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lunedì 1 aprile 2013

Primi della Klasse


Perchè ci odiano nel sud-Europa? Se lo chiede Wirtschaftswoche, e la risposta è abbastanza scontata: siamo i migliori, nessuno sarà mai come noi. Continua la sindrome da "Primo della Klasse". Da wiwo.de
La rabbia verso la Germania è inaccettabile. La si dovrebbe interpretare non in chiave economica - ma storica.

Perchè ci odiano? Molti tedeschi, alla luce dei continui pacchetti di salvataggio e dopo  decenni di trasferimenti di risorse, poco a poco inizieranno a provare una certa rabbia nei confronti dei paesi destinatari di aiuti, ai loro occhi ingrati e irragionevoli. La rabbia anti-tedesca in Europa  tuttavia sembra comprensibile. Non certo giustificata, come vorrebbero farci credere i demagoghi di sinistra alla Jakob Augstein. I paesi in crisi nel sud Europa non ce l'hanno con il sistema oppure con il capitalismo. Inveiscono contro l'UE e soprattutto contro la Germania, mettendoli sullo stesso piano. E questo è comprensibile - non certo da un punto di vista economico, ma da una prospettiva storica.

La spiegazione piu' ovvia: il risentimento nei confronti di chi non mostra le debolezze che tu stesso hai. I tedeschi, come scritto recentemente dallo storico britannico Brendan Simms, non hanno commesso certi errori: "Diversamente dagli irlandesi e dagli spagnoli non hanno avuto una gigantesca bolla immobiliare, si accontentano di affittare i loro appartamenti, come è sempre accaduto; diversamente dagli italiani non hanno trasformato la politica in un circo che distrugge la fiducia nei titoli di stato; e diversamente dai greci, dispongono di un sistema politico che nonostante tutte le carenze si fonda sull'onestà e la trasparenza". Simms nel suo saggio ha osservato che l'assenza di errori arriva fino ad oggi. A differenza della storia politica ed intellettuale tedesca,  nel lungo periodo quella economica è stata una storia di successi. Ed è molto difficile essere amato quando sei il primo della classe.

E ora la generosa disponibilità tedesca ad aiutare gli altri provoca invidia. Solo un rivoluzionario romantico come Che Guevara poteva pensare che "la solidarietà è la tenerezza fra i popoli". Nel mondo reale, la dipendenza permanente non aiuta l'amicizia fra i popoli, ma causa invidia e nuove pretese.

Piu' del risentimento dei deboli bisognosi di aiuto nei confronti dei piu' forti paesi donatori, sentimento peraltro molto umano, conta la mortificazione causata da una EU trainata dalla forza economica tedesca.

L'integrazione europea e l'ampliamento della CEE a Grecia, Spagna e Portogallo era stato considerato un mezzo, dopo la caduta dei regimi autoritari degli anni '70, per garantire uno sviluppo democratico e - almeno prima del 1989 - impedire un loro avvicinamento al comunismo. Nel nord Europa, prima di tutto in Germania, c'e' sempre stata e tuttora esiste la convinzione che l'integrazione e i generosi fondi di coesione avrebbero portato i paesi mediterranei verso lo sviluppo e la modernità, come già accaduto in tutta l'Europa occidentale e del nord. 

Ma cio' è successo solo superficialmente. Il livello dei redditi, anche grazie ai generosi fondi europei per la coesione, è salito quasi ai livelli del nord Europa. Ma nel sud Europa a questi trasferimenti ci si è abituati. E hanno finito per coprire le differenze strutturali, cio' che Werner Abelshauser definisce cultura economica, vale a dire il pensiero e l'agire degli attori economici, emersi nel tempo e definiti dalla storia dell'organizzazione dello stato e della società.  Il contenimento dell'inflazione attraverso una banca centrale indipendente e la ferrea disciplina di bilancio nel sud Europa hanno da sempre una minore accettazione rispetto a quanto non accada in Germania. Per questa ragione le imprese e i cittadini del sud Europa nel tempo si sono adattati a un'inflazione piu' forte.

I paesi del sud Europa, Francia inclusa, sono tradizionalmente paesi con una moneta debole. I tedeschi e gli altri paesi del nord, con l'aiuto dell'Euro, pensavano di poter esportare verso il sud Europa il loro regime di moneta forte insieme alle corrispondenti idee di politica fiscale. In Germania si supponeva, e si ritiene ancora oggi, che il sud Europa debba seguire il percorso economico del nord e aderire con convinzione alla disciplina di una banca centrale indipendente e orientata unicamente alla stabilità monetaria. Un'aspettativa culturalmente e storicamente cieca. Si pensava, come formulato da Wolfgang Streeck, "si adatteranno a questa disciplina e faranno concorrenza in maniera leale - sebbene nel lungo periodo siano destinati a perdere. I tedeschi pensavano che gli altri paesi fossero un po' come il VfL Bochum (squadra della Bundesliga tenace ma di bassa classifica), per loro non è importante, almeno fino a quando potranno giocare".

Se si intende ricalcare la cultura economica di un determinato paese, nell'opinione pubblica quel paese dovrebbe avere un ruolo piu' importante rispetto ai soli trasferimenti economici che da esso si ricevono. Naturalmente la Germania non è la causa dei problemi economici del sud Europa. Ma è la ragione per cui i paesi del sud si sentono umiliati. Da loro infatti ci si aspetta che abbandonino un modo di pensare e operare consolidato per decenni: il regime della moneta debole e i metodi di soluzione delle crisi dei paesi mediterranei (alta inflazione e bancarotta di stato) dovranno essere dichiarati inammissibili. A nessuno piace sentirsi dire la verità: devi cambiare - e devi diventare come me. 

Naturalmente i paragoni primitivi con i nazisti fatti nel sud-Europa sono inaccettabili. Ma  il destinatario di tanta rabbia, nel suo stesso interesse dovrebbe cercare di comprenderne le motivazioni. Che non significa dargli ragione, ma è il prerequisito per capire la relatività della propria posizione.
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domenica 10 marzo 2013

Intervista a Konrad Adam di "Alternative für Deutschland"


WirtschaftsWoche, il settimanale di economia piu' diffuso, intervista Konrad Adam, uno dei leader della nuova formazione eurocritica „Alternative für Deutschland“. Da WirtschaftsWoche.
Il pubblicista Konrad Adam è uno dei fondatori del nuovo partito „Alternative für Deutschland“. Il movimento guidato dai professori di economia che alle elezioni politiche vuole competere contro il partito unico degli Eurosalvataggi. Non sarà pero' un movimento monotematico.

Wiwo: I nuovi partiti in Germania da tempo vengono considerati senza grandi possibilità di successo, soprattutto se cercano di fare concorrenza alla CDU-CSU. Con „Alternative für Deutschland“ lei e i suoi colleghi tuttavia ci state provando. Perchè?

