Un blog per raccontare in italiano il dibattito tedesco sulla crisi dell'euro e le nuove ambizioni di Berlino, ma anche per mostrare qualche aspetto meno conosciuto, ma non secondario, del grande miracolo economico tedesco. Traduco in italiano articoli di economia e politica pubblicati sulle principali testate online tedesche.
giovedì 18 maggio 2023
Heiner Flassbeck - La fine dell'inflazione in Germania
venerdì 7 aprile 2023
Heiner Flassbeck - Le gravi responsabilità della BCE nel crollo del settore immobiliare tedesco
Il settore delle costruzioni in Germania sta crollando ad un ritmo superiore rispetto a quanto avvenuto negli anni della crisi finanziaria, il grande economista tedesco Heiner Flassbeck ci spiega cosa sta accadendo e quali sono le gravi responsabilità della politica restrittiva della BCE. Ne scrive Heiner Flassbeck su relevante-oekonomik.com/
Heiner Flassbeck |
L'Ufficio Federale di Statistica la scorsa settimana ha comunicato che i nuovi ordini (corretti per i prezzi) nel settore delle costruzioni nel gennaio 2023 sono stati di ben il 21% inferiori rispetto al livello dell'anno precedente (Figura 1). "L'ultima volta che si era registrato un calo maggiore ad inizio anno era stato nel gennaio 2009 (-21,8% rispetto al gennaio 2008)", ha dichiarato l'Ufficio di statistica. Da marzo dello scorso anno, la domanda totale nel settore edile è crollata del 24%.
Osservando le cifre (destagionalizzate) mese per mese, si nota che il crollo sta interessando tutti i settori nell'industria delle costruzioni. L'ingegneria civile (Figura 2), dominata dai contratti governativi, ha avuto una traiettoria ascendente fino al 2018, ha ristagnato in gran parte tra il 2019 e il 2022 e ora continua a scendere.
Figura 3 |
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Questo aumento dei prezzi, anch'esso speculativo e caratterizzato da vari shock dell'offerta, già di per sé avrebbe rallentato l'industria delle costruzioni spingendo verso un graduale calo dell'attività edilizia, come già evidente nell'edilizia residenziale dalla fine del 2020. Ma il rapido crollo avvenuto a partire dalla primavera del 2022 non può essere spiegato solo dall'andamento dei costi di costruzione.
Figura 5 |
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Il quadro della domanda nel settore delle costruzioni trova riscontro nel fatto che i prezzi degli immobili residenziali (Figure 5 e 6) nel quarto trimestre dell'anno scorso sono scesi del 3,6%, un calo significativo - su di una tale dimensione per la prima volta dal 2007, quando nel primo trimestre erano scesi del 3,8%. La situazione è quindi cambiata radicalmente e rapidamente, anche guardando a questo indicatore.
Inoltre, si può notare che sono soprattutto gli immobili residenziali esistenti e non quelli di nuova costruzione ad essere crollati a un ritmo molto sostenuto. Ciò è da associare ad una correzione dell'inflazione speculativa, da accogliere con favore. Questo sviluppo tuttavia - come lo scoppio di una bolla dei prezzi - rischia di frenare la propensione all'investimento: se i prezzi degli asset scendono, molti proprietari di case si sentiranno più poveri e più esitanti di prima nell'intraprendere una conversione ecologica della loro proprietà. Anche i potenziali acquirenti di immobili, per i quali il calo dei prezzi in realtà è un fatto positivo e lascia spazio al finanziamento di investimenti ecologicamente sensati negli immobili esistenti, potrebbero essere trattenuti: potrebbero infatti esitare prima di acquistare nella speranza che i prezzi scendano ulteriormente, oppure per il timore di acquistare un immobile il cui valore successivamente potrebbe ulteriorimente scendere mentre sono vincolati a dei tassi di interesse contrattualmente concordati e relativamente elevati.
Tra l'altro, già nel febbraio 2022, la BCE stava seriamente considerando (secondo Isabel Schnabel) la possibilità di tenere maggiormente in considerazione il prezzo degli immobili, cioè il prezzo di un asset, nelle decisioni di politica monetaria. Questa mossa è stata rilevante in quanto l'indice dei prezzi al consumo, il metro di misura della politica monetaria, riguarda essenzialmente i prezzi dei flussi, cioè dei beni che vengono consumati e utilizzati. Ad esempio, i prezzi delle azioni - anche i prezzi degli asset - non hanno alcun ruolo nel calcolo dell'indice dei prezzi al consumo. Nella misura in cui i prezzi degli immobili si ripercuotono sugli affitti (e sul costo delle abitazioni occupate dai proprietari), hanno sempre svolto e continuano a svolgere un ruolo nell'indice nazionale dei prezzi al consumo.
