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martedì 28 aprile 2020

Daniel Stelter - Una patrimoniale del 20% sulle famiglie italiane!

Daniel Stelter è un economista tedesco che in questi giorni sta facendo il giro della stampa per ribadire la sua opposizione agli eurobond e soprattutto per spiegare ai tedeschi che gli italiani si possono e si devono salvare da soli applicando una tassa patrimoniale straordinaria del 20% sui beni delle "ricche" famiglie dello stivale. Secondo Stelter sarebbe impensabile chiedere alle "povere" famiglie tedesche di trasferire altre risorse verso l'Italia, un paese in cui la ricchezza privata delle famiglie, secondo l'autore, è decisamente piu'  alta. Ne scrive Daniel Stelter su Focus.de


Nell'intervista alla "Süddeutsche Zeitung" di lunedì scorso, il Presidente del consiglio italiano Giuseppe Conte ha criticato la posizione dei governi di Germania e Olanda. La loro prospettiva "deve cambiare". In questa crisi è necessaria la solidarietà europea e per questo è arrivato il momento di emettere delle obbligazioni comuni.

A parte il fatto che preferirei aiutare l'Italia in maniera intelligente e per farlo sarebbe meglio mobilitare i nostri crediti TARGET-2 in costante crescita, anche se ad un certo punto si pone il tema della giustizia. Non solo le famiglie italiane, secondo tutti i dati disponibili, sono significativamente più ricche di quelle tedesche, ma sono anche meno indebitate.

Lo scorso fine settimana, pertanto, su Twitter ho sottolineato che l'Italia potrebbe risolvere da sola il problema del suo debito pubblico. Un prelievo una tantum del 20 % del patrimonio sarebbe sufficiente per ridurre il debito pubblico italiano del 100 % del PIL, portandolo ad un livello inferiore rispetto a quello tedesco. Anche dopo un simile taglio, infatti, le famiglie italiane avrebbero ancora un patrimonio superiore rispetto a quello delle famiglie tedesche.

Questa tesi tuttavia ha scatenato una accesa discussione che è culminata con la dichiarazione di un importante economista tedesco secondo il quale si tratterebbe di un calcolo non credibile, che avrebbe inevitabilmente portato a una grave depressione in Italia. Motivo per cui non si tratterebbe di un'opzione praticabile e per questa ragione è necessario aiutare l'Italia mediante l'emissione di obbligazioni comuni.



Un motivo sufficiente per farmi dare un'occhiata più da vicino ai numeri. Perché se si respinge con veemenza una tassazione della ricchezza privata nel paese che chiede solidarietà, e allo stesso tempo non si riscontrano problemi nell'imporre oneri aggiuntivi ai contribuenti di un altro paese, allora deve essere qualcosa davvero impossibile.

Ma in realtà le cose stanno diversamente.

Il punto di partenza per le mie considerazioni sono i seguenti fatti (tutti numeri arrotondati):

- Gli italiani hanno un patrimonio privato di 9.900 miliardi di euro.

- Il debito dello stato italiano è di 2.500 miliardi di euro.

- Il PIL italiano prima del Covid era di 1.800 miliardi di euro.

- Una tassa del 20% sulla ricchezza privata porterebbe 1.980 miliardi di euro: lo stato resterebbe quindi con un debito di 520 miliardi di euro, che corrispondono a meno del 30% del PIL. Se si volesse ridurre il debito al 60 % del PIL, sarebbe sufficiente una tassa del 14 % sulla ricchezza privata.

Poiché questo calcolo approssimativo ha incontrato diverse critiche, esaminiamo più da vicino i dati. La tabella fornisce una panoramica dei livelli di debito dei vari settori - governo, società non finanziarie e famiglie - in percentuale rispetto al prodotto interno lordo dei rispettivi paesi:



Questi dati sono estremamente interessanti:

- La Francia è in testa nella classifica del debito, con il 316,8 % di debito non finanziario rispetto al PIL. Nessuno dovrebbe quindi sorprendersi del fatto che sia proprio la Francia ad attribuire così tanto valore alle obbligazioni comuni a livello di eurozona

- I Paesi Bassi hanno il piu' basso livello di debito pubblico, ma un livello molto elevato di debito privato.

- In nessun altro paese il settore privato è così poco indebitato come lo è in Italia! In nessun altro paese le famiglie sono così poco indebitate, e solo in Germania le società hanno meno debiti in rapporto al PIL.

Quindi è ovvio - come del resto ho fatto io - chiedersi perché l'Italia non si aiuti da sola. E' evidente che non si tratta di un problema di debito eccessivo, ma di un'errata distribuzione tra il settore statale e quello privato. Se il governo italiano trasferisse parte del proprio debito verso il settore privato, questo sarebbe comunque meno indebitato rispetto al settore privato della maggior parte degli altri paesi.

Quindi sicuramente non è una questione di numeri. Per questo i critici avanzano l'ipotesi secondo la quale non lo si potrebbe fare perché andrebbe a gravare in maniera eccessiva sul settore privato.

L'alternativa sostenuta dai miei critici è che gli altri paesi dell'UE - soprattutto la Germania - si facciano carico dei debiti. Ma questo non sarebbe altro che un rimborso basato sulla forza economica, motivo per cui questa idea mi soddisfa solo in misura molto limitata. Come ho sottolineato più volte, anche qui, sono favorevole ad aiutare l'Italia. Ma il paese dovrebbe e potrebbe fare qualcosa per se stesso.

Non è solo teoria

È molto facile applicare un prelievo una tantum sui patrimoni. Secondo i dati del Credit Suisse, le famiglie italiane, se rapporatata al PIL, hanno la più grande ricchezza privata fra i paesi europei.

Banca d'Italia riferisce regolarmente sullo sviluppo della ricchezza privata.

