sabato 26 ottobre 2013

Intervista a Bernd Lucke di AfD

Focus.de pubblica una lunga intervista a Bernd Lucke, il leader di Alternative fuer Deutschland. I leader degli euro-contrari torna a parlare delle valute parallele e delle modalità di uscita dall'Euro dei paesi del sud. Da Focus.de
Focus: Le elezioni sono passate, AfD non è riuscita a superare la soglia del 5%. Significa che i tedeschi stanno bene con l'Euro?

Lucke: in prima luogo questo significa che i cittadini non hanno ancora riconosciuto tutti i pericoli che derivano dagli eurosalvataggi. O meglio, ci mostra che il governo è riuscito a nascondere con successo questi pericoli.

Focus: Merkel e co. si basano su studi e sostengono che la Germania beneficia enormemente dall'Euro, dicono esattamente il contrario. Che cosa la porta a fare questa valutazione?

Lucke: no, non credo l'economia tedesca stia soffrendo a causa dell'Euro. Io credo tuttavia che l'Europa e in particolare i paesi del sud stiano decisamente soffrendo a causa dell'Euro. La conseguenza è che l'unificazione europea, un successo fino al 1999, ora è a rischio. E cio' è evidente negli sviluppi economici della periferia: hanno perso la loro competitività e potranno ripristinarla solo facendo dei grandi aggiustamenti, interamente a spese dei lavoratori. Cio' significa che la Germania insieme ad altri paesi ancora solventi è finita in una rete molto confusa di garanzie, approvate senza il controllo dei parlamenti. E queste garanzie sono a carico dei cittadini. Sono una bomba a orologeria e nel medio periodo avranno degli effetti sul nostro benessere.

Focus: secondo lei, qual'è il rischio piu' grande che corre la Germania?

Lucke: il rischio piu' grande al momento è naturalmente la Grecia. Il paese ha bisogno di un taglio del debito: la sostenibilità del debito greco al massimo è di 100 miliardi di Euro - al momento il debito pubblico greco ammonta ad oltre 330 miliardi di Euro. Piu' o meno tre volte cio' che è sostenibile nel lungo periodo.

Focus: quali sono i rischi finanziari per la Repubblica federale, se oltre alla Grecia ci fossero altri paesi a finire in ginocchio?

Lucke: dipende dalla portata di cio' che accadrà. Il Ministero delle finanze parla di un rischio massimo di 310 miliardi di Euro, l'istituto IFO parla del doppio. La situazione puo' restare gestibile se c'è una svolta politica. Si potrebbe inizialmente far uscire dalla zona Euro i piccoli paesi come Cipro, la Grecia o il Portogallo e con l'esperienza maturata gestire l'uscita dei paesi piu' grandi, come Spagna e Italia. Mi preoccupa invece il fatto che il governo sul tema euro-salvataggi continui con la sua politica dell'"andiamo avanti cosi", con il rischio che un giorno all'improvviso la zona Euro crolli a causa di un evento esterno. Se fossero piu' paesi di grandi dimensioni ad uscire contemporaneamente dall'Euro, ci sarebbero degli sconvolgimenti. Per questo sarebbe necessario ridurre quanto prima il perimetro della zona Euro e consentire l'uscita degli stati che rappresentano il rischio maggiore.

Focus: quali sarebbero i costi per il contribuente tedesco in caso di un'insolvenza greca?

Lucke: la Germania garantisce il 27% dei crediti che sono stati erogati sotto i diversi pacchetti. Ma il 27% è solo il limite piu' basso, perché se ci fosse un secondo stato a dichiarare insolvenza, la Germania sarebbe costretta ad assumersi una parte dei suoi impegni. Per la Grecia nel complesso sono stati erogati 280 miliardi di crediti, in parte finanziati anche dal FMI. In caso di default completo un quarto di questi costi ricadrebbero sulla Germania, circa 70 miliardi di Euro.

Focus: ne complesso, sulla base delle garanzie assunte, quali sono i rischi finanziari per la Germania?

Lucke: l'Irlanda fino ad ora ha ricevuto circa 62 miliardi di Euro, a cui la Germania contribuisce  per circa un terzo, diciamo 20 miliardi. Il Portogallo ha ricevuto 78 miliardi, di cui circa un terzo versati dalla Germania - sono altri 26 miliardi di Euro. A Cipro dei 17 miliardi erogati, abbiamo versato circa 6 miliardi di Euro. I titoli pubblici acquistati dalla BCE si sono in parte ridotti ma sono sempre circa 130 miliardi di Euro. L'Eurozona ha dato circa 40 miliardi di Euro alle banche spagnole, e abbiamo appena saputo che in quel paese ci sono sofferenze sui crediti nell'ordine dei 115 miliardi di Euro. Il conto finale dipenderà dal livello dell'hair-cut. Per la Grecia potrebbe essere fra il 50 e il 75%. Una parte importante di cio' che oggi garantiamo per la Grecia andrebbe perduta.

Focus: quando si aspetta che arrivi il taglio del debito?

Lucke: è difficile da dire. Wolfgang Schäuble ritiene necessario un nuovo piano di aiuti per la Grecia, secondo la mia interpretazione intende posticipare ulteriormente il taglio del debito e trasferire altro denaro verso la Grecia - che in parte pagheremmo anche noi. Il taglio del debito puo' essere posticipato quanto vogliamo, basta erogare sempre nuovo capitale, nonostante i mercati non siano piu' disponibili a farlo ormai da tempo. E' difficile stimare quando nel governo prevarrà la ragione economica, e si riuscirà finalmente ad ammettere: le perdite nella ristrutturazione del debito saranno sempre piu' grandi, quanto piu' a lungo si continuerà a gettare denaro.

Focus: lei ha piu' volte parlato del rischio inflazione causato dalla politica di salvataggio dell'Euro. Oggi pero' l'Euro con un'inflazione media inferiore al 2% è ancora molto stabile.

Lucke: ho solo messo in guardia da un rischio inflazione nel lungo periodo. La BCE ha acquistato titoli e ha annunciato che forse lo farà in maniera illimitata. Adesso la BCE si assicura che la massa monetaria non aumenti, perché contemporaneamente vende altri titoli. Fino ad ora non ha causato inflazione. Con un intervento illimitato della BCE - una promessa che per sua fortuna non ha ancora messo in atto - una sterilizzazione alla lunga non sarà piu' possibile. Anche la BCE ha una quantità limitata di titoli da utilizzare ai fini della sterilizzazione. A cio' si deve aggiungere che se la crisi debitoria dovesse finire fuori controllo, l'inflazione sarebbe nell'interesse degli stati Euro. L'inflazione è la via piu' comoda per ridurre il valore nominale del debito.

Focus: l'argomento principale degli euro-sostenitori è che l'economia dell'export tedesca ha avuto grandi benefici dall'Euro...

Lucke: in primo luogo dobbiamo dire che la politica del governo federale non puo' essere guidata esclusivamente dagli interessi degli esportatori, piuttosto dagli interessi di tutto il popolo tedesco. E le conseguenze di un'uscita dei paesi del sud-Europa non sono cosi' svantaggiose come si vorrebbe far credere.

Focus: e perché?

Lucke: da un lato perché i cittadini avrebbero dei vantaggi: con la nuova moneta ci sarebbe un maggior potere di acquisto. L'apprezzamento del "nuovo Euro" dopo l'uscita dei paesi del sud aumenterebbe notevolmente il potere d'acquisto delle famiglie tedesche, perché tutti i beni importati e tutti i beni prodotti nel nostro paese, che utilizzano delle materie prime importate, sarebbero nettamente piu' economici. Un aumento del potere d'acquisto delle famiglie tedesche non solo porterebbe ad un aumento dell'import di beni dall'estero, ma anche ad un aumento degli acquisti dei beni prodotti nel nostro paese, perché ci sarebbe maggior reddito disponibile. Anche le aziende tedesche ne trarrebbero un beneficio. Le perdite che potrebbero verificarsi sui mercati esteri di esportazione, sarebbero in parte compensate da una congiuntura interna piu' favorevole. Inoltre le imprese orientate all'export sul fronte dei costi avrebbero un sollievo, in quanto i fattori produttivi importati diverrebbero piu' economici. Potrebbero contrastare un apprezzamento sui mercati esteri abbassando i prezzi e ottenendo quindi dei costi di produzione piu' bassi. In terzo luogo è necessario considerare che nei paesi del sud, dopo l'uscita, la congiuntura economica sarebbe favorevole e i redditi tornerebbero a salire. La domanda di prodotti tedeschi dipende dal reddito, e un reddito piu' elevato agisce in direzione opposta rispetto all'aumento dei prezzi. Con un miglioramento della congiuntura in sud-Europa la domanda di beni tedeschi potrebbe addirittura aumentare.

