sabato 6 aprile 2019

La scienza economica come ideologia per la legittimazione del mercantilismo

Come sia possibile utilizzare la "scienza economica" per legittimare l'ideologia mercantilista e gli interessi degli esportatori tedeschi, secondo Michael Wendl, lo fornisce il recente esempio del Consiglio consultivo incaricato dal Ministero dell'economia di Berlino. Per Wendl, economista, sindacalista e politico della SPD, l'obiettivo del comitato di studiosi incaricato dal governo tedesco probabilmente era proprio quello di dare un supporto scientifico ai tradizionali argomenti mercantilisti. Ne scrive un ottimo Michael Wendl su Blickpunkt-Wiso


La  legittima critica al surplus commerciale estero tedesco continua a essere sminuita da piu' parti. Un esempio particolarmente discutibile è stato recentemente fornito dal Consiglio Consultivo del Ministero Federale dell'Economia.

A fine marzo è stato pubblicato un rapporto del Consiglio scientifico del Ministero Federale dell'Economia (BMWi), con il quale i membri del Consiglio consultivo si sono espressi in merito alle elevate (e croniche) eccedenze commerciali tedesche. La critica di Donald Trump al surplus commerciale estero tedesco verso gli Stati Uniti è ben nota, ma oltre a Trump anche l'OCSE, il Fondo Monetario Internazionale, i politici degli altri paesi della zona euro, alcuni economisti di fama internazionale e non da ultimo la Commissione europea si sono espressi in maniera critica sui permanenti eccessi di conto corrente tedeschi. L'UE  inoltre ha formulato una norma di stabilità intesa a garantire che le eccedenze delle partite correnti nazionali non superino il 6 % del PIL. Sebbene le eccedenze tedesche negli ultimi anni siano sempre state tra il 7,2 e l'8,6 % del PIL, la Commissione europea non ha osato avviare le misure concordate.

La reazione del governo federale tedesco e della maggior parte degli economisti su questo tema è stata quella di sostenere che la forte domanda di esportazioni tedesche è un segno dell'elevata qualità della produzione tedesca e di un'elevata competitività, e quindi va oltre la responsabilità della politica. I critici ovviamente non sono così ingenui da accontentarsi solo di così poco - e forse questo è proprio il motivo per cui il Comitato di esperti economici ha dovuto ribadire il concetto "dal punto di vista scientifico". A tal fine si è formato un comitato consultivo di economisti che ideologicamente può essere attribuito in maniera prevalente all'ordoliberalismo tedesco.
(...)

Comanda il conto capitale o il saldo commerciale?

Il comitato consultivo, per giustificare le eccedenze di conto corrente tedesche, presenta due argomenti. Il primo è l'argomento secondo il quale una società che invecchia (come quella tedesca) deve accumulare grandi risparmi per potersi fare carico in futuro di un'alta percentuale di persone non occupate. L'esportazione dei risparmi tedeschi sarebbe quindi un'assicurazione per il futuro. La tesi secondo cui una società che invecchia tende a risparmiare e che i risparmi spingono verso l'esportazione di capitali ha due precondizioni. In primo luogo, che il saldo del conto capitale venga prima del conto corrente, e che la bilancia commerciale ne segua i risultati. Questa era la visione dell'economista austriaco Eugen von Böhm-Bawerk (1914), il quale ancora oggi ha molti seguaci. Sotto la condizione che l'oro rappresenti la moneta mondiale, questa tesi potrebbe essere ancora valida. Oggi tuttavia le importazioni sono finanziate dalla creazione di moneta e credito senza alcuna copertura aurea. In questo senso ad essere un problema non è il fatto che i risparmi delle famiglie e delle imprese statunitensi siano relativamente bassi. I risparmi (il conto capitale) equivalgono agli acquisti e agli investimenti (partite correnti) solo nell'ideologia neoclassica, ma non nella realtà economica. La bilancia commerciale è la dimensione piu' rilevante, ed è seguita dal conto capitale. In secondo luogo, la teoria dell'esportazione di capitali presuppone che le banche siano solo intermediari di denaro, che raccolgano risparmi ed erogano dei prestiti. Nella realtà invece creano denaro dal nulla - e i loro prestiti finanziano gli investimenti, che a loro volta generano reddito e risparmi. Questa è stata una scoperta chiave di Keynes nella sua critica alla dottrina classica, la quale ipotizzava che i risparmi servissero semplicemente a finanziare gli investimenti. Entrambi i presupposti della tesi secondo cui, una società che invecchia tende a risparmiare di piu', e che i risparmi spingono all'esportazione di capitali non sono quindi veri.