Nel 2017 erano 9.743 miliardi e queste erano le posizioni più importanti (in miliardi ciascuna):

Immobiliare residenziale: 5.247

Contanti / depositi bancari: 1.361

Azioni: 1,038

Assicurazioni/pensioni: 995

Immobili commerciali: 679

Fondi di investimento: 524

Obbligazioni: 314

Per inciso, le famiglie italiane detengono direttamente solo 100 miliardi di titoli di stato. I principali creditori sono le banche e gli istituti esteri e - ovviamente - la BCE. Una tassazione della ricchezza non sarebbe quindi un taglio del debito, come ha notato un altro critico delle mie considerazioni sull'imposta patrimoniale italiana.

Continuiamo con il calcolo: supponiamo che lo stato italiano voglia organizzare una ripartenza dell'economia e quindi ridurre drasticamente il suo debito del 100 percento del PIL, come da me ipotizzato. Sarebbero 1.800 miliardi di euro, vale a dire circa il 18,5 % della ricchezza delle famiglie italiane. Supponiamo che ci sia un'area non tassabile per proteggere i patrimoni più piccoli, alla fine potrebbe corrispondere a circa il 25%.

Supponiamo una riduzione del debito più moderata e pari al 50 % - un passo che ridurrebbe il debito pubblico italiano al di sotto del livello della maggior parte dei paesi dell'area dell'euro - si tratterebbe comunque del 12,5 % di tutti i patrimoni. Per inciso, il sistema di condivisione degli oneri introdotto in Germania dopo la seconda guerra mondiale riguardava il 50 % dei patrimoni censiti e doveva essere versato in 120 rate trimestrali.

I beni degli italiani sono nel settore immobiliare

Evidentemente gli italiani non hanno così tanti soldi liquidi. Ciò riflette una migliore gestione degli investimenti rispetto a noi tedeschi. Il settore immobiliare è la componente patrimoniale più importante. Dall'altro lato, il debito è molto basso. Gli italiani potrebbero facilmente prendere in prestito i soldi necessari per pagare le tasse. Se supponiamo che i titolari di liquidità e mezzi equivalenti effettuino il pagamento direttamente dalle loro disponibilità, e che in questo modo siano investiti soprattutto i patrimoni più piccoli - e quindi si applichi il limite per l'esenzione dalla tassazione - ciò comporterebbe già un gettito di 300 Miliardi di euro (ipotizzando un tasso del 10 percento). I restanti 1.500 miliardi di euro nello scenario massimo corrisponderebbero a circa il 25 % delle attività immobiliari italiane.

Lo stato italiano potrebbe quindi partecipare a tutte le proprietà immobiliari e imporre una tassa su di esse

Già nel 2017, il think tank francese France Stratégie aveva suggerito che lo stato sarebbe dovuto diventare comproprietario di tutte le proprietà e in cambio imporre una tassa annuale. Se il proprietario non vuole o non può pagare annualmente, lo sconto viene detratto in caso di vendita o di successione ereditaria. Il governo francese aveva preso le distanze dalla proposta. Ma ciò non cambia il fatto che gli stati possano avvalersi di questa opzione in caso di difficoltà finanziarie.

Nel caso specifico dell'Italia, per lo Stato sarebbe sensato imporre delle ipoteche obbligatorie sugli immobili. I pagamenti andrebbero direttamente allo Stato e il rimborso avverrebbe nel periodo di tempo piu' lungo possibile, ad esempio piu' di 30 anni, come accadeva nel sistema di condivisione degli oneri tedesco, e considerando la politica monetaria della BCE, a tassi molto favorevoli.

L'Italia potrebbe persino ridurre il proprio debito

Se assumiamo un volume di 1.500 miliardi di euro, ciò corrisponderebbe a un onere annuale per le famiglie di 67 miliardi di euro con un interesse del 2 % e una durata di trenta anni. Si tratterebbe circa del 3,5 % della produzione economica annuale. Se il governo si accontentasse di un onere inferiore rispetto allo scenario massimo, parleremmo allora di un onere annuale di circa l'uno per cento del PIL.

In cambio, il governo italiano una volta ridotto il debito potrebbe abbassare significativamente tutte le altre tasse e imposte. Non sarebbe più necessario avere ogni anno un cosiddetto avanzo primario, vale a dire un avanzo di bilancio prima del pagamento degli interessi. Lo stato lascerebbe libere le forze che contribuiscono alla crescita del paese, invece di rallentarle, come ha fatto negli ultimi anni. In questo modo l'Italia avrebbe finalmente la possibilità di superare la stagnazione degli ultimi 20 anni.


Aiutiamo l'Italia a cogliere questa opportunità!

Cosa impedisce di suggerire agli italiani di risolvere i loro problemi in questo modo? Sarebbe la chiave di volta per una ripresa economica. Chi invece fa affidamento sulle famiglie tedesche, decisamente più povere, per ridurre l'onere debitorio degli italiani - in qualsiasi modo lo si voglia impacchettare o nascondere - non solo sta dando una mano alle forze euro-critiche del nostro paese, ma sta anche negando all'Italia un'opportunità unica!

Non sarebbe certo un salvataggio del progetto UE o dell'euro. L'amicizia non la si può comprare. E alla luce della dura discussione attualmente in corso in Europa, ogni giorno possiamo sperimentare quanto questo detto sia vero. Se gli economisti e i politici locali pensano che la soluzione consista nello spostare altre risorse verso le famiglie più ricche  d'Europa, stanno sopravvalutando le prestazioni dell'economia tedesca. Dati i cambiamenti demografici, i cambiamenti strutturali e lo sviluppo deludente della produttività, ci aspettano degli anni alquanto difficili.

La Germania pertanto, come ho scritto nel mio appello pubblicato su queste pagine due settimane fa, dovrebbe contribuire in particolare con degli investimenti diretti e dei prestiti mirati a sostegno del sistema sanitario. In cambio, dovremmo tuttavia sollecitare una partecipazione del settore privato italiano.