I costi degli alloggi occupati dai proprietari, tuttavia, non sono inclusi nell'indice armonizzato su cui si basa la BCE. E questa è stata ovviamente una spina nel fianco di Isabel Schnabel, membro del Comitato esecutivo della BCE: "Quando si tratta di chiedere se le condizioni della nostra forward guidance sono soddisfatte, il Presidente ha sempre chiarito che alla fine questa valutazione non è meccanicamente legata alle proiezioni, ma è un giudizio del Consiglio direttivo. E qui dovrebbero entrare in gioco i prezzi delle abitazioni".
Al momento, Isabel Schnabel non ha ancora dichiarato di voler prendere in considerazione, nella sua valutazione dell'attuale andamento dei prezzi, il calo dei prezzi degli immobili con la stessa serietà con cui teneva conto dello stesso aumento dei prezzi un anno fa. Ciò alimenta l'impressione che l'approccio basato sui dati, che la BCE recentemente ha enfatizzato con forza come base per le sue decisioni di politica monetaria, non venga fatto in maniera sistematica, ma piuttosto che i dati empirici siano a volte inclusi nella valutazione della situazione e a volte no, a seconda che sostengano la posizione "desiderata" del momento o piuttosto la contrastino.
Le responsabilità della politica monetaria
Se si guarda alla costellazione complessiva della domanda di abitazioni, dei costi di costruzione e dei prezzi delle case, non c'è dubbio che la politica monetaria sia in buona parte responsabile del crollo del settore delle costruzioni e del mercato immobiliare. Non è una novità: i tassi di interesse erano già aumentati nel 2005 e nel 2006, ponendo fine all'espansione dell'industria delle costruzioni, in particolare dell'edilizia residenziale, come si evince dalla Figura 7, in cui vengono riportati i nuovi ordini per l'edilizia residenziale nel principale settore delle costruzioni, affiancati al tasso di interesse di riferimento della BCE. Oggi, tuttavia, parliamo di una dimensione diversa del problema. Questa volta, i tassi di interesse sono saliti in pochissimo tempo partendo da zero perché la BCE ha ritenuto di dover combattere un aumento temporaneo dei prezzi, la cui origine era chiaramente da ricercare negli eventi globali.
Gli investitori i cui investimenti hanno un rendimento atteso inferiore rispetto al tasso d'interesse non hanno modo di sottrarsi alla pressione dei tassi d'interesse fissati per contratto o alla pressione di investire i propri fondi in titoli sicuri, invece che in progetti d'investimento nell'economia reale alquanto incerti. Questo vale sia per le imprese che per le famiglie. Le persone le cui aspettative di reddito non consentono di sostenere un tasso di interesse più elevato devono rinunciare all'acquisto o alla costruzione di una casa.
Questa correlazione si applica anche agli investimenti industriali piu' in generale. Gli ordini interni ricevuti dai produttori di beni strumentali si sono indeboliti a partire dall'estate del 2021 e sono in netto calo dal primo trimestre del 2022 (Figura 8).
Per comprendere il grave pericolo che ciò rappresenta se combinato con l'attuale politica monetaria, è necessario considerare l'andamento precedente: la leggera ripresa che in Germania la domanda interna di beni di investimento aveva avuto dopo la crisi dell'euro, durata fino al 2018, si era già conclusa prima della pandemia - la domanda di investimenti inizialmente ha ristagnato ed è poi scesa per tutto il 2019. A partire da marzo 2020 è crollata a causa della pandemia, per poi risalire ai livelli di inizio anno. Nella prima metà del 2021 si era registrata una ripresa, tanto che la domanda di investimenti ha raggiunto un livello che proseguiva la fase ascendente durata almeno fino al 2018. Ma poi la situazione è precipitata di nuovo. La guerra in Ucraina, con tutte le sue conseguenze sul settore energetico, e le grandi incertezze innescate hanno fatto crollare nuovamente la disponibilità a investire.