Konrad Adam: Per noi è stata decisiva l'impressione che con gli Eurosalvataggi si fosse superato un limite che non doveva essere superato, senza chiedere il parere dei cittadini. A tale proposito ci affidiamo a quanto detto dalla Corte Costituzionale sul tema. Si sta decidendo su un argomento di grande importanza, e su questo siamo d'accordo con la Cancelliera. Tuttavia  in Parlamento non è ancora rappresentato un sentimento di scetticismo cosi' diffuso. Tutti i partiti su questo argomento hanno la stessa posizione: siamo per i salvataggi. E questo lo troviamo sbagliato.

C'è stata una causa scatenante che vi ha portato a questa decisione?

Si', è stata la deliberata e pianificata violazione del Trattato di Maastricht. I criteri nel corso del tempo sono stati ignorati da tutti i firmatari. Non si puo' certo dire dall'oggi al domani all'elettore: "Pesce di aprile, le vecchie regole non valgono piu', da oggi ce ne sono di nuove che ci siamo date fra di noi, senza chiedere la vostra opinione", è un modo di procedere inaudito e senza precedenti. Se non vogliamo che questa violazione diventi la prassi a livello internazionale, dobbiamo agire ora.

Da chi è partita l'iniziativa per il vostro movimento?

Ci sono stati diversi contatti, tuttora attivi. Durante l'ultimo anno il livello di rischio è salito. E questo ci ha portato ad una conclusione: nonostante tutte le difficoltà, su cui non ci facciamo alcuna illusione, è necessario osare. Sono uno di quelli che già da tempo sbatteva i piedi per terra. L'iniziativa è partita prima di tutto da Bernd Lucke, con il quale abbiamo lavorato molto, ma anche dal mio vecchio amico Alexander Gauland. E molti altri hanno dato il loro contributo. C'è inoltre un gran numero di persone che considerano la nostra causa giusta, ma che per diverse ragioni si rifiutano di entrare in un partito formale.

Sarete presenti alle elezioni federali del settembre 2013?

L'abbiamo in programma e faremo il possibile per superare gli ostacoli. Facciamo naturalmente i conti con la resistenza dei partiti politici concorrenti.

Svilupperete un programma politico che si occupa anche di altre questioni europee problematiche?

Sicuramente. Non vogliamo restare un partito con un solo tema. La nostra priorità è la preoccupazione per la moneta -  e per me personalmente ancora piu' importante - la proccupazione per il futuro della democrazia. Se il cittadino va a votare, vuole avere anche una scelta. Al momento per i motivi sopra menzionati non ce l'ha.

Dove vi posizionate nello spettro politico?

Io credo che la suddivisione fra destra, sinistra e centro non possa piu' spiegare molto. A causa dell'azione della Cancelliera queste parole sono diventate cosi' sfumate che ormai ci dicono poco. Abbiamo consapevolmente rinunciato al nome "Centro civile" e scelto al suo posto „Alternative“. Al centro sono in molti ad affollarsi.

In passato „alternativ“ era una parola per la sinistra e i movimenti ecologisti.

Personalmente, poiché mi considero un liberale-conservatore, da sempre ho una grande simpatia per le tematiche ambientali dei Verdi. Non riesco ancora a capire perché Helmut Kohl abbia escluso questo tema.

Vuole diventare segretario del partito?

No

Sarete in grado di inserire nel partito nuove strutture, diverse da quelle dei partiti tradizionali?

Su questo ancora non abbiamo deciso. Naturalmente abbiamo bisogno di un'organizzazione e senza un minimo di gerarchia non riusciremo a sopravvivere. Fino ad ora la nostra struttura preliminare è stata volutamente piatta. Abbiamo 3 portavoce, Bernd Lucke, Dagmar Metzger e il sottoscritto, a questi si aggiungono 3 membri di una commissione etica. Io credo che dovremmo mantenere un'organizzazione piatta e consapevolmente democratica anche in futuro.

Uno dei vostri sostenitori, Hans Olaf Henkel, è legato anche ai "Freie Wähler". Pensa ad alleanze elettorali o a collaborazioni simili con i "Freie Wähler".

Non si puo' escludere. Alle elezioni regionali in Niedersachsen abbiamo corso con i "Freie Wähler" perché sapevamo quanto difficile fosse la fondazione di un nuovo partito. Il risultato è stato deludente e l'esperienza ambivalmente. I "Freie Wähler" sono giustamente felici per le loro radici comunali. Dicono pero': ci interessiamo per la palestra locale, restiamo fuori dai temi di Berlino e di Bruessel. E' una posizione legittima, ma difficilmente conciliabile con i nostri temi. Se i "Freie Wähler"  sull'argomento non si mostreranno aperti, vedo grandi difficoltà per una ulteriore forma di collaborazione.

I "Freie Wähler"  sotto la guida di Hubert Aiwangers hanno fondato un'associazione federale.

Adesso avrà il compito di convinvere i circoli locali dei "Freie Wähler" di quanto siano importanti i grandi temi. Non saranno decisivi il livello comunale e quello regionale, piuttosto il livello federale e sempre piu' quello europeo.

I "Freie Wähler" e i "Pirati" sono cresciuti dal basso, il vostro partito invece nasce dall'alto. Una formazione fondata da professori di fama, giornalisti e alti funzionari.

Siamo solo all'inizio. Ma non siamo certo un partito nato dall'alto. Io sono pensionato

Ma come giornalista non certo sconosciuto

Abbiamo una piccola imprenditrice di Leipzig, varie persone dal settore IT che hanno appena aperto la loro attività. C'è una certa sovrarappresentazione dei professori di economia, ma è dovuto al tema trattato. Per ottenere l'attenzione delle masse, cercheremo di avere una militanza piu' ampia e rappresentativa. Abbiamo gettato una rete molto ampia.

martedì 19 febbraio 2013

Maggioranze mediterranee


Hans Werner Sinn torna a chiedere un cambio di rotta radicale nella politica europea della Germania e rilancia un suo tradizionale cavallo di battaglia: c'è bisogno di una banca centrale che possa e sappia tutelare gli interessi tedeschi. Da CesIFO-group.de
La minaccia della Gran Bretagna di abbandonare l'Unione Europea è un segnale di allarme politico ed economico. La Germania dovrebbe avviare un'iniziativa di riordino della EU che possa rafforzare l'idea di sussidiarietà - per consentire ai britannici di restare.

Molti politici a Bruessel e a Parigi, ma anche a Berlino, hanno reagito deridendo le posizioni di David Cameron: far votare il suo popolo sull'adesione all'UE. Non sarà cosi' facile risolvere la questione. La Gran Bretagna è ancora il paese europeo piu' influente nel mondo e la decisione di Cameron cambierà l'Europa.

Il primo ministro britannico non ha fatto questo passo di sua iniziativa.  La vera causa è stata la   decisione di introdurre una tassa sulle transazioni finanziarie a livello europeo. Si puo' pensare cio' che si vuole di questa tassa. E' un provvedimento sciocco la cui utilità non è chiara - ma rappresenta una puntura di spillo nella carne viva dei britannici. Lasciare che la Gran Bretagna esca per questa ragione sarebbe un errore non trascurabile. Coloro che hanno spinto per la sua introduzione, sapevano che in questo modo avrebbero irritato la Gran Bretagna, ma l'hanno fatto ugualmente mettendo a rischio il progetto europeo. Non a caso Cameron ha tenuto il suo discorso sull'uscita il giorno dopo che la decisione di introdurre la tassa è stata approvata dalla  maggioranza dai paesi EU.

