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lunedì 30 settembre 2013

Verso l'unione di trasferimento?

Regling (ESM) continua a negare la necessità di una ristrutturazione del debito greco. La stampa conservatrice lo incalza: non hai il coraggio di raccontare la verità, l'ESM sta diventando una unione di trasferimento permanente. Da Die Welt.
Il presidente del fondo ESM considera l'elevato livello di indebitamento greco un problema senza troppa importanza. Rischioso se dalla teoria dovesse passare alla pratica.

Klaus Regling è un uomo molto intelligente. Il capo del fondo europeo ESM ha studiato economia politica e ha lavorato al FMI. E' stato anche gestore di un fondo hedge. Forse è troppo intelligente per il lavoro che fa. E per l'Europa questo sarebbe un problema.

Regling ha dichiarato al giornale economico "Wall Street Journal" che il livello di indebitamento della Grecia non è affatto un problema. In palese contrasto con quanto la Troika (FMI, EU e BCE) hanno sostenuto fino ad ora.

Una posizione piu' adeguata invece all'opionione degli europei, soprattutto dei tedeschi. Se Regling avesse ragione, non dovremmo preoccuparsi per la rinuncia ai crediti nei confronti della Grecia. Tutto andrà bene!

L'argomento di Regling è abbastanza semplice: la maggior parte del debito pubblico di Atene è nelle mani dei governi e delle istituzioni europee. "La durata media del secondo programma di aiuti è di 30 anni. I tassi sono molto bassi, perché sono pari ai costi di finanziamento dei paesi donatori aumentati di pochi punti base".

E inoltre nei primi 10 anni una parte degli interessi non dovrà essere pagata. Fino a quando i greci non dovranno pagare un interesse definito dal mercato, e fino a quando non dovranno rimborsare il debito, non ci sarà nessun problema.

Giusto. Se si è d'accordo con Regling, si puo' anche comprendere la sua insoddisfazione nei confronti del FMI. Quest'ultimo ha sottolineato piu' volte che il governo di Atene molto probabilmente non raggiungerà gli obiettivi di debito fissati. Nel 2020 il livello di indebitamento dovrebbe raggiungere il 124 % del PIL.

Il governo non ama le discussioni sulla Grecia

Se Atene non raggiungesse l'obiettivo di debito stabilito, al FMI sarebbe vietata la concessione di ulteriori prestiti. Per questa ragione il FMI ha chiesto ripetutamente una soluzione del problema, come ad esempio una rinuncia ai crediti da parte dei paesi finanziatori.

In Europa l'accoglienza verso questa proposta non è mai stata buona. Il governo federale ha evitato il dibattito in campagna elettorale. Il motivo è semplice: fino ad ora la politica ha potuto raccontare ai cittadini che gli eurosalvataggi non sono stati fatti con i soldi dei contribuenti. Un taglio del debito sarebbe l'ammissione che l'Euro non puo' essere salvato a buon mercato.

Miliardi di Euro dei contribuenti andrebbero perduti, non solo in Germania, ma anche fra i partner europei. Non a caso Regling ha il sostegno di Berlino: fino a quando Atene non sarà in grado di tornare sul mercato dei capitali, il suo livello di indebitamento resta puramente teorico, si ripete.

E potrebbe essere anche vero. Solo che c'è un problema. Prima o poi la Grecia dovrà tornare sui mercati finanziari, non fra 30 anni, ma forse già nel 2020. O forse poco dopo. E all'improvviso dal problema solo teorico, ne avremo uno molto piu' pratico.

A meno di un miracolo, la Grecia non dovrà solo rimborsare una parte del debito, ma dovrà pagare anche gli interessi differiti sugli aiuti ricevuti fino ad allora.

E i tassi di interesse per i nuovi prestiti sul mercato dei capitali sicuramente non saranno al tasso del 2.5 %, come quello che gli europei hanno accordato ai greci. Se da quel momento l'economia e le entrate fiscali non inizieranno a crescere, avremo un problema non risolvibile. Da un problema di teoria economica, ne avremo uno molto pratico.

Il problema fra teoria e prassi

Le argomentazioni di Regling ricordano un po' le previsioni degli economisti intelligenti e dei banchieri americani prima della crisi finanziaria. Anche loro credevano che la concessione di credito immobiliare a clienti con problemi di pagamento non sarebbe stata un problema, perché i tassi erano bassi e i prezzi delle abitazioni sarebbero cresciuti. In teoria era giusto, in pratica conosciamo il risultato: perdite gigantesche.

Anche con la Grecia potrebbe funzionare allo stesso modo. O forse funziona già cosi'. Come ipotizzato da Regling, per aiutare la Grecia, gli stati europei stanno già prendendo in considerazione un taglio del debito. I tassi bassi e l'allungamento della durata corrispondono di fatto ad un "hair-cut", ad una riduzione del loro valore. Considerando anche la dilazione concessa nel pagamento degli interessi, si tratta di un "enorme sussidio", usando le parole di Regling.

Solo che questa gigantesca sovvenzione non è sufficiente a riportare il livello di indebitamento di Atene ad una soglia accettabile per il FMI. Invece di discreditare i metodi di calcolo, per la credibilità dell'Europa, sarebbe molto piu' utile cercare una soluzione al problema di fondo: un debito eccessivo.

In questo modo forse si potrebbe evitare anche un nuovo pacchetto di aiuti, che non farebbe altro che aumentare il livello di indebitamento. Senza questa onestà l'intera questione si trasformerebbe in una sovvenzione duratura. Sarebbe allora piu' corretto se Herr Regling la chiamasse con il suo vero nome: unione di trasferimento permanente.

giovedì 26 settembre 2013

La Grecia non ha truccato i conti per entrare nell'Euro

L'ex Ministro delle Finanze greco Nikos Christodoulakis, "padre fondatore" della moneta unica in Grecia, dopo le accuse infamanti lanciate dai politici tedeschi in campagna elettorale, intervistato da Der Spiegel si difende: la Grecia non ha truccato i conti, i tedeschi ci devono almeno 13 miliardi. Da Der Spiegel
La Grecia ha truccato i conti per entrare nell'Euro? L'allora Ministro delle Finanze Nikos Christodoulakis s'indigna per l'accusa. Durante i negoziati quasi tutti avrebbero mentito sui conti, ci dice - anche i tedeschi.

Sono tornati: dall'inizio di questa settimana i rappresentanti della cosiddetta Troika  (EU, BCE e FMI) sono di nuovo in Grecia per controllare se il paese rispetta le condizioni per ricevere ulteriori aiuti finanziari.

Ma i greci in passato sono mai riusciti a soddisfare i requisiti per l'ingresso nell'Euro? Questa domanda nelle scorse settimane in Grecia ha scatenato un acceso dibattito. L'occasione è stata la frase di Merkel durante una manifestazione elettorale a Rendsburg: "non avremmo dovuto far entrare la Grecia nell'Euro".

"Si vergogni Frau Merkel", era il titolo di una lettera aperta pubblicata dal giornale  "To Vima". La lettera è stata scritta dall'ex ministro delle finanze Nikos Christodoulakis, considerato il padre dell'adesione della Grecia all'Euro. In un'intervista a "Der Spiegel" l'ex ministro spiega che il governo di cui faceva parte non solo non ha truffato, ma era considerato un modello da imitare.

SPIEGEL ONLINE: Perché è arrabbiato con la Cancelliera Merkel? E' ben noto che la Grecia nel 1999, quando è entrata a far parte della zona Euro, non rispettava i criteri di deficit.

Christodoulakis: E' troppo facile dire che un singolo paese Euro è responsabile per tutti i problemi. Mi ricorda la favola di Esopo. Il leone mangia tutti i serpenti, e l'elefante calpesta ovunque. Ma alla fine si dà tutta la colpa alla formichina, perché mentre era in cerca di cibo ha osato oltrepassare una recinzione.

