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giovedì 1 aprile 2021

Perchè il ricorso costituzionale contro il Recovery fund in Germania non fa paura

Se questa settimana l'indice Dax di Francoforte ha segnato l'ennesimo record storico è evidente che in Germania il mondo degli affari e della finanza non sta prendendo troppo sul serio il ricorso costituzionale del fondatore di AfD Bernd Lucke contro il Recovery fund. Per Handelsblatt, il quotidiano dell'economia e della finanza, Bernd Lucke sarebbe addirittura un piantagrane in cerca di vendetta e visibilità che in Germania rappresenterebbe al massimo se stesso e il suo piccolo gruppo del "Bündnis Bürgerwille". Ne scrive Handelsblatt.de

Sul tema non è stato deciso ancora nulla. Ma il modo in cui la Corte costituzionale federale venerdì ha messo un freno temporaneo al Fondo per la ricostruzione dell'UE lascia una certa sensazione di disagio. "La motivazione vera sarà presentata in seguito", scrivono i giudici, come se le argomentazioni in una questione così delicata fossero facoltative. 

La Corte costituzionale con la sua ordinanza priva di commenti ha reagito all'adozione della cosiddetta risoluzione sulle risorse proprie da parte del Bundestag e del Bundesrat. Per la prima volta nella sua storia, la risoluzione permetterà all'UE di prendere molto denaro in prestito..

Questi mezzi finanziari a loro volta, serviranno per alimentare il fondo di ricostruzione da 750 miliardi di euro, il quale dovrà curare le cicatrici economiche lasciate dalla pandemia e fornire un importante finanziamento di partenza per la modernizzazione digitale ed ecologica dell'Europa.

Accordandosi sul fondo per la ricostruzione, i capi di stato e di governo dell'UE l'anno scorso hanno voluto inviare un segnale importante: l'Europa, nell'affrontare la peggiore crisi del dopoguerra, è unita. Da allora, il ministro delle finanze tedesco Olaf Scholz parla di "momento Hamilton": come nell'America di 230 anni fa, infatti, l'Europa si sta trasformando in uno stato federale. 

Questa retorica ora però potrebbe tornare a vendicarsi. La base giuridica per un salvataggio una tantum in tempi di emergenza è molto più solida delle basi europee e costituzionali di un'unione fiscale. Per quanto quest'ultima sia auspicabile, non è saggio confondere il dibattito con il Fondo per la ricostruzione. 


Karlsruhe non vuole farsi dettare la linea da Bruxelles

Ma il tempo stringe. Solo se tutti gli stati membri entro maggio avranno ratificato le decisioni sull'allocazione delle risorse proprie, allora l'UE entro luglio potrà iniziare a pagare gli aiuti.

Questo calendario però ora è in pericolo. I giudici di Karlsruhe hanno temporaneamente vietato al presidente federale Frank-Walter Steinmeier di firmare la legge costituzionale. La Corte costituzionale, che tiene molto alla sua indipendenza, non è incline a lasciarsi dettare le decisioni da Bruxelles.

Il gruppo dei querelanti riunito intorno al fondatore di AfD Bernd Lucke si sentirà confermato e vendicato, ma stanno giocando un gioco pericoloso. Se l'Europa economicamente non vuole restare ancora più indietro rispetto a Stati Uniti e Cina ha bisogno di un impegno in termini di solidarietà molto più ampio dei 750 miliardi di euro concordati. 

Insieme al suo "Bündnis Bürgerwille" Lucke vuole presentarsi come il campione di una maggioranza silenziosa ancora presente in Germania. Per fortuna la volontà dei cittadini che Lucke crede di incarnare è un fenomeno minoritario. 

La Corte costituzionale dovrebbe esaminare la decisione sulle risorse proprie con la massima attenzione, ma in fretta. Non deve lasciarsi strumentalizzare da un piantagrane.



mercoledì 24 marzo 2021

Un altro ricorso alla Corte Costituzionale tedesca, questa volta contro il Recovery fund...

In Germania agli avvocati specializzati in diritto costituzionale non manca mai il lavoro: il professore di Amburgo Bernd Lucke, fondatore di AfD, sta preparando infatti un altro ricorso costituzionale contro la legge per l'approvazione del fondo europeo per la ricostruzione post-corona. Ne scrive la FAZ.net


l fondo europeo per la ricostruzione post-Corona (NGEU) nato per cercare di compensare i danni causati dal Coronavirus sarà oggetto di un nuovo caso di ricorso alla Corte costituzionale federale - ancora prima che la corrispondente legge entri in vigore. Se ne sta occupando il "Bündnis Bürgerwille" intorno al quale ruota il professore di economia di Amburgo Bernd Lucke.

Con una mossa insolita, il gruppo lunedì ha inviato a Karlsruhe un annuncio per la presentazione di un reclamo costituzionale e una richiesta di ingiunzione temporanea per impedire al presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier di firmare la legge. Temono infatti che diversamente i regolamenti potrebbero entrare in vigore già questa settimana. Ciò significherebbe che la Germania sarebbe vincolata dal trattato ancora prima che la Corte costituzionale federale lo abbia esaminato.

L'annuncio è stato quindi combinato con una richiesta fatta al presidente del secondo senato responsabile, Doris König, di informare Steinmeier in merito al reclamo costituzionale e alla richiesta. Chiederà al Presidente federale, "secondo la prassi istituzionale consolidata", di non approvare la legge fino a quando i giudici di Karlsruhe non si saranno pronunciati sull'ingiunzione provvisoria o sul procedimento nella causa principale, secondo l'annuncio fatto dal professore di diritto di Marburg Hans-Detlef Horn, a disposizione della F.A.Z.

Lucke ha sottolineato che l'iniziativa non riguarda un attacco ai fondi anti-Corona per gli stati dell'UE in quanto tali, ma riguarda le modalità di finanziamento. Secondo i piani attuali, infatti, l'UE intende raccogliere fino a 750 miliardi di euro di debito sul mercato dei capitali per poter aiutare gli stati UE in difficoltà sotto forma di sovvenzioni e prestiti.

