domenica 1 aprile 2012

Il libro nero del lavoro interinale


Die Zeit ci racconta il lavoro interinale e i suoi effetti sul mercato del lavoro: è solo un mezzo per ridurre il costo del lavoro oppure una reale possibilità di inserimento per i disoccupati? 
La IG Metall mette alla gogna le aziende che fanno estremo ricorso al lavoro in affitto. Nella lista compaiono Porsche, BMW e una controllata Daimler.

Dell'azienda Stelo Telc nessuno conosce il nome. Sebbene sia controllata al 100 % da Daimler. Stelo Tec ha sede a Mannheim e lì produce con un piccolo staff pezzi per motori automobilistici. Di questa azienda normalmente non si interesserebbe nessuno. Ora compare invece in cima alla lista stilata dai sindacati. Le aziende in questa lista impiegano poco personale fisso e un grande numero di lavoratori interinali. Presso la Stelo Tec la quota di lavoratori interinali, secondo le cifre della IG Metall, raggiunge il 66.7 %. E' il valore piu' alto che i sindacati hanno riscontrato in seguito ad una ricerca eseguita su 600 aziende del Baden Wuerttemberg. Questi dati emergono da una piccola pubblicazione della IG Metall il cui titolo è il "Libro nero del lavoro in affitto".

Qualche anno fa i sindacalisti di Ver.di con un altro libro nero avevano denunciato i misfatti dei supermercati LIDL. Adesso la IG Metall fa la stessa cosa - secondo il principio del naming and shaming - nei confronti delle aziende del lavoro temporaneo e dei loro clienti. Alla gogna vengono messe alcune delle piu' importanti società dell'economia tedesca - ad esempio Porsche, BMW, e anche la controllata di Daimler. Le diverse associazioni circondariali del sindacato hanno fatto una lista di chi e di quanti lavoratori in affitto impiega. Il libro riporta i racconti anonimi dei lavoratori e delle loro cattive esperienze fatte con questa forma di lavoro. E' il punto più alto di una lunga campagna, che non a caso è diventata più forte proprio ora. 

Grandi scelte attendono infatti il settore del lavoro temporaneo. Si tratta del salario di 900.000 occupati, di aumenti salariali fino al 50% e delle regole che dovranno essere applicate in questo speciale settore del mercato lavorativo. Da un lato le parti sociali cercano di trovare un accordo. Dall'altro, il ministro del lavoro Ursula Von der Leyen ha dichiarato all'inizio del 2011, che le parti sociali entro un anno devono raggiungere un accordo sull'uguaglianza di salario fra dipendenti a tempo e dipendenti in affitto. In caso contrario il legislatore dovrà intervenire. Il termine fissato dal ministro scade questo mese.

Anche nel centro di sviluppo Porsche ci sono lavoratori temporanei.

I sindacati chiariscono che non sono contrari al lavoro interinale. Ma gli abusi finalizzati a ridurre il costo del lavoro non sono tollerabili. Ci sono stati eccessi. In quali casi i sindacati vedano un abuso non emerge chiaramente dalle liste da loro pubblicate. Tanto più che i numeri pubblicati non sembrano sempre corretti. Bei Stelco TEC il consiglio di fabbrica ha chiarito che la percentuale dei lavoratori interinali non è del 67 % ma del 40 % - una cifra comunque sempre alta. Un portavoce di Daimler giustifica questa percentuale molto alta con il fatto che l'azienda opera in un ambiente di mercato molto ciclico. Inoltre, l'azienda si trova in una fase di lancio di un nuovo camion, per questo motivo i lavoratori in affitto completano gli organici stabili. Presumibilmente il lavoro temporaneo sarebbe utilizzato presso la loro azienda da oltre 6 anni.

L'esempio della Stelo Telc è abbastanza insolito, in quanto l'utilizzo dei lavoratori interinali presso Daimler è stato quasi sempre concordato con il consiglio di fabbrica (Betriebsrat). Il numero dei lavoratori interinali di regola non dovrebbe mai superare l'8% dei lavoratori stabili. Inoltre, a differenza di quanto accade presso Stelo Tec vige una regola di uguale paga: i lavoratori in affitto ricevono la stessa paga dei dipendenti a tempo indeterminato. Secondo le informazioni fornite da Daimler la paga oraria sarebbe di 17.05 €. Questi sono quasi 10 € in piu' del salario minimo per il lavoro temporaneo, in vigore dall'inizio di quest'anno.

Anche in altre aziende esistono regole per i lavorotori interinali. Presso Porsche i lavoratori a tempo secondo le informazioni fornite dal capo del consigliio di fabbrica Uwe Hück, ricevono "la stessa retribuzione, le stesse maggiorazioni per gli straordinari, e le stesse pause dei dipendenti regolari". Inoltre per lo stabilimento principale è stato concordato che i lavoratori temporanei impiegati nella produzione ricevano dopo 5 mesi di lavoro in affitto un contratto a tempo determinato da Porsche. Questa regola non vale solo per gli ingegneri.  Stranamente però il centro di sviluppo Porsche di Weissau emerge nella lista compilata da Ig Metall. Qui su 3.649 impiegati stabilmente, lavorano 890 impiegati interinali. Il portavoce di Porsche al riguardo conferma un numero di lavoratori interinali a 3 cifre, che a causa di un lavoro basato sui progetti subisce delle grandi oscillazioni. 

In molte aziende si muove qualcosa. Anche alla BMW. Da settimane il produttore di automobili discute con il consiglio di fabbrica sull'assunzione dei 1.100 lavoratori temporanei impiegati nello stabilimento di Leipzig. Jens Koehler del consiglio di fabbrica chiarisce: "Stiamo negoziando a livello aziendale sul lavoro interinale e sugli altri strumenti di flessibilità. Sono molto fiducioso che presto su questa strada giungeremo ad un accordo".

"Il lavoro temporaneo è giusto", sostengono i datori di lavoro in una campagna contraria.

Le agenzie di lavoro interinale si difendono con una loro campagna contro il tentativo di demonizzazione. Presentano su internet le opinioni di decine di lavoratori che con nome e foto  chiariscono perché per loro il lavoro temporaneo è giusto. Gli esempi vanno dai lavoratori del magazzino fino agli informatici.  Secondo i loro racconti, i contratti di lavoro in affitto avrebbero portato loro grandi vantaggi. In concomitanza con questi sforzi di PR, le parti sociali negoziano un nuovo accordo salariale. La IG Metall pretende dalle associazioni imprenditoriali di poter inserire un diritto di veto del consiglio di fabbrica all'assunzione di lavoratori temporanei. Contemporaneamente la negoziazione fra le parti sociali è finalizzata al raggiungimento dello stesso livello salariale. Le negoziazioni sono ancora aperte ma è già prevedibile che uno stesso livello di salario non sarà definito dalla contrattazione collettiva. I sindacati  vogliono stabilire  gli aumenti salariali per ogni settore. Accanto a questo, sarà necessario un intervento legislativo, per coprie le aree non raggiunte dalla contrattazione sindacale collettiva. 

