Visualizzazione post con etichetta crisi dei rifugiati. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta crisi dei rifugiati. Mostra tutti i post

lunedì 19 ottobre 2020

Wolfgang Streeck - Interessi tedeschi e soluzioni europee che non arriveranno mai

"Fino a quando ''l'Europa'' tiene i migranti lontani dai confini tedeschi, la Germania potrà mantenere la purezza morale delle sue leggi sull'immigrazione: nessun limite massimo, nessuna quota, praticamente nessuna espulsione", scrive il grande intellettuale tedesco Wolfgang Streeck. "Dato che è politicamente troppo delicato per il governo tedesco proporre agli elettori una revisione della legge sull'immigrazione, Berlino allora cerca il supporto "dell'Europa'' e della "Turchia" per riuscire a tenere i migranti lontani dalla Germania, essenzialmente rinchiudendoli a Moira e in molti altri luoghi simili". Wolfgang Streeck ci spiega l'ipocrisia e il moralismo della politica berlinese sul tema dei migranti, da Makroskop.de


La situazione creatasi sull'isola greca di Lesbo dopo l'incendio nel campo di Moria viene considerata da molti uno scandalo europeo. Ma chi è veramente ''l'Europa''? Se i migranti, dopo aver attraversato il Mediterraneo, si aspettano di essere accolti in Germania, probabilmente è solo una conseguenza di quella politica di apertura unilaterale dei confini operata da parte del governo Merkel nel 2015, senza peraltro aver prima consultato i partner europei. (E questa decisione probabilmente qualche mese dopo ha contribuito in maniera decisiva al voto in favore della Brexit).

Quasi tutti i migranti, quelli già in Grecia e quelli che si aspettano di poterci arrivare, vorrebbero potersi spostare in Germania, non in Ungheria o in Francia o in Danimarca, dove sanno di non essere i benvenuti. E se nell'ambito di un regime di immigrazione europeo fossero stati inviati in Lettonia o in Bulgaria (un regime che peraltro nessuno dei due paesi accetterà mai), sarebbero comunque rientrati di nuovo in Germania nel giro di poche settimane.


E perché no? Ampi settori della società tedesca, tra i quali la comunità degli industriali tedeschi, ma anche i sindacati, sono felici di accoglierli. Il mercato del lavoro tedesco sembra avere una capacità illimitata di assorbire immigrati qualificati e non qualificati; le chiese, politicamente potenti e finanziariamente ben dotate, vogliono dimostrare la loro disponibilità ad aiutare; e i comuni vogliono riempire gli alloggi costruiti per i richiedenti asilo nel 2015 e incassare in questo modo l'indennità giornaliera pagata dal governo tedesco per ogni nuovo arrivato - per non parlare poi dei centri di formazione linguistica e delle altre istituzioni simili a cui ora mancano clienti e fonti di reddito. Nella piena consapevolezza del profondo senso di colpa degli elettori di centro-sinistra, dovuto alla prosperità tedesca e in considerazione del loro desiderio di trasformare la Germania in un modello di virtù per tutta l'Europa, i politici tedeschi nelle scorse settimane hanno chiesto che migliaia, se non tutti, i migranti di Moria fossero trasferiti immediatamente in Germania.


Perché Merkel non ha riaperto i confini?

Allora perché il governo federale sotto la guida della stessa Merkel non riapre un'altra volta le frontiere? Ed è qui che entra in gioco “l’Europa" - più precisamente, la "soluzione europea", la stessa che nel 2015 era stata ritenuta inutile. Mentre tutti sanno che non ci sarà mai una ''soluzione europea'', il messaggio ora è che una soluzione nazionale è fuori discussione. Perché?

I confini aperti tendono a polarizzare l'opinione pubblica. I politici tedeschi ricordano molto bene come Merkel nel 2015 abbia salvato AfD dal declino elettorale che l'affliggeva in quel momento, aiutandola ad affermarsi qualche anno piu' tardi come il più grande partito di opposizione. C'è un limite al numero di immigrati che un paese può accettare, oltre il quale la xenofobia si trasforma in risentimento contro gli stranieri - come si può vedere dall'esempio della Danimarca, della Svezia, dell'Italia e delle stesse isole greche: Lesbo un tempo non veniva forse celebrata in tutto il mondo per aver accolto i primi rifugiati arrivati via mare? Non è un caso che già nel novembre 2015 Merkel abbia tenuto colloqui segreti con Erdogan per un accordo in base al quale la Turchia avrebbe impedito ai rifugiati siriani di entrare in Europa, e ''l'Europa'' gli avrebbe pagato diversi miliardi di euro di costi sostenuti per controllare i confini dell'Europa - o più precisamente i confini esterni della Germania.

Ma se i rifugiati sono benvenuti, a condizione che il loro numero sia limitato, perché allora non dovremmo riceverne tanti quanti gli abitanti sono disposti ad accettarne? La legge tedesca sull'immigrazione, nata in un'altra epoca, per ragioni pratiche rende di fatto impossibile respingere qualcuno che è entrato legalmente o illegalmente, nel caso in cui egli richieda asilo. Se l'asilo viene respinto, inoltre, e dopo anni di procedimenti legali, quasi tutti riescono a trovare un modo per evitare l'espulsione. Dato che è politicamente troppo delicato per il governo tedesco proporre agli elettori una revisione della legge sull'immigrazione, Berlino allora cerca il supporto "dell'Europa'' e della "Turchia" per riuscire a tenere i migranti lontani dalla Germania, essenzialmente rinchiudendoli a Moira e in molti altri luoghi simili.

