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mercoledì 5 settembre 2018

Paul Collier: perché è giusto, etico e ragionevole aiutarli a casa loro

Bellissima intervista della Neue Zürcher Zeitung al grande economista britannico Paul Collier che sul tema immigrazione non le manda a dire: Merkel ha sbagliato tutto ed è un politico irresponsabile mentre chi vuole continuare ad attrarre in Europa i migranti piu' giovani ed istruiti è un criminale. Dalla NZZ un'ottima riflessione di un grande economista sul tema delle politiche migratorie 


NZZ: Da decenni si occupa di politiche migratorie. Perché l'argomento è diventato un tema così dibattuto e come si puo' andare avanti dal punto di vista politico?

Collier: Le attuali politiche migratorie e sui rifugiati sono un disastro. È un sistema che non funziona. In realtà non meriterebbe nemmeno di essere chiamato "sistema". Come si è arrivati a questo punto? Con decisioni politiche di breve periodo incredibili e irresponsabili prese da figure chiave in Europa - in particolare Angela Merkel, che nel 2011 prima ha  ignorato il problema dei rifugiati, per poi svegliarsi all'improvviso nel panico nel 2015.

In maniera irresponsabile e unilaterale ha quindi deciso di aprire le porte - credendo che sarebbero arrivate solo 10.000 persone -  sei mesi dopo poi con la stessa unilateralità ha dovuto chiudere quelle stesse frontiere negoziando un affare incredibilmente costoso con Erdogan - un uomo davvero gentile. Poi ha cercato di costringere gli altri paesi europei ad accettare i rifugiati che aveva fatto entrare unilateralmente. Si tratta senza dubbio di una incredibile irresponsabilità, e quindi, ovviamente, anche la politica europea è fuori controllo.

NZZ: Quali sono le principali cause delle migrazioni?

Collier: Innanzitutto dobbiamo fare una chiara distinzione tra immigrati e rifugiati. I rifugiati sono solo un sottogruppo delle persone che lasciano la loro patria. Coloro che non emigrano volontariamente ma vengono espulsi, per definizione sono persone sfollate o rifugiati. Non vogliono emigrare e quindi non sono immigrati. Questo è il primo punto. Gli sfollati trovano per lo piu' un posto dove vivere all'interno del proprio paese d'origine, che vengono appunto definiti sfollati interni: in tutto il mondo sono circa 65 milioni. Circa un terzo degli sfollati lascia il proprio paese di origine attraverso il confine più vicino e, legalmente parlando, diventa rifugiato. La maggior parte di loro trova rifugio immediatamente dietro il confine del proprio paese, nelle immediate vicinanze dell'area del conflitto. Questo è il vero problema dei rifugiati: provvedere ai rifugiati in questi luoghi di fuga regionali.

NZZ: Proprio come la maggior parte dei rifugiati siriani che si trova in Libano. 

Collier: Sono in Libano, in Turchia e in Giordania. L'agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite, l'UNHCR, fondata all'inizio degli anni '50, è nata in un contesto completamente diverso. A quel tempo, la soluzione adottata era quella delle tendopoli con i pasti e gli alloggi gratis, che nei successivi quaranta anni ha rappresentato una soluzione ragionevole. Per la situazione dei rifugiati attuale, tuttavia non ha piu' senso. L'intero sistema dell'UNHCR nel mondo è ignorato dal novanta per cento dei rifugiati perché non è più' all'altezza di ciò' che loro desiderano. Vogliono riavere la loro indipendenza. Provi a immaginare: deve fuggire dal suo paese d'origine. Vuole essere indipendente e ripristinare la sua comunità e il modo più semplice per farlo è andare in una città. Ed è quello che fa la maggior parte dei rifugiati: cerca un lavoro in una città.

I rifugiati siriani che arrivavano in Giordania, in un certo senso, erano in paradiso: la stessa religione, la stessa lingua. La grande differenza è che in Giordania il reddito pro capite è sei volte più alto che in Siria. Se un siriano potesse quindi trovare un lavoro in Giordania, starebbe decisamente bene. Avrebbe trovato il paradiso in terra. Per il governo giordano, tuttavia, si tratterebbe di un problema molto serio perché non potrebbe permettere ad altre persone - i siriani - di mettersi a fare concorrenza al ribasso con i giordani sul mercato del lavoro. Alex Betts ed io abbiamo allora proposto al governo una strategia ponendo la seguente domanda: "Se sia i giordani che i rifugiati potessero trarne beneficio, permettereste ai rifugiati di lavorare?" L'idea era che l'Europa fornisse lavoro - sia per i rifugiati che per la popolazione giordana.

NZZ: La sua idea di fondo era quella di creare incentivi per tutte le parti?

Collier: Sì, certo. Sarebbe stato da folli alzare il dito e dire: "Dovete dargli dei posti di lavoro!". Possiamo usare la globalizzazione per creare posti di lavoro laddove ci sono rifugiati. L'Europa - e in particolare la Germania - era ben attrezzata per farlo. Con tutte le aziende che già operano nella regione, la Germania era predestinata per farlo. Le aziende tedesche nel corso degli anni hanno creato centinaia di migliaia di posti di lavoro in Turchia. E questo non è costato alcun posto di lavoro in Germania.

Al contrario: in Germania c'è stato un aumento della produttività perché i lavori meno qualificati, i posti di lavoro meno produttivi, sono stati trasferiti in Turchia. Questa è la globalizzazione nella sua forma migliore. Ma la risposta dell'UNHCR alla nostra proposta è stata: "non siamo un centro per l'impiego. Non diamo lavoro ai rifugiati. Forniamo loro cibo e tende gratis". Questo è il problema. Le persone non vogliono essere nutrite gratuitamente per dieci anni e restare nelle tende. Vogliono lavorare.

NZZ: Lei distingue tra persone sfollate, rifugiati e persone che diventano migranti per altre cause?

Collier: Potrei raddoppiare le mie entrate se mi trasferissi in Norvegia. Con un tale trasferimento la stragrande maggioranza della popolazione mondiale aumenterebbe il proprio reddito di oltre il doppio. Ma non ha il diritto di farlo. Nel complesso è molto triste quando le persone vengono definite in base all'aspirazione di lasciare il proprio paese. L'Europa rischia in maniera involontaria di fare esattamente questo con l'Africa.

Lavoro per il novanta per cento del mio tempo con i governi africani, il cui incubo peggiore è che i giovani si innamorino della narrativa secondo la quale la loro unica speranza risiede nell'emigrazione. Attualmente sto lavorando con il governo del Ghana - un ottimo governo; il presidente, il vicepresidente e il ministro delle finanze sono degli ottimi politici, sicuramente migliori dei loro omologhi nella maggior parte dei paesi europei. Il PIL del Ghana è aumentato del 9% l'anno scorso. Il governo sta facendo un buon lavoro. Ma quest'anno tuttavia non potrà creare opportunità economiche che siano migliori rispetto alla possibilità di trovare un lavoro in Europa - mai e poi mai. Ma ciò non significa che abbiamo il diritto di attirare in Europa i migliori giovani ghanesi. Servono in Ghana.