In questo modo la palla viene rimandata nel campo della politica. Il ministro del lavoro Ursula von der Leyen non potrà evitare, da sola o con l'aiuto delle sue commissioni di esperti, di decidere a quali limitazioni dovrà essere sottoposto il lavoro in affitto. All'inizio della scorsa settimana uno studio pubblicato dalla fondazione Bertelsmann ha riacceso la discussione sugli effetti del lavoro temporaneo. Secondo questo studio, il lavoro interinale non minaccia in alcun modo i posti fissi.  In media i lavoratori a tempo vengono impiegati presso un'azienda per non più di 3 mesi. Solo il 3% delle imprese avrebbe ridotto gli impiegati stabili per far crescere il numero dei dipendenti interinali. In molti casi le cose sarebbero andate diversamente: entrambi i gruppi di lavoratori sono cresciuti, oppure i lavoratori temporanei sono stati rimpiazzati da lavoratori a tempo indeterminato. 

Lo sviluppo del mercato del lavoro sembra sostenere questa ipotesi. Il lavoro in affitto lo scorso anno è cresciuto di 80.000 posizioni, i lavori coperti da assicurazione sociale (esclusi minijob) sono cresciuti di almeno 700.000 unità. In circa 10 anni il numero dei lavoratori temporanei è cresciuto fino a raggiungere il 2% attuale. Nonostante casi di abuso da parte di alcune aziende, i lavoratori a tempo rappresentano ancora una nicchia del mercato del lavoro. 

Secondo gli esperti, questo sarebbe un motivo per essere prudenti sull'introduzione dell'obbligo di salario identico. Joachim Möller, capo di IAB (Institut fuer Arbeitsmarkt und Berufsforschung) suggerisce di pareggiare il salario dei lavoratori interinali non immediatamento, ma entro un certo numero di mesi dal loro arrivo in azienda. Altrimenti il lavoro a tempo rischierebbe di perdere la propria funzione di possibilità di ingresso nel mondo del lavoro per i disoccupati.

Ricco aumento per i dipendenti statali


Handelsblatt ci racconta il risultato della lunga trattativa  sul nuovo contratto dei dipendenti statali: un sostanzioso aumento del 6.3% biennale che promette di far crescere il salario reale.

E' stata una battaglia durata fino all'alba: anche i sindacalisti esperti sono stati provati dalla lunga maratona della negoziazione. Alla fine l'accordo è stato fatto, e con soddisfazione. 

I 2 milioni di occupati nei comuni e nel governo federale riceveranno nei prossimi 2 anni un aumento del 6.3%. I datori di lavoro e i sindacati dopo un lungo tiro alla fune hanno trovato un accordo sabato mattina sul nuovo contratto di lavoro. Sono previsti dei miglioramenti anche  per i tirocinanti, che in futuro potranno ottenere un lavoro permanente dopo un primo contratto annuale di inserimento. 

Il ministro degli interni Hans Peter Friedrich (CSU) si è espresso positivamente: "Vogliamo pagare i dipendenti del settore pubblico in maniera corretta". A partire da mercoledi,  in oltre 40 ore di contrattazione,  i vertici dei datori di lavoro e dei sindacati a Potsdam hanno sondato le possibilità di trovare un'intesa. L'adozione della bozza di contratto sembrava ormai nell'aria.

Nella notte di sabato i vertici del sindacato Ver.di hanno avuto bisogno  di ulteriori 7 ore di discussione, prima che la grossa commissione con una risicata minoranza approvasse il documento.   Il punto critico per Ver.di era la mancanza della componente sociale del salario. I sindacati avevano infatti richiesto un forte aumento per i percettori di redditi bassi. Il capo di Ver.di, Frank Bsirske, ha ritenuto responsabili i datori di lavoro per la loro massiccia opposizione alla proposta.

Secondo il piano concordato, i salari dovrebbero aumentare dal primo di marzo in maniera retroattiva del 3.5 %. Ulteriori aumenti del 1.4% seguiranno in gennaio e agosto 2013. Se si prendono in considerazione gli interessi composti, nella terza fase si arriva ad un aumento del 6,41 %. Il sindacato Ver.di e il sindacato dei dipendenti federali avrebbero preteso un aumento del 6.5 %.

I comuni calcolano la loro spesa maggiore causata dal nuovo contratto in circa 4.3 miliardi di Euro (dal 2013). Al governo federale costerà invece 550 milioni di Euro. Il ministro Friedrich ha annunciato che agirà con fermezza per fare in modo che gli aumenti concordati vengano applicati nella stessa misura anche per i dipendenti federali.

Il timoniere del sindacato Ver.di ha messo in difficoltà l'intero paese con una lunga sequenza di scioperi. La sua linea dura gli ha infatti assicurato l'approvazione dei dipendenti pubblici - ma nel mondo politico ed economico non è certo molto amato.

Il presidente dei datori di lavoro comunali Tomas Bohle e il ministro Friedrich hanno dichiarato che in considerazione delle possibilità offerte dal bilancio pubblico sono " arrivati fino alla soglia di dolore". Altri scioperi sono stati comunque evitati. Allo stesso tempo, la durata biennale del contratto dà ai datori di lavoro la possibilità di pianificare il futuro. 

Bsirske ha dichiarato che senza il grande impegno degli scioperanti l'accordo non sarebbe stato possibile. In questo modo si "è riusciti a salvaguardare gli stipendi reali per il 2012 e 2013". Il presidente dell'unione sindacale DBB, Frank Stöhr, ha dichiarato che i dipendenti pubblici restano al passo con il generale aumento dei salari. Qualsiasi altro accordo non solo non sarebbe stata giusto,  ma avrebbe messo a rischio l'assunzione di personale qualificato nel settore pubblico. 

venerdì 30 marzo 2012

45 anni di lavoro, 140 € di pensione


La Sueddeutsche Zeitung pubblica uno studio del governo sulle pensioni dei minijobber. Le cifre sono allarmanti e milioni di lavoratori di fatto senza pensione, in età avanzata dovranno fare ricorso ai sussidi statali contro la povertà per poter sopravvivere.


Milioni di donne devono temere di diventare povere in età avanzata - sebbene lavorino. Questo fenomeno riguarda prima di tutto le occupate con un minijob ( lavori da 15 ore settimanali per 400 € nette al mese).  La loro pensione sarà, al valore attuale, meno di 200 €.  Queste cifre compaiono in una risposta che il governo federale ha dato ad una interrogazione presentata da Die Linke e che la Sueddeutsche Zeitung pubblica. Senza altri redditi, le donne con un basso salario saranno interamente dipendenti dai sussidi statali.

In Germania ci sono 7.4 milioni di occupati che hanno un'occupazione a 400 € di base, sui quali non pagano imposte e contributi sociali.  Nel 2011, 4.65 milioni di loro erano donne. Il fatto che per questi lavori vengano pagati solo dei piccoli contributi pensionistici avrà delle enormi conseguenze sull'importo della loro futura pensione. I contributi per questi lavoratori, dovuti dal 1999, vengono pagati quasi esclusivametne dal datore di lavoro.

