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giovedì 9 aprile 2020

Voci dalla stampa tedesca sugli Eurobond

Frammentazione alquanto prevedibile nella linea editoriale adottata dalla stampa tedesca per affrontare il dibattito sugli eurobond. Al fronte dei contrari appartiene sicuramente Die Welt che da diversi giorni ormai porta avanti la sua linea secondo la quale con i titoli di stato comuni i soldi degli onesti e operosi contribuenti tedeschi finirebbero nelle mani della mafia italiana:

"Frau Merkel non cedere" titola il quotidiano di Amburgo, che poi scrive: "La solidarietà in Europa è un'importante categoria, ma anche la sovranità nazionale e la responsabilità dei politici nazionali nei confronti degli elettori del loro paese sono fondamentali". Prosegue  Die Welt: "deve essere chiaro che gli aiuti all'Italia - paese in cui la mafia a livello nazionale è molto forte e sta solo aspettando una nuova manna da Bruxelles - dovranno essere spesi esclusivamente nel settore sanitario e non finire nel sistema sociale e fiscale italiano". Conclude il quotidiano: "E, naturalmente, anche gli italiani dovranno essere controllati da Bruxelles e dimostrare che stanno usando i soldi correttamente"

Anche la FAZ resta decisamente scettica e teme che i corona-bond si trasformino nel Vaso di Pandora e siano l'inizio della tanto temuta unione di trasferimento:


Scrive infatti il quotidiano di Francoforte: "I sostenitori di tali obbligazioni sanno benissimo che se venissero introdotti come una forma di aiuto di emergenza, cambierebbero per sempre l'architettura della zona euro. Questo probabilmente non è nemmeno l'obiettivo minimo di molti sostenitori". Prosegue il commento della FAZ: "l'affermazione difensiva di chi sostiene che rimarrà un caso eccezionale mostra perfettamente l'ingenuità politica....chi apre il vaso di Pandora non sarà piu' in grado di chiuderlo".

Anche la BILD, che qualche giorno fa parlava addirittura dei "fratelli italiani" rema contro gli eurobond e con un commento rivolto al governo di Berlino si chiede "chi sarà alla fine a dover pagare il conto per gli aiuti a Italia e Spagna?"


Scrive il tabloid di Amburgo: "In considerazione delle ingenti somme, il governo federale deve fare ciò che altrimenti sarebbe riluttante a fare: dire chiaramente ai contribuenti quanto costerà loro il salvataggio di Italia, Spagna e Co. E se possiamo permettercelo".

Linea invece piu' pragmatica e sempre piè europeista quella adottata negli ultimi giorni dal quotidiano della grande industria e della finanza Handelsblatt, in un importante commento di mercoledi il quotidiano titola infatti: "In gioco c'è la moneta unica"


Il quotidiano di Duesseldorf attacca addirittura il ministro delle finanze olandese: "Un governo responsabile spiega al popolo e ai suoi rappresentanti parlamentari che la prosperità e la coesione europea e quella del singolo paese sono fra loro reciprocamente dipendenti. Uno non può esistere senza l'altro

Nessun paese può solo beneficiare dell'unione monetaria, senza contribuire ai suoi costi in tempi di crisi. Coloro che non vogliono comprenderlo stanno volontariamente mettendo a rischio la moneta unica europea".

Sempre su Handelsblatt di oggi una importante intervista al grande imprenditore Wuerth, aperto sostenitore degli eurobonds, il quotidiano infatti titola: "quello che sta succedendo a Berlino in merito all'Europa è una catastrofe", il miliardario in favore di una forte "unità politica" e di un programma da "trilioni di eurobond"


Contro gli eurobond ma decisamente in favore di un ESM senza condizioni il quotidiano liberal di Amburgo Die Zeit, peraltro diretto da un italiano, che titola: "Solidarietà sì, ma niente eurobonds!".


Scrive il prestigioso quotidiano di Amburgo in un commento: "Ogni mancanza di empatia sarebbe fuori luogo in considerazione dell'orrore causato dal corona-virus in Italia. Gli italiani in effetti hanno bisogno della nostra solidarietà attraverso gli aiuti d'emergenza e i prestiti dal fondo europeo ESM per salvare il loro sistma sanitario e le loro aziende o per pagare la cassa integrazione. Per favore siate generosi e non arroganti! E se i soldi non dovessero bastare, i partner dovranno aggiungere altri mezzi. L'Europa deve trovare un accordo su tutti gli aiuti necessari entro questa settimana. Deve esserci per i paesi che piu' stanno soffrendo. Dopotutto, può colpire tutti in maniera particolarmente grave, anche i tedeschi che da sempre tendono ad essere arroganti"

Anche Der Spiegel nel dibattito si posiziona in favore della solidarietà europea, titola infatti un importante commento sul prestigioso settimanale di Amburgo:  "La Germania egoista, meschina e vigliacca"


Scrive il settimanale: "Non c'è un'alternativa ai corona-bond in questa crisi. Ma invece di dirlo onestamente ed apertamente agli elettori, la Cancelliera fa capire che c'è qualcosa che non va. Che alla fine a pagare saranno i laboriosi contribuenti tedeschi perché apparentemente gli italiani non sono mai stati in grado di gestire il denaro. La Cancelliera ha usato questa narrativa così spesso che qualsiasi concessione agli spagnoli e agli italiani sembrerebbe una sconfitta. Non avrebbe mai dovuto spingersi cosi' lontano".