Si tratta di un pacchetto di salvataggio di "proporzioni storiche", come viene sempre sottolineato. Si basa su di una decisione del Consiglio europeo che deve essere ratificata da tutti gli Stati membri dell'UE. In Germania, ciò viene fatto attraverso la "Eigenmittelbschluss-Ratifizierungsgesetz" (ERatG), discussa al Bundestag questa settimana.



venerdì 13 luglio 2018

Cosi' parlò Peter Gauweiler

La Corte di Giustizia Europea si dovrà pronunciare a breve sulla legittimità del programma di acquisto titoli della BCE. A presentare ricorso alla Corte Costituzionale tedesca era stato un gruppo di economisti e politici tedeschi di spicco, fra questi il politico di lungo corso della CSU Peter Gauweiler. La Corte Costituzionale tedesca circa un anno fa, pur esprimendo dei forti dubbi, aveva chiesto alla Corte di Giustizia Europea di pronunciarsi sul tema. Nei giorni scorsi anche il governo tedesco si è schierato con la BCE e quindi dal Lussemburgo non dovrebbero arrivare sorprese. Vale tuttavia la pena leggere gli argomenti che Peter Gauweiler, uno degli autori del ricorso, ha presentato pochi giorni fa presso la Corte di Giustizia Europea. Peter Gauweiler su The European


Il programma di acquisto titoli della BCE ufficialmente denominato Public Sector Asset Purchase Programme (PSPP) e che eufemisticamente è stato rinominato „Quantitative Easing“ (QE) è incompatibile sia con i trattati dell'Unione Europea che con la Costituzione tedesca. Viola il divieto di finanziamento monetario degli stati e va contro i precetti democratici stabiliti dalla Costituzione tedesca. Senza alcuna legittimazione democratica e al di fuori del controllo dei Parlamenti i paesi sovra-indebitati hanno scaricato dei rischi enormi sulla Germania. La Corte di giustizia è ora chiamata a far rispettare le leggi europee in merito alle competenze illegittimamente pretese dalla BCE e quindi a riportare questi giganti del potere finanziario sul terreno della democrazia. E' scandaloso che il governo federale appoggi il comportamento illegale della BCE.

La BCE nell'ambito del suo programma di acquisto titoli di stato dell'eurozona ha creato dal nulla, solo per questo scopo, enormi di quantità di denaro. Il volume complessivo del programma è superiore ai 2.5 trilioni di euro. In questo modo l'offerta complessiva di moneta della banca centrale è stata raddoppiata. Ciò nel lungo periodo puo' portare a un aumento dell'inflazione che la BCE non sarà piu' in grado di tenere sotto controllo in quanto la crescita della massa monetaria è di difficile inversione.

Sebbene la BCE acquisti titoli di stato di tutti i paesi dell'eurozona, il programma di acquisto è soprattutto un programma di assistenza finanziaria agli Stati sovraindebitati, in particolare Spagna, Francia e non da ultima l'Italia. I politici di questi paesi sono quindi incentivati a fare ulteriori debiti a spese di terzi. Grazie alla politica della BCE hanno avuto una riduzione degli oneri finanziari per somme miliardarie a 3 cifre, mentre ai risparmiatori tedeschi la politica dei tassi a zero è già costata piu' di 400 miliardi di euro.

Il finanziamento degli stati da parte delle banche centrali è illegale. Nel trattato di Maastricht è stato espressamente vietato al fine di garantire a tutti i paesi della zona euro finanze solide e per contrastarne il sovraindebitamento. In questo quadro, insieme ai criteri di stabilità, dovrebbero crearsi le condizioni per un sistema monetario stabile. Dopo la violazione dei criteri di stabilità da parte di numerosi paesi europei e da parte della Commissione europea, è ora arrivato il turno della BCE e della sua violazione del divieto di finanziare monetariamente il debito pubblico. La Corte di Giustizia deve fermare tutto cio'.

Il programma di acquisto titoli viola anche la sovranità del Bundestag in materia di bilancio: con gli acquisti di titoli di stato la BCE mette nel suo bilancio dei rischi esorbitanti e alla fine sarà il contribuente tedesco a dover sopportare la parte maggiore delle perdite derivanti. I rappresentanti politici tedeschi, tuttavia, sono stati di fatto eliminati dai processi decisionali pertinenti. Tutto cio' è incompatibile con il principio della democrazia. La Corte Costituzionale tedesca non solo condivide queste preoccupazioni ma ha espressamente dichiarato che il programma di acquisto puo' essere accettato solo se la Corte Europea attraverso una interpretazione dei trattati europei vincolante per la BCE, garantisce che non  ci sarà una responsabilità condivisa. Ora spetta alla Corte di Giustizia escludere che vi possa essere una garanzia comune.

Il governo tedesco ha presentato alla Corte di Giustizia una presa di posizione con la quale di fatto ostacola la Corte Costituzionale tedesca. Invece di sostenere la Corte Costituzionale, il governo tedesco ha scelto di difendere la BCE. Sarebbe invece compito del governo federale agire attivamente affinché gli organi europei non oltrepassino le loro competenze e non adottino misure che vanno a gravare sul bilancio federale senza la previa approvazione del Bundestag. Con la sua presa di posizione il governo federale rivela che nonostante tutte le dichiarazioni ufficiali non è interessato a contrastare efficacemente la politica di sovraindebitamento di alcuni stati dell'eurozona. Ancora una volta ci mostra che sta facendo l'opposto di cio' che era stato promesso agli elettori prima della fondazione dell'unione monetaria.

domenica 13 maggio 2018

Bernd Lucke e l'incubo tedesco: "la BCE pronta ad acquistare titoli di stato greci"

Bernd Lucke, il fondatore di AfD, lancia l'allarme: la BCE sarebbe pronta ad acquistare titoli di stato greci, ormai è questione di settimane o mesi. Secondo il professore di Amburgo si tratterebbe di finanziare il debito pubblico di uno stato direttamente con il denaro della banca centrale, un incubo per i tedeschi. Ne parla Bernd Lucke su The European


Tra marzo 2015 e dicembre 2017, il Sistema europeo delle banche centrali (ESZB) sotto la regia della BCE ha acquistato 60 miliardi di euro al mese di obbligazioni nell'ambito dell'Expanded Asset Purchase Programme (EAPP, talvolta denominato Quantitative Easing QE). Da gennaio 2018 gli acquisti mensili sono scesi a 30 miliardi di euro. La parte del leone del programma, circa l'80%, è rappresentata dal Public Sector Purchase Program (PSPP) e dagli acquisti di obbligazioni del settore pubblico sul mercato secondario. Fino a gennaio 2018 erano state acquistate obbligazioni per circa 1.91 trilioni di euro. Il programma resterà ufficialmente attivo fino a settembre 2018 e un'estensione non è affatto esclusa. 