Alcuni ritengono erroneamente che attirare i giovani dotati usando le parole "benvenuti in Europa" sia una grande azione moralmente nobile. In questo modo vengono allontanati dai loro veri doveri e dalle opportunità in Africa, così che finiscano a vivere frustrati nelle strade di Roma, che corrisponde molto piu' alla realtà dei fatti. L'Africa deve creare milioni di posti di lavoro. Invece, continuiamo a sedurre migliaia di africani e africane spingendoli a salire su una barca. Questo è estremamente irresponsabile e immorale, perché quando le persone arrivano per la prima volta dall'Africa in Europa, capiscono immediatamente la verità, ma sono intrappolati: perché il ritorno li renderebbe ridicoli davanti ai loro amici e parenti.

Cosi continuiamo a celebrarci come se fossimo persone buone, ma siamo profondamente non etici. Ciò di cui l'Africa ha bisogno è un rafforzamento della produzione, non un diritto al consumo. L'Africa non ha bisogno della nostra elemosina, ma delle nostre imprese. Durante i nostri sforzi per spingere le aziende ad andare in Giordania per dare lavoro ai rifugiati, abbiamo parlato con molte aziende. Sa qual'era per loro l'ostacolo piu' grande?

NZZ: Quale?

Collier: Le aziende temevano che se fossero andati in Giordania le organizzazioni non governative europee le avrebbero accusate di gestire fabbriche in cui i rifugiati vengono sfruttati. Le stesse ONG che sostengono di essere i grandi difensori dei rifugiati in realtà erano il vero problema .

NZZ: Ovviamente puoi fare entrambe le cose: puoi anche creare lavori decenti.

Collier: Certo, ma onestamente, se arrivi dalla Siria, dove persino prima della guerra guadagnavi in media 2.000 dollari all'anno, e ora in Giordania potresti guadagnare un reddito medio di 13.000 dollari, probabilmente ogni lavoro ti sembrerebbe fantastico. E naturalmente nei parchi industriali volevamo portare delle imprese decenti che rispettassero la legislazione giordana e creassero dei buoni posti di lavoro per i siriani. Gli standard di lavoro e tutto il resto non sarebbero stati un problema. Si tratta di una preoccupazione totalmente ingiustificata.

Quello che invece è accaduto è che solo il 5% dei siriani si è spostato in Germania, ma erano ben selezionati. Chi è andato in Germania? Giovani uomini benestanti, così che ora il 40% di tutti i laureati siriani si trova in Germania. Si tratta di un fatto cosi' irresponsabile che dovrebbe essere condannato pubblicamente.

NZZ: Come spiega il fatto che la questione dei rifugiati è diventata un tema così polarizzante in Europa?

Collier: Perché sull'argomento non si è riflettuto abbastanza. All'opera ci sono stati leader politici che non hanno rispettato il loro mandato di pensare a lungo termine, che appunto nel lungo periodo sarebbe la politica migliore. Invece, si ha l'impressione che abbiano reagito agli eventi di settimana in settimana o peggio di giorno in giorno. Con delle decisioni di breve respiro dovute ad eventi immediati si finisce per affondare sempre più nel caos. Nel complesso dovremmo chiederci: "Quale sarebbe una politica sostenibile?" Credo che potremmo raggiungere molto rapidamente un ampio consenso su come dovrebbe essere una tale politica sostenibile - un consenso che sia la sinistra sia la destra potrebbero dare.

Una politica sostenibile sarà caratterizzata da tre elementi: uno di questi è che sarà etica. Sarà quindi all'altezza dei nostri obblighi etici nei confronti dei rifugiati e nei confronti delle persone che nei paesi poveri hanno un disperato bisogno di avere una speranza. Hanno bisogno di una possibilità.

NZZ: In cosa consistono esattamente questi compiti?

Collier: Uno dei doveri nei confronti dei rifugiati è mostrare solidarietà. Quando nel 2011 è iniziata la prima grande ondata di profughi dalla Siria, l'Europa ha avuto una responsabilità, così come la Giordania, la Turchia e il Libano. Dobbiamo mostrare solidarietà e unirci alle misure di solidarietà secondo il principio del vantaggio comparato. "I giordani fanno ciò che sanno fare meglio: mantenere aperti i confini, offrire un luogo di rifugio sicuro e consentire alle persone di lavorare. Facciamo anche noi ciò che sappiamo fare meglio: portiamo ai rifugiati i posti di lavoro che ridanno loro l'indipendenza e mettiamo a disposizione il denaro che rende l'affare redditizio per la Giordania". Ma non abbiamo fatto nulla di cio'. Il deficit di bilancio della Giordania è esploso perché il paese è  ha dovuto far fronte a questi rifugiati senza aiuto esterno.

NZZ: Se dovesse consigliare un politico europeo in vista delle elezioni europee del prossimo anno, quale mix di politiche suggerirebbe?

Collier: Ci troviamo in un dibattito polarizzante perché le persone discutono dei temi sbagliati. Potremmo ottenere un ampio consenso se non ci concentrassimo solamente su ciò che dobbiamo fare domani, ma se ci occupassimo di come far funzionare un sistema sostenibile nel lungo periodo. Il punto di partenza è che tutto ciò che facciamo deve essere etico. Ciò significa che deve rispettare i nostri obblighi nei confronti dei rifugiati. E lo sarà se riusciremo a portare ai rifugiati dei posti di lavoro e se riusciremo a fornire un enorme sostegno ai governi dei paesi di prima accoglienza, in modo che i confini di questi paesi rimangano aperti. Questa è la chiave. Se le società dei paesi di destinazione non trarranno alcun vantaggio dalla situazione, non terranno piu' le loro frontiere aperte, e avremo quindi la temuta nave a pressione degli sfollati che non possono lasciare il loro paese.

Un altro nostro dovere etico è quello di portare opportunità nei paesi in cui si sta diffondendo la pericolosa narrativa secondo la quale non puoi fare altro che fuggire via. Tutta la mia vita lavorativa di oltre quarant'anni è stata dedicata all'idea che le società povere debbano poterci raggiungere. Non saranno in grado di raggiungerci se le loro persone più brillanti lasceranno il paese.

Al momento ho uno studente che è un medico del Sudan. Non gli insegno la medicina ma le politiche pubbliche, perché vorrebbe tornare in Sudan per lavorare nell'ufficio del Primo Ministro. I suoi amici - altri medici sudanesi nel Regno Unito - pensano che sia pazzo. Ci sono più medici sudanesi che lavorano a Londra che in tutto il Sudan. È uno scandalo etico il fatto che il Regno Unito recluti medici sudanesi per il suo sistema sanitario invece di formare dei medici nel proprio paese. La Gran Bretagna ha tre delle migliori dieci università del mondo. L'Africa non ne ha nemmeno una. L'idea che dipendiamo da medici che hanno studiato in Africa è assurda. L'Africa ha bisogno di medici formati nel Regno Unito. È vergognoso che una tale politica venga perseguita in Europa.

E poi dobbiamo seguire una politica che incontri un'ampia approvazione democratica, per la quale la maggioranza delle persone dice: "Sì, va bene". Se si cercasse di applicare una politica che la maggioranza delle persone in questa società ritiene irresponsabile, la democrazia verrebbe messa in questione. Ed è esattamente ciò che sta accadendo. I governi di tutta Europa hanno perso la fiducia dei loro cittadini - e in misura notevole. Questo è un disastro, perché i governi hanno bisogno della fiducia per poter lavorare, non solo nell'ambito dell'immigrazione, ma in tutti i settori.