A proposito: anche Spagna, Portogallo, Belgio e persino la Francia potrebbero aiutarsi da soli, come mostrano i numeri.

venerdì 18 maggio 2018

Clemens Fuest: "1.000 euro a testa"

Anche Focus.de non poteva astenersi dal commentare le nuove proposte in arrivo dall'Italia scomodando addirittura il presidente dell'Ifo Institute di Monaco, Clemens Fuest, il quale ha già fatto i calcoli e quindi spiega ai lettori che gli italiani vorrebbero scaricare 1.000 euro di debito non onorato su ogni singolo tedesco: la crisi spiegata all'uomo della strada. Da Focus.de




Fuest ha dei dubbi sulle competenze economiche della coalizione

Gli economisti sono indignati. Clemens Fuest, presidente dell'Istituto Ifo di Monaco, non ha nessuna considerazione del piano: "la richiesta italiana mina le fondamenta dell'unione monetaria", dice Fuest a Focus Online. Non è accettabile "che i singoli paesi vogliano mettere le mani nelle tasche dei contribuenti degli altri paesi".

Fuest, considerato uno degli economisti tedeschi piu' famosi e rinomati, mette in discussione le competenze economiche dei politici italiani: la richiesta "di una cancellazione del debito detenuto dalla BCE è un'assurdità".

5 Stelle e Lega Nord pretendono infatti la cancellazione delle obbligazioni italiane acquistate dalla BCE. "In tal modo trascurano il fatto che eventuali perdite derivanti dall'acquisto dei titoli di stato nazionali sarebbero sopportate dalle rispettive banche centrali", chiarisce Fuest, "in questo caso da Banca d'Italia, che appartiene al governo italiano".

Gli altri stati della zona euro devono essero d'accordo

Il presidente Ifo chiarisce come dovrebbe essere in realtà la procedura per la riduzione del debito richiesta dall'Italia: "per avere un reale margine di manovra finanziario, gli altri stati membri dovrebbero dichiararsi disponibili a farsi carico del debito italiano".

Se infatti si dovesse arrivare al punto in cui gli altri stati UE devono farsi completamente carico delle perdite della BCE, il conto per il contribuente tedesco sarebbe scandalosamente alto: "se i costi fossero distribuiti proporzionalmente alla forza economica dei paesi, la Germania dovrebbe pagarne il 34%, vale a dire 86 miliardi di euro", calcola Fuest.

Sarebbero piu' di 1.000 euro a testa per ogni cittadino tedesco. Questo dovrebbe essere sufficiente a chiarire che il governo federale tedesco non accetterà mai un cosi' pessimo affare.


mercoledì 28 marzo 2018

Thilo Sarrazin: il miglior consiglio per gli italiani è quello di uscire dall'euro

Thilo Sarrazin è un ex dirigente della SPD, è stato nel board della Bundesbank e parlamentare della città di Berlino. Intervistato sulla moneta unica da Focus ha un consiglio da dare agli italiani: per voi sarebbe molto meglio uscire dall'euro. La stampa popolare tedesca continua con una narrazione dell'eurocrisi fondata su pregiudizi e cliché: il tentativo dei sud-europei di impossessarsi dei risparmi tedeschi per poter continuare a vivere al di sopra dei propri mezzi, ovviamente a spese dei contribuenti del nord. Da Focus.de 


Focus: in Italia gli euroscettici recentemente hanno ottenuto quasi il 50% dei voti. L'euro ha ancora un significato?

Sarrazin: mi lasci rispondere. L'euro ha tre funzioni. Primo: è una valuta, con la quale paghiamo. Secondo: molti hanno sperato che con l'euro le condizioni economiche generali sarebbero migliorate. Ma non è andata cosi'. E terzo, l'euro è il veicolo per l'integrazione europea. Tuttavia anche in questo compito è fallito, è accaduto esattamente il contrario.

Focus: cio' ha a che fare anche con le differenze culturali fra i paesi?

Sarrazin: abbastanza, noi tedeschi abbiamo fiducia nelle nostre istituzioni e abbiamo una avversione storica nei confronti del debito e dell'inflazione. I paesi del sud sono meno disposti a scendere a compromessi e guardano di più' ai loro interessi. Questo è il motivo per cui esiste un altro approccio verso i conflitti politici, la cui soluzione spesso tende ad essere procrastinata.

Focus: che cosa significa concretamente?

Sarrazin: se non si riesce a trovare un accordo sulla politica di bilancio e sui tagli alle spese o sull'aumento delle tasse, allora si finisce per fare piu' debito. Questa fino ad ora è stata la via italiana. Per questo l'Italia fin dalla seconda guerra mondiale ha avuto un'inflazione piu' alta e ha fatto piu' debiti della Germania. In passato non era un problema, ma ora abbiamo una moneta comune che richiede una certa disciplina di bilancio.

Focus: che non c'è...

Sarrazin: ....e questo è diventato il modo italiano per risolvere i problemi.  I partiti che hanno vinto le ultime elezioni sono quelli che dicono: non ne vogliamo piu' sapere dei diktat finanziari tedeschi. Che si può' anche tradurre cosi': ci piace avere l'euro per comprare auto tedesche a buon mercato, ma non abbiamo nessuna voglia di rispettare le regole sul debito. Inoltre, non possono piu' svalutare la loro valuta per vendere ad un prezzo piu' competitivo i loro prodotti. Tutto cio' in Italia sta producendo grande frustrazione.

Focus: l'economista Heiner Flassbeck sostiene che la Germania nell'ambito dell'eurozona stia praticando un damping valutario, perché l'euro per la Germania è una moneta troppo debole.

Sarrazin: Flassbeck in parte ha ragione. L'euro è davvero troppo debole per noi. In realtà stiamo vendendo i nostri beni ad un prezzo troppo basso, e in questo modo rinunciamo ad una parte della nostra prosperità. Potremmo chiedere molto di piu' per i nostri prodotti. Ma Flassbeck ha anche torto perché da quando c'è l'euro la quota del commercio estero con i paesi dell'euro è diminuita costantemente. Il commercio con i paesi non-euro sta crescendo in maniera decisamente piu' forte.

Focus: perché è così?

Sarrazin: se l'economia in paesi come Francia e Italia non cresce, ovviamente non aumenta nemmeno il potere d'acquisto di quei paesi. L'euro ha influenzato negativamente la crescita nell'Europa meridionale, mentre nell'Europa del nord non ha avuto un effetto positivo.

Focus: ma se la Germania uscisse dall'euro avremmo un D-Mark decisamente piu' forte.

