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venerdì 21 settembre 2018

La svolta a destra e la risorsa più scarsa

Sembra una banalità eppure nel clima di conformismo che domina il dibattito tedesco sui migranti nessuno ne parla: nelle regioni rurali dell'est e della Germania centrale da molti anni e in quasi tutte le fasce di età c'è un forte squilibrio demografico caratterizzato da un eccesso di uomini rispetto al numero di donne. Se poi il governo di Berlino nel giro di un paio di anni fa entrare in Germania piu' di un milione e mezzo di profughi e migranti composti in larga parte da individui di sesso maschile il risultato finale non dovrebbe sorprendere piu' di tanto. Der Freitag, testata liberal e cosmopolita, propone una riflessione sul tema. Da Der Freitag


(...) Dal Mecklenburg-Vorpommern fino al sud della Sassonia c'è un forte eccesso di uomini e questa situazione dura da quasi 30 anni. Nessun'altra regione in Europa è cosi' dominata dagli uomini come accade alle zone rurali della Germania dell'est. Il fenomeno non è nuovo - eppure poco presente nel dibattito sulle ragioni del rafforzamento della destra.

Cosa è successo dopo il 1989

Subito dopo la caduta del muro i rapporti fra i generi erano ancora in equilibrio, tra il 1990 e il 1995 tuttavia si verifica un vero e proprio esodo di giovani donne dall'est verso l'ovest. Secondo uno studio del 2007 dell'Institut für Bevölkerung und Entwicklung di Berlino, dal 1991 in poi a lasciare i nuovi Laender dell'est sono per due terzi donne. Il risultato: nel 2004 nei Laender dell'est nella fascia di età tra i 22 ei 32 anni c'erano meno di 90 donne ogni 100 uomini. Alcune regioni sono più maschili di altre: a Parchim nel Mecklenburg-Vorpommern ogni quattro giovani uomini ci sono solo tre giovani donne. Nel comune di Weißkessel nel distretto di Görlitz ogni 100 uomini ci sono solo 56 donne. Il più grande deficit femminile nel 2009 lo registrava la comunità di Schönbeck nel Mecklenburg-Strelitz con 17 uomini e nemmeno una donna in età compresa tra 20 e 24 anni.

L'est è quindi maschile, ma non solo quello. Anche le regioni più rurali della Bassa Sassonia, del Baden-Württemberg e della Baviera mostrano un surplus maschile. Nella Bassa Baviera si parla addirittura di "condizioni cinesi". Dove sono tutte le donne? La mappa della distribuzione di genere in Germania lo mostra chiaramente: nelle grandi città. Ad Amburgo, Monaco, Colonia o Berlino, ogni 100 donne ci sono tra i 93 e i 96 uomini.

Sovrapponendo la mappa della distribuzione di genere alla mappa degli elettori di AfD, la copertura in gran parte coincide: maggiore è il rapporto fra il numero di uomini e donne in una determinata regione, maggiore sarà la percentuale di voti presi da AfD. Che forma assume questa relazione? Gli studi sull'eccesso di uomini forniscono alcune risposte, ad esempio in rapporto alla sensazione di ingiustizia. Mentre nelle regioni dell'est il 20,8% degli uomini senza una partner ritiene di essere vittima di ingiustizia sociale, fra gli uomini in una relazione solo il 15% dichiara di essere insoddisfatto nella stessa misura, secondo i dati dell'Institut für Bevölkerung und Entwicklung.

L'autrice di uno studio del 2016 sull'emigrazione delle donne realizzato presso l'Università di Scienze Applicate di Zittau/Görlitz, Julia Gabler, evidenzia gli effetti sulla società civile causati da una carenza di donne: "nelle aree con una evidente mancanza di donne viene meno l'impegno civico", secondo la Gabler. Gli studi evidenziano inoltre una relazione indiretta tra eccesso di uomini e criminalità": cresce laddove il tasso di disoccupazione degli uomini sotto i 30 anni è alto - e dove ci sono molti nuclei composti da una sola persona.

Anche gli sviluppi nel mondo del lavoro giocano un ruolo nell'emigrazione femminile e nella crisi maschile: mentre vengono eliminate o "alleggerite" dalla radicale deindustrializzazione di intere regioni o dalla digitalizzazione le occupazioni in cui la forza del corpo maschile svolge un ruolo importante, nel settore dei servizi si creano di continuo nuovi posti di lavoro in cui per lo piu' sono impiegate le donne - e che si trovano soprattutto nelle città. Le donne si spostano in altre regioni, gli uomini restano fermi in provincia e svalutati.

I diversi livelli di istruzione hanno poi l'effetto di un acceleratore. Secondo lo studio dell'Institut für Bevölkerung und Entwicklung di Berlino, le donne laureate in media hanno delle qualifiche scolastiche decisamente migliori. A Löbau-Zittau ad esempio le donne sono solo il 35% di tutti i diplomati nelle scuole professionali, ma sono invece il 61% fra i diplomati nei licei. Julia Gabler giunge alla stessa conclusione: la ricerca di un guadagno piu' alto, un livello di istruzione superiore e la ricerca di condizioni di vita adeguate sarebbero le motivazioni principali delll'emigrazione femminile verso le città.

La paura dello straniero

Osservando questo sviluppo dalla prospettiva degli uomini rimasti nelle regioni di origine, i riflessi patriarcali e anti-femministi non possono essere certo giustificati, ma almeno spiegati. Perché alcuni uomini nelle regioni dell'est temono che "lo straniero" possa portasi via "le loro donne" - anche se i migranti sono solo fra il 3 e il 6% della popolazione? Forse bisogna pensare "allo straniero" in modo diverso. Prima era l'occidente ad attrarre le donne, ora a farlo sono le città cosmopolite con le loro offerte educative, di lavoro e culturali. Lo straniero: il cosmopolita (...)

La mancanza di donne in provincia non puo' essere certo l'unica causa della crescita della destra. Non si puo' spiegare allora perché i neo-nazisti a Dortmund sono così forti. Inoltre, anche nella Germania dell'Est non tutti gli uomini senza una partner votano per AfD. Tuttavia non si può negare una relazione fra una certa mascolinità tossica, la cultura patriarcale e il voto a destra. Cosa potrebbe fare la politica per combattere le cause del voto a destra in provincia? Invece di mettere al centro le preoccupazioni degli uomini patriarcali, ad esempio, si potrebbe favorire un ambiente maggiormente orientato alle donne con una redistribuzione decentralizzata delle scienze umane e sociali, ad esempio: le città universitarie Greifswald, Jena, Potsdam, Lipsia e Erfurt hanno un forte surplus femminile. Le infrastrutture potrebbero essere ampliate e anche nelle piccole città si potrebbe promuovere un'adeguata offerta culturale per le donne. La cultura patriarcale tradizionale dello Stammtisch, tuttavia contribuisce a perpetuare l'emigrazione delle donne. E se non ci sono più donne, che ne sarà del coniglio - e che ne sarà di quell'uomo che cosi' volentieri va a caccia di conigli?


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mercoledì 29 agosto 2018

Cosa è successo veramente a Chemnitz?

