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sabato 13 giugno 2020

Heiner Flassbeck - Perché i 130 miliardi del governo tedesco non basteranno

Basteranno i 130 miliardi di euro promessi dal governo di Berlino per tenere in piedi l'economia tedesca? Per il grande economista tedesco Heiner Flassbeck non sono affatto sufficienti, perché la crisi economica in corso, ben visibile nel recente boom del Kurzarbeit, è di dimensioni mai viste prima e ampiamente sottovalutata dal governo di Berlino. I recenti dati sull'export poi mostrano un crollo storico della domanda estera, indispensabile per tenere a galla un sistema produttivo fondato sulla moderazione salariale. Alla fine a pagare il conto di questo modello produttivo orientato all'export come al solito saranno i lavoratori: prima in cassa integrazione, poi in disoccupazione e infine in Hartz IV. Un'analisi molto interessante di Heiner Flassbeck e Friedericke Spiecker da Makroskop.de



Sin dall'inizio della crisi da coronavirus abbiamo sottolineato (vedi l'articolo del 21 marzo) che questo shock causato dai governi non deve essere paragonato a una recessione o a un normale rallentamento economico. Questo shock è molto più grande e complesso rispetto a qualsiasi altra cosa vista finora. Guardando solo all'industria tedesca, si possono fare dei confronti con la grande recessione globale del 2008/2009 (Figura 1). Sebbene la domanda misurata in termini di nuovi ordini sia diminuita ad un ritmo molto più rapido rispetto ad allora, le dimensioni della crisi sono ancora simili. Nel complesso, i nuovi ordini (linea arancione) sono scesi a un livello di poco inferiore rispetto al livello di quel periodo.


Questo tuttavia vale solo per la media dei settori. Per l'industria automobilistica, ad esempio, lo shock attuale è molto peggiore (Figura 2). La produzione in aprile è scesa di oltre il 70% rispetto a marzo di quest'anno, ad un livello ben al di sotto del livello più basso del 2008/2009. L'industria tedesca di punta degli ultimi dieci anni si trova ora in una crisi esistenziale perché né in patria né all'estero, a causa dell'incertezza dei consumatori, l'acquisto di un'auto nuova al momento è all'ordine del giorno.



Il fatto che anche il totale delle esportazioni tedesche in aprile sia calato di quasi il 25% rispetto al primo trimestre è probabilmente dovuto in gran parte alla fondamentale debolezza della domanda di automobili. Ma anche la meccanica sta vivendo un crollo storico; dall'inizio dell'anno la domanda è diminuita di un terzo.



Il mercato del lavoro è il migliore indicatore

Ma questo non è tutto. A differenza della crisi finanziaria 2008/2009, questa volta sono state colpite molte più branche dell'economia nel suo complesso, perché la chiusura ha riguardato in gran parte anche settori che, come gli alberghi e i ristoranti, normalmente non hanno quasi mai percepito le battute d'arresto dell'economia. Anche il settore delle costruzioni, che in Germania non è stato interessato direttamente dalle misure restrittive e che fino a marzo aveva registrato un buon andamento, in aprile ha registrato un significativo calo della domanda, che si rifletterà anche in un sensibile calo delle costruzioni nei prossimi mesi.

La vera dimensione della crisi la si può capire solo guardando al mercato del lavoro. Gli ultimi dati dell'Agenzia Federale per il Lavoro (BA) sulla cassa integrazione (Kurzarbeit) mostrano le reali dimensioni della drammatica crisi economica avviata con l'introduzione delle misure restrittive per combattere la pandemia da coronavirus. A partire da marzo, infatti, il numero di aziende che hanno richiesto la cassa integrazione e le cui domande sono state esaminate dall'Ufficio federale di statistica ha raggiunto un ordine di grandezza che non ha nulla in comune con la crisi finanziaria del 2008/2009 (cfr. la linea blu nella figura 3):


Dopo le drammatiche 625.000 richieste di aprile, anche con le 67.000 di maggio siamo ancora di molto sopra al doppio della cifra massima mai raggiunta nel corso del 2009 (all'epoca poco meno di 25.000 ). L'ultimo dato riportato per il mese di maggio probabilmente sarà corretto nuovamente verso l'alto, così come è accaduto con i dati di marzo e aprile. Il dato attualmente riportato per il mese di aprile, ad esempio, è superiore di 37.462 richieste rispetto al dato preliminare di fine aprile. La BA a questo proposito scrive nella spiegazione delle relative statistiche:

"È possibile che in un periodo di aumento dei volumi, le richieste di cassa integrazione siano già state ricevute in massa dalle competenti Agentur für Arbeit, ma che non siano ancora state registrate elettronicamente nelle procedure specialistiche della BA, e che questa registrazione avvenga solo dopo un certo lasso di tempo. Attualmente, le notifiche relative alle procedure specifiche della BA probabilmente sono sottorappresentate in misura non trascurabile"

La BA ha ripreso la sua estrapolazione dei dati, che nel frattempo era stata interrotta, con una procedura estesa per determinare a partire dal numero di richieste segnalate e controllate, il numero effettivo di imprese in cassa integrazione. Questa estrapolazione serve da guida durante un periodo di cinque mesi nel quale la liquidazione della indennità di cassa integrazione non è stata ancora completata e i dati sul lavoro a tempo parziale (Kurzarbeit) non sono ancora definitivi.

Per il mese di marzo, ultimo mese per il quale al momento è disponibile un'estrapolazione, il dato calcolato (poco meno di 220.000 aziende) differisce di un terzo rispetto al numero di aziende segnalate e controllate ufficialmente (poco meno di 164.000). Questo suggerisce che l'estrapolazione dei dati di aprile relativamente al numero di aziende che dichiarano di lavorare a orario ridotto, rispetto al numero di aziende che effettivamente lavorano a orario ridotto, sarà anche peggiore. Dopotutto, il numero di aziende che dichiarano di lavorare a orario ridotto da marzo ad aprile è quasi quadruplicato. Il netto calo del numero di richieste a maggio, tuttavia, indica che la situazione, almeno per le nuove domande, si sta stabilizzando.

E il numero di persone che lavorano a orario ridotto? L'ingorgo dovuto al numero insolitamente elevato di richieste nei mesi di marzo e aprile aveva indotto la BA a stimare in 10,1 milioni il numero di persone in cassa integrazione a marzo e aprile (cfr. il comunicato stampa della BA del 30 aprile). Nel frattempo l'esame delle domande è progredito e per entrambi i mesi il risultato è stato di crica 10,6 milioni di persone (2,6 milioni a marzo e 8,0 milioni ad aprile). A maggio, il numero dei (nuovi) lavoratori a tempo ridotto viene stimato in via provvisoria in 1,06 milioni di persone (cfr. figura 4).


Dei circa 2,6 milioni di persone indicate come lavoratori a orario ridotto per il mese di marzo, la BA ha calcolato un numero effettivo di lavoratori a orario ridotto di circa 2,0 milioni. E' il 77%. Applicando lo stesso tasso alle persone registrate, nel solo mese di aprile si otterrebbe un numero di lavoratori a tempo parziale (cassintegrati) di oltre 6 milioni. Insieme al numero accumulato a marzo, che probabilmente ad aprile non si è ridotto, si arriva ad una stima del numero totale di lavoratori in cassa integrazione (Kurzarbeit) di circa 8 milioni.