Il secondo argomento per giustificare l'avanzo delle partite correnti tedesche è quello secondo il quale la liberalizzazione del mercato del lavoro e la conseguente riduzione del costo del lavoro sarebbero state la correzione necessaria dopo un eccessivo apprezzamento del Marco causato dalla riunificazione tedesca e quindi solo un riflesso necessario di un corso errato. Questa tesi è falsa, anche perché nel periodo immediatamente successivo alla riunificazione c'era stato un surplus commerciale significativo e pertanto non vi è alcuna ragione per parlare di una sopravvalutazione del Marco. La fase di moderazione salariale generale in Germania inizia nel 1996. La stessa liberalizzazione del mercato del lavoro è responsabile dell'espansione del settore a basso reddito, ma non per la crescente competitività internazionale delle aziende tedesche. L'avanzo corrente elevato si fonda su una debole domanda interna, in quanto la moderazione salariale e la deflazione hanno funzionato doppiamente: in primo luogo, come un vantaggio competitivo aggiuntivo grazie all'effettiva diminuzione del costo unitario del lavoro, in secondo luogo, come indebolimento della domanda interna. Per questa ragione l'inflazione tedesca è rimasta piu' bassa rispetto a quella dei paesi importatori, fatto che si è tradotto in una vera e propria svalutazione reale dei prodotti tedeschi - che di fatto sono diventati più economici rispetto ai prodotti degli altri paesi.

Il ruolo della tassa sul valore aggiunto

L'importo delle imposte sulle vendite o dell'IVA incide sul saldo della bilancia commerciale, in quanto questa imposta deve essere pagata sulle importazioni verso la Germania, ma non viene pagata sulle esportazioni tedesche. A tale riguardo il Consiglio consultivo esamina l'effetto di una possibile riduzione dell'IVA sulla bilancia commerciale. Attraverso la riduzione dell'IVA dal 19 % al 16 % e alla compensazione delle relativa riduzione delle entrate fiscali mediante un aumento delle imposte sul reddito, le importazioni verso la Germania diverrebbero più convenienti, e in tal modo si ridurrebbe lo squilibrio fra esportazioni e importazioni. Il Consiglio pertanto suggerisce implicitamente che con l'aumento dell'IVA del 2007 e con la contemporanea riduzione dei contributi per l'assicurazione contro la disoccupazione si è verificata una correzione politica delle ragioni di scambio in favore dell'export tedesco. Il Consiglio tuttavia respinge tali misure in quanto ritiene che maggiori imposte sul reddito limiterebbero l'offerta di manodopera più produttiva e allo stesso tempo smorzerebbero la domanda di lavoro di manodopera poco qualificata. Non è chiaro tuttavia se il governo con l'aumento dell'IVA del 2007 abbia intenzionalmente mirato ad influenzare politicamente un aumento dell'eccedenza delle partite correnti. Se così fosse, allora sarebbe vero il contrario.