Un lettore risponde a Vera Lengsfeld offrendo una testimonianza diretta sui fatti di Chemnitz dello scorso fine settimana. Un racconto molto diverso rispetto al frame trasmesso a reti unificate dai cosiddetti media di qualità. Ne parla The European


Gentile signora Lengsfeld,

per molto tempo l'ho risparmiata, ma ora come Chemnitzer adottivo di vecchia data, vivo qui dal 1991, le devo scrivere. Già lo scorso anno la festa cittadina era stata pesantemente oscurata dalla violenza dei migranti e l'evento presso la MDR (emittente radio) del 2017 nella notte fra il sabato e la domenica era stato interrotto. Nel 2018 la situazione sembrava ancora peggiore. La tensione era nell'aria e la presenza di stranieri tra le persone in strada era molto forte, fatto che di per sé non è negativo. Le tre vittime, nella notte fra sabato e domenica, si stavano dirigendo verso un bancomat, quando 3 stranieri gli hanno ordinato di consegnare la tessera bancomat, richiesta che hanno rifiutato. Pochi minuti dopo sono arrivati altri 10 stranieri e i tre giovani sono stati accoltellati.

Il risultato: un uomo morto, massacrato con 25 coltellate. Altri 2 gravemente feriti, uno dei quali con una coltellata alla testa. Provate ad affettare qualsiasi oggetto per almeno 25 volte. Se questo non è un omicidio, non lo so nemmeno io cos'è. Finora sono stati arrestati 2 assassini, là fuori però in giro ci sono altri accoltellatori notturni.

Il giorno successivo la festa cittadina è stata cancellata per ragioni di sicurezza. Domenica pomeriggio a Chemnitz alla manifestazione spontanea c'erano circa 1.000 persone. In una piazza della città diversi stranieri sono stati accerchiati dagli Hooligans ed è stata fatta una perquisizione. Tutti gli stranieri erano armati di coltelli, coltelli che sono stati raccolti e consegnati alla polizia.

Gli stranieri che domenica dopo l'omicidio e il ferimento grave dei 3 tedeschi hanno assistito da vicino alla manifestazione, dovevano essere o molto coraggiosi o molto stupidi. Se poi ti metti anche a filmare i partecipanti e mostri il dito medio, non ti devi meravigliare se poi ti tocca scappare di corsa. Per la statistica: domenica sera dopo la terribile caccia all'uomo nessun straniero è finito in ospedale. Evidentemente si è trattato di una caccia vegana.

Trovo che i nostri media siano disgustosi e viscidi.

Cordiali saluti

(Invece dei dati ufficiali sulla criminalità un articolo con qualche numero sulla violenza a Chemnitz: Quasi ogni giorno una aggressione sessuale a Chemnitz)



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martedì 10 ottobre 2017

AfD è il partito del precariato

Una recente analisi sul voto del 24 settembre condotta dalla prestigiosa fondazione Bertelsmann (disponibile qui) conferma quello che in parte già sapevamo: AfD è il partito del precariato e del ceto medio piu' basso minacciato dalla globalizzazione e diffidente nei confronti del progetto europeo. Gli elettori di AfD non sono dei pericolosi razzisti o xenofobi ma dei cittadini alquanto arrabbiati per le loro condizioni economiche e sociali. Un articolo sui risultati dello studio da Junge Welt


La Fondazione Bertelsmann in una sua recente pubblicazione propone una possibile spiegazione del risultato elettorale del 24 settembre. Invece delle tradizionali distinzioni fra destra e sinistra, in Germania “la nuova linea di conflitto sarebbe fra gli scettici e i sostenitori della modernizzazione", scrive la Fondazione in uno studio pubblicato venerdì scorso. Il documento dal titolo "Elezioni popolari - mobilitazione e contro-mobilitazione dei ceti sociali alle elezioni federali del 2017" è sicuramente degno di nota. L'indagine post-elettorale è stata condotta dall‘istituto di ricerca sociale YouGov per conto della Fondazione Bertelsmann su un campione rappresentativo di 10.000 cittadini. Lo studio si basa anche sui dati delle circoscrizioni elettorali di Infratest-dimap.

L'autore dello studio Robert Vehrkamp spiega che il successo elettorale di AfD non puo' essere essere considerato solo come un fenomeno del'est. Invece della tradizionale suddivisione regionale, in Germania ci sarebbe una nuova linea di conflitto fra i diversi ambienti sociali, cosi' scrivono il responsabile del programma di ricerca della Fondazione Bertelsmann e gli scienziati del Wissenschaftszentrum Berlin (WZB).


I ricercatori hanno analizzato il comportamento elettorale dei diversi ambienti sociali. Questi sono stati suddivisi in diversi gruppi, ad esempio "l‘ambiente precario", "l’ambiente tradizionale" oppure "l’ambiente liberal-intellettuale". Nel precariato, caratterizzato da condizioni di lavoro e di vita insicure, il 28% dei voti è finito ad AfD. In questo ceto sociale AfD ha registrato un incremento del 18% attestandosi come il partito piu' forte. A perdere voti in questo ambiente sociale sono stati soprattutto la Linke e i socialdemocratici. La Linke ha ottenuto il 14% delle preferenze (-6%) mentre la SPD è riuscita a conquistare per sé solo il 18% dei precari subendo una perdita di 7 punti percentuali.

Anche nel cosiddetto "centro della società" AfD ha guadagnato molti consensi registrando una crescita del 15%. In totale in questa fascia di elettori ha raggiunto il 20%. Fra questi elettori, caratterizzati da un reddito medio, sembrerebbe essere molto diffusa la paura del declino sociale. L'Unione (CDU-CSU) in questo ambiente sociale ha invece perso 15 punti percentuali.

Nel complesso si puo' constatare, secondo lo studio, che fra gli elettori dell'Unione, della SPD, della FDP, della Linke e dei Verdi c'è una maggioranza di sostenitori che si pongono in maniera positiva nei confronti della "modernizzazione" della società. Gli "scettici della modernizzazione", secondo Verkhamp, guardano alla globalizzazione con una certa preoccupazione. Inoltre vedono nell'integrazione europea piu' rischi che opportunità e temono una perdita di sicurezza causata dall’atomizzazione della società e della dissoluzione delle forme di vita tradizionali.

Non è privo di implicazioni il fatto che questa fondazione, di orientamento neoliberista, con le sue definizioni consideri alcuni processi "moderni" oppure "progressisti", quando in realtà si tratta di fenomeni che potrebbero essere considerati come un passo indietro per lo sviluppo sociale. Fra questi ci sono sicuramente gli accordi di libero scambio TTIP e CETA, riconducibili al concetto di globalizzazione. AfD respinge questi accordi come del resto fanno molti elettori della SPD, dei Verdi e della Linke. Per gli elettori di destra tuttavia ad essere decisiva non è stata l'erosione degli standard sociali e ambientali, piuttosto la loro fondamentale avversione al partner commerciale americano.

Le conclusioni dello studio affermano che AfD si è inserita negli spazi sociali lasciati vuoti dai partiti tradizionali, sia nelle classi meno abbienti che nel ceto medio inferiore. I grandi partiti negli anni passati si sono occupati troppo poco di questi elettori. AfD tuttavia non è stata in grado di mettere in campo un programma politico e sociale "che possa adattarsi alle preoccupazioni di questi elettori, piuttosto si è affidata ad una campagna populista e di destra contro i rifugiati e i migranti".