L'Istituto Ifo stima in 7,3 milioni il numero di persone effettivamente in cassa integrazione nel mese di maggio. Se si ipotizza che a giugno grazie all'allentamento delle misure anti-coronavirus la situazione migliorerà, considerando un calcolo a campione ottimistico, si può ipotizzare che il numero di lavoratori ancora a tempo parziale a fine giugno sia la metà di quello di maggio, ovvero 3,65 milioni. Ne risulterebbe una media di circa 6,3 milioni di lavoratori a tempo parziale nel secondo trimestre.

Anche ipotizzando che il numero di nuovi lavoratori a tempo parziale nel mese di giugno sia pari a zero, ciò comporterebbe comunque una media di oltre 5 milioni di lavoratori a tempo parziale nel secondo trimestre. Anche in questa stima estremamente positiva, per non dire irrealistica, siamo ancora molto lontani dai 2,4 milioni ipotizzati nella diagnosi congiunta degli istituti di ricerca economica. Naturalmente, è ancora completamente aperta la questione del numero di ore lavorate in meno che sono o saranno effettivamente svolte.

E' ovvio tuttavia che la dimensione del crollo economico che sta dietro queste cifre supera di gran lunga la crisi finanziaria. La previsione comune stimava un calo di quasi il 10 % rispetto al primo trimestre. Se ciò fosse coerente con il numero di lavoratori a tempo parziale stimato, una visione realistica della cassa integrazione dovrebbe presupporre che il calo è di almeno il doppio.

In questo contesto, nel 2020 il prodotto interno lordo si ridurrà molto più di quanto previsto, numero del resto ancora in fase di discussione. Nel frattempo, il Consiglio dei saggi economici è già passato ad una stima di - 6,5% del PIL, dopo aver indicato un - 2,8% nel suo rapporto speciale di marzo (scenario più probabile), e anche nello scenario più pessimistico era rimasto ben al di sopra della cifra considerata probabile oggi.

È estremamente importante avere un quadro ragionevolmente realistico della situazione attuale e della situazione prevista nell'immediato futuro, per poter consigliare in modo ragionevole i responsabili politici sulla natura e la portata delle misure di sostegno. Finora i  pronosticatori di professione non sono ancora riusciti a farlo. E questo è uno dei motivi per cui la politica è sempre rimasta indietro, invece di fare con slancio un passo in avanti.

Le conseguenze politiche della sottovalutazione

Nel frattempo, il governo federale ha presentato un "pacchetto di stimolo per l'economia", la cui entità (130 miliardi di euro) viene generalmente considerata come significativa e sufficiente. C'è il rischio tuttavia che si ripeta il solito modello dei politici costretti a rincorrere gli eventi, dopo aver sottovalutato in una prima fase l'entità del crollo economico. La coalizione di governo ha adottato un gran numero di misure economiche, e non è affatto chiaro come e quando entreranno in vigore. L'unica misura di ampia portata sembra essere la riduzione di tre punti e per sei mesi dell'IVA .

Ma anche questa misura dal punto di vista quantitativo resta poco impressionante, almeno se si considera quanto sia ampia l'entità della riduzione della domanda da parte delle famiglie. Se il tasso medio di risparmio delle famiglie aumenta di un punto percentuale passando dall'11% al 12% (nel 1° trimestre 2020 il tasso è salito al 12,4% rispetto all'11,1% del 4° trimestre 2019), ci saranno circa 10 miliardi di euro in meno per semestre in termini di consumi (il reddito disponibile totale delle famiglie nel 2019 è stato di 2.400 miliardi di euro, vale a dire 1.200 miliardi di euro per semestre, un aumento del risparmio di un punto percentuale equivale a 12 miliardi di euro in più).

La perdita di reddito dovuta alla cassa integrazione e alla disoccupazione ammonterà a circa 5 miliardi di euro nel 2° trimestre 2020 (tenendo conto dell'indennità per la cassa integrazione). La retribuzione netta media per dipendente nel 2019 era pari a 24.951 euro. Supponendo che le persone colpite da misure di lavoro ad orario ridotto e dalla disoccupazione tendano a guadagnare di meno (solo 20.000 euro di salario netto all'anno) e che si lavori solo per il 50% del tempo (perdita di ore lavorative a causa della cassa integrazione), queste famiglie avranno perso circa 2.500 euro netti, senza calcolare l'indennità di cassa integrazione. Se circa il 70% delle perdite è compensato dall'indennità per il Kurzarbeit (60% per i dipendenti senza figli, 67% per i dipendenti con figli; piu' aumenti parziali tramite i contratti collettivi), rimane una perdita di reddito pro-capite di circa 750 euro netti nei tre mesi del 2° trimestre.

Con circa 6,5 milioni di persone colpite (numero di cassintegrati nel 2° trimestre + 0,5 milioni di disoccupati in più), si dovrebbe tradurre in una perdita di reddito nel 2° trimestre di quasi 5 miliardi di euro. Se con un certo ottimismo ipotizzassimo che le perdite di reddito dovute al lavoro a orario ridotto e alla disoccupazione nel terzo e nel quarto trimestre saranno la metà di quelle del secondo trimestre (in parte perché le misure di chiusura sono state revocate, in parte perché l'indennità per il lavoro a orario ridotto è stata aumentata all'80-87%), ci saranno in totale altri 5 miliardi di euro di perdite reddituali. Ciò si traduce quindi in circa 10 miliardi di euro in meno di reddito disponibile e altri 10 miliardi di euro dovuti ad ulteriore probabile risparmio.

Il governo stima che lo sgravio per le famiglie derivante dalla riduzione dell'IVA sarà di circa 20 miliardi di euro, se il taglio dell'IVA dovesse essere trasferito integralmente ai consumatori. Ciò significa che lo sgravio dovuto alla riduzione dell'IVA, nella migliore delle ipotesi (cioè in un quadro molto ottimistico), compenserebbe il calo dei consumi privati da noi stimato. E' prevedibile inoltre che l'effetto positivo di questa misura nell'ultimo semestre di quest'anno, possa portare invece, già nel primo semestre del 2021, ad una nuova incertezza dovuta ad un calo dei consumi (dopo gli effetti di traino per il 2020, e dovuti ad un ritorno dell'IVA alla vecchia aliquota a partire dal 2021).

Anche il calo della domanda da investimenti sta chiaramente avendo un impatto negativo sullo sviluppo dell'economia. È improbabile che ciò possa essere compensato dalle misure annunciate, dato che l'utilizzo della capacità aziendale è catastroficamente basso. Come già rilevato all'inizio, inoltre, la domanda proveniente dall'estero, molto importante per la Germania, sta crollando senza alcuna possibilità di un rilancio nell'immediato. Il calo dell'80 % del saldo della bilancia commerciale con l'estero ad aprile, rispetto allo stesso mese dell'anno scorso, non potrà essere attenuato in modo significativo nemmeno da un calo del turismo all'estero dei tedeschi: Il saldo di conto corrente nel mese di aprile, infatti, è diminuito di quasi due terzi rispetto all'anno precedente.

L'enorme surplus di domanda proveniente dall'estero, di cui i tedeschi da molti anni ormai hanno "bisogno" per smaltire la loro produzione - nel 2019 ha superato il 7 % del PIL - e per mantenere a galla il loro modello economico fondato sul dumping salariale, si manifesterà in misura estremamente negativa durante tutta la durata della crisi causata dal coronavirus. La distorsione strutturale verso l'export delle nostre attività produttive nel breve periodo non potrà essere corretta senza molte difficoltà. I lavoratori dei settori interessati, come ad esempio l'industria automobilistica, dovranno pagarne il prezzo con la perdita del loro posto di lavoro o i tagli salariali. L'indennità di cassa integrazione probabilmente è solo l'inizio.