SPIEGEL ONLINE: La Grecia è quindi innocente, una formica laboriosa. Ma il deficit greco del 1999, rivisto in seguito, è passato dall'1,6% a oltre il 3% del PIL. Il paese non doveva far parte della moneta unica.

Christodoulakis: Il deficit era di poco superiore al 3%, fino a poco tempo prima il deficit pubblico era a due cifre. Come ex ministro delle finanze so bene quanto la sua riduzione sia stata uno sforzo titanico. Abbiamo bloccato i salari, fermato gli sprechi, soppresso centinaia di strutture pubbliche.

SPIEGEL ONLINE: Quindi non nega che il deficit è stato ridotto solo dopo l'ingresso nell'Euro?

Christodoulakis: Si trattava di spese militari causate dalle dispute di confine con la Turchia. Potevano arrivare anche al 4% del PIL. Se le avessimo calcolate nel deficit, non avremmo mai avviato i negoziati per l'ingresso. Percio' abbiamo messo queste spese nel calcolo complessivo del debito, ma solo in parte nel computo del deficit. Come facevano molti paesi con elevate spese militari. E la Germania ha fatto qualcosa di simile.

SPIEGEL ONLINE: E cioe'?

Christodoulakis: Non ha calcolato i suoi ospedali pubblici in perdita all'interno del settore pubblico. Come si puo' facilmente leggere nelle relazioni sulla convergenza, con questa misura il disavanzo è stato fatto scendere dello 0.1%.

SPIEGEL ONLINE: La vostra contabilità creativa ha creato qualche preoccupazione oppure è rimasta un segreto?

Christodoulakis: Tutti lo sapevano. I criteri di convergenza sono stati applicati in maniera flessibile per tutti i membri fondatori dell'Euro - altrimenti solo l'Olanda e il Lussemburgo si sarebbero qualificati per l'ingresso.

SPIEGEL ONLINE: Si è chiuso un occhio volutamente?

Christodoulakis: Tutti sapevano che la Grecia aveva delle difficolta a soddisfare i criteri di adesione e che la situazione poteva rimanere tale. Ma non abbiamo mai ingannato nessuno.

SPIEGEL ONLINE: Perché allora Eurostat si è ripetutamente lamentato per i vostri numeri?

Christodoulakis: Eurostat ha fatto molte domande, ma abbiamo chiarito tutto prima del 2002. Ho anche avuto un incontro con il presidente di allora, Yves Franchet, pienamente soddisfatto dei nostri progressi. Anche il FMI nel 2003 ha elogiato l'enorme miglioramento nelle nostre statistiche. All'epoca eravamo considerati perfino un modello!

SPIEGEL ONLINE: Veramente? E per chi?

Christodoulakis: Per i candidati all'ingresso. Soprattutto per i nostri progressi nel taglio del deficit, nella lotta all'inflazione e nell'attuazione di altre norme EU. Su invito dell'ex commissario alle finanze Solbes, ho tenuto numerose conferenze nei paesi dell'Europa dell'est, illustrando come sia possibile risanare le finanze senza danneggiare la crescita.

SPIEGEL ONLINE: Anche se ora assumiamo che la Grecia al momento del suo ingresso non ha manipolato i numeri: la successiva crisi debitoria è un esempio sufficiente per dire che il paese non era un candidato idoneo?

Christodoulakis: Al contrario! Un paese debole deve riformarsi. Proprio a causa dei nostri problemi era necessario entrare a far parte di un gruppo di paesi sviluppati con istituzioni piu' forti. Dopo l'ingresso il nostro deficit commerciale è sceso, perché siamo diventati piu' competitivi.

SPIEGEL ONLINE: E perché durante la sua permanenza al governo, la Grecia non ha fatto le riforme necessarie? E invece si è preferito sperperare il denaro pubblico preso in prestito a tassi molto piu' bassi.

Christodoulakis: Guardando indietro si poteva fare molto di piu'. Ma eravamo sulla buona strada. Poi al potere sono arrivati i conservatori e nel giro di pochi anni hanno raddoppiato la spesa e assunto migliaia di dipendenti pubblici. E nessuno nell'EU ha protestato.

SPIEGEL ONLINE: E su queste basi lei ora sta chiedendo che la Troika lasci in pace la Grecia. Ma poi la politica andrebbe avanti come prima.

Christodoulakis: Dobbiamo rifiutare gli accordi presi con la Troika, perché la loro attuazione sarà ancora peggiore. Ma è vero: il sistema politico greco non puo' pensare di tornare alle vecchie abitudini. Sarebbe peggiore delle condizioni imposte dalla Troika. Per questo abbiamo bisogno di una riforma costituzionale che imponga regole severe sull'indebitamento ed eviti regali costosi prima delle elezioni.

SPIEGEL ONLINE: Ma se già ora con la Troika non funziona, come potrebbe funzionare senza la loro pressione?

Christodoulakis: E il fallimento della Troika sta proprio qui. Si è concentrata esclusivamente sul risparmio e sugli aumenti delle tasse creando una profonda recessione, mai vista prima fra i paesi sviluppati nel ventesimo secolo. Le riforme di lungo periodo sono state invece ignorate.

SPIEGEL ONLINE: Molti greci sperano che la Germania dopo le elezioni federali allenti la sua posizione in materia di austerità. Lei personalmente si augura che la Germania rimborsi un vecchio prestito forzoso fatto ai tempi del nazismo, sebbene non vi sia ancora alcuna prova di esso. Come fa ad essere ottimista?

Christodoulakis: A questi crediti non abbiamo mai rinunciato. Ho pubblicato un libro con alcune stime: il valore attuale sarebbe fra i 13 e i 15 miliardi di Euro - all'incirca la quota tedesca nel primo pacchetto di aiuti. Come segno di buona volontà la Germania potrebbe rinunciare al rimborso di questi prestiti, e la Grecia in cambio rinunciare alla sua richiesta di rimborso del prestito forzoso.

domenica 25 agosto 2013

La verità in piccole dosi

La campagna elettorale tedesca si accende dopo la recente dichiarazione di Schäuble: la Grecia avrà bisogno di un nuovo piano di aiuti. La verità è troppo amara e difficile da digerire per il contribuente tedesco, meglio nasconderla oppure somministrarla in piccole dosi. Passo falso oppure mossa tattica? Da Süddeutsche Zeitung
Il governo federale ha mentito sull'Eurocrisi? I pochi miliardi ipotizzati all'inizio sono diventati sempre di piu'? L'opposizione con i suoi attacchi arriva al punto: la comunicazione della coalizione nero-gialla sulla crisi greca è incoerente e titubante. Le cause sono diverse, e il ministro delle finanze Schäuble le conosce molto bene.

In un martedi di agosto anche Wolfgang Schäuble ad Ahrensburg si è deciso a fare  campagna elettorale. Tema: le sfide per la Germania e per l'Europa. All'inizio suona come il discorso abituale di un uomo di stato, ma il ministro delle finanze ha deciso di utilizzare l'incontro con gli elettori nella Germania del nord per annunciare con disinvolutra una verità sgradevole: "Per la Grecia ci sarà un ulteriore programma di aiuti", dice Schäuble, e aggiunge: "Non lo abbiamo mai nascosto davanti all'opinione pubblica".

Cosi' almeno l'interpretazione delle sue dichiarazioni. La SPD, che vorrebbe fare degli aiuti alla Grecia un tema da campagna elettorale, parla invece di menzogne. Schäuble è il primo politico tedesco ad ammettere quello che per molti esperti è già una certezza: per la Grecia sono già stati stanziati 240 miliardi di Euro di fondi, ma ci sarà bisogno dell'aiuto dei partner finanziari anche dopo il 2014.

