venerdì 22 giugno 2012

La Germania sta perdendo competitività?


Se lo chiede il Financial Times Deutschland, che anticipando i dati di uno studio, con sorpresa arriva ad affermare: gli squilibri regionali nell'area Euro si stanno ricomponendo e il sud recupera competitività. L'analisi è veramente credibile? 
L'economia tedesca come pilastro della competitività europea? Nemmeno per idea. Secondo uno studio i paesi Euro in crisi tornano ad essere competitivi - e l'industria tedesca in Europa è  la piu' penalizzata.

I paesi periferici dell'Eurozona recuperano competitività nei confronti dei paesi core. E' quanto emerge da uno studio non ancora pubblicato della società di ricerca The Conference Board, che Financial Times Deutschland anticipa. Secondo lo studio, sarebbero in particolare Irlanda e Spagna ad aver recuperato chiaramente competitività a partire dal 2008. Dal 2010 anche Grecia e Portogallo hanno iniziato un riequilibrio ad un passo piu' sostenuto.

"Il costo del lavoro per unità di prodotto (Lohnstückkosten) nei paesi periferici scende rapidamente - uno primo raggio di sole per l'intero continente", ha dichiarato Bart van Ark, capo economista di The Conference Board e coautore dello studio. Poiché i costi per unità di prodotto nell'industria tedesca e negli altri paesi del nord crescono con forza, procede all'interno dell'Eurozona il processo di riequilibrio macroeconomico.

Gli economisti che hanno preparato lo studio sono in disaccordo con quanti in Germania sono scettici sulla possibilità per i paesi del sud di tornare ad essere competitivi all'interno della zona Euro - e che quindi propongono un'uscita della Grecia dall'unione monetaria.

Come documentato dai dati di Van Ark e del collega Bert Colijin, il riequilibrio macroeconomico fra il sud Europa e il nord Europa è già a buon punto. Dall'inizio del 2008 alla fine del 2011 la competitività dei paesi in crisi è chiaramente cresciuta in rapporto a quella dei paesi core. I piu' grandi progressi da allora li hanno fatti l'Irlanda e la Spagna, dove i costi per ogni unità di prodotto nell'industria e nei servizi sono cresciuti rispettivamente del 6.3 e 4.4 %.

In Irlanda la flessibilità del mercato del lavoro ha sostenuto questo sviluppo - le imprese durante la recessione possono infatti reagire rapidamente licenziando i dipendenti. Il successo iberico, secondo i ricercatori, è da attribuire ad un maggiore ricorso al lavoro part time.

Da inizio 2010 anche Grecia e Portogallo stanno facendo sensibili progressi. "In Grecia i costi per unità di prodotto fra il 2010 e il 2011 sono scesi di oltre il 5% -  è un dato molto importante", secondo Van Ark. Il miglioramento è da attribuire in primo luogo alla riduzione dei salari.  In questo modo l'economia ellenica ha aumentato la propria competitività negli ultimi 2 anni piu' di ogni altro paese nella moneta unica".

Ancora migliori sono i ritmi di recupero della periferia nei confronti dei paesi core del continente nei settori importanti per l'industria dell'export. Secondo lo studio i costi unitari nel settore manifatturiero irlandese dal 2008 ad oggi sono scesi del 41.5 %. In questo modo un bene prodotto in quel paese costa quasi la metà di quanto non lo si pagasse prima della crisi finanziaria. Anche la Spagna ha ottenuto una riduzione a due cifre.

Al contrario, i paesi del nord, considerati competitivamente i piu' forti nell'unione monetaria, dal 2008 hanno invece perso competitività. In nessun paese i costi per unità di prodotto sono cresciuti piu' che nell'industria tedesca - esattamente del 14%. Anche in Austria e Finlandia gli aumenti sono stati considerevoli. "Gli aumenti in Germania e Austria sono da ricondurre prima di tutto al Kurzaarbeit (contratti di solidarietà durante i periodi di crisi) a cui hanno fatto ricorso molte aziende nel corso della recessione del 2009", così ci dice l'economista Van Ark. Invece di licenziare i dipendenti, molte imprese, nonostante la crisi, hanno scelto di tenerli in azienda - facendoli tuttavia lavorare poche ore la settimana. Questo ha messo sotto pressione la produttività, fino ad oggi. "Gli aumenti salariarli legati ai rinnovi contrattuali nell'industria tedesca possono rendere il riequilibrio in Europa ancora piu' facile", ci dice Van Ark. Poiché gli esportatori tedeschi sono sempre piu' legati alla domanda proveniente dai paesi emergenti,  gli aumenti salariali non dovrebbero avere un impatto così negativo - allo stesso tempo tuttavia la produttività dovrà continuare a crescere.

Con gli aumenti di produttività del sud e la riduzione del nord, secondo Van Ark, si dovrebbe raggiungere nel lungo periodo il necessario riequilibrio macroeconomico. Allo stesso tempo ci mette in guarda da un'uscita di Atene dall'unione monetaria. "Se questo accadesse, nel medio periodo ne risentirebbe non solo la competitività greca, ma anche quella degli altri paesi Euro". Sicuramente la Grecia, con una svalutazione della nuova moneta, nel breve periodo tornerebbe ad essere piu' competitiva  e a far crescere la propria economia. Nel lungo periodo gli svantaggi sarebbero superiori ai vantaggi - anche perché le riforme non potrebbero aiutare il paese.