E questo fenomeno ancora una volta é abbastanza simile alla precedente crisi finanziaria: per anni, il dumping salariale è stato utilizzato per costruire e promuovere una struttura insostenibile nel lungo periodo. Nel breve e medio periodo, infatti, i lavoratori dipendenti e i loro salari vengono privati della loro legittima quota di aumento in termini di produttività. I profitti derivanti dalle eccedenze nel commercio con l'estero vengono trattenuti dai datori di lavoro e distribuiti agli azionisti. Se questo modello dovesse crollare, lo Stato dovrebbe intervenire prima con l'indennità di Kurzarbeit, poi con l'indennità di disoccupazione e infine con la sicurezza sociale di base (Hartz IV). Questo non solo sarebbe iniquio, ma soprattutto avrebbe potuto essere evitato se il governo avesse affrontato in anticipo e senza pregiudizi gli aspetti negativi legati al ruolo di campione mondiale dell'avanzo commerciale con l'estero.

Nel complesso, il cosiddetto pacchetto di stimoli economici avrà molti effetti, ma la maggior parte di essi arriverà troppo tardi o comunque non sarà in grado di rilanciare l'economia. Effetti che sono attesi fra tre anni, oggi possono essere tranquillamente ignorati, se l'obiettivo è quello di stabilizzare le aspettative. Anche le misure di sgravio che impediscono possibili oneri aggiuntivi, non avranno alcun effetto positivo diretto sullo sviluppo economico.

Sarebbe stato molto piu' coraggioso se il governo, ad esempio, avesse deciso di abbassare permanentemente l'IVA, aumentare in modo significativo il salario minimo e portare le indennità Hartz IV a un livello doppio rispetto a oggi. Inoltre, dato il rischio di un drastico aumento della disoccupazione, che questa volta in realtà non è dovuto ad un "comportamento errato" da parte dei lavoratori, il sostegno alle indennità di disoccupazione avrebbe dovuto essere regolato in modo molto più generoso aumentando le indennità e prolungando il periodo delle prestazioni.


venerdì 22 maggio 2020

Perché i minijob sono un fallimento e perché dovrebbero essere aboliti

Ci avevano spiegato che i minijob alla tedesca erano una buona soluzione e che bisognava importarli anche in Italia. Ma con l'arrivo della crisi i minijob si sono mostrati per quello che sono: una forma di dumping salariale, non troppo diversa dalla legalizzazione del lavoro nero. Ne scrive David Gutensohn su Zeit.de





Prima della crisi, piu' di sette milioni di persone in Germania avevano un minijob, un cosiddetto "lavoro marginale". Marginale (Geringfügig) per il Duden è sinonimo di insignificante, irrilevante o esiguo. E proprio i lavori irrilevanti, apparentemente sono stati fra i primi ad essere colpiti dalla crisi da Coronavirus. Solo a marzo, infatti, sono stati licenziati 224.000 minijobber. Il periodo di preavviso di sei settimane, che si applica anche ai minijob, in molti casi è stato ignorato. La minijob-Zentrale parla di un "declino significativo" e  tra qualche settimana prevede anche una seconda ondata di licenziamenti. I minijob non sono a prova di crisi. È giunto il momento di liberarsene.

Chi ha un monijob guadagna fino a 450 euro mensili senza doverci pagare le tasse sopra. Non ci sono costi per l'assicurazione sanitaria, per quella contro l'invalidità o la disoccupazione. E il pagamento dei contributi pensionistici è solo su base volontaria. Per i dipendenti c'è un vantaggio decisivo: i salari lordi spesso corrispondono ai guadagni netti. Originariamente i minijob -  riformati in maniera sostanziale dal governo Schröder nel 2003 - erano stati pensati per contenere il lavoro nero nelle famiglie e nelle abitazioni private, ad esempio per le pulizie o le lezioni private.

4,4 milioni di persone dipendono dai minijob

Oggi, tuttavia, la maggior parte dei minijobber in Germania non lavora nelle abitazioni private, ma negli hotel, nelle fabbriche e nell'assistenza sanitaria. Per molti di loro il lavoro da 450 euro al mese non è affatto un piccolo reddito extra di cui facilmente possono fare a meno. 4,4 milioni di tedeschi, infatti, dipendono esclusivamente dalle entrate dei minijob, e non hanno nessun altro lavoro oltre a questo. Fra questi ci sono molti studenti, genitori single e pensionati.

Durante la crisi, tuttavia, il grande vantaggio dei minijob si è trasformato in uno svantaggio: perché i minijobber non pagano alcun contributo sociale, non hanno diritto a prestazioni sociali, né ai sussidi di disoccupazione, né alla cassa integrazione. Se perdono il lavoro, come sta accadendo a centinaia di migliaia di persone, hanno solo la sicurezza di base (Hartz IV). E la crisi attuale mostra anche che per i datori di lavoro alla fine il minijob non è redditizio: non è un caso che siano proprio questi lavoratori i primi ad essere stati scaricati. Contrariamente alla credenza popolare, il minijob per i datori di lavoro non è affatto più economico rispetto ai normali rapporti di lavoro. Per un normale dipendente, infatti, il datore di lavoro deve pagare circa il 20% in termini di tasse e imposte, per i minijob piu' del  30% sotto forma di tassa forfettaria. E questo anche se il minijobber non ha diritto alle prestazioni previste dalle assicurazioni sociali.

Le posizioni a tempo pieno sono state sostituite con dei minijob

Allo stesso tempo, un certo numero di datori di lavoro ha saputo sfruttare questo costrutto. Le imprese, alla ricerca di flessibilità, hanno sostituito le loro posizioni a tempo pieno con piu' minijob, sostiene il ricercatore in scienze sociali Stefan Sell della Hochschule Koblenz. Anche l'Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung afferma che molti minijob alla fine sono serviti solo per sostituire dei dipendenti a tempo pieno. Per questa ragione i minijob  da molto tempo ormai sono diventati il bersaglio di molte critiche. Invece di creare lavori più sicuri, ci sono sempre più minijob sottopagati. Invece di una cassiera a tempo pieno, in molti luoghi di lavoro hanno messo tre mini-jobber. Invece di assumere in maniera corretta i camerieri, i ristoranti preferiscono assumere tre studenti non sindacalizzati, che non fondano un Betriebsrat e non chiedono aumenti salariali.

In tempi di crisi, i datori di lavoro utilizzano questa flessibilità per poter ridurre il personale piu' rapidamente. E questa è una minaccia esistenziale, soprattutto per quelle persone per le quali il mini-job non rappresenta solo un piccolo extra-reddito.

Non ci sono aumenti salariali

E i minijob hanno anche un altro svantaggio: se in qualche settore aumentano i salari, i minijobber devono comunque restare al di sotto dei 450 euro mensili. Questo può essere fatto solo riducendo l'orario di lavoro. Per questo motivo, ad esempio, un certo numero di imprese di pulizia all'inizio di quest'anno hanno chiesto che i minijob venissero aboliti. Dal 1 ° gennaio, infatti, i salari per il personale addetto alle pulizie sono aumentati. Ma poiché nessuno può guadagnare più di 450 euro con un minijob, oltre 100.000 addetti alle pulizie hanno dovuto ridurre l'orario di lavoro. Se fosse stato solo il loro stipendio a crescere, avrebbero superato i 450 euro e sarebbero stati assoggettati a dei contributi previdenziali. Ma a causa di tasse e imposte non sarebbe rimasto quasi nulla di quell'aumento salariale. Anche per questo motivo, molti dipendenti del settore della ristorazione, dopo l'aumento del salario minimo hanno dovuto ridurre l'orario di lavoro.