L'immigrazione non può essere regolata senza un limite massimo

Qual'è la logica bizzarra dietro di ciò? Il diritto tedesco e l'umanitarismo secondo lo stile tedesco, dei Verdi in particolare, chiedono che non vi sia alcun limite massimo all'immigrazione, né in Germania né in Europa. Ma senza un limite massimo, l'immigrazione non può essere in alcun modo regolata: in altre parole, non si possono fissare quote, priorità, etc. Dato che prima o poi ciò condurrà ad un contraccolpo politico, l'immigrazione non regolamentata resta fuori dalla discussione.

Per questo motivo ''l'Europa'' deve impedirlo per noi, soprattutto paesi come Grecia e Italia, insieme all'Austria, all'Ungheria e ad altri che stanno sigillando le loro frontiere per rinchiudere i migranti nei campi greci e italiani. In questo modo fanno un favore alla Germania, bloccano una ''soluzione europea'' compatibile con il diritto tedesco, ma non con la situazione politica tedesca. Finché ''l'Europa'' tiene i migranti lontani dal confine tedesco, la Germania potrà mantenere le sue leggi sull'asilo senza doverle mai applicare, rimproverando pubblicamente l'Ungheria, l'Austria, la Polonia e altri paesi, ma lodandoli privatamente per aver rifiutato quote nazionali fisse per la distribuzione di un numero illimitato di migranti.

Questo certo non esclude ''gesti umanitari'' - o, nel linguaggio di Merkel, ''mostrare un volto amichevole''. Subito dopo l'incendio di Moria, infatti, il governo tedesco ha annunciato che avrebbe accolto 150 (!) minori non accompagnati dal campo greco. Pochi giorni dopo, sono arrivati in aggiunta esattamente 1.553 migranti, appartenenti a 408 famiglie, né più né meno. Come si è poi scoperto, nessuno di loro arrivava da Moria, e tutti avevano già ottenuto dalle autorità greche lo status legale di rifugiato, dopo essere stati portati nella Grecia continentale. Si è anche scoperto poi che il governo greco aveva insistito sulla necessità di evitare di dare l'impressione che dando fuoco a un campo profughi greco, si possa poi arrivare in Germania oppure, una volta arrivati in Grecia, ci si possa poi aspettare di essere portati in Germania, invece di far esaminare la propria domanda d'asilo alle autorità greche, per poi aspettare in Grecia una ''soluzione europea'', praticamente senza speranza.

Se è la Grecia a fare la selezione e a trattenere poi le persone non selezionate, la Germania potrà continuare a mantenere la purezza morale della sua legge sull'immigrazione: nessun tetto, nessuna quota, praticamente nessuna espulsione. Il giorno dopo l'invito ufficiale dei 1.533 rifugiati, l'opinione pubblica tedesca aveva già dimenticato i 12.000 detenuti dell'ex campo di Moria, per non parlare poi dei tanti altri abitanti nelle numerose altre Moria in Grecia e in Italia, attirati in Europa dal volto amichevole della Germania e da frontiere così aperte, almeno sulla carta.




giovedì 5 marzo 2020

Sahra Wagenknecht - Aiutiamoli a casa loro!

L'ottima Sahra Wagenknecht ci spiega perché aprire un'altra volta le frontiere, come  è già accaduto nel 2015, sarebbe un errore e perché invece questa volta sarebbe molto meglio aiutarli a casa loro. Dal profilo FB di Sahra Wagenknecht

Sarah Wagenknecht

L'accordo fatto con il padrino del terrorismo turco - ora presenta il conto. Da molti anni il governo tedesco sostiene la sporca guerra di Erdogan in Siria.

La Turchia ha ricevuto armi e soldi dalla Germania - che usa per combattere a fianco dei terroristi islamisti in Siria: contro i curdi o, come a Idlib, contro l'esercito siriano. Erdogan ha avuto un ruolo di primo piano nell'interminabile spargimento di sangue siriano e nel fatto che milioni di persone sono dovute fuggire dalla loro patria. E ora sta usando i rifugiati come un'arma per ottenere con il ricatto il sostegno della Germania e dell'UE nei confronti della sua sanguinosa politica.

Il governo turco ha attirato almeno 13.000 persone al confine greco e bulgaro con delle false notizie appositamente inventate, e in alcuni casi li ha persino trasportati lì con degli autobus appositamente noleggiati.



Erdogan gioca con delle scene spaventose: bambini dietro il fumo dei lacrimogeni, persone su gommoni traballanti. Queste immagini sono esattamente ciò di cui egli aveva bisogno. E cosa sta facendo la NATO, cosa stanno facendo Merkel e Maas? Esprimono il loro sostegno alla Turchia e accusano la Russia e la Siria di "palesi violazioni del diritto internazionale". Sì, è vero, le bombe sui civili devono essere condannate, indipendentemente da chi le lancia. Ma se i paesi della NATO, che nelle loro guerre non si preoccupano delle donne e dei bambini uccisi o mutilati, a Mossoul e Rakka hanno ucciso con la stessa brutalità di cui ora si lamentano a Idlib, se questi stati e i loro rappresentanti improvvisamente si riscoprono umanitari, allora si tratta di ipocrisia spudorata.