Ritorno graduale sul mercato dei capitali

Dagli ambienti governativi di Berlino, fino ad ora si era ipotizzato che un eventuale terzo pacchetto di aiuti sarebbe stato di portata decisamente inferiore rispetto ai primi due. Si tratterebbe soltanto di rendere piu' dolce il ritorno sul mercato dei capitali. Inoltre, Atene avrebbe già avviato una parte significativa delle riforme necessarie.

Non è la prima volta che Schäuble si corregge sulla questione greca. Nel dicembre 2009, quando l'opionione pubblica per la prima volta è venuta a sapere che i problemi debitori greci si sarebbero ripercossi sugli altri paesi europei, si era pronunciato contro un piano di aiuti per il paese. "Sarebbe una solidarietà sbagliata, se decidessimo di sostenere i greci con degli aiuti finanziari", disse il Ministro delle finanze in quell'occasione.

Nell'estate 2010 - quando un primo pacchetto di aiuti da 110 miliardi di Euro per la Grecia è già stato approvato - Schäuble rilascia un'altra dichiarazione. Questa volta il tema è il fondo temporaneo EFSF: "I fondi di salvataggio sono temporanei, dovranno terminare. E' cio' che abbiamo concordato", dice il portavoce della CDU.

Dopo pochi mesi è chiaro a tutti che anche in questo caso Schäuble si è sbagliato. Nel febbraio 2011 i ministri delle finanze europei trovano un accordo sul nuovo fondo di salvataggio ESM. Sostituisce il precedente EFSF, prevede un massimo di 500 miliardi - ed è a tempo indeterminato.

Le recenti esternazioni di Schäuble, osservate piu' da vicino, sono solo una precisazione rispetto alle precedenti dichiarazioni. Nel febbraio 2012, quando è stato concordato il secondo pacchetto di aiuti, ebbe a dire: "Probabilmente non è l'ultima volta che il Bundestag dovrà pronunciarsi sugli aiuti finanziari per la Grecia". In seguito, tuttavia, ha piu' volte ripetuto che la decisione era solo rimandata ad un momento successivo, e le parole "piano di salvataggio" non si erano piu' sentite. Fino a martedi scorso.

Non si puo' certo accusare Schäuble di essersi mosso secondo una tattica da campagna elettorale, altrimenti non avrebbe messo in campo, ad un mese dalle elezioni, un terzo pacchetto di aiuti. L'opposizione pero' con i suoi attacchi arriva diretta al punto: perché sulla Grecia la comunicazione del governo federale è cosi' incoerente e titubante? Perché si fanno dichiarazioni che poco tempo dopo devono essere riviste? Perché nessun politico ha il coraggio di dire tutta la verità, invece di raccontare solo una piccola parte della storia?

E' solo un'istantanea, ma forse puo' aiutare uno sguardo al 2010. "I greci vogliono i nostri soldi", titolava la Bild-Zeitung il 24 aprile 2010. In seconda pagina un giovane disoccupato di nome Kosta era fotografato mentre si stava rilassando al sole. E cosi' si è andati avanti: martedi 27 aprile: "Perché paghiamo ai greci le loro pensioni d'oro?". Giovedi 29 aprile: "25 miliardi - i greci vogliono ancora piu' denaro da noi", lunedi 3 maggio: "110 miliardi di Euro - i greci in bancarotta ottengono l'assegno piu' grande della storia!".

La Bild-Zeitung è stata aspramente criticata per questo tipo di campagna. Ma che cosa succede se invece essa riflette l'opinione pubblica? Cosa accade se almeno una parte dei cittadini la pensano in questo modo?

Ed è questa paura a guidare il governo nelle esternazioni sulla Grecia: il ministro delle finanze Schäuble e la cancelliera Angela Merkel  preferiscono non raccontare troppe verità spiacevoli ai tedeschi. Un atteggiamento che è tanto piu' sorprendente se si considera che fino ad ora il bilancio federale non ha sofferto per gli aiuti alla Grecia. Tutti gli aiuti concessi si basano su crediti che il paese del sud-Europa prima o poi dovrà rimborsare.

Ma non è stato solo il governo federale a doversi correggere: anche il FMI ha recentemente ammesso di aver commesso degli errori nella valutazione della crisi. All'inizio, nel 2009 e 2010, si ipotizzava che la crisi sarebbe durata non piu' di 2 anni. Una ipotesi che presto si è rivelata  essere solo un pio desiderio. La previsione originaria del FMI fino al 2012 prevedeva un - 5.5%, di fatto è stato un -17 %. La realtà è sempre peggiore delle previsioni.

Nel complesso, la dichiarazione coraggiosa di Schäuble potrebbe essere considerata come un tentativo di portare un po' di onestà nel dibattito. Non tutti pero' sembrano esserne entusiasti: "Schäuble ci minaccia con nuovi aiuti", titolava il giornale di sinistra "Efimarida ton Syntakton".




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giovedì 9 maggio 2013

Hans Werner Sinn: serve un'unione monetaria aperta

In una recente intervista a Die Welt, il grande economista tedesco torna a rilanciare l'unione monetaria aperta: i membri in difficoltà dovrebbero poter uscire, svalutare, fare le riforme e tornare nella moneta unica con il supporto della comunità internazionale


Secondo Hans-Werner Sinn la maggior parte delle decisioni politiche prese durante l'eurocrisi era sbagliata. Ed è certo di una cosa: la Grecia sarebbe già fuori pericolo - se nella primavera del 2010 avesse dichiarato l'insolvenza.

Gli economisti pensano in maniera sistemica, purista. La politica deve trovare compromessi in una realtà contraddittoria. Gli economisti riescono ancora a capire i politici senza concludere che il politico pensa solo alla sua rielezione?

Che un politico pensi a farsi rieleggere non è fondamentalmente sbagliato. Il problema è che le frequenti elezioni in Germania premiamo il populismo di breve periodo e trasformano la politica in una manovra tattica. L'effetto è rafforzato ulteriormente dai sondaggi settimanali. Sarebbe una buona idea dare ai genitori il diritto di voto anche per i propri figli, affinché le decisioni di lungo periodo nelle urne possano avere un peso maggiore. Allo stesso tempo su questioni specifiche mi piacerebbe vedere dei referendum popolari come in Svizzera. I personality-show privi di contenuto messi in scena durante le campagne elettorali sono controproduttivi.

Siamo ancora nel pieno dell'eurocrisi. Che cosa ha l'euro di diverso da un'altra moneta? Anche lei pensa che potremmo dire addio all'euro?

Naturalmente la Germania puo' sopravvivere anche senza l'euro. Gli scenari horror ipotizzati in caso di uscita sono esagerati. In particolare non è vero che l'industria dell'export collasserebbe. Un po' di rivalutazione farebbe bene alla Germania, perché il vantaggio di una riduzione dei prezzi dell'import sarebbe piu' importante rispetto agli svantaggi legati ad un peggioramento del prezzo delle esportazioni. La Bundesbank poi potrebbe evitare un forte apprezzamento del nuovo Marco acquistando titoli esteri con la propria moneta, come sta facendo la banca centrale svizzera. Questi titoli prenderebbero il posto degli attuali saldi Target, crediti che di fatto non hanno alcun valore. Da un punto di vista tecnico ci sarebbero solo vantaggi. Tuttavia per ragioni politiche la Germania deve restare nell'euro: l'euro resta un progetto centrale per l'integrazione europea. Inoltre, ritengo indispensabile tutelare i crediti verso l'estero delle nostre banche e assicurazioni e non da ultimo, non dobbiamo rinunciare ai crediti Target della Bundesbank. Se un paese non è piu' in grado di sostenere l'euro perché ha perso competitività, sarebbe meglio lasciarlo uscire. La Germania dovrebbe smetterla di mantenere nell'euro tali paesi alimentandoli con prestiti pubblici sempre maggiori  che di fatto non saranno mai rimborsati.