Sarrazin: non ho chiesto che sia la Germania ad uscire dall'euro. Ma alcuni paesi dell'europa del sud starebbero sicuramente meglio senza l'euro. Dobbiamo tornare alle regole del Trattato di Maastricht. E in quei trattati non vi è alcuna indicazione che la Germania debba garantire per i buchi di bilancio dei paesi economicamente piu' deboli. L'unione monetaria non dovrebbe essere una unione dei debiti.

Focus: in realtà è cio' che sta accadendo. Ci puo' spiegare nuovamente perché il denaro tedesco è sul fuoco?

Sarrazin: ci sono diversi meccanismi, in totale ce ne sono cinque, se si include il bilancio UE. La cosa peggiore è: io temo che la maggior parte degli economisti non abbia ancora compreso tutti i meccanismi.

Focus: proviamoci ancora una volta

Sarrazin: inizio dai saldi Target. Gli stati hanno due opzioni per finanziare i disavanzi delle partite correnti. Da un lato con il debito, dall'altro con il sistema Target-2. La BCE permette la creazione di enormi saldi negativi per i singoli stati, come se si trattasse di una linea di credito. Alla fine si tratta di paesi che come l'Italia e la Grecia sono indebitati con la BCE. Dietro però ci sono i crediti dei paesi che nel sistema sono dei pagatori, come la Germania.

Focus: come si è arrivati a questa situazione?

Sarrazin: l'unione monetaria è nata con l'idea che doveva esistere una moneta comune, ma nessun sistema di responsabilità comune. Questo approccio è venuto meno con il salvataggio della Grecia nel 2010. Da allora abbiamo una unione di responsabilità, ad esempio con il sistema Target 2 oppure con il meccanismo europeo di stabilità (ESM)

Focus: ... il fondo europeo di salvataggio per gli stati in difficoltà.

Sarrazin: giusto, e in quel fondo - come lei sa, la Germania è il maggiore contribuente netto. In casi estremi si potrebbe arrivare a 190 miliardi di euro per la Germania.

Focus: la richiesta di un sistema europeo di garanzia dei depositi si fa sempre piu' forte: che cosa significa per il risparmiatore tedesco?

Sarrazin: un'assicurazione europea sui depositi è un altro passo verso questa unione basata sulla messa in comune del debito. Quando si parla di assicurazione sui depositi, si tratta di garantire che i depositi dei clienti siano protetti nel caso in cui la banca fallisca. Abbiamo tre sistemi di garanzia dei depositi in Germania: per le banche private, per le casse di risparmio e per le Volks- e Raiffeisenbanken. E se questi sistemi non dovessero essere sufficienti,interviene lo stato, come è accaduto nel 2008...

...un'assicurazione sui depositi è una messa in comune delle garanzie. Tutte le banche che fanno parte dell'assicurazione garantiscono per una singola banca. Ora molti paesi del sud e dell'Europa dell'ovest, che vogliono portare avanti l'unione monetaria, vorrebbero creare un sistema di responsabilità comune per tutte le banche europee.

Focus: alcune banche in Europa pero' stanno già traballando, specialmente in Italia

Sarrazin: in Spagna, Francia e nella Repubblica Federale, le banche sono sostanzialmente stabili. Sono alquanto instabili in Grecia ma anche in Italia. Le banche italiane, in particolare, nei loro bilanci hanno ancora molti crediti inesigibili.

Focus: l'economista  Markus Krall  ha recentemente parlato di "un oleodotto" che va dalla Germania alla Sicilia

Sarrazin: me lo lasci dire. Vengono create delle condutture affinché i paesi del sud possano continuare a spillare denaro. Si tratta dei saldi Target, del meccanismo europeo di stabilità (ESM), come di una possibile unione basata sulla responsabilità comune. Solo la semplice esistenza di una condotta non significa necessariamente che in quella tubatura scorra del denaro.

Focus: ma questo è esattamente il motivo per cui la condotta è stata creata.

Sarrazin: corretto. Cio' significa: quante piu' tubature ci sono, maggiore sarà il rischio che in una seduta notturna a Bruxelles si decida che di fatto dovranno effettivamente scorrere soldi. Per questa ragione io dico: quante meno tubature possibile!

Focus: ecco lo scenario: diciamo che i tassi di interesse della zona euro aumentano e che i costi per il servizio del debito per i paesi indebitati stanno aumentando. A un certo punto queste condutture vengono aperte, e noi tedeschi dobbiamo pagare. Giusto?

Sarrazin: sì è giusto. Lasciatemi dire qualcosa sulla politica dei tassi di interesse. Abbiamo ancora dei tassi di interesse estremamente bassi. Se sei un risparmiatore, allora sai cosa cio' significa per i tuoi risparmi.

Focus: sfortunatamente, niente di buono per i risparmiatori tedeschi.

Sarrazin: questa politica dei tassi di interesse non è stata fatta secondo gli standard e le necessità tedesche. Considerando la forza dell'economia tedesca, anche un tasso di interesse del tre, quattro o cinque per cento sarebbe assolutamente accettabile. Anche se i bilanci pubblici dovessero pagare più interessi, sarebbe comunque fattibile. I tassi di interesse sono mantenuti artificialmente bassi dalla BCE.

Focus: parlando di lavoro, fortunatamente, in Germania abbiamo un tasso di disoccupazione relativamente basso. Le cose vanno diversamente in altri paesi come ad esempio in Spagna. Alcuni economisti stanno già mettendo in guardia contro la sicurezza sociale europea. Sarebbe una conduttura in piu'?

Sarrazin: è vero, nel peggiore dei casi potremmo quindi trovarci a finanziare i disoccupati nei paesi del sud.

Focus: quindi ancora denaro tedesco che deve servire per risolvere i problemi degli altri?

Sarrazin: è sicuramente intenzione degli europei del sud ottenere più denaro possibile dalla Germania e in generale dal Nord Europa. La domanda è come dobbiamo gestire la situazione.

Focus: come la gestiamo?

