Visualizzazione post con etichetta stampa tedesca. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta stampa tedesca. Mostra tutti i post

giovedì 16 febbraio 2012

Sono i governi a dover salvare l'Euro, non le banche centrali


Intervista a Jens Weidmann, capo della potente Bundesbank. Da Handelsblatt.de

Il numero uno della Bundesbank Jens Weidmann critica i governi Euro: vorrebbero addossare alle banche centrali i problemi per i quali sono responsabili. Il coinvolgimento della BCE nel taglio del debito greco deve essere escluso.


Handelsblatt: Signor presidente della Bundesbank, la crisi del debito, in termini medici è un politrauma: le banche hanno poco capitale, i politici sono troppo lenti nell'applicare le riforme, una Grecia iperindebitata, il bilancio gonfiato delle Banche centrali della zona Euro. Qual'è il problema che le causa il maggiore mal di testa?

I problemi sono tutti interconnessi. Questa situazione complessa ci impegna notevolmente come banca centrale. L'Eurosistema viene presentato come l'unico capace di azione, e per questo vengono assegnati alle banche centrali compiti che non sono esattamente i loro.

Dove bisogna operare con la massima urgenza affinché il paziente Euro sopravviva?

Nella sua immagine sembra che sia compito delle banche centrali risolvere i problemi. Ma questo non è il caso. Dobbiamo superare la crisi del debito. La chiave della soluzione è nella politica fiscale ed economica e da una eventuale confusione di questi ambiti di azione, le banche centrali devono difendersi.

Bisogna prima di tutto trovare una soluzione per la Grecia?

La Grecia è un fattore che genera sempre incertezza. Ma la discussione va al di là della Grecia o dei singoli paesi. Si tratta di capire se le opinioni all'interno dell'Unione monetaria sono coerenti e se possono assicurare nel lungo periodo il futuro dell'Euro. La domanda centrale è: come può l'unione monetaria sopravvivere in un sistema che condivide sempre piu' responsabilità. Qual'è il giusto equilibrio  fra responsabilità e solidarietà?

Nella definizione delle condizioni dell'Unione monetaria, avrebbe desiderato piu' rigore?

Non è una questione di piu' o meno rigore. Il punto centrale è la possibilità di mettere in sicurezza i bilanci pubblici dei singoli paesi. Per la politica monetaria diventerà così possibile  svolgere il proprio compito: occuparsi della stabilità dei prezzi.  Per questo ci sono due vie: una è la via descritta con i criteri di Maastricht. Nel rispetto e nella garanzia delle regole fiscali. La seconda strada porterebbe ad una piu' profonda integrazione fiscale, che viene definita comunemente unione fiscale. Le decisioni negli ultimi vertici hanno gettato dubbi sul fatto che sia politicamente accettabile. Non vedo al momento nessuna disponibilità ad abbondonare la sovranità in materia fiscale.

Non è forse fuorviante, quando la politica parla di unione fiscale?

Io credo che la politica dovrebbe essere chiara nel comunicare che la strada seguita fino ad ora non conduce verso una unione fiscale, ma rafforza le regole all'interno del quadro esistente. Altrimenti potrebbero diventare molto forti le richieste, basate su questa supposta unione fiscale, di estendere la condivisione dei rischi attraverso gli Euro bond. Questo sarebbe il contrario di un quadro coerente e sostenibile di unione monetaria.

Lei vede la volontà politica di Atene per poter affrontare e risolvere con la propria forza la crisi?

Quello che è stato appena deciso è stato un passo importante. Alla fine sarà decisiva l'attuazione delle riforme, e per questo non ci sarà bisogno solo della volontà politica, ma anche di una amministrazione che applica le misure e di una popolazione che le sostiene.

