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sabato 26 ottobre 2013

Intervista a Bernd Lucke di AfD

Focus.de pubblica una lunga intervista a Bernd Lucke, il leader di Alternative fuer Deutschland. I leader degli euro-contrari torna a parlare delle valute parallele e delle modalità di uscita dall'Euro dei paesi del sud. Da Focus.de
Focus: Le elezioni sono passate, AfD non è riuscita a superare la soglia del 5%. Significa che i tedeschi stanno bene con l'Euro?

Lucke: in prima luogo questo significa che i cittadini non hanno ancora riconosciuto tutti i pericoli che derivano dagli eurosalvataggi. O meglio, ci mostra che il governo è riuscito a nascondere con successo questi pericoli.

Focus: Merkel e co. si basano su studi e sostengono che la Germania beneficia enormemente dall'Euro, dicono esattamente il contrario. Che cosa la porta a fare questa valutazione?

Lucke: no, non credo l'economia tedesca stia soffrendo a causa dell'Euro. Io credo tuttavia che l'Europa e in particolare i paesi del sud stiano decisamente soffrendo a causa dell'Euro. La conseguenza è che l'unificazione europea, un successo fino al 1999, ora è a rischio. E cio' è evidente negli sviluppi economici della periferia: hanno perso la loro competitività e potranno ripristinarla solo facendo dei grandi aggiustamenti, interamente a spese dei lavoratori. Cio' significa che la Germania insieme ad altri paesi ancora solventi è finita in una rete molto confusa di garanzie, approvate senza il controllo dei parlamenti. E queste garanzie sono a carico dei cittadini. Sono una bomba a orologeria e nel medio periodo avranno degli effetti sul nostro benessere.

Focus: secondo lei, qual'è il rischio piu' grande che corre la Germania?

Lucke: il rischio piu' grande al momento è naturalmente la Grecia. Il paese ha bisogno di un taglio del debito: la sostenibilità del debito greco al massimo è di 100 miliardi di Euro - al momento il debito pubblico greco ammonta ad oltre 330 miliardi di Euro. Piu' o meno tre volte cio' che è sostenibile nel lungo periodo.

Focus: quali sono i rischi finanziari per la Repubblica federale, se oltre alla Grecia ci fossero altri paesi a finire in ginocchio?

Lucke: dipende dalla portata di cio' che accadrà. Il Ministero delle finanze parla di un rischio massimo di 310 miliardi di Euro, l'istituto IFO parla del doppio. La situazione puo' restare gestibile se c'è una svolta politica. Si potrebbe inizialmente far uscire dalla zona Euro i piccoli paesi come Cipro, la Grecia o il Portogallo e con l'esperienza maturata gestire l'uscita dei paesi piu' grandi, come Spagna e Italia. Mi preoccupa invece il fatto che il governo sul tema euro-salvataggi continui con la sua politica dell'"andiamo avanti cosi", con il rischio che un giorno all'improvviso la zona Euro crolli a causa di un evento esterno. Se fossero piu' paesi di grandi dimensioni ad uscire contemporaneamente dall'Euro, ci sarebbero degli sconvolgimenti. Per questo sarebbe necessario ridurre quanto prima il perimetro della zona Euro e consentire l'uscita degli stati che rappresentano il rischio maggiore.

Focus: quali sarebbero i costi per il contribuente tedesco in caso di un'insolvenza greca?

Lucke: la Germania garantisce il 27% dei crediti che sono stati erogati sotto i diversi pacchetti. Ma il 27% è solo il limite piu' basso, perché se ci fosse un secondo stato a dichiarare insolvenza, la Germania sarebbe costretta ad assumersi una parte dei suoi impegni. Per la Grecia nel complesso sono stati erogati 280 miliardi di crediti, in parte finanziati anche dal FMI. In caso di default completo un quarto di questi costi ricadrebbero sulla Germania, circa 70 miliardi di Euro.

Focus: ne complesso, sulla base delle garanzie assunte, quali sono i rischi finanziari per la Germania?

Lucke: l'Irlanda fino ad ora ha ricevuto circa 62 miliardi di Euro, a cui la Germania contribuisce  per circa un terzo, diciamo 20 miliardi. Il Portogallo ha ricevuto 78 miliardi, di cui circa un terzo versati dalla Germania - sono altri 26 miliardi di Euro. A Cipro dei 17 miliardi erogati, abbiamo versato circa 6 miliardi di Euro. I titoli pubblici acquistati dalla BCE si sono in parte ridotti ma sono sempre circa 130 miliardi di Euro. L'Eurozona ha dato circa 40 miliardi di Euro alle banche spagnole, e abbiamo appena saputo che in quel paese ci sono sofferenze sui crediti nell'ordine dei 115 miliardi di Euro. Il conto finale dipenderà dal livello dell'hair-cut. Per la Grecia potrebbe essere fra il 50 e il 75%. Una parte importante di cio' che oggi garantiamo per la Grecia andrebbe perduta.

Focus: quando si aspetta che arrivi il taglio del debito?

Lucke: è difficile da dire. Wolfgang Schäuble ritiene necessario un nuovo piano di aiuti per la Grecia, secondo la mia interpretazione intende posticipare ulteriormente il taglio del debito e trasferire altro denaro verso la Grecia - che in parte pagheremmo anche noi. Il taglio del debito puo' essere posticipato quanto vogliamo, basta erogare sempre nuovo capitale, nonostante i mercati non siano piu' disponibili a farlo ormai da tempo. E' difficile stimare quando nel governo prevarrà la ragione economica, e si riuscirà finalmente ad ammettere: le perdite nella ristrutturazione del debito saranno sempre piu' grandi, quanto piu' a lungo si continuerà a gettare denaro.

Focus: lei ha piu' volte parlato del rischio inflazione causato dalla politica di salvataggio dell'Euro. Oggi pero' l'Euro con un'inflazione media inferiore al 2% è ancora molto stabile.

Lucke: ho solo messo in guardia da un rischio inflazione nel lungo periodo. La BCE ha acquistato titoli e ha annunciato che forse lo farà in maniera illimitata. Adesso la BCE si assicura che la massa monetaria non aumenti, perché contemporaneamente vende altri titoli. Fino ad ora non ha causato inflazione. Con un intervento illimitato della BCE - una promessa che per sua fortuna non ha ancora messo in atto - una sterilizzazione alla lunga non sarà piu' possibile. Anche la BCE ha una quantità limitata di titoli da utilizzare ai fini della sterilizzazione. A cio' si deve aggiungere che se la crisi debitoria dovesse finire fuori controllo, l'inflazione sarebbe nell'interesse degli stati Euro. L'inflazione è la via piu' comoda per ridurre il valore nominale del debito.

Focus: l'argomento principale degli euro-sostenitori è che l'economia dell'export tedesca ha avuto grandi benefici dall'Euro...

Lucke: in primo luogo dobbiamo dire che la politica del governo federale non puo' essere guidata esclusivamente dagli interessi degli esportatori, piuttosto dagli interessi di tutto il popolo tedesco. E le conseguenze di un'uscita dei paesi del sud-Europa non sono cosi' svantaggiose come si vorrebbe far credere.

Focus: e perché?