Sarrazin: non facciamo abbastanza resistenza. Una delle scelte piu' infelici di Martin Schulz è stata quella di dare l'impressione che fosse compito della Germania lasciare che gli stati indebitati si rifornissero con il denaro tedesco. Questo non puo' e non deve accadere.

Focus: accadrà?

Sarrazin: io faccio la seguente previsione. A livello europeo continueremo a prendere iniziative che vanno nella direzione sbagliata. Questi passi saranno troppo piccoli per risolvere i problemi in Spagna, Francia, Italia & Co. Ma sufficientemente grandi da causare rabbia e instabilità in Germania. Per questa ragione la frustrazione sta crescendo, su entrambi i fronti

Focus: quali saranno le conseguenze?

Sarrazin: in Germania, la moneta comune, l'euro, sta diventando sempre più impopolare. E nei paesi del sud stanno crescendo le forze che sono contrarie ad una ulteriore integrazione europea.

Focus: non dovremmo forse preferire un finale con l'orrore rispetto ad un orrore senza fine e lasciare che l'euro imploda?

Sarrazin: io piuttosto mi auspico che si possa tornare ai principi originari che furono concordati all'inizio. Il vecchio principio diceva: abbiamo una moneta comune, ma delle casse nettamente separate, e ognuno si occupa dei propri debiti.

Focus: che cosa accade se ipotesi simili venissero portate alle estreme conseguenze?

Sarrazin: se i mercati sapessero che ad esempio gli italiani devono pagare tutti i loro debiti da soli, i tassi per gli italiani salirebbero sicuramente. Questo significa: gli italiani devono pensare seriamente al loro futuro. Se vogliono mantenere l'euro, devono iniziare a risparmiare sul serio. Ma se non vogliono risparmiare, allora staranno meglio con la loro valuta.

Focus: ma è del tutto irrealistico che Italia & Co. in futuro possano garantire da soli per i propri debiti. 

Sarrazin: anche io sono scettico, perché il ministro delle finanze italiano in realtà dovrebbe preoccuparsi di come tenere sotto controllo il suo debito e di come far ripartire economicamente il suo paese. Non mi pare stia accadendo. Piuttosto si preferisce inveire contro la politica di austerità tedesca.

Focus: e la Francia?

Sarrazin: i francesi sicuramente finiranno per arrabbiarsi con i tedeschi, ma pensano ancora secondo categorie come quelle del prestigio. Non sarebbe certamente compatibile con il loro orgoglio nazionale accettare di essere troppo deboli per l'euro.

Focus: che dire dell'Italia?

Sarrazin: il miglior consiglio che si puo' dare agli italiani è quello di uscire

Focus: ci possiamo permettere di liberare l'Italia dall'euro?

Sarrazin: potrebbe diventare costoso: probabilmente dovremmo rinunciare a tutti i crediti nei confronti dell'Italia.

Focus: quanti soldi ci sono in ballo per il contribuente tedesco?

Sarrazin: potremmo perdere centinaia di miliardi di euro

Focus: che cosa significa?

Sarrazin: che il treno dell'integrazione europea deve essere fermato

Focus: in Germania, AfD sta lavorando duramente per fermare l'integrazione europea. Questo partito è cresciuto molto negli ultimi anni. Cosa ne pensa: AfD sarebbe diventata così forte se la SPD avesse ascoltato di più le tesi dei suoi libri come "Europa braucht den Euro nicht"  oppure "Deutschland schafft sich ab“?

Sarrazin: certo, penso che cio' che ho scritto nel 2010 sull'islam, l'immigrazione e sui nostri problemi demografici fosse giusto. La SPD ma anche la CDU/CSU all'epoca hanno perso l'opportunità di affrontare questi problemi in maniera ragionevole. E quando i temi non trovano una rappresentanza politica, allora saranno gli altri ad occuparsi di questi problemi. AfD non esisteva nemmeno quando uscì il libro. E anche se AfD certamente su molte cose sbaglia, ciò non cambia il fatto che in Germania abbiamo ancora molti problemi irrisolti. 

mercoledì 19 ottobre 2016

Hans Werner Sinn: il difficile giugno tedesco

H. W. Sinn anticipa su Focus.de i contenuti del suo nuovo libro: giugno 2016 un mese decisivo per il futuro della Germania e dell'Europa. 

Brexit, ondata di profughi, Euro-disastro - il progetto europeo sta fallendo? Considerando il sempre maggiore numero di crisi non lo si puo' escludere.

E' accaduto intorno al solstizio del 2016. Dovrebbero essere i giorni piu' luminosi dell'anno, ma in realtà sono stati i piu' bui. Il 23 giugno la Gran Bretagna ha espresso il suo voto di sfiducia nei confronti dell'UE e ha deciso di uscirne. Invece del tanto temuto Grexit - che per il bene della Grecia e dell'Europa sarebbe stato meglio ci fosse stato - ora si sta preparando il Brexit. E questo è accaduto anche perché i britannici, in considerazione della grande ondata di profughi che ha invaso l'Europa, sono giunti alla conclusione che l'Europa ha perso il controllo della situazione.

Difficile da credere: la Cancelliera ha combattuto per tenere la Grecia nell'Euro e ha dovuto perfino fermare il suo Ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble, che invece era per la Grexit. L'uscita della Gran Bretagna, che in termini economici equivale all'uscita dei 20 membri piu' piccoli dell'UE, invece viene vissuta come se in fondo non riguardasse la Germania. Ora la Cancelliera è in difficoltà sui migranti e aspetta invano che gli altri paesi se ne prendano almeno una parte. La sua fortuna è stata che la recinzione macedone, almeno per ora, ha fermato l'ondata.

E solo 2 giorni prima del voto sul Brexit, il 21 di giugno, è successo qualcosa che per il futuro della Germania sarà molto problematico: la Corte Costituzionale tedesca con il suo cosiddetto "giudizio OMT" si è sottomessa alle politiche di salvataggio della BCE e al pieno sostegno che queste hanno ricevuto dalla Corte di Giustizia europea.