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sabato 4 aprile 2020

Thomas Mayer - Chi ci chiede di fare gli Eurobonds non ha capito nulla dell'euro

Thomas Mayer, ex capo-economista di Deutsche Bank, su "Die Welt" replica indirettamente all'appello delle "truppe Calendate" e ci spiega perché dal punto di vista tedesco, chi si ostina a chiedere gli eurobonds probabilmente non ha ancora capito la natura dell'euro: un progetto che secondo Mayer resta molto piu' simile ad un accordo di cambio fisso che non ad una moneta unica. Ne scrive Thomas Mayer su Die Welt


Lo scorso settembre, il Consiglio della BCE ha deciso di riprendere il programma di acquisto dei titoli di stato con 20 miliardi di euro di acquisti mensili. Il 12 marzo, il board della banca centrale ha annunciato che il programma sarebbe stato aumentato a 120 miliardi di euro per il 2020 e il 18 marzo si è aggiunto un "programma pandemico per l'acquisto di obbligazioni " pari a 750 miliardi di euro.


Cosi' quest'anno la BCE, attraverso l'acquisto di obbligazioni, avrà messo a disposizione dell'economia e dei paesi dell'eurozona 1,11 trilioni di euro. Se si includono anche i generosi programmi di prestito per le banche, si potrebbe pensare che a nessun paese dell'eurozona alla fine dovrebbe mancare il denaro per combattere la pandemia da corona-virus.

Tuttavia, c'è una lunga lista di capi di stato ed economisti che chiedono l'emissione di titoli di stato con una garanzia condivisa da parte di tutti i paesi dell'euro. La vecchia proposta degli eurobonds viene ora nuovamente riscaldata e rilanciata sotto il nuovo nome di Corona-Bonds

Il cambio di nome ci rivela che si sta cercando di utilizzare la crisi per moralizzare la politica. Al di là delle reali necessità, si sta esercitando una irresistibile pressione sui politici piu' refrattari ed ostinati per convincerli ad accettare i corona-bonds, oppure per accedere al Meccanismo europeo di stabilità (MES) senza alcuna condizionalità.

I tedeschi e i cittadini di altri paesi vicini che ancora si oppongono alla messa in comune dei debiti vengono rappresentati come dei cattivi europei e dei cattivi vicini di casa. I politici italiani chiedono i corona-bonds sulla stampa tedesca, ma i media italiani ignorano l'accettazione dei pazienti italiani nelle unità di terapia intensiva tedesche.

È solo una questione di tempo prima che i politici tedeschi vengano ritratti con il baffo di Hitler e la fascia al braccio con la svastica, come era già accaduto nella crisi greca. Alla fine non saranno in grado di resistere alla pressione.

Ma come, argomenteranno i sostenitori e gli attivisti dei Corona Bonds, gli altri paesi del mondo, dagli Stati Uniti al Giappone, non ci stanno mostrando la strada da percorrere? I governi centrali emettono obbligazioni per combattere la pandemia e sostenere l'economia, e la banca centrale assicura che tali obbligazioni possano essere vendute ad un basso tasso di interesse.

L'Unione monetaria europea dovrebbe prenderli ad esempio. Ciò che tuttavia viene taciuto è il fatto che esiste una differenza significativa tra i paesi con una loro valuta nazionale e la zona euro. Lì sono gli elettori a determinare fino a che punto lo stato e la banca centrale possono arrivare.

Nell'area dell'euro, tuttavia, i singoli paesi possono beneficiare degli acquisti di obbligazioni della BCE e dei titoli di stato condivisi e trasferire i costi di tale condotta ad altri paesi. Per limitare questo effetto, il meccanismo europeo di stabilità (MES) finora ha fornito gli aiuti solo a determinate condizioni e prima dello scoppio della pandemia di corona-virus, la BCE suddivideva i suoi acquisti sulla base della quota di capitale dei diversi paesi.

Ora la BCE vorrebbe rendere la distribuzione degli acquisti "flessibile" in modo da poter fornire maggiori aiuti ai paesi particolarmente indebitati. La Commissione europea ha sospeso le regole del Patto di stabilità e ora si argomenta che il denaro debba fluire attraverso l'emissione di euro-bonds senza condizionalità.

Le conseguenze possono essere illustrate in maniera seguente: un gruppo di colleghi va in un ristorante. Tutti ordinano ciò che vogliono e alla fine il conto viene suddiviso in importi uguali. Se ne approfitterà chi ha fatto l'ordine piu' costoso, ci perde chi è stato piu' umile.

Tutti quindi avranno un incentivo a rendere il conto il più salato possibile. Quando però arriverà il conto, il gruppo potrebbe scoprire che tutti insieme non hanno abbastanza soldi per pagare il conto.

Milton Friedman e il "problema del peso"

Sarebbe tuttavia ingenuo pensare che i mercati finanziari non vedrebbero nella messa in comune del debito un incentivo a spendere piu' denaro. I tassi di interesse ovviamente non aumenterebbero fino a quando sarebbero limitati dagli acquisti di obbligazioni da parte della BCE. Ma gli attori del mercato valutario trarrebbero le dovute conseguenze dalla monetizzazione dei debiti eccessivi.

Negli anni '70, Milton Friedman aveva usato l'esempio del peso messicano per descrivere come potevano reagire i mercati valutari. Il peso era stato ancorato al dollaro dal governo messicano. Nel tempo, tuttavia, si era sviluppato un differenziale in termini di tassi di interesse in favore del peso.

Sembrava che gli attori di mercato potessero realizzare profitti senza rischi investendo in pesos e finanziandosi in dollari. A causa delle politiche inflazionistiche del governo messicano, tuttavia, l'aggancio al dollaro alla fine è venuto meno e il peso all'improvviso si è deprezzato.

Il crollo improvviso della valuta entrò nella letteratura economica come il "problema del peso". Potremmo sperimentare il suo ritorno come il "problema dell'euro".