Come sarà l'Europa fra 5 anni? 

I sassi che ci verranno tirati addosso saranno sempre piu' grandi, se continueremo con questa politica. E' stato un grande errore violare il trattato di Maastricht e tenere la Grecia nell'euro con prestiti, pari al 160 % del PIL, che non saranno mai rimborsati.  Questa politica ha aiutato le nostre banche e quelle francesi, e forse qualche ricco in Grecia, ma per le persone comuni ha significato disoccupazione di massa e disperazione. La Grecia avrebbe già da tempo superato la fase piu' difficile se nella primavera del 2010 avesse dichiarato l'insolvenza e fosse uscita dalla moneta unica. Si sarebbe liberata di buona parte del suo debito e con una Drachma svalutata avrebbe raggiunto una nuova competitività. La disoccupazione giovanile non sarebbe stata certo al 60% come oggi. Quello a cui assistiamo in Grecia è una tragedia per la gente del luogo, e la colpa per questa politica sbagliata ricade sui tedeschi, sebbene siano loro i principali contributori. Con questa politica ci stiamo impoverendo e allo stesso tempo ci attaccano usando le svastiche. Se la situazione nei paesi piu' grandi dovesse peggiorare, non potremmo mantenere la stessa politica usata in Grecia, perché le risorse non sarebbero sufficienti.

La Germania sembra il paese meno amato in Europa: troppo grande per restare nascosto, ma troppo debole per la leadership. Che cosa ne pensa un'economista?

Questo tema mi fa pensare continuamente. Sono al momento a Washington. La crisi europea qui è onnipresente. La Germania dovrebbe assumersi le proprie responsabilità e cercare soluzioni realmente sostenibili per la zona Euro. Soluzioni che possono risiedere solo in un sistema monetario piu' flessibile, a metà strada tra un sistema dei cambi fissi e una moneta nazionale come il dollaro. Mi immagino una unione monetaria aperta, da cui si possa uscire temporaneamente, se non si è in grado di far fronte alle difficoltà, e per fare cio' si possa contare sugli aiuti della comunità internazionale. Sono per un piano Marshall per la Grecia, ma solo dopo la sua uscita. E' una soluzione migliore e piu' conveniente rispetto all'erogazione di denaro fatta tramite le istituzioni comuni come la BCE, nelle quali non siamo sufficientemente rappresentati ma di cui siamo i principali finanziatori, e delle cui scelte siamo considerati  i principali responsabili.

Se lei confronta la Germania del 1989 e quella di oggi, quale è stato il cambiamento piu' importante?

La solidità finanziaria del nostro paese è andata perduta. I debiti pubblici nascosti e i rischi sono cresciuti massicciamente a causa di una Euro-politica sbagliata. Si avvicina inoltre il punto in cui i nostri babyboomer, che oggi sono verso la fine dei quaranta, vorranno andare in pensione senza pero' poter contare sul sostegno della generazione che li segue, a causa della loro bassa occupazione. Devo riconoscere che la politica ha cercato di contrastare questa tendenza introducendo un limite all'indebitamento in costituzione, e che in altri paesi la situazione è decisamente peggiore. Tuttavia vedo troppa contabilità creativa nei bilanci dello stato tedesco e nell'unione monetaria. In questo modo il peso che dovranno sopportare i nostri figli è solamente nascosto.

Ci stiamo muovendo verso la piena occupazione, in Europa la nostra flessibilità e il nostro mercato del lavoro causano ammirazione e invidia. Nel nostro paese invece lo slancio politico si sta riducendo. Secondo lei questo atteggiamento negli ultimi anni è cresciuto?

La Germania si trova a circa 3 milioni di posti di lavoro dalla piena occupazione. La disoccupazione oggi è 6 volte piu' grande rispetto ai tempi in cui io studiavo. A questo proposito mi permetta di esprimere qualche dubbio sulle sue affermazioni. E sicuramente vero che il mercato del lavoro va meglio rispetto a quasi tutti gli altri paesi europei. Abbiamo lavoro, ma a causa delle politiche europee mettiamo a rischio una parte sempre maggiore del nostro patrimonio, senza nemmeno rendercene conto. La crisi Euro è un'esperienza di vita molto amara nei paesi del sud-Europa, che pero' si ripercuote su di noi. Non dobbiamo trasformare la società tedesca, ma la casa europea.

L'economista Sinn è un normale cittadino. Quale sarebbe il suo piu' grande desiderio?

Dovrebbe arrivare una fata, far sparire nell'aria l'intero Euro-disastro, far sparire la croce uncinata che nella mente di molti europei viene agitata contro di noi. Allora potrei tornare a dormire sonni tranquilli.






giovedì 28 marzo 2013

Flassbeck: con la crisi di Cipro inzia la fine dell'euro


Heiner Flassbeck, grande economista tedesco, in questo periodo scrive molto e interviene sul caso Cipro direttamente dal suo interessantissimo blog "Flassbeck Economics": siamo di fronte all'ennesima decisione sbagliata presa da una Troika a trazione tedesca, è l'inizio della fine. Da Flassbeck Economics


Sul salvataggio di Cipro si è trovato un accordo, ma le modalità scelte per salvare il paese distruggeranno l'unione monetaria. Nella gestione della crisi cipriota gli errori commessi non riguardano solamente il piccolo paese mediterraneo. Sono ormai evidenti tutte le decisioni sbagliate prese in passato, la totale assenza di idee chiare da parte degli Eurosalvatori (stati creditori e Troika formata da EU, BCE e FMI) finalmente viene smascherata.

Per la prima volta dall'introduzione dell'Euro saranno applicati a tempo indeterminato controlli ai movimenti di capitali. Cio' che da molti viene considerato il vantaggio principale di una unione monetaria, e cioe' disporre di una valuta sicura e riconosciuta internazionalmente, per i ciprioti non avrà piu' senso. E lo stesso accadrà alla fiducia riposta in queste stesse caratteristiche della moneta da parte di chi la utilizza. Nessuno dei responsabili sembra aver riflettuto sul fatto che queste misure metteranno in discussione il contraltare della libertà di movimento dei capitali, vale a dire la libertà di movimento delle merci, meglio conosciuto come libero scambio.


Per non parlare dei danni politici permanenti causati dai diktat di risparmio e dal rigorismo imposto dai paesi creditori. E di tutte le sofferenze umane associate alle misure di austerità. Il fatto peggiore è che tutte le promesse fatte - fra un po' la valle di lacrime e di sofferenze sarà terminata e tutto andrà bene - non potranno essere mantenute fino a quando si continuerà ad applicare la "logica dei salvataggi", che invece ci porta sempre piu' a fondo nella crisi. Quanto piu' alle vittime di queste promesse sarà chiara la situazione, tanto piu' crescerà la loro collera nei confronti di chi ha fatto queste promesse, e tanto piu' si allontaneranno dall'idea di integrazione europea.

L'errore di fondo nella gestione della crisi risale all'inizio ed è stato portato avanti con forza dai media e dalle autorità tedesche: la trasformazione di una crisi finanziaria (nata da una crisi dei mercati finanziari) e di una Eurocrisi già iniziata (che era ed ancora è una crisi valutaria) in una crisi di debito pubblico. Questo errore ha aperto la strada ad una lunga serie di decisioni sbagliate arrivate in seguito.