Lucke: da un lato perché i cittadini avrebbero dei vantaggi: con la nuova moneta ci sarebbe un maggior potere di acquisto. L'apprezzamento del "nuovo Euro" dopo l'uscita dei paesi del sud aumenterebbe notevolmente il potere d'acquisto delle famiglie tedesche, perché tutti i beni importati e tutti i beni prodotti nel nostro paese, che utilizzano delle materie prime importate, sarebbero nettamente piu' economici. Un aumento del potere d'acquisto delle famiglie tedesche non solo porterebbe ad un aumento dell'import di beni dall'estero, ma anche ad un aumento degli acquisti dei beni prodotti nel nostro paese, perché ci sarebbe maggior reddito disponibile. Anche le aziende tedesche ne trarrebbero un beneficio. Le perdite che potrebbero verificarsi sui mercati esteri di esportazione, sarebbero in parte compensate da una congiuntura interna piu' favorevole. Inoltre le imprese orientate all'export sul fronte dei costi avrebbero un sollievo, in quanto i fattori produttivi importati diverrebbero piu' economici. Potrebbero contrastare un apprezzamento sui mercati esteri abbassando i prezzi e ottenendo quindi dei costi di produzione piu' bassi. In terzo luogo è necessario considerare che nei paesi del sud, dopo l'uscita, la congiuntura economica sarebbe favorevole e i redditi tornerebbero a salire. La domanda di prodotti tedeschi dipende dal reddito, e un reddito piu' elevato agisce in direzione opposta rispetto all'aumento dei prezzi. Con un miglioramento della congiuntura in sud-Europa la domanda di beni tedeschi potrebbe addirittura aumentare.

Focus: quale è stato l'andamento dell'export tedesco verso il sud-Europa negli ultimi anni?

Lucke: è diminuito del 25%. Con l'Eurocrisi abbiamo subito una forte riduzione. La situazione potrebbe migliorare se i paesi del sud riuscissero a far ripartire la loro economia.

Focus: qual'è la quota di esportazioni verso i paesi del sud sul totale delle esportazioni tedesche?

Lucke: la quota è del 12.5%. Il danno causato dall'uscita dei paesi del sud sarebbe molto limitato e facilmente sopportabile dall'economia tedesca. Soprattutto le variazioni nei tassi di cambio - svalutazione dei paesi del sud e rivalutazione dei paesi del nord - potrebbero essere guidate ed estese nel tempo dall'intervento della banca centrale.

Focus: uno studio della Fondazione Bertelsmann mostra che senza l'Euro la crescita in Germania sarebbe di uno 0.5% inferiore, e fino al 2025 equivarrebbe ad una perdita di 1.200 miliardi di Euro.

Lucke: questo studio si basa su di un modello che la fondazione Bertelmann, vicina al governo, non pubblica. Scientificamente è molto inusuale. Si sparano delle cifre senza sapere come abbiano fatto gli autori ad arrivarci. E' solo propaganda.

Focus: e il mercato del lavoro? L'Euro ha portato molti posti di lavoro alla Germania. Senza la moneta unica non sarebbero a rischio?

Lucke: l'Euro ci ha portato dei posti di lavoro? Nei primi anni dell'Euro abbiamo avuto il tasso di crescita piu' basso dell'Eurozona. Il recupero che sul mercato del lavoro abbiamo avuto a partire dal 2005 è da ricondurre principalmente alla moderazione salariale. I salari tedeschi sono cresciuti molto poco. L'Agenda 2010, grazie alla flessibilizzazione del mercato del lavoro, probabilmente ha avuto un ruolo positivo. Mentre in Germania vivevamo una fase di moderazione salariale, i salari nel sud-Europa sono cresciuti e hanno ridotto la competitività di quei paesi. La Germania ha cosi' ottenuto  un vantaggio competitivo, pagato con uno svantaggio competitivo nei paesi del sud-Europa. Potremmo anche dirci: che cosa ci importa della disoccupazione generale e della scandalosamente alta disoccupazione giovanile? Ma per i politici che ci parlano ogni giorno del bene dell'Europa, non si tratterebbe di una condotta responsabile.

Focus: la BCE continua con una politica del denaro a buon mercato e tiene i tassi bassi. Quali potrebbero essere le conseguenze sul lungo periodo?

Lucke: la BCE ha inondato il mercato con il denaro facile, e i bassi tassi hanno naturalmente delle conseguenze negative per i risparmiatori, che spesso non riescono a coprire nemmeno l'inflazione. Una parte del loro patrimonio in pratica viene espropriata. Questa repressione finanziaria tuttavia è un fenomeno che recentemente abbiamo visto all'opera in tutto l'emisfero occidentale. Nella zona Euro, in Svizzera, negli Stati Uniti, in Gran Bretagna, Giappone - ovunque le banche centrali tengono i tassi ai minimi storici. Cio' è da ricondurre alla crisi finanziaria globale e conduce ad una forte redistribuzione a scapito dei risparmiatori e a favore dei debitori.

Focus: dovrebbe essere la Germania ad uscire o i paesi del sud?

Lucke: mi sono sempre battuto affinché siano i paesi del sud Europa ad abbandonare l'Euro. E in maniera ordinata

Focus: e come dovrebbe accadere?

Lucke: attraverso l'introduzione di una valuta nazionale che in un primo momento sia solo una valuta parallela rispetto all'Euro, in modo da far sparire l'Euro in un periodo di 3-5 anni 

Focus: una valuta parallela non sembra molto rassicurante per la gente...

Lucke: dipende da come sarà configurata. In un primo momento la nuova valuta sarebbe introdotta solo per i pagamenti senza contanti, mentre l'Euro resterebbe in circolazione come contante. Cosi' ha fatto la Bundesbank con il passaggio dal D-mark all'Euro. La cosa importante: la nuova valuta sarebbe emessa attraverso l'acquisto di Euro da parte della banca centrale, vale a dire la nuova valuta sarebbe interamente coperta da Euro. Questo significa che la banca centrale avrebbe il pieno controllo sul corso della moneta e potrebbe gestire i tempi della svalutazione o della rivalutazione evitando dei grandi disallineamenti. Si dovrebbe fissare un periodo di passaggio ben delimitato, al termine del quale si dovrà raggiungere un tasso di cambio adeguato fra l'Euro e la nuova moneta. Una volta raggiunto, si potrà completare il passaggio dall'Euro alla nuova moneta.

Focus: l'introduzione di una moneta parallela non avrebbe come conseguenza la fuga di capitali oppure una corsa agli sportelli?

Lucke: no. La questione fondamentale è se nella conversione della valuta sono coinvolti anche i depositi dei risparmiatori. Si potrebbe stabilire per legge che i vecchi depositi in Euro restino denominati in Euro. La banca centrale dovrebbe concedere alle banche commerciali un fondo per la compensazione, poiché queste obbligazioni restano denominate in Euro, mentre i crediti sarebbero contemporaneamente trasformati nella nuova moneta svalutata. Quando in seguito la nuova valuta si svaluterà, la banca centrale realizzerà dei guadagni, perché con la nuova moneta nazionale ha acquistato degli stock di Euro e queste riserve si apprezzeranno nei confronti della nuova valuta. I profitti della banca centrale in questo caso potrebbero quindi finanziare una parte del fondo di compensazione. E' molto meno complicato di quanto possa sembrare.

Focus: con le valute parallele in circolazione contemporanea, non si avrebbe un caos nei pagamenti?

Lucke: è molto piu' semplice di quanto lei non possa immaginare. Pensi solamente che anche l'Euro in Germania è stato introdotto come valuta parallela - e non c'è stato alcun caos. Nel 1999 l'Euro è stato introdotto come moneta scritturale per i pagamenti non in contante, per i pagamenti in contante fino al 2001 è rimasto in corso il D-Mark. 

Focus: quindi non rischiamo condizioni sudamericane...

Lucke: molto spesso quando si parla di valute parallele si pensa a valute non ufficiali, ad esempio quando l'Argentina ha dollarizzato l'economia la gente pagava in dollari, sebbene la sola moneta a corso legare era la valuta locale. Nel caso di una tale introduzione informale alla fine si arriva sempre alla sostituzione di una moneta con l'altra. In questo caso sarebbe diverso, perché una moneta resterebbe solo per i pagamenti in contanti, mentre l'altra sarebbe utilizzata per le transazioni non-cash.

