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giovedì 9 aprile 2020

Voci dalla stampa tedesca sugli Eurobond

Frammentazione alquanto prevedibile nella linea editoriale adottata dalla stampa tedesca per affrontare il dibattito sugli eurobond. Al fronte dei contrari appartiene sicuramente Die Welt che da diversi giorni ormai porta avanti la sua linea secondo la quale con i titoli di stato comuni i soldi degli onesti e operosi contribuenti tedeschi finirebbero nelle mani della mafia italiana:

"Frau Merkel non cedere" titola il quotidiano di Amburgo, che poi scrive: "La solidarietà in Europa è un'importante categoria, ma anche la sovranità nazionale e la responsabilità dei politici nazionali nei confronti degli elettori del loro paese sono fondamentali". Prosegue  Die Welt: "deve essere chiaro che gli aiuti all'Italia - paese in cui la mafia a livello nazionale è molto forte e sta solo aspettando una nuova manna da Bruxelles - dovranno essere spesi esclusivamente nel settore sanitario e non finire nel sistema sociale e fiscale italiano". Conclude il quotidiano: "E, naturalmente, anche gli italiani dovranno essere controllati da Bruxelles e dimostrare che stanno usando i soldi correttamente"

Anche la FAZ resta decisamente scettica e teme che i corona-bond si trasformino nel Vaso di Pandora e siano l'inizio della tanto temuta unione di trasferimento:


Scrive infatti il quotidiano di Francoforte: "I sostenitori di tali obbligazioni sanno benissimo che se venissero introdotti come una forma di aiuto di emergenza, cambierebbero per sempre l'architettura della zona euro. Questo probabilmente non è nemmeno l'obiettivo minimo di molti sostenitori". Prosegue il commento della FAZ: "l'affermazione difensiva di chi sostiene che rimarrà un caso eccezionale mostra perfettamente l'ingenuità politica....chi apre il vaso di Pandora non sarà piu' in grado di chiuderlo".

Anche la BILD, che qualche giorno fa parlava addirittura dei "fratelli italiani" rema contro gli eurobond e con un commento rivolto al governo di Berlino si chiede "chi sarà alla fine a dover pagare il conto per gli aiuti a Italia e Spagna?"


Scrive il tabloid di Amburgo: "In considerazione delle ingenti somme, il governo federale deve fare ciò che altrimenti sarebbe riluttante a fare: dire chiaramente ai contribuenti quanto costerà loro il salvataggio di Italia, Spagna e Co. E se possiamo permettercelo".

Linea invece piu' pragmatica e sempre piè europeista quella adottata negli ultimi giorni dal quotidiano della grande industria e della finanza Handelsblatt, in un importante commento di mercoledi il quotidiano titola infatti: "In gioco c'è la moneta unica"


Il quotidiano di Duesseldorf attacca addirittura il ministro delle finanze olandese: "Un governo responsabile spiega al popolo e ai suoi rappresentanti parlamentari che la prosperità e la coesione europea e quella del singolo paese sono fra loro reciprocamente dipendenti. Uno non può esistere senza l'altro

Nessun paese può solo beneficiare dell'unione monetaria, senza contribuire ai suoi costi in tempi di crisi. Coloro che non vogliono comprenderlo stanno volontariamente mettendo a rischio la moneta unica europea".

Sempre su Handelsblatt di oggi una importante intervista al grande imprenditore Wuerth, aperto sostenitore degli eurobonds, il quotidiano infatti titola: "quello che sta succedendo a Berlino in merito all'Europa è una catastrofe", il miliardario in favore di una forte "unità politica" e di un programma da "trilioni di eurobond"


Contro gli eurobond ma decisamente in favore di un ESM senza condizioni il quotidiano liberal di Amburgo Die Zeit, peraltro diretto da un italiano, che titola: "Solidarietà sì, ma niente eurobonds!".


Scrive il prestigioso quotidiano di Amburgo in un commento: "Ogni mancanza di empatia sarebbe fuori luogo in considerazione dell'orrore causato dal corona-virus in Italia. Gli italiani in effetti hanno bisogno della nostra solidarietà attraverso gli aiuti d'emergenza e i prestiti dal fondo europeo ESM per salvare il loro sistma sanitario e le loro aziende o per pagare la cassa integrazione. Per favore siate generosi e non arroganti! E se i soldi non dovessero bastare, i partner dovranno aggiungere altri mezzi. L'Europa deve trovare un accordo su tutti gli aiuti necessari entro questa settimana. Deve esserci per i paesi che piu' stanno soffrendo. Dopotutto, può colpire tutti in maniera particolarmente grave, anche i tedeschi che da sempre tendono ad essere arroganti"

Anche Der Spiegel nel dibattito si posiziona in favore della solidarietà europea, titola infatti un importante commento sul prestigioso settimanale di Amburgo:  "La Germania egoista, meschina e vigliacca"


Scrive il settimanale: "Non c'è un'alternativa ai corona-bond in questa crisi. Ma invece di dirlo onestamente ed apertamente agli elettori, la Cancelliera fa capire che c'è qualcosa che non va. Che alla fine a pagare saranno i laboriosi contribuenti tedeschi perché apparentemente gli italiani non sono mai stati in grado di gestire il denaro. La Cancelliera ha usato questa narrativa così spesso che qualsiasi concessione agli spagnoli e agli italiani sembrerebbe una sconfitta. Non avrebbe mai dovuto spingersi cosi' lontano".








