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mercoledì 22 gennaio 2020

Sempre piu' persone in Germania hanno bisogno di un secondo lavoro, e quasi sempre è un minijob

E' l'altra faccia del boom economico degli ultimi anni: più di 3.5 milioni di occupati hanno bisogno di un secondo lavoro, quasi sempre un minijob, per sbarcare il lunario. Segno evidente che gli working-poor stanno crescendo anche nella "ricca" Germania del boom economico. Ne scrive la Süddeutsche Zeitung.


Secondo la Bundesagentur für Arbeit in Germania ci sono circa 3,5 milioni di occupati con un secondo lavoro. Per più della metà di loro, le difficoltà finanziarie sono state la motivazione principale per iniziare un secondo lavoro.

Continua a crescere il numero di coloro che svolgono un secondo lavoro - quasi il 7 % di tutti i tedeschi fra i 18 e i 65 anni. A fine giugno 2019, erano registrati circa 3.538.000 occupati con piu' di un impiego, come si evince da una risposta della Bundesagentur für Arbeit (BA) a una interrogazione della Linke al Bundestag, come riporta la Neue Osnabrücker Zeitung. Rispetto a giugno 2018 sono circa 123.600 persone in più, con un incremento pari la 3,62 %. Un anno prima, secondo l'agenzia per l'impiego, il numero era stato di circa 3,3 milioni. Secondo i calcoli dell'Institut für Arbeitsmarkts - und Berufsforschung, il numero degli occupati con piu di un lavoro dal 2003 al 2017 è più che raddoppiato.

Secondo quanto riferito, quasi tre milioni di persone oltre a un lavoro regolare hanno anche un mini-job. Più di 345.400 persone erano invece registrate in due rapporti di lavoro soggetti a contributi previdenziali. La terza variante più comune era invece la combinazione di due o più cosiddetti minijobs. Questo è il caso per 260.700 persone.

Secondo uno studio condotto dalla Fondazione Hans Böckler nel marzo 2019, il 53 % degli intervistati affermava che a spingerli verso un secondo lavoro erano state le difficoltà finanziarie o lo stato di bisogno. Il 24 %degli intervistati con un secondo lavoro dichiarava inoltre di non riuscire a trovare un lavoro a tempo pieno e che quindi doveva ricorrere ai sussidi pubblici Hartz (Aufstocker).

Il deputato della Linke al Bundestag Sabine Zimmermann per contrastare questa tendenza chiede un aumento del salario minimo "in un primo passo ad almeno 12 euro l'ora" . 
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martedì 3 dicembre 2019

Zonar: così Zalando monitora e controlla i dipendenti

Nel fantastico mondo della produttività made in Germany e dell'economia "sociale" di mercato, un articolo molto interessante della Süddeutsche Zeitung  ci spiega il funzionamento di Zonar, il software per la valutazione fra colleghi utilizzato da Zalando, il gigante tedesco del commercio online. Alla base c'è lo stesso sistema utilizzato per la valutazione online dei prodotti, solo che qui l'oggetto della valutazione sono le persone. Ne scrive la Süddeutsche Zeitung


- I dipendenti di Zalando sono incoraggiati a valutare le prestazioni e il comportamento dei loro colleghi mediante il sistema di gestione e valutazione del personale Zonar.

I dipendenti si lamentano dell'enorme sorveglianza e, di conseguenza, dell'elevata pressione e dello stress.


- Zalando, invece, considera il sistema di valutazione un progresso.

Quando Marianne Meier si è candidata per un posto da Zalando, in giro aveva sentito cose cattive, e cioè: "che puoi andare avanti solo leccando il culo ai capi" Marianne Meier (il nome è stato cambiato) pensava che fossero solo le dicerie di qualche persona frustrata - e cosi' si è fatta arruolare dal più grande rivenditore di moda online d'Europa. Nel frattempo però, anche i dirigenti sembrano essere alquanto frustrati. E ciò ha molto a che fare con il sistema per la gestione delle risorse umane "Zonar":  "non importa quanto sia buono il tuo feedback, il capo può interpretarlo a suo piacimento e se non gli piaci, farti fuori dall'azienda".

Zonar, che Zalando impiega tra 5.000 dei suoi 14.000 dipendenti, rimanda al sistema delle valutazioni dei clienti su Internet. Solo che qui non sono i prodotti ad essere valutati, ma le persone. Attraverso il software i manager e i dipendenti valutano in maniera completa i punti di forza e di debolezza dei colleghi, come ad esempio le loro prestazioni e la loro condotta sociale. "In sostanza, si tratta di valutare, controllare e sanzionare i dipendenti in maniera permanente", affermano Philipp Staab e Sascha-Christopher Geschke della Humboldt-Universität di Berlino. I due ricercatori lavorano da due anni su uno studio di 60 pagine, ora disponibile alla Süddeutsche Zeitung .

Il capo del personale di Zalando parla della possibilità di dare un "feedback a 360 gradi".

Le accuse principali: Zalando genera la sensazione di essere sorvegliati, pressione sui risultati e stress. Con Zonar il gruppo in rapida crescita, ormai oltre cinque miliardi di euro di fatturato,  crea un clima di paura fra i lavoratori e mantiene bassi i salari. I dipendenti a tempo determinato temono di perdere il loro lavoro. Tali sistemi di gestione del personale potrebbero diffondersi in tutto il mondo professionale, è scritto nello studio della Fondazione Böckler: "Zalando, la società leader nella digitalizzazione, ha un ruolo fondamentale". Il colosso Amazon nel 2015 negli Stati Uniti,  con un software simile, aveva provocato un'ondata di indignazione analoga. I dipendenti all'epoca si lamentavano per l'eccessiva pressione.

Zalando, che effettua consegne in 17 paesi europei, dà un giudizio positivo del suo sistema: "Zonar è una parte importante della nostra gestione dei talenti, un sistema con il quale offriamo ai dipendenti e ai leader l'opportunità di ottenere e fornire feedback a 360 gradi". In passato erano solo i manager a decidere se qualcuno doveva essere promosso o ricevere uno stipendio piu' alto, afferma il responsabile del personale Astrid Arndt. "Ora invece a ciò si aggiunge anche quello che i colleghi, i clienti aziendali e i dirigenti pensano di quella persone, questo sistema è più giusto del precedente". Lo sviluppo di ciascun dipendente viene supportato attraverso una "cultura del feedback vissuta".