La decisione del board della BCE prevedeva originariamente che l'acquisto di obbligazioni venisse effettuato in conformità con le quote di capitale degli stati membri della zona euro. Questa linea guida era già di per sé un aiuto nei confronti dei paesi dell'eurozona fortemente indebitati, in quanto le quote di capitale tengono conto sia del PIL che della popolazione. Si è di conseguenza scelto di acquistare una percentuale maggiore di debito pubblico di quei paesi pesantemente indebitati, piu' di quanto sarebbe accaduto se gli acquisti fossero stati unicamente orientati al PIL.

La deviazione degli acquisti dalle quote di capitale della BCE

E' già abbastanza grave di per sé che una distorsione del programma sia pre-orientata e quindi non neutrale in termini di politica monetaria. Tuttavia, due studi di Friedrich Heinemann del Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung hanno mostrato che la BCE non ha rispettato nemmeno questa regola autoimposta. Nel corso del 2017 sono stati sovrappesati gli acquisti di obbligazioni belghe, austriache, francesi, italiane e spagnole. A causa della crescente scarsità di titoli acquistabili di altri paesi, si può' ragionevolmente ipotizzare che tale distorsione in futuro continuerà ad aumentare e gli acquisti si discosteranno sempre di piu' dalle quote di capitale. La distorsione sui nuovi acquisti si rifletterà inevitabilmente anche nei portafogli delle banche centrali dell'eurosistema. Questa conclusione vale anche se si tiene conto del fatto che i titoli di stato greci fino ad ora non sono stati  affatto acquistati.

La fine del programma di aiuti greco

Queste circostanze potrebbero cambiare a partire dall'estate del 2018. Nell'agosto 2018 terminerà infatti il terzo programma di salvataggio per il paese ellenico. La Grecia dovrebbe quindi tornare a procurarsi il denaro di cui ha bisogno sul mercato dei capitali. Grazie all'aiuto della BCE, per la Grecia potrebbe essere molto piu' semplice di quanto non possa sembrare. Infatti, se almeno una delle quattro principali agenzie di rating (Standard and Poor's, Moody's, Fitch e DBRS) desse alle obbligazioni greche almeno un rating di investment grade, diverrebbero immediatamente acquistabili nell'ambito del PSPP.

Quando è stato chiesto a Draghi un chiarimento in merito alle deviazioni degli acquisti dalle quote di capitale della BCE, egli ha brevemente risposto di non vederci alcun problema, almeno nella misura in cui gli stock di titoli acquistati non si discostino significativamente dalle quote di capitale. Cio' porta a concludere che la BCE a partire dall'estate potrebbe iniziare ad acquistare grandi quantità di titoli greci.

La BCE in estate acquisterà solo obbligazioni greche?

Nell'agosto 2018 lo ESZB avrà acquistato obbligazioni per 2.53 trilioni di euro. L'80% di questi acquisti sono eseguiti nell'ambito del PSPP, circa 2.02 trilioni di euro. Tenendo conto che i paesi non-euro detengono quote di capitale della BCE, che non vengono prese in considerazione, la quota di capitale greco è del 2.9%. Cio' significa che teoricamente sarebbe possibile acquistare obbligazioni greche per un totale di 59 miliardi di euro. Poiché fino ad ora nell'ambito del PSPP non sono state acquistate obbligazioni greche, il sistema delle banche centrali, per raggiungere la quota greca nella suddivisione del capitale dovrebbe quindi iniziare ad acquistare a breve e su larga scala titoli greci. Poiché gli acquisti di titoli dal gennaio 2018 sono stati ridotti ad un livello di 30 miliardi di euro mensili e secondo l'interpretazione che Draghi dà del programma le deviazioni di breve periodo dalle quote di capitale non hanno alcuna importanza, nei restanti 2 mesi verrebbero acquistati solo titoli di stato greci. Se il PSPP fosse esteso oltre settembre, la proporzione di obbligazioni greche sarebbe corrispondentemente piu' bassa. In cambio gli acquisti si estenderebbero per un periodo di tempo piu' lungo.

Cio significherebbe che la Grecia dopo la fine del programma di aiuti non avrebbe piu' bisogno di un mercato per potersi rifinanziare. Gli investitori potrebbero acquistare obbligazioni governative greche sul mercato primario, per rivenderle subito dopo alla BCE sul mercato secondario. Sarebbe una prova ulteriore del fatto che il programma non è affatto un'operazione di pura politica monetaria, piuttosto si tratta di finanziamento monetario agli stati.

domenica 22 settembre 2013

E se Alternative für Deutschland entrasse al Bundestag?

Cosa accadrebbe se AfD entrasse al Bundestag? Secondo FAZ.net probabilmente non molto, si renderebbe necessaria una Große Koalition e ci sarebbe comunque un'ampia maggioranza disponibile per approvare gli eurosalvataggi. Da FAZ.net

A poche ore dal voto economisti ed analisti bancari discutono le possibili conseguenze di un successo elettorale di AfD. Il presidente del DIW  (Deutschen Instituts für Wirtschaftsforschung)  di Berlino, Marcel Fratzscher, mette in guarda da un eventuale successo del partito.