Sembra che lei abbia dei dubbi

E' possibile avere dei dubbi sulla base dei recenti sviluppi - e per questo dipenderà se agli annunci seguono poi le azioni. Le riforme dovrebbero permettere al paese di stare in piedi con le proprie forze. A questo progetto appartiene anche una prospettiva di crescita. Senza questo impegno gli aiuti finanziari non servono a molto. L'unico scopo è di rendere il bilancio pubblico nuovamente sostenibile e rendere l'economia nuovamente competitiva. Gli aiuti finanziari possono schiarire la strada, ma non sostituiscono nessuna riforma. 

Che possibilità vede per l'adozione delle misure del secondo pacchetto di salvataggio?

Con la decisione parlamentare di sabato notte la Grecia ha soddisfatto una delle condizioni per il secondo pacchetto di aiuti.  Quello che ancora è da fare sono alcune misure promesse nel mercato del lavoro e un impegno politico di tutti i politici verso le riforme anche dopo le prossime elezioni. Solo quando tutto questo sarà chiaro mi aspetto una decisione del Ministro delle finanze.

L'Unione monetaria potrebbe sopravvivere all'uscita della Grecia?

E' chiaro che l'uscita di un paese dalla zona Euro non è un aiuto alla risoluzione del problema. Un ritiro produrrebbe effetti di contagio difficili da valutare anche perché cambierebbe la natura dell'Unione monetaria. Dall'altro lato bisogna dire che anche le misure di salvataggio possono creare le condizioni per un contagio della crisi.

Che cosa intende concretamente?

Se da un lato si introducono dure sanzioni, ma dall'altro lato si offre la prospettiva che con ripetute violazioni si possa avere diritto ad aiuti a basso costo, si diminuisce l'effetto  vincolante dei meccanismi di sanzione.

Per quanto tempo l'Eurosistema sarà costretto a guadagnare tempo? Quando il sistema finanziario tornerà a funzionare autonomamente?

Il nostro compito non è comprare tempo. Il nostro compito è di mantenere la capacità del sistema bancario attravero la messa a disposizione di liquidità affinché il credito possa arrivare fino all'economia.

Questo riguarda anche il programma di acquisto dei titoli di stato?

La maggioranza del consiglio ha istituito il programma motivandolo con la trasmissione difettosa della politica monetaria, ma dobbiamo anche vedere, che alcune misure inconvenzionali del sistema Euro minano la pressione verso le riforme. Il programma di acquisto di titoli di stato ha esteso notevolmente il nostro mandato. Per questo dovrebbe essere terminato quanto prima.

Non sarebbe una buona idea trasferire all'EFSF i bond pubblici acquistati?

Non avrei alcun problema, a tenere sul bilancio delle posizioni di rischio fino a quando queste non portano a nessuna perdita. Il punto decisivo è che non ci è permesso di rinunciare a dei crediti nei confronti di uno stato. Questo sarebbe una forma di finanziamento degli stati. Se da parte dei governi ci fosse la volontà di acquistare i nostri debiti, non eviteremmo il confronto con i governi. Ma al momento questa disponibilità dei governi non è riscontrabile.

Nel caso in cui l'Euro sistema decida di mantenere i titoli fino alla scadenza, e nel caso in cui questi vengano rimborsati alla pari senza tagli. Sarebbe pronto a distribuire questi dividendi straordinari ai governi?

Per la distribuzione di ipotetici dividendi in futuro non vedo le condizioni. Quando si discute dell'impatto della crisi del debito sul nostro bilancio, mi preoccupano molto di più le potenziali perdite. In generale, i rischi nel nostro bilancio hanno molta più probabilità di crescere che di diminuire.

Il sistema Euro dovrebbe essere qui un po' piu' conciliante?

La discussione nasconde il fatto che alla fine anche per il bilancio della banca centrale a garantire è  il contribuente. Le banche non dovrebbero donare le attività loro affidate.

La gente ha paura che alla fine per i rischi nel bilancio della Bundesbank  sarà il contribuente a pagare. Sarà davvero così in caso di emergenza?