Focus: quale è stato l'andamento dell'export tedesco verso il sud-Europa negli ultimi anni?

Lucke: è diminuito del 25%. Con l'Eurocrisi abbiamo subito una forte riduzione. La situazione potrebbe migliorare se i paesi del sud riuscissero a far ripartire la loro economia.

Focus: qual'è la quota di esportazioni verso i paesi del sud sul totale delle esportazioni tedesche?

Lucke: la quota è del 12.5%. Il danno causato dall'uscita dei paesi del sud sarebbe molto limitato e facilmente sopportabile dall'economia tedesca. Soprattutto le variazioni nei tassi di cambio - svalutazione dei paesi del sud e rivalutazione dei paesi del nord - potrebbero essere guidate ed estese nel tempo dall'intervento della banca centrale.

Focus: uno studio della Fondazione Bertelsmann mostra che senza l'Euro la crescita in Germania sarebbe di uno 0.5% inferiore, e fino al 2025 equivarrebbe ad una perdita di 1.200 miliardi di Euro.

Lucke: questo studio si basa su di un modello che la fondazione Bertelmann, vicina al governo, non pubblica. Scientificamente è molto inusuale. Si sparano delle cifre senza sapere come abbiano fatto gli autori ad arrivarci. E' solo propaganda.

Focus: e il mercato del lavoro? L'Euro ha portato molti posti di lavoro alla Germania. Senza la moneta unica non sarebbero a rischio?

Lucke: l'Euro ci ha portato dei posti di lavoro? Nei primi anni dell'Euro abbiamo avuto il tasso di crescita piu' basso dell'Eurozona. Il recupero che sul mercato del lavoro abbiamo avuto a partire dal 2005 è da ricondurre principalmente alla moderazione salariale. I salari tedeschi sono cresciuti molto poco. L'Agenda 2010, grazie alla flessibilizzazione del mercato del lavoro, probabilmente ha avuto un ruolo positivo. Mentre in Germania vivevamo una fase di moderazione salariale, i salari nel sud-Europa sono cresciuti e hanno ridotto la competitività di quei paesi. La Germania ha cosi' ottenuto  un vantaggio competitivo, pagato con uno svantaggio competitivo nei paesi del sud-Europa. Potremmo anche dirci: che cosa ci importa della disoccupazione generale e della scandalosamente alta disoccupazione giovanile? Ma per i politici che ci parlano ogni giorno del bene dell'Europa, non si tratterebbe di una condotta responsabile.

Focus: la BCE continua con una politica del denaro a buon mercato e tiene i tassi bassi. Quali potrebbero essere le conseguenze sul lungo periodo?

Lucke: la BCE ha inondato il mercato con il denaro facile, e i bassi tassi hanno naturalmente delle conseguenze negative per i risparmiatori, che spesso non riescono a coprire nemmeno l'inflazione. Una parte del loro patrimonio in pratica viene espropriata. Questa repressione finanziaria tuttavia è un fenomeno che recentemente abbiamo visto all'opera in tutto l'emisfero occidentale. Nella zona Euro, in Svizzera, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Giappone - ovunque le banche centrali tengono i tassi ai minimi storici. Cio' è da ricondurre alla crisi finanziaria globale e conduce ad una forte redistribuzione a scapito dei risparmiatori e a favore dei debitori.

Focus: dovrebbe essere la Germania ad uscire o i paesi del sud?

Lucke: mi sono sempre battuto affinché siano i paesi del sud Europa ad abbandonare l'Euro. E in maniera ordinata

Focus: e come dovrebbe accadere?

Lucke: attraverso l'introduzione di una valuta nazionale che in un primo momento sia solo una valuta parallela rispetto all'Euro, in modo da far sparire l'Euro in un periodo di 3-5 anni 

Focus: una valuta parallela non sembra molto rassicurante per la gente...

Lucke: dipende da come sarà configurata. In un primo momento la nuova valuta sarebbe introdotta solo per i pagamenti senza contanti, mentre l'Euro resterebbe in circolazione come contante. Cosi' ha fatto la Bundesbank con il passaggio dal D-mark all'Euro. La cosa importante: la nuova valuta sarebbe emessa attraverso l'acquisto di Euro da parte della banca centrale, vale a dire la nuova valuta sarebbe interamente coperta da Euro. Questo significa che la banca centrale avrebbe il pieno controllo sul corso della moneta e potrebbe gestire i tempi della svalutazione o della rivalutazione evitando dei grandi disallineamenti. Si dovrebbe fissare un periodo di passaggio ben delimitato, al termine del quale si dovrà raggiungere un tasso di cambio adeguato fra l'Euro e la nuova moneta. Una volta raggiunto, si potrà completare il passaggio dall'Euro alla nuova moneta.

Focus: l'introduzione di una moneta parallela non avrebbe come conseguenza la fuga di capitali oppure una corsa agli sportelli?

Lucke: no. La questione fondamentale è se nella conversione della valuta sono coinvolti anche i depositi dei risparmiatori. Si potrebbe stabilire per legge che i vecchi depositi in Euro restino denominati in Euro. La banca centrale dovrebbe concedere alle banche commerciali un fondo per la compensazione, poiché queste obbligazioni restano denominate in Euro, mentre i crediti sarebbero contemporaneamente trasformati nella nuova moneta svalutata. Quando in seguito la nuova valuta si svaluterà, la banca centrale realizzerà dei guadagni, perché con la nuova moneta nazionale ha acquistato degli stock di Euro e queste riserve si apprezzeranno nei confronti della nuova valuta. I profitti della banca centrale in questo caso potrebbero quindi finanziare una parte del fondo di compensazione. E' molto meno complicato di quanto possa sembrare.

Focus: con le valute parallele in circolazione contemporanea, non si avrebbe un caos nei pagamenti?

Lucke: è molto piu' semplice di quanto lei non possa immaginare. Pensi solamente che anche l'Euro in Germania è stato introdotto come valuta parallela - e non c'è stato alcun caos. Nel 1999 l'Euro è stato introdotto come moneta scritturale per i pagamenti non in contante, per i pagamenti in contante fino al 2001 è rimasto in corso il D-Mark. 

Focus: quindi non rischiamo condizioni sudamericane...

Lucke: molto spesso quando si parla di valute parallele si pensa a valute non ufficiali, ad esempio quando l'Argentina ha dollarizzato l'economia la gente pagava in dollari, sebbene la sola moneta a corso legare era la valuta locale. Nel caso di una tale introduzione informale alla fine si arriva sempre alla sostituzione di una moneta con l'altra. In questo caso sarebbe diverso, perché una moneta resterebbe solo per i pagamenti in contanti, mentre l'altra sarebbe utilizzata per le transazioni non-cash.

Focus: se la Germania introducesse una valuta parallela, i risparmi in Euro detenuti dai cittadini tedeschi si svaluterebbero nei confronti della nuova valuta nazionale che invece tenderebbe ad apprezzarsi?

Lucke: non sto proponendo una valuta parallela per la Germania, perché non è la Germania a dover uscire. Ma in termini puramente astratti: la questione fondamentale è se sarà possibile convertire i depositi esistenti nella nuova valuta. In un paese che va verso una svalutazione, sarebbe consigliabile non effettuare questa conversione, vale a dire lasciare i depositi denominati in Euro. Se si riesce a comunicare questo concetto in maniera comprensibile, il rischio di un bank-run è minimo. Se invece si dovesse introdurre una nuova valuta in un paese che va verso una rivalutazione, sarebbe consigliabile convertire automaticamente questi depositi nella nuova valuta, cioè il D-Mark.