C'erano voluti due tentativi prima che la Gran Bretagna nel 1973 diventasse finalmente membro della Comunità europea. Il primo tentativo era fallito nel 1963 per il veto della Francia. La Germania era stata allora convintamente a favore: nell'ingresso dei britannici vedeva un mezzo per bloccare le intenzioni mercantiliste dei francesi e ridurre i rischi per l'industria tedesca. Inoltre era chiaro che senza la Gran Bretagna l'EU non sarebbe mai stata in grado di occupare nel mondo la posizione politica a cui ambiva. Da allora è stata ferma intenzione della Germania coinvolgere quanto piu' saldamente possibile la Gran Bretagna nel progetto di integrazione europeo. Oggi tutto cio' non vale piu'?

Il ministro degli esteri francese Fabius, con una certa malizia, facile da capire, ha annunciato: "non cercheremo di trattenere i britannici se intendono andarsene". E' incomprensibile invece  che il Ministro degli esteri tedesco, con la sua accusa di "cherry picking", si sia unito al coro dei critici. Angela Merkel al contrario, con la sua offerta ai britannici di una trattativa sui negoziati,  è stata molto piu' intelligente. 

Cameron ha sostanzialmente ragione. Nell'EU e nell'Eurozona c'è qualcosa di sbagliato. Il principio di sussidiarietà sottoscritto con il trattato di Maastricht, di fatto viene violato in continuazione.  La EU regolamenta in troppi ambiti per i quali non dovrebbe essere responsabile, e per i quali non esistono esternalità transfrontaliere. L'eliminazione delle lampadine a incandenscenza, le regole per la curvatura dei cetrioli e piu' recentemente gli sforzi per privatizzare l'acqua, che per motivi puramente tecnici non puo' essere un ambito in cui si esercita la concorrenza, sono solo alcuni esempi di una lunga lista di abusi di potere privi di ogni senso economico. Allo stesso tempo la BCE si muove in contrasto con le regole del trattato di Maastricht sul finanziamento agli stati, abusando del suo ruolo per attuare misure di natura fiscale, che secondo il precedente capo economista della BCE Otmar Issing non hanno piu' nulla a che fare con la politica monetaria. 

E' un errore perseguire l'unità politica europea attraverso un ulteriore approfondimento della zona Euro. Paesi importanti come la Gran Bretagna, la Svezia e la Polonia non appartengono alla zona Euro e a causa della socializzazione dei debiti non vi prenderanno parte per un lungo periodo di tempo. Sono pero' una parte dell'Europa come Cipro, Malta o la Grecia.

Se misurato secondo il diritto di voto nel consiglio BCE, il baricentro geografico dell'Eurozona è nel bacino mediterraneo.

L'Eurozona sembra quasi l'unione monetaria latina che nel diciannovesimo secolo si estendeva dalla Francia fino alla Grecia, e che allora causo' tre fallimenti statali. La Germania deve subordinarsi alle maggioranze mediterranee. L'impotente protesta dei presidenti Bundesbank Axel Weber e Jens Weidmann e quella del precedente capo economista BCE Jürgen Stark lo mostrano molto chiaramente.

Chi intende raggiungere l'unità europea attraverso una piu' stretta cooperazione nell'Eurozona, spinge la Germania in una posizione marginale - e divide l'Europa. Per questa ragione è arrivato il momento di ripensare radicalmente la politica europea tedesca. Durante il suo cammino l'EU ha perso di vista l'obiettivo di fondo. Non sappiamo dove il viaggio ci sta portando, ha sostenuto Cameron. In queste circostanze si dovrebbe veramente accelerare il passo? Non sarebbe meglio fare una pausa, riflettere e tornare all'ultimo bivio, e provare a imboccare un'altra strada?

La Germania dovrebbe prendere sul serio Cameron e insieme a Gran Bretagna, Francia e agli altri stati EU, sviluppare un'iniziativa per ridisegnare l'Europa. Un percorso che possa portare all'Europa piu' pace, libertà, unità e prosperità, molto piu' di quanto non accada con il corso attuale. 

David Cameron ha fondamentalmente ragione: c'è qualcosa che non va nell'EU e nella zona Euro.

martedì 12 febbraio 2013

Prosegue la campagna anti Draghi


Lo scandalo MPS alimenta sulla stampa conservatrice tedesca una campagna anti Draghi, ideatore di un sistema bancario ombra e fautore una politica monetaria troppo tollerante. Riusciranno a farlo fuori? da WirtschaftsWoche
Come capo della Banca d'Italia il presidente BCE Mario Draghi ha gettato le basi per un sistema bancario ombra sotto la guida delle banche centrali. Un sistema creato principalmente per proteggere dal fallimento e dalla nazionalizzazione le banche commerciali e i loro proprietari, tutto a spese del contribuente europeo.

La BCE e il suo presidente Draghi stanno scivolando sempre piu' in basso nel vortice creato dallo scandalo Monte dei Paschi (MPS). Si è recentemente saputo che Banca d'Italia nell'ottobre 2011, ancora sotto la guida di Draghi, ha concesso a MPS un prestito da 2 miliardi di Euro garantito da titoli, senza aver informato né l'opinione pubblica né il Parlamento.

Comprensibile, l'affare ha condotto ad un salvataggio segreto di MPS da parte di Banca d'Italia. Le perdite sui derivati e quelle dovute al prezzo troppo alto pagato per Banca Antonveneta hanno portato la banca di Siena in una crisi di liquidità. MPS non aveva alcuna possibilità di procurarsi denaro presso la BCE, in quanto non disponeva di titoli idonei per il rifinanziamento.

La banca centrale italiana è entrata in azione. Ha trasferito sul proprio bilancio prestiti e garanzie ipotecarie di dubbio valore e in cambio ha fornito titoli di stato italiani molto piu' liquidi per un valore di 2 miliardi di Euro. Con i titoli di stato MPS è stata in grado di procurarsi 2 miliardi di liquidità presso la BCE. In questo modo la banca fondata nel 1472 si è adeguata ai tempi.

Anche per l'ultimo degli scettici dovrebbe essere ormai chiaro: Banca d'Italia sotto la guida dell'allora presidente Draghi sapeva molto bene della difficile situazione in cui si trovata la terza banca italiana. Ma è probabile che ne fosse a conoscenza anche l'allora presidente della BCE Jean Claude Trichet. Secondo il direttore generale Fabrizio Saccomanni, transazioni simili sono state fatte dalle banche centrali nazionali in tutta Europa - in segreto e a spese del contribuente europeo.

Perchè è proprio lui che garantisce per i crediti di dubbia qualità delle banche commerciali che finiscono nei bilanci delle banche centrali. Di fatto le banche in difficoltà a porte chiuse possono scaricare sulle banche centrali crediti di dubbia qualità e in cambio ottenere titoli di stato, i cui interessi vengono pagati dal contribuente.

