Ristrutturare o non ristrutturare il debito italiano? Friedrich Heinemann dello Zew di Mannheim, dichiara alla FAZ: "quando nel 2022 la fase acuta della crisi sarà terminata, avremo bisogno di una conferenza internazionale sul debito pubblico italiano. E naturalmente, i detentori dei titoli dovranno fare la loro parte e rinunciare in parte ai loro crediti". Anche Hans Werner Sinn è d'accordo nel far pagare il conto della crisi ai detentori dei titoli di stato italiani. Lars Feld, il consigliere del governo tedesco, invece è molto piu' cauto e tende ad escludere un taglio del debito pubblico italiano. Dalla FAZ e dalla Germania arriva l'ennesimo pistolotto sulla ristrutturazione del debito italiano.
(...) La situazione di partenza quindi è piuttosto tetra. La questione ora è la seguente: per risolvere i suoi problemi l'Italia ha davvero bisogno di un taglio del debito?. Ad ogni modo, un passo del genere non deve più essere considerato un tabù, raccomanda Hans-Werner Sinn, ex presidente dell'istituto Ifo di Monaco di Baviera. "Per quanto io sia favorevole ad un generoso aiuto finanziario nei confronti dell'Italia: è inaccettabile che i creditori italiani e stranieri vengano costantemente salvati dai contribuenti europei invece di partecipare essi stessi alle perdite", dice l'economista. Sinn fa riferimento al "Club di Parigi", un circolo informale per la negoziazione internazionale nell'ambito del quale solitamente vengono regolamentate tali cancellazioni del debito. "Ci sono regole collaudate per una ristrutturazione ordinata del debito". Dalla seconda guerra mondiale in poi, sostiene Sinn, ci sono state circa 180 ristrutturazioni di debiti pubblici. "E il mondo non è ancora finito". Anche nell'eurozona, un parziale taglio del debito per l'Italia, non sarebbe affatto una novità. Nel caso della Grecia, infatti, un taglio del debito è già stato effettuato durante la crisi dell'euro del 2012, ed è stato uno dei piu' grandi nella storia della finanza. A questi poi si sono aggiunti i controlli sui movimenti di capitale. "Temo che prima o poi dovremo farne uso anche nel caso dell'Italia, perché i pacchetti di salvataggio non dureranno a lungo", dice Sinn.
E questa è l'opinione anche di Friedrich Heinemann, esperto di finanze pubbliche dell'istituto di ricerca economica ZEW di Mannheim, il quale prevede: "il Fondo per la ricostruzione, alla fine non sarà in grado di risolvere i drammatici problemi finanziari italiani". Il denaro da mobilitare per gli aiuti è enorme - ma non sarà mai abbastanza per l'Italia. Molto più importante per l'Italia, dice, è che la Banca Centrale Europea (BCE) continui a sottoscrivere diligentemente i nuovi titoli di stato che il ministro delle Finanze a Roma contina ad emettere sui mercati. Ma in ultima analisi, saranno i contribuenti europei ad essere responsabili per i crescenti rischi che gravano sul bilancio della BCE.
Come Hans-Werner Sinn, Heinemann ritiene che non ci sia modo di evitare un taglio del debito pubblico italiano. "Il debito è troppo alto, il Paese non può uscirne", dice l'economista dello ZEW. "Quando nel 2022 la crisi acuta sarà terminata, avremo bisogno di una conferenza internazionale sul debito pubblico italiano. E, naturalmente, i detentori di titoli dovranno fare la loro parte e rinunciare a una parte dei loro crediti". Heinemann vuole far pagare il conto anche ai creditori.
Ma ci sono altri esperti che vedono le cose in maniera diversa. "L'Italia non ha bisogno di un taglio del debito", dice Lars Feld. L'economista di Friburgo presiede il Consiglio dei saggi economici, il cui compito è quello di consigliare il governo federale. In Grecia la riduzione del debito all'epoca si era resa inevitabile, ma questo confronto è fuorviante, spiega Feld: "L'Italia ha una consistenza economica completamente diversa. Se il governo italiano affrontasse finalmente con determinazione le riforme necessarie, si potrebbero liberare notevoli forze in termini di crescita economica". Egli conta sul fatto che il paese possa uscire dalla attuale situazione di indebitamento, in quanto la crescita economica sarebbe capace di generare maggiori entrate fiscali.