Per il resto dei paesi Euro, un'uscita della Grecia secondo Van Ark causerebbe prevedibilmente una recessione massiccia e ad una crescente disoccupazione. Secondo gli esperti, se i capi di governo dell'Eurozona nelle prossime settimane dovessero trovare un accordo sull'unione fiscale, la competitività di tutti gli stati nell'unione monetaria ne trarrebbe grande vantaggio.

giovedì 21 giugno 2012

A pagare sono sempre gli stessi


Focus.de, settimanale popolare non lontano dai livelli di Bild Zeitung, ci ricorda che anche la Germania non è immune dagli estremismi. Un commento di Uli Doench
I tedeschi dovrebbero risolvere la crisi - e salvare finanziariamente i vicini. Lo stanno chiedendo tutti. Ma attenzione: chi ci isola e ci vuole spremere, rischia l'estremismo politico - non solo in Germania ma in tutta Europa. 

Un miliardo qui, un miliardo là. Ed è già stato messo insieme un nuovo pacchetto di salvataggio. Ma questo funziona fino a quando non ci ricordiamo: oh - si tratta di denaro vero. E dovremo pagare sul serio alla fine! Per i nostri amici di breve periodo, ma anche per quelli che se ne vanno e lasciano il conto da pagare.

Anche al vertice G20 metà del mondo era d'accordo: la Germania deve fare di piu' per la soluzione della crisi Euro. Sì, assumere perfino il ruolo di leader. Ci dicono "leader", ma in realta vogliono dire "risorsa finanziaria". Noi tedeschi con la nostra forza economica dovremmo liberare tutta l'europa dalla palude del debito...

Tentativi di esproprio malcelati

Ma questo noi non lo vogliamo. Perchè non ce lo possiamo permettere. Non con gli Euro-bond, non con l'unione bancaria - e nemmeno con un governo dell'economia condiviso. O come si chiamano tutti questi eleganti tentativi di esproprio. Nel frattempo lo ha riconosciuto anche Angela Merkel: ha avvertito i fanatici globali dei salvataggi che la forza della Germania non è infinita. Tutte le soluzioni della crisi sarebbero inutili, se il piu' grande donatore di denaro, la Germania, fosse schiacciata dalle eccessive richieste.

Quanto sia corretta l'affermazione della cancelliera, lo mostra l'acuta analisi del commentatore britannico Gideon Rachmann sul "Financial Times": "Stiamo isolando la Germania e la stiamo caricando di richieste eccessive, a nostro rischio". Critica apertamente l'atteggiamento degli Stati Uniti e della Gran Bretagna che assegnano alla germania il ruolo di cattivo nel dramma europeo, sostenendo che i tedeschi con la loro mancanza di azione metterebbero a rischio l'intera economia mondiale.

Lo scenario peggiore: una radicalizzazione politica

Rachman avverte con forza gli americani e i britannici: facendo troppa pressione sulla Germania con continue richieste di denaro, l'intero paese potrebbe radicalizzarsi. C'è il pericolo che - dopo le elezioni in Francia, Olanda e Grecia - anche i tedeschi possano rivolgersi massicciamente verso gli estremismi di destra e sinistra: la onorevole pretesa di evitare il ritorno ad una situazione come quella degli anni '30, potrebbe avere proprio questo effetto. 

Proprio perchè i tedeschi hanno il legittmo diritto di sentirsi ingannati quando si parla di Euro, il rischio di una radicalizzazione politica sarebbe molto forte: avevamo promesso alla Germania di non dover essere responsabile per i paesi Euro in difficoltà (No bail-out) - ma tuttavia il paese è stato portato a dover garantire 671 miliardi per il resto d'Europa.

Rachmann è indignato - al nostro posto - che gli altri paesi, nonostante tutti gli impegni già assunti, accusino la Germania di non fare abbastanza. Chiude la sua analisi con una verità storica amara: "E' un corso politico molto pericoloso quello di sminuire la Germania e isolarla - e allo stesso tempo costringerla a dover essere responsabile finanziaramente per tutta l'Eurozona".

Münchau: Merkel e SPD ci stanno portando verso il disastro

Ancora un commento su Der Spiegel di Wolfgang Münchau. Questa volta se la prende con la cancelliera e il collaborazionismo della SPD: ci stanno portando verso il disastro e i socialdemocratici non hanno una proposta alternativa.
Nell'Euro-crisi dovremmo decidere se ad un orrore senza fine preferiamo un finale con orrore. Mai! Sarebbe disastroso, specialmente per la Germania.  Ma con la sua politica la cancelliera ci sta portando esattamente in quella direzione. 

Molti anni fa, durante la presentazione di una tesina, ho fatto arrabbiare un insegnante di scuola accusando la SPD di aver sostenuto la deflazione del canelliere Heinrich Brüning, durante la Repubblica di Weimar. In una città guidata dalla SPD, in una regione guidata dalla SPD e in uno stato allora governato dalla SPD, avevo fatto un'osservazione politicamente scorretta.

Ancora oggi per le sinistre è difficile assumere una posizione chiara contro la narrativa dominante sulla crisi proposta dai partiti conservatori. E' una narrativa che sostiene: la crisi attuale è stata causata da una mancanza di disciplina di bilancio, durante le crisi si deve risparmiare, il problema del sud Europa è la mancanza di riforme e non abbiamo bisogno di una unione fiscale o di una unione bancaria. Tutto andrà bene, se ci atteniamo alle regole.

La tesi è chiara e falsa. Come lo era all'inizio degli anni trenta la tesi deflattiva - con le conseguenze conosciute. Allo stesso modo falso è Thilo Sarrazin con le sue facili soluzioni: "lasciate che la Grecia esca dall'Euro, e tutto andrà bene".

Queste narrative dominanti sono purtroppo condivise anche da molti dei miei lettori. Spesso si sente dire un'ovvietà:" meglio una fine orribile, che un orrore senza fine". Non sono affatto d'accordo con questa osservazione. La veridicità di questa frase dipende ovviamente dalla natura dell'orrore a cui in un caso o nell'altro si sarebbe esposti. In Germania la depressione economica era terminata esattamente con un orrore.