Il ministero del lavoro ha calcolato l'importo della loro pensione. Dopo un anno di attività, un minijobber acquisisce il diritto ad una pensione di 3.11 €. Dopo aver versato per 45 anni, l'importo a cui avrà diritto, ai valori attuali, sarà di 139.95 €.

Le cose vanno un po' meglio se il contributo pensionistico del datore di lavoro passa dal 15% alla percentuale attualmente in vigore del 19.6%. Dopo 45 anni di attività l'importo della pensione arriva a 182.7 €, oltre 4 € per anno. Gli occupati prendono in considerazione questa possibilità solo raramente, sebbene attraverso di essa ricevano anche un'assicurazione contro gli infortuni. Fra le donne con uno stipendio base di 400 € (Minijobberin), solo il 6.9 % passa all'aliquota superiore.

Questo problema è noto anche alla coalizione di governo. Secondo i piani del governo, per i minijobber in futuro ci sarà un aumento dei contributi del datore di lavoro - a meno che il lavoratore non vi rinunci autonomamente.

Il ministro del lavoro Ursula Von der Leyen (CDU) dal 2013 in poi intende aiutare i lavoratori a basso stipendio con una sovvenzione per la pensione: secondo i calcoli del governo la pensione dei minijobber raggiungerebbe in questo modo i 365 €. Senza altri redditi i minijobber restano comunque legati al sussidio minimo statale di base per l'età avanzata che al momento è di 688 €.

La portavoce della Linke, Yvonne Ploetz, ha dichiarato in merito a queste cifre: "la previdenza sociale delle donne  resta allarmante". Il sussidio statale non garantisce alcun miglioramento.

Sempre di più contro i minijob.

Le critiche ai minijob recentemente si sono fatte più forti. I sindacati sollecitano una riforma, tanto più che questi mini impieghi non si sono sviluppati come un possibile ingresso ad un normale lavoro a tempo pieno. 

Una commissione di esperti in uno studio sulla condizioni del lavoro,  si è pronunciata a favore della eliminazione dello status speciale dei Minijobs. Il governo ha rigettato questa proposta ma  intende invece aumentare il tetto dello stipendio dei minijobs dai 400 ai 450 €. 

Il ministero del lavoro avverte di non sopravvalutare le cifre: "pensioni basse non sono un indice di redditi bassi in futuro" scrivono i funzionari del governo e aggiungono delle cifre: di fatto la pensione delle donne in media è di 535 €. Ma poichè esse hanno spesso altri redditi aggiuntivi, il reditto complessivo delle donne single in età avanzata è in media di 1.188 €. Le coppie di pensionati, secondo il ministero, dispongono di un reddito di 2.248 €.

mercoledì 28 marzo 2012

Leiharbeit macht frei?


La progressista Die Zeit ci racconta le ineguaglianze del lavoro interinale (Leiharbeit) e i tentativi della politica di riformare questo settore: solo promesse elettorali oppure riforme concrete?

Stesso lavoro ma spesso solo la metà del salario: questo squilibrio nelle retribuzioni dei lavoratori interinali, secondo uno studio della fondazione Bertelsmann non sarebbe sostenibile nel lungo periodo.  La fondazione propone di pagare i lavoratori interinali, dopo 3 mesi di impiego, come i lavoratori con un contratto a tempo indeterminato.

Secondo lo studio commissionato dalla fondazione, circa 491.000 lavoratori in affitto dei complessivi 910.000 ne trarrebbero un profitto. I costi sono stimati in circa 410 milioni di Euro. Il salario minimo in vigore dal 2011 "è il primo passo nella giusta direzione, per risolvere gli squilibri nelle retribuzioni" dichiara Aart De Geus, membro del consiglio di amministrazione della fondazione Bertelsmann. Il secondo passo sarebbe ora l'introduzione di identici livelli retributivi dopo un primo periodo introduttivo.

Il ministro del lavoro Ursula Von der Leyen (CDU), nel caso in cui le parti sociali non trovino un accordo, entro la fine della legislatura intende presentare una legge per parificare le retribuzioni. Tuttavia non esiste alcun consenso con la FDP. "E' inaccettabile che dei lavoratori con impieghi di lungo periodo e con lo stesso compito abbiano uno stipendio diverso", ha dichiarato il ministro a Die Welt.

"Penso che i lavoratori interinali al più tardi dopo 3 mesi debbano essere pagati come tutti gli altri lavoratori", ha dichiarato Christian Bäumler (CDU). Anche i Verdi hanno richiesto una legge, nel caso in cui non si arrivi ad un accordo fra le parti sociali sulla parità di retribuzione.

La FDP spera invece in un consenso delle parti sociali. "Sulla parità di pagamento il settore deve trovare e troverà una buona soluzione" ha detto responsabile per il mercato del lavoro della FDP, Johannes Vogel. Die Linke chiede invece una legge che vieti il lavoro in affitto.

Secondo lo studio del Rheinisch-Westfälischen Instituts für Wirtschaftsforschung (RWI) su commissione della fondazione Bertelsmann, i lavoratori in affitto scontano i costi  e gli svantaggi della flessibilità. Così un lavoratore che ha ricevuto una formazione professionale, nella Germania dell'Ovest guadagna il 47 % lordo in meno mentre nell'est il 36% in meno rispetto ad un lavoratore con un contratto di serie A e con lo stesso livello di istruzione. Come motivo gli autori della ricerca hanno indicato i bassi salari orari del lavoro a tempo.

La maggior parte dei lavoratori interinali sono uomini e lavorano nell'industria dell'ovest. Qui il divario retributivo, con il guadagno medio nell'intero settore è abbastanza grande. Ricevono al mese il 48% in meno degli occupati con contratto indeterminato - invece di 2.990 lordi sono 1.540 €. Per gli interinali occupati nel settore dei trasporti la discrepanza è di circa il 45 % mentre nelle organizzazioni e nei lavori amministrativi e di segreteria è del 46 %. Nei lavori con bassa qualificazione le differenze sono più piccole.

In generale il divario salariale fra il 2003 e il 2010 si è ridotto solo in pochi gruppi lavorativi, si dice nello studio. Solo tra i lavoratori non qualificati come gli imbianchini e i verniciatori le differenze fra occupati interinali e lavoratori stabili si sono ridotte in media al 30% nel 2010.

Secondo lo studio i lavoratori a tempo non minaccerebbero l'impiego dei lavoratori stabili. Una riduzione dei posti fissi a favore di un aumento dei lavoratori interinali, secondo lo studio, sarebbe un fenomeno poco frequente. Durante gli anni della crisi, 2008 e 2009, questo è accuaduto solo per il 3% dei clienti delle agenzie di lavoro interinale. Molto più probabile sarebbe il contrario: un aumento dei lavoratori in affitto in concomitanza con un aumento dei lavoratori stabili. 