Un taglio del debito, d'altra parte, probabilmente farebbe piu' male che bene, sottolinea Feld: "Una volta estinti i debiti, diminuirebbe anche la pressione per affrontare le riforme necessarie alla crescita. E questo è l'esatto opposto di ciò di cui l'Italia ha bisogno". La Grecia ne è l'esempio ammonitore: il taglio del debito di otto anni fa ha ridotto solo temporaneamente il rapporto debito/PIL del paese. In assenza di una crescita economica, è tornato ad aumentare molto rapidamente - e ora è addirittura piu' elevato rispetto a prima della cancellazione del debito.
Nel caso dell'Italia, anche Feld considera troppo rischioso un taglio del debito. Il problema principale è che i maggiori creditori dello Stato italiano restano di gran lunga le banche italiane, che nei loro bilanci hanno delle quantità enormi di titoli di stato e crediti verso le istituzioni statali. A metà dello scorso anno le banche italiane erano creditrici nei confronti dello stato italiano per un totale di 690 miliardi di euro. Se questi titoli dovessero essere cancellati nell'ambito di una ristrutturazione del debito pubblico, molte banche finirebbero per trovarsi in difficoltà.
"Avremmo immediatamente una crisi bancaria in Italia, che si estenderebbe ad altri paesi europei a causa degli stretti legami creatisi", dice Feld. Le banche francesi, in particolare, hanno dei crediti elevati nei confronti dell'Italia e subirebbero quindi delle perdite massicce. Ma non si tratta solo delle banche. Anche le assicurazioni, i fondi di investimento e altri importanti investitori sono anch'essi creditori dello Stato italiano e sarebbero quindi colpiti da una ristrutturazione del debito.
Ancora una volta, quello della Grecia è stato un esempio ammonitore: la ristrutturazione del debito del Paese nella primavera del 2012 ha portato il panico sui mercati, in una fase già molto critica. "Guardando indietro, va detto che il taglio ha accelerato l'incendio dell'eurocrisi", lo ammette anche Heinemann dello ZEW, sostenitore di un taglio del debito. Per questo motivo non convocherebbe immediatamente quella "conferenza internazionale sul debito italiano" da lui raccomandata, ma lo farebbe solo nell'anno successivo - e anche in quel caso farebbe gravare sui creditori detentori delle obbligazioni solo una parte dell'onere della ristrutturazione. "Ora, nel bel mezzo della crisi economica, non lo si può fare. I mercati sono troppo fragili per una scelta del genere".
Hans-Werner Sinn non nega il rischio di una crisi finanziaria associata a un taglio del debito, ma ritiene che questo rischio sia il minore fra i due mali. La Francia è abbastanza forte per sostenere le sue banche in caso di emergenza, dice. In definitiva, si tratta di soppesare i rischi - e i politici mancano di lungimiranza in questo senso: "Hanno sempre paura dei rischi di breve termine per i mercati finanziari e in cambio accettano rischi che nel lungo termine sono molto piu' minacciosi", critica il Sinn. "Il salvataggio dei creditori tramite una messa in comune del debito erode gli stati e crea il pericolo di un'enorme guerra debitoria in Europa, che potrebbe far crollare l'UE".
Una cosa però deve essere chiara: anche se non ci fosse una nuova crisi finanziaria in Europa, un taglio del debito pubblico italiano probabilmente non sarebbe comunque gratuito per i contribuenti tedeschi. Perché negli ultimi anni la BCE ha acquistato montagne di titoli di stato italiani, e anche la banca centrale sarebbe inevitabilmente colpita da un taglio del debito. La Germania dovrebbe farsi carico di una parte di queste perdite. "La Bundesbank dovrebbe poi essere ricapitalizzata dallo Stato tedesco", dice Sinn. In casi estremi, questo potrebbe costare fino a 150 miliardi di euro.