Focus: che cosa accadrebbe ai crediti delle assicurazioni sulla vita?

Lucke: tutti i rapporti di indebitamento interni verrebbero convertiti nella nuova valuta. La maggior parte delle assicurazioni, soprattutto le assicurazioni sulla vita, sarebbero coinvolte. Un problema ci sarebbe pero' per i debiti esteri: i crediti tedeschi verso l'estero, denominati in Euro e definiti secondo la legge del paese estero, resterebbero in Euro - e cio' significa che questi crediti perderebbero una parte del loro valore.

Focus: dopo l'uscita dei paesi del sud, ci sarebbe un nuovo Euro?

Lucke: se torniamo di nuovo a questo scenario si'. Contemporaneamente all'uscita dei paesi del sud, si dovrebbe trovare un accordo con in partner del nuovo Euro su due punti fondamentali: da un lato, ciascun paese dovrebbe avere la possibilità di uscire dalla zona Euro, se dovesse ritenere che l'Euro per lui ha un impatto economicamente svantaggioso. Dall'altro, dovrebbe esserci un divieto assoluto di garantire per il debito di altri stati. Se gli stati del nuovo Euro accettassero una tale modifica dei trattati, penso che sarebbe auspicabile mantenere il nuovo Euro. Ma se i francesi e i belgi ritengono che la Germania, l'Austria e l'Olanda un giorno debbano essere chiamati a garantire anche per il debito pubblico belga o francese, a mio parere sarebbe molto meglio sciogliere completamente l'Euro. Solo per una questione di pura strategia, durante i negoziati dovremmo dire chiaramente che siamo pronti a tornare al D-Mark. Se escludessimo questa eventualità sin dall'inizio, non avremmo mai la possibilità di imporre delle modifiche ai trattati europei.

Focus: sul sito web di AfD scrivete che la Bundesbank avrebbe pensato alle conseguenze di un fallimento dell'Euro. Esiste già un "piano B" ufficiale?

Lucke: a cosa la Bundesbank si sia preparata noi non lo sappiamo. Ma sappiamo che hanno simulato degli scenari alternativi. Per questo ci siamo appellati alla legge sulla libertà di informazione e vorremmo sapere se l'introduzione di una valuta parallela viene ritenuta utile o addirittura inevitabile e se gli studi fatti riguardano la dissoluzione completa dell'Euro oppure solo l'uscita di alcuni stati. Abbiamo conseguentemente scritto al governo federale e alla BaFin (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht). 

Focus: e quale sarebbe il piano B della Bundesbank?

Lucke: la Bundesbank si è rifiutata di fornire ulteriori informazioni, poiché riguardano le attività all'interno del sistema delle banche centrali e questo sarebbe escluso dalla legge sulla libertà di informazione

Focus: avete delle ipotesi sui contenuti segreti degli scenari alternativi formulati dalla Bundesbank?

Lucke: le ipotesi non aiutano. Ma possiamo concludere che questi scenari non abbiano delle conseguenze catastrofiche, altrimenti il governo li avrebbe pubblicati immediatamente, per poter giustificare la propria politica. Ci sono delle alternative credibili ed economicamente ragionevoli rispetto alla politica del governo, e gli elettori tedeschi ne sono stati privati.

Focus: lei crede ci siano alternative piu' economiche rispetto al piano di salvataggio multimiliardario?

Lucke: ancora una volta: se gli scenari formulati dalla Bundesbank fossero stati cosi' sfavorevoli, tali da sostenere la politica del governo in maniera inequivocabile, senza dubbio sarebbero stati comunicati al pubblico. Ci sono delle alternative - in aperta contraddizione con l'affermazione della Cancelliera, secondo cui la sua politica sarebbe priva di alternative.

Focus: è una teoria complottista?

Lucke: no. La risposta della Bundesbank dimostra che questi studi esistono. Ma le autorità federali hanno impedito la diffusione di documenti scomodi fino al giorno delle elezioni, e oltre. Gli elettori sono stati privati di informazioni importanti, e i partiti di governo sono stati avvantaggiati. Abbiamo informato il Presidente della repubblica e chiesto sostegno per i diritti dei cittadini, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta.

Focus: i cittadini tedeschi sull'Euro hanno un'opinione molto diversa. Perché nessun partito a parte AfD si batte per la fine dell'Euro nella sua forma attuale?

Lucke: mi è difficile rispondere a questa domanda in maniera soddisfacente, anche io ne sono sorpreso. Posso anche capire che per i partiti che hanno contribuito in maniera significativa alla sua introduzione, sia difficile abbandonare il progetto ed ammetterne il fallimento. Questo potrebbe almeno spiegare il comportamento della CDU e della CSU. Ma perché ad esempio la SPD nel ruolo di partito di opposizione non ha proposto un piano alternativo per il salvataggio dell'Euro, come ci si dovrebbe aspettare da un partito di opposizione. Perché la SPD non ha sottolineato che la politica attuale avvantaggia le banche che hanno fatto speculazioni, e che i costi saranno invece sostenuti dai contribuenti, che ora dovranno assumere questi rischi. Perché la SPD non riesca ad ammettere che aver lasciato soffrire la popolazione di Grecia, Portogallo e Cipro in una dura crisi economica che dura ormai da 3 anni e mezzo, è una totale mancanza di solidarietà, mi è incomprensibile. Su questo posso solo dire che ho capito perché alle elezioni la SPD ha preso solo il 25% dei voti: sicuramente non è stata in grado di rappresentare gli interessi dei lavoratori.

Focus: arriviamo al suo partito. AfD viene accusata di populismo di destra. Perché i democratici dovrebbero darle il loro voto?

Lucke: perché siamo dei democratici. Si è antidemocratici quando si cerca di discreditare costantemente un giovane partito, invece di discutere sulle posizioni e i contenuti. Siamo cittadini rispettabili. Ci impegniamo, è un nostro diritto democratico, e fondiamo un partito. Un democratico, anche se ha un'altra opinione, dovrebbe darci il benvenuto. Poiché noi siamo in competizione, cercano di etichettarci come un partito di destra senza nessuna prova sostanziale. Che cosa c'è di veramente di destra nel nostro programma? Il fatto che critichiamo l'Euro? Che ci battiamo per avere una legge sull'immigrazione simile a quella canadese e per una gestione piu' liberale del diritto di asilo? Non vi è una sola delibera, anche nella piu' piccola sezione locale nell'est, che possa essere considerata di destra. In assenza di queste prove, ci vengono lanciate delle accuse generiche. Perché dovremmo provare che invece queste accuse sono sbagliate? Dovrebbe essere chi ci lancia queste accuse a fornire una prova.

martedì 22 ottobre 2013

E se con la Große Koalition arrivassero gli eurobond light?

Die Zeit prova a delineare la politica europea della sempre piu' probabile Große Koalition: meno austerità, piu' crescita e forse gli eurobond light. E' solo fantapolitica oppure la SPD riuscirà davvero a cambiare la politica europea dei tedeschi? Da Die Zeit.
Il governo nero-rosso potrebbe trovare un accordo su di un programma di crescita per i paesi in crisi e sugli eurobond in versione light. Ma non ci saranno importanti riforme strutturali - per paura degli euro-critici.

La nuova sfumatura la si è potuta ascoltare lo scorso mercoledì, quando Angela Merkel ha parlato della futura politica europea. La Cancelliera, che nella crisi Euro fino ad ora ha avuto il ruolo di commissario al risparmio, durante un congresso del sindacato dei chimici e dell'energia, da sempre vicino alla SPD, ha parlato della necessità di avere solide finanze, di ridurre il deficit e finalmente anche di qualcos'altro: della crescita. 

Se ci fosse ancora il governo nero-giallo (CDU-FDP) le cose sarebbero andate diversamente. Ma ora i vertici della CDU vogliono costruire dei ponti verso la SPD. Che gli ha sempre rimproverato di essersi affidata unicamente a misure di risparmio per i paesi in crisi e di dimenticare le drammatiche conseguenze per la popolazione. Per questa ragione ora Merkel inizia a muoversi verso la SPD.