Focus: se la Germania introducesse una valuta parallela, i risparmi in Euro detenuti dai cittadini tedeschi si svaluterebbero nei confronti della nuova valuta nazionale che invece tenderebbe ad apprezzarsi?

Lucke: non sto proponendo una valuta parallela per la Germania, perché non è la Germania a dover uscire. Ma in termini puramente astratti: la questione fondamentale è se sarà possibile convertire i depositi esistenti nella nuova valuta. In un paese che va verso una svalutazione, sarebbe consigliabile non effettuare questa conversione, vale a dire lasciare i depositi denominati in Euro. Se si riesce a comunicare questo concetto in maniera comprensibile, il rischio di un bank-run è minimo. Se invece si dovesse introdurre una nuova valuta in un paese che va verso una rivalutazione, sarebbe consigliabile convertire automaticamente questi depositi nella nuova valuta, cioè il D-Mark.

Focus: che cosa accadrebbe ai crediti delle assicurazioni sulla vita?

Lucke: tutti i rapporti di indebitamento interni verrebbero convertiti nella nuova valuta. La maggior parte delle assicurazioni, soprattutto le assicurazioni sulla vita, sarebbero coinvolte. Un problema ci sarebbe pero' per i debiti esteri: i crediti tedeschi verso l'estero, denominati in Euro e definiti secondo la legge del paese estero, resterebbero in Euro - e cio' significa che questi crediti perderebbero una parte del loro valore.

Focus: dopo l'uscita dei paesi del sud, ci sarebbe un nuovo Euro?

Lucke: se torniamo di nuovo a questo scenario si'. Contemporaneamente all'uscita dei paesi del sud, si dovrebbe trovare un accordo con in partner del nuovo Euro su due punti fondamentali: da un lato, ciascun paese dovrebbe avere la possibilità di uscire dalla zona Euro, se dovesse ritenere che l'Euro per lui ha un impatto economicamente svantaggioso. Dall'altro, dovrebbe esserci un divieto assoluto di garantire per il debito di altri stati. Se gli stati del nuovo Euro accettassero una tale modifica dei trattati, penso che sarebbe auspicabile mantenere il nuovo Euro. Ma se i francesi e i belgi ritengono che la Germania, l'Austria e l'Olanda un giorno debbano essere chiamati a garantire anche per il debito pubblico belga o francese, a mio parere sarebbe molto meglio sciogliere completamente l'Euro. Solo per una questione di pura strategia, durante i negoziati dovremmo dire chiaramente che siamo pronti a tornare al D-Mark. Se escludessimo questa eventualità sin dall'inizio, non avremmo mai la possibilità di imporre delle modifiche ai trattati europei.

Focus: sul sito web di AfD scrivete che la Bundesbank avrebbe pensato alle conseguenze di un fallimento dell'Euro. Esiste già un "piano B" ufficiale?

Lucke: a cosa la Bundesbank si sia preparata noi non lo sappiamo. Ma sappiamo che hanno simulato degli scenari alternativi. Per questo ci siamo appellati alla legge sulla libertà di informazione e vorremmo sapere se l'introduzione di una valuta parallela viene ritenuta utile o addirittura inevitabile e se gli studi fatti riguardano la dissoluzione completa dell'Euro oppure solo l'uscita di alcuni stati. Abbiamo conseguentemente scritto al governo federale e alla BaFin (Bundesanstalt für Finanzdienstleistungsaufsicht). 

Focus: e quale sarebbe il piano B della Bundesbank?

Lucke: la Bundesbank si è rifiutata di fornire ulteriori informazioni, poiché riguardano le attività all'interno del sistema delle banche centrali e questo sarebbe escluso dalla legge sulla libertà di informazione

Focus: avete delle ipotesi sui contenuti segreti degli scenari alternativi formulati dalla Bundesbank?

Lucke: le ipotesi non aiutano. Ma possiamo concludere che questi scenari non abbiano delle conseguenze catastrofiche, altrimenti il governo li avrebbe pubblicati immediatamente, per poter giustificare la propria politica. Ci sono delle alternative credibili ed economicamente ragionevoli rispetto alla politica del governo, e gli elettori tedeschi ne sono stati privati.

Focus: lei crede ci siano alternative piu' economiche rispetto al piano di salvataggio multimiliardario?

Lucke: ancora una volta: se gli scenari formulati dalla Bundesbank fossero stati cosi' sfavorevoli, tali da sostenere la politica del governo in maniera inequivocabile, senza dubbio sarebbero stati comunicati al pubblico. Ci sono delle alternative - in aperta contraddizione con l'affermazione della Cancelliera, secondo cui la sua politica sarebbe priva di alternative.

Focus: è una teoria complottista?

Lucke: no. La risposta della Bundesbank dimostra che questi studi esistono. Ma le autorità federali hanno impedito la diffusione di documenti scomodi fino al giorno delle elezioni, e oltre. Gli elettori sono stati privati di informazioni importanti, e i partiti di governo sono stati avvantaggiati. Abbiamo informato il Presidente della repubblica e chiesto sostegno per i diritti dei cittadini, ma non abbiamo ricevuto alcuna risposta.

Focus: i cittadini tedeschi sull'Euro hanno un'opinione molto diversa. Perché nessun partito a parte AfD si batte per la fine dell'Euro nella sua forma attuale?

Lucke: mi è difficile rispondere a questa domanda in maniera soddisfacente, anche io ne sono sorpreso. Posso anche capire che per i partiti che hanno contribuito in maniera significativa alla sua introduzione, sia difficile abbandonare il progetto ed ammetterne il fallimento. Questo potrebbe almeno spiegare il comportamento della CDU e della CSU. Ma perché ad esempio la SPD nel ruolo di partito di opposizione non ha proposto un piano alternativo per il salvataggio dell'Euro, come ci si dovrebbe aspettare da un partito di opposizione. Perché la SPD non ha sottolineato che la politica attuale avvantaggia le banche che hanno fatto speculazioni, e che i costi saranno invece sostenuti dai contribuenti, che ora dovranno assumere questi rischi. Perché la SPD non riesca ad ammettere che aver lasciato soffrire la popolazione di Grecia, Portogallo e Cipro in una dura crisi economica che dura ormai da 3 anni e mezzo, è una totale mancanza di solidarietà, mi è incomprensibile. Su questo posso solo dire che ho capito perché alle elezioni la SPD ha preso solo il 25% dei voti: sicuramente non è stata in grado di rappresentare gli interessi dei lavoratori.

Focus: arriviamo al suo partito. AfD viene accusata di populismo di destra. Perché i democratici dovrebbero darle il loro voto?

Lucke: perché siamo dei democratici. Si è antidemocratici quando si cerca di discreditare costantemente un giovane partito, invece di discutere sulle posizioni e i contenuti. Siamo cittadini rispettabili. Ci impegniamo, è un nostro diritto democratico, e fondiamo un partito. Un democratico, anche se ha un'altra opinione, dovrebbe darci il benvenuto. Poiché noi siamo in competizione, cercano di etichettarci come un partito di destra senza nessuna prova sostanziale. Che cosa c'è di veramente di destra nel nostro programma? Il fatto che critichiamo l'Euro? Che ci battiamo per avere una legge sull'immigrazione simile a quella canadese e per una gestione piu' liberale del diritto di asilo? Non vi è una sola delibera, anche nella piu' piccola sezione locale nell'est, che possa essere considerata di destra. In assenza di queste prove, ci vengono lanciate delle accuse generiche. Perché dovremmo provare che invece queste accuse sono sbagliate? Dovrebbe essere chi ci lancia queste accuse a fornire una prova.

domenica 22 settembre 2013

E se Alternative für Deutschland entrasse al Bundestag?