Chi oggi propone la fine dell'orrore, nasconde i costi economici, sociali e politici di un passo cosi' drastico, come negli anni '30 facevano i suoi fratelli ideologici. Quando invece calcola i costi dei programmi di salvataggio o di una unione fiscale, al contrario, calcola con precisione le somme da spendere, in alcuni casi gonfiandole.

Abbiamo solo 8 giorni di tempo

Un finale con orrore sarebbe rovinoso, soprattutto per la Germania. In primo luogo il mercato interno europeo non sopravviverebbe ad un ritorno dei cambi flessibili. L'industria dell'export tedesco non si riprenderebbe da una botta del genere. Ci sarebbe anche un collasso finanziario. La Bundesbank ha crediti nei confronti della BCE per 700 miliardi di Euro, creati attraverso il sistema di pagamento Target-2. Questi saldi crescono ogni mese. Se la dissoluzione dell'Euro dovesse arrivare entro la fine dell'anno, le perdite complressive sarebbero fra 1 e 2 trilioni di Euro, compresi i rischi assunti con i fondi di salvataggio e il necessario bail-out delle banche tedesche fallite. Sarebbe circa tra il 40 e l'80 % del nostro prodotto interno lordo.

La politica dei rinvii di Angela Merkel è ancora piu' rovinosa. Ogni mese l'onere per la Germania è sempre piu' elevato. Un esempio di questa follia è l'esplosione del debito greco. Quando la crisi è iniziata, l'indebitamento greco era al 100 % del PIL. Dopo molti anni di risparmi e nonostante il taglio del debito, l'indebitamento è mediamente piu' alto. Se la Spagna e l'Italia dovessero finire sotto l'ombrello protettivo europeo, allora la Germania e la Francia garantirebbero insieme per oltre 4 trilioni di Euro di debiti. Questo sarebbe  piu' del reddito dei 2 paesi messi insieme. Stiamo andando verso la piu' grande bancarotta statale della storia.

Conosco solo 2 possibilità per evitarla:

- l'acquisto del debito pubblico tramite la banca centrale europea

- una parziale messa in comune dei debiti attraverso gli Euro-bonds e una unione bancaria

La politica di Merkel ci conduce verso l'inferno di Dante: "Lasciate ogni speranza o voi che entrate".

Per mettere in piedi un progetto di riforma abbiamo ormai 8 giorni - fino al prossimo vertice EU. Se la cancelliera non prepara una inversione ad U, allora i miei critici potranno avere il piacere di sperimentare la loro tesi del finale con orrore. Mi ricorda il commento da Schadenfreude (piacere per la sfortuna altrui) che John Kenneth Galbraith aveva fatto sul monetarista Milton Friedman: "Milton è stato molto sfortunato, perché abbiamo avuto la possibilità di provare le sue teorie".

Quando scrivevo la mia tesina ero molto seccato dalla posizione politica dei socialdemocratici. Quello che allora non comprendevo, era come la SPD potesse aver fatto ciò. Nel corso di questa crisi ho invece capito, quanto rapidamente una isteria di massa irrazionale può prendere piede in un paese democratico, e come tutta la politica, compresa la sinistra, ne venga travolta. 

mercoledì 20 giugno 2012

Die Bundesbank sagt Nein!

La Bundesbank boccia la proposta di messa in comune dei debiti pubblici europei cara a Verdi e SPD: prosegue la grande intesa fra banca centrale e coalizione nero-gialla. Da Zeit.de
La Bundesbank si allinea alla coalizione nero-gialla e  si dichiara contraria al fondo per la riduzione del debito dei paesi Euro.

La Bundesbank boccia la proposta fatta da alcuni economisti per una condivisione della responsabilità sul debito pubblico europeo. Responsabilità e controllo non sarebbero "piu' adeguatamente equilibrate". E' la critica che la banca centrale tedesca fa alla proposta, lanciata da un gruppo di economisti, di un fondo per l'estinzione dei debiti  pubblici in eccedenza. In caso di infrazione delle norme, senza aver prima trasferito sovranità a livello europeo, non sarebbe possibile nessun intervento sui bilanci pubblici nazionali. Nella sua pubblicazione mensile la banca centrale ha scritto: "che questa proposta possa essere realizzata all'interno degli attuali trattati europei, è molto discutibile".

Anche la cancelliera Angela Merkel vede con un certo scetticismo il modello di condivisione della responsabilità preferito dai Verdi: ci sarebbe una lunga serie di interrogativi sulla sua costituzionalità. La proposta, fatta dal Consiglio di Esperti per lo Sviluppo Economico guidato dal ricercatore di Mannheim Wolgang Franz, prevede infatti che il debito oltre il 60 %, criterio fissato dal trattato di Maastricht, debba essere considerato parte di un fondo europeo con una responsabilità comune.

La Bundesbank ha messo in guardia da un sovradimensionamento di questo modello di responsabilità: i debiti dei paesi Euro - senza Irlanda, Grecia e Portogallo - oltre il 60% del PIL, sommati insieme alla fine del 2011, erano 2.3 trilioni di Euro. Vale a dire il 90% del PIL tedesco. "Si tratta dell'introduzione di una responsabilità comune molto ampia che si aggiunge ai programmi di aiuto già discussi e approvati". Contro il piano va anche l'esperienza in ambito di applicazione delle regole europee sui bilanci pubblici. Si dovrebbe escludere che il percorso per l'estinzione dei debiti possa essere allungato oppure che in futuro si possa rinunciare a rimborsare il debito. Ci sono molti dubbi sul fatto che "una programmazione precisa ed un'applicazione rigorosa nel corso del tempo possano essere adeguatamente garantite".