La rigidità del membro tedesco

Jürgen Stark, ex membro del board BCE, in una lunga intervista al quotidiano Handelsblatt, chiarisce il motivo delle sue dimissioni e lancia un'accusa alla BCE guidata da Mario Draghi: siamo entrati in un circolo vizioso e ci attende un futuro di inflazione.



Secondo Jürgen Stark, capo economista BCE dal 2006 al 2011, le banche centrali sono finite in un circolo vizioso. In un'intervista ci chiarisce perché le sue dimissioni sono arrivate troppo tardi e perché il tasso di inflazione potrebbe crescere rapidamente.

H: Fino a dove possono arrivare le banche centrali nella soluzione della crisi?

Stark: La banche centrali devono giocare un ruolo nella soluzione della crisi, e credo che questo ruolo l'abbiano giocato quando la crisi era acuta. Un intervento rapido, l'abbassamento dei tassi, fino a quando la stabilità dei prezzi non è minacciata, ed una efficace sostituzione del mercato interbancario non funzionante. Questo è stato fatto. Queste misure speciali, devono essere applicate fino a quando sono necessarie. Non è possibile giungere ad una loro perpetuazione. E questa perpetuazione la vediamo adesso. Se guardo alle condizioni monetarie in ambito globale, sono più espansive di quanto non fossero nel momento più critico dopo la crisi Lehman.

H: Le banche centrali sono diventate le salvatrici dei politici?

Stark: Verso le banche centrali ci sono aspettative che esse stesse hanno creato. Le banche centrali sembrano dire, noi siamo pronte a salvare tutti. A causa di queste false aspettative, alle banche centrali sono arrivate sempre nuove richieste. In sostanza devono ora fare tutto: non solo la stabilità dei prezzi, ma anche mantenere bassi i tassi di disoccupazione, mantenere inclinata la curva dei tassi e rendere piu' leggeri gli aggiustamenti di bilancio pubblico. Si tratta di un compito multifunzionale assegnato alle banche centrali e che minaccia il loro normale funzionamento.

H: La BCE ha messo a disposizione delle banche quasi un trilione di Euro per 3 anni a basso tasso. Lei è daccordo con questa misura?

Stark: Il presidente Mario Draghi ha presentato il tema e affermato che io ero daccordo con il provvedimento. Ho votato a favore del provvedimento, ma sotto altre condizioni, esattamente senza l'abbassamento del tasso di interesse di dicembre.

H: Stiamo parlando di trilioni di Euro, sono cifre ancora gestibili?

Stark: Il bilancio della BCE è di oltre 3 trilioni di euro. Questa somma si è gonfiata enormemente. Questo significa che il bilancio è cresciuto 3 volte e ammonta a circa il 30% del PIL della zona Euro. Ma non riguarda solamente il volume

H: Perché?

Stark: In seguito a questo impegno triennale un pezzo della flessibilità della BCE è andato perduto. Queste operazioni di lungo periodo sostituiscono quelle di breve periodo. In questo modo le operazioni di gestione della liquidità a breve termine si sono ridotte a meno del 10%. Tuttavia esiste una clausola di opt-out, vale a dire, la possibilità di rimborsare i crediti triennali anche dopo un anno.

H: Lei ritiene che le banche utilizzeranno le clausole di opt-out?

Stark: Non lo so. La BCE ha spinto le banche a partecipare attivamente a queste iniziative. Le banche non hanno avuto alcuna remora a rifornirsi di denaro a basso tasso in grandi quantità.

H: Non è questo un sovvenzionamento del settore finanziario?

Stark: Si rende possibile il cosiddetto carry trade. La banche ricevono denaro all'1% e in alcuni paesi possono acquistare titoli di stato che rendono fino al 4.5 o 5%. 

H: In parole molto più chiare: questo è profitto senza rischio, un invito alle banche affinché guadagnino denaro.

Stark: Si certo, potrebbero anche finanziare l'economia reale. Nessuno indica loro, in che modo devono utilizzare il denaro.

H: Siamo arrivati ad un finanziamento diretto degli stati?

Stark: Ci stiamo avvitando in un circolo vizioso

H: Come potrà uscire la BCE dalle numerose misure di emergenza?

Stark: Una banca centrale dovrebbe sempre avere una via d'uscita da queste misure speciali, soprattutto in scenari diversi. Ma di fronte a un impegno triennale l'uscita sarà difficile. La domanda è: come potrà la BCE mettere in atto una riduzione del bilancio? Non è solo la grandezza, è la struttura, è la durata dell'impegno e l'impossibilità per la banca centrale di riassorbire rapidamente questa liquidità, che oggi dà problemi enormi. Storicamente sappiamo che ogni politica espansiva della banca centrale porta nel breve periodo all'inflazione.

H: Se la BCE interrompesse le sue misure speciali e normalizzasse le sue politiche dei tassi, le sarebbe possibile abbandonare il trend globale del denaro abbondante a buon mercato?

Stark: Sia la politica che le banche centrali hanno ceduto alla tentazione di cercare di risolvere i problemi del mondo con un'alluvione di denaro. Poichè questo è un fenomeno globale, l'abbandono sarebbe difficile, se ci fosse uno sviluppo in direzione di prezzi piu' alti. Al momento questa abbondanza di liquidità non si mostra nei prezzi dei beni e dei servizi. Ma si manifesta già chiaramente nei prezzi delle materie prime e delle attività finanziarie. 

H: Lo può dimostrare?

Stark: In questo momento abbiamo una congiuntura debole, ma il potenziale di inflazione si è già costituito. Non siamo in circostanze normali, abbiamo questa politica monetaria globale accomodante, più una politica fiscale espansiva nella maggior parte delle economie sviluppate. Da questa combinazione potrà crearsi un cambio sulle aspettative di inflazione futura.

H: Quanto tempo ci vorrà prima di avere un elevato tasso di inflazione?

Stark: Non posso fare nessuna previsione. Ma pensi che sia la Commissione che la BCE hanno rivisto verso l'alto le loro previsioni di inflazione per il 2012. Siamo in una fase in cui le aspettative di un'inflazione inferiore al 2% nei prossimi mesi e anni sono sempre piu' remote. Nel 2012 non saremo sotto il 2%.

H: Lei crede che la crescita dei prezzi potrà diventare un problema globale?

Stark: Il rischio vale anche per i mercati emergenti. Io vedo un fenomeno globale. 

H: Si è forse perso il consenso sul fatto che la lotta all'inflazione è un obiettivo che merita di essere perseguito? Alcuni ipotizzano l'inflazione come la soluzione alla crisi del debito.