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martedì 7 aprile 2020

I crediti Target della Bundesbank verso il trilione di euro

Mentre a Berlino la politica si sforza di concedere qualche decina di miliardi di euro di prestiti condizionati attraverso il MES e fa di tutto per non perdere la faccia davanti agli elettori tedeschi, i crediti Target della Bundesbank nel solo mese di marzo e dopo appena un mese di crisi sono cresciuti di 113,6 miliardi di euro raggiungendo i 935 miliardi. Secondo la Bundesbank il trilione è dietro l'angolo.  Da Handelsblatt.de


Con l'ampliamento del programma di acquisto di obbligazioni da parte della BCE, i crediti della Bundesbank nei confronti del sistema di pagamento delle banche centrali dell'eurozona si avvicina alla soglia del trilione. L'indicatore, noto con il nome tecnico di saldo Target-2, a marzo è aumentato di 113,6 miliardi di euro raggiungendo i 935,1 miliardi di euro complessivi, il livello più alto da giugno 2019, come annunciato martedì dalla Bundesbank.

I saldi Target 2 mostrano le passività e i crediti fra le banche centrali nazionali emersi nell'ambito delle transazioni transfrontaliere fra i diversi istituti di credito, che nella zona euro vengono gestiti tramite il sistema di compensazione Target. La Germania è il principale creditore.

Alcuni esperti considerano i saldi Target un pericolo: temono che la Bundesbank possa subire delle perdite su quei crediti nel caso di una rottura dell'area valutaria. Altri economisti invece pensano che queste paure siano esagerate.

La Bundesbank riconduce l'aumento del saldo Target-2 di marzo a diversi fattori: "Fra questi ci sono i consueti effetti tecnici alquanto pronunciati legati alla fine del trimestre", afferma la banca centrale tedesca. "Inoltre, anche gli effetti delle misure di politica monetaria, in particolare l'estensione del programma di acquisto titoli, hanno contribuito all'aumento." La Bundesbank, infatti, si aspetta che i crediti della Bundesbank nell'ambito del sistema di pagamento fra le banche centrali dell'euro continuino ad aumentare: "Nel medio termine, la politica monetaria e le condizioni di mercato restano decisive".

La Banca centrale europea (BCE) a marzo ha comprato titoli di stato dell'eurozona per un valore di 33,75 miliardi di EUR nell'ambito del suo programma di acquisto titoli attivo dal 2015. Le obbligazioni italiane da sole hanno rappresentato circa il 35 % degli acquisti complessivi. Per il paese duramente colpito dalla crisi causata dal coronavirus, è significativamente molto più di quanto stabilito dalle regole della BCE. Con gli acquisti le autorità monetarie tengono sotto controllo i rendimenti delle obbligazioni. In tal modo, fanno in modo che i paesi dell'eurozona possano continuare a rifinanziarsi sul mercato dei capitali ad un costo relativamente basso.
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lunedì 30 marzo 2020

Da Berlino segnali di forte scetticismo sugli Eurobonds

I politici di Berlino dopo aver raccontato 10 anni di bugie sul presunto lassismo dei mediterranei come unica causa della crisi dell'euro, non hanno nessuna intenzione di perdere la faccia davanti ai loro elettori, proprio ora che a destra c'è un forte concorrente. Il rischio sarebbe proprio quello di aprire un nuovo fronte elettorale con la temutissima AfD. Si dovrà quindi trovare un modo per nascondere agli occhi degli elettori del nord l'unione di trasferimento, senza quindi far perdere la faccia ai politici di Berlino, e soprattutto salvaguardando la moneta unica, la vera gallina dalle uova d'oro per l'industria dell'export tedesca e la base su cui fondare una ambiziosa Weltpolitik.


La Oldenburger Onlinezeitung ci fa sapere che al Ministero dell'economia permane un forte scetticismo sul tema degli eurobond:

Al Ministero dell'economia resta soggetto a forti riserve il piano per la concessione di prestiti senza condizionalità da parte del fondo ESM nell'ambito della crisi causata dal coronavirus. "La solidarietà in Europa è importante, dobbiamo restare uniti, ma una messa in comune dei debiti e una confusione sulla responsabilità sarebbe pericolosa", ha dichiarato il Segretario di Stato per gli Affari economici Thomas Bareiß (CDU), ad "Handelsblatt" (edizione di martedì). La concessione di prestiti del MES "per una buona ragione, finora è sempre stata legata a delle condizionalità specifiche". 

"Non possiamo dall'oggi al domani superare questa regola", ha continuato il Segretario di Stato per gli affari economici. Tanto piu' che la Banca centrale europea (BCE) ha già fatto "annunci di vasta portata". I ministri delle finanze dell'euro stanno attualmente discutendo quale forma potrebbe assumere un aiuto aggiuntivo, ha affermato Bareiß. Non ha voluto anticipare quali. (...) 


Handelsblatt riporta invece lo scetticismo dei 5 Saggi economici (consiglieri del governo) in merito alla possibilità di concedere prestiti senza condizionalità, i cosiddetti saggi chiedono invece l'intervendo del MES affiancato dal programma OMT:

Secondo i 5 saggi economici (Wirtschaftsweise), anche dopo il recente pacchetto di salvataggio della BCE non si sarebbero ancora esaurite le possibilità di intervento delle autorità moneterie.

In una prima fase, tuttavia, i paesi dell'eurozona dovranno inviare "un segnale chiaro" per "rendere disponibili" fondi aggiuntivi, se necessario, ad esempio si dovrà ricorrere al fondo di salvataggio ESM, secondo quanto scritto in un rapporto speciale elaborato dai 5 saggi economici in merito all'impatto economico causato dalla pandemia di coronavirus e pubblicato questo lunedì.

La BCE garantirebbe la liquidità sufficiente e gli acquisti supplementari di obbligazioni. "In collaborazione con il MES, la banca centrale sarebbe quindi in grado di acquistare in modo specifico obbligazioni dei singoli paesi nell'ambito delle Outright Monetary Transactions (OMT)", continua il rapporto.