Cosa accadrebbe se AfD entrasse al Bundestag? Secondo FAZ.net probabilmente non molto, si renderebbe necessaria una Große Koalition e ci sarebbe comunque un'ampia maggioranza disponibile per approvare gli eurosalvataggi. Da FAZ.net

A poche ore dal voto economisti ed analisti bancari discutono le possibili conseguenze di un successo elettorale di AfD. Il presidente del DIW  (Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung)  di Berlino, Marcel Fratzscher, mette in guarda da un eventuale successo del partito.

"L'ingresso di AfD al Bundestag condurrebbe ad un nuovo ed intenso dibattito sull'uscita della Germania, o dei paesi in crisi, dall'Euro. E cio' finirebbe per distrarre dal dibattito fondamentale: come possiamo davvero risolvere la crisi europea?" dichiara Fratzscher alla Frankfurter Allgemeinen Zeitung. AfD probabilmente "non sposterebbe di molto le politiche del governo tedesco finalizzate a garantire la sostenibilità della moneta unica".

L'analista di Deutsche Bank Nicolaus Heinen ritiene invece che AfD possa superare la soglia del 5% ed entrare al Bundestag. "Credo che AfD disponga di una grande forza di mobilitazione, specialmente tra le famiglie, gli amici e il circolo dei conoscenti", dice Heinen alla FAZ. Ci tiene a sottolineare l'indipendenza politica della banca, e il fatto che non intende dare raccomandazioni di voto: "non mettiamo in guardia da nessun partito".

Se gli eurocritici dovessero entrare al Bundestag, assisteremmo a dei "grandi movimenti tettonici" nel panorama politico. Una grande coalizione sarebbe inevitabile, mentre la CDU e la FDP subirebbero la forte concorrenza del nuovo partito sul loro stesso terreno. "Se AfD avesse un significativo successo elettorale, data l'importanza delle prossime decisioni europee, gli investitori internazionali potrebbero innervosirsi: si renderebbero conto che anche nel paese centrale per le sorti dell'Euro c'è una forza politica di eurocontrari".

La FDP vivrebbe una guerra interna sull'europolitica

Non ci sarà un cambio di rotta della Cancelliera in materia di europolitica, secondo Heinen. "Al massimo è ipotizzabile che in qualche vertice europeo possa assumere una condotta piu' rigida". Nel complesso la CDU dovrà fare qualche sforzo in piu' per spiegare ai cittadini la propria politica europea. Sempre secondo le previsioni di Heinen, il piccolo gruppo della CDU che fino ad ora non ha votato gli eurosalvataggi, nel prossimo parlamento avrà 14 deputati. I critici verso gli eurosalvataggi della FDP, che nel voto fra gli iscritti al partito avevano ottenuto il 40% dei consensi,  invece avranno solamente 5 deputati.

"Dopo l'ingresso di AfD in parlamento, la FDP vivrebbe una forte spaccatura interna sulla direzione da assumere in materia di eurosalvataggi", secondo Heinen, "poiché dovranno riconoscere che la loro politica europea priva di identità, gli è costata la partecipazione al governo". Le posizioni politiche di AfD in molti campi sono ancora piuttosto vaghe, sottolinea Heinen. "Fino ad ora è stato un movimento civile, se AfD entrasse al Bundestag, dal punto di vista dei contenuti sarà molto debole, i loro membri sono ancora inesperti".

Commerzbank non si aspetta AfD in parlamento

Anche Commerzbank non esclude l'ingresso al Bundestag degli euroscettici, tuttavia non se lo aspetta. Nel caso di un superamento della soglia del 5%, il mercato delle valute saluterebbe l'ingresso degli euroscettici in parlamento con un indebolimento dell'Euro, si dice dalla banca. Il capo-economista Jörg Krämer ritiene invece: "una große Koalition in parlamento avrebbe comunque un'ampia maggioranza, avrebbero mano libera per attuare le loro euro-politiche, anche se la critica verso questo corso sarebbe forte e ben udibile; sempre che AfD, contrariamente alle aspettative, abbia una rappresentanza al Bundestag".

Se il nuovo partito entrasse al Bundestag, tutte le forze, non solo i partiti borghesi, sarebbero costretti a confrontarsi con i temi proposti da AfD, cioe' con la fine dell'unione monetaria nella sua forma attuale, sempre secondo Krämer. La linea politica dei partiti tradizionali non cambierebbe, almeno fino a quando la AfD avrà pochi elettori. Il partito fondato 6 mesi fa dal professore di economia Bernd Lucke propone infatti lo scioglimento ordinato della moneta unica e la creazione di una unione monetaria piu' piccola. L'uscita avverrebbe mediante l'introduzione delle monete parallele. Alcuni economisti credono che cio' sia fattibile, altri invece vedono delle difficoltà insormontabili.

Stefan Kooths, professore dell'Instituts für Weltwirtschaft (IfW) di Kiel, stima al 50%  le possibilità di un ingresso di AfD in parlamento. Se dovessero entrare, "il dibattito al Bundestag sul futuro della zona Euro raggiungerebbe un livello di specializzazione completamente diverso", secondo Kooths. "Soprattutto sarebbe possibile un dibattito sui salvataggi votati fino ad ora, ed approvati con il consenso della stragrande maggioranza del Bundestag". Durante la crisi il governo federale, con i diversi pacchetti di salvataggio, avrebbe solo comprato tempo. Le cause strutturali non sono state sufficientemente analizzate e affrontate.

mercoledì 18 settembre 2013

La svolta prussiana di Alternative für Deutschland

Alternative für Deutschland ha recentemente presentato il suo programma di politica estera: al centro della proposta c'è un rapporto piu' stretto con la Russia, secondo la tradizione prussiana. Da german-foreign-policy.com
Con un "documento a tesi" il partito anti-Euro "Alternative für Deutschland" (AfD) per la prima volta ha delineato le sue posizioni in politica estera. In linea di principio AfD, che a differenza di altri partiti appena fondati ha dei rapporti molto forti con le élite tedesche, intende restare fedele al legame militare transatlantico. Sempre secondo il documento, in futuro l'esercito tedesco non dovrà essere impiegato in zone remote del mondo, ma utilizzato per la stabilizzazione delle regioni contigue all'area NATO, ad esempio in Nord Africa. L'autore del documento in piu' occasioni in passato si è distinto per il suo marcato bellicismo. Il partito sostiene inoltre una piu' stretta cooperazione con Mosca e ricorda i momenti di svolta nella storia tedesca, in cui insieme alla Russia, la Germania è riuscita a mettere la Francia sulla difensiva. 

Parte delle élite

Con un documento a tesi per la prima volta AfD ha delineato in maniera rudimentale le sue posizioni di politica estera. Il nucleo programmatico del partito resta il rifiuto dei salvataggi Euro e la volontà di arrivare ad una rottura della zona Euro; si dibatte ancora se sia meglio il ritorno ad un "Euro del nord" [1] oppure il ritorno al D-Mark. AfD è espressione di quelle élite tedesche che da un proseguimento del processo di integrazione europeo si aspettano molti piu' rischi economici che non vantaggi in termini di potere. Nel partito una presenza importante è riservata alle medie imprese e agli economisti neoliberisti. Nonostante AfD abbia ricevuto  molta attenzione dai media ed abbia goduto di un'immagine positiva - chiaramente il riflesso di un forte ancoraggio degli attivisti nell'establishment tedesco - gli elettori sembrano prendere le distanze. Le possibilità di entrare al Bundestag oggi sono molto piu' basse rispetto a quelle attribuite in primavera: la maggior parte dei sondaggi li danno intorno al 2%. [2]

"La guerra di per sé non è sbagliata"