"Non posso avere una brutta giornata."

I lavoratori intervistati la vedono in maniera diversa. "È una sorveglianza a 360 gradi", afferma uno di questi. "Non posso avere nemmeno una brutta giornata". Alcuni mesi dopo in una valutazione è riapparsa una situazione di cui non si ricordava nemmeno piu'. "Bisogna fare sempre buon viso a cattivo gioco", dice Marianne Meier. "Sorridere a tutti, altrimenti tutti si possono vendicare"

Attualmente i dipendenti, due volte l'anno, nominano fino a otto dipendenti per la valutazione.  Mentre i dirigenti hanno voce in capitolo nella selezione. In linea di principio, secondo i ricercatori, tutti vengono incoraggiati a valutare in maniera permanente il comportamento dei loro colleghi. L'impressione di essere sorvegliato è rafforzata dal fatto che una parte di Zalando si è trasferita in un ufficio con stanze completamente vetrate, con delle postazioni di lavoro quindi costantemente visibili. "Trovo Zonar un sistema impossibile", afferma un dipendente. "In realtà, sono i metodi  della Stasi."

Zalando spiega che esiste un interesse legittimo del datore di lavoro nel controllare le prestazioni. Zonar verrebbe utilizzato solo nella misura in cui è consentito dalla legge. I lavoratori citati non sarebbero rappresentativi. Un sondaggio interno ha mostrato che il 67 % dei dipendenti raccomanderebbe Zalando come un buon datore di lavoro. Solo il 13% prende in considerazione l'idea di cambiare azienda. "Zonar non è uno strumento di controllo", afferma il responsabile delle risorse umane Arndt.

Ci sono anche lavoratori che trovano il sistema positivo

Ci sono anche dipendenti che in linea di principio approvano il sistema. "Ricevo un feedback sul mio lavoro. Migliore è il feedback, tanto migliore sarà la mia valutazione", ci spiega un dipendente al telefono, chiamiamolo Thomas Forster. "E' una grande cosa, se fa bene all'azienda". In realtà, egli individua anche delle criticità: "Si tende a proteggere la propria area di lavoro, invece di cooperare. Il controllo effettuato attraverso Zonar svolge un ruolo importante in ciò. Le persone considerano soprattutto l'impressione che stanno dando, invece di riflettere sul problema ..."

Come accade ad altri dipendenti, Marianne Meier, invece, sottolinea altri svantaggi: "dovrebbe essere tutto anonimo, ma tutti ne parlano: dammi un buon feedback, poi te ne darò uno buono io, se ne parla spesso in pausa pranzo". Si è anche rivolta ad un manager che ufficialmente non poteva sapere quale feedback Meier gli avesse dato. I capi si mettono d'accordo fra loro per ottenere dei voti alti. Un percorso impossibile per i normali dipendenti.

Le valutazioni sono decisive per definire lo stipendio, insieme ad una commissione. Poiché ciascuno valuta i punti di forza e di debolezza, l'immagine complessiva che ne esce può essere interpretata a scapito dei dipendenti, i ricercatori affermano: "Zonar è progettato per produrre i risultati desiderati dal management". I dipendenti sono divisi in tre gruppi di prestazioni, quelli attuali sono: eccezionali, forti e in grado di migliorare. I ricercatori affermano che Zalando mantiene sistematicamente il gruppo superiore in una dimensione ridotta, in alcuni dipartimenti è solo del 2-3%. "Beh, non è davvero possibile raggiungere il livello più alto", dice un dipendente. Zonar crea una massa il cui salario ristagna, secondo Staab e Geschke: "da Zalando molti lavoratori sono frustrati a causa dei salari relativamente bassi". Zalando invece non è d'accordo, secondo l'azienda non si può parlare di un limite salariale causato da Zonar. "Gli aumenti salariali medi nel 2018 e nel 2019 sono stati ben al di sopra della media tedesca del 3,1 per cento".

I dipendenti descrivono come Zalando sia riuscito ad imporre il sistema di valutazione. "L'anno scorso sono stato il top performer e ho anche ricevuto dei bonus", afferma nello studio un dipendente. Poi è stato avvicinato: "o abbassi la valutazione del tuo collega e gli dai un feedback negativo, in modo da poterlo classificare come un low-performer, oppure non sarai più un top-player. Le parole sono state piu' o meno queste dopodiche ho detto: 'No, non voglio dare questo feedback'. Lo considero un ricatto."

Zalando spiega che non può capire affermazioni simili. I dipendenti fra loro generalmente si scambiano feedback positivi.

La società afferma di aver tratto delle conseguenze dalle critiche.

Marianne Meier ha apertamente criticato delle decisioni caotiche. In questo modo si è resa impopolare agli occhi di diversi capi che poi si sono messi d'accordo fra loro. In seguito per lei non è stato d'aiuto nemmeno aver dato a tutti i suoi colleghi dei buoni voti. È stata comunque declassata. Zalando  attraverso le sanzioni crea un clima di paura, sostengono i ricercatori. Una collega si è confidata con Thomas Forster e ha raccontato quello che le è successo: il suo capo dalle valutazioni ha selezionato degli elementi negativi per poterla fare fuori.

La responsabile del personale Arndt, d'altra parte, trae una conclusione positiva. "Riteniamo che con Zonar si stia andando incontro alle necessità dei dipendenti, ascoltiamo lo staff e continuiamo a sviluppare Zonar". Ciò che i ricercatori descrivono nello studio, in corso dal 2017, oggi tuttavia viene gestito diversamente.

In che modo i programmi come Zonar si possono diffondere e modificare la routine lavorativa quotidiana? Questa è una domanda che dovrebbe interessare milioni di dipendenti. E' probabile che tali programmi resteranno di tendenza per molto tempo ancora. Il New York Times nel 2015 ha rivelato le pratiche in uso presso Amazon. Li' i dirigenti vengono monitorati e guidati da un programma di gestione del personale. I colleghi si sentono spiati da "Anytime Feedback Tool". L'accusa è quella di esercitare una forte pressione sulle persone malate e sui "low performer". "Zonar crea dinamiche che in futuro modelleranno il mondo del lavoro", scrivono Staab e Geschke. "I rivenditori online come Amazon o Zalando sono all'avanguardia in questo ambito".