Anche su questo voto la politica tedesca ha preferito non commentare. Sembra che preferiscano mantenere il silenzio sul tema. I giudici di Karlsruhe con la loro sentenza hanno di fatto dato il via libera ad una politica di messa in comune delle garanzie sui debiti, perché è proprio questo il significato del "whatever it takes" che la BCE sotto la guida di Mario Draghi nel 2012 ha annunciato con il nome tecnico di Outright Monetary Transaction (OMT). I beneficiari di questa politica sono prima di tutto i paesi del sud in crisi e la Francia,  gli ufficiali pagatori sono i paesi del nord ancora economicamente in salute, prima fra tutti la Germania. 

La Corte Costituzionale tedesca, 2 anni dopo la decisione sull'OMT, aveva accusato le autorità monetarie europee di aver oltrepassato il loro mandato e in questo contesto aveva parlato di "usurpazione di potere". In una svolta senza precedenti tuttavia ora la Corte Costituzionale scrive nel suo giudizio che è possibile accettare la sentenza della Corte di Giustizia secondo la quale il programma OMT della BCE è compatibile con il diritto europeo.

Entrambe le decisioni di mezza estate sono di importanza epocale per il futuro d'Europa e della Germania. Rappresentano una svolta. Soprattutto dal punto di vista tedesco hanno trasformato giugno in un mese molto buio.

La Brexit imminente significa che la Germania perderà nell'UE il suo principale alleato da sempre orientato verso una politica commerciale aperta e fondata sul libero scambio, senza la quale l'economia dell'export tedesca non sarebbe piu' in grado di funzionare. Molto piu' concretamente la Germania perderà, come gli altri paesi orientati al libero scambio, la minoranza di blocco sulle decisioni del Consiglio Europeo.

Insieme alla Gran Bretagna e agli altri paesi della cosiddetta area del Marco, Olanda, Austria e Finlandia, aveva potuto difendere i suoi interessi ed imporre una politica commerciale europea aperta al mondo e al libero scambio. Ora invece è finita. I paesi del Mediterraneo, prima fra tutti la Francia, seguono una politica commerciale protezionista, credono piu nell'intervento dello stato che nel libero gioco delle forze di mercato e faranno di tutto affinché l'Europa cambi direzione sui temi dell'economia e del commercio internazionale. Se i protezionisti riusciranno ad imporsi, il modello di sviluppo tedesco basato sull'export subirà gravi danni.

Inoltre, l'Eurozona, senza il contrappeso britannico, si trasformerà ancora piu' rapidamente in una unione fiscale, come vorrebbero i paesi del sud-Europa e la Francia che in questo modo potrebbero compensare la loro perdita di competitività con i trasferimenti dal Nord. Una unione fiscale non significa solamente che ci sarà un budget europeo comune ed eventualmente un ministro delle finanze unico. Significa anche che dovranno essere definiti dei meccanismi di redistribuzione - da un'assicurazione sui depositi bancari per le banche in difficoltà fino ad un'assicurazione contro la disoccupazione a livello europeo - e cioe' istituzionalizzare, sotto forma di diritto garantito, un meccanismo di compensazione dei redditi e di aiuti per i paesi del sud-Europa che hanno perso la loro competitività.

Trasformare l'Eurozona in una unione fiscale per la Germania non sarà solo costoso. Questo passo è anche problematico perché implicitamente significa che sarà sempre piu' improbabile che i paesi dell'Est, oppure la Svezia, decidano di adottare l'Euro come valuta.

In questo contesto la decisione sull'OMT della Corte Europea e della Corte Costituzionale tedesca è disastrosa, perché una volta per tutte fa chiarezza su quello che la BCE non era riuscita ad ottenere con mezzi legali. La BCE di fatto potrà d'ora in poi acquistare senza limiti i titoli di stato dei paesi in crisi e in questo modo proteggere i loro creditori, come se ci si fosse indebitati con una garanzia comune attraverso gli Eurobond. Gli acquisti spingono verso il basso i tassi di interesse e privano i risparmiatori dei loro guadagni, sebbene gli stessi risparmiatori in qualità di contribuenti e proprietari impliciti della BCE continuino a garantire per le perdite. Cosi' molti paesi della zona Euro sprofonderanno sempre di piu' nel pantano del debito, senza che sia possibile offrire giuridicamente un limite al loro indebitamento.

Senza dubbio l'Europa si trova nella sua piu' grande crisi dalla seconda guerra mondiale. Le sfide che deve affrontare sono enormi, soprattutto l'Euro-disastro, l'ondata di profughi e la Brexit. Il disagio, il risentimento, l'aggressività e la paura crescono in tutta Europa. E naturalmente non sono buoni consiglieri. La rapida crescita dei partiti estremisti con i loro programmi massimalisti fanno intuire ovunque sul continente, con quale velocità cose normali a cui ci siamo abituati come il benessere e la pace possano scomparire rapidamente. La rifondazione dell'Europa deve avere successo. Non abbiamo altra scelta.

domenica 1 dicembre 2013

Jacques Attali: è la Germania il vero malato d'Europa

Il grande economista francese Jacques Attali intervistato dalla stampa tedesca ribadisce  la sua opinione sulla Germania: un paese senza futuro, la bassa natalità è il vostro vero problema. Da Focus.de


Jacques Attali è uno degli economisti piu' influenti in Francia oltreché un grande autore di bestseller (nel complesso piu' di 60 libri), è consigliere del presidente Hollande e in passato lo è stato dei presidenti Francois Mitterrand e Nicolas Sarkozy. Nell'intervista si schiera apertamente fra le fila dei critici verso la Germania, fatto che non getta una luce positiva sulla relazione franco-tedesca.

Focus: I presidenti francesi non sono mai stati particolarmente bravi nel pensare a lungo termine. Il debito record e la mancanza di riforme non ne sono forse una conseguenza?

Attali: Non mi piacciono questo tipo di domande. La Germania in molti ambiti ha una prospettiva di lungo periodo decisamente peggiore rispetto a quella francese. Lo mostra il disastroso sviluppo demografico tedesco.

Focus: In Francia l'economia è di nuovo a un passo dalla recessione, mentre in Germania è tornata la crescita...