Per la prima volta  Alexander Gauland, uno dei fondatori e portavoce di AfD, si è pronunciato sulle posizioni di politica estera del partito. Gauland ha ricoperto a lungo posizioni importanti nella CDU dell'Assia, apparteneva alla corrrente "elmo d'acciaio" (Stahlhelm), mentre oggi è attivo come  giornalista pubblicista. Nel documento di politica estera conferma l'impegno verso l'alleanza transatlantica, e chiarisce: "AfD intende mantenere l'architettura dei sistemi di sicurezza occidentali" e considera "gli Stati Uniti come il pilastro fondamentale di questa struttura". Gli scenari possibili di azione dovrebbero essere quelli ai margini dell'area NATO: invece dell'Afghanistan, l'esercito tedesco dovrebbe essere impiegato per "difendere Bengasi o Tunisi" [3]. Gauland aveva già esternato le sue posizioni belliciste lo scorso anno: "I tedeschi hanno un rapporto distorto con la forza militare", dichiarava in un articolo da lui scritto, e continuava, "non la considerano il proseguimento della politica con altri mezzi, nel senso di Von Clausewitz, ma piuttosto un male assoluto". Invece di "cantare ogni volta la melodia pacifista, sarebbe piu' intelligente intonarne una politica, poiché la forza militare non è un male in sé, ma lo è solo nella misura in cui è conseguenza di una politica sbagliata". [4]

Con la Russia contro la Francia

Il punto centrale nel documento programmatico è l'impegno di AfD per una piu' stretta cooperazione con Mosca. "La relazione con Mosca dovrà essere curata con la massima attenzione", scrive Gauland; "la Germania e l'Europa non avrebbero alcun interesse ad un ulteriore indebolimento della Russa e di tutto lo spazio euro-asiatico".[5] Gauland riprende le antiche tradizioni filo-russe della politica estera tedesca, che ancora oggi negli ambienti industriali tedeschi mantengono un solido ancoraggio. La cooperazione con la Russia resta inoltre una possibilità per creare un contrappeso politico nei confronti degli Stati Uniti. [6] Il documento di AfD va oltre, e rifiuta espressamente gli sforzi di Berlino per far entrare l'Ucraina nella sfera d'influenza politica occidentale [7]: la EU dovrebbe gestire l'integrazione del paese "con estrema cautela, agendo nel rispetto della sensibilità russa". La Russia "nei momenti decisivi della storia tedesca ha assunto un un importante ruolo di guida", si dice ancora nel documento, i punti di riferimento piu' importanti sono: "il 1813, poi l'unificazione tedesca del 1866/70 sotto Bismarck, e la riunificazione tedesca del 1990/91". Questi tre momenti storici hanno garantito alla Germania, alleata della Russia, un indiscutibile vantaggio nella lotta con la Francia per la leadership europea.

[1] s. dazu Wirtschaftskulturen
[2] zur "Alternative für Deutschland" s. auch Brüche im Establishment
[3] Thesenpapier Außenpolitik; www.alternativefuer.de
[4] Alexander Gauland: Warum sich die Deutschen mit Gewalt so schwer tun; www.tagesspiegel.de 23.07.2012
[5] Thesenpapier Außenpolitik; www.alternativefuer.de
[6] s. dazu Eine Phase der Kooperation, Partnerland Russland und Szenarien für die Russland-Politik

[7] s. dazu Der Schlag des Boxers (II), Kampf um die Pipelines und Kampf um die Ukraine

domenica 8 settembre 2013

Il successo di Alternative für Deutschland non sarebbe una sorpresa

Su The European, interessante rivista on-line di analisi  politica, Markus Linden, professore di scienze politiche all'università di Trier, propone un'analisi politica del movimento AfD: hanno modernizzato la destra, nella società tedesca ci sono le condizioni per un loro successo. 
Fra le particolarità del sistema politico tedesco c'è sicuramente quella di non avere avuto fino ad ora un partito populista di destra in grado di raccogliere un successo elettorale. E' sorprendente, soprattutto se paragonato con le altre democrazie occidentali, dove tali gruppi fanno parte della vita parlamentare quotidiana.

Anche il discorso pubblico all'interno della società tedesca ha gettato le basi per il successo elettorale di una forza populista di destra: lo ha evidenziato molto bene il dibattito avviato da Sarrazin. Tuttavia nelle elezioni federali, sorprendentemente, gli elettori si sono sempre comportati seriamente. Chi riesce ad entrare una volta in parlamento, in seguito riesce anche a restarci. I Verdi e la Linke sono entrati a spese della socialdemocrazia, mentre l'Unione è riuscita a tenere compatto il suo spettro elettorale con una strategia di modernizzazione graduale.

Ma la situazione in queste elezioni potrebbe cambiare. Alternative für Deutschland non rappresenta un grezzo populismo di destra, ma cerca di coniugare una proposta alternativa con la serietà. AfD ha occupato spazi politici vuoti, affronta le paure della gente, ed evita di cadere nelle vecchie demonizzazioni o nella trappola dello sciovinismo. Invece di "Law and Order", propone liberalismo e saggezza economica. Considerando il contesto in cui le elezioni si svolgono, cio' potrebbe condurre al successo.

La situazione dei partiti

Queste considerazioni includono anche la debole capacità di mobilitazione dei partiti tradizionali - in particolare quelli popolari. La perdita reale nella capacità di attrarre gli elettori diventa piu' chiara se invece di osservare le percentuali si vanno a vedere i dati assoluti. L'Unione fra il 2005 e il 2009 ha perso quasi 2 milioni di voti. Le vittorie elettorali dovrebbero avere un altro aspetto. La strategia attuale del "continuiamo cosi'", senza una rivisitazione programmatica, non potrà fermare questo sviluppo.

Nella SPD l'emorragia è ancora piu' evidente. L'apatia di massa del loro elettorato potrà essere superata solo se il partito riuscirà ad ottenere l'appoggio dei ceti medi e popolari. Sotto la guida di Sigmar Gabriel, ad esempio, il partito non è riuscito a costruire un'alternativa politica agli eurosalvataggi, decisamente necessaria per marcare le differenze scomparse con il progressivo scivolamento dell'Unione verso sinistra sui temi sociali.

Borghesia, mercati  e neoliberismo 

Uno sguardo rapido allo spettro politico mostra che sul lato destro e borghese dell'elettorato, nei ceti piu' bassi e distanti dalla sinistra, fra gli elettori di ogni orientamento e classe arrabbiati e frustrati, come fra i critici verso l'emigrazione o addirittura fra gli sciovinisti, ci siano potenziali di crescita. In generale, le fratture politiche sorte in seguito agli eurosalvataggi e al dibattito sull'integrazione sono state coperte in maniera insufficiente dai partiti tradizionali. 

Da un punto di vista strategico, il partito ha fatto molte cose giuste, come ad esempio prendere le distanze dal radicalismo di destra. Invece di diffondere un nazionalismo etnico, AfD propone una politica migratoria ed un diritto di asilo orientati all'efficienza e al mercato - un "Sarrazin senza la parte biologica".

AfD, nella campagna contro gli eurosalvataggi, con i suoi continui riferimenti a "tutti i contribuenti", "al nostro denaro", alle "banche giocatrici d'azzardo", cerca di sfuggire all'accusa di essere un partito neoliberale e borghese, concentrato unicamente sui mercati. Questa nuova versione del "Noi" non è portata avanti da un leader che interpreta posizioni elitarie, egemoniche o mercatiste. La retorica contro i partiti tradizionali, arriva invece da un leader politico intelligente, eloquente e razionale.

Il successo elettorale non sarebbe una sorpresa

Con Bernd Lucke il partito si è dato una veste moderna, superando l'immagine tradizionale del partito di destra. La campagna elettorale centrata sul leader, con slogan poco aggressivi che rimandano ad una "Alternativa", ha il potenziale per raggiungere un elettorato non ancora mobilitato. Al momento della costituzione del partito nessuno lo immaginava, e probabilmente il merito è dell'intelligenza di Lucke.