Con la transazione fra MPS e Banca d'Italia Draghi ha gettato le basi per un sistema bancario ombra sotto la guida delle banche centrali nazionali. Un sistema progettato principalmente per proteggere le banche commerciali e i loro proprietari dal fallimento e dalla nazionalizzazione, tutto a spese del contribuente.

Questo è il vero scandalo.

mercoledì 9 gennaio 2013

Sinn: il 2013 sarà un buon anno per la Germania


Secondo Hans Werner Sinn il 2013 sarà un buon anno per la Germania, mentre per gli eurodeboli i problemi di competitività non potranno che crescere. Da WirtschaftsWoche
L'economia tedesca quest'anno crescerà, ma con moderazione. I vicini europei invece resteranno ancora distanti.

Dopo l'onda d'urto della crisi finanziaria e della crisi Euro, il 2013 sarà l'anno del consolidamento. I paesi industriali sovraindebitati, inclusi gli Stati Uniti e in particolare i paesi in crisi del sud Europa, dovranno fare ordine nelle loro finanze pubbliche. Questo doloroso consolidamento sarà essenziale per la ripresa dell'economia mondiale.

Naturalmente cio' peserà temporaneamente sulla congiuntura. L'economia mondiale nel 2013  nonostante gli effetti di rallentamento congiunturale non finirà tuttavia in recessione. I mercati emergenti stanno facendo molto bene. La loro dinamica aiuta anche la Germania - oggi siamo molto piu' dipendenti dall'economia mondiale che non dalla situazione dell'Eurozona. Nel 1995, anno in cui al vertice di Madrid i capi di stato e di governo europei annunciavano l'introduzione dell'Euro, l'economia tedesca vendeva il 47% del suo export nei paesi che oggi formano l'Eurozona. Nel 2011 era appena il 40%.

La recessione continua

Nel complesso la Germania non sarà troppo influenzata dagli squilibri economici nella zona Euro. Mentre i paesi orientati alla stabilità nella cosidetta "ex area del Marco" (Germania, Austria, Olanda e Finlandia) quest'anno cresceranno probabilmente dello 0.5 %, il resto d'Europa avrà una riduzione del Pil dello 0.6%. Nel complesso, l'attività economica dovrebbe crescere nella zona Euro dello 0.2 %.

La Germania continua a crescere piu' velocemente degli altri paesi della zona Euro fin dal superamento della prima ondata della crisi finanziaria, nell'estate 2009, dopo essere stata per molti anni l'ultima o la penultima della classe. Un ragione per questo andamento: prima della crisi, l'Euro aveva causato un massiccio deflusso di capitali dalla Germania. Subito dopo la crisi, al contrario, i capitali sono tornati. Solo grazie al massiccio export di capitali operato dalla Bundesbank tramite il sistema Target 2 e dai governi tramite i fondi di salvataggio europei, si è arrivati da un punto di vista contabile, durante e dopo la crisi, ad un nuovo deflusso netto di capitali dalla Repubblica Federale.

Il flusso di ritorno dei capitali ha alimentato un boom immobiliare e ha spinto gli investimenti in macchinari e apparecchi: nel 2010 e 2011, accanto all'export, sono stati il  principale motore della crescita. Nel 2012, con la ripresa del flusso di capitali verso il sud Europa, sotto la garanzia del fondo di salvataggio, gli investimenti in macchinari e attrezzature si sono raffreddati e in parte anche le costruzioni hanno frenato.

Il rallentamento degli investimenti in macchinari si è nel frattempo trasferito al mercato del lavoro interrompendo il trend che vedeva dal 2006 una riduzione costante della disoccupazione. L'IFO si aspetta che la disoccupazione nel 2013 si stabilizzi intorno al 6.9 %. Un po' di piu' rispetto al 6.8 % del 2012. La differenza è dovuta al fatto che l'Agenzia federale per il lavoro (Bundesagentur) ridurrà la sua attività per il sostegno dell'impiego, e cio' porterà ad un trasferimento nascosto verso la disoccupazione. 

Ancora in autunno si temeva che l'economia tedesca potesse essere colpita dalla recessione nel sud Europa. Negli ultimi tempi tuttavia si moltiplicano gli indicatori che ci spingono ad una visione piu' ottimistica della situazione. L'indicatore IFO sulla situazione economica è tornato a crescere in novembre e dicembre, dopo essere sceso per sei mesi consecutivi. Soprattutto è migliorata la componente legata alle aspettative.

La crescita nel mese di dicembre è la piu' forte dall'agosto 2009, quando l'economia tedesca si era ripresa con sorprendente rapidità dalla crisi economica globale. L'industria, grazie al recente aumento degli ordini in arrivo dai paesi non Euro, offre nuove speranze. Anche il settore delle costruzioni puo' sperare in buoni affari, visto che le licenze per la costruzione e gli ordini per nuove costruzioni nei primi 9 mesi del 2012 hanno segnato un + 6 % rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente. 

Nel complesso il dipartimento economico dell'Istituto IFO prevede che il PIL tedesco nel 2013 crescerà dello 0.7 %, anche se naturalmente restano considerevoli incertezze. Il tasso di inflazione sarà dell'1.6 %, dopo il 2 % dell'anno appena concluso.

Nella zona Euro i prezzi cresceranno un po' di piu', intorno all'1.8%. Per la Germania cio' potrebbe essere positivo, molto meno positivo sarà invece per il necessario processo di aggiustamento dei prezzi relativi nella zona Euro, essenziale per la riduzione dei disavanzi delle partite correnti. E cio' purtroppo significa che i dolorosi problemi di competitività all'interno dell'Eurozona continueranno a crescere.

giovedì 3 gennaio 2013

Weidmann-pensiero


Jens Weidmann, nell'ultima intervista del 2012 alla conservatrice Wirtschaftswoche conferma la sua visione: la difesa della stabilità monetaria è il solo obiettivo della BCE, tutto il resto è secondario. Da Wirtschaftswoche.de.
Il presidente Weidmann chiede una politica monetaria senza compromessi. Se la stabilità dei prezzi dovesse essere in pericolo, si dovrà tirare la briglia, anche se ad alcuni paesi non dovesse piacere.

WiWo: Herr Wedimann, la cancelliera Merkel con un cauto ottimismo sostiene che nella eurocrisi il peggio è alle spalle. E' d'accordo?

JW: Abbiamo fatto un bel pezzo di strada, ma non dobbiamo sottovaluture la strada ancora da fare. Il processo di aggiustamento nei paesi in crisi non è ancora concluso e i lavori per la definizione di un quadro istituzionale nell'unione monetaria devono andare avanti. Soprattutto si deve ancora chiarire se i nuovi accordi, come il Fiskalpakt, saranno applicati.

WiWo: Lei vede un miglioramento delle economie in crisi?