"L'ingresso di AfD al Bundestag condurrebbe ad un nuovo ed intenso dibattito sull'uscita della Germania, o dei paesi in crisi, dall'Euro. E cio' finirebbe per distrarre dal dibattito fondamentale: come possiamo davvero risolvere la crisi europea?" dichiara Fratzscher alla Frankfurter Allgemeinen Zeitung. AfD probabilmente "non sposterebbe di molto le politiche del governo tedesco finalizzate a garantire la sostenibilità della moneta unica".

L'analista di Deutsche Bank Nicolaus Heinen ritiene invece che AfD possa superare la soglia del 5% ed entrare al Bundestag. "Credo che AfD disponga di una grande forza di mobilitazione, specialmente tra le famiglie, gli amici e il circolo dei conoscenti", dice Heinen alla FAZ. Ci tiene a sottolineare l'indipendenza politica della banca, e il fatto che non intende dare raccomandazioni di voto: "non mettiamo in guardia da nessun partito".

Se gli eurocritici dovessero entrare al Bundestag, assisteremmo a dei "grandi movimenti tettonici" nel panorama politico. Una grande coalizione sarebbe inevitabile, mentre la CDU e la FDP subirebbero la forte concorrenza del nuovo partito sul loro stesso terreno. "Se AfD avesse un significativo successo elettorale, data l'importanza delle prossime decisioni europee, gli investitori internazionali potrebbero innervosirsi: si renderebbero conto che anche nel paese centrale per le sorti dell'Euro c'è una forza politica di eurocontrari".

La FDP vivrebbe una guerra interna sull'europolitica

Non ci sarà un cambio di rotta della Cancelliera in materia di europolitica, secondo Heinen. "Al massimo è ipotizzabile che in qualche vertice europeo possa assumere una condotta piu' rigida". Nel complesso la CDU dovrà fare qualche sforzo in piu' per spiegare ai cittadini la propria politica europea. Sempre secondo le previsioni di Heinen, il piccolo gruppo della CDU che fino ad ora non ha votato gli eurosalvataggi, nel prossimo parlamento avrà 14 deputati. I critici verso gli eurosalvataggi della FDP, che nel voto fra gli iscritti al partito avevano ottenuto il 40% dei consensi,  invece avranno solamente 5 deputati.

"Dopo l'ingresso di AfD in parlamento, la FDP vivrebbe una forte spaccatura interna sulla direzione da assumere in materia di eurosalvataggi", secondo Heinen, "poiché dovranno riconoscere che la loro politica europea priva di identità, gli è costata la partecipazione al governo". Le posizioni politiche di AfD in molti campi sono ancora piuttosto vaghe, sottolinea Heinen. "Fino ad ora è stato un movimento civile, se AfD entrasse al Bundestag, dal punto di vista dei contenuti sarà molto debole, i loro membri sono ancora inesperti".

Commerzbank non si aspetta AfD in parlamento

Anche Commerzbank non esclude l'ingresso al Bundestag degli euroscettici, tuttavia non se lo aspetta. Nel caso di un superamento della soglia del 5%, il mercato delle valute saluterebbe l'ingresso degli euroscettici in parlamento con un indebolimento dell'Euro, si dice dalla banca. Il capo-economista Jörg Krämer ritiene invece: "una große Koalition in parlamento avrebbe comunque un'ampia maggioranza, avrebbero mano libera per attuare le loro euro-politiche, anche se la critica verso questo corso sarebbe forte e ben udibile; sempre che AfD, contrariamente alle aspettative, abbia una rappresentanza al Bundestag".

Se il nuovo partito entrasse al Bundestag, tutte le forze, non solo i partiti borghesi, sarebbero costretti a confrontarsi con i temi proposti da AfD, cioe' con la fine dell'unione monetaria nella sua forma attuale, sempre secondo Krämer. La linea politica dei partiti tradizionali non cambierebbe, almeno fino a quando la AfD avrà pochi elettori. Il partito fondato 6 mesi fa dal professore di economia Bernd Lucke propone infatti lo scioglimento ordinato della moneta unica e la creazione di una unione monetaria piu' piccola. L'uscita avverrebbe mediante l'introduzione delle monete parallele. Alcuni economisti credono che cio' sia fattibile, altri invece vedono delle difficoltà insormontabili.

Stefan Kooths, professore dell'Instituts für Weltwirtschaft (IfW) di Kiel, stima al 50%  le possibilità di un ingresso di AfD in parlamento. Se dovessero entrare, "il dibattito al Bundestag sul futuro della zona Euro raggiungerebbe un livello di specializzazione completamente diverso", secondo Kooths. "Soprattutto sarebbe possibile un dibattito sui salvataggi votati fino ad ora, ed approvati con il consenso della stragrande maggioranza del Bundestag". Durante la crisi il governo federale, con i diversi pacchetti di salvataggio, avrebbe solo comprato tempo. Le cause strutturali non sono state sufficientemente analizzate e affrontate.

mercoledì 18 settembre 2013

La svolta prussiana di Alternative für Deutschland

Alternative für Deutschland ha recentemente presentato il suo programma di politica estera: al centro della proposta c'è un rapporto piu' stretto con la Russia, secondo la tradizione prussiana. Da german-foreign-policy.com
Con un "documento a tesi" il partito anti-Euro "Alternative für Deutschland" (AfD) per la prima volta ha delineato le sue posizioni in politica estera. In linea di principio AfD, che a differenza di altri partiti appena fondati ha dei rapporti molto forti con le élite tedesche, intende restare fedele al legame militare transatlantico. Sempre secondo il documento, in futuro l'esercito tedesco non dovrà essere impiegato in zone remote del mondo, ma utilizzato per la stabilizzazione delle regioni contigue all'area NATO, ad esempio in Nord Africa. L'autore del documento in piu' occasioni in passato si è distinto per il suo marcato bellicismo. Il partito sostiene inoltre una piu' stretta cooperazione con Mosca e ricorda i momenti di svolta nella storia tedesca, in cui insieme alla Russia, la Germania è riuscita a mettere la Francia sulla difensiva. 