Attali: La Francia al contrario della Germania si trova in una buona situazione. Per certi versi è la Germania il vero malato d'Europa...

Focus: Ce lo deve spiegare, perché la Germania sta stabilizzando l'Euro e secondo quasi tutti i criteri economici è messa molto meglio della Francia

Attali: La bassa disoccupazione tedesca è uno scherzo, considerando che in molti sono costretti a lavorare per 5 € lordi l'ora. Il sistema bancario tedesco è in bancarotta, per questo il governo non vuole il controllo di un organismo europeo. La Germania è un paese sempre piu' vecchio con una scuola elementare disastrosa ed una produttività sempre piu' bassa, perché la maggior parte dei prodotti esportati vengono sempre piu' spesso copiati.


Focus: Fatto che pero' non impedisce alla Germania di restare il campione mondiale dell'export.

Attali: Il vostro paesi oggi è obbligato a restare in questa posizione e a risparmiare, per cercare di sopravvivere in futuro. Con un tasso di natalità cosi' basso, il futuro della Germania sarà molto difficile.

Focus: Lei è d'accordo con il suo presidente Francois Hollande sul fatto che la crisi ormai è superata?

Attali: Siamo ancora molto lontani dalla fine della crisi economica internazionale. Io credo che tornerà ad accentuarsi, considerando il pessimo stato dell'economia europea e americana. 

Focus: Monsieur Attali, lei sta tracciando il ritratto di una Germania in grande difficoltà. La Cancelliera Merkel è saldamente al governo ed è rispettata dal popolo. Nel suo paese invece il leader della destra radicale Marine Le Pen è molto piu' popolare del presidente. Come fanno le due cose a stare insieme?

Attali: I numeri sulla popolarità del presidente Hollande non contano. Essere impopolare puo' anche essere il segnale che si sta facendo una buona politica. Guardi cos'è accaduto a Gerhard Schröder dopo aver fatto le riforme: è stato sconfitto alle elezioni. E Hollande ha ancora quattro anni davanti a sé.

Focus: Dopo tutto il 40% dei francesi trova Marine Le Pen simpatica...

Attali: Questo ovviamente è un problema. E' la società nel suo complesso a dover reagire alle parole semplici della destra radicale: "Fuori gli stranieri, fuori dall'Euro!". Non basta condannare questo nemico. Bisogna portare degli argomenti e discuterne. Io paragono la situazione attuale in Francia, in riferimento alla destra radicale, a quella della Germania nel 1933, poco prima che il partito nazista vincesse le elezioni

Focus: Un confronto drammatico, perché la Francia non riesce a fare i conti con l'estrema destra? La destra da decenni alle elezioni raccoglie sempre piu' del 15% dei voti.

Attali: Anche in Germania avete forme di estremismo. Ci sono tendenze simili anche nel partito "Alternative für Deutschland“. Solo che a causa della storia tedesca questi estremismi vengono visti in maniera critica. Il pericolo tuttavia è simile a quello francese. Se una democrazia non si interessa allo sviluppo economico di lungo periodo, saranno gli estremisti ad avere il sopravvento.

giovedì 21 novembre 2013

A Bruxelles va bene solo cio' che danneggia la Germania

La stampa popolare racconta ai tedeschi un'altra versione della crisi: a Bruxelles i "germanoscettici" stanno tramando per danneggiare gli interessi tedeschi. Ai confini del trash. Da Focus.de
Il meglio dell'integrazione europea è alle nostre spalle. Nel presente assistiamo alla rinascita dell'odio dal fantasma della cooperazione fra i popoli. A Bruxelles funziona solo cio' che danneggia la Germania. 

L'idea sembrava buona, ma il mondo non era pronto: chi voleva essere un buon europeo, doveva essere un amico di lunga data dell'Unione Europea. Questa avrebbe dovuto ridare fiducia ad un continente devastato da due guerre mondiali, un futuro di pace e la sensazione di far parte della stessa comunità. Ancora oggi, nessun discorso della domenica puo' fare a meno di queste formule incantatorie. Ma il meglio dell'UE ormai è dietro di noi. Oggi assistiamo alla rinascita dell'odio dal fantasma della cooperazione fra i popoli.

I mediocri si alleano contro i migliori

Naturalmente fra gli stati europei c'è un'ampia solidarietà. I mediocri se la prendono con i piu' bravi, la periferia contro il centro, le norme contro la concorrenza, e poi tutti insieme attaccano i tedeschi. Perché i tedeschi si distinguono economicamente, sono al centro del continente, e si fanno vessare dalle regole appositamente create con l'obiettivo di creare disturbo e fargli pagare il conto finale: questa purtroppo è l'impressione che si ha osservando l'agenda politica.

In Gran Bretagna la ricorrenza della prima guerra mondiale viene utilizzata con tutti i mezzi possibili per ancorare nella memoria il ricordo dei cattivi tedeschi e dei prussiani armati. In una Francia ormai economicamente a terra, piu' passano gli anni piu' ci si inebria con la grandeur passata. L'esplosione di odio contro i tedeschi ad Atene risale a pochi mesi fa. E a Bruxelles invece, apertamente e giorno dopo giorno cresce il gruppo dei germanoscettici.

Per l'Europa è un bene solo cio' che danneggia la Germania?

La recente proposta della Commissione europea di punire la Germania con una multa per i suoi avanzi commerciali, per il suo successo economico, puo' anche essere stata comunicata in maniera maldestra. Ma offre una scuola di pensiero per i comodi burocrati di Bruxelles: per l'Europa va bene solo cio' che danneggia la Germania. Il suggeritore di questa visione del mondo è il premio Nobel per l'economia americano Paul Krugman, che dal New York Times ha lanciato il suo goffo anatema: la Germania "sta spingendo i suoi vicini sul lastrico". Gli avanzi commerciali sono la causa principale delle sofferenze dei paesi in crisi come la Spagna.