Nella crisi finanziaria il nostro bilancio è necessariamente piu' rischioso. L'obiettivo è quello di controllare questi rischi e possibilmente circoscriverli. Alla fine è il contribuente che sopporta i rischi - e per qeusto è necessario, che le banche centrali siano limitate nel loro mandato e che si assumano solamente rischi strettamente legati con la politica monetaria. Non dobbiamo lasciare che le nostre responsabilità abbiano una interpretazione più ampia. La redistribuzione fra gli stati dei rischi di insolvenza, è chiaramente il dominio dei parlamenti, per il quale sono stati legittimamente eletti. Le perdite che derivano dalla nostra attività saranno poi trasferite al Ministero delle finanze e diventeranno per il contribuente molto concrete.

Come avverrà questo presso la Bundesbank per l'anno passato?

La Bundesbank negli anni passati ha costituito degli accantonamenti per i rischi nello stato patrimoniale. Nella verifica del bilancio in corso si verificherà se questi accantonamenti sono stati sufficienti. 

C'erano accantonamenti per 1.6 miliardi. Sarà questa la cifra?

Naturalmente non voglio anticipare la conferenza stampa, ma è chiaro che a causa della crisi abbiamo bisogno di maggiori accantonamenti. Questo avrà effetti anche sui risultati finali della Bundesbank

La BCE ha recentemente modificato la propria politica di salvataggio. La Banca centrale compra adesso meno titoli di stato, aiuta però le banche con miliardi di credito. Non è anche questa una strada rischiosa?

Non sono sostituti l'uno dell'altro. Sicuramente anche il credito alle banche comporta dei rischi, che dobbiamo mantenere al minimo. 

I rendimenti dei titoli italiani nelle ultime settimane si sono ridotti. Questo non dipende dai circa 400 miliardi di Euro in credito a tre anni che la BCE ha dato alle banche?

Questo può aver giocato un ruolo. Ma non dobbiamo dimenticare che  le riforme, soprattutto in Italia, stanno andando avanti e che gli investitori credono negli sforzi del nuovo governo. Un effetto simile può essere riscontrato anche in Spagna. 

I finanziamenti a tre anni ad un tasso molto basso per banche non troppo stabili, come si conciliano con il mandato della BCE?

In tempi di insicurezza hanno lo scopo di aumentare la solvibilità delle banche e in questo modo di sostenere l'erogazione dei prestiti. Decisiva è la questione delle garanzie - i riceventi devono avere elevati requisiti - e le banche riceventi non devono alimentare nuovi business connessi con i rischi politici. 

Considera il tasso dei prestiti a 3 anni adeguato?

Non voglio commentare ma probabilmente avremmo potuto ottenere lo stesso obiettivo anche con un tasso diverso da quello applicato.

La Germania ha crediti verso la BCE per circa 500 miliardi di Euro, il cosiddetto TARGET-2 Saldo, perchè le banche del sud Europa prendono a prestito denaro presso la BCE e lo trasferiscono verso la Germania. Questo causerà un'alta inflazione?

L'ampia offerta di liquidità può portare a inflazione. In considerazione del rallentamento economico non vedo alcun rischio di inflazione. Ma questo può anche cambiare, perciò dobbiamo tenere gli sviluppi sotto controllo, e restringere col tempo la liquidità messa a disposizone del mercato. Mi preoccupano prima di tutto i rischi che ci assumiamo con la fornitura di liquidità al mercato: facciamo affari con banche che sono sufficientemente solide, e garantiscono una accettabile sicurezza?

Si riferisce all'ampliamento delle aste di liquidità a tre anni?

Anche Mario draghi ha ammesso che con l'accettazione di nuove garanzie i rischi sono cresciuti. La sua dichiarazione, che questi rischi sono ben gestiti, la vedo come un obbligo.

Mario draghi ha anche dichiarato che sull'allargamento delle garanzie accettate non c'era l'unanimità. Lei ha votato contro?

Abbiamo l'accordo di non pubblicare le discussioni occorse durante le riunioni. Ho già detto chiaramente che i rischi inseriti nel nostro bilancio sono una fonte di preoccupazione e ci dobbiamo sforzare di limitare il più possibile questi rischi.