Il rifiuto del comitato consultivo non è supportato da argomenti; resta un segreto come possano aver definito la produttività dei singoli lavoratori. La loro tesi si basa sul dogma secondo il quale il livello dei salari equivale alla produttività dei lavoratori. Questa produttività tuttavia non può essere misurata empiricamente in un'economia basata sulla divisione del lavoro. A tale proposito la riflessione del Consiglio consultivo finalizzata alla riduzione dell'IVA e all'aumento della progressività dell'imposta sul reddito è una proposta sensata. Combinare tutto ciò con un aumento dei contributi previdenziali aumenterebbe il costo del lavoro, che a sua volta ridurrebbe il surplus delle partite correnti. Anche qui è chiaro che il Consiglio consultivo in realtà non vuole una riduzione di queste eccedenze. Viene respinto anche il rafforzamento della domanda interna da realizzare attraverso la spesa pubblica espansiva in quanto il moltiplicatore della spesa del governo sarebbe inferiore rispetto al moltiplicatore fiscale, il che significa che i tagli fiscali avrebbero effetti di crescita più elevati rispetto agli aumenti della spesa pubblica. Qui il comitato consultivo fa riferimento alla "letteratura più recente" del 2009 (!), sebbene calcoli più recenti (ad esempio di Olivier Blanchard) sulla effettiva dimensione del moltiplicatore della spesa pubblica e la conseguente discussione che ne è nata abbiano portato a risultati opposti.

Effetti della politica salariale

In merito alla questione della politica salariale il Consiglio consultivo ha discusso gli effetti dell'aumento del livello dei salari nel settore pubblico, il quale verrebbe immediatamente seguito da un aumento dei salari nel settore privato. Ciò è tuttavia irritante in quanto nella politica di contrattazione collettiva tedesca, la gestione delle tariffe, degli stipendi e l'orario di lavoro nel settore delle esportazioni è in mano alla IG Metall. Invertire questo rapporto di forza non è realistico, dato il potere di sciopero esistente nei vari settori dell'economia. Ciò dimostra anche che il Consiglio consultivo non comprende la politica contrattuale tedesca e le sue particolarità. Il Consiglio consultivo, inoltre, rifiuta anche di riconoscere il fatto che un aumento degli stipendi sarebbe un mezzo per la riduzione degli avanzi delle partite correnti. Senza dubbio salari più elevati comporterebbero un apprezzamento del basso tasso di cambio reale tedesco, ma allo stesso tempo vi sarebbero effetti recessivi nell'economia che ridurrebbero la domanda di importazioni mettendo a repentaglio l'occupazione. Su questa base teorica pertanto è anche logico che il Consiglio non discuta di un aumento del salario minimo legale. Per loro l'aumento dei salari in genere è una minaccia per l'economia tedesca e porta alla recessione.

Il Consiglio consultivo inoltre non si preoccupa di confrontarsi con le eccedenze finanziarie nette delle società tedesche non finanziarie e di riequilibrare l'economia secondo le eccedenze e i disavanzi dei diversi settori.


Poiché in un'economia ogni credito è sempre accompagnato da una passività dello stesso importo, il saldo di tutte le attività e delle passività in un'economia è sempre pari a zero. Questi crediti e queste passività sono distribuiti in maniera non uniforme fra i diversi settori economici. In Germania, le famiglie, le aziende e il settore pubblico hanno accumulato dei crediti riducendo i corrispondenti debiti. Il surplus del commercio estero resterà tale finché i saldi dei tre settori nazionali nel loro complesso resteranno positivi. Probabilmente non vogliono capire una tale analisi macroeconomica, perché questa contraddice con i loro dogmi ordoliberali.

Conclusione

Che gli elevati e permanenti surplus commerciali e di conto corrente con l'estero costituiscano per la zona euro un rischio significativo e che per i partner commerciali implichino degli svantaggi permanenti, in quanto questi paesi resteranno cronicamente indebitati, e che la strategia dell'export tedesco porta ad una de-industrializzazione di questi paesi, per il comitato consultivo apparentemente non è un problema. Vengono discusse anche alcune proposte molto sensate per ridurre queste eccedenze, ma vengono tutte rifiutate in maniera più o meno decisa. Ciò dimostra che il Consiglio stesso ha cercato di supportare le argomentazioni in favore del mercantilismo tedesco. Il rapporto, pertanto, aveva la funzione principale di respingere le critiche provenienti dall'estero e dalle istituzioni economiche di fama internazionale.