Naturalmente non possiamo sapere se AfD avrà un successo elettorale. Non ha un programma di politica estera, con cui ad esempio si possa gestire la crisi siriana. A causa degli ultimi sviluppi gli eurosalvataggi potrebbero passare in secondo piano, e i dati pubblicati dai sondaggisti potrebbero scoraggiare una mobilitazione dell'elettorato potenziale. Considerando il contesto politico e la condotta fino ad ora di AfD, tuttavia, un loro successo elettorale non sarebbe una sorpresa.

La condizione indispensabile è che si continui a parlare del partito e che i sondaggi mostrino una qualche possibilità di successo. Per questo Lucke spesso critica gli istituti demoscopici per i loro rilevamenti: è un uomo razionale. Fino ad ora i partiti tradizionali hanno avuto a che fare con populisti che parlavano alla pancia. Ma se allo stomaco si aggiunge anche il cervello, allora qualcosa potrebbe cambiare.




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giovedì 29 agosto 2013

Alternative für Deutschland ha già vinto?

In politica è piu' importante vincere o partecipare? Risponde Bettina Röhl su WirtschaftsWoche, il settimanale economico piu' letto, di orientamento conservatore: AfD avrebbe già vinto la sua battaglia, perché ha fatto capire ai tedeschi che la moneta unica non è piu' un tabu' inviolabile. Da WiWo.de

La campagna elettorale di AfD, nonostante l'ostilità delle altre forze politiche, va avanti. Nel frattempo l'intera classe politica si è messa in moto per appropriarsi delle sue posizioni.

AfD è già riuscita a cambiare la politica, prima del 22 settembre. Non è stata ancora votata, e forse non lo sarà mai. Ma l'influenza di AfD sull'Euro-politica dei partiti tradizionali, sia al governo che all'opposizione, è fondamentale. AfD è riuscita a rompere il tabu' dell'indiscutibilità della moneta unica. E' accaduto in maniera discreta, ed è ancora poco visibile.

La proposta di AfD, tesa ad arginare l'Euro-follia della classe politica, negli ultimi mesi ha dato i suoi frutti. E per aver fatto questo non potrà certo aspettarsi un riconoscimento dagli eurocrati. Al contrario, AfD viene attaccata con forza, ostracizzata e stigmatizzata.

In questo periodo pre-elettorale l'Euro-politica tedesca è caratterizzata da una grande schizofrenia. L'Euro e l’Euro-crisi restano temi politici fondamentali. Ma in campagna elettorale non sembrano avere un ruolo di primo piano. Ce lo ricordiamo bene: solo pochi mesi fa l'Euro-dibattito aveva raggiunto il suo punto piu' alto. Molti media avevano cavalcato l'argomento, e il tema suscitava un grande interesse, anche presso i molti elettori che notoriamente guardano con attenzione al loro portafoglio.

Il feticcio della mancanza di alternative è scomparso

Adesso, poco prima delle elezioni, il tema Euro, almeno come elemento elettorale decisivo, se non è proprio morto, diciamo che è imploso.

In scia al relativo disinteresse degli elettori per la crisi Euro, e per la dilettantesca gestione della crisi da parte dei governi, ma anche delle opposizioni, l'intera classe politica sembra essere scivolata in una nuova dimensione dell’Euro-politica. Improvvisamente l'Euro non è piu' senza alternative. E improvvisamente anche l’Euro-politica di Merkel, fino ad ora considerata l’unica possibile, non è piu' cosi' priva di alternative.

Il feticcio dell’assenza di alternative, e l’ostinata volontà di mantenere l'Euro nel suo perimetro attuale, sembravano scolpiti nel cemento. L'Euro-politica, fino a poco tempo fa, era segnata da una fede illimitata in quella che alla fine resta solo una moneta comune.

La vera crisi Euro riguarda i difetti di nascita e incurabili dell'Euro, e cioè la sua errata progettazione. I trattati Euro non hanno messo insieme, cio' che doveva stare insieme, piuttosto hanno spinto sotto un unico ombrello monetario 17 economie molto diverse fra loro, o addirittura divergenti. E hanno privato le diverse economie nazionali della loro piu' importante valvola di sfogo: la propria politica monetaria.

L'Euro era solo in parte una moneta, vale a dire una unità di pagamento razionale. L'Euro era piuttosto un tema politico privo di speranza e sovraccarico di nazionalismo europeo. Con l'aiuto dell'Euro, la migliore Europa di allora, che da 60 anni continuava a crescere e a svilupparsi, doveva essere forzata in una nuova forma di unità a durata millenaria.

Le intenzioni mai troppo chiarite dei padri dell'Euro, non particolarmente interessati all'economia e alla politica fiscale (ad es. Helmut Kohl e Francois Mitterand), miravano ad eliminare le numerose diversità presenti sul continente, altamente positive, per introdurre un concetto di uguaglianza. Apparentemente convinti che questa nuova uguaglianza potesse essere un miglioramento qualitativo dell'Europa politica. L'Europa, secondo le dichiarazioni di allora, con l'aiuto di una nuova moneta unica, doveva diventare la start-up di maggior successo di tutta la storia mondiale. L'Europa, nel giro di pochi anni, grazie all'Euro, sarebbe dovuta diventare la prima potenza economia sul continente. Non proprio modesto.

Fallimento e disorientamento

La classe politica ha cercato sistematicamente di discreditare e soffocare ogni critica alla sua Euro-politica. Chi ad esempio osava parlare pubblicamente di un'uscita della Grecia, era accusato di non capire molto di economia e finanza. Si diceva che un fallimento della Grecia avrebbe significato un fallimento dell'Europa, seguito da quello di tutta l'Europa. Cosi' l'Euro-mania è stata finalmente globalizzata.

La sovrastruttura degli Euro-fanatici è cresciuta all'infinito. Improvvisamente l'Euro non era piu' una moneta, piuttosto un progetto di pace inviolabile, una garanzia contro la guerra, uno strumento per addomesticare la volontà di supremazia teutonica, e la pietra miliare per un'Europa felice. Arrivo' finalmente il momento in cui il dibattito lascia i circoli degli esperti, e conquista spazio sui giornali e nelle discussioni fra la gente comune. 

Fino a qualche mese fa, qualsiasi fantasia sull'abolizione dell'Euro oppure la possibilità di sostenere finanziariamente l'uscita ordinata di alcuni stati, erano un sacrilegio, un mezzo suicidio politico.

E poi apparve un nemico giurato all'orizzonte. Un nuovo partito è entrato in scena nell'aprile di quest'anno, il suo nome è "Alternative für Deutschland." La sua proposta è l'uscita dall'Euro: rinominato partito dei professori, ha introdotto nel dibattito pubblico il tema dello scioglimento della moneta unica. Tutti i partiti, su entrambi gli schieramenti, temevano che il 22 settembre AfD potesse superare la soglia del 5% e affondare i loro sogni di potere.

All'unisono e con un minimo di credibilità, tutti i partiti politici hanno attaccato AfD, privi di conoscenze economiche e fiscali, ma animati da rabbia e intenti moralistici. Nonostante il mobbing rosso-verde, allineato alle forze di governo, abbia disturbato la campagna elettorale di AfD con una violenza eccessiva, la classe politica si è lasciata convincere in maniera silenziosa dall'Euro-critica di AfD, riprendendendone in parte lo scetticismo.