Non ha bisogno dei socialdemocratici solo per continuare a governare. Sa bene che la sua euro-politica l'ha resa vulnerabile: da un lato l'accusano di essersi spinta troppo in là con gli aiuti ai paesi in crisi. Dall'altro l'accusano per la sua politica di austerità con la quale è riuscita a mantenere integra l'Eurozona, ha fatto partire le riforme nei paesi in crisi - ma con costi politici e sociali molto pesanti.

Piu' stimoli per la crescita

Non da ultimo Merkel con la sua euro-politica ha facilitato l'avvento e la crescita di AfD e degli euroscettici in Germania. Sia la CDU che la SPD temevano allo stesso modo l'ingresso in parlamento di una forza euro-contraria. E cio' non potrà non avere un effetto sulla politica europea di una possibile grande coalizione.

Sicuramente il governo nero-rosso troverà un accordo sul proseguimento delle politiche per la riduzione del debito in Europa - ma con delle differenze. La Germania ha imposto a livello europeo il Fiskalpakt e il pareggio di bilancio. Ora CDU e SPD dovranno mettersi d'accordo su delle ulteriori misure da inserire in un eventuale accordo di coalizione, per stimolare la crescita nei paesi in crisi e per combattere l'elevata disoccupazione giovanile. E un tale accordo allo stesso tempo rafforzerebbe la fiducia verso l'UE nei paesi in crisi. Lo strumento da utilizzare a tale scopo potrebbe essere la tassa sulle transazioni finanziarie, che fino ad ora 11 stati UE, fra cui Germania e Francia, hanno detto di voler introdurre. La tassa potrebbe essere inserita nel contratto di coalizione. Che cosa esattamente se ne farà, pero', è un'altra storia.

Non è ancora chiaro come si potranno finanziare i programmi di crescita e la creazione di posti di lavoro. L'Unione si affida ai fondi già presenti all'interno dell'UE, la SPD insiste sulla richiesta di emettere obbligazioni comuni. Su questo punto lo scontro è già programmato. Per la CDU gli eurobond sono un tabu'; Merkel ha dichiarato che non ci saranno fino a quando lei resterà in vita.

La bad-bank dei paesi Euro

La SPD rema in un'altra direzione. Ma un compromesso potrebbe essere un accordo per la creazione di un fondo per l'ammortamento del debito. Che non è stato proposto solo dalla SPD, ma di recente anche dal Consiglio dei saggi economici (Wirtschafts-Sachverständigenrat). In una tale "bad-bank" i paesi Euro potrebbero spostare tutti i debiti che superano il limite del 60% del PIL. Il fondo sarebbe poi responsabile per il pagamento degli interessi e il rimborso del capitale. Potrebbe emettere le proprie obbligazioni - garantite da tutti i membri dell'unione monetaria, soprattutto dalla Germania.

In questo modo i paesi piu' indebitati avrebbero una riduzione del carico debitorio. Potrebbero concentrarsi sulle riforme strutturali e forse tornare sui mercati con emissioni proprie. E la SPD avrebbe raggiunto il suo obiettivo in maniera indiretta, senza che la CDU e la CSU debbano rinunciare al loro "Nein" verso la messa in comune del debito.

Già ora la BCE con il suo programma per l'acquisto di titoli di stato garantisce per i debiti dei paesi in crisi - di fatto sono stati messi in comune. Anche la Germania garantisce. "Merkel prima o poi dovrà dirlo con chiarezza. La BCE sta facendo quello che noi chiediamo", dice il portavoce per la politica europea della SPD, Michael Roth. Ammette pero' che il suo partito non è riuscito a chiarire il tema, e non ha saputo comunicare l'appello per l'emissione di titoli di debito comuni. In questo modo ha scoperto il fianco agli euro-contrari.

Roth ribadisce che le obbligazioni europee comuni dovranno essere emesse solo a certe condizioni. Ci saranno solo quando i rispettivi stati si saranno impegnati in un consolidamento delle finanze e avranno fissato degli standard comuni in politica economica, sociale e finanziaria. La solidarietà è una "strada a due direzioni". Ma tutto questo suona un po' come il mantra di Merkel, "aiuti solo in cambio di riforme".

Probabilmente nessuna modifica ai trattati

Molto piu' complesso è invece il tema della democratizzazione dell'EU e dell'unione politica. Tutti i partiti si sono resi conto che la continua richiesta di "piu' Europa" non fa altro che rafforzare la riluttanza dei cittadini, anche se questo dovesse significare un maggior coinvolgimento del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali nelle decisioni di Bruxelles. In primo piano nel dibattito c'è il trasferimento a livello europeo di ulteriori competenze nazionali.

Molto controversa è la possibilità per la Commissione europea di concludere accordi bilaterali con i singoli paesi membri. Con questi accordi gli stati si impegnerebbero ad attuare le riforme e a rilanciare la crescita. In cambio ci sarebbero nuove risorse finanziarie da attingere da un nuovo budget dell'Eurozona. Un'idea tedesca, che circola da almeno un anno, e di cui lunedi "Der Spiegel" è tornato a parlare. Ma che si scontra con una mancanza di interesse da parte dei paesi beneficiari. I governi di questi paesi dovrebbero infatti costantemente spiegare ai loro elettori che non si lasciano comprare da Bruxelles. Al vertice UE di dicembre i capi di governo toneranno a discutere delle possibili riforme ai trattati. Ma al momento nessuno crede che l'idea possa essere realizzata nei prossimi anni.

I politici europei, a Berlino come a Bruxelles, criticano il fatto che i capi di governo e di stato, sulla scia dell'eurocrisi, sono gli unici ad avere voce in capitolo sui temi piu' importanti  e che alle istituzioni europee non resta che prendere atto delle decisioni o semmai cambiarle solo leggermente. E anche un governo nero-rosso su questo tema non cambierebbe molto. Un riorientamento dell'EU in direzione di uno stato federale o di una confederazione è molto difficile, non solo per la resistenza della Gran Bretagna, che continua a rifiutare le necessarie modifiche ai trattati, ma anche e soprattutto perchè fra gli europei lo scetticismo è sempre piu' diffuso.

Il nuovo slogan di Berlino non sarà quindi "piu' Europa", ma "un'Europa migliore". "Dobbiamo spiegare meglio l'Europa", dice Roth della SPD. E' qui la mancanza principale di Merkel, ma anche del suo partito. In futuro dovremo spiegare ai cittadini che solo quello che non puo' essere gestito a livello nazionale dovrà essere trasferito a livello europeo, "perché li' potrà essere gestito in maniera migliore"; il ben noto principio della sussidiarietà. E anche quando i singoli stati come la Gran Bretagna cercheranno di bloccare il processo, gli altri stati dovranno andare avanti da soli.

Il politico europeo della CDU Elmar Brok ha descritto le consultazioni per formare una coalizione in questo modo: "siamo d'accordo sull'obiettivo di un'Europa unita. Ma ora dobbiamo concentrarci su cio' che è ragionevole e possibile".

lunedì 21 ottobre 2013

Tra lobbismo e corruzione (seconda parte)

La CDU riceve 690.000 € dalla famiglia proprietaria di BMW. Cosa c'è dietro questa donazione? Prova a raccontarlo Die Zeit mettendo insieme i tasselli della trattativa europea sulle emissioni di CO2. E' solo un capolavoro di lobbismo? Arriva da qui
Per sapere quanto sia stato ampio il cambio di direzione basta guardare indietro. Per mesi l'industria automobilistica tedesca pensava di uscirne sconfitta. Die Zeit dispone dei protocolli interni dei negoziatori tedeschi nei mesi che hanno preceduto la svolta. Documentano la posizione dei 27 stati membri, i punti di attrito, e il crescente isolamento del governo federale - ormai molto distante dagli obiettivi di difesa ambientale.

Nel protocollo dell'8 maggio si dice: "Anche il Portogallo intende appoggiare le dure richieste del Consiglio, e non quelle meno severe della Commissione". Ma in seguito alla pressione di Berlino la posizione è cambiata di 180 gradi. Come ha fatto la Gran Bretagna, che sempre secondo il protocollo inizialmente non mostrava "un grande interesse" per la posizione tedesca. Lo stesso vale per i Paesi Bassi.