Guardando allo studio è possibile ipotizzare che AfD in futuro potrebbe addirittura rafforzarsi, soprattutto se non facesse affidamento solo sui temi piu' razzisti ma se ad esempio promettesse di redistribuire anche un po' di risorse. Ci sono già esempi simili in altri paesi dell'UE. Ad esempio il Front National francese non solo si batte contro gli immigrati, ma chiede anche una riduzione dell'età pensionabile e un aumento di alcuni benefici sociali. Per AfD, data la forte influenza esercitata dell'ala neoliberista, al momento richieste simili sono difficili da immaginare.

domenica 26 marzo 2017

La lotta di classe è qui

Ottima traduzione appena ricevuta da Claudio. Seconda parte di un bellissimo reportage che Die Zeit dedica allo straordinario successo elettorale di AfD a Bitterfeld, in Sachsen-Anhalt, e in molte altre zone dell'Est. A Bitterfeld alle regionali del 2016 AfD ha superato il 31%: un risultato che non puo' essere spiegato solo con la rabbia per l'ondata di migranti. Grazie Claudio per l'articolo! Si arriva da QUI


Dodici anni dopo, nell'agosto del 2015, la signora in tailleur è nuovamente davanti alle telecamere. Adesso è diventata Cancelliera. Era il tempo in cui centinaia di migliaia di profughi giunsero in Germania attraverso i Balcani in cerca di rifugio; in larga parte persone che inizialmente vivrebbero svolgendo lavoretti semplici o richiedendo sussidi sociali. La Merkel sembra più benevola del solito, come trasformata. Parla di empatia, chiede ai Tedeschi di non farsi guidare dai pregiudizi e dalla “freddezza”, dando il benvenuto ai migranti. Disse: “la nostra economia è florida, il nostro mercato del lavoro è solido ed è certamente in grado di assorbire nuovi lavoratori”. Poi aggiunse quello che Diana Riemann ancora oggi non è riuscita a capire. Disse: “ce la facciamo”.

Poco tempo dopo nei capannoni della Soex c'erano i primi migranti che smistavano vestiti usati. La Soex è stata una delle poche fabbriche della zona ad offrire lavoro soprattutto agli immigrati: i giornali locali hanno riportato la notizia con toni encomiastici. Diana Riemann tira fuori il suo Smartphone e mostra una foto della fabbrica: una stanza disadorna con un tappeto rosso a quadri, sul pavimento c'è un Corano. Ci racconta che di recente la dirigenza ha fatto allestire una sala per la preghiera per i rifugiati. “Se io dicessi: vado un attimo a pregare perderei il mio lavoro. Oso a malapena andare in bagno, poiché in contrasto con le norme di lavoro”. Noi abbiamo chiesto all'addetto stampa della Soex se è vero che le condizioni dei lavoratori Tedeschi siano peggiori di quelle degli immigrati ma la risposta è stata un secco “no comment”.

A detta della Riemann agli immigrati vengono concessi permessi a lavoro nel caso in cui debbano recarsi al Sozialamt o all'Ausländerbehörde (n.d.t. rispettivamente “ufficio assistenza sociale” e “ufficio immigrazione”). Anche lei una volta ha avuto la necessità di rivolgersi all'ufficio preposto per richiedere il sussidio per la casa. “A me però non è stato concesso di andarci durante l'orario di lavoro” ci rivela. In quel caso la Riemann aveva un urgente bisogno del sussidio ma non è riuscita a ottenerlo, per via di pochi euro di troppo nella busta paga.

Negli ultimi anni durante i dibattiti di economia e politica si è parlato spesso e quasi unicamente del fatto che in Germania il personale qualificato sarebbe sommerso di offerte di lavoro e che la priorità fondamentale delle aziende sarebbe quella di offrire ai propri dipendenti un equilibrio armonioso tra lavoro e vita privata (work-life balance). Di conseguenza, le uniche questioni ancora aperte vertono sul maggiore accesso ai ruoli dirigenziali per le donne e sulla possibilità di includere gli immigrati nel mercato del lavoro. Raramente sono stati presi in considerazione coloro di cui ci si dimentica facilmente per via della congiuntura economica positiva, ossia tutti quelli che, pur avendo un lavoro, risultano poveri, che anche nel 2016 devono aver paura di perdere il lavoro, che non vivono nella ricca e prospera Germania, bensì in uno di quei Comuni indebitati fino al collo. Queste persone sono state zitte per anni. Ora però alcuni di loro vedono nell'AfD un partito che possa dar loro una voce, mentre nei rifugiati vedono una minoranza che è riuscita a sottrarre la compassione di una Cancelliera dimostratasi fino ad allora poco sensibile alle loro istanze sociali. Ed è da qui che che scaturisce il loro risentimento.

Diana Riemann va in cucina a prendere il caffè. Quando torna dice: “a quelle bestie un altro po' il Sozialamt pulisce pure il culo.”

A chi?

“A quelle bestie”, fa una pausa. “Agli stranieri”.

Non sono forse esseri umani?

“No”, poi ci offre del caffè. “Volete un altro bignè?”

Quello che è accaduto in quel mercoledì di dicembre al tavolo della Riemann si ripete quotidianamente mille altre volte. Nei commenti dei giornali online e sui profili Facebook dei politici; anche su quello del deputato di AfD Daniel Roi, dove lui posta le proprie foto personali: davanti al Parlamento regionale del Magdeburgo, assieme ai volontari dei vigili del fuoco o a una manifestazione dei sindacati. Qualche volta condivide articoli dei giornali, di solito riguardanti terroristi e criminali stranieri, come ad esempio l'attentatore tunisino che ha fatto irruzione in un mercatino di Natale presso la Gedächtniskirche di Berlino oppure i giovani rifugiati siriani che avrebbero dato fuoco ad un senzatetto. Gli amici di Roi su Facebook scrivono commenti di questo tipo:

“L'Islam e tutto ciò che gli gravita intorno sono ripugnanti.”

“I topi non stanno solo nelle fogne, sono anche in mezzo a noi.”

“Non si può fare di tutta l'erba un fascio ma con l'influenza aviaria verranno spazzati via tutti quanti. Perché? Meglio così!”

Roi non rimuove i commenti dalla propria pagina, dice che non ha tempo per leggerli tutti uno per uno.

Se proviamo a chiedere a Diana Riemann da dove proviene l'odio che ha manifestato quel pomeriggio, lei ci parla della delusione e delle privazioni che l'hanno consumata ben prima che i profughi mettessero piede nella fabbrica della Soex.

Il patto proposto da Angela Merkel al congresso di Lipsia, la formula magica neoliberista, secondo la quale le buone prestazioni vengono sempre ricompensate con lauti guadagni, per lei non funziona: ha imparato un mestiere, si è dimostrata flessibile ogni volta che era necessario, si è sempre impegnata. Ma in cambio non ha ricevuto né benessere né sicurezza. Mentre gli stipendi di parecchi lavoratori come lei sono fermi al palo da anni, altri hanno ricevuto per molto tempo sempre di più anche quando commettevano errori: i banchieri, i cui istituti sono stati sussidiati con i miliardi dello Stato o i manager delle multinazionali che frodano i clienti e ciononostante portano a casa i bonus.

Adesso che Merkel ha “invitato” i profughi - così si esprime la Riemann – lei si sente doppiamente tradita. Dice di aver paura di perdere il proprio lavoro per poi dover concorrere con persone meno istruite di lei per i posti rimanenti. Racconta di aver notato poco tempo fa una un avviso nella bacheca della Soex: la ditta sta costruendo una fabbrica ad Abu Dabi. Da allora la Riemann è convinta che lo stabilimento a Bitterfeld verrà presto chiuso e non è l'unica a nutrire tale timore.

Nell'estate del 2016, pochi mesi dopo la vittoria elettorale di Afd a Bitterfeld, alcuni sociologi dell'Università di Oxford condussero un sondaggio su incarico della fondazione Bertelsmann. Il loro obiettivo era di ricercare i motivi che in Europa spingono così tante persone a votare i partiti nazionalisti di estrema destra. Il risultato è stato dappertutto lo stesso. I sostenitori della tedesca AfD e dell'austriaco FPÖ, così come i britannici che votano Ukip e i francesi che supportano il Front National, hanno un sentimento comune: la paura della globalizzazione. In Germania il 78% di coloro che votano AfD hanno ammesso tale timore.