Quando tocca a noi?


Da due settimane i Bund scendono e in Germania ci si comincia a interrogare: siamo ancora un paese sicuro per i mercati finanziari? Da Handelsblatt.de
Fino ad ora la Germania nella crisi se l'è cavata bene. Ma le cose presto potrebbero cambiare. I primi dubbi cominciano ad affiorare fra gli investitori: la Repubblica Federale è davvero sicura come fino ad ora tutti hanno creduto?

La Germania ha sicuramente tratto vantaggio dalla crisi europea. Mai fino ad ora un ministro delle finanze tedesco si era potuto indebitare con un tasso così basso come è accaduto negli ultimi mesi. Gli investitori stranieri hanno inondato la Germania di denaro perchè solo i titoli del debito tedesco sul mercato vengono considerati come sicuri. Fino ad ora è stato così, ma le cose potrebbero cambiare.

Alcuni investitori cominciano a chiedersi se è veramente così intelligente prestare denaro allo stato ad un tasso vicino allo zero. Fra gli scettici: Bill Gross di Pacific Investment Management Co (Pimco), uno dei piu' grandi gestori. "La Germania per me implica un rischio di credito. Non è un mercato attrattivo", ci dice Gross. Nel mercato dei titoli del debito pubblico si è formata una bolla. "Sui Bundesanleihen (Bund) sarei cauto, perché ci sono pochi scenari nei quali potrebbero svilupparsi positivamente" ci dice.

Nel settore Gross è conosciuto come il "Re delle obbligazioni". Le sue parole sono importanti. Gestisce il piu' grande fondo obbligazionario del mondo. Che cosa rende gli investitori scettici? Gli impegni assunti dalla Germania nella crisi del debito sono sempre piu' grandi. Sicuramente le obbligazioni tedesche hanno tratto vantaggio dalla crisi - i rendimenti sui titoli a 2 anni sono scesi anche sotto lo 0% - ma ora è rimasto davvero poco margine, ha detto Gross in un'intervista a Bloomberg. Le conseguenze: Pimco ha ridotto nel portafoglio la percentuale di titoli tedeschi.

La Germania è il piu' grande pagatore nei pacchetti di salvataggio per la Grecia. Se la Grecia dovesse fallire e uscire dall'euro, i contraccolpi per la Repubblica Federale sarebbero pesanti. Gli esperti stimano i costi diretti, causati da un'uscita di Atene dalla moneta unica, fra i 70 e i 100 miliardi di Euro.

In totale la Germania garantisce 211 miliardi di Euro per il fondo di salvataggio EFSF. A questi si devono aggiungere ulteriori miliardi per il fondo ESM. Allo stesso tempo, Spagna e Italia rischiano di perdere l'accesso ai mercati: esattamente i paesi che dovrebbero garantire i prestiti del fondo. 

"Se ci sarà una unione fiscale, sarà la Germania a dover pagare. Se ci sarà una unione bancaria, sarà sempre la Germania a dover pagare. Il paese non è piu' un rifugio sicuro", ci dice Bill Blain di  Newedge Group a Londra. Gli investitori cominciano a calcolare lentamente i danni potenziali che la Germania potrebbe subire.

Anche Ralf Ahrens, gestore del fondo pensione Frankfurt Trust, ci dice: "Se la crisi Euro continua, arriverà il momento in cui si dovrà fare una unione fiscale, e ci sarà una condivisione dei debiti. E allora in quel momento il mercato comincerà a riflettere sul merito di credito della Germania".

La stessa cancelliera qualche giorno fa aveva messo in guardia, dopo tutti i fondi di salvataggio approvati,  dal non sopravvalutare la capacità di spesa della Germania. 

Le grandi agenzie di Rating Moody’s, Fitch e S&P sono ancora calme. Continuano a dare alla Germania il massimo rating. Altri la vedono in maniera un po' diversa. Il servizio di informazione finanziaria D&B, che fra l'altro valuta la solidità finanziaria degli stati, ha abbassato il rating della Germania da DB1 a DB2. Gli sviluppi futuri sembrano negativi, ci dice Thomas Dold, presidente di D&B Germania. "Sebbene abbiamo avuto fino all'ultimo la speranza, che la forza economica tedesca potesse fungere da stimolo per gli altri paesi, o almeno rallentarne la caduta, i nuovi dati economici non possono sostenere questa tesi".

Fino ad ora si poteva almeno contare sull'economia tedesca. Ma questa potrebbe aver già superato la fase di crescita. Gli esperti finanziari e gli investitori istituzionali si aspettano un rallentamento dell'economia. Questo emerge chiaramente nell'indicatore sulla congiuntura redatto dal Zentrums für Europäische Wirtschaftsforschung (ZEW). L'indice rispetto a maggio ha perso 27.7 punti, ed ora è a meno 16.9 punti, come comunicato martedi dallo ZEW di Mannheim.  E' la caduta piu' forte dell'indicatore dall'ottobre 1998. 

"Le aspettative degli esperti finanziari mettono in guardia da valutazioni troppo positive sulla congiuntura tedesca", ci dice il presidente di ZEW Wolfgang Franz. I rischi di un rallentamento fra i piu' importanti partner commerciali, sono ovvii. A questo si aggiugne la "situazione di grande incertezza nell'area Euro", ci dice Franz.

Nel mercato obbligazionario i dubbi degli investitori non emergono ancora chiaramente. Il rendimento dei decennali è sempre all'1.51 %. Ancora molto basso, ma piu' alto rispetto a inizio giugno. Il primo giugno il rendimento aveva raggiungo l' 1.127 %.