Stark: La stabilità dei prezzi a mio avviso è un traguardo culturale. Abbiamo avuto una lunga fase con tassi di interesse bassi, che potrebbe aver alterato il comportamento degli individui. Confrontate oggi la situazione fra i tassi reali a breve e quelli di lungo periodo con la situazione di 10 o 20 anni fa. I tassi reali in Germania, UK e USA sono negativi. Tassi reali negativi - anche sulle durate decennali - significano praticamente un esproprio. E' questa la preparazione ad una fase in cui dovremo fare i conti con tassi reali negativi a causa di tassi di inflazione piu alti in futuro? 

H: Quando ha maturato l'idea di uscire da questo magico sistema di moltiplicazione del denaro?

Stark: Questo è iniziato nel 2010 con l'avvio degli acquisti da parte della BCE di titoli del debito pubblico. Gli acquisti erano sul mercato secondario. Il problema è che se in un paese dove la BCE interviene, accade qualcosa di spiacevole, allora la BCE viene coinvolta, e da questi interventi si possono rischiare delle grosse perdite. In questo modo, indipendentemente dal paese, nel resto dell'area Euro la BCE perde la reputazione. Alla fine verrebbe a mancare la fiducia nella banca centrale

H: Questa perdita di fiducia è la chiave, per comprendere i motivi delle sue azioni?

Stark: Per me un punto decisivo è stato il fatto che, nel sistema in cui ci troviamo - dove il denaro non ha nessun legame con l'oro o l'argento o con qualsiasi altra cosa  - la sola ancora reale è la banca centrale. L'ancora è la fiducia nella banca centrale. E questa non deve essere distrutta. E se lei comprende sotto quale pressione è stata la BCE alcune settimane fa per contribuire alla soluzione della crisi del debito, allora è accaduto quello  che si temeva. 

H: Ma questa non è stata la sola ragione per cui lei si è ritirato.

Stark: La seconda ragione riguarda l'allargamento del programma di acquisto del debito pubblico nell'estate del 2011 che dal mio punto di vista ha prodotto degli incentivi sbagliati. Ai governi è stato detto, siamo pronti ad intervenire, ma dovete fare attenzione alla vostra politica. Questo riguarda il livello di legittimazione democratica, di cui dispone la BCE. La BCE non può subordinare le sue decisioni alle scelte politiche che vengono fatte in alcun paesi. Se questa è una decisione di politica monetaria deve essere valida per tutti. Se invece questa non è una decisione di politica monetaria, allora la banca non è più indipendente ma sotto il controllo della politica. La fiducia nella banca centrale e nella sua capacità di svolgere il compito per cui è stata creata va perduta.

H: Le dimissioni del presidente Axel Weber, sono state un esempio per lei?

Stark: No, per niente. Il mio ragionamento è stato: fino a che livello può essere accettato il fatto che una banca centrale in una fase cosi' critica possa fare anche cose fuori dal proprio mandato? E' necessario non perdere mai di vista il proprio mandato. E anche quando comunica, che esistono motivi di politica economica, per acquistare il debito pubblico, allora bisogna fare attenzione agli effetti collaterali.  

H: Normalmente si combatte per le proprie convinzioni

Stark: Naturalmente abbiamo avuto una discussione aperta, gli argomenti sono stati portati sul tavolo. Ma con i miei argomenti non sono riuscito ad impormi.

H: Quale sarebbe stata l'alternativa all'acquisto da parte della banca centrale?

Stark: Deve esserci una chiara suddivisione del lavoro fra governi e banche centrali.  Avremmo dovuto chiarire che la BCE non è stata creata per salvare questo o quel paese. Se devono esserci dei salvataggi sono i governi a doverlo fare.

H: A chi era indirizzato il segnale che le in quel momento ha inviato?

Stark: Il segnale era per la politica. Io volevo anche ricordare il trattato di Maastricht e il concetto di fondo che veniva espresso. Implicitamente abbiamo accettato che uno stato membro non potesse diventare insolvente. La domanda era, dentro o fuori l'unione monetaria? Il principio è stato modificato, e per questo non c'è stata nessuna legittimazione democratica. 

H: Che cosa le ha risposto il ministro delle finanze Schäuble?

Stark: Il problema che il governo di Berlino ha individuato era l'effetto contagio, dopo il paese A arriva il B, poi il C, un processo senza fine. Minimizzare gli effetti di contagio significa: i paesi coinvolti devono modificare le loro politiche. Devono accettare una svolta a U nella loro politica economica, e allo stesso tempo è necessario erigere degli scudi difensivi. Nel senso che si aumenta il volume che gli stati sono pronti a portare in salvataggio. Ma è questa la soluzione?

H: Oggi subiamo le conseguenze degli errori del passato?

Stark: Abbiamo iniziato l'Euro con troppi paesi. Abbiamo allargato l'unione monetaria troppo rapidamente e in questo modo abbiamo aumentato l'etereogeneità. Da parte dei paesi membri ci sono stati degli adeguamenti insufficienti alle condizioni dell'unione monetaria. L'allargamento alla Grecia nel 2001 - una piccola economia, 2% del pil dell'unione monetaria - sembrava sopportabile. Invece vediamo solo ora quanto sia difficile sostenere la sua economia, quando si è trovata in problemi seri.

H: L'ex capo della BCE  Trichet non ha contribuito alla creazione di questi problemi? Se avesse detto di no ai governi, le cose non sarebbero andate diversamente?

Stark: L'allora presidente della BCE Trichet lo ha fatto molto chiaramente, ma la pressione sulla BCE all'epoca era molto forte. E non solo da parte dei politici europei, ma la pressione era internazionale

H: La pressione è stata esercitata anche su di lei?

Stark: No su di me no. Io non ero nemmeno presente al meeting dei capi di stato con la commissione di inizio maggio 2010. C'era una sensazione di impotenza e allo stesso tempo la sensazione che qualcosa si dovesse fare. E in questo scenario si chiese alla BCE di intervenire sui mercati - e di annunciare questo ai mercati prima dell'apertura del lunedi mattina. Abbiamo poi proseguito con la creazione del fondo da 750 miliardi di Euro. Queste informazioni sono state date ai mercati il lunedi mattina, incluse le informazioni da parte della BCE: "Interveniamo per motivi di politica monetaria". Ciò ha naturalmente accelerato i passi successivi.

H: Che cosa significa per lei personalmente?

Stark: Ho pensato subito alle dimissioni, mi sono consultato la notte di lunedi con alcuni amici e colleghi. Sono tutti giunti alla conclusione che questo non poteva essere un motivo, dovevo restare. Me per l'anno e mezzo successivo ho rimpianto la mia decisione, di non aver dato le dimissioni immediatamente.

H: Quando siamo arrivati al dunque, lei si è consultato con qualcuno?

Stark: No, con nessuno ad eccezione di mia moglie. Dopo la decisione di acquistare i titoli del debito pubblico nel maggio 2010 sono caduto in un enorme conflitto di lealtà. Conflitto di lealtà con le istituzioni, e conflitto con me stesso soprattutto, dovevo restare fedele ai miei principi. Allo stesso tempo dovevo rappresentare la linea ufficiale delle istituzioni, è difficile mantenersi in equilibrio a lungo. Quest'anno e mezzo per me è stato molto duro: se si fa un altro passo nella stessa direzione, allora giuro che dovrò dire NO. E questo è accaduto ad inizio dell'agosto 2011.