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mercoledì 2 ottobre 2019

Il crescente successo della "quota 98" tedesca

Anche nell'operosa Germania, sono sempre di piu' i lavoratori che non ne vogliono sapere di lavorare fino a 67 anni e che quindi provano a sfruttare la possibilità di andare in pensione a 63 anni con 35 anni di contributi (Frührente). Per evitare le penalizzazioni previste dalla legge (0.3% al mese), occorre tuttavia versare un conguaglio. Ne scrive la Süddeutsche Zeitung


- Sono sempre di piu' i lavoratori che versano volontariamente denaro nelle casse della previdenza sociale pubblica in modo da poter andare in pensione in anticipo senza alcuna penalizzazione.

- Dal 2015, la somma annuale versata con questo scopo è aumentata di otto volte passando a 207 milioni di euro.

- Si può iniziare a pagare i contributi aggiuntivi già dall'età di 50 anni. Una possibilità usata principalmente da chi ha già un buon stipendio, in quanto è costosa.


Per molti è un sogno difficilmente realizzabile: andare in pensione in anticipo, senza subire penalizzazioni per le prestazioni di vecchiaia. Sono soprattutto i redditi piu' alti che da qualche tempo hanno la possibilità di realizzare questo sogno - per niente economico. Per molto tempo è stato un segreto conosciuto solo dagli esperti, recentemente tuttavia è diventato sempre più popolare. In Germania, i lavoratori versano - su base volontaria - somme sempre più elevate alla previdenza sociale pubblica, in modo da poter andare in pensione già a 63 anni, senza tuttavia dover subire per anni delle penalizzazioni finanziarie .

Come annunciato dalla Deutsche Rentenversicherung (DRV Bund), nel 2018 la previdenza sociale pubblica ha incassato circa 207 milioni di euro sotto forma di "contributi volontari per compensare le future riduzioni pensionistiche". Si tratta di un "aumento di oltre otto volte" rispetto al 2015; all'epoca, infatti, erano stati solo 24 milioni di euro. E con una certa soddisfazione, Dagmar König, presidente della Bund DRV, aggiunge: l'aumento dei contributi volontari, non solo "ha un effetto positivo sulle finanze delle casse pensionistiche pubbliche", ma è "anche un segno dell'elevata fiducia dei contribuenti nella sicurezza e nella redditività della pensione pubblica obbligatoria".

Gli esperti finanziari parlano di aspettative di rendimento tra il 2 e il 4 %

Chi l'avrebbe mai pensato? Proprio la tanto vituperata previdenza sociale pubblica in Germania è diventata una  gestione patrimoniale molto ambita. In tempi di tassi di interesse a zero ciò non dovrebbe sorprendere, soprattutto se si considera un fatto importante: in nessun'altra forma di investimento il guadagno consiste nella possibilità di andare in pensione con diversi anni di anticipo.




La tendenza è diventata da tempo evidente. Nel 2018 oltre 100.000 persone assicurate si sono rivolte alla Bund DRV al fine di informarsi sulle condizioni alle quali sarebbero potute andare in pensione anticipatamente. Con la nuova "legge Flexirent", entrata in vigore a luglio 2017 e a lungo ignorata dalla grande maggioranza del pubblico, è stata introdotta una possibilità vantaggiosa per poterlo fare. Da allora, chiunque sia assicurato con la previdenza sociale pubblica e vuole andare in pensione anticipatamente senza penalizzazioni, può versare dei contributi aggiuntivi al fondo pensione. E' particolarmente attraente per i nati nel 1964, o dopo. Per loro, dal 2030 in poi, infatti, verrà applicata l'età pensionabile standard di 67 anni.

Questo limite tuttavia può essere considerevolmente anticipato grazie alle opportunità offerte dalla cosiddetta legge Flexirent: questa "pensione per assicurati a lungo termine" è prevista a partire dai 63 anni, a condizione però che si abbiano almeno 35 anni di contributi versati - compresi maternità, servizio di leva o servizio civile.

Il calcolo di base piu' o meno funziona cosi': ogni mese di anticipo della pensione corrisponde a un - 0,3 %. Calcolato su un anno corrisponde ad una riduzione del 3,6 % (0,3 X 12 mesi). Se vuoi andare in pensione 4 anni prima, devi accettare un meno 14,4 %. Oppure semplicemente aver versato prima alle casse pensionistiche pubbliche una somma, di solito a cinque cifre. Questo pagamento può iniziare già dall'età di 50 anni, ed è possibile il pagamento rateale.

Gli ultimi dati esemplificativi della Bund DRV - chiariscono le dimensioni della questione: se ti aspetti una pensione mensile di 2.400 euro e vuoi andare in pensione due anni prima, avrai una riduzione di  172,80 € al mese, e quindi una pensione ridotta a 2.227,20 €. Chi vuole evitare questa penalizzazione, può pagare in una sola volta 40.766 euro alla previdenza sociale pubblica, oppure rateizzare l'importo.


Gli esperti finanziari citano un'aspettativa di rendimento compresa tra il 2 e il 4%. Cosa rende la questione ancora più attraente: gli aumenti futuri delle pensioni non sono inclusi, tuttavia nessuno dovrebbe aspettarsi che il recente aumento delle pensioni (3,18 % nella Germania occidentale e 3,91 % nell'est) diventi la regola, ancor di piu' se l'attuale rallentamento economico dovesse continuare.

Una domanda completamente diversa: cosa significano la pensione a 63 anni e i relativi pagamenti per le casse pubbliche? Il sistema di previdenza sociale in questo modo verrà indebolito? È a spese dei contribuenti? Le penalizzazioni dal punto di vista del calcolo attuariale sono corrette? Secondo Bert Rürup, il più noto esperto pensionistico in Germania, le penalizzazioni applicabili sono state "definite sulla base delle tabelle di mortalità fissate a metà degli anni '80", da allora sono rimasti invariati. Il fatto è che con queste riduzioni, secondo Rürup, la Germania "nel confronto internazionale si trova in fondo alla classifica". Le penalizzazioni dovrebbero essere impostate in modo "da rendere irrilevante per il sistema pensionistico il pensionamento anticipato o posticipato". Se questo dovesse essere il caso, sarà tanto piu' problematico quanto piu' popolare sarà la pensione a 63 anni.




lunedì 20 maggio 2019

Perché il Lussemburgo è diventato il paradiso fiscale alle porte di casa

Dal Lussemburgo e dai lussemburghesi DOC ci arrivano spesso le solite lezioncine sui conti pubblici e sulla disciplina di bilancio. Vale la pena farsi spiegare da un esperto di paradisi fiscali, il tedesco Hans-Lothar Merten, come abbia fatto il piccolo granducato a diventare quello che è oggi: il paradiso fiscale al servizio del grande capitale tedesco. La Süddeutsche Zeitung intervista Hans-Lothar Merten.


