Visualizzazione post con etichetta deutschlandfunk. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta deutschlandfunk. Mostra tutti i post

domenica 24 maggio 2020

"Lo sfruttamento nei macelli tedeschi è sistematico e tollerato"

"Da un lato ci sono le potenti associazioni degli industriali della carne di maiale con degli ottimi contatti nella politica regionale e federale. Dall'altra invece ci sono i rumeni e i bulgari, che qui in Germania hanno una lobby decisamente meno influente rispetto a quella dei maiali che macellano" scrive Manfred Götzke su DLF commentando l'ondata di contagi da Covid-19  che nei macelli tedeschi ha colpito migliaia di lavoratori migranti provenienti dall'Europa dell'est. Da Deutschlandfkunk.de

-->

Quello che sta succedendo nei macelli tedeschi in realtà non è mai stato un segreto: e il vero scandalo, nello scandalo della carne, è che da anni quasi nessuno se ne era mai interessato.

Lo ripeto un'altra volta con la massima chiarezza: da anni, decine di migliaia di europei dell'est vengono sfruttati con modalità che assomigliano a una forma di schiavitù moderna. Si indebitano per venire in Germania, pagano delle spese di intermediazione a delle aziende tedesche alquanto dubbie per poi lavorare fino allo sfinimento nei macelli tedeschi.

Dieci o dodici ore al giorno, sei giorni alla settimana, per poi dover dormire in catapecchie ammuffite, per le quali devono anche dedurre dallo stipendio diverse centinaia di euro di "affitto" da pagare al subappaltatore.

Lo sfruttamento è sistematico ed è tollerato

I lavoratori spesso ottengono solo sulla carta il salario minimo stabilito dalla legge, gli straordinari non vengono pagati, ci sono detrazioni per gli abiti e le scarpe da lavoro e altre cose che in realtà non vengono neanche fornite. Il salario minimo fissato dalla legge di 9,35 euro l'ora per un lavoro fisico molto duro? Un po' troppo. Alla fine sono solo rumeni, a casa loro prenderebbero anche meno.

Qui non stiamo parlando di un paio di pecore nere del settore: perché questo sfruttamento è sistematico e viene tollerato dalla politica - se non addirittura voluto. Perché per l'industria della carne è estremamente facile esternalizzare lo sfruttamento a un gruppo di subappaltatori alquanto dubbi.

I rumeni e i bulgari non hanno una lobby

Lo sfruttamento organizzato e tollerato politicamente ha un nome preciso: contratti d'opera. Invece di impiegare direttamente gli operai, pagandoli in maniera adeguata e impiegandoli secondo il diritto del lavoro tedesco, quasi tutti i grandi macelli assegnano dei contratti d'opera a dei subappaltatori che truffano sui salari, e quando possono imbrogliano i loro dipendenti.

Tutto ciò potrebbe essere facilmente prevenuto dalla legge semplicemente vietando l'applicazione dei contratti d'opera per le attività core dell'azienda. Perché invece fino ad ora non è mai accaduto? Lobbismo.

Da un lato ci sono le associazioni degli industriali della carne molto potenti e con degli ottimi contatti nella politica regionale e federale. Dall'altra invece ci sono i rumeni e i bulgari, che qui in Germania hanno una lobby decisamente meno potente rispetto a quella dei maiali che macellano.

Ancora una volta non cambierà nulla

Il fatto che ora l'indignazione sia così grande ha poco a che fare con una qualche forma di empatia per i lavoratori. A causa delle infezioni da Coronavirus registrate nelle baracche dei lavoratori, alcuni distretti semplicemente dovranno aspettare un po' piu' a lungo prima di assistere alle tanto attese riaperture. Si tratta piu' che altro dell'interesse personale.

Anche se il ministro del lavoro del NRW Laumann (CDU) ancora una volta afferma di aver perso la pazienza con l'industria della carne. Anche se il Bundestag ancora una volta ha discusso del grave problema sociale. Temo che alla fine non cambierà nulla: i tedeschi semplicemente se ne fregano dei rumeni.

sabato 25 aprile 2020

Olaf Scholz - Fondi in cambio di una maggiore integrazione europea

Intervista molto interessante al Ministro delle Finanze tedesco Olaf Scholz della radio pubblica DLF durante la quale il vice-cancelliere socialdemocratico fa trapelare, senza tuttavia fornire dettagli, che il "recovery fund" di cui si è parlato nell'ultimo consiglio europeo sarà di natura temporanea e sottoposto a delle specifiche condizionalità. Per Scholz prima di mettere sul tavolo dei fondi si dovranno fare dei passi aggiuntivi verso un'ulteriore integrazione europea. Da Deutschlandfunk.de

-->

(...) Quindi la Germania quanto sarebbe disposta a trasferire in più a Bruxelles?

Scholz: si tratta di un discorso molto concreto che non dobbiamo fare in questa intervista e che ovviamente dovrà essere fatto con coloro che sono coinvolti - penso che questa non sia la sede adatta. Ma abbiamo detto che siamo pronti a pagare di più rispetto al passato, e grazie a Dio a farlo anche all'inizio di questo periodo legislativo. Avrà un senso agire nel modo in cui ci siamo preposti.

Münchenberg: I ​​dati della Commissione europea tuttavia sono già disponibili, lì si parla almeno del 2 % del PIL anziché solo dell'1,2 %. Sarebbe un numero accettabile anche per lei?

Scholz: credo che dobbiamo essere molto chiari sul fatto che attualmente ci troviamo in una fase decisiva. Il punto non è che ora possiamo operare con grandi numeri, ma che prima bisogna definire quello che sarà effettivamente necessario. Come ho detto, non si tratta di definire ora cosa ci sarà nei prossimi sette anni, ma in particolare, come sarà effettivamente possibile raccogliere piu' denaro, almeno nella fase iniziale. Questo è un compito completamente diverso, e quindi si dovrà definire quanto effettivamente sarà necessario e in che modo ciò dovrà essere fatto. Una cosa mi è assolutamente chiara: quello che sta accadendo ora non potrà andare avanti senza una ulteriore integrazione europea. Farci carico di ulteriori compiti senza prima aver sviluppato entrate e forme di finanziamento comuni, senza affrontare il dumping fiscale nell'UE, senza fare in modo che ci siano dei compiti comuni da affrontare insieme, non potrà funzionare. 

Dobbiamo spingere in avanti il processo di unificazione e integrazione europea. Solidarietà significa anche che quello che sta accadendo ora, altrimenti non funzionerà, sostanzialmente non è mai stato fatto in nessuna parte del mondo e nella storia. Chi ora non capisce che questo in pratica è il momento in cui l'integrazione europea dovrà compiere un decisivo passo in avanti non sarà in grado di risolvere nessuno dei problemi attuali.

Münchenberg: Herr Scholz, quando afferma che è necessaria una maggiore integrazione europea, significa anche un maggiore controllo, ad esempio, su quello che si dovrà fare con i soldi che l'UE metterà a disposizione nel corso della crisi?

Scholz: Sì, infatti non ha senso mettere sul tavolo grandi somme di denaro senza prima definire a cosa serviranno. Non si tratta di finanziare i bilanci, si tratta di qualcosa di simile a quello che abbiamo appena fatto, ad esempio. Abbiamo dato alla Commissione europea l'opportunità di prendere in prestito fino a 100 miliardi di euro, ad esempio per finanziare il programma di "Kurzarbeit" di breve periodo che abbiamo anche qui in Germania, e che in altri paesi attualmente non sarebbero in grado di finanziare da soli. E dobbiamo essere specifici e precisi come in quel caso, e quindi è probabile che si possano generare somme che sono molto più grandi di quanto è stato discusso in passato, ma forse non sono così alte come quelle impressionanti che ora alcuni stanno sparando un po' a caso.

Münchenberg: C'è anche un altro punto in discussione, queste somme sono sovvenzioni oppure prestiti - qual è la posizione del governo federale?

Scholz: Suppongo che sarà un mix fra le diverse opzioni, ed è chiaro che quello che stiamo facendo ora è garantire che i diversi paesi siano in grado di svolgere i loro compiti per i loro cittadini, come mantenere i posti di lavoro e finanziare le imprese. Ciò farà aumentare il debito pubblico ovunque, anche da noi. Siamo riusciti a ridurre il nostro debito al di sotto del 60 % del PIL, e quindi possiamo far fronte a un aumento al 75 % che al momento è il livello che stiamo prendendo in considerazione, anche al di sotto rispetto all'ultima crisi finanziaria, quando avevamo più dell'80% cento. Altri paesi partono dal 100 % o più di debito, e questa è sicuramete una grande sfida per quei paesi. È quindi importante affrontare il problema generale e tenerlo d'occhio.

Münchenberg: Herr Scholz, ora ci vorrà un po 'di tempo prima che questo fondo per la ricostruzione venga creato e che se ne conoscano tutti i dettagli. La politica forse non può farsi da parte perché alla fine potrà affidarsi alle banche centrali, in particolare alla Banca centrale europea, che alla fine pomperà ancora un trilione di euro nei mercati entro la fine dell'anno?

Scholz: la BCE fa parte dell'Eurosistema e svolge un ruolo essenziale, proprio come stanno facendo attualmente le banche centrali di tutti i paesi. Dovrà avere la forza necessaria. Le decisioni di cui abbiamo parlato all'inizio, messe in piedi dai ministri delle finanze, significano, ad esempio, che i paesi avranno la possibilità di mobilitare dei fondi aggiuntivi attraverso il meccanismo europeo di stabilità. Ciò significa che mentre la banca centrale sostiene il finanziamento pubblico, si aprirà una buona opportunità di combinazione in maniera ordinata con le attività della banca centrale. Credo questa volta sia stato tutto organizzato in maniera molto piu' saggia rispetto a quanto non fosse accaduto dieci anni fa, perché sia ​​con la politica fiscale sia con le capacità della banca centrale, possiamo assicurarci di superare al meglio questo momento molto difficile.

Münchenberg: Ciononostante la BCE per un certo periodo acquisterà obbligazioni spazzatura, ovvero titoli che sono stati declassati allo status di spazzatura dalle agenzie di rating. Non si sta spingendo un po' troppo lontano?

Scholz: questo è un messaggio che non corrisponde esattamente a ciò che ha deciso la BCE. Ha fatto qualcosa che penso sia facilmente comprensibile, e cioè affermare che le obbligazioni che erano buone e che ora non possono piu' essere considerate buone perché la loro valutazione è diventata improvvisamente difficile a causa della situazione attuale, dovranno esere considerate come prima. Questo è qualcosa che la normale attività commerciale fa ovunque. Se hai un buon rapporto con i tuoi clienti, se sei ragionevole, come azienda cercherai di tenerti i tuoi clienti e di attraversare questa crisi con loro, la si può vedere anche in questo modo. (...)


-->

lunedì 13 aprile 2020

Der Elefant im Raum - Voci dalla stampa tedesca sui corona-bonds

Prosegue sulla stampa tedesca il dibattito sugli Eurobonds e sui limiti della solidarietà in Europa, fra i quotidiani schierati decisamente in favore dei titoli di stato europei c'è la TAZ, di orientamento ambientalista ed europeista, che con l'ottima Petra Reski, giornalista e scrittrice italo-tedesca, si schiera a fianco dei paesi del sud e titola: "Non piantiamo in asso l'Italia".

                                                                                                                                  
Petra Reski sulla TAZ attacca duramente il fronte calvinista del nord: "Ancor più bigotto suona il fatto che nel ripugnante dibattito sui coronabond siano proprio Germania e Olanda a fare fronte comune – queste non solo sono le nazioni che, dopo l’Italia, hanno la maggiore presenza di clan sul proprio territorio, ma non prevedono neppure un tetto massimo per i pagamenti in contanti. Così facendo, praticamente, esse pubblicizzano il riciclaggio di denaro sporco nei loro Paesi. Che si tratti proprio delle nazioni che vigilano sulle finanze europee, appare come un’ironia della sorte. Un’ironia che vuole che l’Olanda interpreti il ruolo del poliziotto cattivo: sebbene il suo modello affaristico sia sostanzialmente quello del dumping fiscale, ha la sfacciataggine di tratteggiarsi come il frontman dell’austerità, tramite un ministro delle Finanze che in passato è stato un consulente aziendale e oggi pretende di esaminare i conti dei Paesi del Sud Europa per controllare se anch’essi abbiano risparmiato in modo sufficientemente rigoroso. In un’impresa come questa, senza correre il rischio di arrossire, possono riuscire solo i calvinisti."
-->

Posizione piu' sfumata quella di Die Zeit che con l'ottimo Mark Schieritz tesse le lodi di Christine Lagarde, l'unica che sta facendo qualcosa di concreto mentre la politica europea continua a chiacchierare, ma conferma la sua opposizione all'unione di trasferimento:


Scrive Schieritz su Die Zeit: "quindi, mentre i politici stanno ancora discutendo per trovare una risposta adeguata alla crisi, la presidente della banca centrale Christine Lagarde ha già risposto con i fatti" 


E prosegue: "l'intervento della banca centrale ha separato la dimensione finanziaria della crisi da quella istituzionale. Risolvendo il problema del finanziamento, Lagarde ha dato ai politici il tempo necessario per preparare con cura i prossimi passi. Non deve essere considerata una brutta notizia. Perché in questa crisi è giusto aiutare paesi come l'Italia, ma serebbe ugualmente problematico un automatismo che ci porta verso l'unione di trasferimento permanente, come richiesto da alcuni politici, specialmente nell'Europa del sud

Ciò richiederebbe un grado di statualità che l'Europa non ha ancora raggiunto. Se si desidera mettere in comune il debito, si dovrà anche rinunciare al controllo sui bilanci. Il trasferimento di sovranità necessario dovrà essere ottenuto attraverso lo scontro politico e in seguito imposto. In altre parole, questa crisi ha avviato un necessario dibattito sul futuro dell'unione monetaria, ma non può anticiparne il risultato."

Anche la Süddeutsche Zeitung conferma la sua linea europeista e giudica totalmente inadeguato l'accordo raggiunto la settimana scorsa dall'Eurogruppo e chiede al ministro Scholz di fare di piu':


"Il vero messaggio dei ministri delle finanze europei è quindi tra le righe. Olaf Scholz e i suoi colleghi hanno messo il destino dell'Europa nelle mani della Banca centrale europea. Alla fine, sarà lei a dover acquistare i titoli di Stato e a onorare la sua grande promessa di salvare l'euro - a qualsiasi prezzo".

Deutschlandfunk.de, importante radio pubblica, prosegue nella sua linea tendenzialmente europeista, con un'apprezzabile opera di informazione che va oltre il solito conformismo filo-governativo. 


Dlf.de riporta un importante passaggio di Eckard Rehberg, portavoce in materia di politica di bilancio del gruppo parlamentare dell'Unione al Bundestag, senza dubbio uno dei falchi dell'Unione:

“Consiglio vivamente a tutti coloro che hanno in mente i corona-bonds di leggere l'articolo 125 dei trattati UE, che esclude la responsabilità condivisa. E in Germania consiglio a tutti i politici di esaminare la Legge fondamentale e di esaminare le sentenze della Corte costituzionale federale. Chiunque parli di Eurobond in Germania sta mettendo in discussione la sovranità del Bundestag in materia di bilancio - e ciò non è conforme con la nostra Costituzione"

Sempre DLF intervista Elmar Brok uno dei pochi ribelli, forse l'unico, che dalle file della CDU ha il coraggio di chiedere un maggiore impegno della Germania in favore dei corona-bonds:


"Brok: Sì, credo che la decisione dei ministri delle finanze sia un passo importante, dal momento che la Banca centrale europea ha già adottato le misure necessarie per manifestare la solidarietà europea, ma allo stesso tempo bisogna mettere in chiaro che è anche nell'interesse della Germania uscire insieme agli altri paesi da una crisi di cui nessuno è responsabile. Anche in Germania ci sarà una ripresa economica se  i paesi in cui esportiamo gran parte dei nostri beni torneranno a funzionare, se resteranno in funzione le catene di approvvigionamento, se resteranno in piedi le catene di creazione del valore. Una ripresa tedesca dopo la crisi sarà possibile solo con l'Europa." (...)

"Brok: No, i corona-bonds hanno un obiettivo specifico, e sono per un tempo limitato e non servono a mettere in comune dei vecchi debiti già contratti. Gli Eurobond fanno in modo che l'intero debito venga messo in comune e reso unitario e fanno in modo che ciò avvenga anche in futuro senza alcuna limitazione. Ma questo non è il caso, in quanto i corona-bonds sarebbero una misura unica e limitata nel tempo per raggiungere un obiettivo, come lo era stato il piano Marshall all'epoca. E qui, per esempio, dobbiamo anche riflettere se questo denaro può essere dato solo agli stati, oppure anche alle istituzioni e alle aziende, e in alcuni casi possa funzionare come un revolving fund, in modo che le società o coloro che presentano le domande di aiuto in seguito possano rimborsare, in questo modo, non considerandolo unicamente come denaro regalato. E soprattutto, dobbiamo anche vedere che questo non è qualcosa dal quale solo gli altri paesi attingerebbero. Chi sa in Germania, ad esempio, che l'Italia è un contribuente netto all'interno dell'UE? Chi lo sa che la Francia dà un contributo netto all'UE? In Germania l'impressione è che a pagare siamo solo noi, che paghiamo tutto da soli. Questa è solo una sciocchezza e dobbiamo vederne le connessioni. L'Italia dodici anni fa non è stata coinvolta nella crisi finanziaria perché, a differenza delle banche tedesche, le banche italiane non avevano partecipato a questo rally finanziario. Allora non hanno chiesto denaro. L'Italia e la Francia non hanno ricevuto aiuti europei. Anche questo deve essere ricordato".

Toni invece molto diversi sull'altra corazzata pubblica dell'informazione filo-governativa totalmente appiattita sulla linea dettata da Berlino, la Deutsche Welle, vale a dire la centrale del conformismo mediatico Made in Berlin. Per la commentatrice i paesi del sud sarebbero troppo pressanti e in questo modo danneggerebbero la posizione tedesca nel negoziato.


Scrive infatti la commentatrice: "Ma la solidarietà, come la definisce il sud, non può essere forzata e può danneggiare il nord". 

E prosegue: "Il ricatto non è un mezzo. Questo tentativo è comprensibile, ma il piede di porco politico utilizzato è sbagliato. Minacciare la caduta immediata dell'UE se non arriveranno immediatamente miliardi di euro di debiti condivisi per aiutare l'Italia e la Spagna è una mossa rozza e pericolosa. Ciò metterà i paesi del nord con le spalle al muro, risveglierà i riflessi difensivi tra i loro elettori e alla fine metterà in pericolo la stabilità dei paesi più forti. Questa non è persuasione, ma ricatto.

La creazione di un fondo per la ricostruzione finanziato con il debito comune come se fosse una fonte di denaro inesauribile e quasi incontrollabile è uno strumento pericoloso. Qualcosa del genere deve essere attentamente considerato e progettato. Chi dovrebbe controllarne l'utilizzo? Chi si occuperà del rimborso? E l'UE potrebbe impedire a un primo ministro italiano di nome Salvini di finanziare il suo stato populista? Una volta che i debiti comuni sono stati fatti il divieto sarebbe comunque infranto. Il nord potrebbe quindi effettivamente trovarsi nella condizione di dover finanziare le finanze pubbliche del sud su base permanente - fatto che prima o poi finirebbe per fare a pezzi l'Unione europea." (...)

"I paesi più ricchi, nel loro interesse, non si rifiuteranno di contribuire ad un fondo per la ricostruzione dopo il corona-virus. Ma bisogna arrivare ad un accordo secondo il libero arbitrio, per questo Italia e Spagna dovrebbero abbassare i toni. Perché puntare la pistola sul petto dei partner e chiedere: "Ora, per favore, sii solidale!" minaccia la coesione dell'UE, esattamente come una mancanza di solidarietà."



-->

venerdì 27 marzo 2020

H. Flassbeck - La Germania ha risanato le proprie finanze pubbliche a spese degli altri paesi europei, per questo ora deve mostrarsi solidale

"La Germania ha accumulato avanzi di conto corrente a spese degli altri paesi europei dell'Unione monetaria, e non c'è nulla di cui essere felici. E' stato un grande errore, e per questo motivo, la Germania ora ha le finanze pubbliche migliori", dice il grande economista tedesco Heiner Flassbeck ai microfoni di Deutschlandfunk. Per Flassbeck il governo di Berlino dovrà mostrarsi solidale con i vicini di casa europei e soprattutto superare i soliti pregiudizi tedeschi sul debito pubblico. Un ottimo Heiner Flassbeck intervistato da Deutschlandfunk.de


Philipp May: le misure decise dal governo tedesco sono adeguate?

Heiner Flassbeck: beh, sono sicuramente appropriate nella loro dimensione. Il governo federale finalmente ha capito quanto sarà difficile la crisi. Sarà molto profonda, enorme, e di conseguenza bisognerà tenere duro. Per essere chiari: recessione è un'espressione sbagliata. Stiamo vivendo un crollo dell'attività economica che non è mai esistito prima e che non si è mai verificato con questa velocità, ed è quindi importante che tutte le misure di cui parla il governo federale vengano applicate quanto prima (...)

May: suona come una richiesta per avere più denaro. È abbastanza? Ce lo possiamo permettere?

Flassbeck: potrebbe essere necessario un po 'più di denaro, ma ci sarebbe un po' piu' di sicurezza e non sarebbe un trattamento iniquo. Perché non c'è nulla che giustifichi il fatto che alcune persone come i pensionati o i dipendenti pubblici continuano a ricevere i loro soldi mentre chi lavora in un'azienda che chiude non ottiene nulla oppure solo un po' di cassa integrazione, pari al 60 % dello stipendio. Non sono molti soldi. E la si dovrà ritoccare un'altra volta verso l'alto.

May: E chi dovrebbe pagarlo?

Flassbeck: Il governo federale. Io dico che non è molto più di quello che comunque viene fatto. Non prendiamoci in giro! Il denaro che sarà raccolto arriva dal mercato dei capitali, ma indirettamente arriva dalla Banca centrale europea, che mantiene bassi i tassi di interesse per i titoli di Stato. E bisogna sempre considerare: dobbiamo fare lo stesso per tutta l'Europa. Quando il ministro Scholz afferma che siamo in una buona posizione, io credo che sia molto, molto preoccupante. Questa è una frase stupida, dovrebbe lasciar perdere. Bisogna chiedersi, come stiamo andando tutti, come sta andando l'intera unione monetaria.

May: questo è vero!

Flassbeck: è vero, ma a spese degli altri. Negli ultimi anni abbiamo avuto enormi avanzi delle partite correnti e gli altri ci hanno finanziato in anticipo, e ora non c'è nulla di cui essere orgogliorsi, ma bisognerebbe fare in modo che l'unione monetaria funzioni nel suo insieme. Tale regola dovrebbe applicarsi all'intera unione monetaria. Queste sono le implicazioni dell'unione monetaria in Europa, ma non lo stiamo facendo, invece facciamo come vogliamo, come se quello che accade in Italia non ci interessasse.

May: la Germania in fondo non dovrebbe ritenersi fortunata, se negli ultimi anni, nonostante le numerose critiche, alla fine abbiamo sempre osservato la regola dello "schwarze Null"?

Flassbeck: No, per niente! Niente affatto! Non c'è nulla di cui essere felici. La Germania ha accumulato avanzi di conto corrente a spese degli altri paesi europei dell'Unione monetaria e non c'è nulla di cui felicitarsi. Questo è stato un grande errore, e per questo motivo, la Germania ora ha le finanze pubbliche migliori, oppure le finanze pubbliche apparentemente più sane. Ma queste regole ora non possono più svolgere alcun ruolo. Non importa se qualcuno ha il 60 % di rapporto debito/pil oppure 80 o 120.

In tutta Europa, o almeno in tutta l'unione monetaria, è necessario garantire che tali misure di stabilizzazione abbiano effetto. E la dimensione ovviamente è molto più grande. In realtà stiamo parlando di 1.000, 1.500 miliardi o qualcosa del genere. Si può fare tutto, vede. Il mondo non finisce qui.

May: Corona-bonds, ad esempio, altrimenti denominati eurobonds.

Flassbeck: lo si può fare tramite i titoli di stato, le obbligazioni nazionali, i corona-bonds, non importa! Ma i soldi devono comunque essere raccolti. Si può fare tutto, perchè non finisce il mondo e l'economia non affonda. Alla fine, il debito pubblico sarà molto elevato in rapporto al PIL, ma ciò non dovrebbe interessarci. Sono titoli nei bilanci pubblici e ci resteranno per 100 o 1000 anni. Il mondo non finisce qui e dobbiamo correggere i nostri pregiudizi.

May: Flassbeck, i numeri per una persona normale sono così vertiginosi, e per quanto riguarda i numeri tedeschi disponibili da oggi, mi atterrò brevemente alle opinioni presenti sul mercato, per per dirla in questo modo.

L'Istituto Ifo teme che il costo per il contenimento del virus superi qualsiasi altra cosa vista in precedenza per le catastrofi naturali e le crisi economiche. L'ha già detto. Potrebbe esservi una contrazione fino al 20 % della produzione economica. Espresso in euro: solo per la Germania se ne potrebbero andare oltre 700 miliardi di euro. Lo si può gestire in questo modo solo perché è denaro di natura contabile nascosto in qualche bilancio?

Flassbeck: Come ho già detto, è sicuramente gestibile. Il denaro alla fine viene stampato, non illudiamoci. Non si tratta di denaro raccolto da qualche parte, ma di soldi forniti dalla BCE. Sebbene ciò sia formalmente vietato in Europa, ma si tratta comunque di una regola senza senso. Di fatto gli Stati, pro-forma, prendono il denaro sul mercato dei capitali, ma è la BCE che finanzia il mercato dei capitali. Non prendiamoci in giro! E' gestibile, ed è abbastanza fattibile.

May: Ciò significa che non ce ne accorgeremo nemmeno?

Flassbeck: No, non noteremo nulla. Avremmo solo dei numeri più grandi sui bilanci. Non sarebbe affatto drammatico. Se dovesse accadere per cinque anni, bisognerebbe allora parlare in modo diverso, ma se parliamo di tre o quattro mesi. Si può fare.

I volumi di cui parla l'ifo sono assolutamente corretti. L'avevo già detto tre settimane fa che una crisi di 3-4 mesi avrebbe avuto un costo fra il 20 e il 25 %. È assolutamente realistico.

Dobbiamo vedere - l'ho detto all'inizio: niente, assolutamente nulla può essere paragonato a ciò che ora sta accadendo, e non sta accadendo solo in Germania, sta accadendo in tutta Europa, sta accadendo in gran parte del mondo. Accadrà lo stesso negli Stati Uniti. Abbiamo un crollo incredibile e dobbiamo fare una quantità incredibile di cose per evitare che i nostri interi sistemi politici ed economici crollino.

May: ciò significa che la prossima crisi del debito sovrano è inevitabile?

Flassbeck: No, questo non ha nulla a che fare con la crisi del debito sovrano. Ci mettiamo in testa sempre delle cose sbagliate. Non c'è crisi del debito sovrano. Non c'è mai stata davvero una crisi del debito sovrano. Solo se ci sono delle regole sbagliate, come ad esempio quelle che abbiamo applicato nei confronti dell'Italia, ci sarà una crisi del debito sovrano. Ma non ci sarà nessuna crisi del debito sovrano. Il Giappone da 30 anni ha una politica simile con un livello di debito pubblico doppio rispetto a quello italiano. Non c'è crisi del debito sovrano.

Dobbiamo correggere in modo massiccio alcuni dei nostri pregiudizi e dovremo anche capire che in questa situazione è essenziale che lo stato faccia questi debiti e che anche la Banca centrale europea - e i politici dovrebbero dirlo, dovrebbero dirlo chiaramente: la Banca centrale europea li sta finanziando.

May: ci sono già diverse voci dall'economia che dicono che questa medicina dello shutdown in linea di principio è troppo amara. Con queste misure rigorose si finisce per avere più danni che benefici. Ascoltandola, sembra quasi che potremmo continuare in questo modo per 2 o 3 anni - non ci sarebbe alcuna differenza?

Flassbeck: no, non l'ho detto. Ho detto facciamolo per tre o quattro mesi. Lo si può fare facilmente. Per quanto tempo lo si possa fare  è una questione aperta. Ma non voglio discuterne ora, si tratta di un orizzonte temporale che anche i virologi hanno fissato, prima di tutto bisogna ossservare questo shutdown per tre o quattro mesi.

Ovviamente poi bisogna vedere come funziona. Ma è abbastanza fattibile, anche se le dimensioni sembrano terrificanti. Le dimensioni somigliano alla fine del mondo, ma non è la fine del mondo perché è una misura deliberata e consapevole, e questa misura deve essere collegata ad una misura parallela, un finanziamento. Quindi non si tratta della fine del mondo.

May: Herr Flassbeck, in realtà non abbiamo molto tempo. Possiamo dire che dopo la crisi finanziaria, i milioni sono diventati miliardi e ora i miliardi stanno diventando dei trilioni, e questa è la differenza?

Flassbeck: lo si puo' dire. Ma non bisogna avere paura.

-->

domenica 22 marzo 2020

H.W. Sinn - Regaliamo 20 miliardi di euro agli italiani, ma niente unione di trasferimento

H.W. Sinn intervistato da DLF chiede al governo tedesco di mettere sul piatto almeno 20 miliardi di euro da regalare all'Italia in segno di solidarietà, ma si oppone ad ogni forma di unione di trasferimento nascosta, come ad esempio gli acquisti di titoli della BCE o i saldi Target. Sinn intervistato da Deutschlandfunk.de


Zagatta: Herr Sinn, la BCE sta agendo in maniera negligente oppure possiamo dire che in questa crisi è estremamente sensato che la Banca centrale europea spenda 750 miliardi di euro per un programma di acquisto di emergenza delle obbligazioni?

Sinn: Sì, sicuramente si può condividere questa politica. Il problema è che gli investitori stanno fuggendo dall'Italia e dalla Grecia. I prezzi dei titoli di stato scendono e i rendimenti effettivi sui titoli di stato sono nuovamente aumentati, rispettivamente, al 3 e al 4%. Lo si può interpretare come un segnale di allarme; è lo è effettivamente. Ma ovviamente la si può vedere anche in un altro modo: prima che entrassero nell'euro, la Grecia doveva pagare il 25% di interessi e l'Italia il 12%, se si torna al 1995, quando l'euro è stato realmente introdotto.

Va bene, è un segnale di allarme e capisco il senso di  questa politica. In questa fase non voglio essere considerato come un grande critico. Il problema in realtà è che tali misure sostanzialmente dovevano essere preparate senza usare tutta la polvere da sparo a disposizione. Ma ciò non è stato fatto. Negli ultimi anni abbiamo assistito sempre alla stessa politica. Dal 2015 al 2018 abbiamo acquistato un totale di 2.500 miliardi di euro in titoli - noi, cioè la BCE - non solo titoli di Stato, ma titoli. Di questi, 1,9 erano titoli di stato governativi e 200.000 erano titoli emessi da fondi di salvataggio e così via. E' già stato stampato molto denaro per acquistare queste obbligazoni, in quanto il mercato non lo voleva fare perché non si fidavano più dei paesi che emettevano questa carta, e ora ci troviamo nella stessa situazione. Questa in realtà è una politica fondata sulla droga. Finora abbiamo dato il farmaco del denaro a basso costo, ma ora il paziente ha un'altra crisi, e ora dobbiamo somministare una quantità maggiore dello stesso farmaco. Lo capisco, ma non è una misura contro la crisi che si sta effettivamente verificando, né in campo medico né per salvare l'economia reale, ma si tratta piuttosto di salvare i portafogli detenuti dalle banche. Anche questo è importante, ma è un aspetto marginale rispetto a quanto sta effettivamente accadendo altrove. 

Zagatta: Ma lei dice che comunque è giusto. Altrimenti ci sarebbe la rottura della zona euro.

Sinn: Chi lo dice?

Zagatta: Glielo chiedo io! Altrimenti paesi come la Grecia e l'Italia non potrebbero sopravvivere finanziariamente a questa crisi.

Sinn: Sì, ora si stanno aiutando prima di tutto le banche che hanno i titoli di stato italiani e greci nei loro bilanci. Questo è il fatto principale. E queste sono le banche del nord, anche in Germania, ma soprattutto in Francia. I francesi hanno investito molto nei titoli di stato italiani. Puoi aiutarli sostenendo il corso dei prezzi di questi titoli. Altrimenti ci sarebbero delle svalutazioni e delle perdite e quindi una o l'altra banca potrebbero fallire. Questa è la ragione di fondo.

In secondo luogo, si stanno aiutando anche gli italiani, perché possono emettere nuovi titoli di Stato a dei tassi di interesse leggermente più bassi. Ma questo è davvero secondario. Gli italiani hanno certamente bisogno di sostegno. Ho anche suggerito che la Germania, ad esempio, mettesse unilateralmente sul piatto, non attraverso l'UE, un regalo da 20 miliardi di euro per l'Italia per mostrare loro la nostra solidarietà. Ma sono preoccupato da questi automatismi, che stanno gradualmente ridistribuendo enormi quantità di denaro attraverso la BCE, che in pratica non è autorizzata a fare quello che sta facendo. Avremo fra qualche settimana la sentenza della Corte costituzionale tedesca su questi programmi di acquisto e vorrei sapere se ciò che è contenuto nella sentenza è compatibile, o viceversa, ciò che viene fatto è compatibile con la sentenza.

Zagatta: Ma lei dice, diamo agli italiani 20 miliardi di euro. La Grecia sicuramente avrebbe delle richieste o dei desideri corrispondenti e seguirebbero un certo numero di altri paesi. Ci sarebbe una grande rivolta in Germania. Lo considererebbe ancora ragionevole?

Sinn: Sì. Guardi, abbiamo due opzioni. Consentiamo i trasferimenti nascosti tramite l'eurosistema, che inizialmente non compaiono nella contabilità, ma che rappresentano altrettante perdite. Pensi all'enorme debito Target contratto dagli italiani - per 400 miliardi di euro, dei quali, se l'Italia non dovesse pagare, un terzo sarebbero a carico della Germania. Succede così lentamente. La stampa non lo capisce, non ne parla. Si tratta di somme in una dimensione completamente diversa. Credo che si debbano mettere sul tavolo 20 miliardi di euro in maniera aperta e onesta e dire: questa è la nostra solidarietà. Dobbiamo anche aiutare gli italiani. Gli italiani si trovano in una situazione davvero difficile. Sono fortemente colpiti perché lì il virus è arrivato prima che altrove a causa degli intensi contatti che hanno con la Cina. Si tratta di contatti commerciali, turistici, ma anche i 300.000 Gastarbeiter provenienti dalla Cina che lavorano in Italia, che sono tornati dopo il capodanno cinese e che hanno portato il virus. L'Italia è davvero in difficoltà. Dobbiamo aiutare i nostri amici italiani, ma apertamente e onestamente e non far finta che lo stia facendo l'UE, ma se lo facciamo, sono i nostri soldi e la nostra libera scelta.

Zagatta: e pensa che potrebbe essere trasmesso alla popolazione tedesca?

Sinn: Sì, penso che si possa facilmente trasmettere alla popolazione tedesca.

Zagatta: All'inizio lei ha detto che queste sono tutte misure per contenere il debito o per mantenere in vita gli stati nelle attuali condizioni.

Sinn: no! Servono per mantenere in vita le banche che hanno i titoli di stato nei loro bilanci. (...)

-->

mercoledì 12 giugno 2019

Gustav Horn: "dobbiamo spiegare all'opinione pubblica tedesca che l'italiano non è di per sé pigro"

Il grande economista tedesco Gustav Horn, direttore del prestigioso IMK, vicino ai sindacati e molto ascoltato dalla SPD, intervistato dalla radio pubblica Deutschlandfunk ci spiega perché la politica economica del governo italiano tutto sommato è ragionevole e perché nei paesi del nord è necessaria un'offensiva di comunicazione per far capire ai tedeschi che l'italiano di per sé non è necessariamente pigro. Da Deutschlandfunk




DLF: Herr Horn, prima di tutto i dati: niente crescita, pochi investimenti, sovvenzioni sbagliate - e questa è solo la versione breve. Manca qualcosa? 



Horn: sì, nell'economia italiana manca la crescita economica e la crescita dell'occupazione e soprattutto il dinamismo economico. Ed è già ampiamente risaputo. La domanda è la seguente: come è possibile venire fuori da questo dilemma anche tenendo conto dell'alto debito pubblico che l'Italia si porta sulle spalle? Con questo conflitto, certamente non se ne esce. 


DLF: se lei dovesse consigliare al governo italiano di fare qualcosa per creare una crescita sostenibile, cosa dovrebbe fare l'Italia? Perché è di questo che si tratta essenzialmente. 

Horn: beh, vorrei che si desse al paese una prospettiva più lunga. Non dobbiamo illuderci che entro uno o due anni sia possibile mettere a posto quanto richiesto dall'UE, e nemmeno farlo con degli obiettivi di disavanzo annuale. L'Italia soprattutto deve fare delle riforme strutturali, prima di tutto nel sistema giuridico, in modo da creare maggiore dinamismo economico. In secondo luogo, è necessario tornare ad aumentare gli investimenti pubblici al fine di dare all'economia italiana un nuovo slancio capace di generare crescita, e in questo processo di crescita, con le entrate fiscali, naturalmente, si dovrà fare in modo che il deficit torni a scendere. 

"È positivo che l'Italia abbia introdotto una sicurezza di base" (RdC)

DLF: queste tuttavia non sono le ricette di Bruxelles, o diciamo, queste non sono le ricette del governo italiano. Lì, per quanto io possa giudicare da qui, si spendono soldi che il paese non ha, soprattutto per finanziare i consumi. È stato completamente sbagliato aver introdotto una sicurezza sociale di base che fino ad ora non esisteva (RdC), oppure la si doveva comunque introdurre, lei come la vede? 

Horn: sì, bisogna valutare in maniera diversa quello che il governo italiano intende fare. Sicuramente la spesa è stata fatta principalmente per i consumi, ma ciò non è necessariamente sbagliato. Ad esempio, aver introdotto una sicurezza di base (RdC) è stata una scelta ragionevole. Anche in Grecia c’era un problema, dato che non esisteva ancora nulla di simile e la gente si rifugiava nella pensione, e ciò ha portato ad avere oneri pensionistici significativamente più alti. Nel complesso è positivo che l'Italia abbia deciso di introdurre una sicurezza di base. Si stabilizza la situazione di molte persone, e gli si mettono in mano dei soldi da spendere, e questo, a sua volta, avvantaggia l'economia italiana nel suo complesso. Tutto il resto, i sussidi o i tagli fiscali, penso che in realtà siano sbagliati o superflui. Su questo punto credo che il governo italiano dovrà cedere e la Commissione UE dovrà armarsi di molta piu' pazienza, soprattutto per quanto riguarda il deficit.

"Politicamente questo conflitto è molto distruttivo" 

DLF: così arriviamo direttamente al punto. L'Unione Europea dice che questo debito aggiuntivo non può essere fatto, mentre il governo italiano dice: facciamo dell'Unione Europea lo spauracchio della gente. Così finiamo in questo terribile ciclo in cui i populisti alla fine possono sottrarsi alle loro responsabilità, giusto? 

Horn: sfortunatamente è vero. Politicamente questo conflitto è molto distruttivo e finirà per stendere al tappeto l'Italia, ma anche l'UE. A tale riguardo vi è un urgente bisogno di essere costruttivi e di mostrare agli italiani le modalità per uscire da questa situazione senza entrare in una recessione e senza causare altre difficoltà sociali. Questo, come ho detto, riguarda la necessità di avere un po 'più di pazienza nella riduzione del disavanzo e da parte degli italiani, a loro volta, la disponibilità a ridurre questo deficit nel lungo termine. In Italia non c'è una crisi acuta: i tassi di interesse sono ancora bassi, il debito può essere gestito, sicuramente il debito mette il bilancio italiano sotto pressione, ma può essere onorato e l'Italia ha anche un avanzo di conto corrente con l'estero, il debito estero quindi non sta aumentando. Si tratta prima di tutto di un indebitamento interno, vale a dire che la situazione è ancora sopportabile. 


"Non c'è una crisi finanziaria acuta" 

DLF: dall’altra parte, i tassi di interesse italiani, naturalmente, sono ben al di sopra del livello comune al resto d'Europa. In Germania possiamo indebitarci e per farlo arrivano addirittura a pagarci. Quindi credo che quel tre per cento di interessi richiesto dal mercato, ovviamente, sià già un indicatore molto chiaro, non è cosi'? 

Horn: è vero, devono pagare dei tassi di interesse più elevati rispetto ai nostri, ma non devono pagare dei tassi di interesse così elevati da non poter rifinanziare il debito, e questo è decisivo per capire se c'è una crisi finanziaria oppure no, e al momento non c'è una crisi finanziaria acuta in corso. Tuttavia se si spinge l'Italia in recessione con delle dure misure di austerità, e se a soffrirne fosse anche l'Unione Europea, potrebbe davvero trasformarsi rapidamente in una crisi. A tal proposito, consiglio prudenza, pazienza e persistenza. 

DLF: d'altra parte - ora devo risponderle - quello che soprattutto sta facendo Salvini, ma anche Di Maio, non è certo l'ideale per creare fiducia. Si ha come l'impressione che siano gli altri a dover pagare per le promesse fatte. Si può certamente parlare di un'escalation populista. Oppure secondo lei è un'espressione troppo forte? 

Horn: è eccessivo direi. I populisti naturalmente sfruttano a loro vantaggio e senza alcuna pietà una situazione del genere e fanno dell'UE un capro espiatorio. Certo, l'Italia dovrebbe fare autocritica e questo elevato onere debitorio sul bilancio anche per gli italiani è sicuramente negativo. Potrebbero spendere molto più denaro per cose utili, migliorare il sistema educativo, e aumentare gli investimenti pubblici, se non avessero questo vecchio debito così elevato. Deve essere chiaro anche in Italia che l'interesse primario in realtà dovrebbe essere quello di ridurre questa montagna di debito. 

"Sconsiglio vivamente una ristrutturazione del debito" 

DLF: alcuni economisti tedeschi dicono che per l'Italia dobbiamo pensare a qualcosa come a una ristrutturazione del debito. Non la vede così anche lei? 

Horn: posso solo sconsigliarlo fortemente, perché ci sarà un giorno dopo la ristrutturazione del debito. Quando ti sei sbarazzato dei tuoi debiti, poi non sei più meritevole di ricevere credito, perché naturalmente, qualsiasi investitore eviterà le obbligazioni italiane, dato che il rischio è quello di dover subire un altro taglio del debito. È molto meglio uscire lentamente da questa situazione debitoria, ma farlo con costanza. Dal punto di vista sociale è molto meno dannoso e sicuramente più sostenibile di una ristrutturazione, dopo la quale gli investitori temono che arriverà un altro taglio del debito. 

DLF: allora l'unione monetaria è a rischio? Lei è più scettico o moderato?. Questa settimana abbiamo avuto qui da noi Herr Fuest dall'Istituto IFO, il quale è molto più scettico di lei. Dal suo punto di vista cosa c'è che non va nella sua analisi? 

Horn: egli considera in maniera troppo elevata, almeno io credo, il rischio costituito dal debito, o almeno il rischio di una crisi acuta. Non vedo un grande pericolo in questo debito. Ma vedo un grande onere sull'economia italiana e sul governo italiano, e in effetti si dovrebbe fare qualcosa per ridurre questa montagna di debiti, ma non dobbiamo neanche cadere nel panico. 

La politica dell'austerità in Grecia ha fallito

DLF: naturalmente ciò significherebbe che stiamo cambiando la direzione di fondo della politica, della politica economica di base, se facciamo ciò che loro ci dicono di fare. Durante le crisi fino ad ora non si è proceduto in questo modo, secondo lei è sufficiente che Herr Schäuble non sia più al posto di comando delle finanze? Ha più fiducia in Herr Scholz? 

Horn: sicuramente ho più fiducia in Herr Scholz, ma Scholz non è l'unico ministro delle finanze dell'UE. Ce ne sono altri che continuano ad attenersi ad una politica che in Grecia è già fallita. Le esperienze fatte con la crisi greca sono evidenti e saldamente presenti nella letteratura accademica. Non è che tu puoi pensare di ridurre il deficit e il debito con un duro piano di austerità. In Grecia non ha funzionato e ha provocato gravi difficoltà sociali. Non si dovrebbe ripetere lo stesso errore con il caso italiano, perché le conseguenze per l'UE sarebbero molto più drammatiche che in Grecia. Ciò potrebbe davvero mettere a repentaglio l'intera Unione monetaria e l'UE. 

"Bisogna spiegare alla gente che l'italiano non è di per sé pigro " 

DLF: dall'altro lato si dovrebbe spiegare all'opinione pubblica tedesca che qualcosa di simile può funzionare anche in maniera diversa, altrimenti avremo il populismo qui da noi in Germania, perché naturalmente ciò significherebbe che gli italiani fanno debito, e saremo noi a dover pagare per questo. Questa è sempre la versione più semplice. 

Horn: sì, anche noi abbiamo un onere pesante che grava sulla nostra economia, vale a dire l'onere del debito, in quanto nella crisi finanziaria del 2008, 2009 ci siamo attenuti a dei concetti economici sbagliati. In effetti è importante attivarsi anche dal punto di vista della comunicazione politica e spiegare alla gente che l'italiano non è di per sé pigro e che il governo italiano non è per sua natura un amante del debito, ma che dobbiamo essere un po 'più razionali e imparziali ed evitare i pregiudizi più di quanto non sia stato fatto in passato.

lunedì 6 maggio 2019

Grandi affari con i cinesi a Duisburg

Duisburg è la città renana della Ruhr, ex capitale dell'acciaio Thyssen-Krupp, che grazie al suo porto fluviale è diventata il capolinea della nuova "Via della Seta" su rotaia. A Duisburg ogni settimana arrivano 35 treni dalla Cina, gli affari vanno a gonfie vele, la disoccupazione continua a scendere e tutti sembrano essere soddisfatti. Un reportage molto interessante di Deutschlandfunk.de


La nuova Via della Seta cinese arriva nel porto fluviale di Duisburg. Gli investimenti cinesi sono un aiuto molto gradito per portare avanti il cambiamento strutturale della città. Il timore che per i partner cinesi si possa trattare di qualcosa di piu' della semplice costruzione di infrastrutture, almeno per ora non sembra trovare riscontro.

"Siamo sul sito DIT, vale a dire il terminal intermodale di Duisburg..." Amelie Erxleben si trova su di un molo nel bel mezzo dell'enorme porto fluviale di Duisburg. "Lì davanti c'è la Marea."

La nave porta container "Marea" viene caricata, una gru solleva le grandi casse di acciaio colorate sul ponte della nave. "Siamo un terminal trimodale, il che significa che qui arrivano camion, chiatte e treni."

Il numero dei treni in arrivo è in crescita

Nell'arco di un anno in tutto il porto di Duisburg arrivano oltre 20.000 navi e circa 25.000 treni. Ma c'è una connessione ferroviaria che negli ultimi anni ha ricevuto molta attenzione: quella con la Cina, perché Duisburg è il punto di arrivo della Via della seta.

"Nel 2011 è arrivato il primo treno, nel 2013 Xi Jinping ha annunciato la nuova Via della Seta ed è dal 2014 che sperimentiamo una fase di forte boom".

Nel frattempo si sono raggiunti i circa 35 treni a settimana che viaggiano tra la metropoli cinese di Chongqing e la città della Ruhr sul Reno posta a 12.000 chilometri di distanza - ci vogliono 14 giorni di viaggio. Da Duisburg le merci vengono spedite in tutta l'Europa occidentale.

"Il nostro più grande cliente di Chongqing dispone di un grande magazzino con uffici a cinque minuti da noi. Ed è positivo che siano sul posto, e che possano essere raggiunti velocemente senza alcun ritardo".

L'intera regione ne beneficia

Anche al di là del porto, ormai è l'intera regione a trarre vantaggio dalla Via della seta, come riferisce Johannes Pflug, ex parlamentare al Bundestag nativo di Duisburg:

"Sono il responsabile ufficiale per la Cina della città di Duisburg e del sindaco"

Dal suo ufficio nel municipio, Pflug si affaccia sul centro città con i suoi edifici disadorni tipici del dopoguerra. Duisburg  un tempo era una fiera roccaforte dell'acciaio, ma con il declino della fabbrica Thyssen-Krupp, alla fine degli anni '80 sono iniziati i tempi difficili. Il cambiamento strutturale è stato il tema principale: la disoccupazione per anni è stata al 13%. Recentemente tuttavia è scesa intorno al 10%. In parte ciò potrebbe essere dovuto anche al progetto della Via della Seta, afferma Pflug:

"Da quando è arrivato il primo treno le attività cinesi a Duisburg sono aumentate notevolmente."

Ora ci sono centinaia di compagnie cinesi in città, il doppio rispetto a quando è arrivato il primo treno.

L'influenza geopolitica della Cina sta crescendo, anche in Europa

"Vediamo ricadute positive che vanno dal porto verso la città. Ci sono persone interessate, investitori, negli ultimi anni abbiamo avuto molte delegazioni cinesi in visita a Duisburg ".

La Via della Seta è un mega-progetto cinese che potrebbe cambiare il commercio mondiale.

La Cina sta costruendo una rete globale di porti, ferrovie e strade attraverso percorsi multipli. Alla Cina servono per garantirsi i propri mercati di vendita. I critici tuttavia temono che la Cina con con questo progetto possa perseguire interessi geopolitici:

"Bisogna sempre avere un occhio vigile, è chiaro. Non si può essere ingenui e, soprattutto, non bisogna farsi incastrare da una politica di indebitamento con i cinesi".

Duisburg non dipende in alcun modo dalla Cina. Il capo del porto, il presidente della Duisport AG, Erich Staake, conferma che i rapporti commerciali si sono sempre basati su di una partnership alla pari.

Duisburg vuole espandere ulteriormente la partnership

"La mia esperienza fino ad ora mi conferma che il nostro know-how è molto richiesto e che operiamo alla pari e in piena onestà."

La Via della Seta per il porto di Duisburg nei prossimi anni diventerà sempre più importante, secondo Staake:

"Oggi la quota sul nostro fatturato totale è ancora piccola, tre o quattro per cento. Ma per Duisburg rappresenta l'ambito di crescita più importante in questo segmento di business, ed è per questo che stiamo facendo grandi sforzi per svilupparlo ulteriormente".

Ad esempio la Duisport AG vuole impegnarsi affinché il percorso in treno diventi ancora più veloce - dieci giorni di viaggio dalla Cina a Duisburg - questo è l'obiettivo.

"Se ci riusciremo, allora gli spedizionieri tedeschi o europei interessati si moltiplicheranno per tre o quattro o cinque volte, e inizieranno ad utilizzarlo come un'alternativa al costoso trasporto aereo".


-->