JW: Ci sono luci. L'approccio "aiuti a certe condizioni" mostra successi: la competitività in molti paesi è migliorata, i deficit delle partite correnti e nei bilanci pubblici si sono ridotti. Cio' avviene in un contesto di recessione, il che non significa che dietro non ci siano anche miglioramenti strutturali. A un estremo dello spettro c'è l'Irlanda, all'altro la Grecia. Poiché davanti a noi c'è ancora un lungo cammino, non dobbiamo indebolire gli incentivi per il raggiungimento delle condizioni concordate.

WiWo: Non indebolirli ulteriormente?

JW: Le misure di aiuto finanziario con il tempo sono diventate sempre piu' generose. Cio' ha ridotto la pressione ad affrontare con decisione i problemi di competitività e di bilancio pubblico.

WiWo: Come farà la Grecia a tornare competitiva e a camminare sulle proprie gambe?

JW: Con il processo di adeguamento dovremo raggiungere esattamente questo obiettivo. Alla fine ogni economia dovrà essere in grado di reggersi sulle proprie gambe, senza trasferimenti dall'esterno. Una economia non puo' consumare costantemente piu' di quanto essa stessa produca. Se la politica europea dovesse decidere di ignorare questo principio e finanziare in maniera duratura uno stato membro, allora dovremmo essere consapevoli delle conseguenze.

WiWo: Questo è tecnocraticamente vero, ma funzionerà anche politicamente? L'irrompere sulla scena di Berlusconi, secondo cui la Germania starebbe conducendo una terza guerra mondiale, mostrano che la moneta unica in realtà divide i paesi.

JW: Chi utilizza gli altri come capro espiatorio vuole solo sfuggire dalle proprie responsabilità. Naturalmente gli adeguamenti economici rappresentano una grande sfida per la politica e soprattutto per le economie coinvolte. Ma i confini di accettazione politica non esistono solamente nei paesi in crisi.

WiWo: La sua scala va dall'Irlanda fino alla Grecia. Dove si trova l'Italia?

JW: L'Italia soffre di bassa crescita, scarsa produttitività e mancanza di innovazione. Ma con il governo Monti il paese si è dato degli ambiziosi obiettivi di riforma per poter riconquistare la fiducia degli investitori, e ha avuto successo. Sarebbe fatale, se si avesse l'impressione che questo nuovo corso puo' essere messo in discussione dopo le elezioni 

WiWo: Chi vota Berlusconi rende un salvataggio piu' probabile?

WiWo: Non vorrei speculare sul risultato delle elezioni. Il governo attuale ha riconosciuto il bisogno di riforme, che sono state avviate in importanti ambiti. Se il processo di riforma dovesse fermarsi, l'Italia perderebbe la fiducia degli investitori.

JW: Ma se i tassi dovessero salire e non ci fosse un governo in grado di gestire la situazione, tutto comincierebbe di nuovo da capo, oppure?

WiWo: Ci sono troppi "se, allora" E' chiaro che è nell'interesse dell'Italia evitare tutto cio'.  Non sarà piu' permesso esercitare pressione sulla banca centrale. In quanto autorità monetaria, deve essere chiaro che dobbiamo esclusivamente osservare il nostro obiettivo primario: la stabilità monetaria. Non siamo qui per ripulire dai fallimenti della politica.

WiWo: Su questo c'è consenso all'interno della BCE?

JW: Questo è chiaramente il nostro mandato.

WiWo: La BCE è il sorvegliante degli stati oppure il suo finanziatore?

JW: Il ruolo del finanziatore è vietato, quello di sorvegliante lo svolge molto bene l'unione monetaria. Se noi banchieri centrali iniziassimo a comportarci come i domatori dei governi nazionali regolarmente eletti, allora giustamente ci si dovrebbe chiedere se la banca centrale non abbia ampiamente superato il suo mandato.

WiWo: L'annuncio del programma di acquisto (OMT) ha portato un po' di tranquillità, i suoi colleghi lo hanno festeggiato come un grande successo.

JW: Naturalmente i banchieri centrali con i loro annunci possono influenzare i mercati nel breve periodo. Ma la domanda è la seguente: si tratta del giusto metro per valutare il successo della nostra azione? Ci troviamo su un piano inclinato, dove il freno previsto dal sistema, la condizionalità, sarà molto difficile da azionare. La pressione dei mercati aumenta quando un paese si allontana dal suo programma di riforme. O ci si rifiuta di acquistare e si prende in considerazione l'escalation della crisi, oppure si lascia cadere la condizionalità. Dobbiamo interpretare il nostro mandato in maniera restrittiva, e non trovarci in una tale situazione. 

WiWo: Basta un annuncio per calmare i mercati?

JW: Anche se un annuncio fosse sufficiente, non cambierei la mia opinione sul programma

WiWo: Che cosa la disturba nel programma di acquisto?

JW: Prima di tutto il programma contiene la disponibilità a redistribuire fra i contribuenti dei singoli paesi i rischi illimitati di insolvenza. In una unione monetaria con 17 stati sovrani cio' dovrebbe essere deciso dai parlamenti nazionali. Come banca centrale dovremmo inoltre tenerci a distanza da ogni forma di finanziamento monetario degli stati. Infine c'è l'azzardo morale: lo zelo riformatore dei governi si riduce quando con le nostre misure eliminiamo la pressione ad agire.

WiWo: La BCE irrigidirà di nuovo la politica monetaria - anche in presenza di rischi per la stabilità finanziaria?

JW: Il nostro compito principale è occuparci della stabilità dei prezzi. Se dovesse crescere il pericolo di inflazione, saremmo costretti ad agire. Cio' potrebbe avere effetti anche sulla stabilità finanziaria. Vediamo che alcuni stati si stanno ancora finanziando a breve termine. Le condizioni del loro bilancio pubblico sono legate al livello dei tassi a breve. Ma il fatto che la politica finanziaria si trovi in questo stato di dipendenza, non signfica che la politica monetaria dovrà sottrarsi al suo compito principale, la stabilità dei prezzi.

WiWo: Questo significa in parole semplici: se la BCE dovesse alzare i tassi, per combattere l'inflazione, porterebbe gli stati di nuovo in deficit e la crisi del debito ricomincerebbe dall'inizio.

JW: Grazie alle riforme le condizioni del bilancio dovrebbero migliorare radicalmente. E se l'accesso al mercato dei capitali si facesse piu' difficile, con l'ESM ci sarebbe un meccanismo di salvataggio, creato proprio con questo obiettivo. Di fondo i diversi paesi dovrebbero trovarsi nella condizione di poter andare d'accordo con la stessa politica monetaria. Strutture economiche competitive e finanze pubbliche solide sono un presupposto per una unione monetaria stabile. La politica monetaria non puo' creare queste condizioni. Sarebbe eccessivo. E questo era chiaro fin dall'inizio dell'unione monetaria.

WiWo: Un convoglio di navi viene sempre influenzato dalla piu' lenta.

JW: L'immagine è sbagliata. Non si tratta di andare tutti alla stessa velocità, ma del fatto che tutti dovranno essere in grado di navigare, per non rischiare di affondare alla prossima emergenza - e quindi dover chiamare la banca centrale per restare a galla. Nell'unione monetaria sarà sempre cosi', alcune economie saranno piu' dinamiche di altre.