Il seme della crisi cipriota è stato gettato con il fallimento del salvataggio greco. Il pensiero ingenuo secondo cui il taglio del debito in uno stato sovrano (quello applicato in Grecia lo è stato) potesse essere fatto senza danni collaterali, era assurdo fin dall'inizio. Non solo oggi la situazione debitoria in Grecia non è migliorata, ma doveva essere chiaro che non si poteva tagliare il debito di un paese senza avere un impatto significativo sulle banche (che in tutto il mondo insieme alle assicurazioni sono i detentori delle obbligazioni statali).

Dai paesi esclusi dai mercati finanziari si continua a pretendere una politica fiscale restrittiva (Wolf­gang Schäu­ble sul Financial Times del 5-9-2011: L'austerità è l'unica soluzione per l'Eurozona) e il taglio dei salari (di solito ridefinito "aggiustamento strutturale"). Questo tipo di aggiustamento mette in difficoltà il settore finanziario di ogni paese. In ogni recessione e depressione c'è sempre un forte aumento dei crediti incagliati e la minaccia di insolvenza in un settore bancario sottocapitalizzato. E' sempre lo stato a dover intervenire e a rassicurare i risparmiatori sul fatto che saranno tutelati in quanto depositanti.

Proporre un'unione bancaria come risposta a questo problema è stato politicamente ovvio, ma non va a centrare il vero obiettivo. Il problema di fondo della crisi finanziaria del 2008 era nel settore finanziario e nelle banche che svolgevano attività di investment-banking. E su questo non si è fatto molto. I problemi bancari causati da una depressione e dal taglio del debito, non si possono certo risolvere con una unione bancaria. Al massimo li si puo' attenuare se si aiutano i paesi  colpiti ad aggiustare gradualmente le loro strutture finanziarie, evitando di farlo in maniera brusca. Anche dopo la crisi del 1997/1998 in tutto l'occidente con una certa arroganza si diceva che le banche asiatiche erano disastrate. In realtà era una sciocchezza: la causa era una crisi valutaria seguita da una forte recessione. Dopo la svalutazione della maggior parte delle valute e una nuova fase di crescita, la crisi bancaria è stata completamente dimenticata.

Naturalmente nella EU sono colpiti dalle "crisi bancarie" soprattutto quei paesi con un settore bancario molto grande. Ce ne sono diversi, e Cipro non è nemmeno il peggiore. Le statistiche della Banca dei regolamenti internazionali mostrano: il rapporto fra depositi bancari complessivi e PIL a Cipro è 3 a 1, in Lussemburgo 9 a 1, (alle Isole Cayman ancora piu' alto). In Gran Bretagna è 1 a 1, e in Francia e Germania è di circa 1 a 2. Qual'è allora un valore sostenibile e non pericoloso per un paese?

Negli anni della grande euforia finanziaria, molti paesi sono stati addirittura invitati a cercarsi uno spazio economico specializzandosi in affari bancari internazionali. Si pensava che anche un piccolo paese potesse rapidamente prosperare. Non bisogna inoltre dimenticare che il settore industriale è presidiato da alcuni paesi agguerriti, e cosi' per i paesi  piu piccoli con infrastrutture deboli è difficile ottenere dei risultati.

Quando in una unione monetaria finiscono in crisi solo i i paesi con un deficit nelle partite correnti (lo stato o le banche o le imprese ricevono capitale dall'estero a tassi troppo elevati), la BCE dovrebbe intervenire senza se e senza ma per offrire loro assistenza finanziaria. Questo è il compito di una banca centrale, e la BCE è la banca centrale di Cipro. Che oltre a cio' tutti i paesi, ad eccezione della Germania con il suo settore dell'export, per via della crisi dovranno ristrutturare la loro economia e subire un aggiustamento, è una certezza. Ma questo processo puo' funzionare solo durante una fase espansiva e non durante una recessione. Chi  con la sua politica economica produce una recessione, finirà per generare "crisi strutturali" a ritmi da catena di montaggio (fra poche settimane sentiremo parlare della Slovenia, un tempo modello industriale). Che la BCE nel caso di Cipro abbia contribuito a definire la condizionalità del salvataggio e persino minacciato il ritiro della liquidità, è un errore irreparabile.

Imporre le riforme strutturali come "condizionalità" per l'accesso ad un salvataggio, significa spingere un paese in una situazione di disperazione. Perchè cio' potrà accadere solo con conseguenze catastrofiche. Cipro non potrà ridurre il suo settore bancario a un normale livello (quello tedesco o britannico), per lo stesso motivo che impedisce al Lussemburgo di cambiare nottetempo il suo modello di sviluppo economico costruito nel corso degli anni. E' una pretesa assurda, anche se si ritiene che tale modello economico in un mondo in cui la finanza ha perso importanza, non sia sostenibile.

Ma cio' non è sufficiente per fermare la troika a trazione tedesca. Si chiede senza alcuna seria giustificazione una partecipazione di 6 miliardi di Euro, che per un paese con un PIL di 17 miliardi di Euro potrà essere ottenuta solo con conseguenze disastrose. E' come se in Germania si pretendesse un contributo pari a 800 miliardi di Euro, piu' del doppio delle entrate fiscali federali. 

Ma c'era bisogno di un caso esemplare. Non si voleva perdere l'occasione per dare ai depositanti russi a Cipro una bella lezione (quale esattamente?). E di fare pulizia in un piccolo paese, una volta per tutte. La caratteristica piu' importante di una moneta e la ragione per cui viene ritenuta buona, è la fiducia nella moneta stessa. E che questa fiducia sia andata distrutta, non lo capiscono né il governo né la BCE. Purtroppo nemmeno l'opposizione. Sul lato sinistro dello spettro politico troppo spesso si parla in maniera emozionale "delle banche" e dei "riciclatori di soldi russi", come se fosse possibile averne una chiara immagine in mente.

Nel complesso sembra chiaro che l'incapacità dei politici e degli economisti di comprendere in maniera approfondita tali relazioni complesse, sarà la causa del fallimento del sistema Euro. Cipro è stato solo il culmine di una lunga serie di errori sistematici. Da qui in poi si potrà solo continuare a cadere, e probabilmente in maniera molto rapida.

giovedì 21 marzo 2013

Arrivano i russi?


Merkel e Schauble, troppo impegnati nel preparare la campagna elettorale, non hanno compreso le dimensioni della crisi cipriota. Ora entrano in scena i russi, ed inizia un braccio di ferro. Da Der Spiegel.
Cipro ha respinto il piano di salvataggio di Bruessel - ora Mosca dovrà aiutare l'isola, ormai sull'orlo della bancarotta. Ma Putin potrebbe chiedere un prezzo molto alto. 

 
Gli abitanti di Limassol chiamano la loro città la "piccola Mosca", per via dei tanti uomini d'affari russi. Nella parte sud di Cipro sono domiciliate molte holding degli oligarchi. Ora che il parlamento di Nicosia ha rifiutato il piano degli europei, il governo di Cipro cerca aiuto nella stessa direzione da cui negli anni scorsi sono arrivati sull'isola mediterranea tanti miliardi: verso est, verso la Russia.

 
Il presidente Nikos Anastasiades si tiene in contatto telefonicamente con il capo di stato russo Wladimir Putin. Il ministro delle finanze Michael Sarris martedi sera è arrivato a Mosca. Sarris sta trattando con il Cremlino e altri funzionari il sostegno russo. I vertici di uno stato membro dell'EU e dell'Eurozona vanno a Mosca per elemosinare aiuto - per il Cremlino ci sono stati sicuramente momenti peggiori.

 
Qual'è la posizione di Mosca nella crisi di Cipro?

 
Per la Russia, fra i paesi EU, Cipro e la Grecia hanno un ruolo speciale. Molti ciprioti e greci appartengono alla chiesa ortodossa, da sempre in rapporti molto stretti con il patriarca di Mosca. L'Arcivescovo di Cipro Chrysostomos ha perfino chiesto al patriarca Kirill di intercedere presso Putin in favore di Cipro.