Quando le multinazionali straniere giunsero a Bitterfeld Helmut Kohl promise “paesaggi in fiore”1; quando i rifugiati si insediarono a Bitterfeld Angela Merkel promise che la Germania ce l'avrebbe fatta. “Kohl ci ha presi in giro e la Merkel ha dimenticato da dove viene” dice la Riemann. “Una volta lei era una di noi. Dovrebbe sapere che dalle nostre parti ci sono ancora tanti problemi per i quali non si trova una soluzione.”

A Bitterfeld le esigenze dei cittadini vengono bloccate sempre con la stessa frase: non ci sono soldi. Non ce ne sono per le scuole e per gli ospizi, né per le strade dissestate o per i parchi giochi. “Poi sento: per gli immigrati ci sono miliardi a disposizione, questo però fa a pugni con la realtà”, dice la Riemann.

Bitterfeld-Wolfen è il comune più indebitato della Sassonia-Anhalt, un esempio estremo per un problema assai diffuso: mentre l'economia tedesca nel complesso prospera radiosa, alcuni singoli Comuni se la passano decisamente male. E non solo nella Germania orientale, anche nella zona della Ruhr, in Renania Palatinato o in Saarland. Quanto questi Comuni si ritrovino a dover mendicare disperatamente la benevolenza delle multinazionali, e quanto siano impotenti di fronte alle leggi della globalizzazione, lo si può osservare a Bitterfeld-Wolfen.

In un campo alla periferia della città c'è un sito industriale con capannoni grandi quanto campi da calcio e torri in vetro e cemento armato. L'ingresso principale rimane aperto, la portineria è vuota. Nel parcheggio è cresciuta l'erba. Dei cartelloni fiancheggiano la strada: “impianto di produzione affittasi”.

Fino a pochi anni fa qui germogliava la speranza della Germania orientale: un enorme complesso industriale dove migliaia di lavoratori costruivano pannelli solari che venivano esportati in tutto il mondo. Quest'area veniva chiamata dagli abitanti di Bitterfeld “solar valley”; in quel periodo si aveva l'impressione che questa regione ce l'avesse davvero fatta. Le aziende che producevano qui avevano nomi che rievocavano il futuro, come Q-Cells, Sovello, Solibro e Calixo. La città aveva fatto loro una corte spietata attraverso basse imposte, forza lavoro altamente flessibile, finanziamenti multimilionari e uno svincolo autostradale costruito appositamente per il complesso industriale. Anche il governo federale fece la sua parte: approvò delle sovvenzioni per la produzione di energia solare affinché la richiesta di panelli solari crescesse. Le imprese arrivarono e portarono con sé migliaia di posti di lavoro.

Non passò molto tempo prima che delle multinazionali cinesi cominciarono a produrre – a prezzo più basso – lo stesso tipo di pannelli solari al punto da fagocitare le aziende di Bitterfeld e delocalizzare il lavoro. Migliaia di persone furono licenziate. “Fu un taglio netto” dice Daniel Roi, il quale ritiene che il discorso delle multinazionali non sia poi così dissimile da quello riguardante il lago Goitzsche: lo Stato sborsa milioni con l'intento di attirare i grandi capitali. Alla fine però alla collettività non spetta niente. “Il sistema capitalistico, che ormai non conosce più limiti, è fallito” dice lui.

Oggi gli abitanti di Bitterfeld hanno imparato a diffidare delle benedizioni della globalizzazione, così come nutrono parecchi dubbi circa il reale potere dello Stato: perché il governo non si tutela di fronte alle multinazionali cinesi? Perché continua a sovvenzionare la vendita di pannelli solari che non sono prodotti dai lavoratori tedeschi, bensì principalmente da quelli asiatici? La Merkel non aveva promesso che si sarebbe fatta carico del benessere e della sicurezza delle persone, a patto che queste si dimostrassero flessibili e diligenti?

Da allora gli abitanti di Bitterfeld si sono adeguati alle esigenze delle imprese, impostando la loro vita secondo il ritmo delle fabbriche. La società attuale che promuove lo sviluppo economico propaganda tra la popolazione la “dipendenza dai prodotti chimici” e ”l'assuefazione al regime su tre turni di lavoro”. La città ha chiamato le proprie strade con i nomi delle aziende e dei loro prodotti: Heraeusstraße, Guardianstraße, Stickstoffstraße (“via dell'azoto” n.d.t.), Farbstoffstraße (“via del colorante” n.d.t.). Ha perfino rinunciato a sé stessa pur di attirare le imprese. Nel 2007 vi fu una riforma distrettuale e Bitterfeld fu accorpata – contro la volontà dei cittadini – a Wolfen. Si fusero per poter essere più appetibili dal punto di vista commerciale. Si avvicinarono per mascherare il reciproco invecchiamento e disfacimento. Da allora molti centri della Germania orientale hanno nei loro nomi una caratteristica che prima si riscontrava solo nella zona occidentale: il trattino, come per esempio Dessau-Roßlau o, se preferite, Bitterfeld-Wolfen.

Durante gli ultimi anni ci sono state sempre nuove multinazionali che portavano posti di lavoro a Bitterfeld, ma questi lavori non erano mai sicuri. Ci sono stati politici locali che hanno fatto di tutto per attirare i colossi industriali. Ma ciò che si è rivelato al di là delle loro possibilità è stata la capacità di farli restare qui.

L'Afd non ha alcuna soluzione per tali problemi. Il suo manifesto economico è scarno e impreciso, in alcuni punti richiama la lotta di classe, altrove sembra aderire sfrenatamente ai dettami del libero mercato. Su una cosa sono però molto bravi: sanno ascoltare le persone come Diana Riemann, conoscono i loro bisogni, canalizzano la loro rabbia, di solito nella direzione più semplice di tutte, verso il basso, contro i migranti, contro coloro che hanno ancora meno di loro.

Se chiedete a Diana Riemann dell'SPD o della Linke, vi dirà che ha visto i loro rappresentanti in TV e che non capisce il loro linguaggio. Se invece le chiedete dell'AfD vi risponderà Daniel Roi. Lo ha conosciuto durante una manifestazione, protestavano insieme contro la chiusura di una scuola materna. Lei gli parlò dei suoi problemi e lui le diede il suo numero di cellulare.

Roi parla la sua stessa lingua, quel ruvido dialetto tanto diffuso nella zona meridionale della Sassonia-Anhalt. Lui è nato qui, a Wolfen-Nord, una sorta di colonia operaia in cui alla fine degli anni '80 vivevano all'incirca 35.000 persone. Oggigiorno 8.000 di loro vivono ancora li', in maggioranza pensionati. Con la sua Škoda passa davanti ai prefabbricati, a Kaufland (n.d.t. centro commerciale) e Nettomarkt (n.d.t. supermercato), poi scende dalla macchina e si incammina attraverso i canyon urbani. Donne anziane trascinano il loro deambulatore sull'asfalto squarciato, accanto ad un enorme cumulo di macerie le scavatrici sbriciolano il calcestruzzo lavato dei prefabbricati sventrati. Gli operai trascinano fuori le interiora degli edifici: tubi degli impianti di riscaldamento, tazze del gabinetto, pannelli isolanti. Un paio di anni fa la Società per l'edilizia residenziale della città innalzò i prezzi degli affitti, nonostante il quartiere fosse decrepito. In seguito a ciò alcuni cittadini fondarono un'iniziativa a difesa degli affittuari; il loro presidente siede oggi nel consiglio esecutivo dell'AfD.