Gli investitori  pertanto dovrebbero prepararsi a un forte deprezzamento dell'euro. L'euro dalla metà dello scorso anno ha perso il 25 % del suo valore nei confronti  dell'oro. Se ci fosse l'impressione che la creazione di moneta da parte della BCE per finanziare il debito dell'eurozona stesse sfuggendo di mano, è probabile che l'euro potrebbe seguire il destino del peso messicano.



domenica 24 novembre 2019

Bundesbank: il boom immobiliare mette a rischio il sistema bancario tedesco

Siamo probabilmente vicini alla fine del lungo boom immobiliare iniziato nel lontano 2010 e la Bundesbank è seriamente preoccupata per la situazione delle banche tedesche. Ne scrive Die Welt su dati Bundesbank


La Bundesbank mette in guardia dalla crescente vulnerabilità del settore finanziario tedesco. In Germania ormai ogni 2 prestiti concessi, uno viene utilizzato per finanziare appartamenti o immobili. Se il livello dei tassi di interesse dovesse cambiare, la situazione diventerebbe critica. 

La Bundesbank mette in guardia dai crescenti rischi per la stabilità del sistema bancario tedesco. In particolare è la situazione del mercato immobiliare ad essere una fonte di crescente preoccupazione.

I prezzi delle case e degli appartamenti continuano a crescere con forza. Di conseguenza il volume dei prestiti immobiliari concessi sta crescendo al tasso più rapido degli ultimi decenni. "La vulnerabilità è aumentata", ha dichiarato il vicepresidente di Bundesbank Claudia Buch in occasione della presentazione del Rapporto sulla stabilità finanziaria a Francoforte. "Un crollo economico imprevisto o un aumento repentino del premio al rischio potrebbero avere effetti sensibili sul sistema finanziario tedesco."


Nel frattempo in Germania, ogni 2 prestiti erogati - a società e famiglie - uno viene utilizzato per finanziare immobili. Ancora peggio: oltre il 50 % dei mutui residenziali ha una durata superiore ai dieci anni.

Ciò comporta un rischio considerevole per le banche. Molte banche utilizzano i soldi dei depositi a breve termine dei clienti per erogare prestiti a lungo termine. Questa cosiddetta "trasformazione delle scadenze" funziona bene finché il livello dei tassi di interesse non cambia. Qualora dovesse eventualmente arrivare un'inversione di tendenza sui tassi, gli istituti potrebbero dover affrontare un disastro sui tassi di interesse.


Un altro rischio risiede nella valutazione degli immobili e degli appartamenti utilizzati come garanzia per tali prestiti immobiliari. Se queste ipotesi si dovessero rivelare troppo ottimistiche, cosa che può facilmente accadere in tempi di prezzi in rapido aumento, c'è il rischio di svalutazioni pesanti.

Un tale scenario potrebbe colpire le banche e trovarle relativamente impreparate: come emerge dall'indagine della Bundesbank, gli accantonamenti per possibili perdite future su prestiti sono bassi come non lo erano mai stati per decenni. Le banche hanno accantonato meno dell'uno percento del volume dei crediti erogati. All'inizio del millennio il valore era del 2,5 %.

"L'evidenza che i rischi sui crediti erogati possano essere sottovalutati si sta intensificando", ha affermato Buch. C'è il rischio "che gli operatori di mercato continuino a essere troppo ottimisti rispetto al passato, sopravvalutando il valore delle garanzie", ha affermato Buch.

Il rischio di una recessione inattesa

Ciò non riguarda solo il mercato immobiliare. "Le banche finanziano anche molte altre aziende, le quali sarebbero le prime a riscontrare dei problemi in caso di una recessione economica inattesa". In caso di recessione le banche pertanto potrebbero essere gravate in maniera ancora piu' pesante da svalutazioni e da inadempienze sui prestiti.


"I bassi tassi di interesse stanno esercitando delle forti pressioni sui margini di interesse applicati dalle banche, mettono sotto pressione la loro redditività e quindi a rischio la stabilità finanziaria", ha aggiunto Joachim Wuermeling, membro del consiglio di amministrazione della Bundesbank e responsabile della vigilanza bancaria.

C'è comunque almeno una debole consolazione. Perché i prezzi degli appartamenti e delle case in molte città secondo la Bundesbank sono sopravvalutati fra il 15 e il 30 percento. Tuttavia, la Bundesbank al momento non vede "nessuna prova del fatto che sul mercato vi sia una dinamica speculativa alimentata dal credito", afferma Buch.

Il riferimento è alla pericolosa combinazione fra il forte aumento dei prezzi delle case, la crescita eccessiva dei prestiti immobiliari e la  riduzione degli standard per l'erogazione del credito, i quali possono fornire il terreno fertile per una crisi immobiliare.



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Deutsche Bank e Commerzbank difendono l'unione bancaria, le casse di risparmio e le banche cooperative non ne vogliono sapere

Per i tedeschi ormai è chiaro che il salvataggio di Deutsche Bank e Commerzbank dovrà passare attraverso una fusione bancaria europea, e questo probabilmente è il motivo dietro la recente accelerazione del ministro Scholz sull'unione bancaria. Leggendo le cronache tuttavia si capisce che il mondo bancario tedesco sul tema è molto diviso. Ne scrive Die Welt


Gli istituti finanziari tedeschi sono divisi sulla proposta del ministro delle finanze Scholz per la creazione di un'assicurazione europea sui depositi. A battersi per la sua creazione è soprattutto Deutsche Bank - con il supporto di una grande banca straniera.