Qual è la conclusione? Gli argomenti di entrambe le parti possono essere riassunti approssimativamente così: un taglio del debito per un grande paese come l'Italia sarebbe una ripartenza radicale, dopo dieci anni in cui i contribuenti hanno sostenuto direttamente o indirettamente dei costi molto elevati per i salvataggi nella zona euro. Ma i rischi di questo cambiamento di rotta sarebbero notevoli. E se la riduzione del debito possa essere davvero d'aiuto per l'Italia e gli altri Stati dell'euro, nel lungo periodo non è affatto certo. "Non c'è una via d'uscita facile", dice Hans-Werner Sinn. "Ci siamo davvero impantanati".
“Un taglio del debito, d'altra parte, probabilmente farebbe piu' bene che male, sottolinea Feld....“
RispondiElimina🤔
Un refuso? Forse era Più male che bene?
Corretto, grazie per la segnalazione!
EliminaGira e rigira stiamo sempre lì. Gli ordoliberisti considerano la banca centrale alla stregua di una banca commerciale. La banca centrale, crea, inventa, stampa il denaro. Come si fa ricapitalizzare una banca che crea il denaro? Boh sono sicuramente ignorante io sul tema.
RispondiEliminaInfatti lo sei, nel senso che ignori. Una banca centrale non "crea" moneta così, ma a seguito di un acquisto di un asset. Insomma, non può creare moneta per metterla sul proprio conto.
EliminaSe non fossi ignorante, nel senso di non conoscere l'argomento, avresti individuato una gaffe (e non secondaria di Hans Werner Sinn): l'acquisto dei titoli di Stato viene sì decisa in seno alla BCE ma attuata in larga maggioranza dalle singole banche centrali, ergo è la Banca d'Italia che acquista e detiene a bilancio i titoli italiani, di conseguenza a fronte di un taglio del debito sarebbe la nostra banca centrale a dover sopportare un passivo e, a differenza della Bundesbank, non sarebbe lo Stato a ripianare tale passività, bensì i suoi azionisti.
Ma guarda, ne abbiamo già discusso in passato, gli acquisti di titoli di stato vengono fatti da Banca d'Italia attingendo alla liquidità fornita tramite il Target2 all'interno dell'Eurosistema, che in questo caso funziona come uno scoperto di conto corrente. Quindi a fronte di quei 400-500 miliardi di TdS sul lato degli asset del bilancio di Banca d'Italia, sull'altro lato immagino ci siano altri 4-500 miliardi di liabilities dovuti ai saldi target negativi nei confronti dell'eurosistema.
EliminaDirei proprio di no,non funziona così. Il Target2 è una piattaforma per transazioni tra banche centrali. Il denaro con cui una banca centrale acquista obbligazioni è creato da sé stessa. Il Target2 non c'entra nulla, semmai registra pagamenti effettuati ad altra banca centrale se i titoli sono acquistati da banche o istituti non italiani ma con denaro creato dalla Banca d'Italia. Se non ci fosse questo pagamento avverrebbe, come era una volta, l'effettiva transazione. Insomma, per farla molto semplice, è come se tu con un click aumenti la tua disponibilità in conto corrente e contestualmente acquisti una casa, ma non paghi il venditore. Un intermediario segna il controvalore a credito per lui e a debito per te che a bilancio metterai la casa acquistata all'attivo e al passivo il denaro creato. Perché si è scelto il sistema Target? Semplicemente per facilitare i pagamenti.
EliminaSenza farla troppo complicata, se vai sull'ultima bilancia dei pagamenti pubblicata da Banca d'Italia a questo link:
Eliminahttps://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/bilancia-pagamenti/2020-bilancia-pagamenti/statistiche_BDP_20200619.pdf
Vedrai che fra le passività con l'estero di Banca d'Italia al 31-12-2019 c'erano 462 miliardi di euro di passività, che corrispondono in gran parte con il saldo Target negativo italiano.