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domenica 2 settembre 2018

Perché la presunta mancanza di lavoratori qualificati è più che altro una campagna di PR degli industriali tedeschi

A scriverlo non è un foglio sovversivo dell'est ma la liberale e liberista Die Welt. In un paese con 2 milioni e mezzo di disoccupati ufficiali e un altro milione e mezzo nascosto nelle statistiche gli imprenditori tedeschi continuano a lamentarsi per la mancanza di forza lavoro qualificata e chiedono al governo una legge sull'immigrazione che faciliti l'importazione di lavoratori a basso costo dai paesi extra UE. Molti economisti di rango tuttavia, dati alla mano, mettono in dubbio questa narrazione che le associazioni imprenditoriali nel frattempo sono riuscite ad imporre sui media. Il vero problema è un altro: le posizioni lavorative restano aperte a lungo perché la paga oraria è troppo bassa. Ne parla Die Welt


Se dobbiamo credere ai rappresentanti delle associazioni economiche, la Germania sta affrontando dei tempi molto difficili. Le esportazioni vanno bene, gli acquisti crescono in maniera ininterrotta, il portafoglio ordini della maggior parte delle aziende è pieno. Ma ogni anno che passa, a quanto pare, è sempre più difficile evadere gli ordini - perché mancherebbero i lavoratori per farlo. Soprattutto gli specialisti. E questo nel lungo periodo potrebbe rivelarsi un rischio per l'economia.

Secondo la Camera di commercio e dell'industria tedesca (DIHK), quasi un'azienda su due lamenta di non essere in grado di coprire nel lungo periodo le posizioni lavorative aperte. Altrettante invece, a causa della scarsità di personale sono preoccupate per le prospettive di crescita. Nel complesso, ci sarebbero circa 1,6 milioni di posti di lavoro non coperti a causa della mancanza di candidati idonei, avverte l'associazione.

Ma c'è una lunga serie di esperti che considera questi allarmi esagerati - e ritiene che la presunta mancanza di manodopera specializzata in Germania sia invece una favola. L'Istituto per l'economia e le scienze sociali (WSI) della Hans Böckler Stiftung, vicino al sindacato, in un'analisi giunge invece ad un'altra conclusione: le cifre della DIHK sono eccessive e poco significative.

Di previsioni cupe ne circolano da anni

Il problema non è tanto che non ci sarebbero abbastanza lavoratori, ma che le aziende non sono disposte a pagare salari decenti, afferma Eric Seils, autore dell'ultimo rapporto WSI sul mercato del lavoro. "Le continue lamentele di molti imprenditori in merito ad un presunto rischio aziendale causato dalla carenza di lavoratori qualificati avrebbero come unico scopo quello di contenere l'aumento del costo del lavoro nel settore a basso salario tedesco", sostiene Seils.

La nuova legge sull'immigrazione, che si pone proprio l'obiettivo di attrarre il maggior numero possibile di lavoratori dall'estero e che il governo federale sta pianificando, non sarebbe necessaria, al contrario dannosa.

Di previsioni cupe, secondo le quali in Germania presto mancheranno lavoratori, in particolar modo quelli qualificati, ne girano da anni. L'istituto di ricerca Prognos, ad esempio, la scorsa estate ha calcolato che solo a causa dell'invecchiamento della popolazione, entro il 2030 ci saranno tre milioni di lavoratori in meno. E l'Institut der Deutschen Wirtschaft (IW) nel suo rapporto MINT sul mercato del lavoro per i matematici, gli informatici, gli scienziati e i tecnici conclude che attualmente mancherebbero 237.500 di questi professionisti.

Paga cattiva, alto turn-over

La DIHK aveva suonato l'allarme per un gran numero di settori. Ad esempio, l'83 per cento delle aziende operanti nel lavoro interinale nel lungo periodo non riuscirebbe ad occupare i posti vacanti per mancanza di candidati qualificati. Nel settore della sicurezza, il 78% delle aziende ha riscontrato questo problema, nel trasporto merci su strada il 63% e nel settore dell'ospitalità il 62%.

Secondo Eric Seils ad essere interessati sarebbero in particolar modo i settori a basso salario in cui "i requisiti richiesti sono di gran lunga inferiori rispetto alla media". Tuttavia la probabilità che vi sia una carenza di lavoratori proprio in questi settori è molto bassa. La verità è che nei settori sopra-menzionati la retribuzione è bassa, il turn-over del personale è molto forte e quindi anche il numero dei posti vacanti è alto, secondo Seils.

Tuttavia i datori di lavoro avrebbero un forte incentivo a spiegare l'incremento dei posti di lavoro vacanti come un problema di mancanza di forza lavoro qualificata, egli suggerisce: "Se hanno partecipato al sondaggio DIHK e si sono lamentati per la carenza di lavoratori qualificati, possono allora sperare che l'associazione di categoria si impegni politicamente per far importare dall'estero lavoratori stranieri a basso costo".

La BA non vede una carenza generale di lavoratori qualificati

Diversi esperti condividono questa valutazione. Il fatto che le associazioni imprenditoriali si lamentino continuamente per la carenza di lavoratori qualificati, fa parte di una strategia conosciuta come "Rent-Seeking", afferma l'economista Thomas Straubhaar. Secondo questo approccio gli imprenditori possono valutare se è meglio fare progressi attraverso le prestazioni della propria azienda oppure grazie agli aiuti di Stato. "Se sembra più facile ed economico innescare nei ministeri competenti delle reazioni di aiuto, invece di far fronte con nuove idee alla mancanza di lavoratori, allora si sceglie di spedire i propri rappresentanti di associazione a Berlino", sostiene Straubhaar.

È indiscutibile che in determinati settori sia difficile trovare abbastanza lavoratori dipendenti. La vera domanda è un'altra: qual è la dimensione del problema? Seils del WSI sottolinea che il numero  specificato dal DIHK, pari a 1,6 milioni di posti di lavoro non coperti per mancanza di lavoratori qualificati, sarebbe del 60 per cento superiore rispetto ai quasi 984.000 posti di lavoro indicati come immediatamente disponibili dal sondaggio rappresentativo dell'istituto scientifico dell'Agenzia Federale per il lavoro (IAB).

E l'Agenzia Federale per il Lavoro (BA) nella sua analisi di giugno sulle difficoltà nel mercato del lavoro qualificato scrive: "nonostante il forte incremento del periodo in cui le posizioni restano vacanti, e un rapporto molto basso fra disoccupati e posti di lavoro, in Germania non si può ancora parlare di una carenza di lavoratori qualificati. Piuttosto possiamo dire che in alcune professioni e in alcune regioni vi siano notevoli problemi nel coprire le posizioni di lavoro aperte". Inoltre, la BA aggiunge: ".. un indice onnicomprensivo in grado di misurare le carenze oppure la mancanza di forza lavoro tuttavia non esiste".