Parte delle élite

Con un documento a tesi per la prima volta AfD ha delineato in maniera rudimentale le sue posizioni di politica estera. Il nucleo programmatico del partito resta il rifiuto dei salvataggi Euro e la volontà di arrivare ad una rottura della zona Euro; si dibatte ancora se sia meglio il ritorno ad un "Euro del nord" [1] oppure il ritorno al D-Mark. AfD è espressione di quelle élite tedesche che da un proseguimento del processo di integrazione europeo si aspettano molti piu' rischi economici che non vantaggi in termini di potere. Nel partito una presenza importante è riservata alle medie imprese e agli economisti neoliberisti. Nonostante AfD abbia ricevuto  molta attenzione dai media ed abbia goduto di un'immagine positiva - chiaramente il riflesso di un forte ancoraggio degli attivisti nell'establishment tedesco - gli elettori sembrano prendere le distanze. Le possibilità di entrare al Bundestag oggi sono molto piu' basse rispetto a quelle attribuite in primavera: la maggior parte dei sondaggi li danno intorno al 2%. [2]

"La guerra di per sé non è sbagliata"

Per la prima volta  Alexander Gauland, uno dei fondatori e portavoce di AfD, si è pronunciato sulle posizioni di politica estera del partito. Gauland ha ricoperto a lungo posizioni importanti nella CDU dell'Assia, apparteneva alla corrrente "elmo d'acciaio" (Stahlhelm), mentre oggi è attivo come  giornalista pubblicista. Nel documento di politica estera conferma l'impegno verso l'alleanza transatlantica, e chiarisce: "AfD intende mantenere l'architettura dei sistemi di sicurezza occidentali" e considera "gli Stati Uniti come il pilastro fondamentale di questa struttura". Gli scenari possibili di azione dovrebbero essere quelli ai margini dell'area NATO: invece dell'Afghanistan, l'esercito tedesco dovrebbe essere impiegato per "difendere Bengasi o Tunisi" [3]. Gauland aveva già esternato le sue posizioni belliciste lo scorso anno: "I tedeschi hanno un rapporto distorto con la forza militare", dichiarava in un articolo da lui scritto, e continuava, "non la considerano il proseguimento della politica con altri mezzi, nel senso di Von Clausewitz, ma piuttosto un male assoluto". Invece di "cantare ogni volta la melodia pacifista, sarebbe piu' intelligente intonarne una politica, poiché la forza militare non è un male in sé, ma lo è solo nella misura in cui è conseguenza di una politica sbagliata". [4]

Con la Russia contro la Francia

Il punto centrale nel documento programmatico è l'impegno di AfD per una piu' stretta cooperazione con Mosca. "La relazione con Mosca dovrà essere curata con la massima attenzione", scrive Gauland; "la Germania e l'Europa non avrebbero alcun interesse ad un ulteriore indebolimento della Russa e di tutto lo spazio euro-asiatico".[5] Gauland riprende le antiche tradizioni filo-russe della politica estera tedesca, che ancora oggi negli ambienti industriali tedeschi mantengono un solido ancoraggio. La cooperazione con la Russia resta inoltre una possibilità per creare un contrappeso politico nei confronti degli Stati Uniti. [6] Il documento di AfD va oltre, e rifiuta espressamente gli sforzi di Berlino per far entrare l'Ucraina nella sfera d'influenza politica occidentale [7]: la EU dovrebbe gestire l'integrazione del paese "con estrema cautela, agendo nel rispetto della sensibilità russa". La Russia "nei momenti decisivi della storia tedesca ha assunto un un importante ruolo di guida", si dice ancora nel documento, i punti di riferimento piu' importanti sono: "il 1813, poi l'unificazione tedesca del 1866/70 sotto Bismarck, e la riunificazione tedesca del 1990/91". Questi tre momenti storici hanno garantito alla Germania, alleata della Russia, un indiscutibile vantaggio nella lotta con la Francia per la leadership europea.

[1] s. dazu Wirtschaftskulturen
[2] zur "Alternative für Deutschland" s. auch Brüche im Establishment
[3] Thesenpapier Außenpolitik; www.alternativefuer.de
[4] Alexander Gauland: Warum sich die Deutschen mit Gewalt so schwer tun; www.tagesspiegel.de 23.07.2012
[5] Thesenpapier Außenpolitik; www.alternativefuer.de
[6] s. dazu Eine Phase der Kooperation, Partnerland Russland und Szenarien für die Russland-Politik

[7] s. dazu Der Schlag des Boxers (II), Kampf um die Pipelines und Kampf um die Ukraine

giovedì 29 agosto 2013

Alternative für Deutschland ha già vinto?

In politica è piu' importante vincere o partecipare? Risponde Bettina Röhl su WirtschaftsWoche, il settimanale economico piu' letto, di orientamento conservatore: AfD avrebbe già vinto la sua battaglia, perché ha fatto capire ai tedeschi che la moneta unica non è piu' un tabu' inviolabile. Da WiWo.de

La campagna elettorale di AfD, nonostante l'ostilità delle altre forze politiche, va avanti. Nel frattempo l'intera classe politica si è messa in moto per appropriarsi delle sue posizioni.

AfD è già riuscita a cambiare la politica, prima del 22 settembre. Non è stata ancora votata, e forse non lo sarà mai. Ma l'influenza di AfD sull'Euro-politica dei partiti tradizionali, sia al governo che all'opposizione, è fondamentale. AfD è riuscita a rompere il tabu' dell'indiscutibilità della moneta unica. E' accaduto in maniera discreta, ed è ancora poco visibile.

La proposta di AfD, tesa ad arginare l'Euro-follia della classe politica, negli ultimi mesi ha dato i suoi frutti. E per aver fatto questo non potrà certo aspettarsi un riconoscimento dagli eurocrati. Al contrario, AfD viene attaccata con forza, ostracizzata e stigmatizzata.

In questo periodo pre-elettorale l'Euro-politica tedesca è caratterizzata da una grande schizofrenia. L'Euro e l’Euro-crisi restano temi politici fondamentali. Ma in campagna elettorale non sembrano avere un ruolo di primo piano. Ce lo ricordiamo bene: solo pochi mesi fa l'Euro-dibattito aveva raggiunto il suo punto piu' alto. Molti media avevano cavalcato l'argomento, e il tema suscitava un grande interesse, anche presso i molti elettori che notoriamente guardano con attenzione al loro portafoglio.