 
I colloqui a Mosca non saranno facili, il Ministro delle Finanza russe Anton Siluanow è molto arrabbiato: Mosca è stata informata troppo tardi sui salvataggi e sulla tassa patrimoniale. Il predecessore di Siluanow, l'uomo di fiducia di Putin Alexej Kudrin, parla addirittura di "mancanza di rispetto".
 
 
La Russia deve temere la crisi di Cipro?

 
Si' e no. Insieme ai britannici, i russi sono gli investitori piu' grandi sull'Isola. Le somme esatte non le conosce nemmeno il governo di Mosca. Ma secondo le diverse stime i depositi degli investitori russi sarebbero tra i 20 e i 40 miliardi di dollari. La banca pubblica Sberbank ha stimato essere pari al 40 % la quota russa nei 5.8 miliardi di Euro da incassare con la tassa patrimoniale. I media moscoviti ipotizzano perfino un possibile contagio della crisi verso il grande paese: nel loro racconto i sistemi bancari dei due paesi sarebbero "legati come gemelli siamesi".

E' una paura esagerata. Un aggravamento della crisi cipriota o addirittura un fallimento di stato colpirebbe duramente le banche russe. Si fa il nome della banca statale VTB, a causa di una controllata cipriota. Ma considerando le riserve valutarie pari a 530 miliardi di Euro, lo stato russo e la sua economia sembrano essere abbastanza forti da poter sostenere le perdite di tutti i depositi russi a Cipro.

Che cosa vuole ottenere la Russia?

Primo: limitare i danni per gli investitori russi. A differenza del predecessore Boris Jelzin, Putin non tiene a distanza gli oligarchi. Il Cremlino prende in considerazione i loro interessi e cerca di tutelarne gli investimenti, secondo Alexej Muchin, direttore del Centro per l'Informazione politica. Putin non ha "alcun interesse a farsi nuovi nemici". 

Secondo: usare la crisi per migliorare l'immagine del paese. Il Cremlino vorrebbe dare alla Russia un'immagine di stabilità durante la crisi e proporre il paese come un sicuro rifugio finanziario, sia verso l'esterno sia verso i suoi cittadini. I media russi fanno a gara nel dare già spacciata l'Unione Europea. Si parla di "Euro-bolscevismo", perfino la columnist di opposizione Julija Latynina parla di "parassiti europei, che si nutrono di Cipro e Russia". Mentre l'Europa è schiacciata da una montagna di debiti, il Cremlino brilla per il suo successo finanziario. Grazie ai grandi introiti dovuti alla vendita di gas e petrolio, il deficit nel 2012 è rimasto all'0.8% del PIL, il debito pubblico è inferiore al 10%.

La Russia aiuterà Cipro?

Piu' si' che no. Mosca ha già concesso a Nicosia lo scorso anno 2.5 miliardi di Euro di credito. Cipro spera di posticipare la scadenza al 2021 e di aumentare l'importo fino a 5 miliardi di Euro. Mosca pero' vuole concedere l'aiuto solo a determinate condizioni.

Gli obiettivi di Mosca

Piu' trasparenza: Mosca vuole avere piu' informazioni sul denaro russo e sulle aziende russe nell'isola. Cipro è una sorta di lavatrice per il denaro russo. Anno dopo anno vengono trasferiti sull'isola decine di miliardi, che poi sono reinvistiti subito dopo nella stessa Russia. Nel 2010 Cipro è stato il piu' grande investitore estero in Russia con oltre 50 miliardi di dollari. Gli investimenti dalla Germania sono stati solo 21 miliardi di Euro.

I criminali e gli oligarchi amano Cipro perché permette loro di risparmiare tasse e ripulire il denaro. Numerose grandi aziende russe appartengono formalmente a piccole società con sede a Cipro. Il Cremlino vuole cambiare queste regole.

Gas: in cambio del sostegne russo, Cipro potrebbe dare la priorità al colosso del gas russo Gazprom nello sfruttamento dei giacimenti davanti alla costa.

Controllo sulle società cipriote: le imprese russe, in caso di privatizzazione delle imprese statali cipriote, potrebbero essere favorite. 

Presenza militare: la Russia ha piani ambiziosi per la creazione di una flotta del Mediterraneo. Nel Mediterraneo pero' dispone solo di un porto: una piccola base navale marina nella città siriana di Tartus. Non è da escludere che in cambio di auti finanziari la Russia possa pretendere una cooperazione militare piu' stretta. 

giovedì 21 febbraio 2013

La Grecia è la cavia della Troika


Die Zeit intervista Jannis Panagopoulos, leader del sindacato greco: la Grecia per la Troika è solo una cavia su cui testare le politiche economiche di schock. 
Le riforme della Troika si sono spinte troppo avanti, secondo il leader del sindacato greco Jannis Panagopoulos. In un'intervista chiede nuovi miliardi per la ricostruzione del suo paese.

ZEIT: Herr Panagopoulos, il suo sindacato ha proclamato un nuovo sciopero generale per mercoledi - sebbene la Grecia negli ultimi tempi abbia fatto alcuni progressi. Come puo' giustificare questa decisione?

Panagoupolos: Protestiamo contro il mancato rinnovo di 42 contratti di categoria che coinvolgono 400.000 lavoratori nell'economia privata. I contratti semplicemente non vengono piu' rinnovati. Vogliamo protestare anche contro l'abolizione dei contratti collettivi nazionali e la riduzione del 22 % del salario minimo, che nel frattempo è sceso a 586 € lordi al mese. In Grecia non c'è piu' un diritto del lavoro, come lo conosciamo dagli altri paesi europei.

ZEIT: Che cosa significa per i lavoratori?

Panagopoulos: La disoccupazione ufficialmente ha raggiunto il 27 %. In realtà è già oltre il 30%: durante la crisi è esploso il lavoro nero e quello non assicurato. Inoltre i redditi da lavoro sono scesi drasticamente. Considerando la riduzione delle detrazioni fiscali e gli aumenti delle tasse per i lavoratori, i redditi da lavoro nel settore privato e pubblico sono crollati del 50 %.

ZEIT: Ci puo' dare un esempio rappresentativo?

Panagopoulos: Lo stipendio per gli autisti di Bus un tempo era di 1500 € netti, ora è sceso a 750 €.

ZEIT: Quali sono le vostre richieste?

Panagopoulos: Che il salario minimo torni ad essere di almeno 751 € lordi al mese. Che il diritto del lavoro europeo sia applicato anche nel nostro paese. Anche se i salari sono scesi in maniera massiccia, la competitività della Grecia non è cresciuta. Al contrario, su questo punto il nostro paese è in ritardo persino rispetto ad alcuni paesi africani.

ZEIT: Il vostro sciopero generale è il 34esimo dall'inizio della crisi. E' necessario che le chieda che cosa avete ottenuto con i 33 scioperi precedenti.

Panagopoulos: Abbiamo evitato che i tagli salariali fossero ancora piu' forti. E abbiamo guadagnato tempo. Ho conosciuto i tecnocrati della Troika e constatato che hanno intenzione di fare altri tagli. Per loro la Grecia è solo una cavia. La Troika crede al dogma dello schock - per l'economia e per la società. Il problema è: i tecnocrati sanno molto bene come si fa a tagliare i salari e le pensioni. Ma non hanno idea di come si facciano scendere i prezzi. Il costo della vita in Grecia è ancora molto alto, la Grecia è un paese ancora costoso. Il risultato è che il greco non puo' nemmeno pagare le proprie tasse. Non perché non vuole, ma perché non lo puo' fare.

ZEIT: Le sue posizioni sono state almeno comprese dal governo di Atene, guidato dal presidente conservatore Antonis Samaras?