Hans-Lothar Merten, esperto di paradisi fiscali, ci spiega come abbia fatto il Lussemburgo a diventare quello che è oggi - e quale ruolo hanno avuto le banche tedesche. 

SZ: in che modo il Lussemburgo è diventato un paradiso fiscale?

Hans-Lothar Merten: le banche tedesche hanno tirato sù il Lussemburgo, gli hanno dato notorietà a livello nazionale, il che ha trasformato il Lussemburgo in un rifugio ben conosciuto e di grande interesse per gli investitori privati. ​​Prima che nel 1993 fosse introdotta la ritenuta alla fonte sugli interessi, era già in corso una fuga dei capitali da parte degli investitori tedeschi. A quel tempo ad andarsene non era solo il denaro dei ricchi, verso il Lussemburgo si spostavano anche i patrimoni piu' piccoli. Si guidava fino in Lussemburgo con i soldi nel bagagliaio, si trattava principalmente di persone provenienti dall'Assia, dalla Renania-Palatinato e dal Nord Reno-Westfalia. Volevano essere in grado di passare rapidamente il confine da soli. All'epoca si trattava ancora di spostare i titoli di credito in forma fisica.

Hans Lothar Merten

SZ: che cosa ha significato per il Lussemburgo essere diventato un paradiso fiscale?

È stato un programma economico per la creazione di posti di lavoro. Le banche e le società di investimento hanno decine di migliaia di dipendenti. La maggior parte proviene dall'estero perché il Lussemburgo non può fornire così tanti lavoratori. E naturalmente queste aziende, anche se pagano poche tasse, lasciano dei soldi nel paese - per soggiorni in hotel, cene e così via.

SZ: la Svizzera e il Lussemburgo sono i paradisi fiscali più popolari fra i tedeschi. Cosa differenzia questi due paesi?

La Svizzera da sempre è conosciuta come il paradiso fiscale per eccellenza, sin dalla prima guerra mondiale. In Lussemburgo questo aspetto si è sviluppato solo negli anni ottanta. La qualità delle banche svizzere è sempre stata molto buona. Il Lussemburgo si è sviluppato solo più recentemente. Ma poi sono stati anche bravi. Soprattutto perché molte banche tedesche si sono spostate nel granducato. Hanno portato lì una parte della loro clientela.

SZ: e lavori ben pagati nel settore finanziario.

Esattamente. Il Lussemburgo ha corteggiato le banche. Il legislatore ha fatto la sua parte e ha offerto delle strutture fiscali interessanti per i grandi patrimoni privati. Il Lussemburgo è ancora oggi uno dei più grandi centri finanziari del mondo. E per un lungo periodo di tempo il Lussemburgo ha tenuto fede al segreto bancario, come, per inciso, l'Austria. Gli investitori potevano risparmiare le tasse sugli interessi.

SZ: dopotutto, il segreto bancario nell'UE da alcuni anni è un ricordo del passato 

Per i piccoli investitori privati anche in passato il Lussemburgo non è mai stato molto interessante: a causa dei CD fiscali, e dei raid su larga scala condotti dalle autorità nelle banche. All'improvviso si sono messi paura. Per i grandi patrimoni invece non è mai stato un problema. Hanno fatto ricorso ad un trucco fiscale basato sul cosiddetto mantello delle assicurazioni sulla vita, che ancora oggi si può fare tranquillamente. Si tratta di una gestione patrimoniale, che può contenere immobili, azioni e fondi.

SZ: allora il Lussemburgo rinunciando al segreto bancario ha rinunciato a qualcosa che in realtà nessuno ha mai usato?


In linea di principio, sì. Il settore finanziario lussemburghese si è poi concentrato sui grandi beni e sulle società.

SZ: perché il Lussemburgo è interessante anche per le corporation? Il paese ad esempio è riuscito ad attrarre Amazon.

Fino all'uscita dei Lux Leaks le aziende talvolta pagavano lo 0,001 % di tasse, ovvero niente. E per le aziende tedesche il Lussemburgo si trova alle porte di casa. Possono arrivarci in un'ora di auto e poi fare una riunione. In Lussemburgo, inoltre, le decisioni si prendono alla svelta. Le aziende non devono aspettare molto quando hanno bisogno di registrare qualcosa. In Germania a volte servono mesi per ottenere una licenza. In Lussemburgo funziona tutto in maniera molto più rapida. L'amministrazione è cooperativa. Il Lussemburgo corteggia i contribuenti, anche se pagano poche tasse.

SZ: i Lux-leaks in Lussembrugo sono stati accolti in maniera alquanto negativa, spesso secondo il motto: i media stranieri ci trattano in maniera ingiusta. Perché i paradisi fiscali sono così sensibili alle critiche?

Non hanno alcun senso dell'ingiustizia quando evadono le tasse. Persino le aziende non hanno alcuna coscienza dell'ingiustizia che stanno commettendo. Stanno semplicemente cercando di generare il massimo rendimento possibile per i loro azionisti. L'ottimizzazione fiscale è una di queste strategie. Per loro non c'è alcun problema. I lussemburghesi sapevano cosa stavano facendo. Ciò che viene risparmiato fiscalmente in Lussemburgo, viene sottratto ad altri paesi.

SZ: l'evasione e l'elusione fiscale sono sempre più al centro della discussione politica. Stiamo andando verso una resa dei conti per i paradisi fiscali?

Nei paesi europei abbiamo aliquote fiscali diverse. Fino a quando nell'UE non si riuscirà a portare l'aliquota dell'imposta sulle società a un livello minimo uniforme, ad esempio il 18 %, anche in Europa avremo sempre dei tentativi di trovare delle scappatoie. C'è un'intera industria che se ne occupa - ed è ben pagata. Si tratta delle grandi società di revisione contabile che cercheranno sempre di trovare qualche soluzione per i loro clienti, sia nell'UE che nel mondo. La Commissione europea su questo punto avrebbe dovuto lavorare con piu' convinzione. Ma in Europa non succede molto perché per cambiare i regimi fiscali bisogna decidere all'unanimità. Malta, Cipro, i Paesi Bassi, e il Lussemburgo bloccherebbero tali leggi.

sabato 19 gennaio 2019

Sovvenzioni europee per il diesel manipolato

VW nel corso degli anni ha ricevuto 400 milioni di euro di sovvenzioni dalla BEI con la promessa di sviluppare un motore pulito e amico dell'ambiente, peccato pero' che il risultato finale sia stato un motore manipolato che per anni ha inquinato l'aria delle città di tutto il mondo. La procura di Braunschweig, competente sul tema, ha archiviato il caso. Ne parla la Süddeutsche Zeitung


E' una storia piena di ironia involontaria: c'è un gruppo industriale che riceve centinaia di milioni di euro di sussidi per sviluppare un motore ecologico e invece ne viene fuori uno scandalo.