Nel mercato dei Credit default swap (CDS) la situazione sembra diversa. Con i CDS gli investitori si assicurano contro il default da parte degli stati. Il costo dei CDS rispecchia il rischio fallimento - piu' è elevato, maggiore è la probabilità.

Nessuno si aspetta un fallimento della Germania. Ma é chiaro che la Germania non è immune alla crisi dei vicini. Da marzo i costi per l'assicurazione dei titoli tedeschi sono quasi raddoppiati. Attualmente il premio di rischio è intorno ai 104 punti base. Traduzione: chi vuole assicurare titoli per un valore di 10 milioni di Euro, deve pagare ogni anno 104.000 Euro.

C'è un trend abbastanza riconoscibile: la grande fuga verso i titoli di stato tedeschi potrebbe essere alla fine. Bill Gross  ipotizza un solo scenario in cui i Bund continuano a crescere: un'uscita della Germania dall'Euro-zona. Tuttavia anche il "Re delle obbligazioni" non è infallibile. Un anno fa aveva predetto uno storno dei titoli del debito pubblico americani. Invece il corso dei titoli americani nei mesi seguenti è cresciuto -  e Gross si è dovuto ricredere un po' mestamente ed è saltato sul treno già in corsa.

lunedì 18 giugno 2012

SPD non pervenuta

Mark Schieritz, economista e commentatore su Die Zeit, torna chiedersi quale sia la proposta socialdemocratica per superare la crisi del debito: esiste una proposta diversa da quella di Merkel?
Stephan scrive su "wiesaussieht" di Wladimir Woytinsky - un sindacalista della Repubblica di Weimar - e fa un commento perfetto per l'occasione:

Poiché abbiamo anche degli ignoranti di economia "à la Hollande", che parlano con grande entusiasmo di crescita, ma alla domanda, da dove dovrebbe arrivare questa crescita, entrano in crisi. Si pensa che calmando i mercati finanziari e portando i bilanci in pareggio si possa trovare la panacea di tutti i mali. Quando si parla dei debiti degli altri, ogni compagno si scopre nazionalista. La BCE è un tabu' europeo, e l'innalzamento delle tasse anche etc. etc....

Esattamente questo è il dilemma della SPD. Si parla con molto entusiasmo di crescita ma poi ( a parte la tassa sulle transazioni finanziarie, di cui si può' pensare ciò che si vuole, ma che non porterà molto alla soluzione della crisi) si torna a chiedere quello che la cancelliera in ogni caso già vuole: piu' fondi per la BEI e un uso piu' efficiente dei fondi strutturali EU.

Recentemente ho avuto sul tavolo i documenti sulla crescita dal ministero dell'economia e il progetto della SPD e dei Verdi, non ci sono grandi differenze. Che si parli di Eurobond o di un ruolo piu' attivo della BCE - per i socialdemocratici tedeschi non è nemmeno pensabile.

Ora si potrebbe dire: la cancelliera sta facendo tutto correttamente, e la messa in comune dei debiti, sia direttamente che indirettamente, è un errore. E' una posizione di cui si può discutere molto, ma una legittima posizione. La SPD è critica con il governo, ma non è capace di presentare un'alternativa. E' incredibile, e sempre piu' ridicolo.

Qualcuno dovrebbe chiedere: sviluppate alla fine un'alternativa - o restate in silenzio. 

domenica 17 giugno 2012

4 chiacchiere con Hans Werner Sinn


FAZ.net pubblica una lunga conversazione con Hans Werner Sinn, l'economista tedesco piu' famoso. Accanto ai suoi temi tradizionali, scopriamo che anche a Sinn questa Europa non piace proprio.
Hans Werner Sinn è l'economista tedesco piu' famoso. Gli abbiamo chiesto di descrivere quali sono i pericoli, quali le opportunità e cosa dovremmo fare. Una conversazione che va oltre l'economia.

Uscirà un'Europa diversa. Hans Werner Sinn, che ci dice questo, è l'economista tedesco piu' famoso e si riferisce prima di tutto agli aspetti economici. Non solo economici: considera anche i cambiamenti politici che nascono dai mutamenti economici. Stiamo assistendo ad un flusso di credito pubblico, ci dice, che guidato da una precisa scelta politica, sposta il risparmio tedesco verso il sud Europa. A causa delle decisioni politiche della BCE, e grazie ai fondi di salvataggio sempre piu' grandi, gli investitori non hanno piu' la possibilità di scegliere dove investire. Di fatto viene offerta una garanzia con denaro pubblico e i capitali si spostano dove questi, a causa del rischio eccessivo, non sarebbero mai andati.

Ci si deve immaginare H.W. Sinn come un uomo alquanto tranquillo. Ma la politica finanziaria europea mette la sua compostezza alla prova. Secondo lui si sta ripetendo esattamente lo stesso errore che ci ha portato alla crisi. Che il capitale a causa delle differenze di costo del lavoro fluisca dai paesi ricchi verso quelli poveri, non è un principio sbagliato. Il capitale nei pasi piu' poveri puo' essere piu' produttivo di quanto non accada da noi. Questo processo si è realizzato tuttavia con troppo slancio: abbiamo avuto una bolla inflattiva, i prezzi immobiliari sono cresciuti, le persone hanno pensato che i prezzi sarebbero saliti per sempre, hanno investito e si è messo in movimento un meccanismo impossibile da fermare, che è andato molto oltre l'obiettivo fissato. 

I problemi sono stati risolti con la stampa di denaro.