(...) I rappresentanti di alto livello dell'industria finanziaria tedesca ed europea si sono incontrati la scorsa settimana a Francoforte in occasione della Euro Finance Week per discutere di alcuni temi attuali. Uno di questi temi, che il primo giorno ha suscitato notevoli controversie fra i banchieri presenti, è stata proprio la recente iniziativa del ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz per l'unione bancaria e il mercato comune dei capitali in Europa.

Scholz circa due settimane fa aveva segnalato la disponibilità della parte tedesca a fare qualche concessione su questo tema. Finora l'assicurazione europea comune sui depositi, infatti, era sempre fallita a causa della resistenza tedesca. Scholz con la sua proposta di istituire un Fondo europeo di assicurazione sui depositi, in gergo noto come EDIS, ha voluto rompere questa situazione di stallo. Si tratterebbe di un fondo che dovrebbe entrare in funzione se i sistemi di garanzia nazionali dovessero andare in crisi.

I prerequisiti per la sua istituzione sarebbero: la standardizzazione delle regole di insolvenza e di risoluzione delle crisi bancarie in Europa, la riduzione dei crediti in sofferenza, in particolare quelli delle banche del sud, e il cambio di status dei titoli di Stato nei bilanci delle banche i quali non dovrebbero essere più trattati come obbligazioni prive di rischio.

Jörg Kukies, Sottosegretario di Stato presso il Ministero delle finanze, a Francoforte ha difeso con forza i piani del suo ministro. "Il mercato bancario europeo è troppo frammentato, ci sono dei grandi svantaggi", ha affermato. La situazione deve cambiare. Kukies ritiene inoltre che le banche dell'Europa del sud nella riduzione dei loro crediti inesigibili siano sulla buona strada.

A dargli supporto anche la consigliera della Bundesbank Sabine Mauderer. "La proposta del ministro delle finanze Olaf Scholz porta un nuovo slancio nella discussione - e questo è esattamente ciò di cui abbiamo bisogno", ha affermato. L'Europa deve integrarsi di più, soprattutto in un momento in cui altri mercati si stanno progressivamente allontanando. E' importante pertanto un'unione del mercato bancario e dei capitali. "Ma una vera unione bancaria richiede anche un'assicurazione comune sui depositi".

Banche cooperative e casse di risparmio contro la responsabilità condivisa

Anche Felix Hufeld, capo dell'organo di supervisione finanziaria BaFin, si è unito a Scholz. "Accolgo con favore l'iniziativa del ministro delle finanze, il quale sta cercando di rilanciare una discussione ormai arenata", ha detto. 

Con la necessaria volontà politica, tuttavia, è possibile raggiungere una soluzione, anche per quanto riguarda l'istituzione di una unione del mercato dei capitali. "È uno dei progetti più importanti dell'Unione europea", ha affermato Huffeld. "E' giusto e meritevole sforzarsi per questo obiettivo".

Ma ci sono state anche forti critiche e queste sono arrivate soprattutto dal lato delle banche cooperative. Uwe Fröhlich, amministratore di DZ Bank, l'istituto di vertice del settore cooperativo, ritiene che le proposte di Scholz siano molto poco attraenti dal punto di vista tedesco. "Nessun cliente tedesco alla fine ne beneficierà", ha affermato. E per il settore sarà piuttosto un peso aggiuntivo. In una direzione simile sono andate anche le critiche del rappresentante delle casse di risparmio: l'industria finanziaria tedesca non ha bisogno dell'Unione bancaria europea.

Tuttavia ciò ha fatto arrabbiare Karl von Rohr, vicepresidente di Deutsche Bank. "Ognuno dovrebbe sapere da sé, se accontentarsi di contare gli gnomi nel giardino del proprio cortile o pensare in grande", ha detto. L'unione bancaria contribuisce a creare un mercato più grande in Europa e questo è cruciale per la sua competitività con America e Cina.

Ovviamente si tratta anche del futuro di Deutsche Bank. Perché dopo il fallimento dell'ultima fusione con Commerzbank, la più grande banca privata tedesca evidentemente ha scelto di orientarsi in maniera diversa. "Per noi, il consolidamento avrà luogo a livello europeo", ha affermato von Rohr. Questo è un altro motivo per cui è importante avere un mercato bancario europeo unico.

Ottenendo peraltro il supporto di un concorrente, Carola von Schmettow, portavoce di HSBC Germany, la quale sostiene la proposta del Ministro federale delle finanze, e anche lei lo considera un prerequisito per la competitività delle banche europee a livello globale. "Abbiamo bisogno di campioni europei", ha detto.

Chi alla fine farà parte di questo scenario ancora non è chiaro, come non sono chiare le prospettive per l'unione bancaria e il mercato dei capitali. Perché il progetto del ministro delle finanze della SPD ha altri oppositori agguerriti fra le fila dei partner di coalizione.

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sabato 28 settembre 2019

Welt - Tempi sempre piu' duri per il risparmiatore tedesco

Prosegue la retorica del risparmiatore tedesco tradito ed espropriato da una BCE ormai saldamente in mano ai latini, questa volta è Die Welt a incensare il contributo di Sabine Lautenschläger e a rammaricarsi per la sua partenza anticipata dalla BCE. Ne scrivono su Die Welt i soliti Anja Ettel e Holger Zschäpitz


Sabine Lautenschläger, membro del board della BCE, si dimette in anticipo sulla scadenza del suo mandato. È già la terza tedesca a gettare la spugna. Secondo le informazioni disponibili a Die Welt, era sempre più frustrata per lo stile autoritario della leadership di Draghi.

Può sembrare paradossale, ma ad inizio anno la quota tedesca della Banca Centrale Europea è salita dal 25,5 al 26,4 %. Dal punto di vista dei contenuti, tuttavia, continua a ridursi l'influenza del maggiore azionista. Il fatto che la Germania al momento all'interno della BCE si trovi sulla difensiva, lo si può  leggere anche nella recente decisione.