-->

10 commenti:

  1. Quando si fanno considerazioni di questo genere sarebbe opportuno entrare un po' più nei dettagli per capire come e dove si forma questo surplus commerciale. Non dico Michael Wendl, che è un sociologo e non un economista, ma i 'soloni' del FMI e similari. I 228 mld di euro di surplus del 2018 sono praticamente conseguiti con le due principali categorie per ordine di saldo positivo: mezzi di trasporto (autoveicoli) e macchinari per l'industria, rispettivamente con 113 e 107 mld, le restanti categorie si compensano a vicenda. I Paesi che vedono un deficit maggiore per la prima categoria, autoveicoli, sono in ordine decrescente: Cina, USA, UK, Francia , Italia, Svizzera, Corea, Belgio e Russia. Insieme fanno 86 mld di deficit con (o di surplus per) la Germania. Nella seconda categoria, macchinari, sono (sempre in ordine decrescente): USA, Francia, UK, Russia, Spagna e Belgio. Insieme fanno 49 mld di deficit o di surplus a seconda di come la si vuole osservare. Chi mastica l'economia reale sa che queste due categorie dipendono dalla situazione economica di benessere, nel caso degli autoveicoli chi è appassionato di auto sa che il segmento in cui le case tedesche sono dominanti è quello di fascia medio alta. Questo significa che più un Paese vede crescere il proprio benessere e più cresce la domanda di autovetture di marchi teutonici. Idem per i macchinari, più una economia di una nazione è in fase espansiva e più cresce la domanda di macchinari per la propria industria che vede i prodotti tedeschi primeggiare. Questo significa che la teoria in base alla quale aumentando i salari in Germania porterebbe un calo del surplus è priva, in questo caso, di consistenza. Non è con qualche quintale di arance che si pareggia il conto di settori come quelli sopra menzionati, anche se accompagnati da qualche cartone di Chianti! Da notare poi che i salari nei due settori medesimi sono proprio tra i più alti rispetto agli altri, quindi anche la solita litania della 'deflazione (o moderazione?) salariale' che avrebbe favorito l'export tedesco e il surplus non regge, sempre analizzando nei dettagli tale argomento.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Wendl studierte Soziologie und Volkswirtschaftslehre in München und Berlin.

      Per quanto riguarda le auto, data l'ora la faccio breve ed evito di scrivere una lenzuolata. Prendiamoo la Vw UP, la Polo, la Golf e il Tiguan, o il T-Cross T-Rock e gli altri suvvettini made in Wolfsburg, se subissero un aumento del prezzo in concessionaria del 10 o 20% perché il costo del lavoro tedesco è aumentato in misura corrispondente non pensi che diminuirebbe la domanda di queste stesse auto in Francia, Italia e Spagna e non pensi che si creerebbero spazi di mercato per le auto italiane prodotte in Italia ma anche in Turchia (ad es Tipo) disponibili nella stessa categoria di mercato? Guarda che io lavoro in un settore che produce commodities o giu' di lì e la battaglia con i produttori europei ed extra-europei spesso si gioca sulle 5-10€/tonnellata. E comunque secondo la mia modestissima opinione sarai smentito dai dati perché l'export tedesco negli ultimi mesi si è mosso molto male, peggio di Italia e Francia, non voglio gufarla ma saranno i dati a smentire la tua tesi.

      Elimina
    2. Aggiungo che Wendl essendo un sindacalista tira l'acqua al mulino dei lavoratori, e mi sembra anche giusto, visto che è pienamente consapevole della posta in gioco e dei margini di manovra che in questi anni il sindacata ha avuto.

      Elimina
    3. La VW Up è prodotta in Slovacchia, nel moderno stabilimento di Bratislava assieme a Tuareg, Porsche Cayenne, Audi Q7 e Q8. La VW Polo in Spagna a Pamplona. Il costo del lavoro nell'industria automobilistica incide circa il 15% di quello complessivo, quindi ce ne vuole affinché il prezzo di listino aumenti sensibilmente.