Il cosiddetto programma OMT era stato adottato dalla BCE nel 2012 al culmine della crisi del debito. Non è mai stato usato prima. All'epoca il solo annuncio era stato sufficiente per calmare i mercati finanziari.

L'OMT consente alle autorità monetarie in caso di emergenza di acquistare in maniera specifica i titoli di Stato di un paese sovraindebitato.

La BCE recentemente ha messo a punto un ampio pacchetto di salvataggio che prevede ulteriori acquisti di obbligazioni per 750 miliardi di EUR entro la fine del 2020. Questo programma, chiamato PEPP, presenta minori condizionalità rispetto all'OMT.

La potenza di fuoco del PEPP è stata rafforzata in quanto la banca centrale ha ormai superato determinati massimali di acquisto.

I saggi economici criticano l'attuale condotta delle autorità monetarie: “Dato che la BCE non sta mettendo a disposizione tutte le informazioni pertinenti, è difficile determinare fino a che punto la BCE possa espandere il suo programma di acquisto di titoli di Stato senza violare i limiti che essa stessa si era auto-imposta", afferma il rapporto.

In definitiva, potrebbero esserci ulteriori ricorsi contro la loro condotta dinanzi alla Corte europea di giustizia e alla Corte costituzionale federale.

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martedì 24 marzo 2020

Handelsblatt - Verso una linea di credito dell'ESM, ma niente eurobonds

"Sempre meglio di nulla", dice ad Handelsblatt un diplomatico dell'Europa del sud in riferimento al piano anti-crisi dell'UE. Ci sarebbe la disponibilità di tedeschi, olandesi e finlandesi, infatti, ad aprire una linea di credito anti-crisi nell'ambito del fondo ESM, di somme precise ancora non si parla, anche se sarà ben al di sotto dei 410 miliardi di euro di capacità residua del MES, e per Handelsblatt questo è il massimo che il fronte rigorista del nord potrebbe concedere ai latini. Niente eurobonds incondizionati quindi. Ne scrive Handelsblatt


Il fondo di salvataggio ESM dovrebbe stendere una rete di sicurezza per quei paesi dell'eurozona che non sono in grado di fronteggiare finanziariamente la crisi causata dal corona virus. L'istituzione di una „Enhanced conditions credit line“ (ECCL) sarà discussa nell'Eurogruppo di martedì sera e probabilmente sarà approvata giovedì dai capi di governo dell'UE, come ha appreso Handelsblatt dagli ambiti diplomatici dell'UE.

I ministri delle finanze europei e i capi di governo dell'UE si riuniscono infatti questa settimana in videoconferenza. Entrambi gli incontri virtuali riguarderanno principalmente il modo in cui l'UE potrà fronteggiare le conseguenze economiche della crisi.

Sul tavolo ci sarebbero diverse opzioni, secondo quanto viene riferito da fonti dell'UE. Fra queste la "linea di credito a condizioni migliorate" dell'ESM sembrerebbe essere di gran lunga la più probabile. La linea di credito dovrebbe essere aperta a tutti i paesi dell'eurozona. Se un governo fosse interessato, tuttavia, dovrebbe fare domanda tramite l'ESM. Nessun ministro delle finanze europeo per ora avrebbe mostrato un tale interesse all'interno dell'eurogruppo, si dice da Bruxelles.


Un paese finanziariamente forte come la Germania non ha bisogno di un prestito dal fondo di salvataggio europeo, mentre paesi finanziariamente deboli come l'Italia vorrebbero poterne fare a meno il più a lungo possibile. Il governo di Roma, infatti, teme che una domanda di aiuto al MES potrebbe avere delle conseguenze negative per le condizioni di finanziamento sui mercati finanziari. L'Italia potrebbe quindi essere stigmatizzata da parte degli investitori privati come uno stato in crisi ed essere costretta a pagare un premio al rischio più elevato, ha detto il ministro delle finanze italiano Roberto Gualtieri lamentandosene con l'Eurogruppo la scorsa settimana.

L'Italia, la Francia e gli altri paesi dell'Europa meridionale chiedono pertanto l'istituzione di un nuovo strumento di credito presso il MES: il fondo di salvataggio dovrebbe creare un "Fondo-corona" in grado di erogare prestiti incondizioni ai paesi piu' bisognosi dell'eurozona. Germania, Paesi Bassi e Finlandia, tuttavia, vi si oppongono. La ragione di fondo è la paura che i corona-bonds emessi dal MES nell'ambito di tale fondo di aiuto possano in definitiva trasformarsi in eurobonds.

Berlino, L'Aia ed Helsinki intendono continuare ad impedire ogni messa in comune del debito pubblico nell'eurozona, nonostante la crisi in corso. Il Fondo-corona dell'ESM, richiesto dagli europei del sud, resta tuttavia un'opzione all'ordine del giorno dell'Eurogruppo di martedì sera. Anche se resta difficile ipotizzare una decisione in tal senso, sia nell'Eurogruppo, che nella riunione virtuale dei capi di governo dell'UE di giovedì, sostengono i diplomatici dell'UE.

"Meglio di nulla"

Germania, Paesi Bassi e Finlandia per ora vogliono contenere le dimensioni della linea di credito ECCL. La portata dell'ECCL probabilmente non sarà quantificata o comunque in maniera molto vaga, si dice a Bruxelles. In teoria, l'ESM attualmente potrebbe prestare fino ad un massimo di 410 miliardi di euro. Tale importo, tuttavia, non fluirà in alcun modo interamente nella linea di credito ECCL.

I capi di governo probabilmente questa settimana non commenteranno la quantità di risorse riservata per la linea di credito dedicata al Corona-virus dell'ESM. Si preferisce  ovviamente attendere e vedere se uno Stato membro ne farà domanda. Finora nessun paese lo ha annunciato.