Il succo della questione è che i minjobs possono essere usati per evitare gli aumenti salariali. Sostituiscono i lavori regolari e in tempi di crisi rappresentano un onere per i datori di lavoro. È arrivato il momento di rinunciare a questo modello di lavoro. Esperti come Enzo Weber  dell'Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung e i Verdi, ad esempio, suggeriscono di sostituire i minijob con dei lavori soggetti a dei contributi previdenziali. E questa è anche l'unica strada giusta.

Il lavoro dovrebbe prevenire la povertà in vecchiaia

Affinché le persone in futuro possano avere una maggiore protezione dai rischi, è necessario che i lavoratori versino dei fondi nelle casse della previdenza sociale in modo da maturare un diritto a delle prestazioni future. Sono necessari dei posti di lavoro in grado di prevenire la povertà in vecchiaia, perché con questi impieghi sarà possibile riempire le casse della previdenza sociale. E c'è bisogno anche di un altro modo di guadagnare un secondo reddito aggiuntivo, che sia anche esente da imposte e quindi attraente per i pensionati, gli studenti e i genitori single.

Per fare si' che ciò sia possibile, ogni ora lavorata dovrà essere coperta dalle assicurazioni sociali. Allo stesso tempo, lo stato dovrà sovvenzionare chi guadagna poco rinunciando a tassare queste persone, come fa ad esempio per i cosiddetti midijobs. Dal 2019 infatti è possibile guadagnare tra i 450 e 1.300 euro lordi al mese, con una bassa tassazione e con pochi contributi sociali, che però crescono all'aumentare dello stipendio. Contrariamente ai mini-jobs, questi posti di lavoro sono a prova di crisi: le aziende possono fare domanda per la cassa integrazione invece di licenziare i lavoratori. Alla fine tutti ne traggono un beneficio.



domenica 10 maggio 2020

Miliardi di euro per Thissen, Lufthansa e Adidas, per i lavoratori autonomi solo Hartz IV

Mentre i grandi gruppi del Dax sono stati immediatamente attaccati alla flebo della liquidità governativa, per i piccoli lavoratori autonomi colpiti dalla crisi non resta altro che richiedere Hartz IV, in attesa di tempi migliori. Un articolo molto interessante da Cives.de




Sei settimane dopo l'avvio del pacchetto di aiuti federali per l'emergenza Coronavirus, la Kreditanstalt für Wiederaufbau ha presentato i primi risultati. Importanti beneficiari come Adidas e Puma, Media-Markt e Saturn, Sixt e TUI sono stati attaccati alla flebo della liquidità del governo. Solo 375.000 aziende, tuttavia, possono presentare una domanda per ricevere i 600 miliardi di euro messi a disposizione dal governo. Una parte sostanziale degli oltre 3,1 milioni di aziende con meno di dieci dipendenti, imprese individuali, liberi professionisti e lavoratori autonomi pagherà con la propria scomparsa il blocco dell'economia, rivenduto da questo governo federale come "senza alternativa".

Primo bilancio di successo per gli aiuti federali nell'emergenza Coronavirus

Sei settimane dopo l'inizio del programma di "aiuti Corona", il nome suona bene, arriva il primo bilancio record della banca federale per lo sviluppo (KfW): nel suo comunicato stampa del 30 aprile 2020, la KfW annuncia infatti un "buon inizio per il nuovo anno di sostegno all'economia della KfW". Per il piano di "supporto di liquidità alle aziende di tutte le dimensioni che hanno avuto difficoltà finanziarie a causa del coronavirus" partito il 25.3, la KfW ha ricevuto quasi 26.000 domande. Quasi il 99% di queste domande è stato accettato, per un volume totale di 33,1 miliardi di euro.

Fra gli importanti beneficiari che il governo federale ha attaccato alla flebo della liquidità ci sono:

- Il secondo produttore mondiale di articoli sportivi Adidas (anche Reebok fa parte del gruppo) ha ricevuto un totale di 3 miliardi di euro: di questi, 2,4 miliardi di euro provengono direttamente dalla KfW, altri 600 milioni sono forniti da un consorzio bancario.

- 900 milioni sono andati al fratello minore Puma: “… Per poter coprire i costi fissi e gli stipendi, Puma si è assicurata ulteriori prestiti per 900 milioni di euro. Oltre ai 625 milioni di euro erogati dalla banca pubblica per lo sviluppo statale KfW, il resto del finanziamento proviene da un consorzio di altre undici banche". Riferisce Handelsblatt il 7 maggio 2020

- 1,7 miliardi di euro sono andati a Ceconomy, meglio conosciuta come la madre delle catene di elettronica Media-Markt e Saturn. La società è in sofferenza fin dai tempi dello spin-off della divisione alimentare Metro avvenuto tre anni fa. KfW ha anche contribuito con 1,7 miliardi di euro a un prestito erogato dal sindacato.

- Thyssenkrupp ha ricevuto 1 miliardo di euro dalla KfW. Il gruppo di Essen, in difficoltà finanziarie, come molte altre società, soffre infatti per le conseguenze della crisi causata dal Coronavirus. Handelsblatt aveva riferito che a causa del blocco degli impianti nell'industria automobilistica, sono andati perduti degli introiti considerevoli. A fine marzo, quindi, Thyssenkrupp aveva già rivisto le sue previsioni per l'esercizio in corso. Migliaia di dipendenti lavorano con orario ridotto o sono in cassa integrazione. Con i prestiti della KfW, la società vuole coprire il tempo necessario fino al completamento della vendita della divisione ascensori.

- Lufthansa attualmente sta negoziando con il governo federale oltre 9 miliardi di euro, questo "pacchetto di stabilizzazione" dovrà essere finanziato dal Fondo di stabilizzazione economica (WSF), che (insieme agli aiuti della KFW) rappresenta un altro "ombrello di salvataggio" del governo federale per le società molto grandi con un volume complessivo di 600 miliardi di euro. Il WSF è stato progettato per "garantire la liquidità e la solvibilità delle aziende sane e competitive prima della pandemia". Le negoziazioni al momento non sono ancora complete, tuttavia, secondo le voci, si discute ancora il livello di partecipazione statale e il diritto del governo federale di avere voce in capitolo.

- la più grande azienda europea del settore turistico, TUI AG, riceverà 1,8 miliardi di euro come prestito ponte da parte della KfW. Grazie ai fondi della banca pubblica per lo sviluppo, la linea di credito esistente di TUI sarà aumentata per un importo di 1,75 miliardi di euro. Il prestito ponte della KfW è soggetto all'approvazione delle banche ... TUI aveva deciso di richiedere un prestito ponte alla KfW al fine di attutire gli effetti della pandemia di COVID-19, almeno fino a quando non sarà possibile riprendere le normali attività commerciali 

- 1,5 miliardi di euro per la società di autonoleggio Sixt: secondo quanto riportato da Sixt stessa, la società avrebbe ricevuto un prestito di 1,5 miliardi di euro dalla banca pubblica KfW e da quattro banche commerciali. Sixt ha bisogno dei soldi per finanziare la sua flotta di veicoli. La società a gestione familiare è senza un rating e sul mercato dei capitali non avrebbe alcun merito creditizio, ha ammesso il CEO Erich Sixt.