      Elimina
  2. Amico mio, in Germania vengono prodotti oltre 5 millioni di autoveicoli, un aumento del costo del lavoro andrebbe a colpire l'intera gamma delle auto tedesche. Quando Vw compra un componente da un fornitore bavarese è evidente che il costo del lavoro è incluso nel prezzo della fornitura, quel 15 % di cui parli tu è puramente randomico, avresti potutto scrivere 15.56%, era piu' credibile. I dati sul commercio estero appena pubblicati confermano che l'export rallenta, che le importazioni crescono e che il surplus dei primi 2 mesi si riduce rispetto al 2018, lentamente ma si riduce.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Rileggi i dati dell'export, sarai più... attendibile! I salari non aumentano certo a livelli tali da compromettere il costo finale, il dato medio del 15% vale da Wolsburg a Bratislava a Cancun! Se vuoi ti scrivo una 'lenzuolata' per spiegarti perché l'incidenza del costo del lavoro è oggi, nell'industria automobilistica, alquanto poco sensibile tant'è che i premi produzione (che qui in Italia se li sognano) sono molto alti. Ti dico solo che quando una azienda delocalizza in un Paese il cui costo del lavoro è una frazione di quello di 'casa', non lo fa solo per questo ma per tutto quanto l'insieme. Anche il capannone, i terreni e quant'altro sono proporzionalmente inferiori. Te lo dice chi ha gestito da dirigente una delocalizzazione in Slovenia.

      Elimina
  3. A rieccolo il cazzaro Cocucci, che prima diceva che l'Italia non partecipava al progetto Eurofighter ( smentito dai fatti ) adesso dice che le aziende italiane non danno premi di produzione: la Fiat ha dato premi di produzione per 1500 €, Luxottica per 3000 €, Ferrari per 5000 €. Eppure la CAPRA IGNORANTE PDdina essendo un antitaliano patologico LECCACULO dei tedeschi non lo dice. Poi certo non sono come i premi delle aziende tedesche ma è normale, avendo un Marco svalutato al posto della nostra moneta è automatico essere meno competitivi, lo diceva anche Theo Waigel: se l'Italia uscisse dall'€ con un taglio netto del debito eliminerebbe la crisi, mentre se la Germania tornasse al Marco la sua economia fondata sulle esportazioni crollerebbe. Questo diceva l'ex ministro delle finanze tedesco. E Clemens Fuest dell'IFO ha detto che la ricchezza privata italiana nonostante l'euro è superiore a quella tedesca.
    Luca il PATRIOTA

    RispondiElimina
  4. "Ti dico solo che quando una azienda delocalizza in un Paese il cui costo del lavoro è una frazione di quello di 'casa', non lo fa solo per questo ma per tutto quanto l'insieme. Anche il capannone, i terreni e quant'altro sono proporzionalmente inferiori."

    E quanto tu scrivi non fa altro che confermare il fatto che il costo del lavoro è incluso nelle forniture e nei servizi che acquisti nel paese in cui operi, e pertanto un aumento del costo del lavoro si ripercuoterebbe sul livello generale dei prezzi.

    Ma in fondo la mia opinione è trascurabile, è quella di un blogger di provincia, vediamo invece cosa scrivono quelli col pezzo di carta pesante:

    Peter Bofinger (tuo idolo) scrive:

    “Più investimenti pubblici in Germania, inoltre, darebbero un contributo alla riduzione dell'eccedenza commerciale tedesca e al riequilibri degli squilibri economici all'interno dell'area dell'euro. Questo, a sua volta, potrebbe togliere il vento dalle vele del protezionismo del governo americano, particolarmente critico nei confronti della Germania a causa del suo surplus di conto corrente molto elevato."