L'esperto DIW ritiene i sondaggi solo parzialmente credibili

Secondo gli esperti il criterio utilizzato, cioè quanto tempo è necessario per coprire una posizione lavorativa aperta, ci dice poco sulle reali dimensioni della carenza di lavoratori qualificati. "L'aumento delle posizioni vacanti fra quelle disponibili può anche essere il segno che l'agenzia per il lavoro è in ritardo nella intermediazione oppure che i datori di lavoro sono troppo selettivi", afferma Karl Brenke, da molti anni esperto di mercato del lavoro presso il Deutsches Institut für Wirtschaftsforschung (DIW). I sondaggi sulle aziende, come quelli del DIHK, sono solo in parte credibili. Perché le aziende cercherebbero di assicurarsi una riserva di manodopera disponibile - e questo anche lanciando allarmi sulla presunta mancanza di personale qualificato.

"Se ci fosse effettivamente una significativa carenza di lavoratori qualificati, la potremmo osservare probabilmente nell'aumento dei salari, perché le aziende dovrebbero sforzarsi per ottenere le persone adatte", dice Brenke. Negli ultimi anni, tuttavia, ci sono stati degli aumenti salariali relativamente bassi.

Come Seil, anche Brenke non vede alcun motivo per portare in Germania altri lavoratori attraverso una nuova legge sull'immigrazione. "Abbiamo un mercato del lavoro aperto, esiste già la Carta blu all'interno dell'UE e in Germania abbiamo altri regolamenti aggiuntivi che consentono l'immigrazione e i relativi permessi di lavoro per i lavoratori qualificati provenienti dai paesi extra UE. Non abbiamo bisogno di una nuova legge sull'immigrazione come quella prevista dal governo", dice l'esperto. Il mercato del lavoro nell'UE è enorme e la disoccupazione in molti stati membri, anche fra i giovani istruiti, è spesso così alta che la Germania potrebbe reclutare in questi paesi la maggior parte dei lavoratori qualificati necessari.

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mercoledì 29 agosto 2018

Chemnitz e l'odio verso il popolo

Vera Lengsfeld è una giornalista con un lungo passato nella politica tedesca, nata e cresciuta nella DDR, profondamente anti-merkel e attualmente vicina ad AfD. Dalle pagine del suo interessantissimo blog prova a fare luce sui recenti accadimenti di Chemnitz e avanza un'ipotesi sulle reali intenzioni dei cosiddetti "media di qualità": la presunta caccia allo straniero nelle strade di Chemnitz è solo un'arma di distrazione di massa. Vera Lengsfeld propone una narrazione alternativa dei recenti fatti di Chemnitz.


Gli eventi di Chemnitz sono certamente sconcertanti. Ma per ragioni diverse da quelle con le quali i politici e i media ci stanno martellando. Tre tedeschi sono stati aggrediti da "persone in cerca di protezione" e sono rimasti gravemente feriti oppure hanno perso la vita. La persona deceduta sul corpo ha oltre venti ferite da coltello. Dei circa 10 aggressori nessuno sembrerebbe essere ferito.

Due degli autori sono stati catturati. Uno era effettivamente un siriano, come ipotizzato in rete, l'altro iracheno. Questo dettaglio non era stato reso noto fino a quando non sono stati emessi i mandati di cattura nei confronti dei 2 uomini. Fino a quel momento si era parlato di una lite fra "persone di diversa nazionalità". Piu' di venti ferite da coltello sul corpo di una persona farebbero pensare piuttosto ad una violenza sfrenata.

Il pubblico ministero ha reso noto che dopo uno scontro verbale, il 35enne tedesco "senza una ragione" è stato ripetutamente accoltellato. Mi chiedo: puo' esistere una "ragione che giustifica" un atto del genere?

Distrazione di massa sui manifestanti "di destra".

La politica e i media parlano solo marginalmente dell'atto violento. Pochi giorni dopo l'accoltellamento mortale di un medico da parte di una "persona in cerca di protezione" del quale il Tagesschau (telegiornale della tv pubblica) non voleva parlare, si ha come l'impressione che sia stato dato l'ordine di distrarre le masse dall'assassinio di Chemnitz.

Tutto è iniziato con un articolo della Bild-Zeitung che viola tutte le regole del giornalismo professionale. "Le destre sfilano attraversando Chemnitz" titolava il quotidiano, il quale poi sfoderava le sue armi: 1.000 persone, fra le quali molte di destra, si sono radunate domenica pomeriggio. Hanno scandito in coro: "Wir sind das Volk". Il motto piu' famoso della rivoluzione pacifica del 1989, en passant, è stato dichiarato uno slogan di "destra".

Fra questi anche il tweet di un video di un certo „Zeckenbiss“ il cui nome fa pensare ad un attivista antifascista, piu' che a una fonte seria, e che dovrebbe mostrare le fasi in cui i fascisti danno la caccia ai migranti. Nel video si vede uno scontro a mani nude fra giovani, preceduto probabilmente da uno scambio di offese verbali, che pero' nel video non viene mostrato. La "caccia" pero' termina dopo dieci metri.

Non sembrano esserci altre prove dei presunti attacchi contro i migranti. Sotto c'è un'altra foto il cui titolo sensazionale è: "circa 1000 persone hanno preso d'assalto la Chemnitzer Wall". Anche con tutto lo sforzo possibile non si vedono "aggressori", ma al massimo dei passeggiatori.

Poi è arrivata la dichiarazione del governo federale: "non possiamo accettare tali assembramenti, o la caccia all'uomo di diverso colore o diversa origine oppure il tentativo di seminare l'odio nelle strade. Nelle nostre città non hanno alcuno posto, e posso dirlo a nome del governo federale, li condanniamo con fermezza".

Il portavoce di Merkel, Steffen Seibert, riprende pari pari il linguaggio della sinistra radicale, peraltro senza aver preso atto della conferenza stampa del sindaco e della polizia di Chemnitz. Li' la portavoce della polizia ha detto che durante i "tumulti" del pomeriggio non ci sono stati né arresti né denunce. Ha parlato, senza scendere nei dettagli, di un lancio di bottiglie verso la polizia. Ma questo è un tratto distintivo anche degli antifascisti, i quali erano presenti sul luogo per la "contro-manifestazione", come menzionato dalla FAZ.

Caccia all'uomo? Pogrom?

Durante la conferenza stampa una giornalista ha chiesto se c'è stata una escalation da parte di uno degli "ambienti". I colleghi avevano parlato di un "pogrom", c'è stata una caccia allo straniero?

A questa domanda non ha risposto la polizia ma lo ha fatto in maniera alquanto confusa il sindaco Ludwig. Lo sviluppo delle ultime ore c'è andato vicino, ha detto, è "molto negativo che vi sia stato un omicidio". Senza nemmeno esprimere il suo dolore per la morte di un cittadino di Chemnitz, si è rivolta ai social media che apparentemente stanno gettando la città nel panico: "ne ho preso atto anche io", è necessario "proteggere la popolazione". Dai social media, beninteso, non dai coltelli. E poi è arrivata la frase citata ovunque:

"Quando penso a quello che è successo qui domenica, sono inorridita. Il fatto che la gente possa incontrarsi, radunarsi e interrompere una festa cittadina, correre attraverso la città e minacciare le persone - è davvero terribile".