I prezzi e i salari nei paesi del sud, finanziati con credito a basso costo, sono cresciuti molto piu' rapidamente della produttività. Risultato: questi paesi hanno perso la loro competitività. Questo ha portato a deficit commerciali con l'estero che per essere finanziati hanno richiesto sempre piu' credito. La crisi finanziaria americana nel frattempo ha reso tutti piu' nervosi e si è iniziato a non fidarsi dei paesi del sud. Il credito che le banche e le assicurazioni tedesche direttamente o attraverso i loro clienti francesi avevano concesso in Grecia, ha smesso di fluire. Poi, secondo Sinn, questi paesi hanno risolto i loro problemi con la stampa di denaro. I greci volevano continuare a comprare le auto tedesche e si sono stampati il denaro di cui avevano bisogno per importare le auto.

Ma come funziona? Prima della crisi il denaro fluiva da Parigi ad Atene, ad esempio perché una banca francese lo aveva prestato ad una greca, i greci si compravano un auto tedesca, e il denaro usciva di nuovo dalla Grecia. Ora invece dalla Grecia esce solamente denaro. Questo deflusso di denaro viene misurato esattamente dai cosiddetti saldi Target. L'offerta di moneta in Grecia è sempre piu' ridotta e questo denaro viene "stampato", naturalmente non in banconote o monete, ma in forma elettronica. Che i saldi Target misurino il deflusso di denaro dalla Grecia, e indirettamente la quantità di denaro stampato, Sinn è stato il primo economista a scoprirlo. I saldi Target sono quindi uno strumento per la sostituzione dei flussi di credito privato attraverso la stampa di denaro.

Dietro al nostro avanzo commerciale, ci dice Sinn, c'è un risparmio tedesco: vendiamo all'estero piu' merci e guadagnamo da questo scambio, piu' di quanto compriamo all'estero. Dall'estero, perciò, le nostre banche e assicurazoni, per nostro conto, acquistano titoli di credito e altre attività.

Se il gioco si rompe...

Oggi l'area Euro non è piu' cosi'. I paesi del sud non piazzano piu' i loro titoli di debito presso istituti di credito tedeschi, ma si stampano il denaro per l'acquisto di beni. Fino ad ora le nostre banche hanno comprato all'estero con i nostri risparmi dei titoli negoziabili. "Ora", secondo Sinn "non funziona piu' così, le banche e le assicurazioni depositano il loro denaro presso la Bundesbank, e la Bundesbank riceve un credito verso l'Eurosistema; saldi di cui all'inizio si diceva fossero irrilevanti, posizioni statistiche di compensazione senza alcuna importanza".

Se il salvataggio greco dovesse fallire, lo stato e le sue banche andassero fallite, allora nell'Eurosistema sorgerebbero perdite per tutti gli altri membri. Perdite che sarebbero da suddividere fraternamente secondo la percentuale di partecipazione al capitale.  La Germania ne detiene il 28%. Circa 640 miliardi di Euro dei nostri patrimoni privati, che in forma di assicurazioni sulla vita o depositi sono stati impiegati all'estero e sono oggi dei crediti verso la Bundesbank. E  la Bundesbank a sua volta ha crediti verso il sistema BCE: crediti che non hanno una scadenza, e che vengono remunerati ad un tasso dell'1%. "Se il sistema dovesse esplodere, rimarrebbero 640 miliardi di crediti verso un sistema che non esiste piu'".

Per Sinn ne consegue: "siamo diventati ricattabili. La posizione nella negoziazione dipende normalmente da quello che potrebbe succedere nel caso estremo". Questo fa chiarezza su quali concessioni si è disposti a fare. "Negli ultimi anni abbiamo avuto saldi commerciali attivi per centinaia di miliardi di Euro verso il sud Europa ma abbiamo ricevuto in cambio solo dei crediti Target. Il sud Europa ha semplicemnte segnato sul conto".

Ma come si comportano le altre aree valutarie quando ci sono degli squilibri nella bilancia delle partite correnti? Gli americani, chiarisce Sinn, non permettono che i diversi distretti territoriali della FED facciano aumentare i saldi senza limite. In principio ognuno dei 12 distretti FED può ottenere piu' denaro di quanto ne sia necessario all'interno del distretto.  Denaro che i cittadini bonificano verso altri distretti per poter acquistare merci o per saldare debiti. Ma quando questo accade, i distretti della banca federale, che hanno ricevuto il denaro per conto della FED, una volta l'anno, ripagano i saldi con dei titoli realmente negoziabili.

Denaro che prima di tutto alimenta il consumo

Anche i saldi Target americani durante la crisi sono cresciuti, ma nel frattempo sono stati rimborsati fino a raggiungere un ammontare di 21 miliardi di Euro. Nell'Eurozona ci sono 947 miliardi di Euro segnati sulla lavagna, e la somma negli ultimi tempi è cresciuta rapidamente.  L'area Euro è stata salvata dirottando il risparmio di tedeschi, olandesi e finlandesi; purtroppo, aggiunge Sinn "senze che i risparmiatori o i loro rappresentanti capissero quello che stava accadendo".

Così questi paesi sono rimasti in vita economicamente con i risparmi di una minoranza. Gli scenari futuri disegnati da Sinn sono poco piacevoli: "Un giorno potrebbe anche accadere che gli stati indebitati ci dicano: abbiamo accumulato molto debito, che cosa volete fare, volete mandarci una nave per poter caricare tutti i soldi che vi dobbiamo? Purtroppo non possiamo pagare. Ci dovrete cancellare i debiti, come ora nel caso della Grecia. E allore per evitare il collasso di stati come l'Italia, si metterà in piedi una unione di trasferimento, permettendo in questo modo un finanziamento continuo di questi debiti".