Sabine Lautenschläger, il rappresentante tedesco nel consiglio di amministrazione della BCE, ha dato le dimissioni. La ex vicepresidente della Bundesbank lascerà l'incarico a fine di ottobre, due anni prima di quanto previsto dal suo mandato.

Le ragioni della sorprendente decisione, nel secco comunicato stampa della BCE, non sono state indicate. Secondo quanto risulta a Die Welt, tuttavia, Lautenschläger non era più d'accordo con il corso della BCE e apparentemente sempre più frustrata a causa dello stile di leadership autoritario del presidente Mario Draghi. La recente decisione del Consiglio direttivo di tagliare ulteriormente i tassi di interesse e rilanciare il controverso programma di acquisto delle obbligazioni sarebbe stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso.

"Le dimissioni non sono state una sorpresa, Sabine Lautenschläger da molto tempo ormai nella BCE si trova in un ruolo di opposizione interna e per questo è stata emarginata nella comunicazione", afferma l'ex capo-economista della BCE Jürgen Stark, il quale aveva lasciato prematuramente la banca centrale nel 2011. "Se con i propri argomenti alla lunga non si riesce ad incidere, si può restare fedeli e accettare la situazione. Ma poi devi anche essere in grado di guardarti allo specchio".

Lautenschläger lascerà la BCE esattamente insieme a Draghi. Il mandato del terzo presidente della BCE durerà regolarmente fino al 31 ottobre. Sebbene il successore Christine Lagarde sia considerata piu' conciliante nei modi e nella comunicazione, si può tuttavia supporre che Lagarde  - la cui permanenza dal punto di vista temporale supera di gran lunga la partenza di Draghi - sia probabilmente d'accordo con la decisione presa a settembre. Lagarde, soprattutto, durante la sua audizione al parlamento europeo, ha lasciato intendere che vede ancora spazi di azione aggiuntivi nella politica monetaria della BCE.

Una comprensione completamente diversa della politica monetaria

Il fatto che Lautenschläger per il prossimo futuro non potesse sperare in alcun modo in un cambiamento sostanziale della politica monetaria potrebbe aver contribuito alla decisione. Il modo in cui la decisione è stata comunicata fornisce una visione più profonda dei fatti. Alle 19:45, dopo il normale orario di ufficio, la banca centrale ha informato della decisione di Lautenschläger con sette brevi righe di comunicato.



Lautenschläger è il terzo membro tedesco che in soli due decenni di storia della BCE sceglie di lasciare prematuramente il lavoro nel board della BCE. Nel dicembre 2011, era stato l'allora capo economista Stark a lasciare il consiglio in quanto non voleva sostenere il corso di salvataggio dei paesi in difficoltà avviato dall'allora presidente Jean-Claude Trichet.

In particolare, la frattura allora si era consumata sul programma di acquisto di obbligazioni SMP. Stark come Segretario di Stato presso il Ministero delle finanze aveva svolto un ruolo chiave nella redazione del Patto di stabilità dell'UE tra il 1995 e il 1998 e in qualità di capo economista della BCE non voleva partecipare allo smantellamento del suo lavoro.

"Il problema che spinge i rappresentanti tedeschi a lasciare la BCE mostra chiaramente quanto siano cambiate l'unione monetaria e la BCE", afferma Stark. Chiunque sia cresciuto nella Bundesbank ha una comprensione completamente diversa della politica monetaria e di cosa faccia parte del mandato della banca centrale - e di cosa no.

Nel 2011 si era dimesso anche il capo della Bundesbank Axel Weber. Weber all'epoca era considerato il candidato più probabile per la successione di Trichet, il cui mandato terminava nel 2011. In quell'occasione tuttavia fu l'italiano Draghi a diventare il capo della BCE. Persino il successore di Stark, Jörg Asmussen, trasferitosi dal Ministero delle finanze al Comitato esecutivo della BCE, ha resistito solo 2 anni a Francoforte. La sua partenza, tuttavia, aveva probabilmente a che fare con dei motivi di carriera. Asmussen nel 2014 è tornato nella politica di Berlino.

La BCE perde una sostenitrice della politica monetaria più dura

Lautenschläger, invece, che aveva preso il suo posto nel board, lascia dopo soli cinque anni. La giurista è considerata una profonda conoscitrice delle banche. Si era occupata di vigilanza bancaria già presso la Bundesbank, compito per il quale era stata responsabile anche a livello europeo, fino a febbraio di quest'anno, in qualità di vicepresidente della supervisione bancaria della BCE .

Anche i risparmiatori ne subiranno le conseguenze. La possibile inversione nella tendenza dei tassi di interesse potrebbe essere ulteriormente rimandata. Con la partenza di Lautenschläger, la BCE perde un sostenitore convinto di una politica monetaria più dura. Il predominio delle cosiddette colombe continuerà ad espandersi.

Le prime reazioni del mercato sono state abbastanza chiare: l'euro è sceso al livello più basso dal 2017, in quanto le attese di una politica monetaria più conciliante rendono la moneta unica meno attraente. Allo stesso tempo anche i rendimenti dei titoli di stato a lunga scadenza sono fortemente diminuiti, è probabile infatti che i tassi di interesse rimangano bassi a lungo. In borsa invece hanno perso valore i titoli degli istituti di credito che vivono di interessi. Le azioni di Deutsche Bank sono scese dell'1,5 per cento.