Aiuti del governo federale per fronteggiare il Coronavirus

Il governo federale si è impegnato con due grandi pacchetti - definiti "pacchetti di salvataggio":


Il Wirtschaftsstabilisierungsfonds (WSF)

Questo pacchetto è riservato alle società molto grandi. Vale a dire

- con un attivo totale di oltre 43 milioni di euro

- o più di 50 milioni di euro di fatturato

- o più di 249 dipendenti su una media annuale

Ci sono meno di 16.000 di queste aziende in Germania, che impiegano circa la metà dei dipendenti soggetti a contributi previdenziali.


"Strumenti" del Fondo per la stabilizzazione economica (WSF)

- "quadro di garanzie" da 400 miliardi di euro da parte del governo federale, con lo scopo di aiutare le aziende a rifinanziarsi sul mercato dei capitali (colmare la carenza di liquidità)

- 100 miliardi di euro come autorizzazione al credito (per chi?) per ricapitalizzare le aziende

- ulteriori 100 miliardi di euro per rifinanziare i programmi straordinari contro il Coronavirus della Kreditanstalt für Wiederaufbau



Programmi speciali della KfW contro le conseguenze del Coronavirus


Consorzio per il finanziamento della KfW

Per le medie e le grandi aziende, la KfW offre la partecipazione diretta ad un sindacato di finanziamento composto da diverse banche: la KfW si assume fino all'80% del rischio, ma non oltre il 50% del debito totale o il 30% delle attività totali del gruppo. La quota di rischio della KfW ammonta ad almeno 25 milioni di euro ed è limitata al 25% del fatturato annuo del 2019 o al doppio dei costi salariali del 2019 oppure delle necessità di finanziamento per i prossimi 12 mesi.


Prestito imprenditoriale della KfW oppure prestito ERP per le aziende

Questo programma è sostanzialmente aperto a piccole (10 o più dipendenti), medie e grandi imprese per fare degli acquisti (investimenti) e coprire i costi di gestione (risorse operative) fino a 1 miliardo di euro. L'importo massimo del prestito è limitato al 25% del fatturato annuo del 2019 oppure al doppio dei costi salariali del 2019, oppure alle attuali necessità di finanziamento per i prossimi 18 mesi per le piccole e medie imprese oppure 12 mesi per le grandi aziende, o il 50% del debito totale o il 30% del totale del bilancio di gruppo, per i prestiti superiori ai 25 milioni di EUR.

La KfW si assume la garanzia sul prestito fino all'80% per le grandi aziende e fino al 90% per le piccole e medie imprese.


Prestito rapido della KfW 2020

Questo strumento è disponibile per le aziende con 10 o più dipendenti, anche per acquisti (investimenti) e costi di gestione (mezzi operativi). Il prestito è garantito al 100% da una garanzia federale. I parametri principali sono:

- Prestito di sostegno per acquisti e costi di gestione

- Per le aziende con più di 10 dipendenti, presenti sul mercato almeno da gennaio 2019

- Assunzione del rischio al 100% da parte della KfW

- Nessuna valutazione del rischio da parte della banca (vedi i commenti di un addetto bancario, di seguito)

- Importo massimo del prestito: fino al 25% del fatturato annuo del 2019 per ogni gruppo di società

- Un massimo di 500.000 euro per ogni gruppo aziendale con più di 10 dipendenti fino a 50 dipendenti inclusi nell'azienda richiedente

- Un massimo di 800.000 euro per ogni gruppo aziendale con più di 50 dipendenti presso la società richiedente.

- Fino a 10 anni per il rimborso, primi 2 anni senza rimborso

Prerequisito: la società richiedente deve aver realizzato in media un profitto dal 2017 al 2019, oppure nel 2019.


600 miliardi di euro di fondi federali per un massimo di 375.000 aziende, quasi dieci volte di più, invece, rimangono sotto la pioggia ad aspettare senza un "ombrello di salvataggio"

Secondo il suo comunicato stampa del 30 aprile, dal 25 marzo 2020, la KfW ha ricevuto 25.500 domande riguardanti il programma di aiuto contro il Coronavirus, di cui quasi il 99% ha ricevuto un esito positivo per un volume complessivo di 33,1 miliardi di euro. Questo 99% sembra un dato molto alto.


Cosa dice un insider bancario al riguardo:

Questo numero per me è diventato più plausibile dopo aver parlato con un amico che fa parte del gruppo dirigente di una cassa di risparmio regionale. Ha riferito che il suo istituto aveva ricevuto ad inizio aprile più di 350 domande di prestiti "contro il Coronavirus". Rimane da chiedersi da dove dovrebbe provenire l'esercito di impiegati necessario per elaborare le domande per queste applicazioni in maniera tempestiva. I circa 22 tirocinanti dell'ultimo anno di formazione? I venti dipendenti scarsi con i quali l'ufficio per l'analisi del credito è stato dotato fino a quel momento, non sono in alcun modo sufficienti. 

Inoltre a ciò si aggiunge che sono stati proprio il Ministero federale delle finanze e l'Autorità federale di vigilanza finanziaria (Bafin) a rafforzare le linee guida per i prestiti (alle aziende). La formulazione nel prospetto della KfW (per ottenere il prestito rapido dellaKfW) "nessuna valutazione del rischio da parte della banca" è semplicemente ridicola. Perché secondo la legge bancaria tedesca (in particolare paragrafo 18 e 18a), le banche sono legalmente obbligate a controllare accuratamente le richieste di prestito e a tenersi informate sullo stato economico del mutuatario anche dopo la concessione di un prestito.


Riflessioni in merito

- In Germania operano circa 3,5 milioni di aziende. Circa 375.000 aziende appartengono alla categoria delle piccole, medie e grandi aziende che possono chiedere l'aiuto della KfW. Finora solo il 6,8% di queste società ammissibili ha presentato una domanda alla KfW, vale a un'azienda su 15.

- 14 aziende su 15 aziende in questa categoria non hanno alcuna possibilità di ottenere un prestito. Oppure la richiesta è bloccata in una gigantesca ondata arrivata alle circa 1.800 banche della Repubblica federale.

- scoprirarnno che tutti i programmi speciali della KfW contro il Coronavirus sono rivolti alle categorie delle piccole, medie e grandi imprese. Queste categorie sono definite - rigorosamente - solo se ci sono più di dieci dipendenti.

Misurate in questo modo:

- circa 294.000 piccole imprese hanno fra i 10 e i 49 dipendenti

- circa 64.000 medie imprese hanno fra i 50 e i 249 dipendenti e

- circa 15.000 aziende danno lavoro a 250 o più persone

Piu' di 3,1 milioni di aziende, tuttavia, tra cui le piccolissime imprese con meno di dieci dipendenti e un gran numero di ditte individuali, lavoratori autonomi e liberi professionisti, non appartengono a queste categorie di società. Tutte le decine di migliaia di artisti non sono coperti dal finanziamento federale. Gli aiuti di emergenza dei Laender sono limitati a poche migliaia di euro e non sono in alcun modo sufficienti per garantire l'esistenza dell'impresa. Chiedere a queste persone colpite di rivolgersi alla "sicurezza di base", ad HartzIV, rappresenta il massimo del cinismo.