Il feticcio della mancanza di alternative è scomparso

Adesso, poco prima delle elezioni, il tema Euro, almeno come elemento elettorale decisivo, se non è proprio morto, diciamo che è imploso.

In scia al relativo disinteresse degli elettori per la crisi Euro, e per la dilettantesca gestione della crisi da parte dei governi, ma anche delle opposizioni, l'intera classe politica sembra essere scivolata in una nuova dimensione dell’Euro-politica. Improvvisamente l'Euro non è piu' senza alternative. E improvvisamente anche l’Euro-politica di Merkel, fino ad ora considerata l’unica possibile, non è piu' cosi' priva di alternative.

Il feticcio dell’assenza di alternative, e l’ostinata volontà di mantenere l'Euro nel suo perimetro attuale, sembravano scolpiti nel cemento. L'Euro-politica, fino a poco tempo fa, era segnata da una fede illimitata in quella che alla fine resta solo una moneta comune.

La vera crisi Euro riguarda i difetti di nascita e incurabili dell'Euro, e cioè la sua errata progettazione. I trattati Euro non hanno messo insieme, cio' che doveva stare insieme, piuttosto hanno spinto sotto un unico ombrello monetario 17 economie molto diverse fra loro, o addirittura divergenti. E hanno privato le diverse economie nazionali della loro piu' importante valvola di sfogo: la propria politica monetaria.

L'Euro era solo in parte una moneta, vale a dire una unità di pagamento razionale. L'Euro era piuttosto un tema politico privo di speranza e sovraccarico di nazionalismo europeo. Con l'aiuto dell'Euro, la migliore Europa di allora, che da 60 anni continuava a crescere e a svilupparsi, doveva essere forzata in una nuova forma di unità a durata millenaria.

Le intenzioni mai troppo chiarite dei padri dell'Euro, non particolarmente interessati all'economia e alla politica fiscale (ad es. Helmut Kohl e Francois Mitterand), miravano ad eliminare le numerose diversità presenti sul continente, altamente positive, per introdurre un concetto di uguaglianza. Apparentemente convinti che questa nuova uguaglianza potesse essere un miglioramento qualitativo dell'Europa politica. L'Europa, secondo le dichiarazioni di allora, con l'aiuto di una nuova moneta unica, doveva diventare la start-up di maggior successo di tutta la storia mondiale. L'Europa, nel giro di pochi anni, grazie all'Euro, sarebbe dovuta diventare la prima potenza economia sul continente. Non proprio modesto.

Fallimento e disorientamento

La classe politica ha cercato sistematicamente di discreditare e soffocare ogni critica alla sua Euro-politica. Chi ad esempio osava parlare pubblicamente di un'uscita della Grecia, era accusato di non capire molto di economia e finanza. Si diceva che un fallimento della Grecia avrebbe significato un fallimento dell'Europa, seguito da quello di tutta l'Europa. Cosi' l'Euro-mania è stata finalmente globalizzata.

La sovrastruttura degli Euro-fanatici è cresciuta all'infinito. Improvvisamente l'Euro non era piu' una moneta, piuttosto un progetto di pace inviolabile, una garanzia contro la guerra, uno strumento per addomesticare la volontà di supremazia teutonica, e la pietra miliare per un'Europa felice. Arrivo' finalmente il momento in cui il dibattito lascia i circoli degli esperti, e conquista spazio sui giornali e nelle discussioni fra la gente comune. 

Fino a qualche mese fa, qualsiasi fantasia sull'abolizione dell'Euro oppure la possibilità di sostenere finanziariamente l'uscita ordinata di alcuni stati, erano un sacrilegio, un mezzo suicidio politico.

E poi apparve un nemico giurato all'orizzonte. Un nuovo partito è entrato in scena nell'aprile di quest'anno, il suo nome è "Alternative für Deutschland." La sua proposta è l'uscita dall'Euro: rinominato partito dei professori, ha introdotto nel dibattito pubblico il tema dello scioglimento della moneta unica. Tutti i partiti, su entrambi gli schieramenti, temevano che il 22 settembre AfD potesse superare la soglia del 5% e affondare i loro sogni di potere.

All'unisono e con un minimo di credibilità, tutti i partiti politici hanno attaccato AfD, privi di conoscenze economiche e fiscali, ma animati da rabbia e intenti moralistici. Nonostante il mobbing rosso-verde, allineato alle forze di governo, abbia disturbato la campagna elettorale di AfD con una violenza eccessiva, la classe politica si è lasciata convincere in maniera silenziosa dall'Euro-critica di AfD, riprendendendone in parte lo scetticismo.

Un cambio di mentalità

Il leader di AfD, Bernd Lucke, ha utilizzato gli spazi offerti dai media per annunciare che AfD sosteneva un taglio del debito greco, affinché tutti i prestiti concessi fossero trasformati in donazioni. Con questo argomento, accettato pubblicamente anche dagli Euro-critici, l'establishment politico di fatto non si è diffenziato dalle posizioni di AfD o di altri partiti euro-critici, si è invece allontanato dalla testardaggine della propria Euro-politica.

A cio' ha contribuito anche il fatto che il leader di AfD, contrariamente alle sue affermazioni, non ha proposto un concetto definitivo per l'uscita ordinata di un paese dall'Euro. Ed allo stesso tempo è riuscito ad argomentare la sua Euro-critica in maniera plausibile e comprensibile a tutti, mettendo a tacere i politici o i giornalisti titolati che cercavano di attaccarlo.

Se la Linke si vanta, falsamente, di aver almeno contribuito ad introdurre il tema del salario minimo nel dibattito politico tedesco, allora la AfD puo' almeno reclamare per se stessa di essere riuscita a scardinare, sul tema Euro, un mentalità altrimenti chiusa e ostinata.

