso una garanzia comune per i depositi europei. La cancelliera ha lasciato la porta aperta verso una unione bancaria, ma fino ad ora nulla di piu' di una supervisione centrale sui grossi istituti.

Che cosa direbbero gli irlandesi, se gli spagnoli ottenessero quello che chiedono?

Merkel non deve offrire la carta di credito tedesca, perche sugli Euro-bond, sui salvataggi bancari attraverso l'ESM o sulla garanzia europea dei depositi, non avrebbe alcun controllo sulla spesa. E' già abbastanza spiacevole vedere che la BCE, istituzione teoricamente non politica, sul suo bilancio gonfiato, distribuisce fra i paesi europei miliardi di rischi. 

Che cosa significhi per le banche e le finanze di un paese  lo scoppio di una bolla immobiliare, la Spagna lo può imparare dall'Irlanda. Prima di tutto le banche sono state statalizzate. Da allora i contribuenti irlandesi devono pagare per le perdite - ci vorrà almeno una generazione. Che cosa direbbero gli irlandesi, se ora la Spagna potesse scaricare i suoi mutui deteriorati sul fondo anti-crisi ESM, per il quale contribuiranno anche gli irlandesi, come hanno appena deciso con un referendum?

Perchè la Spagna rifiuta il sostegno del FMI e dell'EU? Il Fondo Monetario è stato costituito appositamente per i casi come quello spagnolo. I suoi mezzi recentemete sono stati raddoppiati e l'EU  a questo scopo ha aumentato i fondi anti-crisi.

Il governo di Madrid è riluttante a causa delle condizioni imposte? La Spagna non dovrebbe avere paura di questa situazione, se avesse riformato in maniera esemplare il proprio mercato del lavoro, come in molti invece hanno sostenuto. Chi guarda con attenzione, si renderà conto che la problematica indicizzazione dei salari è stata solo sospesa, ma in nessun modo abolita. 

giovedì 7 giugno 2012

Verso l'unione di trasferimento


Dopo il mantra anti-inflazione e quello anti Euro-bond, continua su Handelsblatt.de il coro di "nein" alla proposta di unione bancaria: stiamo andando verso la temuta Transferunion. Sven Afhüppe, capo redattore di Handelsblatt.
L'assicurazione comune sui risparmi europei, proposta dal presidente della commissione Barroso, sarebbe un passo ulteriore verso la Transferunion. In particolare, gli effetti per la Germania sarebbero molto negativi.

L'Europa discute di una nuova formula magica per il salvataggio della zona Euro: l'unione bancaria. Dietro il neologismo c'è un piano per una sorveglianza bancaria unificata, un sistema comune di assicurazione dei depositi e un fondo di salvataggio europeo per le banche in difficoltà. L'idea l'ha avuta il presidente della commissione EU José Manuel Barroso, lo stesso che ha proposto gli Eurobond come soluzione per tutti i mali. 

Sarebbe quindi necessaria un po' di cautela. Invece la proposta ha ricevuto un certo sostegno: perfino la cancelliera Angela Merkel e il ministro delle finanze Wolfgang Schäuble hanno elogiato il piano. Come spesso accade nei tempi di crisi, i politici nascondono gli effetti collaterali che una tale operazione avrebbe.

Ma i piani  per l'unificazione del sistema europeo di garanzie e la creazione di un fondo europeo di salvataggio portano l'Europa verso una unione di trasferimento. 

Alla fine le ragioni per le difficoltà di una banca possono essere molto diverse. Può scoppiare una bolla immobiliare, gli investment banker possono aver preso dei rischi eccessivi, oppure le imprese a causa di un crollo dell'economia non sono in grado di ripagare i loro debiti.

Perché i paesi con banche stabili e con un solido modello di business dovrebbero garantire per le banche in difficoltà dei paesi vicini? Perchè i risparmiatori di Deutsche Bank, Commerzbank, o di Sparkasse dovrebbero pagare per la spagnola Bankia attraverso un sistema di garanzia europeo? 

E' chiaro che il desiderio dei politici e dei banchieri centrali è ridurre il rischio di un assalto alle banche: con una garanzia europea i risparmiatori riterrebbero i loro risparmi sicuri.  Ma questo approccio determina degli incentivi sbagliati, perchè il fallimento di una banca non resterebbe un problema nazionale, ma diverrebbe un problema europeo.