E nel bel mezzo di questa fase di debolezza, la politica monetaria europea è passata ad una fase fortemente restrittiva. La differenza con l'andamento degli anni che hanno preceduto la crisi finanziaria è notevole: allora, l'aumento dei tassi d'interesse, più lento e meno esteso, era stato preceduto da una ripresa degli investimenti durata due anni, protrattasi anche durante il rialzo dei tassi d'interesse, prima che la crisi finanziaria la interrompesse bruscamente, così come il rialzo dei tassi d'interesse. Prima dell'inizio dell'attuale inasprimento della politica monetaria, invece, in Germania non si era registrata alcuna ripresa degli investimenti, al massimo una faticosa ripresa della domanda di investimenti avvenuta dopo lo shock pandemico, che lo shock della guerra in Ucraina però aveva prontamente ucciso.
La politica monetaria della BCE tuttavia non può essere guidata solo dalla costellazione economica del suo membro piu' grande. Qual è dunque la situazione della domanda di investimenti nell'Unione Monetaria Europea nel suo complesso? Purtroppo l'indicatore "nuovi ordini" a livello di statistiche europee non esiste. Dobbiamo quindi accontentarci delle statistiche sulla produzione. Tuttavia, quest'ultima non sempre corre parallela in termini temporali rispetto ai nuovi ordini.
Negli ultimi tre anni, in particolare, non è stato possibile evadere tempestivamente gli ordini a causa della pandemia e dei colli di bottiglia legati alla guerra. A tale proposito, il crollo della domanda verso la situazione estrema attuale, ancora non si è riflettuto sulla produzione, come dimostra l'esempio dell'attività edilizia (Figura 9).
Politica macro o politica strutturale
Ogni medico, prima di intraprenderla, deve considerare gli effetti collaterali della terapia proposta. Operazione riuscita, paziente morto: non è un concetto sensato. La BCE rischia di infilarsi in un vicolo cieco da cui difficilmente riuscirà a venirne fuori. Immaginiamo che le attuali tensioni internazionali portino a ulteriori strozzature dell'offerta, compresa la corrispondente speculazione sui mercati delle materie prime, tali da fare in modo che l'aumento dei prezzi riprenda velocità. La BCE in quel caso continuerebbe il suo percorso e addirittura lo inasprirebbe? Dovrebbe farlo se non vuole perdere la faccia rispetto alle sue precedenti motivazioni politiche. Il risultato per l'economia reale sarebbe però disastroso, perché una forte recessione sarebbe a quel punto inevitabile in tutta Europa. Se la BCE se ne rendesse conto, dovrebbe prendere la strada opposta. Ma come potrebbe giustificare questa scelta?
Resta il fatto che chi non considera in modo differenziato le cause dell'andamento dei prezzi e non reagisce ad esse in maniera differenziata, ma ritiene tutti i settori ugualmente responsabili per gli shock imprevedibili, sta applicando il metodo della mazza di legno sul livello dei tassi di interesse, oltre a distruggere la volontà di affrontare gli investimenti in capitale fisso.
Non è forse questo il cambiamento strutturale che si voleva ottenere?
Non dobbiamo forse ridimensionare alcune attività economiche, come continuano a dirci, se vogliamo raggiungere i nostri obiettivi climatici? Sì, probabilmente è così. Ma se è il risultato di una politica monetaria sbagliata e avviene mediante uno shock, avrà esattamente l'effetto opposto. Poiché sempre più persone avranno paura per il proprio posto di lavoro, e diventerà sempre più difficile per i politici chiedere la disponibilità a impegnarsi nel cambiamento strutturale necessario per raggiungere gli obiettivi climatici.
Il necessario cambiamento strutturale deve essere guidato dai giusti segnali di prezzo, ma non può essere il prodotto accidentale di una medicina di politica monetaria i cui effetti collaterali sono peggiori della malattia stessa. Il cambiamento strutturale guidato dai prezzi, come abbiamo descritto qui recentemente, deve essere affiancato da una redistribuzione in favore degli strati più poveri della popolazione, perché altrimenti lo Stato non ha la legittimità per attuare i suoi obiettivi. Ma deve anche essere accompagnata da una politica macroeconomica che faccia della piena occupazione il suo obiettivo primario e che, in questo modo, riesca a contenere il giustificato timore nei confronti del cambiamento strutturale in modo da riuscire ad ottenere la maggioranza necessaria per poter applicare questa politica nel quadro di una democrazia.
mercoledì 2 novembre 2022
Heiner Flassbeck - Perchè la politica monetaria della BCE è sbagliata
Heiner Flassbeck |
sabato 8 ottobre 2022
Heiner Flassbeck - Berlino ha preparato il terreno
Per il grande economista tedesco Heiner Flassbeck, Berlino e i governi tedeschi degli ultimi anni non hanno fatto altro che preparare il terreno per questa ennesima vittoria della destra in un paese europeo. Un commento di Heiner Flassbeck su Junge Welt
Le elezioni italiane del 25 settembre, il cui risultato sembra aver scioccato molti, si inseriscono senza soluzione di continuità in una serie di elezioni in cui gli elettori hanno espresso la loro frustrazione per la situazione economica complessiva e per il ruolo dell'UE in particolare. L'unica cosa davvero sorprendente è che dopo ognuno di questi eventi, l'opinione pubblica in Germania finge di essere stupita - per poi tornare a farsi gli affari di sempre.