Una parte del problema per Sinn è anche nel fatto che molto del denaro fluito verso i paesi del Sud, è servito a finanziare i consumi. "In Spagna almeno si è investito nelle infrastrutture. Ma in Grecia? Se si fosse investito nelle infrastrutture, la produttività sarebbe cresciuta e i greci avrebbero almeno dei prezzi competitivi e sarebbero in grado di vendere i loro beni. Ma non lo hanno fatto. Con l'Euro il paese è diventato troppo caro".

La Grecia dovrebbe diventare piu' economica del 37%, solo per raggiungere lo stesso livello della Turchia. Poiché i redditi erano alti e l'export troppo caro, il paese ha importato molto di piu' di quanto abbia esportato. Le persone capaci si sono spostate dal settore dell'export a quello dell'import. "Questa del resto oggi è la lobby piu' potente che impedisce al paese di tornare ad essere competitivo, visto che per tornare competitivi è necessario abbassare i prezzi. Con prezzi e tassi di interesse determinati, una riduzione dei prezzi si ha solo se si aumenta la produttività;  con una produttività determinata, accade solamente quando i salari o i tassi di interesse decrescono. In entrambi i casi non è facile, l'aumento della produttività richiede molti anni. Diventare piu' economici con una riduzione dei salari, va a sbattere contro la dura resistenza dei sindacati. Bisogna considerare: in Germania i prezzi fra il 1929 e il 1933 sono caduti del 23%. Ma sappiamo che cosa stava accadento allora".

Si continua a comprare tempo.

Questo non sta funzionando. E invece? "Quello che trovo terribile è che i politici europei ci vogliono convincere che esiste una soluzione per tenere la Grecia nella moneta unica: soluzione che di fatto non esiste. Credo che in molti tengano viva questa illusione per un solo motivo: hanno bisogno della Grecia come un ostaggio, in modo che il denaro per i salvataggi continui a fluire e gli stati onorino i loro debiti. La politica ha proclamato il dogma: ogni paese, grazie al denaro per i salvataggi, potrà rimanere nell'area Euro, anche se non è competitivo. Altrimenti è l'intera Europa a cadere". In realtà è solo un modo per comprare tempo - si compra tempo per aiutare gli attuali proprietari dei titoli del debito pubblico.

Fino a qui l'economia, ma che cosa significa politicamente? Sinn ha una sensazione spiacevole quando pensa che i suoi figli o i suoi nipoti saranno creditori dei paesi del sud Europa :"Non mi posso immaginare che sia un processo pacifico. La mia Europa era costruita sul buon vicinato, un Europa dove ci si può anche aiutare, dove si va daccordo insieme, ci si visita amichevolmente, e si fanno degli scambi. Non certo un Europa dove si fanno dei debiti enormi con i vicini di casa".

Sinn pensa che inviare un commissario per il risparmio in Grecia sia una pessima idea. "In questo modo attiriamo l'odio verso di noi. Invece di dare regole sul bilancio, dovremmo limitare i crediti pubblici che siamo disposti a concedere. Anche se in realtà sono dei regali veri e propri". Sarebbe stato molto meglio se avessimo donato direttamente il denaro, invece di farlo tramite un istituzione europea, dove il denaro è stato concesso con decisioni a maggioranza, e noi siamo diventati i cattivi. "Se avessimo organizzato spontaneamente un piano Marshall con lo stesso denaro, saremmo diventati gli eroi".

Che cosa possiamo fare allora? Per Sinn la Grecia ha solo una possibilità per tornare competitiva: uscire dall'Euro e svalutare. "Dopo le guerre abbiamo avuto molti fallimenti statali con svalutazione del cambio, e quasi sempre la svalutazione è stata la ricetta giusta. Nella transizione ci sono sempre difficoltà, c'è la tempesta sulle banche, che le persone svuotano, quando cominciano a fiutarla. Ma anche se portassero tutto il loro denaro fuori dal paese, questo non sarebbe nulla in confronto ai costi dei salvataggi".

116 piani Marshall per la Grecia

Dopo l'uscita, la Dracma si svaluterebbe automaticamente nei confronti dell'Euro, e l'economia greca riprenderebbe a crescere. " I greci tornerebbero a comprare i propri pomodori e il proprio olio di oliva, i turisti non andrebbero piu' in Turcia, ma in Grecia. Ma soprattutto i greci facoltosi tornerebbero in Grecia per fare acquisti a basso prezzo e per rifondare le aziende". Le difficoltà durerebbero, secondo l'esperienza del fallimento  e della svalutazione argentina, nemmeno un anno. In questo periodo sarebbe possibile sostenere la Grecia. 

In Grecia queste considerazioni sono un tabù politico, perchè i greci sanno, che se restano nell'Euro, potranno essere ancora sostenuti, e le banche poi sono indebitate in Euro. Anche la UE non ama fare riflessioni di questo tipo, perché fino a quando l'uscita della Grecia viene dipinta come un evento catastrofico, può spingere verso una unione di trasferimento .

Ci sono sicuramente degli effetti contagio. Ma dobbiamo confrontarli con quelli derivanti da un finanziamento duraturo di questi paesi. "Le somme di cui stiamo parlando sono gigantesche. La Grecia, inclusi i crediti Target e il taglio del debito ha ricevuto circa 460 miliardi di Euro. Il PIL annuo di questo paese è di 170 miliardi di Euro. Abbiamo già concesso fra 2 e 3 volte il PIL del paese. Un altro confronto: se avessimo voluto mettere in piedi un piano Marshall , che in proporzione al PIL abbia le stesse dimensioni  di quello ricevuto dalla Germania, allora la Grecia dovrebbe aver ricevuto 4 miliardi di Euro. Di fatto la Grecia ha ricevuto 116 piani Marshall".