Dopo le dimissioni di Axel Weber e Jürgen Stark molti ipotizzano che l'influsso della Germania nel consiglio della BCE sia fortemente ridotto. Questa impressione è vera?

Non si tratta di rappresentare gli interessi tedeschi. Il punto è in che modo adempiamo al nostro mandato di mantenere la stabilità dei prezzi.

Weber e Stark hanno abbandonato la battaglia. Lei ha maggiori capacità di resistenza?

Ho accettato questo incarico con l'intenzione di completare il mandato di 8 anni, perché in questo modo posso rappresentare i valori per i quali esiste la Bundesbank e che io mi sento di condividere. Ho una responsabilità verso la Bundesbank e verso i cittadini di questo paese.

mercoledì 15 febbraio 2012

Le belle armi per Atene


Die Zeit, voce fuori dal coro, ci racconta gli affari tra Berlino ed Atene: aerei, sottomarini, panzer e fatture insolute.


Fregate, sottomarini e carri armati: per l'esercito greco non ci sono misure di risparmio. E la Germania ne trae vantaggio.

Il nostro interlocutore  ha in testa chiara la lista dei desideri del Ministero della  Difesa greco: fino a 60 aerei da combattimento del tipo Eurofighter per circa 3.9 miliardi di Euro. Fregate francesei per circa 4 miliardi, motovedette per 400 milioni di euro. Questa sarebbe la somma prevista per la modernizzazione della flotta greca. Mancherebbero ancora le munizioni per i Panzer Leopard, e si dovrebbero sostituire 2 elicotteri di fabbricazione americana Apache. E poi bisognerebbe comprare dei sottomarini tedeschi, prezzo complessivo: 2 miliardi di Euro.

Quello che ci racconta l'uomo che esce ed entra dal Ministero della Difesa greco suona alquanto assurdo. Uno stato che è vicino al fallimento e che viene sostenuto con i miliardi dell'Unione Europea, vuole acquistare grandi quantità di armi. L'uomo che incontriamo in un caffé di Atene lo si vede spesso nelle foto vicino al ministro o ai generali dell'esercito greco, telefona spesso a queste persone, e sa come muoversi. Sa quanto sensibile sia il tema, e vorrebbe perciò non far comparire il suo nome sul giornale. Non considera l'acquisto di armi un tema da rendere pubblico. "Se la Grecia in marzo riceverà come previsto la prossima tranche di aiuti finanziari da 80 miliardi, c'è una possibilità molto concreta, di chiudere dei nuovi contratti per la fornitura di armi".

Se dovesse rimanere disponibile anche un miliardo, ci rivela il nostro interlocutore, potremmo ordinare il primo Eurofighter oppure fare un ordine vincolante per le fregate. 

Veramente incredibile: in questi giorni si decide se la Grecia deve rimanere nella moneta unica o tornare alla Dracma. Negli stessi giorni i medici trattano negli ospedali di Atene solo i casi piu' urgenti, scioperano i conducenti dei bus, mancano i libri nelle scuole e migliaia di dipendenti pubblici dimostrano contro il loro prossimo licenziamento. Il Governo approva un piano di tagli che non risparmierà nessun cittadino. 

Nelle forze armate e nell'industria della difesa ogni pacchetto di risparmio governativo è passato senza lasciare tracce. 

La Grecia dopo il Portogallo è il piu' grande acquirente di armi tedesche.

Nel 2010 il bilancio della difesa greco era di quasi 7 miliardi di Euro. Questo rappresenta circa il 3% del PIL del paese, una cifra che nella NATO raggiunge solo gli USA. E nel 2011 il ministero della difesa greco ha ridotto di 500 milioni di Euro gli acquisti di armi. Per quanto riguarda il numero dei 130.000 mila soldati per ora non cambia nulla.