Che cosa fare? La Grosse Koalition in arrivo vuole tentare la strada di una negoziazione di basso profilo e lontano dai riflettori. Sorprendentemente nella vicenda NSA si è parlato costantemente di "interessi nazionali" da difendere, incompatibili con lo spionaggio degli Stati Uniti. E' sicuramente vero. Ma sulla vicenda di Bruxelles non c'è alcun politico tedesco che osi parlare ad alta voce di interesse nazionale, tanto meno di rappresentarlo. Inconsapevolmente la generazione politica attuale ha interiorizzato lo strumento con il quale puo' andare avanti l'integrazione europea: le briglie necessarie per tenere a freno il Gulliver tedesco. E cosi' Merkel, Gabriel e Steinmeier non hanno nulla da dire quando Bruxelles rimprovera, minaccia e pretende - e la Germania si adatta.

Solo una saggia politica di difesa dei propri interessi, e un sano egoismo nazionale potrebbero ovviare a questo problema. Alla lunga sarà rispettato solo colui che sarà capace di stare in piedi, e non di cadere mentre va avanti. Visto cosi', il sempre piu' forte sentimento anti-tedesco in alcuni paesi europei è il risultato di politiche sbagliate. Gli anni della troppa spavalderia, del tentativo di imporsi, del voler essere il primo della classe, ora sono diventati l'esatto opposto: una mancanza di assertività e capacità di negoziazione. Le generazioni future ne pagheranno il prezzo.

mercoledì 20 marzo 2013

Italiani, frugatevi le tasche!



La notizia secondo cui il patrimonio degli italiani sarebbe superiore a quello dei tedeschi arriva sulla stampa popolare. Su Focus.de, Uli Dönch chiede agli italiani di saldare il conto senza scomodare il contribuente tedesco. La crisi euro raccontata all'uomo della strada, il trionfo del trash. Da Focus.de.



I miliardi spesi per il piccolo stato Euro non ci uccideranno. Peggio, c'è una grande economia che aspetta il nostro denaro: gli italiani stanno facendo di tutto per rovinarsi da soli. Ma il paese è in grado di far fronte ai suoi problemi da solo.


Cari amici italiani! Vi vogliamo bene. Ammiriamo il vostro stile di vita. E vi invidiamo perché vivete nel piu' bel paese del mondo. E voi che fate? Vi mettete nei guai da soli: mettete in scena il peggior caos politico dal 1945, pontificate sull'uscita dall'Euro, scioccate le borse mondiali e portate gli interessi sui vostri titoli di stato già traballanti ad un livello molto pericoloso. 

E poi? Alzate le spalle, guardate come dopo un (presunto) fallo - e pretendete che il resto d'Europa faccia il possibile per far scendere di nuovo i tassi. Solo per poter continuare a fare quello che avete fatto fino ad ora.

"Non ci sono le condizioni per l'intervento della banca centrale"

Cosi' non va, cari italiani. Oppure detto in maniera piu' diplomatica come ha fatto il presidente della Bundesbank Jens Weidmann sul numero attuale di Focus: "Se in Italia attori politici importanti discutono di un'uscita dall'unione monetaria e a causa di cio' gli interessi sui titoli di stato crescono, questo non potrà essere in alcun modo un motivo per l'intervento della banca centrale".

In parole povere: se giocate col fuoco, dovete anche essere capaci di spegnerlo. Invece di fare pressione sugli altri, vi dovrete bruciare i piedi. Nel frattempo anche gli economisti tedeschi piu' vicini a voi sono stufi. Anton Börner è presidente dell'Associazione per il Commercio Estero BGA, vive con la sua famiglia nella patria di adozione Italiana e in un'intervista a "Die Welt" vi dà una bella lavata di capo: "Non è possibile che un paese ricco come l'Italia chieda l'aiuto della EU".

I miliardi discreti delle vecchie famiglie

Perché - qui si arriva al punto - voi siete piu' ricchi di noi! I vostri depositi e i patrimoni privati raggiungono un impressionante 175 % del PIL. Noi, i vostri vicini al di sopra delle Alpi apparentemente forti, arriviamo appena ad un 125 % del PIL. Questo è dovuto prima di tutto ai vostri famosi "vecchi soldi" - i tesori miliardari discreti dell'industria finanziaria nel nord Italia e quelli nel sud che invece appartengono alla...lo sapete già.

Anche l'esperto Börner lo dice: "I patrimoni sono distribuiti in maniera molto diseguale". Il vostro prossimo governo dovrebbe finalmente avere il coraggio di tassare i patrimoni improduttivi (ville, antichità, gioielli)  con un'aliquota piu' alta rispetto alla ricchezza produttiva (salari, profitti delle imprese): "Allora gli imprenditori tirerebbero fuori i soldi dalle case al mare oppure in montagna e si deciderebbero a metterli nelle imprese".

Allora? Avete già smesso di parlare? Non è uno dei vostri sindacalisti comunisti a predicare. Ma un imprenditore tedesco molto solido e radicato in Italia. Che conosce voi e i vostri veri problemi. Tuttavia, voi - popolo piu' amabile sul continente - non potete sempre lamentarvi con "quelli là sopra". Anche voi dovete cambiare. E soprattutto la vostra caratteristica peggiore: "L'italiano conosce solamente se stesso e la sua famiglia e per questa cerca di ottenere il massimo, in ogni modo", racconta l'esperto Börner.

Fare ordine a casa propria

Per questo Börner non capisce le vostre continue richieste di aiuto: "E' anti-solidale pretendere che siano i tedeschi a dover pagare oppure garantire per gli italiani. Uno dei paesi piu' ricchi d'Europa si arrabbia perché deve fare ordine a casa propria". Oppure volete che si faccia un accordo secondo il vecchio stile italiano: la Juventus ad aprile perde in Champions League contro il Bayern Muenchen - e poi parliamo di nuovo di soldi ed interessi?

Voi non lo volete? Molto bene. Nemmeno noi. Allora vi resta solo una cosa da fare: indossate gli occhiali da sole, sigaretta dietro l'orecchio, maniche tirate su', tasse pagate  in parte - e continuate a sostenete i politici che vi faranno perdere una parte del patrimonio, sicuramente piu' grande di quanto non sia accaduto fino ad ora. Alla salute del paese piu' bello del mondo!