Gli europei del sud e la Francia sono alquanto delusi per questa prima risposta dell'UE alle conseguenze economiche della crisi, ma sono costretti ad accettarla. "Dobbiamo accettare la realtà politica, e questo è meglio di nulla", ha affermato un diplomatico UE di un paese dell'Europa del sud. Con la linea di credito ECCL, si farà ricorso ad uno strumento che l'ESM fino ad ora non aveva mai utilizzato. La volontà dell'eurozona di farlo in questo momento rappresenta un segnale importante per i mercati finanziari.

Non è chiaro se i paesi beneficiari di un prestito dalla linea di credito ECCL dovranno soddisfare dei requisiti. Secondo il regolamento dell'ESM, i paesi beneficiari sono tenuti ad accettare un programma di riforma della politica economica in cambio di un prestito ECCL. Questo è esattamente il punto che l'Italia considera inadeguato. La crisi causata dal virus sta colpendo il Paese senza che questo abbia alcuna colpa e non ha nulla a che fare con gli errori di politica economica del passato, sostiene Roma.

Altre due opzioni

L'eurozona potrebbe anche tenere conto di questa obiezione, discostarsi dal regolamento ESM e rinunciare ai requisiti di riforma in materia di politica economica. I circoli governativi di Berlino segnalano una volontà in tal senso.

Ci sono anche altre due opzioni sul tavolo dell'Eurogruppo. La Commissione europea potrebbe emettere delle obbligazioni proprie e finanziare un programma di aiuti. Quando  nel 2009 è esplosa l'eurocrisi, infatti, la Commissione aveva utilizzato questo strumento. La Banca europea per gli investimenti potrebbe anche lanciare un fondo-corona ed emettere obbligazioni sul mercato finanziario. Finora, entrambe le opzioni sono rimaste molto vaghe; una decisione in merito tuttavia, non è attesa per questa settimana, fanno sapere da Bruxelles.


lunedì 23 marzo 2020

Handelsblatt - Gli eurobonds possono attendere

Secondo quanto riportato da Handelsblatt, tedeschi, olandesi e finlandesi, anche nel pieno della crisi causata dal corona virus, non avrebbero nessuna intenzione di concedere dei prestiti incondizionati a francesi, italiani e spagnoli. Ne scrive Handelsblatt



Il corona virus ha portato a una rottura nella diga della politica fiscale: gli stati di tutto il mondo stanno lanciando programmi di aiuto per molti miliardi di euro al fine di evitare un crollo dell'economia. Anche gli europei stanno agendo in maniera rapida e decisa, ma solo a livello nazionale.

Finora l'Unione Monetaria Europea non è stata in grado di concretizzare nulla - al contrario: la crisi scaturita dal corona virus ha provocato una riapertura dei vecchi fronti all'interno dell'eurogruppo. Gli europei del sud, guidati da Italia e Francia, chiedono un programma di aiuti europei da molti miliardi di euro per combattere la crisi, mentre gli europei del nord, guidati da Germania e Paesi Bassi, frenano.

Il leader del'eurogruppo Mário Centeno non vuole accettare il blocco: per martedì ha invitato i ministri delle finanze dei 19 paesi dell'euro ad un incontro in videoconferenza. Ci sono forti dubbi sul fatto che in quella sede possano essere prese delle decisioni. "La resistenza della Germania e dei Paesi Bassi è enorme", riferisce un diplomatico dell'UE.

Il fulcro della controversia è il fondo di salvataggio MES. La Francia e gli europei del sud chiedono che il MES lanci un programma di prestiti multimiliardario aperto a tutti i paesi dell'euro. Per finanziarlo l'ESM dovrebbe emettere sul mercato le cosiddette obbligazioni corona.

I prestiti del nuovo programma di aiuti dovrebbero essere utilizzati esclusivamente per combattere le conseguenze della crisi. Inoltre, i prestiti non dovrebbero essere soggetti ad alcuna condizionalità. In un appello congiunto, un gruppo di 13 economisti europei ha anche chiesto al MES di fornire una linea di credito per tutti i paesi in modo da poter affrontare in maniera congiunta la crisi causata dal corona virus.

Prestiti incondizionati?

Sarebbe una novità per il MES. Fino ad ora, infatti, i prestiti del fondo di salvataggio sono sempre stati soggetti a dei requisiti di politica economica: i paesi beneficiari hanno dovuto ristrutturare i propri bilanci e adottare riforme strutturali impopolari. Il rispetto di queste condizioni è stato attentamente monitorato dalla "Troika" composta dalla BCE, dal FMI e dalla Commissione europea.

Nonostante la crisi scaturita dal corona virus, per Germania, Paesi Bassi e Finlandia è impensabile che il MES possa erogare contemporaneamente e in maniera incondizionata dei prestiti a tutti i paesi dell'euro. Nel trattato ESM non è affatto previsto un tale programma di prestiti, e non ci sarebbe il tempo necessario per un cambiamento, si dice a Berlino.

La cassetta degli attrezzi esistente contiene già degli strumenti sufficienti per aiutare i paesi colpiti piu' duramente. Ad esempio, potrebbero richiedere una „Enhanced Conditions Credit Line“ (ECCL). Le condizioni per questi prestiti sono meno rigorose rispetto alla seconda  linea di credito possibile, vale a dire la "Linea di credito condizionata precauzionale" (PCCL).

Per la linea di credito PCCL, l'Italia dovrebbe impegnarsi a rispettare il Patto di stabilità. Ma Roma non lo faceva neanche prima del Corona virus. Gli ostacoli per accedere ad un prestito ECCL sono più bassi, sostengono alcuni diplomatici dell'UE. "Nessuno penserebbe di chiedere all'Italia di riformare il sistema pensionistico o il mercato del lavoro, se nella situazione attuale dovesse chiedere aiuto al MES", si dice a Berlino.