Fra i partner europei della Grecia ce ne sono pochi che si pronunciano pubblicamente per un il blocco delle spese militari greche. Uno di questi è Daniel Cohn-Bendit, capo dei verdi all'Europarlamento: "Dall'esterno i paesi europei intervengono praticamente in tutti gli ambiti di azione del governo greco. Agli infermieri sarà ridotto lo stipendio, e tutto il possibile sarà privatizzato. Solo il bilancio della difesa, si sostiene, sarebbe un diritto sovrano degli stati. Questo è surreale"

Cohn-Bendit ritiene che dietro l'esitazione dell'Europa si nascondano degli interessi economici molto forti. E il maggior approfittatore della politica di armamento greca in Europa è la Germania, campione europeo del risparmio. Secondo il resoconto sull'expport di armi del 2010 appena pubblicato, la Grecia dopo il Portogallo - un altro stato vicino al fallimento - è il più grande acquirente di armi tedesche. I giornali spagnoli e tedeschi, hanno diffuso il rumor, secondo il quale Angela Merkel e Nicolas Sarkozy durante un meeting in ottobre con il presidente Papandreu, gli avrebbero ricordato di completare gli ordini di armi aperti e esortato a farne di nuovi. Negli ambienti di Papandreu questo non è stato confermato, anche il governo federale avrebbe smentito: "le notizie secondo le quali la cancelliera  Angela Merkel e il presidente francese Nicolas Sarkozy avrebbero proposto alla Grecia nuovi contratti per l'acquisto di armamenti, sono prive di fondamento" ha comunicato per e mail un portavoce del governo federale di Berlino. 

L'acquisto di armamenti ha portato all'esplosione del debito pubblico greco.

Ma chi ascolta a Berlino, Brussel e Atene ha qualche dubbio sulla descrizione del ruolo della Germania dato dal governo di Berlino. L'industria degli armamenti ha una forte influenza nella capitale - quanto, ce lo racconta Hilmar Linnenkamp. E' stato per anni vice direttore per il Dipartimento degli Affari Internazionali al Ministero della Difesa, e oggi è consigliere presso la fondazione "Wissenschaft und Politik". "L'industria degli armamenti ha tradizionalmente degli ottimi rapporti con i vertici govenativi" ci dice. 

Questo emergeva chiaramente durante le visite di stato in Grecia: i membri del governo tedesco dichiaravano i loro desideri di export, ed i greci ribadivano le loro esigenze di import. Tutti sapevano che "la Grecia stava investendo troppo nel suo esercito", ci dice Linnenkamp. Così i greci nel corso degli anni hanno ammassato enormi montagne di debiti.

Di uno di questi affari miliardari ce ne parla anche il nostro uomo, nel caffé del centro di Atene. Il governo greco già nel 1999 voleva ordinare 90 Eurofighter e perciò aveva parlato con il produttore EADS e con il ministro degli esteri di allora Joschka Fischer (Verdi). I lobbisti dell'industria delle armi di allora non riuscivano a contenere la loro gioia: "avevamo bisogno di un ministro degli esteri Fischer che parlasse con il presidente greco di allora Simitis. Un ministro dei Verdi che trattava con un presidente socialdemocratico per l'acquisto di aerei da guerra" ci dice il nostro interlocutore. Peccato che l'affare si sia fermato ad una lettera di intenti - con molto dispiacere del governo federale e del consorzio militare EADS.

Tra il 2005 e il 2007, così raccontano persone vicine al precedente governo greco, la cancelliera Merkel ha cercato di convincere ancora i greci a mantere le loro promesse. Il capo di governo di allora Kostas Karamanlis voleva però giocare con il tempo. I contenuti delle riunioni di governo sono riservati: ma in questi incontri "non sarebbe usuale per la cancelliera Merkel fare pressione per l'acquisto di Eurofighter" ci dice oggi una portavoce del governo di Berlino.