Durante i periodi di crisi questi comportamenti opportunistici non sono da sottovalutare. La suddivisione fra banche buone e cattive non sembra essere di interesse europeo. E in questo contesto non è un caso che in Germania accanto al fondo di tutela obbligatorio per legge, esistono diversi sistemi volontari di difesa delle banche.

Le casse di risparmio e le banche cooperative fino ad ora hanno bloccato ogni tentativo di costruire con le banche private una rete di sicurezza comune. Anche dopo l'escalation della crisi finanziaria internazionale dovuta al fallimento di Lehman Brothers, l'allora ministro delle finanze Peer Steinbruck  con una proposta simile non c'è riuscito.

Fino a quando i modelli di business e i profili di rischio delle banche in Germania come in Europa saranno così diversi e in parte poco trasparenti come oggi,  a ragione, non potrà esserci alcun fondo di garanzia dei depositi comune. In ogni caso, attraverso il fondo EFSF e ESM sono disponibili strumenti, che a certe condizioni permettono di richiedere denaro per la ricapitalizzazione delle banche.

Il contribuente tedesco già ora deve sostenere grossi rischi per gli altri paesi. E adesso i risparmiatori tedeschi non possono farsi carico indirettamente anche delle banche. Gli stati europei dovrebbero invece concentrarsi sul miglioramento delle autorità europee di vigilanza bancaria.

L'autorità bancaria europa (EBA) creata un anno fa è rimasta una tigre senza zanne, perché gli stati nazionali non sono pronti a concedere diritti esecutivi alla nuova istituzione. Il risultato è che la tanto desiderata armonizzazione del controllo bancario non si è ancora vista.

Sull'applicazone concreta dei diritti di vigilanza decidono ancora le autorità di controllo nazionali. La fiducia nel controllo bancario resta intatta quando le autorità riescono ad imporre decisioni fondamentali come le multe o gli aumenti di capitale, oppure quando hanno la forza di costringere una banca perfino alla chiusura. Un quadro normativo efficace è molto piu' importante di una una garanzia bancaria europea.

Quanto manca alla fine?

Se lo chiede Wolfgang Münchau su Der Spiegel. Probabilmente non c'è piu' tempo per salvare la moneta unica, e bisogna prepararsi a nuovi scenari. Se ce lo dice un'euro-entusiasta, c'è davvero da riflettere.


La maggior parte dei cittadini sembra non rendersi conto che il finale di partita dell'Euro è iniziato: o gli stati europei mettono in piedi rapidamente un'unione politica o l'unione monetaria si frantumerà. Non importa quale percorso sceglieranno - ma per una soluzione a basso costo ormai è troppo tardi

Recentemente ho fatto un viaggio in treno da Brussels verso la Germania, nella profonda provincia della Westfalia. Mentre ascoltavo la gente parlare nel vagone, mi è improvvisamente diventato chiaro che non hanno idea di quello che a breve potrebbe loro accadere. Tutti naturalmente hanno da dire qualcosa sull'Euro. Anche nel mio scompartimento non sono sfuggito alla discussione. Parlano dell'Euro come di un problema esterno, di un mondo lontano.

La Germania e il resto d'Europa si sentono in questo momento come 2 universi paralleli. Al mio ritorno a Brussels, ho seguito una discussione fra manager di hedge funds. Stavano discutendo se George Soros con la sua previsione di una fine dell'Euro entro 3 mesi, non fosse stato troppo ottimista. Potrebbe realizzarsi anche piu' rapidamente.

Uno dei 2 manager era sicuro che l'Euro non avrebbe superato il mese di giugno. Che prima o poi l'Euro finirà, nel settore viene ormai dato per scontato. E per la prima volta anche i professionisti iniziano a scommettere sulla rottura della zona Euro. E questa volta non sono solo gli speculatori. Il gioco d'azzardo sul tramonto dell'Euro è iniziato.


La ragione per questo pessimismo sono i crescenti squilibri all'interno della zona Euro. Sono dati tecnici a cui fino ad ora nessuno aveva prestato attenzione: ad esempio il rapido aumento dei crediti tedeschi all'interno del sistema di pagamento "Target 2" o il numero sempre crescente di prestiti di emergenza concessi dalle banche centrali nazionali. Tuttti questi sono segnali che il sistema è ormai diventato troppo instabile ed è pronto per frantumarsi in pezzi.

Perchè la Spagna dovrebbe preoccuparsi di rimborsare i debiti?