Ancora una settimana prima della riunione decisiva la Germania era molto lontana dall'avere una maggioranza per la sua posizione. C'erano indicazioni date alla Presidenza del consiglio europeo che chiedevano di imporre nei negoziati con la Commissione dei valori piu' rigidi. E il compromesso era stato inizialmente trovato.

Ma i lobbisti di Berlino si sono spaventati - e hanno mandato avanti la Cancelliera. Che inizia a cercare alleati, convince gli inglesi e gli altri paesi. Il compromesso viene bloccato. E ci si chiede che cosa sarà dell'accordo quando arriverà il nuovo governo tedesco.

Che l'accordo non imponga dei valori di CO2 piu' impegnativi è sicuramente una prima vittoria per BMW e Daimler. I costi politici potrebbero essere enormi, la decisione segna la rottura di un tabu' nella politica europea.

"Lei deve immaginare", ci dice un diplomatico europeo alquanto arrabbiato, "che la Germania sta giocando la finale della coppa del mondo contro la Spagna. La Germania perde, ma pretende che si giochi di nuovo". Anche il politico CDU Thomas Ulmer, relatore del Parlamento europeo nei negoziati, è sorpreso: "E' davvero impressionante il modo in cui gli interessi in gioco all'interno del consiglio europeo sono bruscamente cambiati".

Il clima a Bruxelles è avvelenato. "Fino ad ora potevamo essere sicuri che il risultato di una negoziazione doveva essere rispettato da tutti i partecipanti, ma ormai non è piu' così", teme il parlamentare europeo Groote. I diplomatici parlano di "fine dell'integrità". Altri invece stanno già pensando a come poter infastidire i tedeschi.

La prima replica c'è già stata. Parigi ha proibito la vendita dei nuovi modelli Mercedes in Francia (poi revocata), sostenendo che i climatizzatori non utilizzano un liquido conforme con le regole EU. Anche Ford all'interno della VDA ha criticato apertamente la condotta tedesca. Ford teme che nelle prossime decisioni ci siano conseguenze negative per tutti i costruttori.

100 lobbisti lavorano per Volkswagen in giro per il mondo

Ma davvero i nuovi obiettivi di CO2 danneggiano cosi' tanto le case automobilistiche tedesche? "Assolutamente no", dice Axel Friedrich, ex esperto automobilistico dell'associazione per la protezione ambientale tedesca e ora consulente internazionale in tema di regolamenti sulla CO2. La lobby automobilistica tedesca ha una certa esperienza nel mettere in guardia dalla deindustrializzazione del paese che si avrebbe se nuove regole ambientali fossero introdotte. E' successa la stessa cosa durante le negoziazioni per l'applicazione dei limiti alle emissioni di CO2 da applicare entro il 2015. Alla fine i produttori tedeschi ne hanno beneficiato - perché le regole hanno spinto verso l'innovazione. Sono stati creati addirittura posti di lavoro, dice Friedrich, e tutti i gruppi automobilistici hanno raggiunto gli obiettivi in anticipo rispetto al 2015.

Al contrario il mantra del presidente dell'associazione Wissmann recita: "con il successo globale nelle vendite dei modelli premium, i produttori tedeschi sono stati capaci di finanziare le loro innovazioni, come ad esempio lo sviluppo dell'auto elettrica, come ha fatto BMW con la sua I-series". I modelli premium sono auto di particolare valore, in particolare Audi, BMW, Mercedes e Porsche. L'80% del mercato mondiale è controllato dai tedeschi. Non vogliamo che l'Europa ci prescriva di produrre "un auto piccola", ha detto Wissman difendendo la sua posizione.

Interessante, anche fra i produttori le posizioni sono differenziate. Thomas Steg nel quartier generale di VW a Wolfsburg è molto piu' tranquillo di Wissmann. Il numero uno Martin Winterkorn due anni fa lo ha portato a Wolfsburg e l'ha messo a capo dei rapporti esterni e con il governo.

Steg ora guida le truppe lobbiste dell'intero gruppo. Ci dice, il loro compito, secondo quanto suggerito da Winterkorn, "in futuro sarà sempre piu' importante", in Germania, in Europa e in tutte le regioni del mondo in cui le dodici marche del gruppo sono presenti. Circa 40 lobbisti riportano direttamente a Steg, a questi si aggiungono 60 colleghi delle varie marche e filiali nazionali, stima il lobbista capo. Steg rappresenta quello di cui Winterkorn ha bisogno: relazioni eccellenti in campo politico. Steg è stato portavoce del governo federale per 7 anni, prima sotto Gerhard Schröder e poi per la Große Koalition.

Il fatto che Steg resti calmo durante una discussione cosi' accesa ha un semplice motivo: VW non ha alcun problema con il limite dei 95 grammi. "Volkswagen ha già dichiarato che farà di tutto per raggiungere, senza se e senza ma, il valore dei 95 grammi di CO2", aggiunge sempre Steg. 

Che il CEO Martin Winterkorn lo abbia annunciato personalmente in una dichiarazione congiunta con Greenpeace, ha causato un qualche disappunto sia nell'associazione dei costruttori che presso i concorrenti Daimler e BMW. Nella dichiarazione manca una parola. Winterkorn non ha menzionato i super-crediti. Si puo' facilmente chiarire: il gruppo VW ha in produzione molti modelli assetati di benzina, ad esempio Audi o Bentley, ma anche tanti modelli piccoli e a basso consumo di carburante, come Skoda, Seat, e VW. Non avrebbe bisogno della benevolenza di Greenpeace. Anche se il gruppo ambientalista in piu' occasioni ha denigrato il produttore e le sue auto descrivendole come il "maiale ambientale".

Dal momento della dichiarazione congiunta "da parte di Greenpeace non c'è piu' stata alcuna azione contro VW", dice Steg. Che rapidamente aggiunge: "naturalmente VW è solidale con le richieste fatte dalla VDA".

Ma sulla presunta armonia dei costruttori Steg ammette: "Gli interessi dei produttori in Europa sono sempre piu' etereogenei, è sempre piu' difficile trovare un consenso anche minimo a livello europeo".

Mentre VW aspetta con una certa tranquillità, a Stoccarda e Monaco i colleghi di Steg devono darsi da fare. Bloccare ulteriormente il compromesso costerebbe loro altro denaro. Daimler si è appena assicurata i servizi di Eckart von Klaedens in qualità capo-lobbista. A breve passerà dal ruolo di sottosegretario presso la cancelleria, a capo lobbista presso Daimler. Non sappiamo quanti saranno i lobbisti che riporteranno a lui, ma solo a Bruxelles ci sono 11 posti a tempo pieno e 2.8 milioni di Euro stanziati per quell'ufficio.

Lavorerà probabilmente insieme al capo dei lobbisti BMW Maximilian Schöberl, che per la casa bavarese si occupa di comunicazione e grazie al suo precedente ruolo di portavoce CSU sotto Theo Weigel ha acquisito una certa esperienza politica. Avrà a sua disposizione 26 lobbisti da impiegare a Berlino, Bruxelles, Washington e Pechino. Schöberl considera molto  positiva l'azione di Angela Merkel con cui è riuscita a rinviare il compromesso sulla CO2. Ma quale è stato il ruolo del primo ministro bavarese Horst Seehofer nell'attivare la cancelliera?

Schöberl sul tema dice: "abbiamo cercato di far valere la nostra opinione presso tutti i leader politici. Un paese che beneficia economicamente del segmento premium piu' di ogni altro prodotto industriale, deve fare in modo che i regolamenti siano applicabili dai produttori".

I produttori potrebbero fare molto di piu'. E lo mostra il salone dell'auto di Francoforte. Dove esattamente? Soprattutto negli stand dei produttori tedeschi di auto premium.

Ci sono diverse auto di grandi dimensioni che restano sotto il livello utopico dei 70 gm di emissioni. Una classe-S di Daimler, una Porsche Panamera quattro porte, la nuova supersportiva I8 di BMW, tutte combinano benzina ed energia elettrica. Sono tutti esempi del fatto che anche grandi auto possono cavarsela con soli 3 litri. 