Ancora nella primavera del 2010 il Ministro degli Esteri Westerwelle (FDP) aveva ricordato al governo greco dell'acquisto promesso degli Eurofighter, poche settimane prima che il fallimento di Atene fosse reso pubblico. "Westerwelle aveva richiesto un impegno per gli Eurofighter", ci dice qualcuno che ha assistito ai colloqui molto da vicino. Il ministro degli esteri aveva di nuovo assicurato sul quotidiano greco Kathimerini : "Non facciamo pressione sul governo greco per l'acquisto. Ma se ad un certo punto una decisione per l'acquisto di aerei da combattimento dovesse essere presa, i paesi del consorzio Eurofighter, che qui attraverso la Germania sono rappresentati, dovrebbero essere presi in considerazione nella decisione. All'interno dell'Unione Europea questo sarebbe pienamente normale". Poche settimane dopo aveva richiesto Westerwelle sul giornale Börsen Zeitung più disciplina dai paesi del Sud Europa: "ci aspettiamo, prima che ci siano discussioni sugli aiuti, che la Grecia esegua pienamente i propri compiti a casa per il consolidamento di bilancio".

Come si spiega questo comportamento? Ci dice l'esperto di armamenti Linnenkamp: "è stato completamente da irresponsabili, nel pieno della crisi economica greca, proporre il tema degli Eurofighter".

Ma non riguarda solamente gli Eurofighter: l'ultimo report sull'export di armamenti ci mostra  che la Grecia nel 2010 ha importato dalla Germania esattamente 223 Panzer del tipo M109 provenienti dai depositi della Bundeswehr e perfino un sottomarino della classe 214. Valore totale degli affari: 403 milioni di Euro. Negli anni precedenti anche la Krauss-Maffei Wegmann aveva guadagnato abbondamente nel sud Europa. L'azienda di Monaco aveva consegnato 170 Panzer Leopard-2 ad Atene, per un valore di 1.7 miliardi di Euro. Quando i greci sono rimasti indietro con i pagamenti, i funzionari pubblici nel governo di Berlino hanno discusso di nuovo il tema: "la linea era quella di cercare di incassare gli arretrati verso l'industria degli armamenti" dichiara un lobbista tedesco.

Anche i sottomarini della Thyssen Krupp, gli elicotteri della Eurocopter e i missili della Diehl BGT Defence sono l'orgoglio dei militari greci. La spesa militare ha contribuito molto all'esplosione del debito pubblico greco. La Grecia non è solamente al vertice della classifica europea della percentuale di spesa in armamenti in rapporto al PIL. Secondo l'istituto di ricerca svedese sulla pace SIPRI fra il 2005 e il 2009 solo Cina, India, gli Emirati Arabi e la Corea del Sud hanno registrato piu' import di armi di quanto non abbia fatto la Cina.

Dimitris Droutsas è uno dei pochi greci che su questi numeri si esprime volentieri. Fino al 2001 è stato Ministro degli Esteri greci. "Non abbiamo speso così tanto per la difesa solo perchè questo ci faceva piacere" ci dice. I confini greci dovevano essere difesi contro i flussi migratori dal Nord Africa e dall'Asia e ogni giorno abbiamo conflitti con la Turchia. "Come ministro degli esteri ho sempre ricevuto, quasi ogni giorno, notizie sulla violazione del nostro spazio aereo da parte di aerei turchi". "Inoltre la Grecia ha guardato con preoccupazione alla crescente attività della marina turca nel mar Egeo e solo 35 anni fa abbiamo vissuto l'invasione turca di Cipro". Da allora  i greci vivevano in uno stato di paura. Che ci sia stata una corsa agli armamenti con la Turchia, anche se entrambi fanno parte della NATO, Droutsas lo considera legittimo: "Che noi vogliamo o no, la Grecia è obbligata ad avere a disposizione una larga forza militare".

E' mancata fino ad ora la pressione dall'esterno a bloccare il riarmo.