Più tardi Roi si reca nel centro di Bitterfeld. I proprietari di alcuni piccoli negozi hanno fondato un comitato a tutela del centro città. Si lamentano del fatto che in centro i negozi siano vuoti e che intorno a Bitterfeld stiano spuntando grandi centri commerciali. Protestano contro le imposte che sono obbligati a pagare, mentre in Germania le catene di moda internazionali pagano pochissime tasse. Si scagliano contro i colossi on-line come Amazon che danneggiano i loro affari. Il presidente del comitato il prossimo anno vuole candidarsi al parlamento; con AfD.

Roi gironzola nella piazza del mercato che si tiene qui ogni mercoledì. Vi si trova formaggio olandese e panini con würstel della Turingia per 1,80 €. Lì in mezzo, vicino alla teca del pollame, un partito ha allestito un bancone, l'unico lungo e largo. È l'AfD.


1 N.d.t. L'espressione blühende Landschaften fu usata dall'allora Cancelliere Helmut Kohl in due circostanze (1990 e 1991) con riferimento alle prospettive economiche dei territori dell'ex Germania Est

giovedì 23 febbraio 2017

La lotta di classe è qui - Il successo di AfD nell'est

Ottima traduzione appena ricevuta da Claudio. Prima parte di un bellissimo reportage che Die Zeit dedica allo straordinario successo elettorale di AfD a Bitterfeld, in Sachsen-Anhalt, e in molte altre zone dell'Est. A Bitterfeld alle regionali del 2016 AfD ha superato il 31%: un risultato che non puo' essere spiegato solo con la rabbia per l'ondata di migranti. Grazie Claudio per l'articolo! Da Zeit.de


A Bitterfeld, città della working class, AfD è il primo partito. I loro elettori non hanno problemi solo con gli immigrati, bensì anche con il capitalismo.



Quando il deputato dell'Afd Daniel Roi vuole spiegare perché la gente della sua circoscrizione elettorale è così arrabbiata non va al centro dei rifugiati. Va al lago. L'acqua riluce oscura, sulla riva ci sono le panchine per il picnic e nei lotti dei camper permanenti svernano le canoe. Lì accanto campeggia la réclame del circolo nautico: “la vela non deve essere costosa”. 



Goitzsche è il nome del lago che è sito all'estremità di Bitterfeld-Wolfen, una città nella parte sud-orientale della Sassonia-Anhalt. Qui in estate le persone stendono i loro teli, fanno il bagno, vanno in canoa e praticano lo sci d'acqua. 


È un mercoledì di dicembre, il bavero del cappotto di Roi è sollevato verso l'alto e la barba è accuratamente rasata. Lui ha 29 anni ed è uno dei pochi giovani che qui non è solamente nato ma anche deciso di restarci. A dieci anni entra nel corpo dei volontari dei vigili del fuoco. A diciotto avvia la sua prima iniziativa civica. A 25 diventa membro dell'AfD. Alle elezioni regionali del marzo 2016 riceve il 31% dei voti, primo fra i candidati del suo collegio elettorale. In tutto ciò il lago ha svolto un ruolo importante.

Prima, quando Roi era un bambino e il muro non era ancora stato abbattuto, qui rimbombavano le scavatrici che lavoravano in una delle aree minerarie ricche di lignite più estese della DDR. In seguito al crollo della Germania Est la zona si deindustrializzò e dalla cava a cielo aperto fu ricavato un lago artificiale. Il suolo venne bonificato, il cratere fu riempito d'acqua e lungo i pendii vennero piantati gli alberi. In seguito furono tracciati dei percorsi pedonali e furono costruiti parcheggi. Il tutto richiese più di 200 milioni di euro tra incentivi allo sviluppo federali, regionali, europei e soldi dei contribuenti. Tre anni fa però il comune di Bitterfeld-Wolfen ha venduto larga parte del lago ad una società privata per soli 2,9 milioni di euro. Il nome della compagnia è “Blausee” (n.d.t. “lago blu”) ed è specializzata nella privatizzazione di patrimonio naturalistico, avendo già acquistato dallo Stato diversi laghi. Il proprietario è l'imprenditore farmaceutico multimiliardario Adolf Merckle.

“La collettività ha pagato affinché il lago fosse abbellito” dice Roi “e chi ne ha tratto giovamento?” Punta il dito verso un tratto recintato della riva. Là, dietro delle canne palustri alte quanto un uomo, ci sono due case galleggianti con i tetti a terrazza costruite in vetro e legno chiaro e con un accesso esclusivo al lago. In una rimessa per le barche si trova uno yacht a motore cromato sollevato con il cric. Sulla recinzione è affisso il cartello “Proprietà privata, vietato l'accesso”. Un po' più a nord, su un'incantevole penisoletta, dei cingolati spianano la riva: direttamente a ridosso dello specchio d'acqua stanno costruendo un complesso residenziale. “Miliardari” dice Roi e la parola risuona come se fosse un'ingiuria.

Alle elezioni in Sassonia-Anhalt Bitterfeld-Wolfen è il Comune dove l'AfD ha preso più voti. Nei giorni successivi al voto sono venuti giornalisti da Amburgo, da Berlino, dalla Gran Bretagna e dagli Stati Uniti. Volevano sapere i motivi che avevano spinto così tanta gente a votare l'AfD. Hanno ripreso la piazza del mercato, hanno mostrato persone che indossavano pantaloni da jogging grigi, che si ingozzavano di grassi würstel e che apostrofavano come “negri” gli immigrati e come “criminali” i politici. Hanno documentato la realtà, ma hanno raccontato solo mezza verità. 

È da parecchio tempo che il successo dell'AfD non si basa più soltanto sull'odio nei confronti degli stranieri o sulla rabbia nei confronti della cancelliera Merkel; sono riusciti – più di ogni altro partito – ad approfittare dello strappo sociale che attanaglia la Germania, quello tra ricchi e poveri, tra città e campagna, tra l'élite globalizzata e il piccolo uomo di provincia. L'indignazione dei politici come Roi è generata tanto dall'accoglienza verso i rifugiati quanto dai trucchetti contabili delle grandi multinazionali, dalla privatizzazione di beni pubblici e dalle aziende che prima ricevono sovvenzioni dallo Stato per milioni di euro e poi delocalizzano all'estero. 

Il popolo umile contro il capitale globale: con questo slogan la destra sta racimolando i voti di quanti – in passato – votavano a sinistra, un fenomeno che si registra in tutta l'Europa: nelle aree deindustrializzate dell'Inghilterra settentrionale, nelle campagne della Polonia, nella Germania orientale e nel sud della Francia. Marine Le Pen, leader del Front National, si presenta come la paladina della classe lavoratrice francese, il quasi presidente austriaco Norbert Hofer dell'FPÖ viene visto come il difensore del numero crescente di lavoratori a rischio di esclusione sociale. Nella regione della Ruhr, un tempo feudo rosso, vista l'alta densità di acciaierie e miniere di carbone, l'AfD sta mettendo su un'organizzazione per i lavoratori con l'intento di strappare voti all'SPD e alla Linke. 

A Bitterfeld tutto ciò non è più necessario. Qui l'SPD durante l'ultima tornata elettorale ha ottenuto solo l'8% dei voti. La Linke è scesa al 13%, che per gli standard dell'ex Germania Est rappresenta un pessimo risultato. E, sebbene nelle recenti votazioni per il sindaco non abbia vinto l'AfD, bensì il candidato della CDU sostenuto da un'ampia coalizione, alle elezioni per il Parlamento regionale di settembre l'AfD è riuscita a superare tutti i singoli grandi partiti. 