Un prestito ECCL avrebbe anche un altro vantaggio: la BCE potrebbe utilizzare il cosiddetto programma OMT per acquistare i titoli di stato del paese beneficiario, in modo da rassicurare i mercati finanziari e gli investitori. Normalmente, la BCE non è piu' autorizzata a farlo dal momento in cui un paese riceve credito dal MES.

Roma insiste su un programma di sostegno europeo

Alla banca centrale è stato permesso di acquistare titoli di Stato portoghesi e greci solo dopo che i 2 paesi sono usciti dal programma di sostegno. Il ministro delle finanze italiano Roberto Gualtieri non è ancora stato convinto da questi argomenti.

Gualtieri teme che se facesse domanda per avere un programma di aiuti del MES solo per l'Italia, il suo paese verrebbe stigmatizzato sui mercati finanziari. Anche se gli altri paesi dell'eurozona molto probabilmente approverebbero immediatamente il prestito: l'Italia teme che sarebbe messa alla berlina in quanto paese in crisi e dovrebbe pagare premi al rischio più elevati per i suoi titoli di Stato.

Ecco perché il governo di Roma insiste per ottenere un programma generale di sostegno europeo per tutti i paesi dell'euro, preferibilmente attraverso il MES. Il fondo di salvataggio avrebbe la potenza di fuoco necessaria, affermano i diplomatici dell'UE

Del capitale di 705 miliardi di euro dell'ESM, ci sarebbero circa 410 miliardi attualmente disponibili per prestiti, come ha confermato il presidente dell'ESM Klaus Regling lunedì scorso. Poiché la Germania e i Paesi Bassi attualmente respingono un programma generale di prestiti ESM, ci sarebbero altre opzioni in discussione.

Secondo i diplomatici, la Banca europea per gli investimenti (BEI) o la Commissione europea potrebbero emettere dei corona bonds e finanziare un fondo per gli Stati membri in difficoltà. Entrambi i costrutti, tuttavia, avrebbero bisogno di una garanzia - dal MES o direttamente dai paesi dell'UE.
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mercoledì 18 dicembre 2019

Il bastone e la carota

Su Handelsblatt il professore Harald Benink ci spiega perché ormai con l'Italia e gli italiani è arrivato il momento del bastone e della carota: riforme strutturali in cambio di investimenti europei. Lo scambio dovrebbe essere formalizzato attraverso un "Grand Deal" fra governo italiano ed UE. Il timing di questa nuova strategia sembra perfetto per rispondere al dibattito italiano sul MES. Ne scrive il professor Benink su Handelsblatt


Gli ultimi mesi nella politica italiana sono stati alquanto turbolenti. E' nato un nuovo governo, senza la Lega di Matteo Salvini, per riaffermare la leadership politica e sostenere i mercati finanziari europei. Il leader della Lega chiedeva infatti nuove elezioni per poter diventare lui stesso il primo ministro.

Ma la fase di stabilità politica potrebbe non durare a lungo. L'Europa non dovrebbe farsi sfuggire l'occasione e tendere una mano all'Italia per trovare un accordo generale.

L'Unione europea si trova in una situazione critica. Da un lato, l'avvicinarsi della Brexit crea nuove incertezze sulle relazioni future con la Gran Bretagna, dall'altro, a causa dei problemi economici e finanziari, presto in Italia potrebbe svilupparsi una nuova crisi ancora più grande. La situazione attuale dovrebbe essere utilizzata per ripensare l'instabile situazione economica, finanziaria e politica europea.

In Europa è necessario circoscrivere le dinamiche negative del discorso politico. E ciò è particolarmente vero per la maggior parte della popolazione degli Stati membri dell'UE, che vede il progetto europeo come una minaccia, più che come un'opportunità.


Ciò è particolarmente evidente in Italia. Essendo uno dei membri fondatori dell'UE, il paese sta vivendo l'allontanamento e la mancanza di solidarietà nella governance della zona euro e nella gestione dell'immigrazione, in particolare da parte dei paesi dell'Europa settentrionale come Germania e Paesi Bassi. Ciò ha portato i partiti populisti ad essere ancora più popolari.

È ovvio che in Italia ci sono problemi strutturali ed economici. Ciò riguarda soprattutto la mancanza di drastiche riforme strutturali nel mercato del lavoro e dei servizi, nella riscossione delle imposte e nel sistema pensionistico. Per troppo tempo il paese ha rinviato le riforme necessarie, e in questo modo ha ridotto la sua competitività e il suo potenziale di crescita di lungo periodo.

La politica della BCE non ha creato gli incentivi

Allo stesso tempo le politiche dell'UE spesso non sono state adeguate. Da un lato la politica monetaria della BCE ha mantenuto i tassi di interesse sui titoli di stato italiani a un livello molto basso, senza pretendere delle condizioni speciali.

Questi bassi tassi di interesse hanno ridotto gli incentivi per la realizzazione di riforme economiche di vasta portata. D'altro canto le regole del Patto di stabilità e crescita dell'UE sono vincolanti e presto potrebbero portare a delle multe nei confronti dell'Italia, che a loro volta finirebbero per peggiorare ulteriormente la dinamica politica.

È giunto il momento di stringere un grande accordo fra Italia ed UE per migliorare la situazione politica. E ciò richiede un piano d'azione economico e politico per i prossimi cinque anni che metta in collegamento un'agenda dettagliata per le riforme economiche e strutturali da realizzare, con dei potenziali investimenti europei.

L'idea di base è che per ciascuno dei cinque anni siano previsti passi concreti sul piano normativo e nell'attuazione delle riforme. Alla fine di ciascuno di questi cinque anni, si dovrà quindi verificare se l'Italia ha attuato le misure concordate. In caso positivo l'Italia potrebbe essere premiata con ingenti investimenti dell'UE, in particolare nei settori come le infrastrutture e l'economia della conoscenza.