Ora ci si inizia a chiedere chi sarà il successore di Lautenschläger. La Germania, come la Francia e l'Italia, tradizionalmente ambisce ad avere uno dei sei seggi del Consiglio Direttivo. La variante più probabile è che il governo federale invii nel direttorio un'altra donna. Tra i possibili candidati vi sono l'attuale vicepresidente della Bundesbank Claudia Buch o l'economista di Bonn Isabel Schnabel, che è anche un membro del cosiddetto Consiglio dei saggi economici.

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giovedì 26 settembre 2019

Boom delle Tafel fra i pensionati

Le Tafel sono associazioni di volontariato che distribuiscono ai bisognosi i generi alimentari ricevuti in dono dai supermercati o dalle aziende, in pratica un indicatore affidabile del livello di povertà nella società tedesca. Anche in questi anni di boom economico le Tafel hanno continuanto a registrare afflussi da record, soprattutto fra i pensionati. Ne scrive Die Welt





Il numero delle persone costrette a fare ricorso all’assistenza delle Tafel nell’ultimo anno è aumentato del 10%. Attualmente ci sono 1,65 milioni di persone che dipendono dalle donazioni di cibo. Particolarmente significativo è stato l'aumento fra i pensionati. 



Il numero di utenti delle Tafel nell’ultimo anno è aumentato del 10% salendo a circa 1,65 milioni. Soprattutto fra gli anziani, l'aumento del 20 % rispetto allo scorso anno è stato "drammatico", commenta da Berlino l'Associazione delle Tafel tedesche. L’associazione mette in guardia da un ulteriore aggravamento del problema e chiede contromisure drastiche. 



"Questo sviluppo è allarmante: nei prossimi anni il tema della povertà fra gli anziani ci travolgerà con forza, come accade oggi con il cambiamento climatico", ha dichiarato il capo dell'associazione Jochen Brühl durante il recente bilancio annuale. Per combattere la povertà sono pertanto necessarie "riforme di vasta portata" e "obiettivi interministeriali vincolanti ". 


Una pensione troppo bassa, dopo quello di una disoccupazione di lunga durata, è il secondo motivo più comune che spinge le persone a chedere aiuto alle Tafel, afferma Bruhl. Ma ad essere "completamente inaccettabile” è anche il “numero crescente di utenti fra i bambini e gli adoloscenti". Ci sono quasi 50.000 giovani in più che dipendono dal sostegno alimentare delle Tafel, con una crescita del 10%. 

Complessivamente, la percentuale di bambini e adolescenti fra gli utenti delle Tafel è del 30%. In Germania i bambini vengono "sistematicamente" trascurati, il sistema educativo tedesco è uno dei "più impermeabili" fra quelli dei paesi OCSE. 

C'è stata una riduzione tra i rifugiati 

Con gli attuali 500.000 fra bambini e adolescenti bisognosi costretti a fare ricorso alle Tafel, stiamo coltivando la "povertà fra gli anziani di domani". E’ sempre più chiaro che anche la povertà viene ereditata, afferma Brühl. Sarebbe pericoloso per la società se una parte delle diverse generazioni dovesse considerarsi esclusa e abbandonata. Al contrario, nell’ultimo anno i rifugiati sono scesi al 20 % del totale. 

Brühl è molto critico in quanto questo sviluppo, prevedibile da almeno dieci anni, le Tafel lo sottolineano da anni - senza tuttavia aver suscitato una reazione nella politica. "Il tema della povertà ha bisogno di proposte orientate ad una soluzione concreta e deve essere posto in cima all'agenda politica", chiede il capo del Tafel. "Noi delle Tafel siamo una specie di sismografo della società", ha detto Brühl parlando di uno "sviluppo allarmante". 

A livello nazionale, attualmente ci sono 947 Tafel con 60.000 collaboratori. Il 90 pe cento è composto da volontari. "20,4 milioni di ore all'anno di volontariato", ha dichiarato Brühl. Se dovessimo pagare un salario minimo, equivarrebbe a un controvalore di 180 milioni di euro. La maggior parte dei volontari sono donne (61 %) e anziani (63 %). Il 20 % sono bisognosi o ex-bisognosi. Solo il 6 % dei volontari ha meno di 30 anni.
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domenica 22 settembre 2019

3 siriani su 4 (in età lavorativa) vivono di Hartz IV

Secondo i recenti dati della Bundesagentur für Arbeit, 3 siriani su 4 in Germania vivono di Hartz IV e quindi di sussidi pubblici. E ci troviamo in un mercato del lavoro ancora forte e in crescita da anni. La rapida integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro, alla prova dei fatti, è solo una favola. Ne scrive Die Welt

Siriani immigrati in Germania

Più del 60 % dei destinatari di Hartz IV sono tedeschi. I siriani costituiscono il secondo gruppo più numeroso con il 10%. Il loro tasso di disoccupazione è alto, certifica una statistica - e tre quarti di loro ha bisogno del sussidio di base.

Circa tre quarti dei siriani residenti in Germania in età lavorativa vivono in tutto o in parte di Hartz IV. Secondo le statistiche della Bundesagentur für Arbeit (BA) hanno recentemente raggiunto il 74,9 %. Il tasso di disoccupazione per i cittadini siriani a giugno di quest'anno si è attestato al 44,2 %, in leggero calo. Un anno prima era ancora del 49,6 %.


Chi frequenta un corso di integrazione o un corso di lingua a carattere professionale non viene considerato disoccupato ma "persona sottoccupata". A ricevere Hartz IV sono anche coloro che guadagnano così poco da non potersi permettere di vivere del loro salario.