    Sempre Bofinfer: "La Germania deve diventare piu' costosa": l'economista Peter Bofinger chiede forti aumenti salariali, per le pensioni e per i sussidi Hartz IV. Il forte aumento dovrebbe aiutare a disinnescare la crisi dell'euro." (2013)

    Heiner Flassbeck invece: in un'unione monetaria tutti i paesi devono avere lo stesso tasso di inflazione. La Germania ha violato il proprio obiettivo di inflazione del 2% - che gli altri paesi europei avevano adottato - e ne è rimasta al di sotto. I tedeschi grazie ad una politica di dumping salariale hanno potuto vendere i loro prodotti a buon mercato. Di conseguenza, la Germania ha sottratto all'Italia posti di lavoro e quote di produzione sui mercati mondiali.

    H.W Sinn, sempre puntuale: "La Germania vende le sue esportazioni ad un prezzo troppo basso e per i suoi avanzi con l'estero ottiene dei titoli di credito che in futuro potrebbero non avere alcun valore."

    Gustav Horn, impeccabile: "il risultato di fondo è che i nostri enormi avanzi commerciali possono essere ridotti solo con una strategia combinata. Si tratta di combinare insieme un deciso aumento dei salari e maggiori investimenti statali, che insieme faranno in modo che alla fine ci siano molte piu' importazioni e quindi un surplus commerciale notevolmente inferiore".

    E si potrebbe continuare...

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Su alcuni argomenti ho già espresso la mia opinione. Il Target2 è una fissazione di Sinn, nemmeno la sua banca commerciale o il Consiglio di Esperti Economici ne parla più. Flassbeck lo lascio a chi ha tempo da perdere e chi vuole consolarsi con chi avvalora posizioni stravaganti ma piacevoli per chi le legge. Bofinger è un economista che stimo anche se non comporta che condivida tutto ciò che scrive, sicuramente sull'assurdità di mantenere i livelli attuali di avanzo di bilancio delle amministrazioni pubbliche condivido pienamente. Oramai il debito è al di sotto del 60% del PIL, i tassi di interesse sono quasi tutti in territorio negativo, significa che l'emittente (governo) anziché pagare riceve soldi collocando titoli di debito (!). E' il momento di cambiare rotta aumentando gli investimenti infrastrutturali e riducendo il carico fiscale oltre che migliorare il welfare. Sull'avanzo commerciale ribadisco che è tema che dipende più dalla situazione dei due principali settori che riportano surplus: automotive e macchinari. Ti ho invitato a rivedere i dati del commercio estero perché a febbraio come a gennaio le esportazioni sono aumentate mentre l'avanzo si è ridotto, trend che si registra da anni recenti. Il tasso di incremento delle importazioni infatti è superiore a quello delle esportazioni. Se vai/andate al sito della asscociazione dei produttori automotive tedeschi (VDA) e si leggono i dati sull'export di autoveicoli per trasporto di persone si può vedere come il trend è calato sensibilmente mentre le importazioni non hanno registrato lo stesso andamento, ragione per cui il surplus si è ridotto e di conseguenza si è riversato anche sul dato complessivo. C'è anche il dato sull'incremento di costo nel settore: https://www.vda.de/en/services/facts-and-figures/annual-figures/vehicle-cost-index.html Dal 2010 (anno base dell'indice = 100) al 2017 il costo medio di produzione per gli autoveicoli per trasporto di persone è aumentato del 5,1% (indice = 105,1), ritengo meno dell'aumento del costo del lavoro nello stesso periodo. Per quanto riguarda le forniture di componentistica dovresti sapere che se ti chiami Volkswagen, Daimler, BMW ma anche Fiat il prezzo lo fanno loro, non tu fornitore! Se ti presenti chiedendo un aumento perché ti è aumentato il costo del lavoro non è detto che te lo accolgano. Inoltre per la maggior parte delle forniture ogni componente ha più fornitori ai quali viene assegnata una quota. Tu 'bavarese' hai un prezzo maggiore? Riduco la tua quota a favore dell'italiano (o altri) che hanno un prezzo inferiore.

      Elimina
    2. "Tu 'bavarese' hai un prezzo maggiore? Riduco la tua quota a favore dell'italiano (o altri) che hanno un prezzo inferiore." e fu così che si ridussero gli avanzi con l'estero...CVD

      Elimina