C'è molto in ballo

Un simile approccio fatto di carota e bastone non è mai stato provato prima. Ciò cambierebbe il discorso politico e darebbe la possibilità alla leadership politica italiana di spiegare alla propria popolazione che l'Europa non solo richiede difficili riforme economiche e disciplina di bilancio, ma agisce anche in maniera solidale sotto forma di investimenti. E questo potrebbe promuovere l'accettazione politica di misure anche difficili da parte dell'elettorato.

La sfida è quella di prevenire un'escalation della crisi politica tra Italia ed Europa. Tale escalation potrebbe portare a una crisi di fiducia nell'affidabilità creditizia del debito italiano e nelle banche del paese che hanno investito pesantemente in titoli di stato.

Date le dimensioni dell'economia italiana e, soprattutto, dato l'enorme debito pubblico, una crisi in Italia molto probabilmente porterebbe a una grave crisi bancaria e finanziaria nel resto d'Europa, fatto che avrebbe anche enormi conseguenze sul futuro dell'euro.

È quindi importante che il nuovo presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, e il nuovo presidente della BCE, Christine Lagarde, approfittino del momento per concludere con l'Italia un grande accordo. C'è molto in ballo ed è urgente un nuovo approccio.


mercoledì 4 dicembre 2019

L'ex capo di Siemens condannato in Grecia a 15 anni

Si tratta probabilmente della mazzetta piu' grande di tutti i tempi: circa 68 milioni di euro che i dirigenti della tedesca Siemens nel 1998 avrebbero pagato ai funzionari greci per aggiudicarsi un importante appalto. A distanza di 21 anni dai fatti, da Atene è arrivata la sentenza di primo grado per gli ex-vertici dell'azienda di Monaco di Baviera. Ne scrive Handelsblatt


I mulini della magistratura greca macinano molto lentamente: cosi' nel frattempo sono passati 21 anni dal reato. 14 anni fa i pubblici ministeri hanno iniziato a indagare. Il processo è andato avanti per piu' di 3 anni. E ora nella vicenda legata alla corruzione di funzionari da parte del gruppo Siemens in Grecia, sono arrivati i verdetti.

20 dei 64 imputati coinvolti sono stati dichiarati colpevoli dalla corte. Dovranno farsi diversi anni di prigione. L'ex presidente del consiglio di amministrazione Heinrich von Pierer è stato condannato dai giudici a 15 anni di reclusione, mentre l'ex presidente di Siemens Thomas Ganswindt a 13 anni di carcere. Altri cinque ex dirigenti tedeschi del gruppo sono stati condannati dal tribunale a sette anni di carcere.

Nella prima presa di posizione dopo la sentenza, Pierer ha definito il verdetto come "del tutto sorprendente", in quanto la pubblica accusa in aprile e di nuovo a luglio di quest'anno ne aveva chiesto l'assoluzione. Nel corso del processo era stato ad Atene per due audizioni e "non vi è stata nessuna singola accusa penale contro la quale io dovessi o potessi difendermi". Von Pierer ha annunciato: "presenteremo un appelo nei confronti del verdetto".


La sentenza contro l'ex top manager di Siemens e gli altri imputati ritenuti colpevoli avrebbe potuto essere ancora più dura. All'inizio l'accusa, infatti, riguardava anche il reato di corruzione di pubblici ufficiali. E ciò avrebbe potuto significare anche l'ergastolo. Grazie a una riforma penale approvata dal parlamento greco in estate, tuttavia, il reato nel frattempo si è prescritto. Resta in piedi l'accusa per riciclaggio di denaro.

Al centro del procedimento c'è uno dei contratti più redditizi che Siemens abbia mai vinto in Grecia: nel 1998, dopo lunghe trattative con l'allora autorità greca per le telecomunicazioni OTE, l'azienda di Monaco si era aggiudicata il contratto per convertire la rete telefonica greca dalla tecnologia analogica a quella digitale. Il volume dell'ordine ammontava a poco meno di 693 milioni di euro. All'epoca sarebbero state pagate tangenti per circa 68 milioni di euro ai responsabili greci della decisione.

La magistratura greca ha basato la sua ricerca sui documenti dei pubblici ministeri tedeschi, i quali avevano già aperto un'inchiesta sull'accaduto. I dirigenti tedeschi di Siemens accusati ad Atene avevano già dovuto rispondere dell'accusa di corruzione davanti ad un tribunale tedesco ed erano in parte stati condannati e in parte assolti.

I difensori dei tedeschi avevano quindi chiesto l'archiviazione del caso secondo il principio del "ne bis in idem" sancito dal diritto europeo, e cioè che nessuno può essere processato due volte per lo stesso reato. La magistratura greca non aveva tenuto conto di questo principio affermando che si trattava di accuse diverse da quelle già formulate in Germania. Gli osservatori del processo ritengono che questa decisione sia costituzionalmente discutibile.

Nel frattempo dieci imputati sono morti

Von Pierer non si è mai dovuto presentare davanti a un tribunale tedesco per difendersi da queste accuse. Ha sempre negato di essere stato a conoscenza della tangente, ma ha accettato un'ammenda di oltre 250.000 euro per violazione del dovere di controllo e ha pagato a Siemens cinque milioni di euro di danni.

Anche gli ex dirigenti della filiale greca di Siemens, Michael Christoforakos e Christos Karavelas, sono stati condannati alla pena massima di 15 anni di carcere. Christoforakos era già fuggito in Germania dieci anni fa. La sua estradizione era stata rifiutata dalle autorità tedesche in quanto è un cittadino tedesco e i reati dei quali è accusato secondo la legge tedesca sono ormai prescritti. Karavelas si è dileguato all'estero.