Un cambio di mentalità

Il leader di AfD, Bernd Lucke, ha utilizzato gli spazi offerti dai media per annunciare che AfD sosteneva un taglio del debito greco, affinché tutti i prestiti concessi fossero trasformati in donazioni. Con questo argomento, accettato pubblicamente anche dagli Euro-critici, l'establishment politico di fatto non si è diffenziato dalle posizioni di AfD o di altri partiti euro-critici, si è invece allontanato dalla testardaggine della propria Euro-politica.

A cio' ha contribuito anche il fatto che il leader di AfD, contrariamente alle sue affermazioni, non ha proposto un concetto definitivo per l'uscita ordinata di un paese dall'Euro. Ed allo stesso tempo è riuscito ad argomentare la sua Euro-critica in maniera plausibile e comprensibile a tutti, mettendo a tacere i politici o i giornalisti titolati che cercavano di attaccarlo.

Se la Linke si vanta, falsamente, di aver almeno contribuito ad introdurre il tema del salario minimo nel dibattito politico tedesco, allora la AfD puo' almeno reclamare per se stessa di essere riuscita a scardinare, sul tema Euro, un mentalità altrimenti chiusa e ostinata.

Improvvisamente, come se nulla fosse, Sigmar Gabriel, leader della SPD, il partito a suo tempo impegnato a far entrare la Grecia nell'Euro, ammette: l'ingresso della Grecia nell'Euro è stato un errore. Improvvisamente un barlume di ragione!

Brüderle (FDP) ad esempio pretende di vedere dai greci delle vere riforme, se il Bundestag dopo le elezioni dovesse essere chiamato a pompare altro denaro verso la Grecia. E l'uscita della Grecia dall'Euro, in tutti i partiti, non è piu' un tema cosi' noioso.

Schäuble dice di sfuggita che non ci sarà un nuovo taglio del debito greco. Naturalmente dopo le elezioni con molta probabilità sarà necessario. Ma nessun ulteriore taglio del debito greco, potrebbe anche essere considerato un annuncio: l'anticipo di un'uscita ordinata della Grecia dall'Euro nel 2014 o 2015.

lunedì 26 agosto 2013

Tutto è ancora possibile

FAZ.net intervista Manfred Güllner, sondaggista di Forsa (istituto demoscopico), che spiega: tutto è ancora possibile, ma per AfD la strada verso il 5% è in salita. Da FAZ.net
Ultimo sondaggio Forsa

Anche se riuscisse a fare del salvataggio greco un tema da campagna elettorale, la SPD non avrebbe molto da guadagnare in termini di voti. Servirebbe solo ad aiutare l'Unione (CDU-CSU) e Alternative für Deutschland, secondo Manfred Güllner, presidente di Forsa (principale istituto demoscopico).

Herr Güllner, fino ad ora il governo è riuscito a tenere fuori dalla campagna elettorale l'Eurocrisi. Recentemente invece il ministro delle finanze ha portato al centro della discussione un terzo programma di sostegno alla Grecia. Costerà voti all'Unione?

I pacchetti di salvataggio, come le somme di cui si parla, sono concetti molto astratti per i cittadini. Quello che vogliono sapere, quando si parla della crisi Euro o della Grecia è: quale sarà l'impatto sulla mia vita quotidiana? Ad esempio, la mia pensione è a rischio, la valuta resterà stabile, oppure mancheranno risorse ai comuni per ristrutturare le strade danneggiate? Fino ad ora il governo ha cercato di rassicurare - come accaduto durante la crisi finanziaria del 2008/2009, quando è riuscito a tenere fuori dalla vita quotidiana le paure principali.

La SPD pero' su questo tema è convinta di poter guadagnare voti: Sigmar Gabriel e altri hanno chiesto alla Cancelliera di rivelare all'opinione pubblica la portata del prossimo piano di aiuti alla Grecia - e soprattutto di farlo prima delle elezioni.

La SPD si aggrappa ad ogni possibilità, ma allo stesso tempo deve mostrarsi responsabile. Fino ad ora non ha funzionato, e non andrà diversamente in futuro. Il dilemma è sempre lo stesso: hanno protestato e criticato, ma poi alla fine, sui temi della crisi Euro, hanno sempre sostenuto le decisioni del governo. E durante la crisi, il governo è stato percepito come il solo garante della sicurezza, l'unico in grado di difendere i cittadini.

Allora SPD e Verdi si auto-danneggiano, se pensano di fare della crisi Euro un tema da campagna elettorale?

Si'. E con gli attacchi personali a Merkel sottovalutano il serbatoio incredibile di popolarità di cui dispone la Cancelliera. Semplicemente è molto amata.

AfD e la Linke sono due partiti che hanno proposte diverse sulla crisi Euro. Avranno qualche vantaggio dall'arrivo di questo tema in campagna elettorale?

Per la Linke è molto difficile.

E per AfD?

Sono incerto, non so se effettivamente da qui alle elezioni si riuscirà a muovere qualcosa. Questo partito coltiva le paure quotidiane di cui parlavo poco fà. E trova ascolto presso i ceti sociali minacciati nel loro status, che si sentono schiacciati dall'alto e dal basso - e che volentieri credono alle teorie complottiste che dicono: a Berlino dominano le forze politiche tradizionali, le elite economiche e una parte dei media. Anche noi sondaggisti a volte siamo considerati fra questo insieme di forze.

Nei sondaggi pero' la AfD è sotto il 5%

Si, anche i nostri dati dicono questo. Gli indecisi sono ancora molti, e tutto è possibile. Non credo pero' che con una proposta politica monotematica anti-Euro si possano vincere le elezioni.




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lunedì 3 giugno 2013

Tutti contro "Alternative für Deutschland"


La nuova formazione euro-critica fa discutere e 5 economisti di primo piano, sulla progressista ed euroentusiasta Süddeutsche Zeitung, lanciano un attacco al leader di AfD: le sue proposte non sono credibili, la Germania non puo' affondare la moneta unica. Da Süddeutsche Zeitung
Nel dibattito sul futuro della moneta unica, 5 noti economisti si rivolgono al nuovo partito "Alternative für Deutschland" e al suo leader: non è possibile sciogliere l'unione monetaria in modo ordinato e razionale.

Di Marcel Fratzscher, Clemens Fuest, Hans Peter Grüner, Michael Hüther und Jörg Rocholl

L'unione monetaria, dopo tre anni di intensa gestione della crisi, si trova ancora in una situazione difficile. L'aggiustamento richiesto è enorme, e le riforme necessarie non sono state ancora completate. La situazione economica è critica a causa dell'elevata disoccupazione c'è grande instabilità politica. Con la fase di debolezza economica francese si apre un nuovo fronte, soprattutto se la politica non sarà capace di reagire in maniera rapida e adeguata. La politica anti-crisi fino ad ora è riuscita a comprare tempo per il necessario aggiustamento. L'unione bancaria per ora resta un grande cantiere. In queste condizioni è naturale e opportuno che nel nostro paese - almeno prima di una elezione federale - si discuta sul futuro dell'Europa e della moneta unica. 

A causa dell'incertezza, alcune forze politiche in Germania, Italia ed altri paesi, chiedono l'uscita dall'unione monetaria del sud-Europa, oppure il ritorno ad un sistema di monete nazionali. Questa posizione è condivisa anche da alcuni membri della nostra professione.

Noi la consideriamo una strada sbagliata, e chiediamo di preservare l'unione monetaria nella sua composizione attuale. Riteniamo che alle carenze istituzionali emerse nel corso della crisi, sarà necessario trovare una soluzione con un programma di riforme radicali. Siamo convinti che l'integrità dell'Eurozona sia la strada migliore per garantire all'Europa e alla Germania benessere e stabilità.