Naturalmente si tratta di VW. Qualche anno fa il gruppo aveva ricevuto dalla Banca europea per gli investimenti (BEI) dei prestiti, per un valore di 400 milioni di euro, allo scopo di sviluppare un nuovo motore ecologico. Alla fine di tutto il processo invece è uscito proprio il motore diesel dal codice EA 189, divenuto tristemente noto a causa dello scandalo sulle emissioni diesel. 400 milioni di euro - per cosa esattamente?

E 'stato lo staff dell'Ufficio europeo antifrode OLAF ad entrare in scena e a voler guardare piu' da vicino nei prestiti erogati dalla BEI a partire dal 2009. Hanno tenuto duro: il denaro non è finito in una tecnologia orientata al futuro e rispettosa dell'ambiente, ma in un motore manipolato. Il caso è stato trasmesso alla procura di Braunschweig, che indaga anche sulla scandalo emissioni, e che martedì scorso ha comunicato che l'inchiesta per sospetta frode nei confronti dei dipendenti del gruppo VW è stata archiviata.

Si ritiene infatti "che i fatti comunicati dall'autorità europea OLAF nel luglio 2017, ai sensi del diritto penale tedesco non siano punibili e non siano più perseguibili", ha affermato il procuratore di Braunschweig.

Con gli inquirenti tedeschi, il gruppo Volkswagen non ha più problemi 

Alla BEI all'epoca c'era molta euforia in merito al progetto. "Siamo lieti non solo di sostenere con questo prestito delle tecnologie piu' ecocompatibili in Europa, ma anche di dare manforte all'industria automobilistica per affrontare i tempi difficili che abbiamo davanti", cosi' all'epoca veniva lodato il prestito e il suo nobile obiettivo. Una frase che oggi - nonostante la chiusura del procedimento giudiziario - suona come una presa in giro. Dopo che l'Ufficio europeo antifrode nell'estate del 2017 aveva informato la BEI delle sue conclusioni, il Presidente della BEI Werner Hoyer aveva dichiarato: "siamo molto delusi di quello che l'indagine OLAF ha rivelato. Anche la BEI è stata truffata da VW sull'uso dei dispositivi di controllo delle emissioni"

Il procedimento nei confronti dei dipendenti VW per eventuali frodi sulle sovvenzioni europee tuttavia si è chiuso con un verdetto decisamente clemente nei confronti di Volkswagen. E come gruppo VW al momento non ha grandi problemi con le autorità inquirenti tedesche. La procura di Braunschweig ha già comminato una multa da un miliardo di euro, mentre la procura di Monaco II ha già incassato 800 milioni di euro da parte della controllata di VW, Audi. Proseguono invece i procedimenti penali contro l'ex CEO Martin Winterkorn, l'attuale presidente Herbert Diess e il capo del consiglio di sorveglianza Hans Dieter Pötsch. Tutti e tre continuano a negare le accuse.

Se si dovesse arrivare ai processi e quindi sul tavolo dei giudici arrivassero degli elementi concreti, la situazione potrebbe farsi nuovamente difficile per il gruppo VW - soprattutto per quanto riguarda le richieste di risarcimento danni da parte dei clienti e degli azionisti. Questi sperano infatti che in caso di eventuali procedimenti penali, possano emergere elementi in grado di dare nuovo slancio alle  loro richieste di risarcimento.


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venerdì 14 dicembre 2018

Perché in Germania chi lavora nella consegna dei pacchi spesso fa la fame

Che le condizioni lavorative per chi è impiegato nella consegna dei pacchi non fossero buone lo si sapeva, ora lo certificano anche i dati della Bundesagentur für Arbeit. Ne parla la Süddeutsche Zeitung facendo riferimento ad un'interrogazione del parlamentare Pascal Meiser della Linke.


lavoro consegna pacchi per dhl

  • Nei servizi di consegna solo il 30 percento dei dipendenti ha svolto un tirocinio; il settanta per cento sono aiutanti senza formazione, per la maggior parte a tempo parziale o con un mini-job.
  • Oltre la metà degli aiutanti resta sotto la soglia della bassa retribuzione, ossia riceve in media meno di 10,50 € all'ora.
  • In realtà, la situazione probabilmente è anche peggiore. Perché la statistica non copre gli autisti indipendenti o addirittura i finti autonomi.



Guidano per ore, consegnando i pacchi fino sui tetti - e non di rado devono tornare perché non hanno trovato nessuno: secondo i dati della Bundesagentur für Arbeit più di 490.000 persone in Germania lavorano nei servizi postali e in quelli per la consegna. Ma soprattutto, per far arrivare in tempo i regali le società di consegna pacchi prima di Natale assumono migliaia di dipendenti. Il boom del commercio online ha creato molti posti di lavoro nella logistica, ma spesso le condizioni sono miserabili.

Solo il 30 percento dei dipendenti del settore ha terminato un periodo di formazione come lavoratore qualificato per i corrieri, i servizi espressi o postali. Il settanta per cento sono aiutanti senza formazione, per la maggior parte a tempo parziale o con un mini-job. Sono i dati contenuti nella risposta della Arbeitsagentur ad una interrogazione del parlamentare della Linke al Bundestag Pascal Meiser. Secondo i dati un aiutante a tempo pieno guadagna in media 2.044 euro lordi al mese. Più della metà rimane al di sotto della soglia del basso salario, e in media viene pagato meno di € 10,50 l'ora.