10 dei 64 imputati originali non hanno potuto vedere la fine del processo - in quanto nel frattempo sono morti. Tra questi c'è anche Volker Jung. L'ex manager del gruppo era a capo del consiglio di sorveglianza nonché manager della controllata greca Siemens-Hellas al momento dell'aggiudicazione dell'appalto.

Gli imputati tedeschi lunedì, in occasione della sentenza, non si sono presentati. A rappresentarli c'erano i loro avvocati. Resta aperta la questione se i condannati dovranno andare immediatamente in prigione. La corte potrebbe quindi chiedere un mandato di arresto internazionale contro von Pierer e gli altri tedeschi.

Che la Germania li possa estradare è alquanto improbabile. Viaggiare all'estero, tuttavia, per le persone colpite dalla condanna sarebbe comunque rischioso. Rischierebbero di essere arrestate durante un controllo alla frontiera e trasferiti in Grecia.

Potrebbero passare anni fino al verdetto finale

Il tribunale tuttavia potrebbe sospendere l'esecuzione fino a quando non sarà deciso se la sentenza è definitiva. La giustificazione scritta della sentenza, come spesso accade in Grecia, potrebbe arrivare fra alcuni mesi. Gli osservatori del processo prevedono che oltre a Pierer, anche gli altri imputati facciano appello. Ci sarebbe quindi un nuovo grado di giudizio. In seguito resterebbe la revisione finale della Corte Suprema.

Potrebbero passare diversi anni prima di arrivare ad una sentenza finale nella vicenda della Siemens greca. Indipendentemente da ciò, l'avvocato di Pierer intende chiedere che la sentenza in Germania non venga eseguita "in quanto viola i principi costituzionali di base".


sabato 28 settembre 2019

Verso la fine del boom immobiliare

Dopo il violento crollo della manifattura, gli istituti di ricerca tedeschi segnalano che il lunghissimo boom immobiliare ormai è agli sgoccioli e  anche per il mattone si avvicina il punto di svolta. Cosa accadrà alle banche e agli investitori una volta che la bolla immobiliare sarà scoppiata? Ne scrive Handelsblatt su dati forniti dall'Institut der deutschen Wirtschaft (IW)


Il mercato immobiliare tedesco si avvicina irrimediabilmente ad una svolta. "Siamo alla fine del boom", afferma Ralph Henger, specialista nel settore immobiliare presso l'Institut der deutschen Wirtschaft (IW). Ogni quattro mesi, infatti, l'IW redige un indice immobiliare disponibile in esclusiva per Handelsblatt. I dirigenti delle società di sviluppo immobiliare e gli investitori istituzionali valutano la situazione del settore e gli sviluppi sul mercato immobiliare tedesco.

Il risultato: in questo autunno è stato registrato il peggiore valore a partire dal 2014. Il clima nel  settore immobiliare è calato per la terza volta consecutiva. Per quanto riguarda gli uffici, la consulenza immobiliare internazionale di JLL prevede per quest'anno un calo dei nuovi spazi in affitto nelle sette maggiori città tedesche, tra cui Berlino, Francoforte e Monaco, di circa il 4 % rispetto al 2018. Alcuni esperti sono ancora più pessimisti per quanto riguarda il mercato degli spazi adibiti al commercio al dettaglio.


Il mutato clima immobiliare colpisce anche Henning Koch. Koch è un gestore che compra immobili in tutto il mondo per conto di Commerz-Real, la consociata di gestione dei fondi di Commerzbank, e si muove a livello internazionale alla ricerca di investimenti di valore  per i fondi dell'azienda - in particolare per il fondo immobiliare aperto da 15 miliardi di euro Hausinvest.

Negli ultimi tempi, tuttavia, si è mosso più che altro come venditore: nel suo bilancio di vendita di questi primi nove mesi dell'anno ci sono un edificio per uffici a Singapore, uno a Vienna, due hotel a Londra, un negozio al dettaglio vicino Lisbona. Koch vorrebbe investire il capitale il piu' rapidamente possibile, anche sul mercato interno. Ma è esigente: "nella situazione attuale, siamo molto selettivi quando si tratta di acquistare".

Il manager di Wiesbaden condivide questa sua riluttanza con molti colleghi. Dopo anni di boom, per la prima volta quest'anno, l'indagine autunnale sull'indice immobiliare IW è stata dominata da aspettative negative: "per i prossimi dodici mesi, nel settore ci sono più aziende che prevedono uno sviluppo negativo rispetto a quelle che ne prevedono uno positivo", sintetizza Ralph Henger. Ad essere sondati sono stati gli sviluppatori di grandi progetti di costruzione, gli investitori e i proprietari di uffici, centri commerciali o grandi complessi abitativi.


Le loro dichiarazioni sulla situazione attuale e sulle aspettative future del business nell'ultimo sondaggio autunnale hanno causato una discesa di quasi undici punti percentuali dell'indice sul clima degli affari, indice che ha raggiunto il livello più basso dall'inizio della raccolta dati nel 2014. "E' stato decisivo il fatto che il clima nel settore immobiliare sia peggiorato per la terza volta consecutiva", afferma Henger. Secondo la teoria della ricerca, ciò segnala un cambio di direzione nello sviluppo economico.

Inversione di tendenza con ritardo

Il mercato immobiliare quindi segue l'umore generale dell'economia tedesca. Nel secondo trimestre questa si è contratta dello 0,1 %. Molti esperti si aspettano un segno negativo anche per il terzo trimestre, e in quel caso la Germania entrerebbe ufficialmente in recessione. A ciò bisogna aggiungere che i principali istituti di ricerca tedeschi hanno recentemente abbassato le loro previsioni di crescita sia per il 2019 che per il 2020.