Non voglio dare le stime precise che i manager di Hedge funds hanno fatto. Abbiamo visto lo scorso dicembre che la BCE può contrastare tali previsioni se decide di tenere in vita il sistema ancora un po' con inizioni di liquidità.

La direzione dell'analisi è però corretta. Stiamo andando verso un bivio, che ci obbliga a fare una scelta fra due percorsi estremamente costosi: una unione politica da negoziare e adottare molto in fretta oppure il ritorno alle monete nazionali.

La cancelliera Merkel e gli altri capi di governo non hanno ancora preparato i loro elettorati a quello che accadrà nei prossimi mesi. Il peggio non sono tutte le promesse che non potranno essere mantenute. Ma saranno i costi politici, sociali e finanziari della decisione, non importa come andrà a finire.

Se lasciamo che l'unione monetaria imploda, allora la Germania dovrebbe sopportare dei costi enormi. I 650 miliardi di crediti forniti dalla Bundesbank all'interno del sistema "Target 2"  andrebbero in larga parte perduti. Degli altri 200 miliardi versati al fondo di salvataggio rimarrebbero solo spiccioli. 

A questi si dovrebbero aggiungere centinaia di miliardi che il governo federale dovrebbe reperire, per rifornire le banche con nuovo capitale. I crediti delle banche tedesche verso Spagna o Portogallo, con una uscita di questi paesi dalla moneta unica, sarebbero gravati da  pesanti perdite che le banche stesse non potrebbero coprire. E perchè la Spagna dovrebbe onorare questi debiti? Il paese in quella situazione, avrebbe sicuramente altre preoccupazioni.

Per un salvataggio probabilmente è troppo tardi.

Il percorso nella direzione opposta potrebbe essere altrettanto difficile, a seconda di come lo si mette in atto. La prima tappa nella direzione di uno stato federale europeo sarebbe l'unione bancaria, compresa un'assicurazione per tutti i risparmi. Una tale garanzia dovrebbe contenere fra i 4 e i 9 trilioni di Euro. Indicativamente sarebbe fra il doppio e il quintuplo dei costi totali sostenuti per l'unità tedesca. Questa assicurazione è indispensabile per fermare la tempesta in corso sulle banche dei paesi in crisi.

Una unione bancaria sarebbe in questo caso una rivoluzione. La banche sarebbero allora europeizzate come lo sono oggi gli agricoltori. Potrebbe accadere ad esempio che di primo mattino un funzionario europeo entri nella sede di una banca e decida di chiudere l'istituto. Le banche non sarebbero allora piu' né tedesche né spagnole, ma solo europee. Da un anno ormai si parla di soluzioni minimali. Ora non sappiamo nemmeno se le soluzioni massimaliste possano ancora bastare.

Fino ad ora pensavo che nessun politico ragionevole avrebbe accettato un crollo disordinato dell'unione monetaria. Ci credo ancora, ma penso che per un salvataggio ormai è troppo tardi. C'è davvero il rischio che gli eventi precipitino prima che la politica possa reagire. 

Van Rompuy, il presidente del consiglio europeo, vorrebbe realizzare rapidamente una unione bancaria, fiscale e politica. Di fatto questo sarebbe un notevole sviluppo. Ma gli sarà possibile realizzarla nel giro di qualche settimana o mese? Gli investitori sui mercati finanziari vogliono vedere decisioni concrete, nessuna dichiarazione e soprattutto nessun annacquamento.

Nel mio viaggio in treno attraverso i paesi della Westfalia, sono stato testimone per caso di una conversazione che di colpo mi ha reso chiari i problemi politici. Un rappresentante regionale Cristiano-democratico appena eletto si è seduto nel nostro scompartimento, dove sedeva anche un altro uomo, che si è subito presentato come un suo elettore. Era un uomo chiassoso, un piccolo imprenditore. Ha parlato al politico dell'Euro e gli ha chiarito la sua teoria: i greci sono come studenti delle scuole superiori che sono stati mandati all'università ma lì non sono diventati competitivi. L'uomo della CDU era visibilmente non a suo agio, ma ha lasciato che il fiume di pregiudizi continuasse a scorrere.

I racconti fatti su questa crisi sono ormai fuori controllo, e la politica non sa proprio come farà a riprenderli. Non è molto diverso per Merkel. Forse ci sarà l'unione politica. Forse ci sarà la rottura della moneta unica. Una delle due però arriverà, e la Germania non si è preparata a nessuno dei 2 scenari.