Ad essere terribile non sarebbe stato l'accoltellamento mortale, che di fatto non era stato considerato un motivo sufficiente per fermare la festa in città. Il festival è stato interrotto solo quando gli abitanti di Chemnitz sono scesi in piazza in reazione a questo atto crudele, con una giustificazione palesemente falsa: la decisione sarebbe stata presa per "pietà" nei confronti del defunto e della sua famiglia.

La famiglia ora non solo deve soffrire il dolore per la scomparsa del proprio caro, ma deve sopportare anche il fatto che l'omicidio sia stato strumentalizzato dagli organizzatori. Il nome della persona uccisa doveva essere già noto al sindaco. Durante la conferenza stampa tuttavia non è stato nominato. E' stata l'azienda in cui lavorava a dare un nome e un volto al falegname e padre di famiglia. Si tratta di Daniel, un cubano-tedesco. La totale mancanza di empatia nei confronti della vittima non poteva risultare piu' cinica.

Antifa: "noi siamo il muro, il popolo se ne deve andare"

Dopo la Bild quasi tutti i "media di qualità" hanno poi continuato ad alimentare l'odio. Nel frattempo viene definito "nazi" chi si dichiara contro il crimine e il terrore. Le normali aspettative della popolazione nei confronti dello stato di diritto, e cioè il ricorso al monopolio della violenza per la sua difesa, vengono ormai considerate "di destra". Gli antifa sono già un passo avanti. Il 27 agosto hanno dimostrato a Chemnitz sotto lo slogan: "Noi siamo il muro, il popolo se ne deve andare". Se vogliamo considerare gli antifascisti come gli ispiratori della politica, allora sta per iniziare la guerra civile (nella prima fase almeno solo spirituale).

Quanto l'escalation sia stata rapida lo si puo' osservare nelle strade di Chemnitz. Altri 2 esempi: Spiegel Online ieri ha pubblicato un video dal titolo marziale "le destre marciano su Chemnitz", che in teoria avrebbe dovuto documentare le scorribande degli estremisti di destra. Dopo la morte di un uomo di 35 anni, centinaia di estremisti di destra avrebbero sfilato per le strade di Chemnitz, ci sarebbero state anche delle aggressioni nei confronti dei migranti.

Se guardi il video, però, le prove sono piu' che esili: invece dei presunti estremisti di destra si vedono soprattutto poliziotti che intervengono dopo gli incidenti, peraltro non mostrati, e che agiscono energicamente contro dei giovani. Se fossero stati degli antifascisti allora i media e la politica si sarebbero lamentati di quanto sproporzionata era stata la condotta della polizia o avrebbero addirittura parlato di un'orgia di violenza. Il tutto è stato filmato da un agente di polizia.

A un certo punto nel video arriva il messaggio secondo il quale gli attivisti di sinistra avrebbero riferito di attacchi ai migranti. Le prove tuttavia non ci sono. Alla fine viene mostrata un'allegra scena di danza popolare e viene riportata la morte di un tedesco durante una rissa. Si vuole probabilmente produrre nel pubblico l'associazione fra danza popolare e omicidio, altrimenti è difficile spiegare questa scena che in quanto a cattivo gusto è imbattibile. Infine apprendiamo che per questo video è stato utilizzato il materiale di un certo Johannes Grunert.

Questo Grunert si auto-definisce giornalista freelance specializzato nell'osservare la scena dell'estremismo di destra. E' l'unica fonte identificabile per poter affermare che ci sarebbe stata una "caccia al migrante". Mancano tuttavia prove consistenti. Nella visione complessiva dei resoconti dei media, sembra proprio che siano state le accuse velenose e non provate di quest'uomo a scatenare la spaventosa caccia all'odio dei media e dei politici.

Il presidente della regione Michael Kretschmer, ha poi parlato di quanto è "disgustoso" il modo in cui gli estremisti di destra in rete fanno propaganda facendo appello alla violenza. Gli appelli alla violenza degli antifascisti, amici e aiutanti, oppure scudo e spada della politica e dei media non sono stati però menzionati. Se c'è stato un messaggio di condoglianze da parte di Kretschmer per la famiglia del defunto, devo essermelo perso.

Sawson Chebli: "non siamo abbastanza radicali"

La famigerata Sawsan Chebli da Berlino ha twittato: "le destre sono sempre piu' forti, sempre piu' rumorose, piu' aggressive, piu' sicure di sé, sono sempre di piu'. Noi siamo (ancora) piu' numerosi, ma troppo tranquilli, troppo comodi, troppo divisi, troppo disorganizzati, troppo timidi. Non siamo abbastanza radicali".

Si tratta di un vero e proprio appello alla violenza che non corre il rischio di scandalizzare, come ha fatto invece il tweet del deputato di AfD che apparentemente avrebbe chiesto di ricorrere alla giustizia fai da te. Chebli tuttavia non è un semplice deputato, ma il plenipotenziario della città di Berlino presso il governo, nonché segretaria di stato per la cittadinanza e gli affari internazionali.

Last but not least, vorrei citare la FAZ, un tempo un giornale borghese di solida tradizione, che ora invece sembra stia facendo ogni sforzo per colmare il vuoto lasciato dalla fine dell'edizione stampata dalla TAZ. La FAZ titola: "la rabbia della massa di destra" e non offre altro che rumor o "segnalazioni non confermate da parte di testimoni oculari" che domenica pomeriggio avrebbero visto Chemnitz trasformarsi in un "campo di battaglia". La polizia al contrario durante la conferenza stampa ha parlato di una manifestazione spontanea, "isolata" dopo un'ora e che durante la quale, fino alla conferenza stampa, non vi erano state denunce. Si fa riferimento a presunti "attacchi ai migranti", le prove tuttavia mancano, anche su questo giornale di qualità.

Cio' a cui abbiamo assistito nei media e nella politica in merito al caso Chemnitz è una campagna di odio non basata sui fatti, ma su presunte testimonianze oculari provenienti dagli ambienti della sinistra estrema. Gli estremisti di sinistra vogliono la guerra civile per poter rovesciare finalmente il tanto odiato sistema.


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domenica 5 agosto 2018

Il nuovo esperimento migratorio tedesco

L'economia tedesca ha fame di manodopera a basso costo non particolarmente qualificata e allora il governo si fa dettare dalle associazioni dei datori di lavoro una nuova legge sull'immigrazione fatta apposta per portare in Germania un'altra ondata di Gastarbeiter. Invece di rendere i posti di lavoro piu' attraenti aumentando lo stipendio e riducendo il carico di lavoro gli industriali e il governo preferiscono reclutare da tutto il mondo forza lavoro altamente ricattabile. Il modello per il futuro saranno le leggi per l'immigrazione dai Balcani occidentali. Ne parla die Welt


La domanda della Bundesagentur für Arbeit (BA) è molto diretta: "Stai pensando di costruirti un futuro in Germania?". Cosi' è scritto su di un sito web rivolto ai cittadini dei Balcani occidentali. C'è anche il riferimento al fatto che le domande di asilo provenienti da questi paesi "praticamente non hanno nessuna possibilità di successo". Ma c'è una controproposta: le persone interessate possono provare a venire in Germania attraverso il cosiddetto regolamento per i Balcani occidentali. Per farlo c'è bisogno di solo 2 cose: un contratto di lavoro e un visto.