Subito dopo l'arrivo in Germania, chi è in cerca di protezione riceve denaro dallo stato - come previsto dalla legge sui benefici per i richiedenti asilo. Poiché le procedure di asilo per i siriani in media vengono completate più rapidamente rispetto a quelle per chi arriva da paesi con un tasso di riconoscimento più basso, i siriani entrano più rapidamente nel sistema della sicurezza sociale di base.

Secondo la BA circa il 43 % degli afgani in età lavorativa a maggio riceveva prestazioni Hartz IV. Il tasso di disoccupazione per questo gruppo a giugno era del 26%. Per fare un confronto: a giugno erano disoccupati il 4,7% dei tedeschi e il 12,2% di tutti gli stranieri.

Rifugiati dalla Siria con un livello di istruzione superiore

Come mostra una tabella creata dalla BA per il parlamentare di AfD René Springer, a settembre il 63,6 % di tutti i destinatari di Hartz IV erano cittadini tedeschi. I siriani sono il secondo gruppo più numeroso con il 10,5 %, seguiti dai percettori di Hartz IV provenienti dalla Turchia (4,2 %). Il 2,5 % dei beneficiari proveniva dall'Iraq, il 2,2 % dall'Afghanistan. L'1,6 per cento dei beneficiari proveniva dalla Bulgaria, paese UE. Il numero include anche bambini e persone in età da pensione. Per chi ha doppia cittadinanza, l'Agenzia federale considera solo una delle due cittadinanze.

Secondo l'Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (Bamf), il livello di istruzione dei rifugiati dalla Siria è superiore a quello dei rifugiati provenienti da altri paesi di fuga come Afghanistan, Eritrea o Somalia.

Il fatto che i richiedenti asilo provenienti dai paesi con un basso tasso di riconoscimento cerchino relativamente in fretta un lavoro ha anche a che fare con il fatto che durante la procedura di asilo non hanno avuto accesso ai corsi di integrazione finanziati dallo Stato, afferma Panu Poutvaara, responsabile presso l'Ifo del Centro per la ricerca sulla migrazione. Ha poi detto: "il boom economico degli ultimi anni è stato un buon presupposto per l'integrazione - anche per i meno qualificati. Alla luce delle prospettive attuali sempre peggiori, sarà necessario compiere sforzi ancora maggiori". Poutvaara che è anche consulente presso il Consiglio consultivo per l'integrazione e la migrazione (SVR), ha sottolineato che le persone con una scarsa possibilità di restare nel paese spesso cercano di assicurarsi il diritto di restare tramite il lavoro oppure tramite il cosiddetto "permesso per l'Ausbildung".

AfD è pessimista. "La famosa immigrazione di lavoratori qualificati non c'è mai stata. Al suo posto invece assistiamo ad un'immigrazione sistematica nel nostro stato sociale", ha detto il parlamentare AFD Springer.

giovedì 16 maggio 2019

Volkswagen vota Europa

Le élite industriali tedesche lanciano una campagna congiunta e una serie di accorati appelli in favore di questa Europa, che a loro evidentemente non dispiace. La grande industria celebra l'Europa tedesca per convincere i suoi numerosi dipendenti, non solo in Germania ma in tutta Europa, a non votare per i populisti e i partiti di protesta. Ne scrive Die Welt


Mai prima d'ora le aziende e le associazioni imprenditoriali tedesche avevano fatto una campagna elettorale così forte per l'Europa. Pensano che i loro dipendenti alle prossime elezioni siano in qualche modo obbligati. Soprattutto c'è una preoccupazione che non dà pace agli amministratori delegati.

Il CEO di Lufthansa Carsten Spohr ha fatto dipingere bello grande su un Airbus lo slogan: "Say Yes to Europe". È l’esortazione volante fatta a tutti i dipendenti e ai clienti di andare a votare alle elezioni europee. Anche il collega di Spohr, Richard Lutz di Deutsche Bahn, per la comunità dei 28 paesi è diventato un esempio da imitare. Fino alle elezioni del 26 maggio la principale stazione ferroviaria di Berlino ogni notte si illuminerà di una luce "blu Europa". E anche all'Europa Park di Rust, nel Baden-Württemberg, nelle prossime settimane il nome stesso del parco sarà più del solito all'interno del programma. Roland Mack, fondatore e socio, infatti, ha predisposto che gli schermi nella hall ricordino a ogni visitatore di andare a votare.

Per l'economia tedesca il blu Europa è il colore del momento . Mai fino ad ora le associazioni imprenditoriali, le aziende e i loro manager, si erano pronunciati così in favore dell'Europa. Sui cartelloni e nelle pubblicità, agli eventi e sui social media, si danno da fare affinché il maggior numero possibile di persone partecipi al voto. Tutti perseguono lo stesso obiettivo: un'alta affluenza alle urne dovrebbe impedire ai partiti populisti di raggiungere dei buoni risultati.

"Vogliamo un'Europa forte, diversificata e competitiva", scrivono ad esempio in un appello congiunto le principali associazioni dei datori di lavoro (BDA), dell'industria (BDI), delle camere di commercio (DIHK) e dell'artigianato (ZDH). Solo un'Unione Europea unita sarà in grado di negoziare alla pari con le altre potenze mondiali e di "difendere i valori e gli interessi economici che ci uniscono". Uno stato singolo come la Germania sarebbe troppo piccolo per farlo.

Nell'appello al voto lanciato dalle banche private si legge invece: "usa il tuo diritto di voto democratico e conferisci al Parlamento europeo una forte legittimità". L'appello oltre al CEO di Deutsche Bank Christian Sewing e al collega di Commerzbank Martin Zielke, vede fra i firmatari più di 100 manager di grandi e piccoli istituti di credito. E' necessario rafforzare il potenziale di crescita dell'economia sociale di mercato e promuovere dei processi non burocratici, secondo l'appello.

Con i loro appelli, i manager vorrebbero raggiungere soprattutto i loro dipendenti e renderli consapevoli dell'importanza della comunità internazionale per il successo dell'azienda e quindi per il loro posto di lavoro.

Guido Kerkhoff, CEO di ThyssenKrupp, afferma: "è incredibile quanto sia facile per alcuni nascondere ciò che l'Europa significa per noi”. Egli ritiene infatti che il suo compito oggi sia quello di spiegare ai suoi 90.000 dipendenti "perché l'Europa per noi è importante, perché per il nostro successo abbiamo bisogno di mercati liberi e di libero scambio - e non del ritorno al guscio di lumaca nazionale".

Anche il Betriebsrat e la dirigenza di Volkswagen hanno lanciato un appello congiunto alla forza lavoro, e in questo modo un impegno nei confronti dell'Europa e dell'Unione europea. I destinatari sono i 490.000 dipendenti attualmente impiegati dal gruppo nei 29 paesi dell'UE.

"Le elezioni per il Parlamento europeo si svolgeranno dal 23 al 26 maggio. Queste elezioni rappresentano un momento fondamentale per il futuro dell'Europa", si legge nell'appello; indipendentemente dal paese in cui ci si trova, nessuno deve mancare l'appuntamento elettorale e restarsene a casa.

Il consiglio di amministrazione e il Betriebsrat poi danno un altro paio di motivi per andare alle urne: il mercato interno europeo, il commercio transfrontaliero, la libertà di movimento per i lavoratori e lo scambio di conoscenze sono le condizioni di base per la competitività del gruppo. Dopo tutto, circa la metà del fatturato, viene realizzato in Europa.

Le aziende sono preoccupate per la forza economica del continente

Anche per Tim Höttges, il capo di Telekom, alle elezioni europee in gioco ci sarà niente di meno che la comunità europea. "Dobbiamo pronunciarci in favore dell'Europa e votare per l'Europa", dice il manager in un video. Pensare a livello nazionale non è di aiuto nelle crisi finanziarie o dei rifugiati. E non serve nemmeno alla competizione internazionale, specialmente con il Nord America e l'Asia. La sua visione per l'Europa è digitale, fondata sui valori della competitività e della comunità economica, afferma il manager. Deutsche Telekom in Europa ha più di 110.000 dipendenti - 60.000 di questi sono in Germania.

Anche gli imprenditori di medie dimensioni come Mack dell'Europa-Park vedono per loro stessi e per i loro dipendenti, soprattutto in queste elezioni, un obbligo. "Alle prossimi elezioni sarà importante difendere il progetto di pace europeo dal populismo e dall'isolazionismo", dice l'amministratore del parco, che durante la stagione occupa circa 3.500 dipendenti. Il pensiero europeista nel suo parco ha sempre avuto un ruolo centrale. Da lui si incontrano i giovani e le famiglie provenienti da paesi e culture diverse e insieme imparano a conoscere giocosamente l'Europa delle frontiere aperte e della diversità culturale, spiega l'imprenditore. L'Europa-Park ogni stagione conta oltre cinque milioni di visitatori (...)

L'economia tedesca è fortemente dipendente dalle esportazioni

È una miscela di paura e fiducia quella che emerge dalle parole di molti imprenditori quando vengono loro poste delle domande sull'Europa. Gli "ultimi sviluppi negativi come il nazionalismo, l'isolamente e il protezionismo" agitano anche Spohr, il CEO  di Lufthansa, ad esempio. Per decenni Lufthansa ha beneficiato dei mercati aperti e ora è una società ampiamente presente in tutta Europa. L'azienda ora vorrebbe mostrare la propria convinzione e difendere l'idea di un'Europa unita e libera, dice Spohr.

Con oltre 3.000 voli intra-europei giornalieri, il gruppo contribuisce allo scambio culturale e alla comprensione fra i popoli. Perfino il direttore della Deutsche Bahn Richard Lutz fa affidamento sulle frontiere aperte. "Le frontiere aperte e una rete di trasporti ben sviluppata consentono la libertà di viaggio e lo scambio di beni e servizi", afferma. Le ferrovie sono la spina dorsale della mobilità in Europa; la mobilità e la logistica su rotaia sono le basi della crescita nazionale ed europea.

Soprattutto le industrie che dipendono dalle esportazioni e che in Germania rivestono un ruolo particolarmente importante per la forza economica del paese sono alquanto preoccupate per il loro futuro. "Certo le PMI hanno beneficiato immensamente dalla creazione del mercato unico", dice Karl Haeusgen, vice presidente dell'associazione di ingegneria VDMA e proprietario di HAWE Hydraulik a Monaco di Baviera, un produttore di componenti idraulici con un fatturato annuo di circa 300 milioni di euro. Il settore non deve più fabbricare macchine in 28 varianti diverse, ma può servire il mercato europeo con un'unica "macchina europea". "Ci ha permesso di crescere e di riuscire ad aprire nuovi mercati in altre regioni del mondo". Anche in futuro in considerazione del processo di digitalizzazione, l'Europa unita sarà necessaria per sviluppare ulteriormente il mercato unico.

Ai manager per lanciare i loro appelli piace anche utilizzare i social media. Sabine Herold, ad esempio, a capo del produttore di colla Delo, ha lanciato su Twitter il suo appello elettorale. "Mi scontro spesso con la burocrazia europea, ma 70 anni di pace valgono ogni singolo euro. Andare a votare per me è sottinteso e per questo incoraggio tutti i colleghi di DELO  a partecipare al voto", ha scritto. Se l'appello dell'élite imprenditoriale tedesca sarà efficace, lo vedremo entro la fine di maggio.

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