Ancora una volta la presunta politica senza "alternativa" della Cancelliera Merkel e le "misure di blocco" con cui il governo federale inizialmente ha cercato di salvare la sua faccia di fronte a un completo fallimento nella valutazione del rischio e nella preparazione dall'epidemia, spingono l'esistenza di milioni di lavoratori autonomi e piccole imprese verso il disastro. Mentre il Ministro della Sanità Spahn non ha niente di meglio da fare che lanciare ogni giorno una nuova idea sulle app per la tracciabilità e sugli obblighi di segnalazione da parte dei medici, delle persone infette e delle persone sane... 

domenica 3 maggio 2020

Quintuplicate le nuove domande di Hartz IV

Sono soprattutto i cassintegrati provenienti dai settori a basso salario e i lavoratori autonomi senza dipendenti che in queste prime settimane di crisi economica stanno facendo domanda per ottenere l'aiuto di Hartz IV, alimentando un vero e proprio boom di domande. E nelle prossime settimane la situazione è destinata a peggiorare, anche nella "ricca" Monaco di Baviera. Ne scrive la Süddeutsche Zeitung


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Al Job Center di Monaco gli effetti della crisi causata dal Coronavirus sono già ben visibili: nelle ultime quattro settimane, infatti, il numero delle nuove domande per avere accesso ai sussidi Hartz IV è quintuplicato rispetto alla media dei mesi precedenti, salendo fino a circa 4.700 richieste. Particolarmente colpiti dalla crisi sono soprattutto i freelance, i lavoratori autonomi senza dipendenti e i cassintegrati nei settori a basso salario, e molti di loro probabilmente nei prossimi mesi dovranno chiedere l'aiuto di Hartz IV. 

Il direttore del centro per l'impiego di Monaco, Anette Farrenkopf, ritiene che i numeri continueranno a salire molto rapidamente. La città di Monaco sarebbe particolarmente colpita a causa della sua variegata scena artistica e culturale, che soffre per la cancellazione degli eventi, e a causa dell'alta percentuale di dipendenti nel settore dei servizi. Per il settore alberghiero e della ristorazione, ad esempio, le prospettive sembrano alquanto desolate a causa delle attività commerciali chiuse e della mancanza di turisti.

All'inizio dell'anno, tuttavia, le cose stavano andando molto bene: il Jobcenter aveva registrato un calo del numero di persone in cerca di lavoro. Il numero delle famiglie percettrici di un sussidio Hartz IV era sceso di circa il 7% passando a 36.000, per un totale di 70.000 persone. Ma da quando sono state applicate le restrizioni di movimento e l'economia si è fermata, il numero è aumentato in maniera significativa. "Siamo lieti che il pacchetto sociale del governo federale adottato a fine di marzo ci consenta di garantire un livello di sicurezza di base a condizioni facilitate per tutti quei cittadini che stanno perdendo una parte del loro reddito oppure non hanno piu' i mezzi di sostentamento economico", sottolinea Farrenkopf. "Non è previsto un controllo sui risparmi, in modo che le persone non debbano mettere mano alle loro riserve di emergenza". Il limite per una persona è di 60.000 euro di risparmi per i beni immediatamente utilizzabili, e di 30.000 euro per ogni altro membro della famiglia.

In questo periodo di crisi, diversamente dal solito, nei primi sei mesi di ricezione delle prestazioni viene riconosciuto l'intero ammontare delle spese di abitazione e di riscaldamento. Il processo di richiesta è stato reso più semplice e di conseguenza più breve. Anche per le persone che percepivano Hartz IV prima della crisi, l'approvazione ora avviene automaticamente. (...)

Non ci sono previsioni affidabili sugli sviluppi possibili. Le restrizioni nella vita pubblica, tuttavia, si ripercuoteranno con un certo ritardo sul lavoro del Jobcenter. Il direttore del Jobcenter, infatti, prevede un ulteriore aumento delle domande a partire da maggio. Perché molti di coloro che in aprile hanno ricevuto solo un'indennità di cassa integrazione, come i parrucchieri e i dipendenti nel settore della ristorazione, dopo il primo pagamento probabilmente scopriranno che hanno bisogno di ulteriori sussidi Hartz IV, perché altrimenti i soldi per vivere non bastano. Già ora circa un quarto delle nuove domande per la sicurezza di base supplementare provengono da lavoratori già in cassa integrazione (Kurzarbeit). Gli sviluppi ulteriori sono difficili da prevedere, anche perché in futuro le indennità di cassa integrazione saranno aumentate. D'altro canto è probabile che il numero dei beneficiari di un sussidio di disoccupazione che necessitano anche della sicurezza di base sia destinato a crescere, visto che molti di questi lavoravano in un settore a basso salario.

Particolarmente colpiti sono i cosiddetti lavoratori autonomi senza dipendenti (Solo-Selbstständig). Ad esempio, tassisti, insegnanti di musica con clienti privati, artisti, grafici, designer, allenatori, istruttori di fitness, docenti e liberi professionisti. Il Jobcenter consiglia di richiedere gli aiuti in tempo utile e di non aspettare troppo a lungo solo per falso orgoglio. E' sempre piu' evidente, ad esempio, che molti lavoratori autonomi stanno facendo affidamento sugli aiuti di emergenza garantiti dalla Baviera, ma che questi soldi non sono affatto sufficienti per garantire il sostentamento di chi ne fa richiesta, e al massimo coprono solo i costi operativi delle loro società.

Nonostante la difficile situazione, il centro per l'impiego cerca di continuare con la normale intermediazione di lavoro per i disoccupati. Ci sono offerte di lavoro principalmente nella vendita al dettaglio di generi alimentari e nella logistica, anche l'agricoltura è alla ricerca di lavoratori, ma questa a Monaco non ha un ruolo così importante. C'è anche bisogno di personale nell'assistenza ai malati e agli anziani e nelle ferrovie, afferma Farrenkopf. Quando le restrizioni sulla vita pubblica verranno meno, il centro per l'impiego intende continuare ad offrire la formazione professionale, al momento fortemente limitata: "Due terzi dei nostri utenti non sono qualificati o non hanno qualifiche professionali". Nel frattempo, non resta che rimanere in contatto telefonicamente, senza lasciare le persone sole.

Nonostante tutti gli oneri, la motivazione resta alta, e riflette la coesione che a Monaco si può vedere ovunque: "Tutti danno una mano affinché le persone ricevano il denaro che è urgentemente necessario". Farrenkopf sottolinea che tanto piu' rapidamente vengono compilate le domande, tanto più velocemente saranno pagati gli aiuti; il tempo medio di elaborazione è di otto giorni.


sabato 2 maggio 2020

Liberi professionisti e freelance verso Hartz IV

Anche in Germania i fondi per gli aiuti immediati ai Freelance e ai lavoratori autonomi messi a disposizione dal governo federale e dai Laender non bastano, e allora per molti autonomi l'unica strada percorribile è quella di richiedere un sussidio Hartz IV. Ne scrive Die Zeit


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Karen Huber da metà marzo la notte non riesce piu' a dormire. Anche se allo stesso tempo sa bene come si gestice lo sconforto interiore: la giovane laureata in economia, infatti, lavora nella formazione per adulti ad Amburgo, dove tiene dei corsi sul tema della consapevolezza e la gestione dello stress e offre consulenza psicologica e coaching. "Lavoro con gruppi, ci scambiamo idee e facciamo esercizi insieme", dice. In tempi di coronavirus, durante i quali le persone devono mantenere le distanze, gli incontri di gruppo tuttavia non sono piu' richiesti.