L'assassinio di massa deve finire! Ma soprattutto, il sostegno e il finanziamento dei terroristi islamisti in Siria deve essere fermato! È necessario un aiuto umanitario rapido per evitare che la situazione catastrofica peggiori ulteriormente. È vero che gli oltre tre milioni di rifugiati siriani che si trovano attualmente in Turchia, spesso in condizioni estremamente precarie, meritano prospettive migliori. Ma il semplice invito ad aprire le frontiere, che porterebbe inevitabilmente a una situazione come quella del 2015 e destabilizzerebbe completamente la nostra democrazia, a loro non servirebbe. Piuttosto, il governo tedesco dovrebbe finalmente iniziare una seria campagna per un cessate il fuoco a Idlib e per il ritiro dei terroristi islamisti, ma soprattutto per revocare le sanzioni economiche contro la Siria, che bloccano completamente la ricostruzione del paese. Sono soprattutto queste sanzioni che impediscono al popolo siriano di tornare a un livello di normalità nel loro paese devastato dalla guerra. La popolazione siriana, piuttosto, ha bisogno di aiuto e di sostegno per la ricostruzione, invece di un regime di sanzioni omicida. Solo allora la tragedia dei rifugiati siriani finirà.


lunedì 23 settembre 2019

La favola dell'integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro tedesco

Secondo gli ultimi dati ministeriali, l'integrazione nel mercato del lavoro tedesco dei rifugiati arrivati a partire dal 2015 sarebbe un successo inatteso. Ad un'analisi piu' attenta dei numeri, tuttavia, si può dire che appena il 20% dei rifugiati in età lavorativa arrivati a partire dall'autunno 2015 risulta occupato.  Ne scrive Roland Springer su Tichys Einblick


Nella disputa tra i rappresentanti del fronte degli ottimisti e dei pessimisti in merito all'integrabilità dei richiedenti asilo provenienti dalle regioni di guerra e dalle ragioni povere del Medio Oriente e dell'Africa, ancora una volta i media mainstream hanno preferito dare spazio agli ottimisti, in particolare alla Commissaria del governo federale per l'integrazione, Annette Wiedmann-Mauz. Ad esempio, la Stuttgarter Zeitung (StZ) del 10 settembre riporta che questa collaboratrice della Cancelliera, sulla base degli ultimi dati della Bundesanstalt für Arbeit (BA) relativi all’occupazione fra i richiedenti asilo, ritiene che negli ultimi quattro anni la loro integrazione nel mercato del lavoro “sia andata decisamente meglio di quanto avevano previsto gli esperti”. Ad incoraggiarla, tra le altre cose, c’è l’esperto di mercato del lavoro dell’Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung (IAB) Herbert Brücker. Il Tagesschau del 9 settembre, infatti, fa riferimento ad una sua citazione quando scrive: "in autunno, è probabile che circa il 40% dei rifugiati in età lavorativa abbia un impiego".

Questa affermazione fa riferimento alle 399.000 persone provenienti dagli otto principali paesi di origine dei rifugiati, che a giugno 2019 alla BA erano registrate come occupate e coperte da assicurazione sociale (324.000 sozialversicherungspflichtig) oppure con un impiego marginale (75.000 geringfügig beschäftigt o minijobber).  Secondo la BA, ciò corrisponderebbe a un tasso di occupazione di circa il 40% per i dipendenti soggetti ad assicurazione sociale, percentuale che viene ottenuta calcolando il rapporto tra gli occupati e tutte le persone tra i 15 ei 65 anni provenienti da questi otto paesi. Per tutti gli stranieri (senza cittadinanza tedesca), attualmente il tasso corrispondente è di circa il 52%, per i cittadini tedeschi del 69 %.

Tra le circa 400.000 persone provenienti dagli otto paesi che alla BA sono state registrate come assicurate o come minijobber, non vengono calcolati solo i "rifugiati" arrivati a partire dal 2015, ma anche quelli che erano arrivati in Germania già (molto) tempo prima del 2015 o come richiedenti asilo o come migranti regolari, oppure studenti.  Fra queste persone ci sono inoltre anche coloro che sono arrivati in Germania da questi 8 paesi a partire dal 2015, ma grazie ad un altro titolo di soggiorno. Fra i circa 400.000 occupati citati da Widmann-Mauz e altri come una prova del successo non ci sono solo i richiedenti asilo arrivati in Germania dal 2015.

Le statistiche della BA infatti non mostrano le proporzioni dei vari gruppi di immigrati sul numero totale dei dipendenti degli otto paesi, a cui tuttavia gli esperti per le informazioni statistiche della BA a richiesta specifica rispondono. Nel giugno 2015, all'Agenzia federale del lavoro risultava un totale di 77.000 persone già registrate e soggette a contributi sociali (sozialversicherungspflichtig), e provenienti da questi paesi. A voler essere corretti, se l’obiettivo è quello di capire quale sia stato il successo dell’integrazione nel mercato del lavoro a partire dall'apertura delle frontiere del 2015, questi 77.000 dovrebbero essere detratti dalle 324.000 persone con assicurazione sociale dell'agosto 2019. Invece di 324.000, sarebbero quindi solo 250.000 le persone che dal 2015 sono arrivate dagli otto principali paesi di origine e che hanno un’occupazione coperta da contributi sociali, dei quali un'ampia maggioranza sicuramente arrivata come richiedente asilo e solo una piccola minoranza come migrante economico.