E nel frattempo che cosa succede a Bruxelles? Il primo di luglio è iniziato il semestre di presidenza della Lituania. Su internet il governo lituano - in lituano e tedesco - ha reso noto quali saranno gli sponsor del semestre di presidenza. In cima alla lista c'è "Krasta auto", l'importatore lituano di BMW. E ancora: "per tutto il periodo della presidenza l'azienda fornirà 180  BMW nuove". Le prime 80 auto sono già state consegnate.

domenica 20 ottobre 2013

Tra lobbismo e corruzione (prima parte)

La CDU riceve 690.000 € dalla famiglia proprietaria di BMW. Cosa c'è dietro questa donazione? Prova a raccontarlo Die Zeit mettendo insieme i tasselli della trattativa europea sulle emissioni di CO2. E' solo un capolavoro di lobbismo, o c'è di piu'? Da Die Zeit
Per il Ministro degli Esteri tedesco la questione è chiara: "la contraddizione fra il nobile mondo della diplomazia e lo sporco mondo degli affari è superata. Entrambi possono stare insieme...". Guido Westerwelle ha lanciato questo messaggio durante la conferenza annuale dei diplomatici tedeschi che ogni anno si tiene presso il Ministero degli Esteri. Li', i diplomatici tedeschi di tutto il mondo si incontrano con i rappresentanti delle imprese tedesche piu' importanti. Il pranzo è pagato dalle imprese.

Il Ministro ha rangraziato dicendo: "ci consideriamo dei fornitori di servizi per le imprese tedesche".

Westerwelle viene applaudito - anche da Martin Winterkorn, il potente capo della Volkswagen che con 550.000 dipendenti è la piu' grande impresa industriale tedesca.

Il 66enne manager del settore automobilistico, che da qui al 2018 vuole fare di VW il piu' grande produttore di auto del mondo, parla dopo il Ministro. In particolare ringrazia "per l'ampio sostegno ricevuto" e per la buona collaborazione: dopo tutto la Coca Cola ci ricorda l'America, Samsung la Corea del Sud e Volkswagen ci fa venire in mente "le belle auto e la Germania".

Di fatto l'industria automobilistica nel nostro paese occupa 750.000 persone. Considerando i sub-fornitori e i rivenditori si potrebbe arrivare a diversi milioni. I costruttori di auto restano la parte piu' importante dell'industria tedesca.

E le aziende tedesche sono capaci di far valere questo peso specifico a loro favore, per poter imporre i loro interessi. Nessun'altra industria è riuscita a farlo meglio. I lobbisti tedeschi hanno spinto la Cancelliera a mettere da parte la difesa dell'ambiente e il galateo diplomatico. Portano il governo federale a negoziare con gli altri governi europei fino a minacciare una ritorsione. Convincono altri paesi a fare gli interessi del governo tedesco.

L'industria automobilistica tedesca ha spinto Angela Merkel a parlare di protezione della base industriale, quando invece stava solo difendendo gli interessi dei grandi gruppi. Il modo in cui la Cancelliera di solito si batte per questi interessi, per i funzionari di governo degli altri paesi è solo un ricatto.

Quando Matthias Groote (SPD) il 24 giugno di quest'anno, dopo una lunga maratona negoziale, esce dal palazzo del consiglio europeo a Bruxelles, questo sviluppo è ancora impensabile. Groote è molto stanco, ma anche soddisfatto. Finalmente ha raggiunto il suo piu' grande successo politico. Per giorni il deputato europeo ha trattato per conto del Parlamento europeo con i rappresentanti dei governi e della Commissione. L'argomento era la tutela del clima, e il fatto che le auto in futuro dovranno ridurre le loro emissioni di anidride carbonica.

Groote è il presidente della potente commissione ambientale, e alla luce degli equilibri di potere europei pensa di aver fatto un buon lavoro e di aver raggiunto un valido compromesso, come accade sempre a Bruxelles: entro il 2020 le nuove auto non dovranno emettere piu' di 95 grammi di CO2 per km, o consumare piu' di 4.1 litri di benzina oppure 3.6 litri di diesel ogni 100 km. Questa norma non dovrà riguardare ogni auto. Se un gruppo costruisce auto che hanno emissioni maggiori, puo' bilanciare le emissioni con auto che restano sotto questa soglia. Alla fine conta la media di tutti i veicoli che il gruppo costruisce.

Ci sono anche regole speciali: i produttori di auto piu' grandi ottengono un limite superiore, cosi' BMW e Daimler potranno raggiungere i 101 grammi, mentre il produttore di piccole auto Fiat solo 89 grammi. E' stata la Germania ad imporlo. Inoltre ci sono dei bonus per i costruttori che producono auto particolarmente amiche dell'ambiente, ad esempio le auto elettriche. BMW ad esempio puo' compensare i suoi pessimi dati per le grandi berline assetate di benzina, con quelli delle sue nuove auto elettriche.

Limiti, regole speciali, crediti, questo è l'accordo. Groote non è orgoglioso dei super-crediti, ma è comunque soddisfatto per il compromesso. I negoziatori alla fine si danno la mano. Il voto nel Consiglio viene considerato una formalità, come di solito accade con questi accordi in Europa.

Ma la Germania non rispetta la sua parola

Nei 3 giorni che seguono la stretta di mano gli emissari del governo tedesco fanno in modo che nel consiglio europeo non ci sia il voto sull'accordo. Il dossier scompare dall'ordine del giorno. 

Tutto questo è accaduto sotto la presidenza irlandese. Nel frattempo la Lituania ha assunto la presidenza dell'EU. "Siamo consapevoli dell'importanza del dossier", ha dichiarato una portavoce lituana, solo che sul compromesso non c'è piu' una maggioranza. Non è chiaro quando il provvedimento tornerà all'ordine del giorno e se prima delle elezioni del 2014 si riuscirà a trovare un accordo.

Che cosa è successo nei tre giorni dopo il compromesso?

Subito dopo l'uscita di Groote dalla riunione fiume di quel lunedi, i primi lobbisti sono arrivati a Berlino. I manager di Daimler e BMW sono particolarmente decisi. Sanno che per far raggiungere i limiti fissati alle auto prodotte nelle loro catene di montaggio servirà molto lavoro. BMW già da tempo vorrebbe darsi l'immagine di una casa automobilistica amica dell'ambiente. Se ci fossero delle sanzioni per gli eccessivi livelli di anidride carbonica "per il numero uno di BMW Norbert Reithofer sarebbe un disastro in termini di immagine", dice un lobbista dell'auto. Per potersi difendere, secondo i loro calcoli, hanno bisogno di un super-credito molto piu' alto.

I gruppi automobilistici e l'associazione dei produttori di auto tedeschi (VDA) mettono in allarme i loro contatti politici: l'accordo deve essere fermato.

Di cosa hanno bisogno: 35% della popolazione EU e almeno 4 stati membri. Il progetto di fatto puo' essere bloccato se i governi che intendono farlo rappresentano altrettanti cittadini europei. 

Hanno a disposizione 3 giorni ed una lunga lista di politici navigati, la cui vera punta di diamante è l'ex ministro dei trasporti Matthias Wissmann (CDU), attuale presidente della VDA.

Wissmann riceve nella sala del camino, nella sua prestigiosa residenza di rappresentanza a Berlino, proprio accanto al palazzo del governo. Secondo Wissman non si tratta solo di un nuovo limite alle emissioni, ma del futuro industriale della Germania, e di tutta l'Europa. Alla fine il paese è uno dei pochi ad avere ancora una forte industria, "e il cuore della forza industriale del paese è l'industria automobilistica".

Wissmann motiva la frenata tedesca con la frase: "in una decisione cosi' importante l'accuratezza è piu' importante della velocità".

Se fallisce il modello di business delle case automobilistiche tedesche, fallisce l'Europa, cosi' il suo messaggio. La buone relazioni fra lui, i suoi colleghi ed il governo federale riusciranno a bloccare il provvedimento.