Questo regolamento in vigore dal 2016 è un esperimento di politica migratoria: al culmine della crisi dei rifugiati il governo federale ha allentato le norme per i lavoratori migranti provenienti da Albania, Bosnia-Erzegovina, Kosovo, Macedonia, Montenegro e Serbia. Da allora in Germania possono fare quasi tutti i lavori, di ostacoli ce ne sono pochi. La BA deve tuttavia prima verificare se per la stessa posizione si è candidato anche un tedesco. Inoltre dal regolamento sono escluse le persone che nei 2 anni precedenti hanno fatto domanda di asilo. L'obiettivo dell'esperimento: frenare la migrazione irregolare da questi paesi e alleggerire il peso per il sistema di asilo tedesco.

Pare che abbia funzionato, perché il governo federale ne sta attualmente considerando l'estensione. Il regolamento per i Balcani occidentali potrebbe essere il "prototipo per accordi con altri paesi", ha affermato la cancelliera Angela Merkel (CDU) nella sua conferenza stampa estiva a metà luglio. Di quali paesi dovrebbe trattarsi tuttavia non lo ha detto. Ma ad essere presi in considerazione sono soprattutto quelli dell'Africa occidentale. Dopotutto da questi paesi un numero molto elevato di persone vorrebbe raggiungere l'Europa. Ma il regolamento per i Balcani occidentali è adatto come modello? Quali sono le sfide?

In effetti il numero dei richiedenti asilo provenienti dai Balcani occidentali dopo l'introduzione del regolamento è diminuito drasticamente: dai 141.000 del 2015 ai 20.000 dello scorso anno. Diversi fattori sono responsabili: nel frattempo questi paesi sono stati riclassificati come paesi di origine sicuri. Oppure sono state le campagne informative in luogo con le quali il governo federale mette in guardia dalla bassa probabilità di successo di una domanda di asilo.

Ma la migrazione nell'ambito del regolamento per i Balcani occidentali ha funzionato anche come una valvola. Solo lo scorso anno oltre 25.000 Gastarbeiter provenienti dai paesi della regione hanno ottenuto un visto per la Germania. L'interesse principale è stato per le costruzioni, l'ospitalità e la sanità. Si tratta di settori che soffrono in maniera particolare per la mancanza di personale.

"Il regolamento per i Balcani occidentali ha aiutato il settore delle costruzioni" afferma Felix Pakleppa, presidente della Zentralverband Deutsches Baugewerbe (ZDB). "Siamo molto soddisfatti" con le qualifiche e l'impegno dei lavoratori. Cose simili si possono ascoltare anche dall'Associazione tedesca degli hotel e dei ristoranti (Dehoga). "E' naturale" che le imprese del settore ricorrano al regolamento per i Balcani occidentali, racconta Ingrid Hartges, presidente dell'Associazione federale Dehoga. Per l'associazione il modello è il prototipo per una nuova legge sull'immigrazione di lavoratori qualificati: "l'orientamento verso un contratto di lavoro concreto e controllabile presenta dei vantaggi rispetto ad un sistema a punti astratto".

Cresce la pressione sui lavoratori poco qualificati

Stephan Thomae, leader del gruppo parlamentare della FDP al Bundestag accoglie con favore il modello: il regolamento per i Balcani occidentali è uno "strumento adeguato per facilitare la migrazione legata al mercato del lavoro e allo stesso tempo limitare l'accumularsi delle domande di asilo". Matthias Lücke, esperto di migrazione presso l'Institut für Weltwirtschaft (IfW) è piu' prudente nella sua valutazione del regolamento. Anche lui ritiene che l'apertura del mercato del lavoro possa essere uno strumento per limitare l'immigrazione irregolare. E' tuttavia necessario monitorarne "l'impatto sul mercato del lavoro e i possibili abusi".

Lücke sottolinea che i lavoratori poco qualificati già in Germania potrebbero subire una certa pressione. In considerazione dell'attuale congiuntura economica 20.000 visti di lavoro non sono un problema. Se dovessero essere molti di piu' bisognerebbe allora verificare se c'è un impatto negativo sulle persone con qualifiche professionali simili. E Lücke ci vede un altro problema. I Gastarbeiter sono estremamente dipendenti dal datore di lavoro, afferma il ricercatore. Avrebbero paura di essere espulsi nel caso in cui dovessero perdere il loro lavoro. "Le possibilità di abuso sono evidenti".

A cio' si aggiunge quanto racconta Dragana Bubulj del centro di consulenza del sindacato confederale tedesco di Mannheim „Faire Mobilität“. Ogni mese si presentano da noi dalle 3 alle 5 persone arrivate in Germania nell'ambito del regolamento dei Balcani Occidentali. "Ci segnalano problemi con l'alloggio e gli alti canoni di locazione, oppure ci raccontano che devono lavorare oltre 10 ore al giorno e fare straordinari che non vengono pagati". Spesso in busta paga si ritrovano delle detrazioni ingiustificate.

Bubulj ci parla di un caso estremo in cui la BA ha dato all'imprenditore istruzioni precise concernenti l'orario di lavoro e l'ammontare della retribuzione: "il datore di lavoro semplicemente non vi si era attenuto e aveva registrato il contratto come un mini-job". Il Gastarbeiter percepiva 450 euro al mese - per un lavoro a tempo pieno.

Non esiste una statistica sui casi di abuso. La Bundesagentur für Arbeit comunica che fino ad ora ci sono stati solo singoli rapporti di lavoro con caratteristiche discutibili. La BA raccoglie regolarmente i dati presso le aziende che impiegano un lavoratore nel quadro del regolamento dei Balcani occidentali. Tuttavia cio' avviene solo per scritto.

C'è anche un altro problema fondamentale concernente l'attuazione del regolamento dei Balcani occidentali: non tutti i migranti che hanno un contratto di lavoro con un'azienda tedesca ce la fanno ad arrivare in Germania. Le ambasciate tedesche sono piu' che sovraccarche con il trattamento delle domande di visto. Il tempo di attesa per un appuntamento arriva fino ad un anno.

Per l'economia questo è il vero punto debole del sistema. E' soprattutto l'occupazione stagionale a soffrirne, afferma Ingrid Hartges dell'Associazione federale Dehoga. "Se il visto e il permesso di lavoro sono disponibili solo durante o verso la fine della stagione, non sarà piu' possibile un impiego ragionevole della forza lavoro".

Anche il governo federale ritiene necessaria una riforma. Si cerca di ridurre i tempi di attesa aumentando il personale nelle ambasciate e nei consolati, è scritto in una recente risposta del governo ad una interrogazione parlamentare della Linke. I locali disponibili presso gli uffici per il rilascio dei visti sono già "pienamente utilizzati". A Pristina, la capitale del Kosovo, è in programma la locazione di un ulteriore edificio.

Se l'espansione nel lungo periodo valga la pena, è tuttavia discutibile. Per il momento la scadenza del regolamento dei Balcani occidentali è prevista per il 2020.

mercoledì 20 giugno 2018

Cosa dicono le statistiche tedesche sulla criminalità fra i richiedenti asilo?