WiWo: Sembra invece che la Germania continui ad andare avanti, mentre gli altri si allontanano

JW: In questo preciso momento le distanze stanno aumentando, perchè i paesi periferici sono frenati dalle misure di consolidamento fiscale. Ma questo dovrà necessariamente cambiare - molti hanno già dimenticato che alcuni anni fa la Germania era il fanalino di coda. Dall'altro lato l'Europa non è un'isola. Facciamo concorrenza al mondo intero. La soluzione non puo' essere frenare il paese piu' competitivo. Per usare un'altra immagine: non si dovrebbe mettere un peso al piede del giocatore piu' forte di una squadra.

WiWo: Abbiamo imparato che l'unione monetaria non funziona, perchè le differenze di competitività e forza economica sono molto grandi. Adesso arriva la politica e dice: dobbiamo lavorare in maniera piu' stretta, e tutto funzionerà. Nessuno vuole una politica economica e fiscale comune, e nessuna politica di bilancio unitaria.

WiWo: Condivido la sua affermazione, manca la disponibilità politica e il sostegno del popolo per rinunciare alla sovranità. Almeno in quei paesi che chiedono una maggiore condivisione delle garanzie. Io percio' non vedo il grande salto in direzione della unione fiscale. Questo significa tuttavia tornare a cio' che avevamo concordato alla fondazione dell'unione monetaria: il trattato di Maastricht dove ogni stato membro è responsabile per se stesso. Dovremmo tuttavia essere molto attenti a mettere in comune i rischi, senza aver messo in discussione la sovranità nazionale. Perchè se il potere di controllo e le garanzie offerte non sono allineate, le fondamenta stesse dell'unione monetaria saranno compromesse.

WiWo: La BCE diverrà un superpotere se dal 2014 non si occuperà piu' solamente di stabilità dei prezzi ma anche del controllo delle 200 banche piu' importanti?

JW: Prima di tutto, noi della Bundesbank consideriamo l'unione bancaria un passo giusto e importante, per rendere piu' solido il quadro istituzionale dell'unione monetaria del futuro. Si tratta fra l'altro di sciogliere, attraverso un controllo piu' severo, lo stretto collegamento fra le finanze di un paese e le condizioni del sistema bancario locale. Di fronte ad una decisione cosi' importante, l'approfondimento delle condizioni dovrebbe essere piu' importante della velocità. Dal nostro punto di vista è importante evitare conflitti di interesse fra il controllo bancario e la politica monetaria. E' un punto importante che non vedo ancora risolto.

JW: La commissione prevista puo' risolvere il problema?

WiWo: In futuro per il controllo bancario dovranno esserci 3 organismi: in primo luogo la Commissione di vigilanza, con sede presso la BCE e con il compito di preparare le decisioni del consiglio BCE. Il consiglio BCE dovrà solamente accettare o bocciare queste decisioni, senza poterle modificare. Lo trovo strano: se ne sono responsabile politicamente, devo essere anche nella condizione di definire il provvedimento. Non è abbastanza: se il consiglio BCE dovesse respingere una proposta del Comitato di controllo, e un paese non è d'accordo, allora entrerebbe in scena un terzo organismo: il comitato di mediazione (Vermittlungsausschuss). Decide con maggioranza semplice. Le sue decisioni non possono essere vincolanti - a causa del diritto EU in vigore il consiglio BCE deve essere sempre l'ultimo organo decisore.

WiWo: Suona come una costruzione priva di senso, ma molto complicata. Perchè si fa questo?

JW: Si cerca, senza un corretto fondamento giuridico, di creare una muraglia cinese fra i compiti di politica monetaria e quelli di controllo. Di fatto è solo una parete giapponese o un paravento. Sarebbe preferibile a mio parere, attraverso un cambiamento dei trattati, istituire una robusta separazione fra i compiti di politica monetaria e le strutture di controllo bancario.

WiWo: Questa separazione della BCE è solo teoria: a cosa serve la muraglia cinese nei piani operativi, se poi i  controllori del sistema bancario e della politca monetaria si incontrano alla mensa durante il pranzo?

JW: Uno scambio di opinioni e la condivisione della conoscenza sono sempre ben voluti. Per questo la Bundesbank già oggi fa parte del controllo bancario. Il problema sorge potenzialmente quando lo stesso organismo diventa responsabile per due ambiti decisionali vincolanti. Inoltre il sistema tedesco ha un vantaggio in quanto la Bundesbank assicura una vigilanza continua mentre la BaFin di Bonn prende decisioni sovrane.

WiWo: I francesi vorrebbero iniziare già dall'inizio del prossimo anno (2013). Ci si è messi d'accordo sul marzo 2014. Sarà sufficiente questo per creare un'autorità di controllo funzionante con personale sufficiente?

JW: Le necessità pratiche relative al controllo, anche se dovesse occuparsi solo dei grandi istituti sistemici, non devono essere sottovalutate. I controllori dovranno conoscere le lingue, i sistemi legislativi nazionali, le strutture delle imprese e le particolarità dei diversi mercati nazionali. E dovranno portare una grande conoscenza nel sistema di controllo. Per questo il controllo degli istituti sistemici potrà essere efficace solo con un forte collegamento con gli attuali controllori nazionali.

WiWo: Che cosa succede se l'autorità europea di controllo dovesse riconoscere che una banca ha bisogno di ulteriore capitale?

JW: La banca dovrà trovare il capitale. Se non ci riuscirà, dovrà essere ristrutturata o dismessa. Per questi casi abbiamo bisogno di un meccanismo europeo di ristrutturazione. Dovrà assicurarsi che prima di tutto siano gli azionisti della banca interessata a garantire, poi gli obbligazionisti, poi uno dei fondi finanziati dalle banche, e poi alla fine e solo in casi straordinari il contribuente. Dobbiamo creare questo meccanismo rapidamente, senza di esso l'unione bancaria è incompleta. E anche allora l'unione bancaria non dovrà essere la scusa per spostare a livello europeo le eredità nazionali. I buchi, attualmente nascosti nei bilanci delle banche, dovranno essere ricondotti alla errata gestione nazionale e agli errori dei controllori nazionali e percio' dovranno essere coperti dagli azionisti e dagli obbligazionisti delle rispettive banche o eventualmente dal contribuente nazionale.

WiWo: Ha senso aver introdotto il criterio secondo cui la BCE è responsabile a partire dai bilanci superiori ai 30 miliardi di Euro?

JW: Dopo tutto è un criterio con il quale si possono separare facilmente le banche da controllare a livello europeo dalle altre. Tuttavia si sarebbe potuto restringere il cerchio a meno delle 200 banche previste. Secondo i piani, la BCE avrà la facoltà di controllare anche istituti minori, se lo ritiene opportuno.

WiWo: Il compromesso è il primo passo verso una unione bancaria europea. Il prossimo sarà una garanzia comune sui depositi, con la quale il risparmiatore tedesco sarà chiamato a garantire anche per le banche spagnole?