La carriera del presidente di VDA è un esempio della vicinanza fra politica e mondo industriale: all'età di 27 anni è entrato al Bundestag per la CDU, fino a diventare ministro dei trasporti nei governi Kohl. 6 anni fa è passato alla carica di presidente della VDA.

La sua rete di contatti l'ha portata con sé. Con il commissario all'energia Günther Oettinger ha un'amicizia molto forte risalente ai primi anni di militanza politica. La lista dei desideri del mondo industriale da inviare ad Angela Merkel, viene completata a mano da Wissmann con la frase: "cara Angela...". Ma si trova molto bene anche con i socialdemocratici: Frank-Walter Steinmeier e il leader della IG-Metall Berthold Huber durante la crisi finanziaria lo hanno aiutato nell'ottenere i miliardi di Euro per la rottamazione delle vecchie auto, e per il prolungamento del Kurzarbeit. E lo appoggiano anche anche nella lotta per i super-crediti.

Grazie ai mesi di intensa attività lobbista della VDA, la Cancelliera è già sensibilizzata sui bisogni delle case automobilistiche. Sarà sufficiente per evitare il compromesso impopolare?

Preoccupati per la situazione, i vertici di BMW hanno avvisato il presidente del Land Baviera  Horst Seehofer, nel cui ufficio di presidenza hanno buoni contatti. Seehofer è intervenuto immediatamente presso la Cancelliera, cosi' raccontano gli addetti ai lavori. L'ufficio della Cancelliera ha immediatamente ripreso il dossier dal Ministero dell'ambiente. 

Il compromesso di Bruxelles ora è una questione da gestire ai vertici, e Merkel diverrà il lobbista piu' importante dell'industria automobilistica tedesca.

I diplomatici di diversi stati membri confermano che la Cancelliera e il suo staff nei giorni seguenti hanno contattato molti dei 26 capi di governo europei. Alcuni sono stati chiamati personalmente da Merkel, nel tentativo di collegare i negoziati sulle emissioni di CO2 con quelli sul budget europeo. Il premier britannico David Cameron, cosi' racconta un diplomatico, ha appoggiato la richiesta di Merkel di un rinvio della decisione sulla CO2, in cambio di un appoggio tedesco al controverso sconto per i britannici sui contributi verso la UE.

Cio' che Merkel ha promesso agli altri capi di governo non è chiaro. Sicuramente nulla le sarà concesso gratis: "una cosa è certa: ci sarà un prezzo da pagare", ci dice un altro addetto ai lavori. Di solito in tali negoziati si tratta come in un bazar: io ti concedo maggiori emissioni, tu mi dai qualcos'altro. Cosa accade realmente di solito lo si sa solo qualche mese dopo - quando i governi votano in alleanze alquanto insolite.

Oltre a barattare con gli inglesi, Merkel orchestra una pressione soft sui portoghesi e i paesi dell'est. Nelle conversazioni personali con i colleghi esteri i rappresentanti del governo ricordano che gli stabilimenti tedeschi sono situati nei loro paesi. Cosi' riportano diverse fonti. "Il Portogallo nel pieno di una profonda recessione è stato messo sotto ricatto dal governo federale. VW produce le proprie auto anche in quel paese", dice l'eurodeputato dei Verdi Rebecca Harms. Anche l'Olanda, da sempre pioniere nella difesa ambientale, si deve piegare.  BMW ha recentemente acquistato uno stabilimento nel paese. I rappresentanti del governo tedesco si sono soffermati anche su questo punto. E ora tutti sembrano appoggiare la richiesta di rinvio tedesca...(CONTINUA)

venerdì 18 ottobre 2013

Piu' indifferenza che leadership

Quali sono gli elementi chiave del successo economico tedesco? Risponde un francese, Guillaume Duval, direttore di  Alternatives économiques, rivista francese di economia, e autore del libro Made in Germany. Intervistato da Ragemag.fr
Nel suo libro dedicato al modello tedesco lei è stato molto critico nei confronti delle riforme realizzate dal predecessore di Angela Merkel, il socialdemocratico Schröder, perché?

Duval: Se oggi la Germania si trova in una buona situazione economica, dovremmo dire malgrado Schröder e non grazie a Schröder. Bisogna capire bene che cosa è stato Schröder. Noi francesi abbiamo la tendenza a considerare la Germania come un grande paese social-democratico sul modello scandinavo. Questa visione è totalmente falsa. La Germania è un paese conservatore, che è stato governato quasi ininterrottamente dalla destra. La SPD è un partito forte, ma che ha esercitato il suo potere per un breve periodo. Dopo la seconda guerra mondiale ad esempio ha governato con Helmut Schmidt e Willy Brandt, ma sempre in coalizione con altri partiti di destra, CDU e FDP.

Quando Schröder arriva al potere, è la prima volta che la sinistra - SPD e Verdi - ha una vera maggioranza. Paradossalmente questa situazione è stata l'occasione per realizzare una politica anti-sociale, come la Germania non aveva mai visto prima. In 7 anni di governo Schröder è riuscito a fare della Germania un paese piu' ineguale della Francia; la situazione di partenza era l'opposto.

Per questa ragione la destra in Europa lo considera un riferimento. Ma non credo che Schröder abbia fatto gli interessi di lungo periodo della Germania. Al contrario, ha indebolito uno dei punti di forza del modello tedesco: il suo livello di coesione sociale.

Inoltre, se è riuscito a fare questa politica, l'ha fatta esercitando una forte pressione sulla spesa pubblica. Sotto la sua guida, la SPD ha rinunciato a realizzare una parte del suo programma, vale a dire trovare un rimedio all'assenza di strutture per accogliere i bambini. In Germania, a causa della mancanza di queste strutture, molte donne sono costrette a scegliere fra lavorare o avere dei figli. Fatto che contribuisce al pesante problema demografico che il paese sta vivendo.

Un'altra conseguenza di questa pressione al ribasso sulla spesa pubblica: la Germania è il solo paese OCSE a trovarsi in una situazione di disinvestimento pubblico. Detto altrimenti, le spese per la manutenzione delle strade e degli edifici pubblici sono insufficienti per compensare l'usura delle attrezzature. Dall'inizio degli anni 2000, il livello degli investimenti pubblici tedeschi è meno della metà di quello francese. E' lecito avere qualche dubbio sul fatto che questo sia un buon modo per pensare al futuro di un paese...

Infine, questa politica ha generato dei grandi deficit pubblici. Durante i primi 12 anni della zona Euro, la Germania non è stata capace di raggiungere il criterio del 3% almeno per 7 anni, e quello del debito pubblico per 11 anni. Un cattivo scolaro per il patto di stabilità. Ed è un peccato che Schröder, che ha aggiunto 390 miliardi di Euro al debito tedesco, oggi sia considerato un modello per la gestione delle finanze pubbliche.

Ma quando François Hollande è andato in Germania per celebrare i 150 anni della SPD, si è affrettato a lodare le riforme coraggiose di Schröder...

Duval: Si'. Ma la considero cortesia. Se fosse convinto che tali riforme sono realmente auspicabili anche in Francia, ci starebbe portando su di una strada molto pericolosa.

Le riforme Schröder per i lavoratori tedeschi sono state molto costose in termini di salario: oggi hanno lo stesso potere d'acquisto del 2000. Sono costate care anche in termini di occupazione: la Germania ha ritrovato solo nel 2010 lo stesso livello di occupazione che aveva nel 2000, se si considerano solo i lavori per i quali è previsto l'obbligo di assicurazione sociale.

Oltre a questi, sotto la guida di Schröder, si sono sviluppate anche delle forme di sotto-occupazione, i ben noti mini-job. Contratti di lavoro privi di ogni assicurazione sociale per chi guadagna meno di 400 € al mese. In cambio non avranno alcuna pensione...oggi circa 5 milioni di persone subiscono questa situazione.

Oppure, non sarà forse Angela Merkel che sta facendo un po' meglio dei suoi predecessori?

Si, paradossalmente. La sua politica è stata un po' meno anti-sociale. Ha corretto certi eccessi, per esempio nelle riforme Hartz IV. Recentemente ha fatto sforzi significativi per mettere in piedi degli asili o delle strutture di accoglienza che permettano ai genitori con bambini di continuare a lavorare

Il suo successo elettorale non è quindi una sorpresa...