E' necessario superare le difficoltà

Per superare la crisi dell'Eurozona è necessario vincere 3 sfide. Primo, i paesi della periferia hanno bisogno di una prospettiva di crescita e di maggiore competitività. Secondo, in questi paesi molte banche, imprese e famiglie hanno un livello di indebitamento eccessivo. E' necessario riportare l'indebitamento ad un livello sostenibile. Terzo, è indispensabile introdurre i requisiti costituzionali e normativi per stabilizzare le finanze pubbliche e private, e permettere a tutti gli stati membri di sfruttare i vantaggi dell'unione monetaria.

L'uscita dall'Eurozona (temporanea o definitiva) di alcuni paesi fortemente indebitati  avrebbe sicuramente il vantaggio di accelerare il necessario aggiustamento dei prezzi. Ma a questo possibile vantaggio, corrispondono una serie di conseguenze negative. Da un lato, la svalutazione causerebbe il default sulle obbligazioni denominate in Euro, sia pubbliche che private. Il difficile accesso al mercato internazionale dei capitali porterebbe ad un collasso economico dei paesi in crisi, come suggerisce l'esperienza fatta in passato con altri casi di ristrutturazione. Per diversi anni avremmo un ulteriore aumento della disoccupazione e un peggioramento dei problemi sociali ed economici.

Anche la Germania non sfuggirebbe ad una tale crisi

Inoltre, con l'uscita dall'Euro, le indispensabili riforme economiche si fermerebbero. Cosi' ci insegna l'esperienza storica: le svalutazioni molto forti, a causa delle conseguenti perdite di reddito reale, di solito, vedono una rapida risposta della politica salariale nel tentativo di rispondere alla correzione. Le nuove valute avrebbero un'accettazione limitata e probabilmente dovrebbero essere stabilizzate con una politica di alti tassi di interesse, con un effetto di rafforzamento della crisi. Anche la Germania non si sottrarrebbe ad una tale crisi e pagherebbe un prezzo salato in termini di bassa crescita ed elevati costi finanziari, diretti e indiretti. I paesi della periferia, infatti, hanno un forte indebitamento verso l'estero. Si tratta di debiti fatti da imprese, famiglie, banche e dallo stato. 

Oltre a questi debiti, ci sono anche i saldi Target all'interno dell'Eurosistema. E su questi la Germania sarebbe duramente colpita. Se i piani per l'uscita fossero resi noti, assisteremmo  ad una massiccia fuga di capitali verso la Germania, con una conseguente forte crescita dei saldi Target. Se si arrivasse ad una uscita, la BCE dovrebbe cancellare buona parte di questi crediti, con perdite enormi per la Bundesbank. Inoltre, le banche e le imprese tedesche hanno dei crediti molto elevati nei confronti dei paesi in crisi. Ci sarebbero perdite significative e una minaccia per la stabilità dell'economia tedesca.

Anche il piano per gestire l'uscita di alcuni paesi attraverso l'introduzione di una valuta parallela, che lentamente viene svalutata, non puo' funzionare. Il mercato dei capitali inizierebbe immediatamente a speculare sulla nuova valuta. Ci sarebbe una massiccia fuga di capitali, con costi sempre maggiori per il finanziamento delle famiglie, dello stato e delle imprese. Cio' porterebbe ad una ulteriore recessione e a condizioni sociali ancora peggiori nei paesi candidati all'uscita. Resterebbe solamente il controllo sui movimenti di capitale e il sostegno alla nuova valuta da parte della BCE. Ma il controllo sui movimenti di capitale dovrebbe esserci fin dall'inizio, e non alla fine delle trattative sull'uscita dall'unione monetaria. E' una proposta totalmente irrealistica. Inoltre, non è chiaro perché nei paesi coinvolti dovrebbe esserci la disponibilità ad usare una moneta piu' debole come valuta parallela. Storicamente ci sono stati numerosi casi in cui una moneta estera piu' forte ha messo all'angolo la moneta nazionale piu' debole, ed è diventata il solo mezzo di pagamento effettivo.

A tutto cio' si aggiungono le imprevedibili conseguenze politiche di una rottura dell'Euro. Non è chiaro se il mercato comune potrebbe sopravvivere ad un tale evento. In ogni caso è illusorio pensare che lo scioglimento dell'unione monetaria possa avvenire in maniera ordinata e razionale. I conflitti di interesse fra i partner, quando si dovrà discutere della rinuncia ai crediti o dei costi da sostenere, saranno troppo grandi, mentre la pressione dei mercati finanziari, in una situazione di transizione, sarebbe troppo forte. Vi è anche il rischio che la Germania possa essere considerata responsabile per il fallimento dell'unione monetaria, e finisca in una situazione di isolamento economico e politico.

L'alternativa alla dissoluzione consiste nel tentativo di superare la crisi preservando la moneta unica. Sarà un processo lungo e difficile, che richiederà dal lato della politica molta pazienza e disciplina. Sarà fondamentale ripristinare la competitività dei paesi in crisi, rendendo possibile una nuova fase di crescita. Poiché i prezzi e i salari non vengono definiti dal governo ma dalle parti sociali e dai mercati, non è possibile imporre un aggiustamento immediato, ma ci vorrà molto tempo. Tuttavia è possibile, come mostrano l'esempio irlandese e i progressi compiuti dagli altri paesi in crisi. Il tasso di cambio reale basato sul costo del lavoro per unità di prodotto - un indice rilevante per definire la competitività - in Grecia dal 2009 ad oggi è sceso del 20%.

Il superamento dell'eccesso di debito delle famiglie e delle imprese e il risanamento delle banche non sarà possibile senza insolvenze e ristrutturazioni. Cio' causerà incertezza sul mercato dei capitali e i creditori, anche in Germania, dovranno subire delle perdite. Le finanze pubbliche torneranno ad essere in salute solo se il consolidamento fiscale non viene ammorbidito e se i governi sapranno rispettare i rigidi vincoli di bilancio (come i limiti all'indebitamento in costituzione).

Una grande sfida

Affinché l'aggiustamento possa portare ad una stabilizzazione duratura della zona Euro, è importante dare nuovo slancio al progetto dell'unione bancaria (controllo bancario centrale, un processo comune per le ristrutturazioni bancarie), e fare in modo che in futuro la disciplina fiscale non sia minata dalla garanzia comune sul debito. Le nuove regole e le nuove istituzioni della zona Euro rappresentano un passo in avanti in questa direzione. Inoltre, l'Eurozona ha bisogno di una procedura credibile per le insolvenze pubbliche. Si tratta di un requisito fondamentale affinché in futuro i mercati finanziari possano disciplinare l'esercizio delle finanze pubbliche.

Non c'è alcun dubbio che il superamento della crisi e il mantenimento della zona Euro nella sua forma attuale siano una grande sfida. E' necessaria un'azione politica determinata, disciplinata e coordinata. La crisi è anche un'opportunità per correggere gli errori di progettazione della moneta unica e rafforzare l'impegno verso gli indispensabili requisiti europei e nazionali. Alcune importanti decisioni delle politiche anti-crisi ci incoraggiano in questa valutazione, la cui conferma dovrà tuttavia essere visibile nella loro esecuzione.

Certo, non c'è alcuna garanzia di un buon risultato. Ma questo non puo' essere un motivo valido per scegliere l'alternativa decisamente peggiore: lo scioglimento della moneta unica. I rischi politici ed economici e i costi ipotizzabili, non solo per la Germania, ma per tutta l'Europa, sarebbero in questo caso decisamente maggiori, sia nel breve che nel lungo periodo. 

Die Autoren: Marcel Fratzscher ist Präsident des Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung in Berlin; Clemens Fuest ist Präsident des Zentrums für Europäische Wirtschaftsforschung Mannheim; Hans Peter Grüner ist Professor für Volkswirtschaftslehre an der Universität Mannheim; Michael Hüther ist Direktor des Instituts der deutschen Wirtschaft in Köln; Jörg Rocholl ist Präsident der European School of Management and Technology in Berlin.




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