Il tasso di occupazione del 40%, che secondo Brücker nel frattempo sarebbe stato raggiunto, è corretto se rapportato a tutte le persone occupabili provenienti dagli otto principali paesi di origine degli attuali richiedenti asilo, che vivono in Germania da anni o addirittura da decenni, ma non è corretto se riferito ai "rifugiati" arrivati in Germania da questi paesi a partire dal 2015. Quale sia questo dato, in realtà non è mostrato dalle statistiche della BA, ma può essere calcolato in maniera approssimativa usando altre statistiche. A fine 2018 secondo l'Ufficio federale di statistica in Germania c’erano circa 1,8 milioni di richiedenti asilo. È probabile che siano entrati quasi tutti a partire dal 2015. I dati sulle fasce di età mostrano che circa il 70% dei richiedenti asilo è in età lavorativa. Abbiamo quindi a che fare con circa 1,3 milioni di richiedenti asilo occupabili, arrivati in Germania a partire dal 2015. Il loro tasso di occupazione attuale, sulla base dei 250.000 occupati soggetti ad assicurazione sociale, dovrebbe essere quindi non del 40, ma piuttosto del 20 %. Se fosse effettivamente al 40 %, considerando i circa 1,8 milioni richiedenti asilo indicati dall'Ufficio federale di statistica, allora la persone in età lavoratoriva dovrebbero essere solo 625.000.

In altre parole: su base realistica, solo il 20 % dei richiedenti asilo arrivati dal 2015 è occupato con un’assicurazione sociale. Sempre meglio di nulla, ma tutt'altro che una conferma del successo delle politiche e delle idee della lobby dell'asilo presente nella politica, negli affari, nelle organizzazioni dei datori di lavoro, nei sindacati, nelle chiese, nell’associazionismo, nelle NGO, nei media, e grazie ai quali il costante abuso dell'articolo 16 della Legge fondamentale è servito a favorire l’immigrazione economica. A ciò si aggiunge il fatto che il tasso di occupazione viene calcolato come il rapporto fra occupati e forza lavoro. Non aumenta solo quando aumenta il numero degli occupati, ma anche quando diminuisce il numero dei lavoratori. Un aumento del tasso di occupazione fra i richiedenti asilo non deriva solo ed esclusivamente dalla crescente integrazione nel mercato del lavoro, ma può anche essere il risultato di un declino dell'immigrazione dei richiedenti asilo occupabili.

Entrambi i fenomeni in Germania sono riscontrabili a partire dal 2015. Il numero degli immigrati provenienti dagli otto principali paesi di origine e registrati come lavoratori con assicurazione sociale è aumentato passando dai 77.000 di giugno 2015 ai 324.000 di giugno 2019, la maggior parte dei quali sono richiedenti asilo. Nello stesso periodo, il numero di richieste di asilo presentate all'Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (BAMF) è sceso passando dalle 745.000 del 2016 alle 185.000 del 2018. Se l'arrivo dei richiedenti asilo si fosse fermato o se il numero si fosse ridotto a causa del rientro nei loro paesi d'origine, il tasso di occupazione dei richiedenti asilo rimasti nel paese sarebbe comunque cresciuto, anche nel caso di una lenta integrazione nel mercato del lavoro. In teoria potrebbe anche avvicinarsi a quello registrato fra tutti gli stranieri (52 %), che ovviamente, è piu' basso rispetto a quello registrato fra i cittadini tedeschi (69 %). 

Certo, siamo ancora lontani da una situazione del genere. Sebbene il declino delle domande di asilo registrato a partire dal 2016 sia considerevole, il numero di richieste continua ad essere significativamente superiore rispetto a quello registrato negli anni fra il 2000 e il 2012. Allo stesso tempo, il rimpatrio dei richiedenti asilo (la cui domanda è stata respinta) è più lento che mai. L'arrivo di circa 200.000 richiedenti asilo all'anno, previsto dal contratto di coalizione, rende difficile o addirittura impedisce un aumento significativo del tasso di occupazione, e allo stesso tempo garantisce un costante aumento dei destinatari di Hartz IV. Il numero dei percettori di un sussidio fra i richiedenti asilo è più che raddoppiato, passando dai circa 290.000 del giugno 2016 ai circa 600.000 di agosto 2019. Tra i richiedenti asilo arrivati dal 2015 ci sono attualmente più di mezzo milione di destinatari di Hartz IV, a fronte di circa 250.000 occupati con un'assicurazione sociale.

Chi vuole considerare questo dato come una prova convincente di una integrazione riuscita nel mercato del lavoro, probabilmente pensa più alla giustificazione di una decisione sbagliata presa nel 2015 dalla Cancelleria che non ai richiedenti asilo attirati nel paese con false promesse o la soluzione di problemi del mercato del lavoro.

In materia di asilo e integrazione la poesia e la realtà spesso vengono fra loro confuse, non solo dai sostenitori dichiarati di una società etnicamente e culturalmente omogenea, ma anche dagli aperti sostenitori di una società etnicamente e culturalmente sempre più eterogenea.


-->

domenica 22 settembre 2019

3 siriani su 4 (in età lavorativa) vivono di Hartz IV

Secondo i recenti dati della Bundesagentur für Arbeit, 3 siriani su 4 in Germania vivono di Hartz IV e quindi di sussidi pubblici. E ci troviamo in un mercato del lavoro ancora forte e in crescita da anni. La rapida integrazione dei rifugiati nel mercato del lavoro, alla prova dei fatti, è solo una favola. Ne scrive Die Welt

Siriani immigrati in Germania

Più del 60 % dei destinatari di Hartz IV sono tedeschi. I siriani costituiscono il secondo gruppo più numeroso con il 10%. Il loro tasso di disoccupazione è alto, certifica una statistica - e tre quarti di loro ha bisogno del sussidio di base.