Durante il periodo Schröder l'economia tedesca è andata molto male. C'erano piu' di 5 milioni di disoccupati quando ha lasciato il governo. Tuttavia, l'economia ha iniziato a recuperare all'incirca nel 2005, e ha resistito piuttosto bene durante la crisi del 2008-2009. I tedeschi sono tentati di attribuire il successo a Merkel. Secondo me ci sono altri elementi che possono spiegare il successo economico, fra cui tre cose già esistenti prima della crisi, e 3 invece che si rivelano durante la crisi.

Prima della crisi - e paradossalmente - è la sua depressione demografica che permette alla Germania di andare abbastanza bene. In effetti, se i francesi tendono a vedere solo gli aspetti positivi dell'alta natalità, bisogna sapere che l'educazione dei figli ha un costo. Bisogna nutrirli, dargli una casa, abbigliarli, prendersene cura, educarli...tutte spese a cui i tedeschi non hanno dovuto far fronte.

La conseguenza principale si fa sentire in un ambito particolare: quello degli alloggi. La Germania, che ha perso oltre 500.000 abitanti dall'inizio degli anni 2000, ha un mercato immobiliare meno caro di quello francese. Dal 1995, il prezzo degli immobili in Francia si è moltiplicato di 2.5 volte, mentre in Germania non si sono mossi di un millimetro. Un alloggio a Parigi costa 8.000 € al mq, contro i 2.300 € mq di Francoforte.

Questi due fattori - spese piu' contenute per le abitazioni, minori spese legate ai figli - spiega perché i tedeschi per un lungo periodo hanno accettato delle politiche di moderazione salariale. Altro fattore di buona salute economica prima della crisi: la caduta del muro di Berlino. I tedeschi si sono lamentati molto per i costi della riunificazione. E' vero, è costata molto ed è stata difficile. Ma per la Germania non è stata solo un fatto negativo. All'inizio gli ha dato un mercato interno piu' ampio. Poi, noi europei, con le politiche condotte dalla Bundesbank, abbiamo largamente finanziato la riunificazione .

Infine e soprattutto, i tedeschi sono stati i veri vincitori della reintegrazione dei paesi dell'Europa centrale e orientale nel contesto europeo. Li hanno incorporati molto rapidamente nel loro tessuto produttivo. Prima della caduta del muro, il principale paese  fornitore della Germania in subappalto era la Francia. Oggi invece è stata sostituita dalla Polonia, dalla Rep. Ceca, dalla Slovacchia e dall'Ungheria. E se si considera che fra il costo del lavoro in Francia e in Polonia c'è ancora un rapporto di 5 a 1, si puo' facilmente capire quello che la Germania ha ottenuto in termini di competitività dei suoi prodotti.

Inoltre, alcune caratteristiche del modello tedesco permettono di capire perché la base industriale tedesca non si è ristretta. La delocalizzazione a est è stata solo parziale. Per una ragione essenziale: l'industria tedesca funziona sulla base della codeterminazione. I datori di lavoro devono negoziare tutto con i sindacati. Per questa ragione si è arrivati a delle delocalizzazioni solo parziali.

Infine, la Germania ha visto esplodere la domanda dei paesi emergenti nei settori in cui è specializzata. Soprattutto le macchine utensili, molto popolari nei paesi in cui le fabbriche nascono come funghi. Oppure le auto di fascia superiore, che si esportano bene nei paesi in cui emerge una vera e propria classe media.

Quali sono i fattori che hanno permesso alla Germania di resistere durante la crisi?

Duval: Il fattore piu' importante non sono state le riforme del lavoro realizzate da Schröder, ma il fatto che non abbiano funzionato. La Germania nel 2009 ha avuto una recessione quasi doppia rispetto alla nostra. Noi in quell'anno abbiamo perso 350.000 occupati, i tedeschi nessuno. Nonostante le nuove possibilità offerte dalle leggi Schröder, nessuno ha licenziato. Le imprese hanno gestito la situazione internamente, come è sempre accaduto, utilizzando il lavoro a tempo ridotto.

Secondo fattore: la Germania ha ampiamente beneficiato della crisi del debito. I tassi di interesse sono rimasti eccessivamente bassi. Gli investitori sono arrivati addirittura a pagare pur di avere il suo debito, poiché questo sarebbe piu' sicuro rispetto a quello degli altri paesi della zona Euro.

E' stato fatto il seguente calcolo: la riduzione degli interessi fra il 2008 e il 2012 ha permesso un risparmio di 70 miliardi di € di interessi sul debito. Piu' di quanto la Germania abbia dovuto sborsare per aiutare i paesi in difficoltà attraverso il fondo EFSF/ESM. 55 miliardi di € che del resto non sono dei costi secchi, ma dei prestiti al 4%...e di cui ci si puo' aspettare che la maggior parte possa essere rimborsata. Niente a che vedere con la situazione dell'Italia, che ha un impegno di 40 miliardi di € per l'EFSF/ESM, che presta al 4%, ma che prende in prestito a tassi molto piu' alti...

Infine, terzo fattore di buona salute relativa nonostante la crisi: la debolezza dell'Euro in rapporto al dollaro. L'Euro forte, arrivato a 1.6 $ per 1 € nel 2008, ha liquidato una gran parte dell'industria europea. Poi è tornato a circa 1.35 $ per 1€, come oggi. E' ancora troppo per il Portogallo, la Spagna o la Grecia, ma l'industria tedesca, ne trae beneficio. E' stato un grande aiuto per le esportazioni al di fuori dell'Eurozona.

In che misura le esportazioni tedesche al di fuori della zona Euro compensano la perdita nei mercati di sbocco dell'Eurozona legata alla crisi e alla compressione della domanda europea?

Grazie alla relativa debolezza dell'Euro negli ultimi tempi, il calo è già stato compensato. L'avanzo commerciale tedesco è stato di 170 miliardi nel 2007, realizzato per 3/4 nella zona Euro. Nel 2012, l'avanzo era sempre di 180 miliardi di Euro, ma realizzato per 3/4 fuori dalla zona Euro. 

Non pensa ci sia quindi una forma di indifferenza tedesca nei confronti della crisi?

Duval: Si', esattamente. Si parla molto di leadership tedesca, ma in verità c'è piuttosto un'assenza di leadership. La Germania ha ottenuto una leadership economica di fatto, ma non sa cosa farne sul piano politico. Si comporta come una gallina che ha trovato un coltello.

A cio' si aggiunge un tratto del carattere di Angela Merkel. Abbiamo a che fare con una tedesca dell'est che ha scoperto l'UE a l'età di 35 anni, che prima non aveva mai viaggiato in Italia, Spagna o Grecia, e che ha scoperto tutto questo attraverso dei viaggi ufficiali e dei vertici europei. Io credo che lei non stia realmente capendo molto di quello che succede in Europa.

In sintesi, l'ipotesi di un egoismo tedesco non la seduce. Secondo lei si tratta molto piu' di inerzia.

Duval: Si'. Il rimprovero fatto a Merkel in un certo documento del Partito socialista mi sembra totalmente inefficace. Accusare un leader politico di essere concentrato piu' sugli interessi del suo popolo che verso quelli degli altri, tende a rafforzare la fiducia dei suoi elettori.

Ma soprattutto è falso. La vera critica che si puo' fare a Merkel è di condurre una politica contraria agli interessi tedeschi. Compresi quelli degli investitori, i cui risparmi sono investiti in larga parte fuori dalla Germania, nel resto d'Europa. Vale a dire, se i paesi europei resteranno in recessione, se per questa ragione non riusciranno a ridurre l'indebitamento e se finiscono per fallire annullando il loro debito, i risparmiatori tedeschi saranno i primi a perdere una parte dei loro averi...

Cosa potrebbe fare la Francia per rilanciare l'asse franco-tedesco?

Duval: Si tratta di una coppia che per la Germania è molto meno importante che per la Francia, soprattutto da quando ha ritrovato la sua unità e la sua centralità in Europa...