JW: No, il prossimo passo sarà un meccanismo di ristrutturazione europeo. Non ritengo necessaria un'assicurazione sui depositi. Ad una ulteriore garanzia, dovrebbero corrispondere ulteriori diritti di accesso nelle finanze e nella politica economica dei paesi.

WiWo: Non pensa sia ingiusto che le banche abbiano degli alti costi di rifinanziamento solo perché provengono da un paese con finanze pubbliche non solide?

JW: Giusto o ingiusto come nella responsabilità civile delle auto, se lei abita in una regione con molti incidenti. Per gli stati ci sono rischi di insolvenza diversi. Che il rischio di insolvenza pubblica e la forza economica si rispecchino anche nei bilanci delle banche e nei loro costi di rifinanziamento, non è uno sviluppo sbagliato, ma logico. La conseguenza non puo essere che questi rischi siano negati oppure suddivisi in tutta Europa. Piuttosto è necessario obbligare gli stati ad applicare le regole, ad avere bilanci solidi e a ripristinare la loro competitività. Bisogna affrontare le cause delle differenze di competitività, non i sintomi, che invece sono visibili nei bilanci bancari.

WiWo: Presto nuovi paesi entreranno nell'Euro, e allora i rappresentanti nel consiglio BCE dovranno rotare. A un certo punto la Germania non sarà nel consiglio, proprio quando si dovrà decidere.

JW: Considero una tale critica eccessiva. Sarebbe meglio, invece di parlare del sistema di voto, se l'Eurosistema potesse tornare ai suoi veri compiti: una politica monetaria finalizzata alla stabilità dei prezzi. La distribuzione dei rischi è un compito della politica fiscale, che per fare questo è legittimata democraticamente e alla fine dovrà giustificarsi davanti agli elettori

WiWo: Questo è un capitolo dal libro di testo dei banchieri centrali. Ma in realtà i rischi vengono condivisi, e il nostro rappresentante resta fuori dalla porta.

JW: Si tratta della partecipazione al voto, alla discussione sono presenti tutti i membri del consiglio BCE. E la preoccupazione che agita molti - quali conseguenze avrebbero le misure dei banchieri centrali per noi come contribuenti e per la stabilità dei prezzi - non si possono lenire certo con un diverso sistema di voto.

WiWo: Su certe decisioni si è trovato isolato nel consiglio BCE. Perchè non è riuscito ad imporsi?

JW: In un dibattito sul ruolo della politica monetaria molti fattori sono in campo: senza dubbio la tradizione, con la quale si è stati formati. E non ci si puo' sempre liberare dalle influenze delle condizioni economiche del proprio paese. C'è una certa differenza, se nel proprio paese il 50 % dei giovani è disoccupato oppure vi è la piena occupazione. Nella discussione tuttavia non ho l'impressione che i miei argomenti non siano stati compresi. Molte delle mie preoccupazioni sono condivise dai colleghi nel consiglio BCE.

WiWo: Ma nelle votazioni lei resta da solo!

JW: Non accade certo per tutte le votazioni. Se si tratta di misure che possono essere considerate finanziamento agli stati, penso sia molto importante avere un atteggiamento intransigente. Ma anche allora, vedo che la maggioranza in seno al consiglio direttivo accoglie concetti che io stesso avevo proposto.

WiWo: E quando lei chiederà di riassorbire la montagna di liquidità offerta ai mercati, gli altri diranno: meglio il 5% di inflazione che il 5% di disoccupazione?

JW: In questo modo lei presume che i miei colleghi non si attengono al nostro mandato. Tutti noi ci sentiamo vincolati dal nostro mandato di difesa della stabilità dei prezzi. E secondo le nostre previsioni piu' recenti il tasso di inflazione nei prossimi 2 anni dovrebbe restare sotto il 2%. Per poter garantire la stabilità dei prezzi, dovremo poter irrigidire la politica monetaria eccessivamente espansiva. Ma nessuno puo' dire quando sarà arrivato il momento per questo.

WiWo: E il padre di famiglia dell'Assia Weidmann, come si difende dall'inflazione? Ha già comprato oro?

JW: No, non ho comprato oro. Per inciso, le mie opzioni di investimento sono deliberatamente molto limitate, in modo da evitare ogni forma di possibile conflitto di interessi.

WiWo: Suona rassicurante. Ma la Bundesbank è stata accusata di fomentare disordini con il suo allarmismo.

JW: Le nostre posizioni sono ben fondate, il popolo tedesco è ben informato, e apprezza la chiarezza della condotta della Bundesbank. In una situazione così insolita, in cui il consiglio BCE opera ai confini del suo mandato, devono esserci anche delle differenze di opinione - non siamo un Politburo.

WiWo: La politica tuttavia si lamenta di lei

JW: Una volta un politico mi ha detto che entrambe le fazioni nel consiglio BCE sono come delle guide di montagna. E quando si vedono litigare fra loro due guide, tutta la cordata ha paura e ansia. Gli ho risposto: trovo singolare che la politica, che invece dovrebbe guidare e prendere decisioni, si sia messa in fila dietro di noi e si lasci guidare da noi. E se questo dovesse accadere, è un bene che le guide in un territorio inesplorato si mettano a discutere. Sempre meglio che scegliere in maniera decisa una strada che porta al baratro.

venerdì 21 dicembre 2012

La Transferunion e i socialisti di Brüssel


La Transferunion agita il sonno della stampa conservatrice: il contribuente tedesco è sotto assedio, stiamo andando verso una nuova forma di socialismo. Da WirstschaftsWoche

Brüssel vuole estendere l'unione di trasferimento. Il piano è eclatante. Gli oneri per la Germania nei prossimi anni cresceranno ulteriormente.

E' difficile da capire. Dopo lunghe trattative il bilancio EU non è ancora operativo e già a Brüssel si lavora a un nuovo programma di redistribuzione. Questa volta pero' in ballo c'è molto di piu' e il presidente Van Rompuy ha già un piano per il contribuente tedesco.

La parola chiave è "capacità fiscale" (Fiskalkapazität). Sotto questo pseudonimo a Brüssel si discute sull'ampliamento della già ben avviata unione di trasferimento europea. E si procede alla svelta. Uno per tutti, tutti per uno. Ovviamente Brüssel non è ancora soddisfatta degli enormi effetti redistributivi di lungo periodo dell'unione di trasferimento. Un'altra parte del gettito fiscale tedesco dovrà essere redistribuito in Europa.

Secondo un documento preparato da Van Rompuy sulla trasformazione dell'unione monetaria, dal 2014 la cosiddetta "capacità fiscale" dovrà funzionare come ammortizzatore per gli shock economici. Le somme in discussione sono ancora modeste. Ma potrebbero crescere in futuro a seconda delle necessità. Per la capacità fiscale sono in discussione due modelli di base. In un modello i trasferimenti dipendono dalla rispettiva posizione nel ciclo economico. Uno stato in boom paga, uno in recessione riceve denaro.

I criteri di trasferimento sono decisi a Brüssel. Anche all'ultimo eurofilo dovrebbe essere chiaro come ragionano i burocrati di Brüssel. Gli unici capaci di trasformare l'europa in un parco giochi per la creazione di una società socialista. Gli imprenditori in questo modello diverrebbero una specie in via di estinzione.