Panagopoulos: Per niente. Cadute nel vuoto. Fino ad ora non ci siamo mai incontrati. Non dipende da me. Si immagini: come leader del sindacato greco nel frattempo mi sono incontrato con Angela Merkel, ma fino ad ora mai con il Primo ministro del mio paese, in carica da giugno.

ZEIT: Che cosa pensa di fare? Continuare con le proteste oppure intensificarle?

Panagopoulos: Continueremo a lottare. Sono perse solo le battaglie per le quali non si combatte. Non sto dicendo che vinceremo. Da soli non ce la possiamo fare. Abbiamo bisogno di una soluzione politica. Abbiamo bisogno di un piano Marshall per la Grecia e l'Europa del sud.

ZEIT: A suo avviso dovrà essere il contribuente tedesco a  pagare per i greci?

Panagopoulos: Il contribuente tedesco non dovrà pagare, dovrà investire. E' un investimento nel futuro dell'Europa unita. Proprio come gli americani hanno fatto dopo la seconda guerra mondiale con gli europei. Senza solidarietà l'Europa non ha futuro. 

sabato 26 gennaio 2013

Weimar puo' insegnare qualcosa agli eurocreditori?


La situazione della Germania dopo la prima guerra mondiale ci puo' insegnare molto sulla crisi debitoria attuale: è sufficiente vincere, non è necessario  stravincere. Da Handelsblatt.de
Quando gli stati perdono la speranza di poter ripagare i debiti, la situazione si fa pericolosa. Questo ci mostra la storia: fra la Repubblica di Weimar e la Grecia di oggi ci sono molte similitudini.

La situazione dei paesi in crisi del sud Europa è sempre piu' simile a quella della Germania dei primi anni '30. Il parallelo inizia con i fatti antecedenti: prima di entrambe le crisi c'è stato un periodo di inflazione in discesa e una fase di stabilizzazione economica. A cui è seguito un massiccio afflusso di capitale privato straniero, in parte utilizzato per investimenti produttivi. Con la crisi arrivata dagli USA il gioco è finito, causando un forte rallentamento economico - aggravato da una enorme montagna di debito estero. Nel 1932 la disoccupazione in Germania era su livelli simili a quelli odierni di Spagna e Grecia.

Recentemente gli storici dell'economia si sono occupati molto di questo periodo storico e degli anni precedenti. E lo storico economico tedesco piu' famoso, Albrecht Ritschl, professore alla London School of Economics, su questo tema ha presentato uno studio dal titolo ""The German Transfer Problem, 1920-1933".

Ritschl ritiene che le possibilità di recuperare in maniera pacifica i crediti verso uno stato sono limitate. Già allora John Maynard Keynes aveva avvertito che le esose riparazioni imposte alla Germania dopo la prima guerra mondiale avrebbero portato ad una nuova guerra.

Secondo Ritschl il rimborso non dipende solamente dalle possibilità che uno stato ha di ripagare i debiti. Ma anche dalla determinazione dei creditori nel recuperare il denaro prestato - e soprattutto dal fatto che il paese debitore ritenga ancora possibile rimborsare i  propri debiti. Il grande errore fatto allora fu il superamento di questo limite nella definizione delle riparazioni. 

Il primo esempio di incentivo sbagliato proposto da Ritschl è del 1920 e riguarda il livello delle riparazioni: all'inizio di quell'anno - quando ancora non era certo quanto il vincitore avrebbe preteso dallo sconfitto, e mentre in Germania si ipotizzavano delle richieste molto alte ma tuttavia ripagabili - la leadership politica di Berlino si comportava in maniera ancora molto costruttiva. 

Al fine di pagare le riparazioni si provvedeva a centralizzare l'amministrazione fiscale, ad aumentare le tasse e ad estendere la base imponibile. Non appena si seppe che le riparazioni avrebbero portato il debito pubblico ad essere pari a tre volte la ricchezza annua prodotta in Germania, la cooperazione si arresto' immediatamente. Come risultato, i cittadini iniziarono a non pagare piu' le tasse o a farlo in ritardo, e l'amministrazione fiscale lascio' che questo accadesse. La speranza di potersi liberare dal debito con i propri sforzi, semplicemente era venuta meno.

Per cercare di ottenere quello che spettava loro, Francia e Belgio decisero di occupare il bacino della Ruhr. Dovettero imparare a loro spese che anche con la forza militare non si poteva ottenere molto. Il governo tedesco chiese ai lavoratori una resistenza passiva e insieme alla Reichsbank fece in modo che le imprese e i loro dipendenti - nonostante la caduta della produzione - fossero in grado di pagare con denaro fresco della banca centrale. L'iperinflazione che segui' fu accettata pacificamente. Alla fine ci fu un positivo effetto collaterale: aver reso funzionante il sistema finanziario creato per il servizio del debito alle potenze vincitrici.

Il successivo presidente della Reichsbank Hjalmar Schacht nelle sue memorie scriveva che l'inflazione e gli eccessivi debiti di guerra agli occhi dei responsabili erano collegati: "I vertici della Reichsbank hanno ritenuto inutile tentare di stabilizzare il Marco, fino a quando non sarebbe stato chiaro, quale tributo di guerra la Germania sarebbe stata capace di pagare, e fino a quando non si sarebbe raggiunto un accordo con i vincitori su questo tema". Questa tesi sarebbe stata condivisa anche dal governo federale, ipotizza Schacht.

La strategia ebbe effetto, ma solo temporaneamente. Di fatto le potenze vincitrici tramite il piano Dawes, avevano trovato un modo per lasciare che la Germania continuasse a pagare con il denaro che loro stessi gli avrebbero prestato - sotto forma di crediti privati. La Germania ebbe una ripresa economica e visse la breve fase dei "Goldenen Zwanziger".

Il trucco non poteva durare a lungo. Tanto piu' che l'afflusso di crediti già nel 1929 si era prosciugato, allorché il cosiddetto piano Young entro' in vigore. Ma soprattutto il piano non toccava le esose riparazioni. Di fatto nel 1932 venne sospeso e in seguito cancellato. E di cio' fu solo Hitler ad approfittare. La decisione purtroppo arrivo' troppo tardi per la democrazia.

La lezione: quando un paese è cosi' indebitato da non poterlo obbligare a ripagare i debiti con mezzi pacifici, è nell'interesse del creditore ristrutturare il debito e riportarlo ad un livello di sostenibilità.

martedì 20 novembre 2012

Arrivano i russi!


Ce l'hanno detto piu' volte: la Grecia non puo' uscire dall'Euro perché finirebbe sotto l'influenza russa. I russi nel frattempo sono arrivati lo stesso, per approfittare di un paese in vendita. Die Zeit ci racconta gli interessi russi in Grecia.
Gli investitori russi si sono lanciati sulla Grecia. Non stanno comprando solo hotel, ma vogliono crescere anche nel mercato dell'energia. L'EU è scettica.

Questa sera gioca il campionato greco. Ma stasera giocano anche i russi: a Thessaloniki siede in tribuna Iwan Ignatjewitsch Sawidis. Un oligarca russo.

Sulla sedia è inquieto, fino a quando il PAOK Thessaloniki non saluta i fan con un combattuto 1:0. PAOK è il suo club. Tre mesi fa ha comprato la maggioranza del tradizionale club greco. 

Dopo la partita Sawidis ci porta nel suo ufficio direttamente sotto la tribuna. Un uomo piccolo, tarchiato, ma in forma. Il russo indossa capi firmati, una giacca in pelle, jeans, scarpe firmate, e porta una barba grigia di 5 giorni. Non gli interessano scambi di cortesie troppo lunghi e si siede subito al tavolo: "iniziamo".