Dallo scoppio del coronavirus in Germania, infatti, tutti i suoi corsi sono stati cancellati. Huber è una lavoratorice autonoma, ed improvvisamente si è trovata da un giorno all'altro senza nulla. I corsi digitali non possono sostituire questo tipo di scambio di gruppo, dice, perché il lavoro è troppo personale per essere svolto in questo modo. "In giro si legge molto sui lavoratori autonomi della cultura che ora sono costretti a chiedere aiuto, ma anche per quelli degli altri settori le cose si mettono male".

Insegnanti di yoga, tuttofare, grafici, interpreti, agricoltori e insegnanti di musica - ci sono circa quattro milioni di lavoratori autonomi in Germania, circa la metà dei quali sono "Solo-Selbstständige", vale a dire non hanno dipendenti. Il governo federale ha erogato a piccoli e microimprenditori aiuti per un totale di 50 miliardi di euro, che possono essere richiesti per coprire un periodo di 3 mesi. I lavoratori autonomi con un massimo di cinque dipendenti ricevono un contributo una tantum di 9.000 euro, mentre chi ha un massimo di dieci dipendenti 15.000 euro. Esistono anche opzioni per il differimento fiscale e i prestiti di emergenza, ad esempio da parte della banca KfW. Gli stati federali pagano anche degli aiuti di emergenza, ma quanto si può ottenere varia da regione a regione. La situazione si fa chiaramente difficile per chi era già indebitato prima della crisi. Perché in quel caso i creditori chiederanno di utilizzare immediatamente quegli aiuti di emergenza per rimborsare i loro debiti.

Karen Huber ad Amburgo ha richiesto e ottenuto un pagamento una tantum di 2.500 euro. "Ma i soldi mi bastano solo per due mesi, non coprono nemmeno i costi di gestione", afferma. Prima di allora, incassava circa 2.000 euro al mese provenienti dal suo lavoro: "Non ci facevo certo i salti, ma ci vivevo decentemente".

Voleva richiedere anche l'aiuto federale - ma la domanda è stata respinta. Quei soldi arrivano solo a chi deve coprire dei costi operativi mensili, come ad esempio l'affitto di un ufficio o un contratto di leasing per attrezzature tecniche. Il suo commercialista per questa ragione vorrebbe presentare un ricorso. "Il pagamento una tantum dei Laender è previsto per tre mesi, ma cosa succede dopo?"

Huber ritiene di essere stata lasciata sola dalla politica. "La crisi in Germania ha colpito tutti, ma non per tutti è stata di natura esistenziale, come invece lo è per noi lavoratori autonomi". Perché per lei non c'è alcuna azienda che continua a pagarle un salario, anche se solo per un breve periodo. "Credo che in Germania ci sia una grande ingiustizia". Huber ha preso in considerazione la possibilità di richiedere Hartz IV. "Ho chiesto una consulenza, ma probabilmente non ne ho diritto a causa dei miei risparmi, che includono i fondi versati nella previdenza integrativa", afferma.

La stagione sarebbe iniziata proprio ora

Martin Orgler invece ha già presentato la domanda per ottenere un sussidio Hartz IV. Anche lui ha avuto problemi a compilare la sua domanda e ora spera di non aver commesso errori che gli impediscano il pagamento rapido del sussidio. Orgler, che preferirebbe non dare il suo vero nome, a Berlino fa la guida turistica. Anche lui a marzo si è trovato improvvisamente disoccupato. Si guadagnava da vivere con i turisti stranieri, in particolare dagli Stati Uniti, ai quali offre un tour giornaliero nella Berlino storica.

A causa del Coronavirus, l'industria del turismo di Berlino, tuttavia, è completamente in ginocchio. Alcune agenzie di viaggio più piccole potrebbero non riprendersi mai a causa degli introiti persi. "La stagione sarebbe iniziata proprio in questi giorni, ma il mio programma degli appuntamenti è completamente vuoto", afferma Martin Orgler. A causa del rigido divieto di viaggio, non si riesce a vederne la fine. "Questo mese ho avuto esattamente zero euro di reddito e questa situazione probabilmente continuerà per tutta l'estate." Quello della guida turistica non è certo un lavoro che può essere svolto nell'ufficio di casa. Oltre a ciò Orgler recensiva concerti per un quotidiano di Berlino, ma anche questo lavoro si è fermato a causa della cancellazione degli eventi fino a ottobre. 

Si sentiva fortunato, era riuscito ad ottenere 5.000 euro di aiuti d'urgenza dal Senato di Berlino; questi soldi a Berlino erano stati messi a disposizione per alcuni giorni a titolo di risarcimento per la perdita del reddito, ma i 250 milioni di euro garantiti sotto forma di aiuto di si sono subito esauriti. E i soldi non dureranno a lungo neanche per lui. Orgler è stato in grado di richiedere Hartz IV solo perché qui temporaneamente si applicano regole meno rigide: fino al 30 giugno 2020, infatti, vengono accettate le domande anche con costi abitativi più elevati del solito, Orgler quindi non dovrà trasferirsi con sua moglie e suo figlio a causa del suo affitto troppo alto. I risparmi, inoltre, non saranno presi in considerazione per un periodo di sei mesi, e questo vale anche per la previdenza integrativa, così importante per i lavoratori autonomi. Chi ha messo da parte più di 60.000 euro, tuttavia, dovrà prima usare questi soldi altrimenti non riceverà gli aiuti dallo stato. "Se la crisi continua ancora a lungo, dovrò pensare di iniziare a fare qualcosa di completamente diverso", afferma il laureato in storia. Che adora il suo lavoro.

Attualmente online ci sono numerosi webinar e offerte gratuite per fare della formazione su Internet. "I lavoratori autonomi potrebbero utilizzare il tempo libero per acquisire nuove competenze", consiglia Angela Broer, amministratore delegato di HalloFreelancer, una start-up che fa parte del social network XING. La sua azienda ha appena avviato un nuovo progetto per supportare i lavoratori autonomi. I liberi professionisti potranno rilasciare alle aziende una sorta di buono per i lavori di cui avranno bisogno in futuro, il che significa: il lavoro sarà pagato in anticipo ed eseguito solo quando sarà tornata la necessità. Il prerequisito è che la società appaltatrice possa permetterselo finanziariamente, e inoltre c'è la volontà di tenere occupati i liberi professionisti. Legalmente è possibile pagare le fatture anche prima che il servizio venga prestato, afferma Broer.

Anche Karen Huber e Martin Orgler amano lavorare in proprio, se non fosse per il problema dell'incertezza finanziaria. Perché la crisi mostra che quando gli ordini spariscono, che sia a causa delle restrizioni della pandemia o a causa di un periodo troppo lungo di malattia, i lavoratori autonomi sono da soli. Karen Huber afferma di essere sfinita a causa della paura per il futuro della sua esistenza e di essere anche dimagrita senza riuscire a trovare un equilibrio, perché anche i concerti e i viaggi con gli amici sono stati eliminati.

Martin Orgler la vede in maniera un po' piu' pragmatica. "Sono abituato a vivere con pochi soldi e pochi consumi, non è un problema per me. Forse è perché sono cresciuto nella DDR". Per lui è molto peggio non poter tornare al lavoro. "Mi manca molto il mio lavoro. Non sapere se e quando potrò tornare a farlo mi sta uccidendo".