Ma c'è ancora di piu'. Nel secondo modello i pagamenti in entrata e in uscita dipendono dal mercato del lavoro. La capacità fiscale funziona come integrazione alle assicurazioni nazionali contro la disoccupazione. In altre parole: chi si trova in crisi a causa di una politica economica sbagliata, riceve denaro. Chi invece applica politiche economiche di successo, dovrà pagare. Un sistema simile l'abbiamo visto all'opera una volta soltanto, fino ad ora.

Evidentemente a Brüssel nessuno ha intenzione di imparare dalla Eurocrisi. E perchè il contribuente tedesco dovrebbe essere arrabbiato e lamentarsi con Brussel?  E' Berlino stessa  ad essere responsabile. Anche se ora la Cancelliera impaurita cerca di fare marcia indietro. E' stata proprio lei ad aver sostenuto in ottobre il concetto di capacità fiscale, dopo la  presentazione della prima relazione. Il suo principio di "solidarietà europea e controllo" a Brüssel è stato solo reinterpretato in maniera nuova. 

Van Rompuy troverà sicuramente nel 2013 un numero sufficiente di sostenitori per i suoi piani. I vantaggi sono cosi' evidenti. La Germania pagherà per la solidarietà europea, mentre le decisioni sull'utilizzo del denaro saranno prese nella socialista Brüssel. Ebbene: Fröhliche Weihnachten und ein gutes neues Jahr!

martedì 11 dicembre 2012

Sinn: Francia come la Spagna


Hans Werner Sinn, su WirtschaftsWoche, prevede 10 anni di stagnazione per la Francia. Solo ispirandosi all'Agenda 2010 i francesi potranno tornare alla crescita: che la compressione salariale abbia inizio anche sull'altra sponda del Reno.
La Francia ha inizialmente beneficiato dell'Euro, come i paesi del sud Europa. Ed insieme a questi è entrata in crisi. Per tornare competitivo, il nostro vicino di casa deve diventare piu' economico del 20%. Il rifiuto di fare le riforme da parte di Hollande non potrà che prolungare la sofferenza.

Alla Francia in questo periodo non va per niente bene. Per il britannico Economist il paese è una bomba a orologeria. Il numero dei fallimenti oggi è del 14% piu' alto che nel 2008, l'anno della crisi Lehman. La quota del manifatturiero sul PIL è scesa al 9%. Meno che in UK (10%) e meno della metà rispetto alla Germania (20 %). Le stesse tradizionali case automobilistiche sono in pericolo. Già in luglio Peugeot ha annunciato la soppressione di 8000 posti e la chiusura di uno stabilimento vicino Parigi. Anche Renault sta considerando la chiusura degli impianti. Altrove le cose non vanno meglio. La società aerospaziale EADS ha annunciato licenziamenti. L'industria siderurgica è in declino.

Al contrario della Germania, dopo la grande recessione mondiale seguita alla crisi Lehman, la Francia non è riuscita a riprendere il passo. Mentre la disoccupazione tedesca con un tasso del 5.4 % è sensibilmente minore di quanto non fosse prima della crisi (2008), la disoccupazione francese con un 10.7 % supera di molto il suo precedente valore massimo raggiunto durante il rallentamento nell'inverno fra il 2005 e il 2006. La disoccupazione giovanile in Francia è oltre il 25%. In Germania solamente l'8%.

La crisi francese è paragonabile alla crisi tedesca seguita all'introduzione dell'Euro. Il valore massimo di disoccupazione tedesco dell'11.5 % nel 2005 non è stato ancora toccato, ma siamo sulla strada buona. La disoccupazione francese è piu' alta di un punto percentuale rispetto a quella tedesca nel marzo 2003, quando il cancelliere Schröder seguendo le proposte del Consiglio dei saggi introdusse l'agenda 2010, riducendo implicitamente i salari minimi del sistema sociale tedesco. 

Il presidente Hollande non è lontano dalla situazione in cui si trovava Schröder allora. Racconta fiabe, come la sinistra è solita fare, sulle politiche di crescita, riferendosi a misure keynesiane finanziate a debito per l'aumento della domanda. Tali misure sono un fuoco di paglia, che subito si spegne. Riducono la pressione per le riforme, minano la competitività, e aumentano il peso dello stato nell'economia del paese. Con il 56 %, la quota di economia pubblica sul totale è la seconda piu' alta fra i paesi sviluppati. La quota tedesca è solo del 45 %. Nessun paese dell'Eurozona è piu' vicino al socialismo di quanto non lo sia la Francia.

Dopo l'annuncio della moneta unica nel 1995 la Francia è cresciuta molto rapidamente e dal 2003 al 2009 (con eccezione del 2004) ha avuto un prodotto interno lordo per abitante piu' alto della Germania: dopo decenni di ritardo finalmente era in vantaggio. La Francia ha quindi partecipato al boom portato dall'Euro a tutta l'Europa meridionale: il rischio per gli investitori si era ridotto e nel paese stavano arrivando enormi flussi di capitale dalla Germania. Ne ha approfittato sia come importatore di capitali che come esportatore di merci nel sud Europa. Come negli altri paesi in crisi, in Francia si è creata una bolla inflattiva, scoppiata durante la crisi.

Secondo i calcoli di Goldman Sachs oggi la Francia è troppo costosa, come la Spagna. Entrambi i paesi devono ridurre i prezzi del 20% per tornare competitivi e raggiungere la sostenibilità del debito. Questo è uno dei motivi per cui le agenzie di rating Moody’s e Standard & Poor’s  hanno tolto alla Francia il  massimo rating.

Ma una svalutazione reale del 20% non è per niente facile. Per fare questo la Francia deve attraversare una stagnazione lunga 10 anni, durante la quale i tassi di inflazione dovranno restare indietro del 2% annuo rispetto alla media della zona Euro.

La Francia con una politica di crescita alla Hollande può temporaneamente rifiutare una svalutazione reale. Ma cio' renderà solo piu' lunga la sofferenza: primo perché viene impedita la riduzione dei prezzi e secondo perché si aumenta il debito, fatto che rende necessaria una svalutazione ancora maggiore per rendere di nuovo sostenibile il debito.

Sotto lo scudo

La Francia non ha tuttavia bisogno di chiedere la protezione del fondo di salvataggio. Non siamo ancora al punto in cui il mercato dei capitali teme un fallimento dello stato francese. In questo senso non considero probabile la grande crisi finanziaria che molti si aspettano nel 2013 in Francia. Inoltre, in qualche modo la Francia si trova già sotto la protezione dei fondi di salvataggio.

Poiché il capitale tedesco in gran parte è fluito verso i paesi del sud attraverso la Francia, in relazione alla dimensione dell'economia, l'esposizione delle banche francesi verso le misure di salvataggio è il doppio di quella tedesca. Con le decisioni dell'UE della scorsa settimana non è stata salvata solamente la Grecia, ma anche la Francia, di gran lunga il suo maggior creditore.