“Che ne è di quelli che dal successo non ottengono nulla?”

Daniel Roi monta nella sua Skoda grigia. Nel portaoggetti della portiera c'è un volantino dell'AfD, un depliant per la circoscrizione elettorale: la parola “profugo” non compare nemmeno una volta, si parla però di argomenti come i pensionati in difficoltà, i tagli ai vigili del fuoco, i quartieri operai in degrado e le scuole che vengono chiuse. Roi dichiara di avere paura per il proprio Paese. Quando spiega perché non fa riferimento tanto ad una questione d'identità quanto al problema della ridistribuzione; quando cita “quelli di sopra” intende politici influenti ma anche potenti multinazionali, Merkel&Merckle insomma. “Quelli che stanno in alto” dice Roi “sono quelli che si sono presi il Goitzsche”. 

Roi preme sull'acceleratore. Si lascia il lago alle spalle e si dirige verso la zona industriale, là dove ai tempi della DDR l'impianto chimico di Bitterfeld e Wolfen avvelenava l'aria; dopo la riunificazione grandi multinazionali vi hanno costruito i propri impianti di produzione. Roi passa davanti alla fabbrica di colore bianco del colosso farmaceutico Bayer che a Bitterfeld produce le compresse dell'aspirina. Poi è la volta dell'impianto giallo-grigio dell'Heraeus che qui produce vetro al quarzo, cui fa seguito il forno di fusione della Guardian Industries, una multinazionale americana che fabbrica lastre di vetro.

Osservata da qui Bitterfeld può sembrare un piccolo miracolo economico. Dove un tempo c'erano fabbriche decrepite adesso si produce secondo standard ambientali elevati. Là dove decine di migliaia di persone persero il proprio lavoro in seguito alla dissoluzione della DDR il tasso di disoccupazione è nel frattempo nuovamente calato: da oltre il 20% nel 2003 a meno dell'8% nel 2016. Nel reparto chimico, il settore economico più importante della regione, gli stipendi continuano a salire. “L'economia mette il turbo” dice il sindaco della città, “la via del successo è spianata” fa eco il presidente dell'agenzia locale per l'incentivazione dell'economia. Il deputato Afd Daniel Roi invece si interroga: “Che ne è di coloro che dal successo non ottengono nulla?”

Lungo la strada si snoda un imponente sistema di tubazioni, un reticolato di oleodotti multicolori trasportano idrogeno e cloro gassoso da una fabbrica all'altra: attraversano la città come un sistema vascolare e riforniscono le fabbriche di prodotti chimici, mentre queste ultime dovrebbero provvedere a rifornire la città di posti di lavoro. Quantomeno questo era il piano.

Molti dipendenti lautamente retribuiti dalla Bayer o dalla Guardian non vivono però a Bitterfeld ma a Halle o a Lipsia, ed è lì che spendono i loro guadagni. Anche il tasso di disoccupazione non appare più così roseo se osservato più da vicino: molte persone infatti sono andate via o in pensione. Pertanto non è facile stabilire se sia più la città a trarre profitto dalle multinazionali o viceversa. “La Bayer realizza alti profitti ma versa pochissime tasse” rivela Kay-Uwe Ziegler, un collega di partito di Daniel Roi, anch'egli di Bitterfed. Né la Bayer né la città hanno voglia di esprimersi su questo punto: segreto fiscale. Ma un consigliere comunale della Linke afferma che la Bayer effettivamente non pagherebbe cifre esorbitanti in tasse ,un “segreto di Pulcinella” a suo giudizio. Preferisce non dire altro, non vuole inimicarsi un colosso industriale tanto potente. 

Sia ben chiaro: non è che siccome le statistiche sulla disoccupazione non sono negative tutti qui se la passino bene. Nell'autunno 2016 l'istituto demoscopico di Allensbach ha interrogato gli elettori. Il 38% dei sostenitori dell'AfD riteneva di far parte “ della schiera di coloro che in Germania sono rimasti indietro mentre agli altri va sempre meglio”, la percentuale più alta fra tutti i partiti.

In un isolato vicino alla zona industriale, in un piccolo appartamento con il pavimento in laminato, abita Diana Riemann. Sul bracciolo del sofà c'è un pupazzo di Arlecchino, nell'armadio a parete un angelo di porcellana. Sul tavolino in vetro nel salotto, tra la guida TV e un numero di Wochenspiegel, è riposta una brochure azzurra: è il programma dell'AfD. Alle politiche di settembre 2017 Riemann vuole andare a votare; per la prima volta da quasi venti anni. 

Diana Riemann in realtà si chiama in un altro modo, ma lei non vuole essere riconosciuta, teme di perdere il lavoro. Riemann non lavora alla Bayer, dove gli stipendi sono alti e c'è un autorevole consiglio di fabbrica. Lavora per la Soex, un'azienda che ricicla vestiti usati. 700 lavoratori smistano cappotti, pantaloni, t-shirt e scarpe. In tre turni, giorno e notte. Lei trascorre otto ore al giorno immersa tra gli stridii dei carrelli elevatori e il frastuono delle presse, continuamente chinata. Sul tavolo ci sono i monitor che controllano se i lavoratori svolgono correttamente le loro mansioni, a seconda del reparto si arriva fino a due tonnellate di vestiti al giorno.

Gli abiti che Riemann smista puzzano. L'aria che respira è stantia. Il lavoro che svolge è monotono. “Piglia, piglia, piglia” dice lei, aprendo e chiudendo i pugni; il suo dito medio è storto. “Dito a scatto” e lo fa balzare in avanti. Nervi infiammati e mal di schiena, questo è il prezzo da pagare per il suo posto di lavoro. Quando ha il turno mattutino si alza alle quattro meno dieci. Quando torna a casa è distrutta. Alle 18:45 guarda il telegiornale RTL. Non va a letto più tardi delle 20:30. 

Il salario della Riemann è leggermente più alto di quello minimo. Non ha diritto alle ferie pagate e alla tredicesima. Le spettano tre settimane di ferie ma non decide lei quando prenderle. Alla Soex la gran parte dei dipendenti ricevono le ferie a luglio, quando le macchine sono in manutenzione: luglio però è alta stagione e farsi una vacanza è quasi ovunque troppo costoso. 

Riemann dice che se trovasse qualcosa di meglio, magari un'occupazione in un'attività commerciale, come cassiera da KiK o da Edeka, cambierebbe subito lavoro. Che le aziende cercano manodopera, che il tasso di disoccupazione scende e che il gettito fiscale è in aumento, queste sono tutte cose che Riemann ha già sentito. Ma non ne sente gli effetti. La sua condizione nel 2016 è la stessa del 2003. 

All'epoca in Sassonia-Anhalt una persona su cinque era disoccupata e chi aveva un lavoro aveva la sensazione di essere facilmente rimpiazzabile. Era il tempo della disoccupazione di massa, dei tagli e delle riforme “Agenda 2010”. Il governo a guida socialdemocratica ridusse i sussidi per la disoccupazione, diminuì le tutele sui licenziamenti e cominciò a controllare meticolosamente i bisogni e le necessità di coloro che richiedevano aiuti sociali. Tutto ciò mirava a rinforzare l'economia e a preparare il Paese alla globalizzazione e al cambiamento demografico. Alla fine queste riforme sarebbero dovute tornare utili a tutti.