Improvvisamente, come se nulla fosse, Sigmar Gabriel, leader della SPD, il partito a suo tempo impegnato a far entrare la Grecia nell'Euro, ammette: l'ingresso della Grecia nell'Euro è stato un errore. Improvvisamente un barlume di ragione!

Brüderle (FDP) ad esempio pretende di vedere dai greci delle vere riforme, se il Bundestag dopo le elezioni dovesse essere chiamato a pompare altro denaro verso la Grecia. E l'uscita della Grecia dall'Euro, in tutti i partiti, non è piu' un tema cosi' noioso.

Schäuble dice di sfuggita che non ci sarà un nuovo taglio del debito greco. Naturalmente dopo le elezioni con molta probabilità sarà necessario. Ma nessun ulteriore taglio del debito greco, potrebbe anche essere considerato un annuncio: l'anticipo di un'uscita ordinata della Grecia dall'Euro nel 2014 o 2015.

mercoledì 29 maggio 2013

Quello che "Alternative für Deutschland" non puo' dire


Il grande economista tedesco Heiner Flassbeck, dalle pagine del suo blog, analizza le posizioni di Bernd Lucke, leader di "Alternative für Deutschland". Gli eurocritici non avranno il coraggio di raccontare ai tedeschi tutta la verità. Da flassbeck-economics.de
FAZ.net ha recentemente pubblicato un dibattito sugli sviluppi dell'unione monetaria fra Bernd Lucke, leader di „Alter­na­tive für Deutsch­land“, e Den­nis Sno­wer, presidente dell'Insti­tuts für Welt­wirt­schaft di Kiel. Entrambi gli economisti sono unanimi nella descrizione delle ragioni della crisi: mancanza di competitività del sud-Europa causata da salari troppo alti in rapporto alla produttività. Tuttavia, quando si parla delle soluzioni per risolvere la crisi, i due incarnano posizioni opposte. Uno vorrebbe che gli europei del sud lasciassero l'unione monetaria, l'altro invece vorrebbe trattenere tutti i membri, e introdurre delle regole di bilancio flessibili.

Dal nostro punto di vista è molto piu' interessante quello che i due oratori non hanno detto, e quello che anche il moderatore della FAZ non ha avuto il coraggio di chiedere. Da un lato, la domanda fondamentale dovrebbe essere: qual'è il rapporto ideale fra salari e produttività all'interno di una unione monetaria? Dall'altro: quali conseguenze avrebbero per la Germania le soluzioni proposte?

Alla prima domanda i nostri lettori potrebbero rispondere con sicurezza: i salari nominali in ogni paese, fin dall'ingresso nell'Euro, sarebbero dovuti crescere quanto la produttività nazionale sommata al tasso di inflazione obiettivo fissato dalla BCE. I valori delle diverse valute, nel momento in cui sono confluite nell'Euro, dovevano corrispondere all'incirca alla parità di potere di acquisto, visto che prima del 1999 non vi sono stati grandi e duraturi squilibri delle partite correnti. Del resto non vi è alcuna prova del fatto che all'inizio dell'unione monetaria potesse esserci una evidente disparità di competitività fra i paesi Euro.

Che a partire dal 1999, non solo nell'Europa del sud, ma anche in Germania, i salari non siano cresciuti in base a questa regola, è empiricamente documentato. Probabilmente è un fatto cosi' spiacevole che si preferisce parlare solo di un lato della medaglia della competitività. E cioe', il superamento verso l'alto di questa regola da parte dei sud europei, mentre si preferisce tacere la ben maggiore deviazione verso il basso operata dai tedeschi. Bernd Lucke è chiaramente incoerente quando afferma che nell'Europa del sud i salari sono cresciuti del 30 o 50 % di troppo, ma preferisce non parlare di quanto è accaduto sull'altro lato. Nella zona Euro i prezzi sono cresciuti esattamente secondo l'obiettivo fissato dalla BCE, vale a dire il 2%. Ma se in un gruppo di paesi i salari sono cresciuti troppo in rapporto alla produttività, in un altro paese o in un altro insieme di paesi, sono rimasti troppo bassi, altrimenti la media non potrebbe corrispondere. A questa incoerenza di fondo si adatta molto bene anche la proposta fatta da Bernd Lucke:  l'uscita dalla moneta unica dei paesi del sud Europa. Di una uscita della Germania pero' non vuole saperne, per questa ragione: "sarebbe molto meglio...perché i paesi del sud avrebbero la possibilità di svalutare, fatto che darebbe loro la possibilità di tornare competitivi".

Dennis Snower, in qualità di rappresentante di un istituto di ricerca in cui da decenni si porta avanti il pensiero main-stream neoclassico, si trova in difficoltà. Non puo' parlare degli errori della politica di moderazione salariale tedesca, perché è la politica da sempre consigliata dal suo istituto contro la disoccupazione. Deve necessariamente tacere l'altro lato della medaglia. Non puo' criticare l'assurdità della tesi di Bernd Lucke: l'uscita dei sud-europei dall'unione monetaria sarebbe meglio di un'uscita della Germania, poiché i sud-europei potrebbero svalutare. Che questa sia una stupidaggine è abbastanza chiaro. Non importa chi sarà ad uscire, la svalutazione di una (nuova) valuta, corrisponde alla rivalutazione dell'altra (nuova) valuta. Ma di questa situazione speculare Den­nis Sno­wer preferisce non parlare. Se lo avesse fatto probabilmente avrebbe dovuto necessariamente parlare della specularità della competitività. E questo ferro caldo preferisce non prenderlo nemmeno in mano.

Che cosa rispondere? Dennnis Snower si allontana, per quanto possibile, dal pericoloso scoglio dei prezzi ("La competitività di un paese non dipende dai suoi valori monetari"). E' un argomento pericoloso, in quanto contiene il tema dei costi e dei salari, che è proprio quello da evitare. Al suo posto preferisce parlare dei buoni e vecchi vantaggi comparati, che un paese deve sviluppare per mantenere la sua competitività nel commercio internazionale. E poiché i sud-europei non avrebbero piu' questi vantaggi, dovrebbero costruirsi una nuova struttura produttiva con l'aiuto dei beni strumentali stranieri (nel dubbio, probabilmente tedeschi). Che in caso di una svalutazione non sarebbero piu' in grado di procurarsi, perché un'uscita dall'Euro non sarebbe una buona soluzione per la loro competitività.

