domenica 14 giugno 2020

La dissonanza cognitiva dell'eurozona

"La verità è che la normalità non può esistere in un sistema monetario che pone deliberatamente i bilanci degli Stati nazionali, e quindi le democrazie nazionali, sotto la spada di Damocle dei mercati finanziari. L'euro è espressione della "democrazia conforme al mercato" canonizzata dalla stessa Cancelliera tedesca", scrive il giurista e pubblicista tedesco Erik Jochem su Makroskop. Una riflessione molto interessante di Erik Jochem su Makroskop


La crisi causata dal Coronavirus non è ancora del tutto superata, come spiega Paul Steinhardt qui, e il pericolo di un crollo dell'Eurosistema non giustificherebbe in alcun modo la violazione del divieto di finanziamento agli stati (previsto dai trattati) da parte della BCE mediante il suo programma per l'acquisto di titoli di stato della zona euro, recentemente messo sotto accusa dalla Corte costituzionale federale. In democrazia non ci sarebbe spazio per un intervento straordinario delle istituzioni statali secondo il principio della "necessità non conosce comandamenti".

Questa affermazione è discutibile - e non solo dopo il Coronavirus. Naturalmente ogni sistema giuridico e democratico prevede un possibile stato di emergenza, con il quale il legislatore democratico riconosce delle situazioni eccezionali nelle quali il destinatario della norma non può più essere tenuto ad agire secondo la legge.

Il fatto che alla BCE non sia ancora stato esplicitamente concesso un tale diritto di intervento in situazioni di emergenza, non cambia il fatto che il motto di Mario Draghi, il famoso "Whatever it takes", equivalga in sostanza alla dichiarazione di uno stato di emergenza monetaria permanente per l'Eurosistema, e che tale stato di emergenza continui ancora oggi. A maggior ragione dopo il Coronavirus durerà ancora piu' a lungo, e per un periodo di tempo imprevedibile.

Se le cose sono così chiare - cioè, quando il sistema è davvero in pericolo, le regole abituali che ne impediscono la sopravvivenza diventano obsolete - perché allora questa argomentazione non ha avuto alcun ruolo nella discussione fra giuristi, né davanti alla Corte costituzionale federale, né davanti alla Corte di giustizia europea?

Perché proprio la Corte di giustizia europea si sforza di presentare il programma di acquisti della BCE come un evento ordinario di politica monetaria all'interno del mandato della BCE?

Chi nell'eurozona, da una posizione di responsabilità, discute apertamente del fatto che gli acquisti obbligazionari della BCE sono dovuti ad una situazione di emergenza che minaccia l'esistenza dell'Eurosistema, dovrebbe anche poter dire immediatamente quando questa situazione di emergenza finirà e quando ci sarà un ritorno alla normalità - che del resto è l'elemento naturale nel dibattito pubblico sulla crisi da coronavirus.

La verità, tuttavia, è che la normalità non può esistere in un sistema monetario che pone deliberatamente i bilanci degli Stati nazionali, e quindi le democrazie nazionali, sotto la spada di Damocle dei mercati finanziari. L'euro è espressione della "democrazia conforme al mercato" canonizzata dalla stessa Cancelliera tedesca.

Chi non vuole parlare di questa natura paradossale dell'euro - e quale europeista ben educato lo farebbe - non dovrebbe usare la parola "emergenza", ma in maniera alquanto innaturale dovrebbe far finta che nell'eurosistema la normalità sia possibile, come accade in altri sistemi monetari. Lo scandalo non è la crisi permanente dell'euro, ma gli acquisti obbligazionari fatti dalla BCE per gestire la crisi.

Il fatto che il dibattito sulla realtà dello stato di emergenza perpetuo sia stato completamente accantonato in favore di un dibattito sul rispetto dei trattati è politicamente devastante ed è espressione di un ristagno intellettuale senza precedenti.

Invece di scacciare Brüning come figura simbolo dell'euro, la politica ha rinunciato volontariamente allo scettro della responsabilità economica e, invece di occuparsi della realtà, ha scelto di dedicarsi interamente alla lotta tra il bene e il male. La politica come gioco dei castelli di sabbia.

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