Circa tre quarti dei siriani residenti in Germania in età lavorativa vivono in tutto o in parte di Hartz IV. Secondo le statistiche della Bundesagentur für Arbeit (BA) hanno recentemente raggiunto il 74,9 %. Il tasso di disoccupazione per i cittadini siriani a giugno di quest'anno si è attestato al 44,2 %, in leggero calo. Un anno prima era ancora del 49,6 %.


Chi frequenta un corso di integrazione o un corso di lingua a carattere professionale non viene considerato disoccupato ma "persona sottoccupata". A ricevere Hartz IV sono anche coloro che guadagnano così poco da non potersi permettere di vivere del loro salario.

Subito dopo l'arrivo in Germania, chi è in cerca di protezione riceve denaro dallo stato - come previsto dalla legge sui benefici per i richiedenti asilo. Poiché le procedure di asilo per i siriani in media vengono completate più rapidamente rispetto a quelle per chi arriva da paesi con un tasso di riconoscimento più basso, i siriani entrano più rapidamente nel sistema della sicurezza sociale di base.

Secondo la BA circa il 43 % degli afgani in età lavorativa a maggio riceveva prestazioni Hartz IV. Il tasso di disoccupazione per questo gruppo a giugno era del 26%. Per fare un confronto: a giugno erano disoccupati il 4,7% dei tedeschi e il 12,2% di tutti gli stranieri.

Rifugiati dalla Siria con un livello di istruzione superiore

Come mostra una tabella creata dalla BA per il parlamentare di AfD René Springer, a settembre il 63,6 % di tutti i destinatari di Hartz IV erano cittadini tedeschi. I siriani sono il secondo gruppo più numeroso con il 10,5 %, seguiti dai percettori di Hartz IV provenienti dalla Turchia (4,2 %). Il 2,5 % dei beneficiari proveniva dall'Iraq, il 2,2 % dall'Afghanistan. L'1,6 per cento dei beneficiari proveniva dalla Bulgaria, paese UE. Il numero include anche bambini e persone in età da pensione. Per chi ha doppia cittadinanza, l'Agenzia federale considera solo una delle due cittadinanze.

Secondo l'Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (Bamf), il livello di istruzione dei rifugiati dalla Siria è superiore a quello dei rifugiati provenienti da altri paesi di fuga come Afghanistan, Eritrea o Somalia.

Il fatto che i richiedenti asilo provenienti dai paesi con un basso tasso di riconoscimento cerchino relativamente in fretta un lavoro ha anche a che fare con il fatto che durante la procedura di asilo non hanno avuto accesso ai corsi di integrazione finanziati dallo Stato, afferma Panu Poutvaara, responsabile presso l'Ifo del Centro per la ricerca sulla migrazione. Ha poi detto: "il boom economico degli ultimi anni è stato un buon presupposto per l'integrazione - anche per i meno qualificati. Alla luce delle prospettive attuali sempre peggiori, sarà necessario compiere sforzi ancora maggiori". Poutvaara che è anche consulente presso il Consiglio consultivo per l'integrazione e la migrazione (SVR), ha sottolineato che le persone con una scarsa possibilità di restare nel paese spesso cercano di assicurarsi il diritto di restare tramite il lavoro oppure tramite il cosiddetto "permesso per l'Ausbildung".

AfD è pessimista. "La famosa immigrazione di lavoratori qualificati non c'è mai stata. Al suo posto invece assistiamo ad un'immigrazione sistematica nel nostro stato sociale", ha detto il parlamentare AFD Springer.

domenica 15 settembre 2019

Il turismo in Siria dei rifugiati siriani in Germania

Non esistono dati ufficiali ma sembra una pratica alquanto diffusa fra i rifugiati siriani in Germania: trascorrere una lunga vacanza in Siria, il paese di origine, dal quale tuttavia erano fuggiti perché perseguitati. A Berlino ci sarebbero addirittura delle agenzie specializzate che offrono dei pacchetti all-inclusive. Sulla stampa tedesca se ne è parlato molto, ma le autorità tedesche probabilmente preferiscono chiudere un occhio sul turismo truffaldino degli asilantiNe scrive Manfred Schwarz su Tichys Einblick


I cosiddetti "rifugiati" arrivati in Europa occidentale oltrepassando i confini, spesso si recano illegalmente in vacanza proprio in quei paesi in cui presumibilmente sono dei perseguitati. Casi di questo genere sono stati riportati soprattutto in Germania, Svizzera e Norvegia. Spesso questi "rifugiati" si recano nei loro paesi di origine per visitare conoscenti, amici o parenti e i viaggi possono durare anche oltre 30 giorni.

L'80 % dei "richiedenti asilo" ha "smarrito" i propri documenti

Questo "turismo dell'asilo" truffaldino, che mostra tutta l'assurdità della legge sull'asilo, è facilitato anche dal fatto che oggi, almeno l'80% dei "richiedenti asilo", quando entra in Germania,  ha con sé gli smartphone piu' moderni o all'avanguardia, ma afferma di non avere documenti - sapendo perfettamente che le autorità locali sono in grado di rilasciare rapidamente i documenti sostitutivi ai migranti. Ovviamente secondo le informazioni fornite a voce dai "rifugiati", giuste o sbagliate che siano. Nessuno può verificare l'accuratezza delle informazioni personali. Porte spalancate ad ogni possibile frode.