E' opionine comune peraltro ritenere che l'aumento dei saldi Target corrisponde all'avvio degli acquisti di titoli di stato da parte della banche centrali nazionali, nell'ambito dell'eurosistema.
Scriveva infatti l'ottimo Hans Werner Sinn:
"Le due ondate Target
Il saldo Target tedesco durante la crisi è aumentato in due ondate. La prima ha raggiunto il suo picco nell'agosto 2012 con un massimo di 751 miliardi di euro. Dopo il crollo di Lehman il mercato dei capitali si rifiutava di continuare a finanziare i disavanzi delle partite correnti dei paesi dell'Europa meridionale e dell'Irlanda. Gli investitori stranieri volevano avere indietro il prima possibile i soldi prestati e si rifiutavano di fornire prestiti aggiuntivi. Fra i residenti dei paesi in crisi, inoltre, chi aveva dei beni tentava di venderli e di portare i soldi all'estero. L'auto-aiuto con la macchina stampa soldi sopra descritto ha permesso alle diverse economie di ricorrere allo scoperto di conto corrente misurato dai saldi Target.
Negli ultimi 4 anni abbiamo invece assistito alla seconda ondata. E' stata innescata dall'aspettativa e dall'attuazione del programma di acquisto titoli della BCE con il quale fra il marzo 2015 e il giugno 2018 sono stati acquistati titoli per un valore di 2.4 trilioni di euro, di questi 2 trilioni di euro erano titoli governativi. Sebbene ciascuna banca centrale abbia riacquistato solo i titoli di stato del proprio paese, i saldi Target sono tornati a crescere. Cio' è dovuto da un lato al fatto che i venditori volevano mettere in sicurezza in Germania la liquidità ottenuta con la vendita. Si tratta di un aspetto che alla luce del grande ritorno in Italia dell'eurocrisi è diventato sempre piu' importante. La fuga di capitali dall'Italia ma anche dal sistema bancario francese è stata significativa.
Dall'altro lato è dovuto ad un aspetto tecnico: i titoli dei paesi euro del sud in precedenza erano stati venduti in tutto il mondo per finanziare gli enormi disavanzi di conto corrente, ora per riacquistare questi titoli erano comunque necessari dei trasferimenti verso l'estero. In entrambi i casi la Bundesbank è stata obbligata ad accreditare i riacquisti e quindi anche i vecchi disavanzi delle partite correnti dei paesi del sud tramite una gigantesca azione di ristrutturazione del debito retroattiva."
Difficile? Se tu che risiedi in Germania possiedi 1000 BTP e me li vendessi al valore nominale, ovvero 100 euro, io dovrei fare un bonifico da 100 mila euro, giusto? 100 mila euro che avrei come disponibilità, giusto? Una volta effettuato il bonifico quei 100 mila euro li ho ancora sì o no? No, giusto? Viceversa il giorno dopo o quello successivo sul tuo conto hai accreditati 100 mila euro, giusto? Cosa importa quindi se a livello banche centrali italiana e tedesca come scrittura contabile, una registra 100 mila euro al passivo e l'altra all'attivo, compensate da corrispondenti scritture di segno opposto dall'altro lato (rispettivamente all'attivo e al passivo) alla voce riserve? Nulla. A meno che non menzioni H.W. Sinn il quale è terrorizzato al pensiero che l'Italia esca dall'euro e la Banca d'Italia, essendo una istituzione italiana, faccia 'marameo' e non regoli la passività con l'eurosistema (non con la Bundesbank!). Ma siamo matti? Sai le conseguenze? Saremmo esclusi dal mondo finanziario e comunque vi sarebbero ricorsi internazionali che ci costringerebbero a pagare. E poi perché non si dovrebbe? È passivo di una banca centrale, della nostra banca centrale, mica di una azienda o dello Stato.
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