Naturalmente nessuno può o vuole arrivare a pensare che il governo tedesco possa aver contribuito ad una crescente frustrazione in gran parte d'Europa. Berlino fa sempre tutto bene e se la Germania può essere accusata di qualcosa, è solo di essersi messa troppo in secondo piano invece di aver assunto il "ruolo di guida" che in Europa le spetterebbe.
La Commissione europea ama essere considerata un combattente che difende ad ogni costo i "valori e le leggi europee" quando si tratta di Paesi relativamente piccoli dell'Europa centrale e orientale e delle loro relativamente piccole trasgressioni. La cattiva condotta della Germania (e dei Paesi Bassi), decisiva per il destino dell'Europa e che si esprime nelle enormi eccedenze delle partite correnti di questi due Paesi del Nord, non merita di essere menzionata. La Commissione non dice nulla nemmeno sulle conseguenze dei surplus tedeschi sul debito pubblico italiano.
Non c'è da stupirsi dunque che la frustrazione si stia diffondendo nei Paesi del Sud colpiti da questa condotta, soprattutto tra quei politici che non sono disposti ad affrontare di petto i Paesi del Nord. In Italia, la sinistra politica per molto tempo è stata troppo elegante, troppo diplomatica e troppo "europeista" per affrontare in maniera diretta le rimostranze dell'UE. Enrico Letta, leader del Partito Democratico (socialdemocratico), preferisce mordersi la lingua piuttosto che esprimere posizioni che potrebbero essere intese come critiche alle condizioni europee. Non vuole certo dimostrare che la destra ha ragione. Ma proprio comportandosi in questo modo, rafforza immensamente la destra.
In Germania, qualsiasi politico italiano che osi criticare apertamente Berlino, come il futuro primo ministro Giorgia Meloni, viene stroncato senza pietà dalla stampa e dai politici. Chiunque dica qualcosa di critico sulla Repubblica Federale è un "odiatore della Germania". In questo modo viene stroncata sul nascere qualsiasi discussione obiettiva e si contribuisce direttamente a far vincere il prossimo governo nazionalista nel prossimo Paese che andrà a votare.
sabato 4 dicembre 2021
Heiner Flassbeck - La transizione energetica tedesca non è credibile e i Verdi lo sanno bene
Nel mese di novembre, con poco vento e poco sole, le fonti di energia rinnovabile in Germania hanno garantito un livello minimo di copertura dei fabbisogni. Il grande economista tedesco Heiner Flassbeck ci spiega perché la transizione energetica di cui tanto parlano i Verdi, nella realtà dei fatti non è credibile e sta solo creando problemi alle famiglie tedesche vessate da bollette sempre piu' care. Ne scrive Heiner Flassbeck su relevante-oekonomik.com
venerdì 19 febbraio 2021
Heiner Flassbeck - Buona fortuna, Mario!
"Non illudiamoci, con questa Germania non è possibile fare l'Europa. Come potrebbe il primo ministro italiano riuscire a fare quello che il presidente della BCE non è riuscito a fare, cioè lanciare una discussione calma e razionale sulla politica economica... in cui i tedeschi capiscano da subito che non se la caveranno con i loro soliti vecchi luoghi comuni neoliberisti e monetaristi e le loro ambizioni mercantiliste. Tutti quelli che hanno ancora la testa sul collo non possono che tifare per Mario Draghi", scrive il grande economista tedesco Heiner Flassbeck. Per Flassbeck il potenziale politico di Mario Draghi in Europa è enorme, ma anche le resistenze che incontrerà sul suo percorso saranno molto forti, soprattutto nel nord del continente. Ne scrive Heiner Flassbeck su Makroskop.de
Pover'uomo, ho pensato immediatamente quando ho sentito che Mario Draghi aveva accettato il mandato da Presidente del consiglio per formare il nuovo governo italiano. Ma riflettendo, invece, mi sono poi reso conto che Mario, che conosco da più di 20 anni, e dal mio punto di vista può anche essere povero - e forse anche dal suo - probabilmente per l'Italia rappresenta invece un'opportunità unica.