H: Come ha reagito la cancelliera Angela Merkel alle sue decisioni?

Stark: Si è contenuta. E ha detto che sarebbe stato inutile tentare di influenzare la mia decisione.

H: Lei non è riuscito ad imporre la sua visione di stabilità. Gli altri membri del consiglio BCE con una visione simile, non combattono una battaglia persa in partenza?

Stark: La situazione è oggi ancora più difficile. Arrivo alla conclusione, che nel medio periodo sono necessari 2 cambiamenti nel modo in cui gestiamo l'Eurosistema. Primo, considero non sostenibile un consiglio BCE con 23 o forse in futuro 27 o 30 o piu' membri. Qui è necessario un cambiamento. Questo sarà naturalmente molto difficile, perchè è necessario un cambiamento ai trattati.

H: Quale riforma di politica monetaria ha in questo momento in mente?

Stark: Quello che immagino è un comitato di politica monetaria, composto al massimo da 9 persone che prende le decisioni di politica monetaria per l'intera area monetaria. Secondo, ritengo necessario per le decisioni importanti, come quelle prese dal consiglio BCE, vengano resi pubblici i voti, quando le decisioni non sono consensuali. Con i nomi. Questo deve essere trasparente, in modo che sulle decisioni importanti non si possa dire che sono state prese a larga maggioranza, quando invece il consenso era limitato.

H: Questo è quello che dice spesso il presidente BCE Mario Draghi. All'esterno si dà l'immagine di una BCE in perfetta armonia.

Stark: Teoricamente la BCE verso l'esterno dovrebbe sembrare unitaria nelle sue decisioni. Ma in caso di dissenso su questioni di fondo è necessaria una maggiore trasparenza.

venerdì 23 marzo 2012

Continuate così!


Mario Draghi, intervistato dalla popolare Bild.de, cerca di calmare le ansie dei tedeschi spaventati dall'inflazione   e dal LTRO e rilancia con una sviolinata: siete il nostro modello, dobbiamo imparare da voi, continuate così!

BILD: Quando un anno fa era ormai chiaro che lei - un italiano - sarebbe diventato il nuovo presidendte della BCE, su Bild ci fu un montaggio impertinente: lei con un casco a punta prussiano. L'avevamo trasformata in un vero tedesco. Come lo ha trovato?

MD: Mi è piaciuto molto. L'elmo prussiano è un buon simbolo per l'importante compito della BCE: stabilità dei prezzi e difesa del risparmiatore europeo.

BILD: Per i tedeschi un banchiere centrale deve essere contro l'inflazione, indipendente dalla politica e per un Euro forte. In questo senso, quanto è tedesco lei?

MD: Queste sono esattamente le virtù tedesche. Ma ogni banchiere centrale nell'Eurozona  dovrebbe averle.

BILD: Il presidente francese sostiene, che l'Europa deve imparare dal modello tedesco...

MD: E ha ragione. L'ho già detto prima di lui: la Germania è un esempio. Il vecchio modello di stato sociale europeo è morto, perchè poteva andare avanti solo facendo molti debiti. I tedeschi lo hanno reinventato - ma senza un debito eccessivo"

BILD: Ha un messaggio per i tedeschi?

MD: Continuate così!

BILD: Una paura costante dei tedeschi è il ritorno dell'inflazione. Lei riesce a capirlo?

MD: I tedeschi nel ventesimo secolo hanno avuto delle pessime esperienze con l'inflazione. Distrugge valore e rende impossibile la pianificazione. Di piu': può portare alla completa disgragazione di una società.

BILD: Perchè come presidente della BCE accetta che nell'Eurozona ci sia un'inflazione al 2.7 %, chiaramente piu' alta dell'obiettivo della banca centrale?

MD: Un momento. Se consideriamo l'aumento del prezzo del petrolio e i recenti aumenti delle tasse operati dai governi, da mesi siamo stabili all'1.5 %. Se le previsioni di inflazione dovessero peggiorare, provvederemmo ad intervenire immediatamente. Guardate piuttosto ai fatti, parlano da sé. Il tasso medio di inflazione, dal momento della creazione della BCE è piu' basso che in qualsiasi precedente periodo prima dell'introduzione dell'Euro.

BILD: In due volte, la BCE ha messso in circolazione quasi un trilione di Euro di liquidità. Questo causerà inflazione?

MD: Le banche a cui la BCE ha prestato il denaro, in larga parte non hanno immesso questo denaro nel ciclo economico, ma hanno estinto dei vecchi debiti. Questo processo non alimenta l'inflazione. E osserveremo attentamente, se e come il denaro verrà immesso nel ciclo economico. 

BILD: Il presidente della Bundesbank Jens Weidmann mette in guarda dai rischi di questa inondazione di liquidità.

MD: E' un tipico banchiere centrale, come tutti noi. Ci preoccupiamo di cose, per le quali normalmente nessuno si preoccupa. E naturalmente ci sono rischi ed effetti collaterali, se si utlizza un farmaco molto forte, come lo è il quasi trilione di Euro di liquidità della BCE. Ha fatto bene a sottolineare il pericolo, e io sono daccordo con lui.

BILD: C'è una spaccatura fra paesi del nord e del sud nel consiglio della BCE?

MD: Non c'è nessun divario tra nord e sud. Tuttti i membri del consiglio hanno interiorizzato la cultura tedesca della stabilità. Il tempo dei conflitti è superato. Ma io le dico: lo scorso autunno la situazione era veramente critica. Potevamo arrivare ad una stretta creditizia delle banche molto pericolosa e così ad un fallimento delle aziende, che improvvisamente avrebbero avuto una secca finanziaria. Questo dovevamo evitare.

BILD: Ora le banche fanno grandi affari, giusto?

MD: Il denaro della BCE è arrivato nei posti giusti. Solo in Germania, 460 banche hanno preso parte all'operazione, molto più del solito. Non erano solo le grandi banche in difficoltà, ma anche molte piccole banche. Quest'operazione ha aiutato soprattutto le piccole e medie imprese che in Europa rappresentano il 70% di tutti i posti di lavoro.

BILD: Questo suona molto ottimista. L'Euro è una valuta sicura e stabile?

MD: Sì lo è molto.

BILD: La crisi è superata?

MD: Il peggio è alle spalle, ma ci sono ancora rischi. La situazione si stabilizza. I dati importanti dell'Eurozona, come inflazione, bilancia della partite correnti, e soprattutto deficit pubblico, sono migliori che ad esempio negli Stati Uniti. La fiducia degli investitori sta tornando, e la BCE da settimane non ha piu' dovuto sostenere i titoli pubblici attraverso gli acquisti. La palla ora è passata ai governi. Devono rendere l'Eurozona permanentemente a prova di crisi. 