Gli uomini come Droutsas non devono temere la rabbia del proprio popolo. Il settore militare  garantisce infatti sicurezza e posti di lavoro. In un paese senza industrie significative questo vuol dire molto. Le industrie militari tedesche l'hanno capito presto e si sono legate strettamente con le industrie greche. Qualcuno che ha trattatto a lungo sull'argomento racconta: "in Grecia gli affari legati agli armamenti erano un dare e un avere. Che cosa ricevo in in cambio se compro da voi un panzer? Si trattava sempre di ricompense. Ogni politico che sottoscriveva un contratto con le aziende tedesche, sperava che una parte del denaro versato potesse tornare indietro".

Quando nel 2003 è stato siglato un contratto per l'acquisto di Panzer Leopard con l'azienda di Monaco Krauss-Maffei Wegmann (KMW), questo non ha garantito solo posti di lavoro tedeschi, ma anche centinaia di lavori per l'azienda Hellenic Defence Veichle Systems nella città portuale tedesca Volos. Questa azienda, controllata dal gruppo KMV, fu fondata proprio per ottenere la Grecia come cliente: e successivamente le è stato assegnato il montaggio di 100 Panzer. Oggi i suoi dipendenti si sono specializzati nella manutenzione dei Panzer e dei loro accessori. Gli stessi lobbisti si meravigliano che la Grecia, secondo il registro delle armi delle Nazioni Unite abbia 1614 carri armati nell'inventario. "In questa regione così impervia, con i panzer, i greci non potrebbero fare nulla" ci dice un esperto del settore. Nonostante questo sono stati acquistati.

Lo stato sociale si restringe, il bilancio della difesa si allarga.

Anche il cantiere di Kiel HDW (Howaldtswerke-Deutsche Werft) hanno fatto buoni affari con la Grecia. Affinché la vendita degli U-boot (sottomarini) del valore di 2.85 miliardi potesse concludersi, i tedeschi hanno dovuto acquistare la barcollante Hellenich-Shipyards-Werft ad Atene. Questo ha garantito 1.000 posti di lavoro ai greci.

Che in Grecia non si levassero critiche per i contratti miliardari con la Germania, non suscita meraviglia. Dietro le quinte i militari e i lobbisti erano daccordo "perchè nel settore si sapeva con esattezza quello che la Turchia stava ricevendo, e corrispondentemente si faceva pressione affinché noi greci potessimo disporre dello stesso" dichiara un politico greco. 
Anche la pressione dall'esterno ad arrestare il riarmo, ancora ad oggi non c'è stata. Le conseguenze: secondo le indicazioni della Troika (EU, FMI, BCE) il budget della difesa non sarà toccato. Secondo il programma di stabilità e crescita, già nel 2010 il budget per gli armamenti doveva essere ridotto dello 0.2 %, pari a 457 milioni di Euro. Questo sembra molto, ma nello stesso documento si propone di tagliare la spesa sociale di 1.8 miliardi di Euro. Anche nel 2011 si dovevano ricercare ulteriori tagli alla spesa per la difesa. Concretamente questo non è stato ancora fatto. 

Il Parlamento greco ha utilizzato questa libertà prontamente. Nel bilancio 2012 si prevede che lo stato sociale debba diminuire di un ulteriore 9 %, circa 2 miliardi di Euro. I contributi alla NATO dovrebbero aumentare del 50 % fino a raggiungere i 60 milioni di Euro, le spese per il Ministero della difesa dovrebbero crescere di 200 milioni di Euro e raggiungere 1.3 miliardi di Euro: una crescita del 18.2 %.

E il governo tedesco? Così ci dice un portavoce del governo di Berlino: "il governo sostiene il programma di consolidamento del primo ministro Papademos. E' accettato che il governo greco prenda misure di risparmio anche in ambito militare". Allo stesso tempo il portavoce riferisce che che ci sono dei casi di mancato pagamento in merito alla fornitura di armi. "Ci sono stati con i precedenti governi delle conversazioni su casi particolari di ritardo nei pagamenti. Il governo federale tuttavia si aspetta che tali contratti vengano onorati"