Quale paese può dire di avere un primo ministro che non solo ha ricevuto un ampio sostegno dai partiti rappresentati in Parlamento, sia di destra che di sinistra, ma che ha anche collezionato un'esperienza unica sia in campo interno che internazionale. Mario Draghi sin dai primi anni '90 ha fatto parte (e si è assunto la responsabilità) di tutti i principali organismi che si occupano di economia globale, europea ed italiana. Ha assunto la più importante posizione in materia di politica economica all'interno dell'eurozona in un momento in cui l'Unione Monetaria (UEM) era sull'orlo del collasso, offrendole un appiglio in una fase cruciale.
Nulla di tutto ciò, naturalmente, può garantire che sarà anche in grado di partecipare agli intrighi e ai complotti tipici della politica, e di portare a termine e con successo anche questo incarico. Ma il potenziale della sua ambizione politica è enorme, data la sua vasta esperienza e conoscenza sulle questioni cruciali. E in ogni caso è molto più grande di quello di qualsiasi altro politico a cui è stato permesso di prendere il timone a Roma, almeno negli ultimi trent'anni.
L'Italia e l'unione monetaria
Chiunque abbia avuto a che fare con l'Italia, al di là dei soliti pregiudizi molto diffusi - soprattutto in Germania -, saprà bene che la questione italiana, il problema italiano, diciamo così, è un problema essenzialmente legato all'ingresso dell'Italia nell'unione monetaria. A causa della particolare posizione di partenza dell'Italia, che ho descritto in dettaglio nel numero tematico di MAKROSKOP - "Debito ed espiazione", sin dagli esordi dell'euro, il paese è sempre stato sulla difensiva. La ragione più semplice è che l'Italia e gli altri paesi membri dell'eurozona morivano dalla voglia di rinunciare alla loro "sovranità monetaria" (che in realtà non avevano mai posseduto) e per farlo erano pronti a ingoiare un certo numero di rospi (tedeschi) molto grassi.
La speranza di poter avere, grazie ad una grande area monetaria europea, una politica economica che, come negli Stati Uniti, sarebbe stata orientata soprattutto alle esigenze interne di un'economia grande e relativamente chiusa e di conseguenza, avrebbe messo la domanda interna e l'occupazione al centro degli sforzi della banca centrale, all'inizio non era affatto infondata. Alla fine però, la Bundesbank, da sempre concentrata sulla stabilizzazione dei prezzi, era stata sostituita da un'istituzione che, per essere sicuri, nella interpretazione letterale dei trattati (e naturalmente su veemente insistenza tedesca) era ancora più votata al contenimento dell'inflazione come suo unico obiettivo centrale. Ma chiunque abbia preso seriamente in considerazione le "soluzioni" europee, all'epoca sapeva bene che in questa Europa, appunto, le pietanze non potevano essere "mangiate così calde come venivano cucinate".
Anche fra i firmatari del trattato di Maastricht, infatti, nessuno poteva immaginare che subito dopo l'avvio dell'unione monetaria il paese più grande avrebbe cominciato a "olandesizzare" se stesso, cioè a vivere a spese dei suoi vicini, come aveva già fatto "con un certo successo" l'Olanda negli anni '80 grazie alla sua politica di dumping salariale. Che a farlo invece sia stato proprio un governo tedesco rosso-verde, tra tutti, un governo inciampato su questa "via d'uscita" a causa della sua completa incompetenza economica, è stata una coincidenza. Ma il fatto che in questo modo abbia bloccato lo sviluppo economico di tutta l'Europa, può essere considerata un'esperienza davvero unica in Europa.
La Germania, tra le altre cose, nonostante i suoi successi alquanto superficiali, ha rovinato per sempre il proprio sistema economico di successo, che dagli anni '70 era diventato l'ancora di tutte le alleanze monetarie europee, in quanto di fatto ha reso impossibile al paese raggiungere un elevato livello di occupazione senza un surplus delle partite correnti.