La CDU pretese tagli ancora più radicali. Nel 2003 tenne un congresso di partito non lontano da Bitterfeld. Sul palco c'era una signora in tailleur. Con voce ferma richiese “un abbassamento del costo del lavoro”. Propose un patto ai lavoratori come Diana Riemann: promise loro “benessere e sicurezza” reclamando in cambio “flessibilità e rendimento”. Questa donna di nome faceva Angela Merkel e quel congresso tenutosi a Lipsia viene oggi ricordato come la cesura neoliberista nella storia della CDU. Dimostrarsi flessibili, rafforzare il senso di autoresponsabilità, stringere la cinghia. Questo era il leitmotiv dell'anno zero, l'imperativo della recessione.

(Fine prima parte) ...Seconda parte

venerdì 20 gennaio 2017

La deriva negazionista di Alternative für Deutschland

AfD è un contenitore politico variegato, ma nell'Est del paese ci sono personaggi politici alquanto discutibili. Björn Höcke, leader di AfD in Turingia ed esponente dell'ala piu' nazionalista, durante il discorso di martedì a Dresda ha lanciato una svolta negazionista, forse solo una provocazione per dare visibilità al partito, la stampa tedesca tuttavia si interroga sulla vera natura di questo movimento. Da thueringen24.de

Bjorn Hocke

"Vorrei che foste i nuovi prussiani", ha detto martedì sera a Dresda davanti al suo pubblico il presidente regionale della AfD in Turingia Björn Höcke. Era stato invitato a parlare dalla Junge Alternative (JA), il gruppo giovanile della AfD. Nella sala da ballo del birrificio Watze, il discorso di Höcke è l'apice della serata, e il pubblico ha accolto il politico 44enne con grande calore e molti applausi. 


Ci riprenderemo la Germania pezzo per pezzo

Sono un oratore scomodo, ha detto all'inizio del discorso il politico della AfD parlando di sé. Dresda, secondo Hocke, è la capitale dei "cittadini coraggiosi", e dovrebbe diventare la capitale tedesca. Durante l'intervento il tono del discorso è andato crescendo. Il governo tedesco è un regime, secondo Höcke, "l'esercito tedesco è diventato una truppa d'intervento multiculturale al servizio degli Stati Uniti e una minaccia per il popolo tedesco". Secondo il teorico della razza Björn Höcke, la pace sociale in Germania sarebbe minacciata dall'importazione "di popolazioni straniere".


Il parlamentare regionale della AfD ha continuato con sempre maggiore intensità nella descrizione del suo scenario minaccioso. Solo la AfD puo' ancora salvare la Germania, ha spiegato Hocke al pubblico. "Ci riprenderemo la Germania pezzo per pezzo". Come questo dovrebbe accadere pero' non lo ha spiegato nei dettagli, tuttavia ha ripetuto piu' volte che il suo partito rappresenta "l'ultima possibilità di farlo in maniera pacifica".




Höcke: "il paese ha bisogno di una chiara vittoria di AfD"

Nella parte centrale del suo discorso Höcke ha delineato la sua idea di partito: AfD deve restare "un partito-movimento, fondamentalmente di opposizione, che non dovrà perdere il contatto con la società civile". Anche quando sarà rappresentata in Parlamento, AfD dovrà restare un gruppo movimentista sempre in contatto con i cittadini.

"Resisteremo fino a quando non avremo raggiunto il 51%", ha promesso Höcke. Unica alternativa: andare al potere come partner di maggioranza insieme ad un "vecchio partito", il partito alleato pero' dovrà cambiare radicalmente. "Questo paese ha bisogno di una netta vittoria di AfD", ha detto forte e chiaro Höcke davanti al suo pubblico in sala.

Il memoriale dell'olocausto per Höcke è "un monumento della vergogna"

Il suo tono è cambiato nuovamente nella terza parte del discorso. Il politico della Turingia è diventato un po' piu' tranquillo, ma si è fatto piu' tagliente. Il bombardamento di Dresda, ha continuato il 44enne, è stato un crimine di guerra, comparabile con le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki. Secondo Höcke gli alleati "con il bombardamento delle città tedesche volevano solo privarci della nostra identità collettiva". Facendo riferimento alla presunta denazificazione, il politico della AfD, rappresentante dell'ala nazionalista del suo partito, ha detto che "il processo di rieducazione iniziato nel 1945" è quasi riuscito.


"Fino ad oggi non abbiamo potuto commemorare le nostre vittime", ha detto Höcke. "I tedeschi sono il solo popolo al mondo ad aver messo nella propria capitale un monumento della vergogna", ha continuato il politico della AfD riferendosi al Memoriale dell'Olocausto in centro a Berlino. 

Il candidato al Bundestag della AfD parla di "culto della colpa"

Il politico della Turingia, emerge chiaramente dal suo discorso, vorrebbe una rivisitazione della storia tedesca, che secondo lui fino ad ora è stata rappresentata in maniera triste e ridicola. Se AfD dovesse salire al potere, i libri di storia dovranno essere riscritti. "Questa ridicola politica di superamento ci paralizza. Abbiamo bisogno di una svolta a 180 gradi sul tema della memoria politica" ha continuato Höcke alla fine del suo discorso. In futuro, invece degli ebrei e degli altri perseguitati dai nazisti, sarà necessario ricordare le vittime tedesche.


In maniera del tutto simile si è espresso anche Jens Maier, candidato della AfD al Bundestag per Dresda, che ha parlato prima di Höcke. Anche Maier ha detto che "è arrivato il momento di superare completamente il culto della colpa". Il riferimento era alla Shoah e ai suoi milioni di vittime.



venerdì 9 settembre 2016

AfD è il figlio tardivo dell'Agenda 2010

Christoph Butterwegge, professore all'Università di Colonia, politologo e ricercatore sul tema della povertà, politicamente vicino alla Linke, intervistato da deutschlandfunk.de prova a spiegare le ragioni della rapida ascesa di AfD. Da deutschlandfunk.de



AfD in forte ascesa, la SPD perde voti. Per il politologo Christoph Butterwegge c'è un collegamento diretto. "AfD è il figlio tardivo dell'Agenda 2010", ne parla il professore di Colonia in un'intervista a Deutschlandfunk (DLF). Il salario minimo o la pensione a 63 anni non cambieranno la situazione, queste riforme molto spesso non raggiungono le persone per le quali erano state pensate.

DLF: La SPD nei sondaggi raggiunge il minimo storico del 21 %. Questo dato esprime probabilmente gli effetti di una politica sociale sbagliata, di questo parlero' con il professor Christoph Butterwegge, politologo e ricercatore sul tema della povertà all'Università di Colonia che recentemente ha pubblicato anche un libro sul tema: "Reichtumsförderung statt Armutsbekämpfung". La SPD celebra se stessa per i suoi successi politici - è stato introdotto un salario minimo, la pensione a 63 anni e recentemente sono stati proposti miglioramenti per i contratti interinali. Anche questa è politica sociale - perché il messaggio non arriva agli elettori?

Butterwegge: Sono miglioramenti solo marginali. Il salario minimo ad esempio non cambia la situazione per la maggior parte dei percettori di un sussidio Hartz IV. Riesce forse a migliorare le condizioni in alcuni casi, nelle fasce salariali piu' basse, ma il cosiddetto settore a basso salario (Niedriglohnsektor) comprende ormai quasi un quarto dei lavoratori. E questa situazione non è cambiata con il salario minimo, per questa ragione non c'è fiducia nella SPD e nella sua capacità di fare qualcosa per i piu’ bisognosi. Anche le politiche di contenimento degli affitti (Mietpreisbremse) sono modeste, la pensione a 63 anni di cui lei parlava è un provvedimento che riguarda i lavoratori con 40 anni di contributi, vale a dire persone che sono state impiegate continuativamente per 40 anni, con tutti i contributi previdenziali pagati per decenni, e che non sono minacciate dalla povertà. Per evitare che nella nostra società aumenti il rischio povertà, soprattutto fra gli anziani, la SPD non ha fatto niente. Al contrario, con la riforma delle pensioni questa paura si è ulteriormente diffusa. Per me AfD è il figlio tardivo di questa agenda di riforme.