I media del mainstream rosso-verde fondamentalmente evitano di parlare di questi viaggi truffaldini su larga scala. Giornali come "Focus" oppure la "Stuttgarter Nachrichten" in passato sono stati l'unica eccezione. I giornali di sinistra - soprattutto "Der Spiegel" - cercano persino di minimizzare il "turismo dell'asilo" o addirittura di giustificarlo. Anche fra le fila di quasi tutti i partiti politici regna un silenzio eloquente. E gli uffici preposti si sforzano di non pubblicizzare i casi noti.

Un giornalista della "Bild" ha fatto un'inchiesta 

Si è mossa invece in maniera alquanto diversa la "Bild", che con l'aiuto di indagini coperte - in maniera esclusiva ed esemplare - in particolare di un giornalista arabo, ha scoperto un vasto sistema di frode.

Il reporter responsabile Mohammad Rabie nel suo reportage ci spiega quanto sia facile oggi nel nostro paese, per i cosiddetti "richiedenti asilo" che vogliono "temporaneamente" ritornare nei loro paesi di origine, prenotare su larga scala simili viaggi truffa nelle agenzie di viaggio specializzate. Il giornalista della "BILD" Rabie, anch'egli un rifugiato arrivato dalla Siria, nel corso delle sue ricerche ha parlato con i connazionali, ma anche con gli agenti di viaggio specializzati in viaggi illegali verso i paesi di origine.

Apparentemente ci sono molti modi per ottenere, ad esempio, la possibilità di entrare in Siria. Quando c'è denaro a sufficienza, basta viaggiare attraverso il Libano, l'Iran o la Turchia.

E' sufficiente una telefonata alla compagnia aerea libanese "Nakhal", che sul suo sito Web indica un numero telefonico di Berlino, o all'agenzia di viaggi "Al-Outom" di Berlino-Neukölln (Sonnenallee) per dare avvio al tanto desiderato viaggio verso il paese d'origine, apparentemente (ma non realmente) pericoloso.

La Travel Agency araba scrive: servizio "All Inclusive"

Il giornalista della "Bild" con radici siriane nelle sue telefonate a "Nakhal" e "Al-Outom" dice chiaramente che "intende viaggiare nella sua terra natale, anche se ai sensi della legge sull'asilo non gli sarebbe premesso". La risposta di un dipendente dell'agenzia di viaggi: "Nessun problema. Ha solo bisogno di un passaporto siriano oppure deve richiedere un "biglietto per il trasferimento" presso l'ambasciata siriana. Al resto pensiamo noi".

Costo? Circa 800 euro da mettere sul tavolo. Per le tangenti (sembrano essere destinate principalmente alle guardie di frontiera al confine tra Siria e Libano), volo, viaggio in autobus e documenti. Esiste quindi un "servizio all-inclusive".

Mohammad Rabie afferma che molti dei "rifugiati" che si sono recati in patria in realtà non erano mai stati perseguitati politicamente. Inoltre, egli ipotizza che tra i passeggeri vi siano anche molti sostenitori del governo siriano di Assad. Di fatto il governo da cui presumibilmente erano fuggiti.

Solo una "piccola pausa dalla Germania"

Sui social media molti siriani riferiscono dei loro viaggi a casa. Il blogger Aras Bacho (20 anni, già condannato per molestie sessuali dalla giustizia tedesca) ha scritto a luglio su Twitter: "Due settimane fa, sei siriani che conosco sono partiti in vacanza per la Siria per visitare i loro familiari e prendere una pausa, soprattutto dalla Germania. Ti manca la patria, e poi i siriani ormai lo fanno quotidianamente!"

Mohammad Rabie per conto della "Bild" ha parlato con i rifugiati che sotto lo status di "richiedenti asilo" hanno viaggiato in Siria, paese che avevano lasciato perché presumibilmente lì erano dei perseguitati:

▶ Gina (38 anni, nome modificato) vive in Baviera. È arrivata in Germania nel 2015. Da allora la "rifugiata" è rientrata a casa due volte. "Sono rimasta due mesi, sono andata in vacanza", dice. Alla domanda sul perché sia ​​tornata in un paese da cui è fuggita, Gina ha risposto: "Ho visitato i miei tre figli. Lo farei di nuovo, anche se dovessi perdere il permesso di soggiorno".

Anche Maya dal 2015 vive in Germania. Presumibilmente ha visitato suo padre malato a Damasco. "Sono volata in Turchia, ho attraversato il confine presso la città siriana di Qamishli. Non ho informato le autorità tedesche perché temevo che il mio diritto di asilo venisse ritirato".

Con i documenti di asilo delle autorità tedesche senza problemi verso la Germania

Ma come fanno i rifugiati a rientrare in Germania? Si chiederà qualche coraggioso cittadino tedesco rispettoso della legge - che si occupa quotidianamente del suo lavoro e che paga regolarmente le tasse - quando sente queste storie. Anche il reporter arabo del più grande tabloid europeo ha fatto delle ricerche. La prassi abituale è quella di tornare, con i documenti di identità siriani, nel paese di transito da cui provengono .

Da lì si rientra in Germania con i documenti d'asilo tedeschi. "Se i documenti sono stati timbrati in Siria, ad esempio, puoi rientrare in Danimarca e dichiarare alla frontiera di aver perso il passaporto".