Per l'Italia questo processo è stato senza dubbio fatale, perché firmando il Trattato di Maastricht si è messa addosso un vestito fiscale che sarebbe stato sopportabile solo se l'Italia avesse avuto un grande successo nelle esportazioni e/o se la crescita fosse stata spinta dagli investimenti delle imprese in un'Europa complessivamente fiorente. La Germania, tuttavia, con la sua condotta ha bloccato il primo e il secondo percorso perché la sua politica di dumping salariale ha di fatto sbarrato la strada dell'export agli altri paesi dell'unione monetaria e allo stesso tempo ha soffocato la propria domanda interna e quella europea. Tutti gli altri paesi dell'unione monetaria, infatti, per non affondare in maniera irrimediabile nei loro mercati di esportazione, hanno dovuto seguire questo modello insensato.
Il margine di manovra di Mario Draghi e il suo più grande avversario
Mario Draghi lo sa bene, e già solo per questo è fondamentalmente diverso da praticamente tutti gli altri politici europei. Sa che ha bisogno di una politica fiscale espansiva (senza condizionalità europea) per far uscire l'economia italiana dalla profonda depressione in cui si trova. E sa che c'è bisogno di un cambiamento nell'equilibrio competitivo in Europa, soprattutto se Italia e Francia nel lungo periodo vorranno avere qualche speranza di successo. Sa anche che ogni suo passo sarà sotto esame e che da un momento all'altro nel nord del continente potrebbe scoppiare una tempesta che lo spazzerebbe via anche politicamente.
Il grande vantaggio di Draghi è la sua profonda conoscenza delle istituzioni. Non combatterà sul fronte sbagliato. Dopo tutto, data la sua lunga esperienza in un numero infinito di commissioni, sa bene che il suo avversario più importante non è a Bruxelles, ma a Berlino. E' soprattutto è qui che si differenzia dagli ingenui di destra e di sinistra che siedono nelle loro stanzette e scrivono e blaterano sull'Europa neoliberista e sulla Commissione europea, senza però aver mai visto un'istituzione europea o internazionale da vicino e i veri equilibri di potere al loro interno.
Il più grande avversario di Draghi sarà il "nocciolo duro della CDU/CSU", che per il dopo crisi ha già in mente la reimposizione delle vecchie regole sul debito e pensa a delle condizioni dure da imporre a chiunque voglia prendere in prestito anche un solo euro da Bruxelles.
Draghi sa anche fin troppo bene, dopo aver trascorso molto tempo a Francoforte, che i sentimenti profusi dagli oppositori dichiarati della BCE in Germania (compresa la Corte costituzionale federale con la sua assurda sentenza sulla proporzionalità della politica monetaria europea), indirizzati a qualsiasi cosa assomigli a un trattamento equo dei paesi europei da parte della BCE, per l'Italia saranno particolarmente problematici. L'Italia potrà sempre trovarsi nella posizione di dover contare sul sostegno diretto o indiretto della BCE, visto l'umore assolutamente irrazionale dei "mercati". Di conseguenza, dovrà fare molta attenzione quando discuteterà la questione, alla fine inevitabile, cioè se e in che modo il mandato della BCE potrà essere adattato ai tempi moderni, anche dopo il Coronavirus.
Draghi ha bisogno di amici
Chiunque debba affrontare un avversario forte avrà bisogno di amici forti. Il nuovo presidente del consiglio italiano non porterà a termine la sua impresa, se non riuscirà a fare quello in cui tutti coloro che nell'unione monetaria hanno cercato di cambiare qualcosa finora hanno fallito. Ha bisogno di una forte coalizione di paesi che siano pronti a sfidare apertamente e dichiaratamente il dominio e la ristrettezza di vedute della Germania. Proprio in questi giorni possiamo assistere al modo in cui il presidente bavarese, il ministro federale della sanità e il ministro federale dell'interno sul tema dell'apertura delle frontiere si rifiutino di accettare qualsiasi avvertimento da Bruxelles, e come il presidente tedesco della Commissione, invece di battere i pugni sul tavolo, preferisca restare nobilmente in silenzio.
Non illudiamoci, con questa Germania non è possibile fare l'Europa. Come potrebbe il primo ministro italiano riuscire a fare quello che il presidente della BCE non è riuscito a fare, cioè lanciare una discussione calma e razionale sulla politica economica in questa grande e autoreferenziale Europa? Una discussione in cui i tedeschi si rendano conto sin da subito che questa volta non se la caveranno con i loro soliti vecchi luoghi comuni neoliberisti e monetaristi e le loro ambizioni mercantiliste. Tutti quelli che hanno ancora la testa sul collo non possono che tifare per Mario Draghi. Da parte mia, non posso che augurargli con tutto il cuore buona fortuna!