Che cosa di puo' dire di questo? Se il commercio internazionale fosse basato essenzialmente sui vantaggi comparati, come ipotizzato da Snower, chi non ha da offrire alcun vantaggio comparato in un commercio mondiale dominato da vantaggi comparati, sarebbe costretto ad uscire dal commercio internazionale?

Ancora una volta è chiaro che la teoria dei vantaggi comparati è del tutto insufficiente a spiegare la realtà. Non è possibile spiegare duraturi squilibri commerciali pari al 5% del PIL,  senza parlare del diverso livello dei prezzi nazionali, e dei valori monetari. Il tentativo di giustificare la permanenza nell'Euro dei paesi del sud con la possibilità di acquistare beni di investimento stranieri è completamente inutile. Tanto piu' che ha ragione Snower, quando sostiene che uno scioglimento della zona Euro nelle modalità proposte da Bernd Lucke, sarebbe associato con gravi problemi economici e politici.

Totalmente inutile è anche il silenzio e le due parole ("Ja, ganz klar") con cui Dennis Snower risponde alla domanda di Lucke: "l'etica del lavoro nel sud Europa è peggiore di quella tedesca?" Avrebbe dovuto dargli la risposta che si meritava, e questo è stato un errore imperdonabile. Perché se non si è in grado di mettere in campo un ragionamento pro-Euro, bisognerebbe almeno opporsi a questi arroganti pregiudizi. Inoltre, anche se questi pregiudizi fossero veri, non sarebbero sostenuti da alcuna logica. Come già detto, i cambi fissati all'avvio della moneta unica, garantivano che i differenziali di produttività, che potrebbero essere basati anche su differenze di mentalità, all'inizio dell'unione monetaria fossero in equilibrio. E lo stesso Bernd Lucke non sarebbe in grado di sostenere che l'etica del lavoro dei sud europei negli ultimi 10 anni è crollata, rispetto a quella del decennio precedente. Chi vuole salvare l'Euro con l'argomento del "manteniamo l'armonia in Europa", e non riesce nemmeno a trovare le parole per difendere i nostri vicini, non dovrebbe partecipare a una tale discussione. Oppure è legittimo il sospetto: non sta argomentando per un suo profondo convincimento europeista, piuttosto in qualità di rappresentante dell'economia dell'export tedesca, che sa molto bene, quale sarebbe la minaccia, se l'Euro si dissolvesse.

Ma ora una seconda domanda: che cosa significherebbe un'uscita del sud Europa dall'Euro per la Germania? E' possibile che Bernd Lucke non abbia alcuna idea di quello che potrebbe accadere in Germania, oppure lo sa e preferisce tacere. 

Chi voterebbe AfD, se egli dicesse che grazie ad un probabile forte apprezzamento del nuovo Euro nord, l'economia dell'export tedesca in poco tempo perderebbe una parte importante della propria competitività? E non solo nei confronti del sud-Europa, ma nei confronti di tutto il resto del mondo. Allora in un colpo solo sparirebbe il paravento dei deficit commerciali del sud Europa, che garantiscono alla Germania un gigantesco avanzo commerciale.

Chi voterebbe la AfD, se descrivesse i problemi occupazionali che emergerebbero non appena il sovradimensionato settore dell'export tedesco iniziasse a contrarsi? E allora arriverebbe la reazione degli economisti neoliberali tedeschi, che chiederebbero alla politica salariale tedesca di stringere ancora la cinghia. E Bernd Lucke difficilmente potrebbe uscire da questa logica, che oggi usa nei confronti del sud Europa. Soprattutto perché egli non conosce nessun'altra ricetta, diversa dalla lotta del "tutti contro tutti", che invece lui considera come concorrenza produttiva.

Chi voterebbe la AfD se egli ammettesse che anche il valore delle attività tedesche detenute all'estero, in caso di una uscita del sud Europa, verrebbe messo in questione, e quindi anche la stabilità delle banche e delle assicurazioni tedesche? E allora la frase usata da Lucke "La sola cosa che ha effetto sulla politica, è la disciplina del mercato dei capitali e i tassi di interesse", copiata da  Hans Tiet­meyer, potrebbe creargli qualche problema.

Lo abbiamo già detto: AfD con il suo slogan "Deutsch­land braucht den Euro nicht" inganna i cittadini. Nessun paese ha piu' bisogno dell'Euro della Germania. E se questo non viene compreso nel nostro paese, presto la Germania avrà una brutta sorpresa. I presunti difensori dell'Euro, che oltre alla minaccia del temuto disastro politico non sanno o non vogliono dare nessun'altra argomentazione a favore della moneta unica, e meno che mai sono capaci di sviluppare una seria strategia per la soluzione, fanno all'Euro un pessimo servizio. E anche loro possono essere accusati di non dire le cose come stanno veramente.  Ogni giorno è sempre piu' chiaro che anche noi tedeschi non potremo uscire dalla crisi  indenni - con o senza l'Euro. Nel continuo scarica barile europeo sulle colpe della crisi, ad avvantaggiarsi saranno soprattutto le forze nazionaliste e radicali. Povera europa!


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martedì 21 maggio 2013

Dialogo fra un euroscettico e un non so


FAZ mette a confronto Bernd Lucke, leader di Alternative für Deutschland, e Dennis Snower, presidente dell'Institut für Weltwirtschaft di Kiel. Lucke conferma: fuori gli eurodeboli dalla moneta unica. Da FAZ.net
"Non è la Germania a dover lasciare l'Euro, ma i paesi del sud", ci dice il leader del nuovo partito anti-Euro, Bernd Lucke. Una discussione sul futuro dell'Euro fra lui e Dennis Snower, Presidente dell'Institut für Weltwirtschaft di Kiel.

FAZ: Herr Snower, Herr Lucke, siete entrambi economisti. