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domenica 2 ottobre 2016

E' un attacco al sistema bancario tedesco

Secondo Max Otte, professore di economia e grande esperto di finanza, intervistato da Deutschlandfunk.de, i rischi in bilancio c'entrano poco, Deutsche Bank è vittima di un attacco internazionale, gli Stati Uniti vorrebbero liberarsi dell'ultima grande banca tedesca. Da Deutschlandfunk.de
Il prezzo delle azioni di Deutsche Bank per la prima volta nella storia della banca è sceso sotto i 10 Euro. Il professore di economia e grande esperto di finanza Max Otte, intervistato da Deutschlandfunk, ci dice che i problemi della banca sono il risultato di pressioni internazionali, soprattutto dall'America. Gli Stati Uniti stanno esercitando il loro potere di ricatto.

DLF: Herr Otte, secondo lei stiamo vivendo un attacco al sistema bancario tedesco?

Otte: esatto. Voglio dire, è andato avanti per anni. Entrambe le banche, Deutsche Bank e Commerzbank, se facciamo un confronto internazionale non sono messe cosi' male. Ma se si aumenta costantemente la pressione, allora anche queste banche iniziano a vacillare. Soprattutto se si impongono nuove regole all'intero settore bancario europeo. Si tratta prima di tutto di regole americane o anglosassoni, che arrivano dal mercato dei capitali. L'Europa continentale era piu' orientata al sistema bancario, quindi al credito, e se costringete un intero settore a giocare a Rugby invece che a calcio, ciò' non può' accadere senza problemi.

DLF: chi è responsabile per questa situazione?

Otte: è una situazione complessa. Alcuni mesi fà abbiamo saputo che Soros stava speculando contro Deutsche Bank. Alcuni problemi sono naturalmente "fatti in casa". Hanno voluto copiare l'investment banking anglosassone. E' iniziato tutto nell'86-87, quando è stata acquistata Morgan Grenfell, e anche in seguito hanno voluto giocare alla grande nel business dei derivati. Deutsche Bank, diciamolo, ha fatto un bel po' di errori. Ma naturalmente su questa banca c'è stata una forte pressione internazionale. Non posso fare a meno di pensare che l'America voglia liberarsi dell'ultima grande banca tedesca, e anche in questo caso intende occupare una posizione chiave nella nostra economia. Proprio come è accaduto alle banche svizzere che qualche anno fà sono state attaccate e ora devono riferire al Tesoro degli Stati Uniti, anche su Deutsche Bank è stata esercitata questa pressione. E' una situazione complessa causata da problemi interni e da pressioni esterne, guidate da interessi precisi.

DLF: Deutsche Bank è una banca scomoda per gli Stati Uniti?

Otte: una Deutsche Bank forte significa potere, e chi controlla la finanza - e Wall Street è molto potente - ha spazi di movimento relativamente ampi. E se ci riflette: gli oligopoli della tecnologia negli Stati Uniti hanno un forte potere di controllo, soprattutto sui nostri flussi di informazione. Se controlli la finanza, allora controlli dei punti importanti di smistamento. E Deutsche Bank è il solo player di dimensioni internazionali rimasto in Germania.

DLF: Deutsche Bank è sotto attacco da mesi, chi ha bisogno di agire contro la banca?

Otte: la banca si sarà fatta un'idea. Ma molte di queste voci, o quando si specula su di esse, o quando vengono rilanciate dai media, e se i prossimi provvedimenti ricattatori saranno applicati - 16 miliardi di dollari di multa, minacciati dal Tesoro, sono del tutto inadeguati. Si puo' negoziare. Ma se il Tesoro degli Stati Uniti confermerà che ci sono 16 miliardi di multa da pagare, allora la cifra sarà reale. E allora ci sarà un forte potere di ricatto, perché alle banche che non partecipano al gioco verrà chiuso l'accesso allo spazio economico americano, oppure qualche membro del board sarà arrestato, come è accaduto in Svizzera. Si tratta, dal mio punto di vista, di un gioco molto duro e ingiusto, e mi chiedo come il governo federale tedesco possa essere cosi' passivo, e non difendere le nostre imprese, come in questo caso, ma anche nel caso VW e in altri casi.

DLF: cosa dovrebbe fare il governo federale per aiutare Deutsche bank?

Otte: una dichiarazione di fiducia è la prima cosa da fare, e poi anche partecipare ai negoziati con il Ministero della Giustizia americano - si tratta comune di un ente governativo di un altro paese - e contro una banca con sede in Europa, farebbe capire che il gioco è veramente cambiato, e a seconda delle circostanze dovrebbe esserci il supporto anche dell'UE.

DLF: anche Commerzbank sta soffrendo, è in corso una ristrutturazione, e ci sono oltre 7000 posti di lavoro da tagliare. Dobbiamo quindi dedurre che il modello della grande banca tedesca, che fa tutto, retail banking, investment banking e cosi' via, è un modello superato, che non ha futuro?

Otte: è un modello vecchio. Ha funzionato molto bene con le Sparkasse e le Volksbank. Avevamo il sistema bancario piu' sicuro e piu' progredito al mondo. Questo sistema non è piu' richiesto, o almeno a livello internazionale non lo è piu'. E nel caso di Commerzbank abbiamo un problema leggermente diverso. Non è una crisi di fiducia. Nel caso di Deutsche Bank c'è un bilancio molto grande e se la fiducia viene meno, si puo' arrivare ad una profezia che si autoavvera. Commerzbank deve addattarsi al nuovo mondo. In Germania abbiamo ancora relativamente molte filiali bancarie, che per il cliente è anche un fatto positivo, ed è poi è anche il senso del sistema bancario. Ma se guardate ad altri sistemi, ad esempio Spagna o Gran Bretagna, li' il sistema delle filiali è estremamente ridotto, e il servizio è anche peggiore. Il sistema bancario sta andando in quella direzione e Commerzbank deve fare lo stesso e informatizzarsi, se vuole sopravvivere in questa situazione di iper-competitività.

DLF: anche Deutsche Bank dovrà fare lo stesso?

Otte: Deutsche Bank ha già sviluppato una strategia alcuni mesi fà. Intende dismettere oppure ridurre alcune aree di business. Vuole sbarazzarsi del business con i piccoli clienti, e concentrarsi sui clienti piu' ricchi, e sulla clientela privata. C'è una strategia ed è coerente. Se l'implementazione riuscirà lo vedremo.

DLF: che cosa accadrà a Deutsche Bank?

Otte: spero davvero che Deutsche Bank riesca a superare la crisi. Sono molto fiducioso. Ma il bilancio di una grande banca nessuno riesce a capirlo al 100%. E' sempre una questione di fiducia. Ci sono grandi posizioni sui derivati, come anche nelle altre grandi banche. Deutsche Bank ha una buona dotazione di capitale, ha dei punti di forza. Mi auguro vivamente che possa lentamente uscire da questa situazione difficile. Ma non posso naturalmente garantirlo.

DLF: quali sono i rischi per il risparmiatore e per il contribuente, se guardiamo nel complesso al sistema bancario tedesco nei prossimi cinque anni?

Otte: nei prossimi cinque anni i problemi principali saranno in Italia, il paese con il quarto piu' grande mercato dei titoli di stato al mondo, dove le banche hanno grandi quantità di crediti in sofferenza, anche la Spagna avrà dei problemi. La situazione in Germania è migliore. Se guardiamo all'Eurozona, mi aspetto che nei prossimi cinque anni ci sarà qualche crollo bancario, e ci sarà bisogno di qualche salvataggio. Non posso immaginare che la situazione attuale possa trascinarsi per piu' di cinque anni.

venerdì 30 settembre 2016

La politica monetaria ingenua della BCE

David Folkerts-Landau, capo-economista di Deutsche Bank, in occasione del discorso al Bundestag di Draghi, su Die Welt attacca la politica monetaria ingenua della BCE: i tassi a zero stanno distruggendo l'economia europea. Da Welt.de

L'ultima apparizione di Draghi davanti al Bundestag era stata 3 mesi dopo il suo famoso discorso del "whatever it takes". Dal 2012 l'area dell'Euro non ha registrato alcuna crescita economica, ha avuto il peggior sviluppo nel mercato del lavoro tra i paesi industrializzati con una disoccupazione a doppia cifra e oltre il 20% di disoccupazione giovanile, ha raggiunto un livello di indebitamento non sostenibile e livelli di inflazione ampiamente inferiori a quelli definiti dalla BCE. Senza la forte congiuntura tedesca la situazione sarebbe ancora peggiore. Oggi i politici si chiedono legittimamente che cosa è andato storto. 

La crisi esistenziale dell'unione monetaria è evidente nell'erosione del centro politico. Brexit mostra che questo può' portare ad una spaccatura. L'insoddisfazione è radicata nella disoccupazione e nei redditi stagnanti - come accadeva durante la crisi degli anni '30.

Pertanto ci si dovrebbe chiedere fino a che punto la politica monetaria aggressiva, non convenzionale e mai testata della BCE - fino ai tassi negativi - contribuisca ad un aumento dei problemi in Europa.

Non era mai accaduto che una regione fosse cosi' dipendente dalle decisioni dogmatiche di tecnocrati non eletti democraticamente. Vogliamo davvero rischiare il fallimento del principale progetto economico e politico della storia? Le generazioni future non ci perdonerebbero la nostra fiducia ingenua nella politica monetaria. 

Nessun incentivo al cambiamento

Non sono solo i deboli dati economici a far nutrire dubbi sull'efficacia e l'orientamento della politica monetaria - ma soprattutto il fatto che i problemi europei non sono di natura ciclica ma strutturale.

I paesi della periferia non sono in grado di generare una crescita sufficiente per la riduzione del debito e della disoccupazione. Cio' è dovuto alla mancanza di riforme nel mercato del lavoro, come nel sistema giuridico, sociale e fiscale. E i governi non hanno agito poiché la politica monetaria estremamente espansiva della BCE, e in particolare la sua promessa di fare "whaever it takes", hanno reso il non agire l'opzione migliore nel breve periodo.

Per mettere a rischio la loro rielezione con le riforme, i politici hanno bisogno di buone ragioni. Soprattutto nella periferia, dove manca un ampio consenso. Fino al 2012 i tassi di interesse in alcuni paesi erano cresciuti enormemente, c'era il rischio concreto di non poter rifinanziare il debito pubblico. L'insolvenza avrebbe portato ad un programma di salvataggio della Troika, con riforme difficili e tagli alla spesa impopolari.

Gli incentivi a fare le riforme tuttavia sono stati annullati dalla promessa della BCE di aiutare i paesi in difficoltà con il programma Outright Monetary Transactions (OMT) - vale a dire un intervento come acquirente di ultima istanza.

Una generosa sovvenzione per le periferie

Allora la giustificazione ad-hoc era che la divergenza fra i premi per il rischio dei diversi paesi era il segno di una inefficace trasmissione della politica monetaria e non un rischio relativo al paese specifico. 

L'OMT è rimasto nel cassetto fino ad oggi, ma nel quadro del suo programma di QE, insieme alle banche centrali nazionali, la BCE ha iniziato 3 anni più' tardi ad acquistare titoli di stato e obbligazioni societarie in quantità inimmaginabili. Se questo programma -  come ampiamente previsto - sarà esteso fino alla fine del 2017, la BCE potrebbe arrivare ad avere in bilancio circa un quinto di tutto il debito pubblico della zona Euro.

L'annuncio del programma OMT è stato un generoso sussidio nei confronti della periferia. Lo spread medio per i titoli di stato è sceso di quasi 5 punti percentuali. Ad esempio i costi per il pagamento degli interessi in Italia sono scesi di un terzo, sebbene l'indebitamento in rapporto al PIL sia cresciuto. Questo enorme alleggerimento pero' non è stato sfruttato, esattamente come era accaduto al calo dei tassi di interesse dopo l'adesione alla zona Euro. 

Le riforme sono state implementate seriamente solo fino al 2012, mentre i tassi di interesse stavano salendo e il rifinanziamento si faceva difficile. In quegli anni sono state applicate la metà delle iniziative di riforma suggerite dall'OCSE. Lo scorso anno la percentuale è stata inferiore al 20%.

I meccanismi disciplinari sono fuori uso

Dal 2012 i programmi come l'OMT e il QE impediscono all'Europa di vedere la realtà. Con una crescita zero e un deficit del 2.5 % l'indebitamento italiano di oltre il 100% del PIL non è sostenibile. 

Roma paga per i titoli decennali solo un punto percentuale in più' rispetto a Berlino. Gli spread si ampliano - come nel caso del Portogallo - solo quando i mercati temono che un downgrade delle agenzie di rating possa bloccare il QE.

Nonostante le sue buone intenzioni, la BCE ha messo fuori uso i meccanismi disciplinari di aumento degli interessi sul debito, ed è perciò' responsabile per la non implementazione delle urgenti riforme strutturali necessarie. Solo riforme orientate alla crescita potranno impedire una lenta disintegrazione dell'UE causata della stagnazione economica. 

mercoledì 28 settembre 2016

Rischi tedeschi

Ascesa e declino di una banca tedesca che voleva conquistare il mondo e che ora invece deve chiedere aiuto al governo. Da Die Zeit, 

Ha giocato d'azzardo e ha perso: Deutsche Bank voleva conquistare Londra e Wall Street, ora si parla invece di aiuti pubblici.

Deutsche Bank ha raggiunto il punto più' basso. Le azioni dell'istituto di Francoforte, che un tempo voleva dominare i mercati finanziari internazionali, all'inizio della settimana sono scese di oltre il 6% fino a 10.29 € per azione. Da quando il dipartimento di Giustizia americano ha minacciato la banca con una multa da 14 miliardi di dollari per la vendita dei mutui ipotecari, i mercati si chiedono se la banca, dato il ridotto margine di capitale, sia veramente in grado di far fronte a questa cifra. Circolano voci di una richiesta di aiuto al governo tedesco. Sono state categoricamente smentite dal governo e dalla banca.

Sono passati esattamente 20 anni dall'ingresso della banca nel settore dell'investment banking su scala globale, da quando con i suoi ambiziosi piani di espansione voleva conquistare Londra e Wall Street. Deutsche Bank a New York voleva diventare grande almeno come le banche di investimento americane in Europa - era l'obiettivo aziendale nel 1996. Le agenzie di rating già allora erano stupite. Moody's sottolineava che Deutsche Bank con l'ingresso nell'investment banking sarebbe sicuramente diventata meno dipendente dai ricavi sul mercato interno. Allo stesso tempo pero', con l'investment banking internazionale sarebbe aumentata la volatilità degli utili, i rischi di mercato e i rischi di bilancio da coprire con capitale proprio.

Stava piu' o meno accadendo a tutte le grandi banche europee: nel mercato interno cresceva la concorrenza e c'erano sempre piu' banche straniere nel corporate e retail banking domestico. A Londra e Wall Street la banca era attratta dai grandi guadagni degli affari di borsa su scala globale, dal trading sui titoli e sulle divise, dalla ristrutturazione delle aziende nell'era della globalizzazione. Deutsche Bank accompagnava le aziende tedesche nella loro espansione internazionale.

Gli azionisti erano felici, gli avvertimenti erano ignorati

L'espansione nell'investment banking, per 10 anni, fino alla crisi finanziaria del 2007, ha portato lauti guadagni. Ritorni a due cifre sul capitale proprio non erano rari, a volte anche oltre il 20%. Gli azionisti applaudivano.

Gli avvertimenti delle banche tedesche tradizionali cadevano nel vuoto. Deutsche Bank dipendeva dagli alti guadagni realizzati a Londra e Wall Street. E i guadagni sembravano dare ragione alla sua politica di espansione.

L'espansione aveva funzionato, ma solo perché gli esorbitanti guadagni provenienti dalla forte crescita dell'investment banking nascondevano i rischi del business, la scarsa copertura del rischio, i costi in rapida crescita e le conseguenze di pratiche commerciali alquanto discutibili. Il modello di business in sé non veniva messo in discussione, sebbene l'istituto di credito fosse pericolosamente dipendente dall'Investment banking. Deutsche Bank non poteva in realtà appoggiarsi al grande mercato americano, ma solo ad un meno remunerativo mercato interno - a causa dell'influenza delle Sparkasse e delle Landesbank pubbliche. Non aveva nessuna gestione patrimoniale lucrativa come colonna portante, come invece accade alle grandi banche svizzere. Non aveva il controllo del mercato asiatico, come la concorrenza britannica di HSBC e Standard Chartered. E non era Goldman Sachs. Goldman Sachs era pagata per la competenza e l'esperienza nella consulenza dei suoi dipendenti (e a volte anche per la loro mancanza di scrupoli). Deutsche Bank era invece pagata per l'utilizzo rischioso dei suoi bilanci. Cosi' nel 2007 è riuscita a raggiungere il suo obiettivo: era fra le 3 piu' potenti banche di investimento del mondo.

Un cambiamento tardivo

Poi è arrivata la crisi finanziaria ed è diventato chiaro che la rapida crescita economica finanziata a debito non si sarebbe ripetuta per decenni. Non è passato un anno senza l'introduzione di un requisito di capitale più' alto, di una più' rigida gestione dei rischi negli attivi o di normative più' severe in tema di liquidità. L'investment banking è diventato piu' costoso, l'uso rischioso del bilancio insostenibile.

Deutsche Bank inizialmente non ha reagito. Proprio come Bob Diamond, il capo di Barclays, Anshu Jain, l'allora capo dell'investement banking e successivamente amministratore di Deutsche Bank, si aspettava che le altre banche indebolite dalla crisi finanziaria si sarebbero ritirate dal business dell'investment banking globale, che la concorrenza si sarebbe fatta più' sottile, e che i ricavi dal trading in un periodo di incertezza e volatilità sarebbero stati maggiori. Ma Jain aveva sottovalutato quanto la regolamentazione avesse reso più' costoso il business, che il bilancio delle banche universali non poteva piu' sostenere i rischi dell'investment banking e che la politica di tassi a zero delle banche centrali avrebbe eroso i margini sul mercato interno.

Da allora per Deutsche Bank le cose vanno sempre peggio, il modello di business non funziona piu'. Nei primi nove mesi del 2016 è scesa in ottava posizione dietro a J.P. Morgan, Goldman Sachs, Bank of America Merrill Lynch, Morgan Stanley, Citigroup, Barclays e Credit Suisse. In tutte e 3 le aree dell'investment banking, obbligazioni, azioni e finanziamenti in pool, secondo le indicazioni della società di ricerca Dealogic, la banca ha perso quote di mercato, e non solo sui mercati globali, ma anche nei mercati domestici europei.

La banca di Francoforte ora ha iniziato a risparmiare. Il cost-income ratio, pari al 115.3%, è ancora molto superiore rispetto a quello della concorrenza globale. Fa in maniera solo marginale quello che altri istituti fanno da molto tempo, e cerca di ridurre l'investment banking. La banca non riesce né a raggiungere guadagni sufficienti, che potrebbe trattenere per generare capitale, né ci sono compratori a cui poter cedere in maniera sufficientemente rapida dei business, per poter liberare capitale: la cessione di una partecipazione del 20% nella banca cinese Hua Xia Bank potrebbe portare alla banca 4 miliardi di dollari entro l'anno. La vendita di Postbank, che assorbe il 10,5 % del capitale di rischio, e che contribuisce tuttavia all'11% degli utili, è sempre piu' difficile.

La minaccia di una multa da 14 miliardi di dollari da parte del Dipartimento di Giustizia americano è il momento in cui la discussione sul modello di business della banca si infiamma - questa volta con conseguenze esistenziali. L'istituto ha accantonato circa 6.2  miliardi di Euro per coprire eventuali sanzioni legali. Fino al 2017 si aggiungeranno 3.3 miliardi di dollari. Poiché una larga parte di questi 9.4 miliardi di Euro dovranno essere utilizzati per altri pagamenti diversi dal contenzioso con il Ministero della Giustizia americano, restano solo 4 miliardi di dollari per il pagamento agli americani.

Alla ricerca di capitale

Anche se gli americani dovessero ridurre la loro attuale richiesta di 14 miliardi di dollari, per ogni miliardo superiore ai 4 miliardi coperti, le cose si fanno difficili, calcola Kian Abouhossein, analista bancario di JP Morgan. Deutsche Bank non avrebbe piu' alcun spazio per pagare sanzioni superiori. Dovrebbe trovare denaro per altre riserve oppure raccogliere capitali. Alla fine della prima metà dell'anno il coefficiente di adeguatezza patrimoniale era del 10.8%, entro la fine del 2018 dovrà pero' raggiungere il 12.5%.

Altrettanto importante è la domanda se la prossima primavera Deutsche Bank avrà liquidità sufficiente per pagare le cedole sulle obbligazioni, che in caso di necessità possono essere trasformate in capitale (AT1). Sembra tecnico ma è importante: le cedole possono essere pagate solo se le riserve sono sufficientemente alte. Qualora non accadesse, gli investitori sul mercato obbligazionario scomparirebbero, e salirebbe il costo per rifinanziarsi sul mercato obbligazionario.

La situazione è difficile. La politica americana probabilmente non vuole avere la reputazione di aver contribuito al collasso del sistema bancario europeo. Il Ministero di Giustizia potrebbe tendere una mano in questo modo: una parte della multa viene pagata dalla banca immediatamente. Un'altra parte viene ripagata nel corso degli anni ai clienti a cui sono stati rifilati i mutui ipotecari. Le autorità di vigilanza potrebbero anche riflettere se in caso di necessità non sia possibile utilizzare gli spazi di manovra offerti dalle norme vigenti. Cio' aiuterebbe Deutsche Bank ad evitare un aumento di capitale precipitoso, che in considerazione dell'attuale prezzo delle azioni sarebbe molto caro e finirebbe per scoraggiare tutti gli azionisti.

John Cryan, da oltre un anno co-amministratore di Deutsche Bank è sulla strada giusta, sta cambiando la cultura e riducendo i rischi. Dal 2007 Deutsche Bank ha aumentato il capitale da 37 a 62 miliardi di Euro, ha triplicato le riserve da 65 a 223 miliardi di Euro, ha ridotto le sue posizioni a rischio da 88 a 29 miliardi di Euro. In secondo luogo, per poter tornare alla crescita, si dovrà procedere ad una digitalizzazione della rete al dettaglio nazionale e del business con i clienti piu' piccoli.

Fino ad ora tuttavia non sembra essere cambiato molto, il management della banca sotto il presidente Paul Achleitner non ha indicato nessuna vera alternativa rispetto al modello di business attuale. E' necessario un cambiamento, affinché gli investitori tornino ad avere coraggio.

sabato 7 settembre 2013

Mayer: l'Euro danneggia la Germania

Thomas Mayer, ex capo-economista di Deutsche Bank, da sempre molto critico verso la moneta unica, dal suo blog su FAZ.net lancia una tesi singolare: l'Euro ci danneggia perché ci impone prezzi di vendita sui mercati esteri troppo bassi. da FAZ.net
In molti ritengono che per la Germania sia un vantaggio avere una moneta piu' debole rispetto a quanto accadrebbe con il D-Mark. E' una sciocchezza. Con un cambio debole gli esportatori vendono sui mercati mondiali i loro prodotti a un prezzo piu' basso. Quando i prodotti non sono attraenti, è necessario un basso prezzo di vendita per ottenere una quantità di valuta estera sufficiente a finanziare le importazioni.

Ma se i prodotti invece sono richiesti, la domanda è alta, e i proventi delle esportazioni superano la spesa per le importazioni. E questo è quanto è accaduto in Germania dopo l'introduzione dell'Euro. All'epoca in cui il Marco poteva ancora apprezzarsi nei confronti delle altre valute, fra il 1977 e il 1998, in media l'avanzo delle partite correnti è stato dell'1%. Tra il 2006 e il 2013, a causa del corso troppo debole dell'Euro, l'avanzo con l'estero in media è stato del 6.5 %. Con l'Euro vendiamo i nostri prodotti ad un prezzo troppo basso e spendiamo troppo per le importazioni (per questa ragione compriamo poco).

Una parte del surplus delle partite correnti è andato perduto a causa di investimenti sbagliati all'estero

Ma questo non basta. Le eccedenze derivanti dai proventi delle esportazioni devono in parte essere reinvestite all'estero. E su questi investimenti abbiamo subito delle forti perdite. Lo si deduce dal fatto che, nello stesso periodo di tempo, gli avanzi cumulati delle partite correnti sono superiori all'aumento del nostro patrimonio netto estero. Questa discrepanza indica che una parte del surplus delle esportazioni è andata perduta a causa di investimenti sbagliati. Nei 14 anni dall'introduzione dell'Euro fino al 2012, questa differenza è stata di 291 miliardi di Euro, vale a dire piu' del 10% del PIL tedesco. Analizzando la stessa differenza, si puo' notare che gli avanzi delle partite correnti cumulati anno dopo anno per lo stesso periodo di 14 anni, a partire dal 2008, superano sistematicamente l'aumento della posizione netta sull'estero, e nel 2011 con 382 miliardi di Euro raggiungono il loro picco. Precedentemente, le differenze positive e negative si alternavano, il che suggerisce che prima del 2008 non ci siano state perdite sistematiche.

Per evitare ulteriori perdite in futuro, dovremmo vendere l'export tedesco ad un prezzo superiore e acquistare l'import ad un prezzo inferiore, oppure dovremmo cercare di investire all'estero le nostre eccedenze in maniera piu' produttiva. Senza una moneta propria, potremo raggiungere una rivalutazione del nostro cambio reale, solo se i prezzi dei beni e dei servizi prodotti in Germania e i redditi dei tedeschi cresceranno piu' velocemente di quanto facciano quelli dei nostri partner europei. Per evitare perdite di competitività nei confronti dei nostri concorrenti all'esterno dell'unione monetaria, l'Euro dovrebbe deprezzarsi per un valore corrispondente. I nostri partner nell'unione monetaria non dovrebbero trasmettere pero' questa svalutazione ai loro prezzi e salari, piuttosto dovrebbero utilizzarla per recuperare competitività nei nostri confronti e verso i paesi all'esterno dell'unione monetaria. Si tratta di un esercizio molto difficile, perché noi dovremmo tollerare per un certo periodo di tempo un'inflazione superiore, e i nostri partner, nonostante la svalutazione dell'Euro, mantenere i prezzi e i costi stabili. Allo stesso tempo la BCE dovrebbe imporre una tale svalutazione sul mercato delle valute. Le possibilità che tutto questo si realizzi come descritto, non sono molto elevate. Nel nostro paese gli aumenti di prezzo sono estremamente impopolari, mentre i nostri partner in passato hanno tentato di raggiungere la stabilità dei prezzi senza successo.

In alternativa si potrebbe provare a investire in maniera piu' ragionevole le nostre eccedenze commerciali. Poiché le nostre banche, le assicurazioni e gli investitori privati hanno avuto risultati deludenti, in un articolo precedente ho suggerito la costituzione di un fondo pubblico per gli investimenti secondo l'esempio di altri paesi con elevati avanzi commerciali. Le esperienze mostrano che un rendimento attraente è possibile quando lo stato raccoglie il risparmio privato e organizza gli investimenti all'estero in concorrenza con i gestori privati. Secondo alcune fonti, i fondi pubblici di Norvegia e Singapore negli ultimi 10 o 20 anni hanno avuto un rendimento annuo del 3 o 4% superiore all'inflazione. Nel nostro paese, come al solito,  gli scettici vorrano mettere in discussione questa proposta. Dovremo tuttavia rassegnarci al fatto che l'Euro ci impone dei prezzi peggiori sui mercati esteri, e genera perdite nell'investimento all'estero delle nostre eccedenze commerciali. La politica dovrebbe essere sufficientemente onesta da riconoscerlo...

sabato 16 marzo 2013

L'Europa di Merkel (parte seconda)


Seconda parte dell'interessante analisi fatta da Telepolis sulla leadership merkeliana e le implicazioni europee. La prima parte è qui.
La difesa del potente settore finanziario tedesco

Il governo federale ha insistito per il rimborso possibilmente completo dei debiti sud Europei e difeso gli interessi della potente industria finanziaria tedesca. Deutsche Bank, sotto il suo capo di allora Josef Ackermann, ha plasmato la politica dei salvataggi bancari e la gestione della crisi del governo federale, riuscendo a guadagnare tempo per ridurre l'esposizione verso gli stati in crisi come Grecia  o Irlanda.

Da tempo i Ministeri federali di Berlino ricorrono alla consulenza dell'industria finanziaria, anche perché le competenze degli stessi ministeri non sono sufficienti : "Per decenni le competenze specifiche sono state ridotte; lo stato è rimasto fuori dall'economia, ha trionfato l'ideologia dominante", scrive il giornalista Wolfgang Storz:

"Oggi il Ministero dell'Economia è un guscio vuoto. Il Ministero delle Finanze, senza l'aiuto esterno (e gli interessi legati) degli studi legali, non sarebbe in grado di creare una sola legge sul mercato finanziario"

Sempre secondo Storz, "il Ministro delle finanze Schäuble nel 2011  ha avuto delle serie difficoltà nel coprire importanti posizioni all'interno del suo ministero. Il Dipartimento per la Politica Europa e quello per gli Affari monetari internazionali sono rimasti per mesi senza un capo". In parole semplici, l'influenza dell'industria finanziaria sulla politica è molto grande.

Con l'imposizione delle politiche di austerità, il governo federale ha agito a difesa degli interessi del mondo industriale e finanziario, tedesco ed europeo. Questo corso politico è tuttavia coerente con le posizioni  della coalizione di governo berlinese. Gli obblighi di risparmio degli stati europei in chiave morale sono il segno della colpa, di cui si loda la dolorosa purificazione attraverso l'autolimitazione.

La narrativa nazionale moralizzante.

Chi "ha vissuto al di sopra dei propri mezzi", ora dovrà "tirare la cinghia". Ecco perché fino ad ora è stata negata una messa in comune del debito, ad esempio attraverso gli Eurobond. In questo modo, sempre secondo la narrativa dominante, i "laboriosi tedeschi" hanno dovuto garantire "per i pigri sud-europei".

Con la sua interpretazione moralista della crisi, il governo ha finito per danneggiare se stesso. Nella Repubblica federale è sempre piu' diffusa l'immagine della Germania "ufficiale pagatore d'Europa", anche perché le responsabilità tedesche nella crisi non sono state sufficientemente dibattute, né dalla coalizione di governo né dall'opposizione.

Le campagne mediatiche contro i paesi beneficiari, come la Grecia, oppure le narrazioni in cui la garanzia debitoria tedesca viene presentata come una reale uscita finanziaria ed esagerata nelle sue dimensioni, rafforzano questa rappresentazione. A causa di questo clima - in parte creato dal governo - è diventato sempre piu' difficile riuscire ad ottenere la maggioranza per ulteriori crediti ai paesi partner.

L'autopercezione dell'ufficiale pagatore

La Germania è diventata quindi prigioniera della sua stessa ideologia e il governo ha fatto il possibile per evitare ogni dibattito sulla futura forma dell'Unione: una qualsiasi forma di stato federale porterebbe con sé un trasferimento delle entrate fiscali fra i paesi membri. Una tale forma di solidarietà istituzionalizzata fra i paesi europei, il governo federale potrebbe rivenderla ai suoi elettori, solo se accompagnata da rigidi meccanismi di risparmio applicati a tutti gli stati EU.

L'autopercezione di ufficiale pagatore è tanto piu' impressionante perchè è propio la Germania - almeno nel breve periodo - ad aver ottenuto dei vantaggi dalla crisi. Non solo il governo federale ha guadagnato un accresciuto peso politico ed economico in Europa, ma il debole corso dell'Euro durante la crisi ha reso l'export tedesco ancora piu' economico. Inoltre, il bilancio del governo federale ha avuto grandi vantaggi finanziari. Gli investitori chiedono tassi alti per i titoli sud-europei, considerati troppo rischiosi, e fuggono verso porti sicuri come la Germania. Per un lungo periodo il governo è riuscito a piazzare i suoi titoli a tasso zero, e nel gennaio 2012, per la prima volta nella storia, ad un tasso negativo.

Gli investitori hanno addirittura pagato per poter prestare denaro alla Germania. Nel complesso il governo federale si è potuto rifinanziare ad un tasso decisamente piu' basso rispetto agli anni precedenti. Tra il 2009 e il 2011 sui titoli a 2 anni ha pagato in media l'1.11 % - contro una media del 3.42% nei 9 anni precedenti.

I tassi sui Bund a 10 anni si sono mossi nello stesso modo: negli anni prima della crisi sono stati in media del 4.27%, tra il 2009 e il 2011 il valore medio è stato del 2.91 %. Con un tasso d'interesse uguale a quello fra il 2000 e il 2008, sulle obbligazioni emesse fra il 2009 e il 2011, la Repubblica Federale avrebbe dovuto pagare 45 miliardi di Euro di interessi in piu'. Il governo ha reagito a questa situazione favorevole sui mercati emettendo piu' debito.

Il potere della Cancelliera

Mentre il lavoro intergovernativo europeo ha favorito l'egemonia tedesca, nella Repubblica federale ha condotto ad un rafforzamento dell'esecutivo Merkel, e soprattutto della Cancelliera. Merkel in Germania è diventata sempre piu' presidenziale. "Il potere nella CDU di oggi si concentra nell'ufficio della Cancelliera. Tutti i ministri sono direttamente dipendenti da lei", cosi' dice Josef Schlarmann (CDU), presidente dell'Associazione delle medie imprese e da sempre critico verso Merkel. Nell'agosto 2012 diceva: "Non c'è piu' un dibattito approfondito, nella CDU di Frau Merkel tutto é presentato come privo di alternative".

Al Bundestag sempre piu' spesso viene lasciato solo un ruolo di ratifica degli accordi che i capi di governo europei hanno già firmato. Cio' mette la coalizione di governo sotto una forte pressione, perché una bocciatura degli accordi siglati a livello internazionale, metterebbe la Cancelliera in difficoltà sullo scenario europeo. Inoltre i deputati spesso si trovano a decidere con poco tempo a disposizione, a volte per le temute reazioni dei mercati finanziari, altre invece perché è il governo ad averlo deciso a tavolino.

Cosi' i parlamentari hanno dovuto votare, senza che i documenti e gli allegati tecnici, centinaia di pagine, potessero essere analizzati e se necessario modificati. Il governo ha anche direttamente ostacolato il Bundestag, ad esempio con la mancata trasmissione ai deputati di alcuni documenti sul fondo ESM. La Corte costituzionale si è pronunciata sul tema sostenendo che il governo in quel caso aveva violato i diritti del Parlamento.

La Linke è il solo partito di opposizione

Sulle questioni decisive c'è un ampio consenso fra la CDU/CSU, FDP, i Verdi e la SPD. I Socialdemocratici e i Verdi si comportano come partiti di governo in attesa, non formulano nessuna alternativa di fondo alla politica europea del governo federale e al Bundestag spesso votano insieme alla coalizione di governo. Il solo partito di opposizione è la Linke. A questi si aggiungono singoli parlamentari di altri partiti: sempre piu' Euroscettici ed Eurocontrari in uscita dalla coalizione.

Ad ogni tentativo di resistenza, il governo reagisce proseguendo con decisione nella sua politica di difesa aggressiva dello status quo: la sua politica europea consiste nel preservare l'orientamento dei trattati attuali e incoraggiare l'orientamento liberista di quelli futuri. Per fare questo si affida a completamenti e ampliamenti delle regole già in essere, come ad esempio in materia di accordi intergovernativi il Fiskalpakt. Il governo non ha saputo proporre un concetto di unione politica dell'EU, ad eccezione della sola iniziativa di Westerwelle e di altre poco concrete dichiarazioni d'intenti.

In ogni caso non possono fare affidamento su un ampio sostegno popolare. Secondo un sondaggio dell'agosto 2012, solo un tedesco su cinque si augura uno stato federale europeo, fra gli elettori della CDU solo il 17%. Solo fra gli elettori della Linke si registra un sostegno massiccio al progetto federale europeo, il 44 %. Al contrario, oltre un terzo degli elettori europei vorrebbe riportare l'EU ad una comunità puramente economica, un quarto sostiene lo status quo.

Il 15 % sono invece a favore di uno scioglimento dell'EU; nel 2009 erano solamente il 10 %. Soprattutto fra i sostenitori della FDP e dei Verdi, secondo l'indagine, crescono i critici dell'EU: se nel 2009 fra gli elettori dei Verdi nessuno sosteneva lo smantellamento dell'EU, oggi sono il 9%. Fra i Liberarali la quota degli oppositori EU è cresciuta dal 3 al 17%, e fra i Pirati è quasi un terzo.

Accanto alla politica di difesa degli interessi motivata dall'ideologia, il conflitto potenziale, suggerito da questi dati, potrebbe essere il motivo per cui il governo federale fino ad ora  non si è battuto per le riforme strutturali di lungo periodo necessarie ad affrontare la crisi. E' anche difficile immaginarsi che questo esecutivo possa fare proposte per combattere la recessione in mezza Europa oppure il crescente divario sociale all'interno del continente. Al contrario, il governo federale impone all'Europa una politica di risparmio distruttiva ancorata in maniera permanente al Fiskalpakt.
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mercoledì 30 gennaio 2013

La presunta sistemicità di Cipro


Thomas Mayer, ex capo-economista di Deutsche Bank, sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung si scaglia contro l'ennesimo Eurosalvataggio: Cipro non è sistemica e il contribuente europeo non puo' essere chiamato in causa. Da FAZ.net
Fino ad ora gli Eurosalvataggi sono sempre stati giustificati ipotizzando presunti rischi sistemici per l'intera Eurozona. In quest'ottica il salvataggio di Cipro potrebbe sembrare solo una consuetudine. Con la stessa motivazione si sono finanziati i deficit di bilancio di Grecia e Portogallo, si è convinto il governo irlandese a sostenere in maniera permanente le sue banche, e aiutato la Spagna a ricapitalizzare le casse di risparmio. Per Cipro, che ora ha bisogno di aiuti finanziari, lo stesso ragionamento è difficile da giustificare. Probabilmente anche in questo caso il contribuente europeo sarà chiamato ad intervenire. Nel frattempo, la pretesa dei  paesi Euro in difficoltà di ricevere aiuti finanziari si è trasformata in consuetudine.

Dopo le perdite causate dalla ristrutturazione del debito pubblico greco e quelle derivanti dai crediti concessi al settore privato greco, le banche cipriote lo scorso anno sono finite nei guai. I fondi necessari per la loro ricapitalizzazione, pari a 10 miliardi di Euro, hanno messo in difficoltà il bilancio pubblico e ora Cipro chiede di entrare sotto la protezione del fondo di salvataggio ESM. Il ministro delle finanze cipriota si aspetta dall'Europa la stessa solidarietà che Cipro ha mostrato in occasione del taglio del debito greco. Nel frattempo, si stima che il governo abbia bisogno di 6.5 miliardi di Euro aggiuntivi per rifinanziare i titoli di stato in scadenza e di altri 1.5 miliardi di Euro per tappare i buchi di bilancio. Con 17.5 miliardi di Euro il pacchetto di salvataggio sarebbe uguale al valore del PIL del paese, e sempre in relazione al PIL segna il record fra i prestiti concessi fino ad ora.

Con il salvataggio europoeo il debito di Cipro salirebbe al 190 % del PIL

Secondo la Commissione il rapporto debito/PIL già lo scorso anno aveva raggiunto il 90%. Con il nuovo piano di auti si arriverebbe al 190% del PIL. Sarebbe davvero un miracolo se il paese fosse in grado di rimborsare tutto il debito con le proprie forze. Ma il salvataggio non è lontano, se come nelle intenzioni dei paesi del sud Europa il fondo ESM si accollerà i costi dei salvataggi bancari, e se la BCE dal prossimo anno avrà anche il controllo bancario. Cipro potrebbe scaricare 10 miliardi di Euro di debiti bancari sul fondo ESM  in cambio di una partecipazione senza alcun valore nelle banche, lasciando al contribuente europeo l'onere di saldare il conto.

L'intera operazione viene motivata sostenendo che dalla crisi delle banche cipriote potrebbero nascere rischi sistemici per l'intera Eurozona. Bisogna avere un bel po' di fantasia per vederla in questo modo. Il totale degli attivi delle banche nazioniali nel 2011 era di circa 110 miliardi di Euro - pari all'1.2 % del PIL dell'Eurozona o al 5% del totale degli attivi di Deutsche Bank. Poichè gli attivi sono finanziati per il 72% dai depositi bancari, i collegamenti con le altre banche europee non sono cosi' importanti - i debiti verso le altre banche sono circa 15 miliardi di Euro. A cio' si aggiunge il fatto che solo 32 miliardi di Euro di depositi bancari appartengono ai ciprioti. Il resto appartiene a clienti greci (17 miliardi) e altri stranieri (23 miliardi), la maggior parte russi o di altre repubbliche ex sovietiche. Con una tale struttura di finanziamento sarebbe molto sorprendente se una partecipazione dei creditori al risanamento delle banche in misura del 10%, pari ai 10 miliardi necessari, mettesse in pericolo l'intera zona Euro.

Oneri a carico degli stranieri

I fautori del bail-out sostengono che se si decidesse di far pagare i creditori delle banche, negli altri paesi si scatenerebbe il panico. Secondo le leggi europee sono assicurati solo i depositi fino a 100.000 €. Per gli importi che superano questa soglia, deve essere ragionevolmente previsto un rischio. Sarebbe pertanto coerente con le condizioni vigenti se almeno i depositi superiori a questo importo fossero chiamati a partecipare. Poiché probabilmente la maggior parte dei conti degli stranieri rientrano in questa classe, alla fine si potrebbe raccogliere una somma considerevole. Si potrebbe quindi coprire la mancanza di capitale delle banche, convertendo in azioni i crediti dei depositanti e degli obbligazionisti coinvolti.

Allo stato attuale l'assistenza finanziaria a Cipro è congelata. L'Eurogruppo si riunirà il 24 febbraio e prima di decidere preferisce aspettare il secondo turno delle elezioni presidenziali. Si spera che al presidente uscente Christofias, un comunista dichiarato, possa succeddere il candidato conservatore Anastasiades. Il suo compito sarà eliminare gli ostacoli sulla strada che separa l'isola dal salvataggio europeo. E cosi' cio' che per gli altri paesi è stato giusto e opportuno, per Cipro sarà  solo a buon mercato

sabato 3 novembre 2012

La voce del padrone


Il capo economista di Deutsche Bank, David Folkerts-Landau, intervistato da FAZ, ci illustra il punto di vista del mondo finanziario tedesco sulla crisi Euro. Paura di restare con il cerino in mano?
Il capo economista di Deutsche Bank, David Folkerts-Landau, chiede che la Grecia resti nell'area Euro. Affinché  sia possibile, la Germania dovrà contribuire con un terzo pacchetto di aiuti.

FAZ: Herr Folkerts-Landau, quando è stato l'ultima volta in Grecia?

Folkerts-Landau: 5 settimane fa. Mi ha particolarmente colpito la dimensione dell'economia sommersa, e il suo funzionamento solo con pagamenti in contante. L'economia regolare si contrae, ed è sempre piu' difficile raccogliere denaro con la tassazione. I cittadini non credono piu' che le loro tasse saranno utilizzate correttamente.

FAZ: E' vero, come molti analisti avvertono, che una bancarotta e una successiva uscita della Grecia dall'Euro con effetto domino potrebbero causare una recessione mondiale?

Folkerts-Landau: La Grecia resterà nell'Euro. Non c'è il  rischio che possa mancare un sostegno sufficiente per mantenere la Grecia nell'Euro. Tutti sono d'accordo: l'uscita di un singolo paese dall'Euro cambierebbe radicalmente la natura dell'Eurozona: da una unione monetaria a un sistema di cambi fissi. Cio' porterebbe a nuove aggressioni verso i paesi piu' deboli. 

FAZ: Lei crede che l'acquisto di titoli da parte della BCE abbia un fondamento di politica monetaria, oppure si tratta di un finanziamento agli stati nascosto, attraverso il quale vengono tenuti bassi gli interessi?

Folkerts-Landau: Il motivo dell'OMT „Outright Monetary Transaction“-Programm, è tenere insieme l'Euro. Come del resto il presidente Draghi ha detto. Dal suo punto di visto, questo  drammatico passo era l'unico ancora a disposizione.

FAZ: La semplice possibilità di acquistare obbligazioni, sarà sufficiente ad abbassare i tassi di interesse? Oppure la BCE dovrà di fatto acquistare titoli?

Folkerts-Landau: Dobbiamo considerare che la determinazione della BCE sarà testata e la disponibilità ad acquistare titoli sarà messa alla prova.

FAZ: La Bundesbank ha criticato il programma duramente. Ora è isolata. La BCE può continuare ad ignorarla in questo modo?

Folkerts-Landau: Non c'è nulla di cui vergognarsi nell'essere isolati, se si è dalla parte della ragione. La Bundesbank è l'istituzione economica piu' importante in Germania, in molti decenni ha guadagnato una credibilità enorme. La BCE sta cercando di costruire un altrettanto elevato livello di credibilità. Se due rappresentanti di alto livello della Bundesabank, Axel Weber e Jürgen Stark, si sono dimessi per protesta verso la BCE, allora la situazione è davvero seria. Herr Draghi ha ripetuto che intende tenere insieme la zona Euro a tutti i costi. Ma il mandato BCE prescrive di difendere la stabilità dei prezzi. Un tale conflitto di obiettivi non sarebbe mai dovuto sorgere. Io non credo che l'OMT era l'unico modo per salvare l'Euro. Un programma della Troika per Italia e Spagna sarebbe stata la strada giusta, ma per questi paesi era politicamente impossibile. 

FAZ: Da piu' parti arrivano critiche alle politiche di austerity nei paesi dell'Europa del sud. Anche il FMI avverte che una politica di risparmio troppo dura colpirebbe duramente l'economia, tanto da rendere impossibile la riduzione del deficit. I paesi del sud dovrebbero alleggerire i programmi di risparmio?

Folkerts-Landau: No, non dovrebbero risparmiare meno, e dovrebbero soprattutto rafforzare le riforme strutturali. Il mercato del lavoro dovrebbe essere ulteriormente flessibilizzato, e le professioni liberalizzate. L'agenda 2010 puo' essere un esempio. C'è bisogno di maggiore competitività sul mercato delle merci. Le piu' importanti riforme restano quelle del mercato del lavoro. Assunzioni e licenziamenti devono essere piu' facili. Qualcosa si è fatto, ma meno di quanto necessario e di quanto possibile. In Italia la legge di riforma del mercato del lavoro è stata approvata, ma l'attuazione è molto lenta. La convinzione che attraverso le riforme strutturali si possa diventare piu' competitivi nei confronti della Germania e degli altri paesi, non si è ancora diffusa ovunque.

FAZ: Bisognerebbe dare alla Grecia piu' tempo per raggiungere gli obiettivi di bilancio?

Folkerts-Landau: Non ha alcun senso rendere ancora piu' dure le misure di risparmio fiscali. La Grecia è insolvente, nonostante i pacchetti di aiuto. La Grecia ha bisogno di piu' tempo, ma solo a condizioni molto rigorose. Se il programma di rientro viene prolungato, deve essere anche finanziato.

FAZ: La Germania deve finanziare un terzo pacchetto di aiuti?

Folkerts-Landau: Se si vuole mantenere l'Euro nella sua forma attuale, allora la risposta è si'. Le condizioni imposte dalla troika in Grecia sono già al limite di ciò che può essere politicamente realizzabile. La domanda difficile è: questo finanziamento quale forma deve assumere? Nuovi crediti oppure un altro taglio del debito, al quale anche i creditori pubblici dovranno prendere parte.

FAZ: Ma il governo federale è fortemente contrario, perché i contribuenti percepiranno per la prima volta delle forti perdite...

Folkerts-Landau: Allora sarà necessario mettere a disposizione nuovi crediti in breve tempo.

FAZ: L'economia greca si contrae ormai da anni, quanto durerà ancora la recessione?

Folkerts-Landau: La crescita in un paese con una grande economia sommersa non è facile da rilevare da un punto di vista statistico. La recessione dell'economia ufficiale potrebbe andare avanti ancora 3 o 4 anni. Ma questa non è una misura corretta, perché il settore sommerso è ormai già molto grande.

FAZ: Oltre alla Grecia, quali sono gli altri casi problematici in Europa?

Folkerts-Landau: Non si tratta di paesi singoli, si tratta piuttosto di un approccio globale. Il programma BCE di acquisto dei titoli è pronto ad entrare in funzione, ma il successo non è garantito. Al momento abbiamo una situazione con tassi estremamente bassi in America e Germania. Una ulteriore espansione della quantità di moneta non stimolerebbe la domanda. Nella maggior parte dei paesi industrializzati abbiamo ancora dei deficit molto alti ed un livello di indebitamento molto elevato. Nella migliore delle ipotesi in Europa nei prossimi 5 anni avremo un tasso di crescita molto basso, mentre le principali economie emergenti, senza troppi debiti, se la passeranno molto meglio.

FAZ: L'unione monetaria diverrà una permanente unione di trasferimento?

Folkerts-Landau: Ci sono 3 possibilità per risolvere la crisi, nata dalla diversa competitività e da un livello troppo alto di debiti. Primo: un'inflazione  piu' alta in Germania rispetto  agli altri paesi, per eliminare o ridurre le differenze di competitività. Secondo: trasferimenti, sia attraverso l'ESM, o i fondi strutturali EU o attraverso una ulteriore socializzazione degli obblighi degli stati, come ad esempio la ricapitalizzazione diretta delle banche spagnole. Terzo: riforme strutturali radicali nei paesi in crisi. Io ritengo che alla fine avremo una combinazione delle tre misure. Ma alla fine non potremo evitare una unione di trasferimento diretta o indiretta, se vogliamo tenere insieme l'Eurozona. Le persistenti differenze di competitività sono semplicemente troppo grandi.

martedì 29 maggio 2012

I rischi spagnoli delle banche tedesche

Faz.de (Frankfurter Allgemeine Zeitung) ci dà i numeri sull'esposizione bancaria tedesca verso la Spagna. 112 miliardi sono ancora nel paese iberico, ma il disimpegno è in corso. Cosa sarebbe successo a questi crediti se la BCE non avesse fornito liquidità illimitata?
Dopo lo scoppio della bolla immobiliare le banche tedesche hanno ridotto la loro esposizione in Spagna, hanno ancora tuttavia 112 miliardi di Euro al fuoco. I prestiti piu' grandi li ha fatti la Deutsche Bank. Anche lo stato federale tedesco sarebbe colpito dalla crisi spagnola

Il presidente dell'Associazione delle banche tedesche  (BDB), Andreaz Schmitz parla di un'esposizione significativa delle banche tedesche in Spagna. I dati appena pubblicati della Bundesbank, tuttavia, mostrano che il termine significativo è un po' riduttivo. Alla fine di febbraio le banche tedesche avevano un'esposizione verso la Spagna per 112 miliardi di Euro. E' il volume di credito piu' alto che le banche tedesche hanno verso un paese europeo in crisi. In Italia sono 100 miliardi di Euro, in Irlanda 71 miliardi, in Portogallo e Grecia 22 miliardi ciascuno. Nell'unione monetaria il settore bancario tedesco è esposto per una cifra maggiore solo verso la Francia (146 miliardi di Euro), e verso l'Olanda (121 miliardi di Euro).

Dopo lo scoppio della bolla e l'escalation della crisi, le banche tedesche hanno fatto rientrare parte dei loro capitali dalla Spagna. Nei 12 mesi precedenti al febbraio 2012 il rischio è stato ridotto del 14%.  I crediti verso le banche spagnole sono stati ridotti del 19%, fino a 42 miliardi, quelli verso le imprese del 9.5% fino a 52 miliardi di Euro, e nei confronti del settore pubblico del 15 % fino a 18 miliardi di Euro. Il valore dei crediti immobiliari, quelli piu' a rischio, non è individuabile dai dati della Bundesbank. Dovrebbero tuttavia entrare nel settore dei crediti alle imprese. 

A fine marzo la Commerzbank ha dichiarato di avere 4 miliardi di crediti verso il settore immobiliare spagnolo. Questo è il volume piu' alto conosciuto per una banca tedesca. Motivo di preoccupazione per Commerzbank è la controllata Eurohypo, concentrata sul finanziamento immobiliare e statale. Nel complesso la Commerzbank ha concesso in Spagna crediti per 14.2 miliardi di Euro. Di questi 4.4 miliardi alle banche, 2.9 miliardi allo stato e 3 miliardi alle imprese. 

I crediti piu' rilevanti verso la Spagna li ha Deutsche Bank (DB). Il volume a fine marzo era pari a 29 miliardi di Euro. Da sola Deutsche Bank ha prestato 11.4 miliardi di Euro a privati cittadini. A causa della recesione e dell'alta disoccupazione la banca dovrà fare i conti con probabili perdite. Anche nei confronti delle banche, con 6.4 miliardi DB è l'istituto tedesco con la maggiore esposizione; verso le imprese spagnole ha 9.7 miliardi di crediti, e nei confronti dello stato 1.4 miliardi. Queste sono tuttavia cifre lorde. Attraverso garanzie, assicurazioni e coperture, il rischio spagnolo si riduce da 29 a 14 miliardi di Euro. Vistosa è la riduzione del rischio verso le persone private, che passa da 11.4 miliardi a 1.9 miliardi di Euro.

Anche lo stato tedesco potrebbe essere coinvolto dalla crisi spagnola. Il fondo per lo sviluppo della nazionalizzata Hypo Real Estate, la FMS Wertmanagement, a fine giugno 2011 aveva verso la Spagna crediti per 11 miliardi di Euro. Il maggiore importo è  per 9.9 miliardi di Euro verso il settore pubblico. I finanziamenti verso il settore immobiliare ammontano a 900 milioni di Euro. Per i rischi della FMS Wertmanagement garantisce il fondo statale per il salvataggio bancario Soffin.

La terza banca tedesca, la DZ Bank, alla fine del 2011 aveva crediti verso la Spagna pari a 7.6 miliardi di Euro. Le obbligazioni rappresentavano la parte principale, con una somma pari a 7.1 miliardi. 3.1 miliardi di Euro sono verso il settore pubblico, e 4 miliardi verso le imprese o le banche. La Landesbank Baden-Württemberg (LBBW) all'inizio del 2011 aveva un impegno verso la Spagna per 5.9 miliardi di Euro, 2.6 di questi verso le banche.