BILD: Se oggi fosse il suo compleanno, quale sarebbe il suo desiderio che esprimerebbe al governo federale di Berlino e alla cancelliera?

MD: Fiduca nella BCE. Fiducia nell'Europa.


La Grecia dovrà rinunciare ad una parte del suo benessere e reddito



BILD: Herr Draghi, lei dice che il peggio della crisi è alle spalle. Ma la Grecia ha ancora bisogno di altri 100 miliardi di Euro freschi. Il paese è un pozzo senza fondo?


MD: I greci hanno già votato per importanti riforme in parlamento. Se verranno messe in pratica, il paese avrà una possibilità di uscire dal tunnel in cui è finito.


BILD: Ma nelle prossime elezioni vinceranno dei partiti che si oppongono alle riforme.


MD: Per superare la crisi la Grecia ha bisogno di un contesto politico stabile.


BILD: Perché i contribuenti tedeschi ed europei dovrebbero garantire se le cose vanno male?


MD: Questo è vero. I contribuenti europei si sono assunti una parte degli oneri del salvataggio greco. Per questo motivo la BCE non ha preso parte al taglio del debito - perchè questo sarebbe stato fatto a spese del contribuente.


BILD: Quanto tempo ha ancora la Grecia?


MD: Alcune riforme possono avere efetto molto rapidamente. Ad esempio una riforma fiscale e il miglioramento della riscossione delle tasse renderebbe il carico fiscale piu' equo. Questo è un forte incentivo a lavorare di piu' - e questo porta l'economia a camminare di nuovo con le proprie gambe.


BILD: Molti esperti ritengono che solo un'uscita dall'Euro potrebbe rendere la Grecia nuovamente competitiva.


MD: L'uscita di un paese dalla zona Euro per la BCE è impensabile.


BILD: Tuttavia...


MD: Un'uscita e la possibilità di svalutare la nuova valuta, non renderebbero migliore la situazione. La necessità delle riforme non verrebbe meno. Dall'altro lato l'alta inflazione e l'instabilità sarebbero le conseguenze di un'uscita - e per un periodo di tempo imprevedibile nessuno presterebbe alla Grecia il denaro necessario.


BILD: Dovranno in ogni caso i greci rinunciare ad una parte del loro reddito?


MD: Sì, questa riduzione del reddito riguarda il taglio dei salari in tutti i settori. Ma all'interno dell'Eurozona questo è più facile che all'esterno. 


BILD: C'è un limite al supporto finanziario? O andremo avanti ancora così?


MD: Questo non lo posso dire, dobbiamo vedere come procede nel paese. In generale vale sempre: se vogliamo difendere il denaro dei contribuenti, l'unione monetaria non deve diventare in alcun modo un'unione di trasferimento, dove 2 paesi pagano, il resto spende, e dove l'insieme viene finanziato attraverso gli eurobond. Questo non deve accadere.


BILD: Molti partiti in Germania lo chiedono.


MD: Una comunità si deve fondare sulla fiducia, una fiducia verso il rispetto delle regole comuni come ad esempio quelle sul deficit pubblico. Per questo il nuovo Fiskal-pakt è importante per i paesi Euro, e sarebbe ancora troppo presto per gli Euro bond.


BILD: La cancelliera riuscirà ad imporsi?


MD: Io dico, senza la pressione dei mercati e dei tedeschi, non avremmo fatto molti dei progressi fino ora ottenuti nei diversi paesi europei.

giovedì 22 marzo 2012

Target-2, Sinn ha torto! Forse...


Handelsblatt pubblica un commento di Philipp Johann Koenig, economista dell'Università di Berlino, sulle conclusioni di Sinn in merito al sistema Target-2. Secondo l'autore le sue ipotesi sarebbero in parte errate e in malafede. 

La discussione pubblica sugli squilibri del sistema Target-2 è caratterizzata da molte incomprensioni, mezze  verità ed errori. E' arrivato il momento di fare chiarezza.

Circa un anno fa Hans Werner Sinn ha pubblicato un vero e proprio articolo di giornalismo investigativo sul sistema Target-2. Nonostante le numerose obiezioni alla sua tesi, fino ad ora nel dibattito pubblico egli è rimasto la massima autorità interpretativa su questo argomento. I giornalisi della FAZ, di Wirtschaftswoche, di Spiegel Online hanno ripreso la sua tesi senza aggiungere  alcun commento.  

Tuttavia le funzioni del Target-2 e le sue implicazioni economiche non sono particolarmente complicate, e sono già state descritte dettagliatamentne nel 1999 da Peter Garber. Oppure un tema cosi tecnico appassiona il lettore, solo se si parla di una "strategia segreta di salvataggio della BCE" oppure se si parla di denaro stampato in continuazione con la "stampante della BCE".

Ci sono buoni motivi per discutere criticamente le tesi del professor Sinn. Sono a volta scorrette e talvolta formulate in maniera confusa, perché Sinn evita di chiarire i meccanismi che stanno dietro il sistema Target-2. Ancora piu' discutibile è la sua proposta di limitare i saldi del Target-2 come difesa ai probabili costi aggiuntivi per il contribuente tedesco, da lui ipotizzati. Se la sua proposta fosse messa in pratica, causerebbe la fine dell'unione monetaria. E in quel caso allora i rischi nel bilancio della banca centrale diverrebbero molto piu' concreti.

Target-2 è il sistema europeo di pagamento dell'Eurosistema. Due regole sono importanti per comprendere il funzionamento dei saldi Target-2. Primo, un banca di affari ha un conto presso la banca centrale del paese nel quale ha sede e può solo attraverso questo conto ricevere un credito dalla banca centrale. Secondo, le differenti banche centrali pubblicano bilanci separati. Se una banca greca bonifica tramite il Target2 100 Euro ad una banca commerciale tedesca, si riduce il credito della banca centrale greca di 100 €, mentre quello della banca commerciale tedesca cresce di 100 €. I bilanci della banca centrale greca e della Bundesbank non sono piu' allineati, poiché 100 € sono usciti dall'area di responsabilità della banca centrale di Atene e sono entrati in quella della Bundesbank.

Non esistono i crediti Target

Per correggere questo e pareggiare di nuovo i bilanci, viene introdotta una posizione di compensazione, un impegno appunto. Intendiamoci, una posizione attiva della Bundesbank verso la Banca centrale greca non è un credito che la Bundesbank concede alla banca centrale di Atene. Ogni posizione Target-2 riflette un flusso di denaro fra le banche centrali, che la banca commerciale che ha eseguito il bonifico ha preso a prestito.