Trump accusa il governo tedesco di falsificare i dati sulla criminalità fra i migranti, è possibile, e non è certo il solo a pensarlo. Tuttavia vale la pena dare un'occhiata ai dati ufficiali presentati dal Ministero dell'Interno tedesco ad inizio maggio in merito alla criminalità fra i richiedenti asilo (Zuwanderer), vale a dire circa 1.6 milioni di persone in cerca di protezione, poco meno del 2% della popolazione complessiva. Anche i dati del ministero tuttavia evidenziano una forte crescita della criminalità, soprattutto rispetto al 2014, l'ultimo anno prima degli arrivi di massa. Il rapporto completo è disponibile qui. Ne parla Epoch Times



"La Germania sicura come non accadeva da 25 anni!", cosi' ripeteva con entusiasmo il coro mediatico quando ad inizio maggio il Ministro degli interni Horst Seehofer ha presentato le statistiche sulla criminalità (Polizeiliche Kriminalstatistik, PKS), lamentandosi allo stesso tempo del fatto che stranamente l'ingenuo cittadino tedesco si era fatto un'altra impressione.

Cio' di cui i summenzionati media a titolo precauzionale non hanno voluto parlare è stato invece pubblicato nel "Rapporto federale 2017 sulla criminalità nel contesto della migrazione". Il tentativo di non parlare dei contenuti del rapporto aveva naturalmente dei buoni motivi: la statistica mostra ancora una volta l'aumento della criminalità fra i richiedenti asilo a partire dal 2014 (attualmente in Germania ci sono 1.6 milioni di persone catalogate come richiedenti asilo, rifugiati riconosciuti o persone tollerate), vale a dire l'anno prima che il governo Merkel aprisse le frontiere per tutti.

Nel complesso, rispetto all'anno precedente, la proporzione dei reati commessi da questo gruppo è rimasta costante, ammonta tuttavia ad uno sbalorditivo 9.3% di tutti i reati risolti. Considerando una quota sulla popolazione complessiva inferiore al 2%, questo già di per sé solleva delle questioni (in particolar modo rispetto allo slogan ripetuto ad oltranza secondo il quale "i rifugiati non sarebbero piu' criminali dei residenti"). Piu' interessante tuttavia è il confronto con l'anno 2014, nei confronti del quale si registra un aumento del 252% ed una crescita da 115.000 a 290.00 dei reati commessi.


Ancora piu' drammatico è l'aumento nell'ambito della criminalità violenta, cioè i reati contro la vita, i reati sessuali e le cosiddette aggressioni violente (Roheitsdelikten). Per quanto riguarda i crimini contro la vita (omicidio, omicidio colposo, assassinio su commissione), rispetto all'anno precedente (2016), il numero dei casi con almeno un sospettato migrante è cresciuto di almeno il 16.1%, dal 2014 invece del 366 %, passando da 122 a 447 casi. Particolarmente sorprendente in questa area è l'elevata percentuale sul totale dei delitti commessi (15%). Meno del 2% della popolazione commette il 15% dei reati.


Le statistiche mostrano uno sviluppo simile anche fra i cosiddetti "delitti contro l'autodeterminazione sessuale". L'enorme aumento rispetto all'anno precedente è tuttavia dovuto principalmente ad un cambiamento delle leggi penali in materia di delitti sessuali. Ma anche ripulendo i dati secondo la vecchia legge, con 3.597 reati avremmo un nuovo record. Rispetto al 2014 l'aumento è stato del 379%, passando da 949 a 3.597 reati. Anche in questa area di criminalità meno del 2% della popolazione ha commesso l'11.9% di tutti i reati risolti.


Un po' meno drammatico rispetto all'anno precedente, ma solo ad un primo sguardo, è lo sviluppo nell'ambito delle cosiddette "aggressioni violente" (Roheitsdelikten). Queste comprendono principalmente le lesioni fisiche, le privazioni della libertà e le rapine. Rispetto all'anno precedente l'aumento è del 2.8%, mentre la quota di migranti sul numero totale dei reati commessi in questo ambito è del 10.3%. Ancora piu' drammatico è il confronto con il 2014, che registra un aumento del 383 %, passando da 18.512 a 71.000 casi. Questo numero cosi' alto ha sicuramente un ruolo nel determinare il senso di sicurezza percepito dai cittadini in quanto il pericolo di restare vittima di un reato commesso da questa parte della popolazione è aumentato significativamente.


Un altro dato sconcertante lo si trova a pagina 54 dell'opuscolo sotto la voce "costellazione di casi: sospettato migrante - vittime tedesche". Secondo questi dati nel 2017 è stato registrato un nuovo record con un + 23.7 % rispetto all'anno precedente (31.597). Nella costellazione inversa (sospettatto tedesco, vittima migrante) sono stati registrati 6.832 casi. Vale a dire un rapporto di 5.7 a uno.

Nella Germania piu' sicura dal 1992, o almeno cosi' ci dicono, ci sono state circa 40.000 vittime di reati presumibilmente commessi da persone in "cerca di protezione", vale a dire quasi sei volte in piu' che nella costellazione opposta.

Ciò significa che ogni singolo giorno dell'anno oltre 100 cittadini sono vittime di crimini con almeno un richiedente asilo come sospettato, e la tendenza è in aumento.




mercoledì 13 settembre 2017

Perché la guerra fra poveri nella Germania del 2017 funziona ancora molto bene

Articolo molto interessante di Susan Bonath che su RT Deutsch ci spiega perchè anche in Germania la questione dei migranti resta un tema centrale. Da un lato i cittadini arrabbiati e preoccupati, dall'altra un esercito di profughi e migranti che entra in concorrenza con la popolazione autoctona. Da RT Deutsch.

Quando i politici della Linke o dei Verdi usano il loro slogan "Refugees welcome” per bollare come "mostri" oppure come "gentaglia" chi sul tema dei rifugiati la persa diversamente da loro, di solito lo fanno da un punto di vista privilegiato. Si potrebbe dire che hanno completamente perso di vista la realtà della vita. 

Al mondo reale appartengono le madri single che lottano per portare a casa 900 euro netti al mese con un lavoro part-time. Uomini e donne che con 3 o 4 minijobs sono costretti ad integrare il loro salario con Hartz IV. O un lavoratore specializzato malpagato che deve insegnare un mestiere a un tirocinante dell'Eritrea, e non a torto, teme che presto o tardi il suo apprendista possa rubargli il posto di lavoro per una paga ancora piu' misera.

Nessuno vuol finire nella parte piu' bassa della società, dove i polacchi, i bulgari e i tedeschi competono per un posto all'ostello dei senza tetto. Dove alle mense di carità per i poveri la coda si fa sempre piu' lunga. Dove i percettori di un sussidio Hartz IV sanzionati dai Jobcenter finiscono in mezzo alla strada perché non possono piu' pagarsi un affitto. E dove alla fine le amministrazioni comunali invece di aiutarli decidono di spendere i soldi pubblici per alloggiare i profughi in un costoso hotel.

Paura di perdere il proprio status

La competizione per la sopravvivenza e la paura di perdere anche il piu' piccolo dei privilegi spingono le persone verso destra. La richiesta di avere confini sempre piu' chiusi, di creare lager di internamento per i migranti, di ridurre gli aiuti finanziari per i rifugiati o di aumentare i programmi di respingimento funzionano molto bene sia nel ceto medio che nei ceti piu' bassi.