Ma l'inversione di tendenza sul mercato immobiliare non è ancora visibile. Per una semplice ragione: "il settore immobiliare è un settore in ritardo, il rallentamento dell'economia quindi si farà sentire con un certo ritardo sia sugli affitti che sui rendimenti", spiega Christian Schulz-Wulkow, Managing Partner di Ernst & Young Real Estate. Ciò può essere dimostrato, ad esempio, nel mercato immobiliare degli uffici.

Lì la domanda dipende dal fatto che le aziende creino o sopprimano posti di lavoro. Secondo una elaborazione della consulenza immobiliare internazionale JLL vi sarebbe una chiara correlazione tra il barometro sull'occupazione dell'istituto Ifo e la domanda di uffici. Se l'indice diminuisce di cinque punti percentuali, il numero di nuovi spazi per gli uffici diminuisce del dieci percento, con circa 3 trimestri di ritardo.


In effetti il barometro dell'occupazione Ifo nella prima metà dell'anno è sceso di circa il 5%. Ma questo calo non è ancora arrivato sul mercato dell'affitto per gli uffici. Entro la fine dell'anno, tuttavia, JLL prevede un calo significativo dello spazio affittato per i nuovi uffici.



La tendenza al ribasso tuttavia non è ancora visibile, afferma Timo Tschammler, capo tedesco della società di consulenza immobiliare internazionale JLL, e fa riferimento alla bassa percentuale di spazi inoccupati nelle grandi città. "A Berlino, ad esempio, meno del 2% di tutti gli uffici è vuoto. Prima che gli affitti diminuiscano, questa quota dovrà aumentare al 7,4 per cento, secondo i nostri calcoli".

Al momento secondo l'esperto dell'IW Henger non è questo il caso: "nel mercato degli uffici non c'è quasi nessuna costruzione speculativa". Molti degli edifici per uffici previsti sono già stati affittati prima del completamento. "Gli errori del passato, che hanno portato a edifici vuoti per ben oltre il 10% nei centri per uffici di Dusseldorf e Francoforte, non sembrano ripetersi", afferma l'economista dell'IW.


Le prospettive nel settore del commercio sono invece più pessimistiche: "stiamo osservando con preoccupazione il settore del commercio al dettaglio", afferma Koch, manager di Commerz-Real. "Sicuramente in questo settore ci troveremo di fronte ad un grande cambiamento" Non c'è da meravigliarsi quindi che le aspettative dei dirigenti immobiliari in nessun altro settore siano così negative come nel settore del commercio al dettaglio.

Nonostante ciò il manager di EY Schulz-Wulkow ritiene che l'industria abbia ancora risorse per attutire il rallentamento economico. Ma ne limita l'ambito: "gli investitori immobiliari a causa dei prezzi già alti, ora avranno bisogno di piani aziendali molto ambiziosi per ottenere nel lungo termine un risultato dai loro investimenti".

Alcuni dirigenti di società immobiliari intervistati dall'IW ne sono ben consapevoli: "le risposte alle nostre dettagliate domande ci mostrano che ci sono già i primi amministratori delegati che si aspettano addirittura una riduzione degli affitti e dei prezzi", afferma l'autore dello studio Henger. La maggior parte degli intervistati tuttavia prevede che gli affitti continueranno a salire, più dei prezzi di acquisto. Una novità per Henger e quindi un altro indizio del fatto che il punto di svolta è stato raggiunto: finora gli affitti sono sempre rimasti indietro rispetto ai prezzi di acquisto.

"Il cambio di aspettative per quanto riguarda i prezzi e gli affitti è il tipico segnale di un'inversione di tendenza sul mercato immobiliare." Gli aumenti degli affitti tuttavia non saranno in grado di compensare l'indebolimento della dinamica dei prezzi, Henger ne è convinto. Ciò significa che i rendimenti immobiliari storicamente bassi a causa dei prezzi esageratamente alti torneranno a crescere. "E i rendimenti più elevati sono un'espressione del fatto che i rischi dell'investimento immobiliare torneranno ad essere presi in considerazione", afferma l'economista.

I mercati immobiliari rimangono tesi

Gli inquilini e gli acquirenti di appartamenti nelle metropoli tedesche possono sperare in un imminente calo degli affitti e dei prezzi? Non proprio. Come la maggior parte degli osservatori, anche Henger prevede che la situazione di elevata domanda di alloggi e l'offerta ancora insufficiente nelle aree metropolitane per il momento resteranno invariate.

Tuttavia, sia per i proprietari che per gli sviluppatori di nuovi immobili, non sarà facile come lo è stato di recente imporre dei prezzi di vendita e degli affitti sempre più elevati. "Per le aziende che operano nelle aree residenziali, il motto attuale è: non potrà andare meglio di ora".

Per quanto tempo ancora il settore rimarrà sui livelli attuali non è prevedibile. Dopotutto, gli osservatori del mercato concordano sul fatto che l'allentamento monetario annunciato dalla BCE nella sua ultima seduta compenserà almeno parzialmente gli effetti economici negativi.

Gli assicuratori, i fondi pensione, i fondi di investimento e gli investitori privati ​​in cerca di investimenti relativamente sicuri continueranno a fare affidamento sul settore immobiliare per mancanza di alternative, afferma Tschammler, capo della JLL Germania. "Nonostante i prezzi siano cresciuti, ci sono ancora tassi positivi". Inoltre, secondo il sondaggio IW, la Germania resta una destinazione popolare per gli investitori stranieri. "E anche questo dovrebbe contribuire a supportare l' economia del settore", conclude Henger.

E anche se secondo il sondaggio dell'IW è cresciuto il numero di amministratori delegati locali che ora puntano sulle vendite, c'è ancora una maggioranza che punta sulla crescita del settore. Il manager di Commerz-Real Koch è ottimista: entro la fine dell'anno, vuole concludere diversi affari. Questa volta come acquirente.