"Trovo inaccettabile che molti dipendenti vengano liquidati con una bassa retribuzione per un lavoro così duro", afferma Meiser. Anche se i lavoratori qualificati lavorano a condizioni migliori: due terzi sono impiegati a tempo pieno e guadagnano in media 2.601 euro lordi al mese. Cioè il 19 per cento in meno rispetto alla media tedesca. In realtà, la situazione probabilmente è ancora peggiore. La statistica non copre gli autisti indipendenti o addirittura autonomi. "Nella fornitura di servizi di consegna inoltre c'è un numero crescente di subappaltatori esteri  con salari ancora più bassi", ha affermato Meiser. Il sindacato Ver.di ha rilevato in Germania un numero crescente di guidatori dall'est Europa.

In effetti, la DPD fa consegnare quasi tutti i pacchi da dei subappaltatori. Da Hermes solo il cinque percento dei corrieri lavora direttamente per l'azienda. Solo Deutsche Post e UPS fanno consegnare la maggior parte dei pacchi dai propri dipendenti.

In tempi di piena occupazione, tuttavia, per i servizi di consegna pacchi è sempre più difficile trovare dei conducenti. In molte zone sono costretti ad aumentare i salari. Questo è uno dei motivi per cui DPD ed Hermes dal prossimo anno aumenteranno le spese di spedizione. Hermes vuole pagare i subappaltatori abbastanza da fare in modo che questi possano offrire almeno 9,50 euro l'ora a tutti i corrieri, vale a dire un po' più del salario minimo di 8,84 euro lordi l'ora.




I servizi di consegna pacchi tuttavia sottolineano che non è consentito dettare ai propri subappaltatori con esattezza la paga oraria da corrispondere ai vettori. Le società seguirebbero i casi sospetti, solo nei casi in cui ai dipendenti dei subappaltatori non venga pagato nemmeno il salario minimo. Il sindacato Ver.di sottolinea inoltre che molti conducenti stranieri sono a malapena a conoscenza dei loro diritti in Germania.

Il sindacato chiede che lo stato aumenti i controlli sul rispetto del salario minimo di legge e degli orari di lavoro da parte delle aziende del settore. Inoltre Ver.di suggerisce che siano i servizi di consegna stessi ad essere responsabili per il pagamento da parte dei loro subappaltatori dei contributi per la sicurezza sociale dei vettori - come avviene comunemente nel settore delle costruzioni e della carne.

sabato 23 giugno 2018

Perché il cammino verso la riforma dell'eurozona potrebbe essere tutto in salita

La riforma dell'eurozona, annunciata da Macron e Merkel questa settimana a Maseberg, potrebbe essere molto piu' complicata di quanto ipotizzato dalle gazzette dell'europeismo "senza se e senza ma". In Germania e in Europa ci sono già diverse voci contrarie mentre Merkel non riesce a domare la rivolta della CSU bavarese, che dopo aver dato battaglia sull'immigrazione intende aprire un nuovo fronte di conflitto proprio sulla riforma dell'eurozona. Ne parlano la Süddeutsche Zeitung, le Deutsche Wirtschafts Nachrichten, la Augsburger Allgemeine Zeitung e  Der Spiegel



Dodici paesi dell'UE si sono espressi contro la proposta franco-tedesca per la creazione di un bilancio proprio dell'eurozona. In una lettera congiunta al presidente dell'eurogruppo Mário Centeno, i ministri delle finanze della cosiddetta "Lega Anseatica" hanno contestato la creazione di un budget supplementare per l'unione monetaria. Il documento è stato redatto dal ministro delle finanze olandese Wopke Hoekstra in nome di Belgio, Lussemburgo, Austria, Svezia, Danimarca, Finlandia, Malta, Irlanda e Stati baltici. Il testo è a disposizione della Süddeutsche Zeitung. Nel documento si parla di "ampie divergenze in merito ai benefici di un nuovo bilancio per l'Eurozona" emerse durante l'incontro dei ministri delle finanze in Lussemburgo. In particolare ci sarebbe preoccupazione per "l'azzardo morale" e sul tema della "neutralità fiscale" (...)


Il governo olandese non crede nella proposta franco-tedesca per la creazione di un budget indipendente per l'eurozona. "A cosa serve?", ha chiesto retoricamente il ministro delle finanze dei Paesi Bassi, Wopke Hoekstra, venerdì sulla ZDF. "Per me si tratta di una soluzione senza che vi sia un corrispondente problema". L'eurozona deve dedicarsi alla soluzione di ben altri problemi. "E questo non fa parte dei problemi da risolvere", ha detto il ministro riferendosi alla proposta di un bilancio della zona euro lanciata dal presidente francese Emmanuel Macron.

Per quanto riguarda le singole crisi in Europa abbiamo già il meccanismo di stabilità ESM, che ha funzionato bene. "Ciò significa che abbiamo già un meccanismo per queste situazioni", ha detto il ministro. Dovremmo piuttosto fare attenzione a non creare con il nuovo budget dell'eurozona una unione di trasferimento. L'unione monetaria ha dei problemi completamente diversi da affrontare, come le riforme strutturali negli stati membri oppure il completamento dell'unione bancaria. Anche il rispetto del patto di stabilità e crescita deve essere messo in sicurezza (...)


Il segretario generale della CSU Markus Blume, dopo l'accordo fra Angela Merkel e il presidente francese Emmanuel Macron per la creazione di un budget dell'eurozona, mette in guardia da una messa in comune delle finanze europee. "Qualsiasi ingresso in una unione di trasferimento non sarà possibile con la CSU", ha detto alla nostra redazione. Blume è contrario al collegamento fra il tema del diritto d'asilo e le finanze europee. "Non possiamo far sorgere il sospetto che le politiche di asilo e quelle fiscali possano essere mischiate".

Per il politico della CSU è fuori questione: "in Germania non possiamo in alcun modo dare l'impressione che la soluzione alla questione migratoria europea sia stata comprata con il denaro tedesco. La stabilità finanziaria e la stabilità valutaria per la CSU non sono negoziabili". Come chiesto in precedenza dal primo ministro bavarese Markus Söder, anche Blume chiede un incontro del comitato di coalizione.(...)


Markus Söder nella sua vita precedente era un giornalista televisivo. In questi giorni, dato che fra CDU e CSU è scoppiata la battaglia piu' feroce degli ultimi decenni, il presidente bavarese sembra molto impegnato nel garantire notizie fresche su base quotidiana. Quando hai imparato qualcosa, è per tutta la vita.