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Per molti lavoratori autonomi Hartz IV è l'unica via d'uscita

Se per il governo di Berlino non è un problema trovare 9 o 10 miliardi di euro per salvare Lufthansa, i soldi per gli aiuti immediati promessi ai lavoratori autonomi in molti casi non si sono ancora visti e forse non si vedranno mai. Per alcuni di loro non resta altro che richiedere l'aiuto di Hartz IV. Ne scrive la Frankfurter Rundschau


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Mareike Kesten (nome inventato) pensa che probabilmente non riuscirà piu’ ad avere i soldi. Il 25 marzo, infatti, la proprietaria del salone per la cura delle unghie ha presentato una domanda per l'erogazione degli aiuti d'emergenza al Land Brandeburgo - e poi, tranne una conferma di ricezione, per settimane non ne ha piu' saputo nulla. Su sua richiesta, la Brandenburg Investment Bank le ha assicurato che chiunque avesse presentato una domanda corretta avrebbe ricevuto i soldi sul conto nel corso del mese di aprile. Ma dopo un mese, durante il quale molti altri lavoratori autonomi della sua regione sono rimasti a mani vuote, la questione per lei è già "conclusa": "Non arriverà nulla", Kesten ne è convinta. Ora posso solo sperare che i saloni di bellezza riaprano quanto prima.

Kesten non è sola. Mentre molti piccoli imprenditori subito dopo l'inizio del programma per l'erogazione degli "aiuti d'emergenza" si sono rallegrati per aver ricevuto sul conto il denaro dal governo regionale o statale, cresce invece il numero di coloro che stanno ancora aspettando i soldi e che sono sempre più preoccupati per il loeo sostentamento. Un gruppo di Facebook, fondato il 10 marzo, sul quale i piccoli imprenditori si scambiano informazioni sulla loro situazione e sugli aiuti di stato, ha raggiunto quasi 19.000 membri, e ogni giorno se ne aggiungono di nuovi in cerca di consigli e incoraggiamento.

La maggior parte di questi gestisce piccole imprese o sono lavoratori autonomi, in una ampia gamma di settori: dai tuttofare, ai consulenti assicurativi, ai piccoli spedizionieri, agli showmen oppure fotografi. Il problema principale è l'erogazione lenta degli aiuti di emergenza da parte dei Laender. "È quasi passato un mese ormai e non ci sono ancora né soldi né una risposta dal Land dello Schleswig-Holstein", ha scritto un uomo. "Come va da voi?" Quasi 50 persone hanno risposto: aiuto richiesto il 24 marzo - ancora nessuna risposta. Inviato il primo aprile - non ho ancora sentito nulla. Il 27 marzo inviato - finora ho ottenuto solo l'approvazione.

I ritardi ci sono in quasi tutti gli stati federali, ma un numero particolarmente elevato proviene dal Nord Reno-Westfalia. Lì la Cancelleria di Stato poco prima di Pasqua ha completamente interrotto il pagamento degli aiuti dopo aver scoperto che dei truffatori avevano tentato di utilizzare dei siti web fasulli per ottenere gli aiuti immediati. All'inizio il NRW aveva infatti posto una particolare enfasi nel cercare di rendere il processo particolarmente veloce, completamente digitale e "il più semplice, snello e non burocratico possibile". Così aveva affermato il ministro delle finanze del NRW Andreas Pinkwart (FDP). (...)

Ma non ci sono solo i ritardi a causare una forte incertezza per i tanti che ora sono seriamente preoccupati per la loro esistenza professionale; molte procedure e regolamenti non solo differiscono da uno stato federale all'altro, ma cambiano anche all'interno del singolo Land. Le differenze sono evidenti, ad esempio, quando si tratta di capire ciò che può essere pagato con i fondi degli aiuti di emergenza. Il contesto: secondo le linee guida federali, gli aiuti dovrebbero essere utilizzati solo per coprire i costi operativi come gli affitti degli uffici o i costi del personale. Le perdite in termini di reddito, invece, non devono essere compensate. Molte società individuali sono quindi escluse dalla rete di assistenza per il Coronavirus in quanto non hanno quasi nessun costo operativo. Finanziano le loro spese di sostentamento direttamente con i loro redditi.

La crisi causata dal Coronavirus colpisce i lavoratori autonomi: i regolamenti sono "lontani dalla realtà"

I regolamenti pertanto sono "lontani dalla realtà della maggior parte dei lavoratori autonomi", afferma Robert Flachenäcker. È un fotografo e gestisce un piccolo studio a Francoforte. La sua specialità sono le fotografie dell'iride in grande formato. Con il suo studio sicuramente ha dei costi operativi e per questo in parte ha potuto beneficiare anche degli aiuti. Ma non trova giusto che il titolare di una Srl (GmbH), ad esempio, possa usare gli aiuti per farsi un proprio stipendio, mentre un libero professionista come lui se dovesse avere problemi a coprire le sue spese di sostentamento dovute alla perdita di guadagno dovrebbe richiedere Hartz IV.

Perché Hartz IV attualmente per molti lavoratori autonomi resta l'ultima risorsa. Almeno nella maggior parte degli stati federali. Alcuni Laender - come il Baden-Württemberg, Amburgo e la Turingia - sono andati oltre le normative federali e concedono sussidi agli autonomi per le spese di sostentamento. All'inizio anche il NRW e Berlino avevano gestito gli aiuti in modo simile, ma ora li hanno aboliti. In Baviera, sono stati pagati 1.000 euro al mese anche agli artisti indipendenti.

Queste differenze regionali, tuttavia, non sono l'unica cosa a confondere i lavoratori autonomi e i proprietari di piccole imprese che si tengono da soli la propria contabilità. Molti a causa della fretta hanno commesso degli errori durante la compilazione dei documenti per la  domanda. Il ministro dell'economia bavarese Hubert Aiwanger (Freie Wähler) ha spiegato così i lunghi tempi per l'elaborazione delle domande nel suo Land. Durante una conferenza stampa di metà aprile, si è infatti lamentato del fatto che molte delle persone colpite, apparentemente non erano in grado di completare in maniera corretta la domanda di due pagine. E questo avrebbe causato un sacco di lavoro inutile per l'amministrazione.

In Baviera, secondo il quotidiano regionale Mainpost, fino al 17 aprile, solo 150.000 delle 400.000 richieste di aiuti di emergenza ricevute erano state elaborate, nonostante il massimo utilizzo del personale.

La crisi del Coronavirus colpisce i lavoratori autonomi: rabbia e paura per la propria esistenza

Nella loro grande incertezza, molte persone colpite cercano consigli nei forum e nei social network, dove le voci, la rabbia e la paura esistenziale provocano una miscela esplosiva. Robert Flachenäcker nella sua cerchia di conoscenti ha osservato che per molte persone la rabbia "cuoce a fuoco lento". Lentamente tutti si stanno svegliando dalla prima ondata di "shock" e iniziano a mettere in discussione i requisiti legali, a causa dei quali a soffrire sono soprattutto le piccole imprese: "Chiedono: perché posso mettermi in fila davanti a Obi, ma non posso farlo da solo ad un tavolo fisso nel negozio di kebab?"

Non è sorpreso dall'impazienza: "Molti finiranno per restare strozzati". Anche lui avrebbe chiuso il suo studio se non avesse ricevuto dei soldi entro la fine di questo mese. Perché Flachenäcker presume che molti lavoratori autonomi alla fine dovranno anche investire in pubblicità e promozioni speciali prima di riavviare la propria attività dopo il blocco.

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