Non esistono crediti Target, come li chiama Sinn. Ci sono crediti dell'Eurosistema alle banche commerciali, concessi attraverso il sistema della banche centrali, e ci sono flussi di questo denaro prestato all'interno dei circuiti Target2 nell'Eurozona. I pagamenti transfrontalieri all'interno dell'unione monetaria, compaiono nel bilancio della banca centrale. Che cosa fa la banca commerciale tedesca con i 100 € dalla Grecia?  La banca commerciale tedesca ha bisogno del denaro della banca centrale per soddisfare le esigenze di prelievo dei propri clienti, per coprire le proprie riserve minime e per gestire i pagamenti. Se dopo aver ricevuto il pagamento ha 100 € in piu' di quanto abbia bisogno, in tempi normali offre questa eccedenza al mercato dei capitali. Se la banca greca dopo il pagamento ha 100 € meno di quanto ha bisogno si rivolge al mercato dei capitali, mediante il quale può prendere a prestito dalla banca tedesca 100 €.

Attraverso questo affare si genera un nuovo flusso di pagamenti in direzione inversa nel sistema Target-2. Le posizioni di segno contrapposto si pareggiano. I normali meccanismi di mercato portano in tempi normali a posizioni molto basse nel Target-2 all'interno dei bilanci delle banche centrali. Perchè nel corso della crisi si sono create delle posizioni Target così grandi?  Si ricorda, che al momento la banca centrale tedesca, olandese, lussemburghese, e Finlandese hanno insieme richieste (attività) verso il Target 2 per circa 660 miliardi di Euro nei confronti delle banche centrali degli altri paesi. Nei 18 mesi precedenti la crisi, le posizioni attive T2 erano in tutto l'Eurosistema circa 85 miliardi e si suddividevano fra circa 11 banche centrali nazionali.

Il mercato interno del denaro durante la crisi si è segmentato lungo i confini nazionali. Le banche dei paesi in crisi non hanno avuto piu' accesso al mercato dei capitali, e così sul mercato non si sono piu' create posizioni contrarie. A questo si deve aggiungere una considerevole fuga di capitali. Prima della crisi i capitali si muovevano all'interno dell'Eurozona, spesso sotto forma di prestiti a breve termine dalle banche dei paesi centrali a quelli periferici.

La crisi del debito si è estesa anche alle banche di questi paesi e i flussi di capitale si sono invertiti. Il capitale fugge verso i paesi considerati sicuri. La capacità di finanziarsi per le banche dei periferici è sempre minore, mentre le banche che ricevono i capitali hanno piu' liquidità di quanta effettivamente ne abbiano bisogno.

Che cosa fanno le banche con la liquidità ricevuta? Hanno meno bisogno di credito dalla banca centrale e depositano presso la Bundesbank parte della liquidità ricevuta. Che cosa fanno le banche nei paesi in crisi? Hanno bisogno di piu' credito dalla banca centrale per restare solvibili. Sinn definisce questo processo "stampa di denaro". La terminologia usata da Sinn è scorretta, e rende piu' difficile la comprensione dell'intero processo. La concessione di credito dell'intero Eurosistema si sposta verso le banche dei paesi in crisi.

Come è sempre accaduto, il denaro non viene stampato, piuttosto viene concesso del denaro su un deposito a fronte di garanzie. L'accettazione di garanzie è una procedura comune a  tutte le banche centrali, in gran parte standardizzata. L'eccezione piu' importante è la concessione della cosiddetta Liquidità di assistenza di emergenza (Emergency Liquidity Assistance), che invece avviene completamente a rischio della BCE.

Nessun consenso sulla giusta soluzione.

E' cosi brutto, se le banche in Germania prendono a prestito dalla banca centrale meno denaro? No! Grazie al flusso di capitali dei paesi in crisi, sono in una posizione privilegiata e quindi meno dipendenti dai finanziamenti della banca centrale. E' un male se i prestiti della banca centrale si spostano verso i paesi in crisi? In questo modo l'Eurosistema va incontro a rischi superiori. Il livello assoluto delle operazioni di credito è cresciuto e il bilancio della BCE è poco diversificato (perchè sono solo le banche dei paesi in crisi a richiedere prestiti). Inoltre le garanzie accettate sono state estese, rendendo in questo modo la concessione di credito piu' rischiosa.

L'Eurosistema non avrebbe dovuto prendere questi rischi? Questa domanda deve essere discussa in maniera intensiva. L'Eurozona è attraversata contemporaneamente da una crisi bancaria e da una crisi dei debiti pubblici. La banca centrale può influenzare la crisi, in quanto attraverso misure straordinarie può rendere meno acuti i problemi del sistema bancario. Sulla causa di fondo della crisi del debito - debiti esorbitanti, problemi strutturali, bilancia dei pagamenti squilibrata - la politica monetaria non ha alcun influsso.

In questo scenario la BCE si deve tenere in equilibrio fra un'accettazione di ulteriori rischi e la difesa del debole settore bancario nei paesi in crisi. Come mostra la lettera di Weidmann al presidente della BCE Draghi, anche all'interno del consiglio della BCE non esiste un'opinione comune sulla soluzione di questo conflitto. Le posizioni Target-2 che Sinn ha preso in esame, sono alla fine solo un sintomo della crisi economica. Sono un'espressione della fuga di capitali in corso e delle misure della BCE prese per attenuarne gli effetti.

E' falso sostenere che la BCE in questo modo finanzia la bilancia della partite correnti del sud Europa. I capitali, compresi i depositi bancari nazionali, possono ad un certo punto lasciare il paese. La bilancia delle partire correnti in questo senso è irrilevante. Anche paesi con una posizione debitoria attiva verso l'estero possono essere interessati da una fuga di capitali e sviluppare in questo modo degli elevati saldi negativi Target-2.

L'insolvenza sarebbe il risultato.

Le posizioni Target-2 rappresenterebbero un problema, solo se l'Eurozona dovesse disintegrarsi. L'ipotesi di Sinn (evento fortunatamente estremamente improbabile) in questo caso è corretta. Ma Sinn ipotizza che tutte le richieste Target-2 dovrebbero essere contabilizzate come perdite. Questo non è certo il caso. Come si potrebbe sviluppare una rottura della zona Euro, e come sarebbero gestiti i crediti della banca centrale e le relative garanzie, non è certamente ancora stato regolato.

E' ipotizzabile che in un caso del genere, fra i paesi coinvolti ci sarebbero delle lunghe negoziazioni  politiche, alla fine delle quali si cercherebbe di trovare un accordo sulla suddivisione delle perdite dovute alla rottura dell'unione monetaria.

Per poter difendere il contribuente tedesco dalle probabili perdite, Sinn propone un pareggio annuale delle posizioni Target-2 attraverso il trasferimento di oro o di garanzie negoziabili sui mercati. Apparentemente non è consapevole che questo trasformerebbe l'unione monetaria in un sistema a cambi fissi. La solvibilità dei paesi europei all'interno dell'unione monetaria sarebbe definita dalle riserve della sua banca centrale (e non dalla consistenza delle garanzie accettate dalla banca centrale in mano al settore privato). 

L'effetto sarebbe una insolvenza dei 12 paesi con saldi Target negativi, una rottura dell'Eurozona e il verificarsi di quella situazione che proprio Sinn poco prima con tanta forza aveva descritto come il rischio maggiore.