A Mosca, nella sua città, il 53enne è il piu' facoltoso russo di origini greche. Un uomo d'affari di Rostow, che negli anni '80 iniziando come impiegato in una fabbrica di tabacco è diventato presidente del gruppo Agrokom. Oggi la fabbrica di tabacco e l'azienda per la lavorazione della carne appartengono a sua moglie, mentre Herr Sawidis si concentra sulla politica e sugli affari esteri.

Per i russi la crisi greca è una grande opportunità. A Cipro da quasi 20 anni investono in grande stile, e ora si rivolgono al paese vicino, dove file di fabbriche e immobili sono in vendita. Per l'investitore Sawidis la Grecia è una "questione altamente emozionale", un paese che vuole aiutare a tornare profittevole. Il paese baciato dal sole nel sud, gli offre il perfetto "equilibrio fra affari e salvezza dell'anima". Non ha investito solamente nel calcio, ad esempio anche nel restauro di alcune chiese.

Impegno e tradizione

E' un impegno per la tradizione. In passato la Russia ortodossa si considerava il difensore dei greci ortodossi contro il preponderante impero ottomano. Il primo presidente della Grecia indipendente, Ioannis Kapodistrias, prima del 1827 era un segretario di stato per la politica estera al servizio degli Zar. Ad Atene c'era anche un "partito russo" che si batteva per un legame piu' stretto con S. Pietroburgo. Molti greci sono emigrati in Russia e hanno fatto carriera.

Iwan Sawidis, il russo di origini greche, è stato per diversi anni alla Duma con il partito Russia Unita di Putin. Conosce bene il presidente russo e critica il fatto che tutte le decisioni importanti oggi vengano prese nella EU. E che siano determinate dalla Germania. "Cio' ha ha fatto molti danni alla Grecia", ci dice. Al contrario la Russia vuole proteggere la Grecia, dice Sawidis. E la Russia ha molto da offrire.

Che cosa? "Neve e gelo", dice sorridendo. "Oltre a petrolio, gas e molto denaro".

In Grecia l'industria energetica di stato è in vendita. Sotto pressione della EU il governo ha dovuto vendere il pacchetto azionario di maggioranza del fornitore di gas DEPA, nella rete di gas Desfa e la partecipazione nell'azienda petrolifera Hellenic Petroleum (Elpe). I russi insieme ai giapponesi, agli italiani e agli azeri sono fra i principali offerenti.

Gazprom è già da tempo nel business greco. Sono stati i russi a costruire l'oleodotto dalla Bulgaria in direzione sud verso Atene. Oggi il monopolista russo gestisce tre quarti dell'import di gas greco.

Ma la quota russa, a causa dell'import dall'Azerbaigijan e dall'Iraq del nord rischia di essere ridotta. Gazprom potrebbe pero' impedirlo, attraverso l'acquisizione di Depa e se possibile anche con l'acquisto della rete del gas.

Qui è il problema: da un lato la EU e la BCE vorrebbero una rapida privatizzazione delle aziende di stato, per ridurre il debito di Atene. Dall'altro lato, gli europei in questo modo potrebbero regalare ai russi il controllo dell'industria energetica greca. Avremmo allora una seconda piattaforma russa offshore, una seconda Cipro.

La commissione EU da tempo si batte contro la strategia di espansione di Gazprom in Europa. Dall'estate sta indagando sul continuo abuso di posizione dominante di Gazprom nell'Europa dell'est.

In questo processo la commissione può imporre sanzioni oppure bloccare l'acquisto di ulteriori società energetiche. Gazprom deve percio' muoversi con tatto. Una soluzione possibile per i russi potrebbe essere un'alleanza con una società energetica europea. Contro un eventuale investimento congiunto ad esempio degli italiani con i russi, anche Brussel non potrebbe fare molto.

Le conseguenze andrebbero molto oltre la Grecia. Se l'Azerbaijan volesse portare il gas verso l'Europa attraverso la Turchia e l'Italia, la rete del gas greca sarebbe una parte di questa infrastruttura. Gazprom entrerebbe in questo affare volentieri. Le presunte riserve di gas nel Mediterraneo, intorno alla Grecia, potrebbero diventare in futuro una importante fonte di reddito. E davanti alle isole dello Ionio sono già iniziate le perforazioni. Anche a Creta e nel Mediterraneo dell'est potrebbero trovarsi altri giacimenti di gas. Un pezzo molto pregiato per gli acquirenti stranieri è la Hellenic Petroleum. L'azienda petrolifera controlla circa i due terzi della capacità di raffinazione greca e il 15% delle stazioni di servizio greche. Le raffinerie greche riforniscono i paesi del Mediterraneo, che come la Libia hanno molto petrolio, ma non abbastanza raffinerie, e le flotte degli stati Nato.

A quale velocità i russi possano colpire, lo mostra in questi giorni la penisola di Chalkidiki nella Grecia del nord. Diversamente dalla Spagna o dall'Italia, in Grecia molte spiagge non sono state ancora accerchiate dal cemento. Qui si è costruito poco - o per niente.

Sulla superstrada da Thessaloniki a Chalkidiki ci sono grossi cartelli pubblicitari esclusivamente in lingua russa: "la vostra casa sul mare! Agenzie immobiliari e notai di lingua russa sono a vostra disposizione". La strada attraversa pinete, campi di grano e coste di una bellezza mozzafiato. Le agenzie immobiliari greche sanno bene che qui si potrà ancora costruire e vendere molto.

"I russi sono innamorati di Chalkidiki", ci dice l'agente Georgios Varelas della società Remax. "I monaci del Monte Athos sono qui vicino, con il loro monastero russo. Per loro qui è come essere a casa". Molti russi arrivano come turisti. Il numero dei visitatori russi in Grecia dal 2005 si è quadruplicato raggiungendo il milione all'anno.

I russi acquistano hotel

La vacanza ti fa venir voglia di qualcosa di piu' di una semplice camera in affitto. I russi facoltosi vorrebbero comprarsi ville e palazzi sulla spiaggia, ci dice Varelas. E ancora di piu': poco tempo fa l'hotel Potidea Palace se lo è aggiudicato un investitore russo per 13 milioni di Euro. Il Portes Beach Hotel se lo è aggiudicato un altro russo per 10 milioni di Euro. In tutta la Grecia al momento ci sono 1.200 Hotel in vendita.

Spiagge, hotel, aziende energetiche, reti del gas, ferrovie dello stato, porti, aeroporti - la Grecia non era mai stata in vendita in questo modo.

A questo si aggiunge la fretta di privatizzare le aziende di stato per risanare il bilancio pubblico. Il primo ministro conservatore Samaras, con il suo viaggio a Mosca ha avuto successo: è stato accolto come un amico. I russi consideravano il precedente capo di governo socialista Giorgos Papandreou, che parla meglio l'inglese del greco, troppo filoamericano, soprattutto sulle questioni degli oleodotti. Dal punto di vista russo, un nuovo meeting con Putin è necessario.

Anche con Samaras non sarà però cosi' facile: ha studiato in America e durante la sua breve presidenza ha già incontrato 2 volte a Berlino Angela Merkel . 

In generale i greci vedono gli investimenti russi nel loro paese in maniera positiva. Il numero degli studenti russi è in crescita. In questi giorni il film "Gott liebt Kaviar" riempie i cinema: è la storia di un conte russo con origini greche di nome Iwan Varvakis trasformatosi in un generoso eroe del Mar Nero.

Dopo la partita Sawidis dà un paio di suggerimenti ai greci: fate attenzione all'EU! Nessuno poteva tenere il passo con la super tecnologica Germania. Certo non i greci. Con i tagli imposti negli ultimi anni, la EU in Grecia ha commesso dei crimini. Sawidis dice di aver pregato il presidente Putin di non ignorare la crisi e di visitare il paese. Putin è credente e ortodosso. "Non potrebbe fare a meno di amare la Grecia".