L'Ufficio federale per la migrazione e i rifugiati (BamF) da molto tempo è a conoscenza di questi viaggi speciali nel paese di origine. Ma il BamF non conosce cifre precise. La regola ufficiale è: se un tale viaggio in patria viene scoperto, si rischia - anche se quasi sempre solo teoricamente - una revoca dello status di richiedente asilo.

Anche il ministro Seehofer si è pronunciato, ma che valore hanno le sue parole?

Anche il ministro degli Interni Horst Seehofer si è espresso in maniera chiara sulla "Bild am Sonntag" dopo che sabato scorso la "Bild" ha parlato del turismo dei richiedenti asilo. Le parole del ministro devono essere lette con attenzione: "Chiunque si rechi regolarmente in Siria come rifugiato, non può seriamente pretendere di essere considerato un perseguitato in Siria". Solo chi si reca "regolarmente" in vacanza in Medio Oriente?

Il "ministro per la sicurezza" riduce drasticamente la possibilità di applicare i suoi annunci quando dice al "BamS" che è necessario "monitorare attentamente gli sviluppi in Siria". Seehofer: "Se la situazione lo consentirà, effettueremo dei rimpatri." Ah. Ma quando "la situazione" consentirà realmente di organizzare i rimpatri?

Il ministro si riferisce solo ai truffatori "siriani"? Che dire allora dei "rifugiati" dall'Eritrea, ad esempio, che sono anche loro noti per trascorrere le loro vacanze "a casa"? Gli esperti della "politica sui rifugiati" sanno che molto probabilmente la dichiarazione di Seehofer non vale nemmeno la carta su cui è stata stampata. La pratica quotidiana dei tribunali tedeschi smaschera le menzogne ​​del politico bavarese.

Chiunque abbia familiarità con le autorità competenti sa che le "procedure di disconoscimento" dello status di richiedente asilo richiedono una enorme quantità di tempo e grandi sforzi perché solo in questo modo possono essere a prova di tribunale. Anche nei pochi casi eccezionali in cui tale procedura è stata portata a termine con successo, i "vacanzieri in patria" colpiti dalle misure di solito ricorrono in tribunale. Ne risultano infinite cause legali che lo Stato deve pagare sotto forma di assistenza legale.

Anche se il BamF nei tribunali amministrativi dovesse effettivamente vincere, il rimpatrio sarebbe ugualmente molto improbabile. Per il "rifugiato", ad esempio, è sufficiente affermare di non avere i documenti o di soffrire di un disturbo d'ansia (ad esempio incubi notturni). La persona "in cerca di protezione", che ovviamente è un imbroglione, resta quindi nel paese. E così può regolarmente continuare a godere dei benefici sociali che rendono la Repubblica Federale apparentemente così attraente fra gli immigrati di tutto il mondo.

Chi controlla i "rifugiati" destinatari di Hartz IV?

I "rifugiati" che in Germania hanno ottenuto un "permesso di soggiorno" (di qualsiasi tipo - ce ne sono diversi) percepiscono da subito Hartz IV (appartamento o casa, spese di soggiorno, mobili, abbigliamento di base, assistenza medica gratuita, ecc.). Se i destinatari di Hartz IV legalmente considerati "rifugiati" vogliono viaggiare all'estero, devono informare il Jobcenter responsabile. Il viaggio potrebbe durare ufficialmente non più di tre settimane. Ma chi li controlla?

Nessuno negli uffici tedeschi vorrà ammettere che un qualsiasi dipendente o funzionario sia disposto o sia in grado di controllare dove si rechino realmente questi "rifugiati". La legislazione vigente non consente il viaggio nel paese di origine. Ma fra il personale delle autorità tedesche preposte, a chi potrebbe mai veramente importare?

Gli impiegati e i responsabili lo sanno molto bene: anche i vertici della politica generalmente non sono molto interessati al fatto che le leggi in questo ambito siano davvero rispettate o addirittura applicate. Perché ciò potrebbe generare una cattiva immagine e causare titoli spiacevoli sui giornali. E questo a sua volta potrebbe turbare il buon Michel (tedesco medio), il quale crede ancora che la "politica sui rifugiati" in Germania sia fatta rispettando il diritto.


-->

lunedì 17 dicembre 2018

Due rifugiati su tre sono sussidiati Hartz

L'associazione degli imprenditori nei giorni scorsi ha elogiato il livello di integrazione raggiunto dai rifugiati sul mercato del lavoro, del resto gli industriali non hanno di che lamentarsi: in una fase di forte crescita economica hanno a disposizione un esercito di lavoratori a basso costo la cui permanenza in Germania spesso è legata al mantenimento del posto di lavoro, uno scenario ideale per portare avanti la guerra fra poveri. Dati alla mano, quelli della Bundesagentur für Arbeit, a piu' di 3 anni dalla decisione unilaterale con cui il governo nell'estate del 2015 apriva le frontiere, due rifugiati su tre sono sussidiati Hartz. Ne parla la Bild Zeitung su dati della Bundesagentur für Arbeit


Il presidente dell'associazione dei datori di lavoro (BDA) Ingo Kramer nei giorni scorsi ha elogiato il livello di integrazione raggiunto dai rifugiati nel mercato del lavoro tedesco. "Io stesso sono sorpreso che tutto stia procedendo così velocemente", ha detto Kramer alla "Augsburger Allgemeine".