C’è qualcosa che invece sembra essere scomparso dalla percezione della maggioranza: mentre "l'invito di Merkel" e la sua "politica dei confini aperti" restano il bersaglio di ogni critica, la coalizione CDU/CSU-SPD ha già messo in pratica alcuni dei punti programmatici di AfD, NPD & co. Le carceri per i migranti respinti sono già presenti in tutta la Germania, i centri di detenzione preventiva per i richiedenti asilo sospettati in Baviera sono già una realtà e presto saranno estesi a livello nazionale. Il “Refugees welcome - wir schaffen das“ di Merkel già da tempo si è trasformato in una frase vuota che nasconde dietro di sé una realpolitik opposta.

"Gli danno tutto"

La voce secondo cui i profughi riceverebbero piu' denaro dei destinatari di Hartz IV autoctoni è ancora molto diffusa. In realtà i mezzi di sussistenza per i richiedenti asilo, a seconda dell'età, sono fra i 23 e i 55 euro piu' bassi. Per quanto riguarda le cure mediche hanno accesso solo alle prestazioni d'emergenza. Per ogni visita dal medico hanno bisogno di un certificato rilasciato dall'ufficio per gli stranieri.

Se non rispettano le regole oppure non partecipano in maniera adeguata, i rifugiati possono essere sanzionati come accade con i destinatari di Hartz IV. In realtà quelli che stanno facendo soldi con i migranti sono altri: locatori di immobili, gestori di ostelli per migranti, aziende private, organizzatori di misure di integrazione.

Gli ostelli per i rifugiati non sono hotel a tre stelle. Spesso persone di diversa lingua e religione vengono messe insieme in piccole stanze. I gestori degli ostelli incassano i rimborsi un tanto a migrante - e fanno guadagni impensabili.

Affari con le persone in stato di necessità

Come riportato dalla Potsdamer Neuesten Nachrichten la scorsa settimana l’amministrazione della città ha accordato ai gestori degli ostelli 295 € a persona al mese - per un letto, un armadio e l'uso di una cucina e un bagno comune. Per una stanza di 20 metri quadrati con 3 letti in totale si arriva a quasi 900 euro al mese. Per fare un confronto: ad una famiglia di 3 persone la città di Potsdam concede fino a 712 euro di affitto, spese comprese, per 80 metri quadrati.

Anche i programmi per l’inserimento lavorativo dei profughi stanno creando forme di competizione. Lo stabilimento Hermes a Haldensleben (Sachsen-Anhalt), una società appartenente al gruppo del multimilionario Michael Otto, impiega i richiedenti asilo come tirocinanti da inserire poi in azienda con un contratto a tempo determinato. Per fare cio' l'azienda percepisce il contributo per l'integrazione del Land Sachsen-Anhalt.

Cio' che volentieri non viene raccontato: da Hermes ci sono centinaia di lavoratori interinali che preparano pacchetti per la spedizione impiegati al minimo salariale. In produzione gli unici dipendenti fissi sono donne con un contratto part-time da 100 ore al mese. "Con 10 euro lordi di salario orario e i premi per il lavoro a turni si puo' arrivare a circa un migliaio di euro netti al mese", dice la dipendente Katrin P. Lei in realtà non ha paura per il suo lavoro visto che è li' da oltre 15 anni. Per i lavoratori interinali e gli occupati a tempo determinato la situazione però è molto diversa.

Ottimismo a tutti i costi contro l’allarmismo

Che il mondo del lavoro salariato sia sempre meno sicuro, piu' precario e piu' flessibile non è certo un segreto. Le previsioni da campagna elettorale della CDU sul presunto raggiungimento del pieno impiego nei prossimi anni non cambiano lo stato delle cose. Anche i piani per la riduzione delle tasse per i piu’ abbienti lanciati da AfD e FDP sono il progetto di un lupo ricoperto con il pelo di pecora: può funzionare solo a spese dello stato sociale. 

Il gruppo degli estremisti umanitari che vorrebbe ridurre i crescenti divari sociali attraverso "una maggiore compassione" risulta alquanto ingenuo. Si tratta di un atteggiamento cinico nei confronti degli autoctoni, che in parte a ragione - soprattutto grazie ad Hartz IV - devono temere per la sussistenza che fra mille difficoltà sono riusciti a conquistarsi. Chiunque sostenga che il mondo dell’economia non guarda ai profughi come a una futura riserva di manodopera a basso costo è proprio un ingenuo.

Ma anche chi crede che il governo federale garantirebbe ai lavoratori tedeschi maggiori diritti e un salario piu' elevato se non ci fossero i rifugiati si trova probabilmente sul terreno scivoloso della fantasia. E' stata l'Agenda 2010 che con una dura rappresaglia nei confronti di coloro "che non volevano lavorare" dal 2005 ha spinto 8 milioni di occupati in un settore a basso salario in continua crescita.

Il gioco con la paura non colpisce solo il mondo del lavoro. Anche la sicurezza è in pericolo. Ora non è esattamente chiaro se la BKA (Bundeskriminalitatamt) sta distribuendo pillole sedative quando ci informa che ormai da molti anni la criminalità non sta aumentando. Quello che sappiamo: lo scorso anno in Germania ogni giorno ci sono stati dieci attacchi violenti contro i rifugiati. Dall'altro lato: i media parlano molto piu’ frequentemente dei crimini sessuali commessi dai rifugiati.

La maggior parte delle donne tuttavia deve sapere che cio’ non significa che gli uomini tedeschi non fanno cose simili. Abusi nella propria famiglia, vacanze sessuali in Thailanda o altrove, oppure pedopornografia, non sono solo un privilegio dei rifugiati. La violenza sessuale è da sempre un problema delle società in cui ci sono un ceto alto e uno ceto basso. E' troppo facile cercare di dare la colpa agli altri. 

Le guerre economiche producono rifugiati economici

Quando si tratta dei respingimenti di profughi, tutti i partiti, dalla destra fino all'Unione ma anche una parte della SPD, fanno volentieri distinzione fra i profughi politici e i migranti economici. Lo fanno come se l'economia non avesse nulla a che fare con la politica, come se la miseria e la fame fossero piu' piacevoli della paura di un bombardamento. Le persone fuggono quando non hanno piu’ alcuna prospettiva di vivere oppure sopravvivere. Funziona cosi' da diversi secoli.

Ormai da molti anni gli stati non conducono solo delle guerre militari. Gli accordi di libero scambio, l'export di capitali, l'appropriazione di risorse pubbliche da parte di aziende private sottopongono milioni di persone alla dura disciplina dei mercati. Si tratta degli interessi privati dei grandi gruppi che in tutto il mondo si intrecciano fra di loro.

L'attuale fusione fra Bayer e Monsanto, fra Linde e Praxair (Germania-Usa) oppure fra Thyssenkrupp e Tata (Germania-India) ci mostrano la direzione. I grandi gruppi industriali dirigono i prezzi e i mercati. Comprano, si espandono e continuano a crescere. Non si fermano ai confini nazionali. Laddove l’energia, il cibo e gli ospedali vengono privatizzati e dove gli eserciti vengono riarmati, finisce lo stato sociale. E laddove c'è bisogno di sempre meno lavoro umano, cresce il numero delle persone bisognose. Chi su questi temi cerca delle soluzioni nazionali è arrivato troppo tardi.