L'esempio irlandese, secondo Sinn, ci fa vedere chiaramente che i mercati finanziari non mettono tutti i paesi in crisi nella stesso pentolone, come suggerisce la teoria del contagio: "L'Irlanda dal luglio dello scorso anno ha avuto un diverso andamento dei propri titoli:  il paese è riuscito ad eliminare i suoi deficit delle partite correnti". L'Irlanda è il solo paese ad aver veramente ridotto i suoi prezzi: negli ultimi 5 anni, in rapporto ai suoi concorrenti europei del 15%. Questo potrebbe essere dovuto alla forte lobby delle esportazioni locali e alla debolezza dei sindacati. Ma il motivo principale è stata la fortuna di essere entrato in crisi prima degli altri paesi, il fatto è che "l'Irlanda già nel 2006, 2 anni prima degli altri paesi, era entrata in difficoltà, e allora non c'erano fondi di salvataggio. L'Irlanda si è dovuta salvare da sola".

L'ambiguità del dono e del salvataggio

La dura verità, a cui nessuno sembra essere ancora giunto, per Sinn è, che un'industria dell'export esiste, se riesce a guadagnarsi il denaro, per poter importare i beni dall'estero. "Non è possibile aiutare i paesi regalando denaro. Questo lo ha detto anche un ministro greco in una recente intervista alla FAZ, quando ha affermato che la UE con i suoi aiuti ha distrutto l'industria dell'export di quel paese. Il denaro regalato causa sempre la distruzione della competitività. Gli economisti chiamano questo fenomeno la "malattia olandese", perché in Olanda l'industria dell'export è stata fortemente danneggiata, quando i giacimenti di gas hanno portato ad una rivalutazione della moneta". 

E se la parola "regalo" ha un doppio significato, anche la parola "salvataggio" è ambigua. Ad esempio si potrà dire, abbiamo salvato la Grecia. Sinn si domanda, se veramente la stiamo salvando, e chi stiamo salvando? "Salviamo i greci? Quello che in ogni caso stiamo salvando sono i portafogli obbligazionari. Per questo motivo Wall Street festeggia".

In Germania dietro questi salvataggi c'è il nostro passato. Noi tedeschi possiamo trovare un futuro solo in Europa. Il paradosso è che con la buona intenzione di rafforzare l'Europa, al contrario la si sta abbattendo.

Le banche e le assicurazioni spingono chiaramente per questo corso: hanno ancora molti assets in questi paesi, e ogni strategia di salvataggio dal loro punto di vista è desiderabile. Non vogliono essere salvate direttamente, perché  lo stato ne diventerebbe comproprietario. Dal punto di vista del contribuente, al contrario, sarebbe 10 volte piu' economico salvare le banche direttamente invece di farlo indirettamente. 

Che cosa significa questo per la Germania? Il resto di questo decennio per la Germania sarà un decennio d'oro. Potremmo perdere una parte del nostro patrimonio, ma avremo molta occupazione. Non bisogna naturalmente trascurare il fatto che per la Germania questa crisi ha avuto il vantaggio di invertire il flusso di capitali. "Ora sappiamo quanto può essere rischioso investire all'estero, e allora tutti vanno in cerca di investimenti sicuri in Germania, anche con una bassa remunerazione. Per questo oggi i tassi di interesse in Germania sono i piu' bassi nella storia della Germania, e abbiamo un boom delle costruzioni".

Problemi demografici

Nel prossimo decennio arriveranno i problemi demografici. "I babyboomer oggi hanno circa 47 anni, fra 13 anni, nel 2025,  avranno 60 anni, e poi andranno poco a poco in pensione. Nel 2030 la maggior parte sarà in pensione. La transizione sarà molto difficile per la Germania. Il debito pubblico sarà eccessivo per essere sostenuto dai lavoratori restanti. E presto andrà delusa la speranza che le assicurazioni private possano sostenere la seconda gamba della previdenza."

Questo significa che lo standard di vita che con i contributi pensionistici versati e con i risparmi accumulati ci immaginavamo di avere, non si realizzerà. Per ragioni demografiche ma anche a causa della crisi del debito. Quando una società ha troppo poco capitale umano, il capitale fisico deve mettersi al suo posto. Bisogna risparmiare. E ora scopriamo: questo risparmio è scomparso, perché è stato investito in obbligazioni nei paesi del sud Europa oppure è rappresentato da crediti verso la Bundesbank, che a sua volta ha dei crediti nei confronti delle banche centrali del sud Europa.

Una situazione senza via di uscita? Sinn non sarebbe un'economista, se dicesse di sì. Le uniche vie di uscita sono: prolungare l'età lavorativa, aumentare la formazione di capitale in Germania, piu' figli e l'immigrazione. Che cosa dovremmo consigliare ai nostri figli? "Certamente di non lasciare il paese. Il capitale del mondo arriva in Germania e Svizzera, perché qui abbiamo un sistema giuridico funzionante, una forte base industriale, un eccellente sistema di formazione professionale per i giovani che mantiene molto bassa la criminalità di strada e il disordine".

Quindi rimanere qui e risparmiare? "Sì, ma non risparmiate in ogni modo possibile, piuttosto in forma di titoli come le azioni, o in beni, meglio se con un registro della proprietà. Consiglio di concentrarsi su quello che ci sta vicino in maniera diretta: meglio rinnovare il bagno che comprare un certificato complicato. Vorrei anche consigliare: diventate cittadini responsabili e fate in modo che non si possa fare di voi qualsiasi cosa. Perchè è proprio così: chi pensa a breve termine, dovrà subirne le conseguenze per un lungo periodo"