- Degli 1,6 milioni di migranti provenienti dai principali paesi di partenza dei rifugiati (Afghanistan, Eritrea, Iraq, Iran, Nigeria, Pakistan, Somalia e Siria), 360.000 sono attualmente occupati (settembre 2018). Il 41% in più rispetto a un anno fa!

- Ciò significa: il 31,6% dei migranti provenienti dai principali paesi di partenza (in età compresa tra i 15 e i 65 anni) è occupato. Fra gli stranieri questa quota raggiunge il 50,3%, il 67,7% fra tutte le persone residenti in Germania.

- Il 36%, cioè 185.580 persone, restano comunque disoccupate! Un anno fa erano ancora il 44,8%. Un confronto: nel complesso, il tasso di disoccupazione tra i bulgari e i rumeni in Germania è rispettivamente del 5,8% e del 7,7%.

- Ma: due rifugiati su tre provenienti dai principali paesi di partenza dei rifugiati (63,7%) percepiscono un sussidio Hartz IV, sul totale della popolazione i percettori di un sussidio sono invece il 9% e il 20,6% fra tutti gli stranieri che vivono in Germania. Nel complesso 992.202 rifugiati ad agosto percepivano un sussidio Hartz IV.

- Secondo la Bundesagentur für Arbeit, i rifugiati disoccupati sono "prevalentemente giovani e maschi". Sempre secondo l'analisi della BA, "vengono spesso utilizzati per lavori in cui le competenze linguistiche non sono il fattore più importante". A novembre c'erano infatti 22.000 rifugiati disoccupati in cerca di un lavoro nelle pulizie, 21.000 cercavano nella logistica, 15.000 come aiutanti in cucina e 10.000 nelle vendite.

- Tra il dicembre 2017 e il novembre 2018, 116.000 persone provenienti dai paesi di partenza dei rifugiati hanno trovato un lavoro, hanno avviato un'attività in proprio o hanno iniziato un percorso di formazione. Più di un rifugiato su tre ha trovato un'occupazione nel "lavoro temporaneo", cioè nel lavoro interinale.


-->

giovedì 15 novembre 2018

Il documento segreto del ministero degli interni: nel 2015 il governo tedesco avrebbe potuto chiudere i confini

Dal ministero degli interni spunta un documento segreto redatto all'epoca da funzionari di alto livello secondo il quale la chiusura delle frontiere nell'estate del 2015 sarebbe stata perfettamente legale, a differenza di quanto Merkel sin da allora ha sempre sostenuto.  Ne parlano RT Deutsch e Die Welt



Il governo tedesco ha sempre motivato la scelta di non aver voluto chiudere i confini prima dell'arrivo in massa dei rifugiati nell'autunno del 2015 adducendo presunte "preoccupazioni legali". Ora invece si viene a sapere: in un documento segreto alti funzionari ministeriali dichiaravano il contrario.

Le frontiere tedesche nell'autunno 2015 potevano essere chiuse senza alcuna preoccupazione di carattare legale. Lo riporta la "Welt am Sonntag" sulla base di un documento segreto del Ministero degli Interni in suo possesso. Il documento includeva un piano elaborato dagli alti funzionari del ministero per chiudere i confini durante l’ondata migratoria innescatasi nel settembre 2015.

Nel documento dal titolo "Possibilità di respingere coloro che cercano protezione alle frontiere tedesche", i funzionari discutevano le modalità per chiudere i confini e impedire ai rifugiati di attraversare il confine fra Austria e Germania. In alcuni atti non destinati alla pubblicazione i funzionari ministeriali erano arrivati alla conclusione: il respingimento sarebbe stato possibile e perfettamente legale.

A partire dal 2015 il governo tedesco ha sempre parlato di "preoccupazioni legali" come elemento cruciale per motivare la sua decisione di mantenere i confini aperti ai rifugiati. La rivelazione della WamS dimostra che si è trattato piuttosto di una decisione puramente politica. Ciò dovrebbe rendere ancora più difficile lo sforzo dell'Unione di lasciarsi definitivamente alle spalle la questione dei rifugiati. Ancora in ottobre, prima di dare l'annuncio del suo ritiro dalla corsa per la segreteria del partito, Merkel durante il congresso CDU della Turingia aveva detto:

"Se vogliamo passare il resto del decennio ad occuparci di cosa è accaduto nel 2015 e di come sono andate le cose, e a sprecare il tempo in questo modo, allora finiremo per non essere piu’ un partito di massa".


La pubblicazione del documento del Ministero dell'Interno spinge almeno una parte dell'opposizione a rianalizzare gli eventi del 2015. Il leader della FDP Christian Lindner chiede "un chiarimento complessivo sul tema":

"Le rivelazioni gettano una luce abbagliante sulle pratiche di governo della signora Merkel. Le questioni centrali per il paese vengono dibattute in circoli chiusi e oscuri. La decisione relativa alla necessità da parte del nostro paese di accogliere rifugiati al di là di quanto previsto dal quadro normativo, tuttavia, doveva essere discussa in pubblico e in parlamento."

Anche Oskar Lafontaine valuta l'argomento in maniera simile a Lindner. Il leader della Linke nel parlamento della Saar ha detto che è necessario discutere quanto accaduto nel 2015:

"Né il Bundestag né gli stati federali, né i vicini europei furono adeguatamente coinvolti in quelle decisioni. Fino ad oggi è mancata la necessaria trasparenza, che è il prerequisito indispensabile per una decisione democratica".



-->