Söder si trova in modalità  attacco. Prima di incontrarsi mercoledi a Linz con il cancelliere austriaco Sebastian Kurz ha preso di mira ancora una volta la Cancelliera tedesca. Questa volta non si è trattato solo della crisi migratoria, ma anche del piano per un budget dell'eurozona sul quale Angela Merkel e il presidente francese Emannuel Macron avevano trovato un accordo il giorno precedente.

"Non possiamo creare un ulteriore bilancio ombra, né cercare di ammorbidire la stabilità della moneta. Oppure alla fine cercare di raggiungere una qualche soluzione con i soldi dei tedeschi", ha detto il Presidente della Baviera.

E' un altro fronte nella battaglia fra CSU e Merkel. Sono frasi con le quali Söder dà l'impressione che sui temi europei la Cancelliera abbia intrapreso un corso solitario. Quanto annunciato da Merkel e Macron la sera prima presso il castello di Maseberg, tuttavia è un progetto che si muove nel quadro del bilancio esistente. Un progetto con il quale dovrebbe essere avviato un programma di investimenti nell'eurozona.

Il contratto di coalizione fra CDU, SPD e CSU prevede qualcosa di simile: si parla infatti di "sostegno alle riforme strutturali nella zona euro", "le quali potrebbero essere il punto di partenza per un budget autonomo per gli investimenti all'interno dell'eurozona". 

E' la SPD che in questi giorni sta ricordando alla CSU di quella formulazione. Ma nel frastuono l'appello resta inascoltato.

Perché nei fatti Söder non è  il solo ad attaccare il piano per l'eurozona. Lo stesso Seehofer, che ha firmato l'accordo di coalizione a Berlino, tiene alta la pressione sulla Cancelliera.

(...) Seehofer appoggia la linea di Söder e considera aperta la questione sul consenso al piano per l'euro di Merkel e Macron. Sin dall'inizio non c'è stata "alcuna votazione con noi", si è lamentato a margine di un evento, se non coinvolgi un partner di coalizione per tempo, in seguito dovrai rimediare. Si riferisce al comitato di coalizione che dovrebbe tenersi la prossima settimana. Aggiunge Seehofer: ci sono 3 soci della coalizione. "Io posso anche approvare tutto, ma allora potrei pretendere anche che gli altri facciano lo stesso".

Ogni volta una nuova discussione. L'impressione è che la CSU voglia assediare Merkel. La politica europea insieme a quella migratoria è un campo sensibile per l'Unione, su cui peraltro AfD potrebbe ottenere consenso, dopo tutto era il suo tema originale quando fu fondata nel 2013. Ma anche nel gruppo parlamentare della CDU al Bundestag ci sono deputati che devono ancora essere convinti dal piano Merkel-Macron.

"Ci sono molte cose ancora poco chiare che devono essere approfondite, ad esempio le dimensioni del nuovo budget europeo e l'importo dei contributi tedeschi. Al momento è troppo presto per dare una valutazione definitiva", ha risposto per scritto il portavoce del gruppo parlamentare dell'Unione, Eckhardt Rehberg.

Non si tratta piu' di dettagli o di questioni concrete. Sullo sfondo vengono pronunciate parole pesanti, si parla di "sommossa" o di "svolta a destra". La sfiducia fra i "merkeliani" della CDU e le figure di spicco del partito fratello - Söder, Seehofer e il capogruppo della CSU Alexander Dobrindt - è grande, il clima avvelenato. Non si risparmiano colpi, da entrambi i lati.

domenica 15 aprile 2018

Perché la CDU vuole bloccare l'unione di trasferimento

Il gruppo parlamentare della CDU al Bundestag manda un messaggio chiaro al governo: non c'è una maggioranza per le riforme europee proposte da Macron, l'unione di trasferimento resta politicamente insostenibile e al Bundestag non passerà. Merkel è avvisata. Le riforme proposte dal presidente francese sempre piu' destinate al fallimento. Ne parla la Süddeutsche Zeitung 


Il giorno dopo la riunione del governo federale a Meseberg il gruppo parlamentare della CDU al Bundestag giovedì' scorso ha voluto lanciare un messaggio urgente. La "situazione politica interna non è cosi' semplice" e non consente di trovare rapidamente un accordo sulle riforme europee, ha detto il vice-presidente del gruppo parlamentare CDU Ralph Brinkhaus. "Non credo che entro il vertice di fine giugno ci saranno progressi sostanziali", ha detto il politico della CDU. Il maggiore gruppo parlamentare non ritiene sia necessario avere fretta. "Se è vero che dei passi sostanziali in avanti possono essere fatti solo con una nuova Commissione UE, allora sarà cosi'".

Brinkhaus ha voluto chiarire che l'Unione non è disposta a mettere a rischio la maggioranza di governo per portare avanti le riforme europee. Le elezioni europee si terranno a maggio del prossimo anno e la nuova Commissione assumerà i pieni poteri presumibilmente entro la fine del 2019. A quel punto il presidente francese Emmanuel Macron avrà dietro di sé la metà del suo mandato e i suoi piani di riforma sarebbero ormai considerati un fallimento.

Fondo monetario europeo? Bilancio per la zona euro? La Bulgaria nell'euro? Meglio di no

La Cancelliera Merkel durante la sua visita inaugurale di metà marzo a Parigi aveva promesso di voler affrontare congiuntamente i piani di riforma europea e aveva parlato di una data obiettivo: "Dobbiamo necessariamente ottenere dei risultati entro giugno". Alla fine di giugno si terrà a Bruxelles il vertice dei capi di stato e di governo dell'UE, entro quella data la Große Koalition avrebbe voluto trovare un accordo sulle proposte di Macron per la riforma dell'UE, compresa la politica per l'eurozona e le politiche di asilo.

Poiché non si può' sapere esattamente se Merkel con il suo "ottenere dei risultati" in realtà intendeva anche un "progresso sostanziale" sul tema delle riforme, non è possibile dire se il vice-capogruppo abbia voluto lanciare un messaggio urgente. Che dovrebbe essere piu' o meno questo: anche se Merkel volesse realmente dei progressi sostanziali, non riuscirà ad imporsi contro il Bundestag. E li', secondo Brinkhaus, i deputati dell'Unione difficilmente accetteranno dei piani di riforma europei che potrebbero essere interpretati come una forma di trasferimento da parte della Germania a favore degli altri stati. Tali decisioni metterebbero le ali ai partiti euroscettici come AfD, la Linke e "sempre più la FDP". Pertanto difficilmente l'Unione potrà accettare un fondo monetario europeo o un bilancio proprio per la zona euro. Oppure l'ingresso della Bulgaria nell'euro. Già durante il voto sul terzo programma di aiuti alla Grecia nel 2015 c'erano stati piu' di 60 voti contrari provenienti dall'Unione. "Non possiamo piu' permettercelo" ha detto Brinkhaus. "La maggioranza semplicemente non ci sarebbe piu".