DLF: di questi dubbi, di queste paure, sta beneficiando AfD, almeno questo è quanto lei ci fa intendere. La SPD è quindi il principale responsabile dell'ascesa di AfD?

Butterwegge: Se non è colpevole è comunque responsabile, assistiamo a due curve che si muovono in maniera opposta, da un lato l’ascesa di AfD e dall’altro la caduta della SPD. E’ evidente che una parte degli elettori della SPD si sono spostati verso AfD: persone senza un lavoro, lavoratori non specializzati, persone che non hanno più fiducia nella SPD e nella sua capacità di garantire la giustizia sociale e di contrastare le disuguaglianze sociali. A causa della loro delusione si rivolgono ad AfD, sebbene io non credo che questa forza politica sia per una maggiore giustizia sociale.

DLF: volevo chiederle anche questo, se c’è un legame con il voto dei poveri, dei disoccupati e degli Hartz IV – si puo’ dire che votano per AfD?

Butterwegge: soprattutto se e quando vanno a votare – e questo fra gli Hartz IV e fra gli indigenti delle grandi città non accade spesso. La partecipazione al voto è scesa di molto, ma se e quando vanno a votare, sono naturalmente molto frustrati, e guardando al risultato elettorale in Sachsen-Anhalt, è facile capire che i disoccupati e i lavoratori non specializzati hanno votato anche per AfD, e che la SPD, che un tempo era il partito dei lavoratori, oggi non lo è piu’. E’ un trend naturalmente presente anche in altri paesi europei. Se penso all’Austria, anche la FPÖ a Vienna, da sempre la capitale della socialdemocrazia, prende molti voti dai lavoratori. E’ ormai evidente: dalla SPD o dalla SPO in Austria gli elettori non si aspettano molto. A causa di questa delusione ci si rivolge a una forza nuova, AfD, perché si spera che possa opporsi all’establishment. Io non credo che questi elettori possano realmente credere ad una effettiva capacità di AfD di difendere i loro interessi, perchè leggendo il programma politico, è chiaro che non c'è nulla per gli indigenti, per i disoccupati e per le persone socialmente svantaggiate.

DLF: ma leggendo il programma AfD potrebbe anche sembrare un partito per le persone svantaggiate? Per quanto riesco a capire, propongono ad esempio un salario minimo, la difesa dello stato sociale, l'ammodernamento di Hartz IV con ulteriori possibilità di guadagno - non suona poi cosi' male.

Butterwegge: se si guardano le altri parti del programma, si nota subito l'abolizione della tassa di successione. Si tratta di un punto evidentemente a favore delle persone abbienti, non certo dei nullatenenti. Soprattutto per gli imprenditori, che potranno ereditare aziende intere senza dover pagare alcuna tassa. Sono punti del programma che mi fanno pensare che AfD è il partito di chi ha paura di perdere la propria situazione privilegiata. Un partito della piccola borghesia che nella crisi teme di finire schiacciata dall'alto e dal basso. Posso fare un parallelo storico con la Repubblica di Weimar, senza voler fare un paragone con l'ascesa dei nazisti, è evidente che la piccola borghesia in Germania, quando è travolta dalla paura, si sposta politicamente a destra. Io penso che nell'Ovest, mi riferisco alle elezioni regionali del Baden-Württemberg, non sono stati i disoccupati a dare slancio elettorale alla AfD, sono stati soprattutto gli elettori della classe media, della piccola borghesia, che temono di perdere il loro benessere.

DLF: ma le paure sono veramente così grandi? Se guardiamo agli ultimi dati, l'economia tedesca e i consumi crescono, i timori non dovrebbero essere poi cosi' fondati.

Butterwegge: beh ma queste statistiche e queste indagini ci dicono che le prospettive per l'economia e per l'industria sono positive. Ma lo stato d'animo personale e la paura di una vecchiaia in povertà, dovuta all'indebolimento del sistema pensionistico, questi timori sono presenti. E' piu' probabile che le persone votino secondo il loro stato d'animo che non secondo le stime sugli utili di Siemens, di Allianz o Daimler. Probabilmente è cosi'...

DLF: e questo secondo le sue valutazioni significa che AfD ha ancora un grande potenziale ed è qui per rimanere a lungo.

Butterwegge: temo di sì, anche perché si stanno muovendo in maniera molto professionale. Basta guardare al modo in cui con la loro politica anti-euro sono riusciti a raccogliere consenso sulla paura che i paesi in crisi ci portino via i nostri risparmi e il nostro benessere, oppure la campagna anti-rifugiati e la capacità di catalizzare le paure di una invasione straniera. Oppure in primavera quando hanno avviato un nuovo corso politico anti-islam dopo aver preso atto che la politica anti-rifugiati non tirava piu' come prima, visto che ne arrivavano sempre meno. E' evidente che la politica viene fatta in maniera professionale, per questo credo che AfD non sia un partito effimero destinato a scomparire in fretta.

mercoledì 7 settembre 2016

Oskar Lafontaine sul successo elettorale di AfD

Da FB l'interessante commento di Oskar Lafontaine sul successo elettorale di AfD alle elezioni regionali nel Mecklenburg-Vorpommern




Le elezioni regionali nel Mecklenburg-Vorpommern sono state un voto di protesta nei confronti delle politiche sui rifugiati di Merkel e contro i tagli al welfare. Molti degli elettori di AfD hanno voluto esprimere il loro dissenso nei confronti delle politiche di accoglienza di Merkel e verso le politiche neo-liberiste degli ultimi anni e i conseguenti tagli allo stato sociale. Sarebbe un errore fatale considerare questo voto di protesta come un voto di destra.

I corresponsabili del successo di AfD sono invece i politici di tutti i partiti e i giornalisti che hanno definito come “vicina alla AfD” ogni forma di critica alla politica dominante. Hanno involontariamente aiutato i populisti di destra. Ogni critica alla globalizzazione, all’Euro, all’UE, all’interventismo militare degli Stati Uniti, oppure le richieste di riconciliazione con la Russia sono ogni volta etichettate come una “politica vicina alla AfD”. In questo modo consegnano ad AfD il monopolio su ogni forma di critica verso la politica dominante. Secondo questa logica gli studenti che negli anni ’60  protestavano contro la guerra in Vietnam sarebbero vicini alla AfD.  Willy Brandt e Egon Bahr, che hanno promosso un riavvicinamento alla Russia, dovrebbero difendersi dalla stessa accusa. I critici della globalizzazione dovrebbero ricevere lo stesso distintivo, sebbene fossero attivi ben prima della fondazione di AfD. Critiche all’Euro e alle istituzioni UE ce ne sono da molti anni, ma per gli involontari gregari della AfD ogni critica è diventata populismo di destra.

Grazie a questa propaganda involontaria è stata nascosta la natura neoliberista di AfD, un partito che rifiuta una giusta tassazione dei redditi, dei patrimoni e delle eredità dei milionari, che sostiene il dumping salariale e le basse pensioni, e considera una buona cosa l’interventismo militare se finalizzato alla difesa degli interessi tedeschi. Chi vuole combattere la AfD, deve prima impegnarsi a ricostruire lo stato sociale partendo dalle sue macerie e rifiutare le politiche neoliberali degli ultimi anni.