Brinkhaus ha anche detto che il suo gruppo parlamentare nei prossimi giorni avrebbe trovato un punto di' incontro anche con la SPD e ipotizza che "sia possibile raggiungere una posizione comune in modo da restare uniti". LA SPD, sotto l'allora ex segretario Martin Schulz, durante i negoziati per la coalizione aveva insistito nel voler perseguire una politica europea offensiva. Dopo l'uscita di scena di Schulz tuttavia non c'è piu' nessuno a mettere pressione. Alla Cancelleria il personale responsabile per le politiche europee è lo stesso di sempre. Al Ministero delle Finanze c'è Olaf Scholz, un socialdemocratico. Che l'Europa per lui sia al primo posto ancora non sembra essere cosi' chiaro.

L'Unione sta anche cercando di non concedere a Scholz un margine di manovra troppo ampio sulla politica europea. "L'Europa deve spostarsi dal Ministero delle Finanze", ha detto Brinkhaus. "E' un errore" aver ridotto l'Europa ad una mera questione di soldi. E' necessario rafforzare la lotta comune contro il terrorismo e la protezione delle frontiere esterne. Non e' privo di ironia il fatto che il gruppo parlamentare della CDU, proprio ora che non esprime piu' il Ministro delle Finanze, chieda con insistenza di ridurre l'influenza del Ministero delle Finanze sulla politica europea.

Brinkhaus ha voluto anche rassicurare che l'Unione non deve essere considerata come un freno in materia di politiche europee, piuttosto "come un elemento critico". E' voluta intervenire in una fase iniziale per impedire che ai vertici UE vengano prese decisioni su cui poi in seguito sarà costretta solo a dire si'. "Vogliamo essere coinvolti in anticipo". E anche questo a sua volta suona come un messaggio urgente per Merkel.

giovedì 7 settembre 2017

Roland Berger: "meglio la fine dell'euro che l'unione di trasferimento"

Roland Berger, grande consulente d'impresa nonché storico consigliere politico per diversi governi tedeschi, intervistato dalla Süddeutsche Zeitung in occasione dei suoi 80 anni non le manda a dire: l'euro è stato un fallimento, meglio la fine della moneta unica che una unione di trasferimento a spese dei tedeschi. Dalla Süddeutsche Zeitung


SZ: se Frau Merkel le chiedesse un consiglio, cosa le direbbe?

Berger: in primo luogo le direi di affrontare una fondamentale riforma dell'istruzione. E' intollerabile che nel nostro paese ancora oggi i figli dei laureati abbiano il triplo delle possibilità di andare all'università rispetto ai figli dei non laureati. Cio' è moralmente ingiustificabile e implica una enorme perdita di talenti per la nostra società. Inoltre, ogni studente dovrebbe essere in grado di programmare e conoscere almeno un linguaggio di programmazione, in modo da essere pronto per il mondo digitale.

SZ: si parla da anni di una riforma dell'istruzione ma nulla è cambiato

Berger: e' vero. Ma io spero che il prossimo governo prenda sul serio la questione. Il problema è che i successi di una riforma dell'istruzione saranno visibili solo fra 15 o 20 anni - molto dopo la fine di una legislatura, che è decisiva per la rielezione dei politici. In secondo luogo cercherei di stabilizzare l'Unione Europea.

SZ: secondo lei come dovrebbe essere stabilizzata l'UE?

Berger: la crisi dell'euro deve essere risolta. O con una unione di trasferimento accompagnata da massicce riforme nei paesi in crisi, oppure con la dissoluzione dell'euro.

SZ: rinunciare all'euro?

Berger: l'euro è evidentemente un fallimento e divide l'Europa. Nei paesi latini la disoccupazione giovanile è fra il 30 e il 50%. Non è accettabile. Poiché i tassi di cambio fra i diversi paesi dell'area euro non possono essere aggiustati secondo la loro competitività, fra i diversi stati ci sono ormai dei disallineamenti intollerabili, che dividono l'Europa.

SZ: non sarebbe l'intera UE ad essere in pericolo se l'euro dovesse essere sciolto?

Berger: io non credo. Vedere Frau Merkel rappresentata in uniforme nazista in Grecia e in Italia ci mostra il livello di divisione raggiunto. L'Europa è divisa. Non è possibile mantenere l'euro. Come alternativa resta l'unione di trasferimento, che corrisponde al concetto del presidente Macron. Chi sarà pero' alla fine a dover pagare per l'unione di trasferimento lo sappiamo: saranno i tedeschi.

SZ: temporaneamente pero' potrebbe anche essere ragionevole

Berger: ma i tedeschi non sono pronti per fare questo passo. La scelta piu' semplice e probabilmente la piu' ragionevole anche dal punto di vista economico è lo scioglimento dell'euro. L'asset piu' importante di tutta l'integrazione europea è l'UE, vale a dire prima di tutto il mercato comune con le 4 libertà fondamentali, e cioè la libera circolazione delle merci, dei servizi, delle persone e dei capitali. A cio' si aggiunge Schengen, una politica comune di sicurezza e di difesa, una politica di innovazione europea con una infrastruttura digitale ed un ruolo attivo dell'UE nella globalizzazione. Sui grandi temi possiamo raggiungere dei risultati importanti, soprattutto se l'Europa lavora insieme. Come coronamento, ma solo dopo aver approfondito l'integrazione, si potrebbe prendere in considerazione la possibilità di reintrodurre l'euro. Invece della "teoria della coronazione" all'epoca si è scelta la "teoria del locomotore": l'euro come motore per un governo europeo, che è visibilmente fallita.

SZ: cosa è migliorato oggi nell'economia tedesca rispetto a 40 anni fa, che cosa è peggiorato?

Berger: nulla è peggiorato. Dalla riunificazione il nostro prodotto interno lordo pro-capite è piu' che raddoppiato. La nostra reputazione internazionale non è mai stata cosi' positiva. La gestione delle imprese nel nostro paese è eccellente. La nostra economia è molto competitiva. Il numero degli occupati in Germania non è mai stato cosi' alto.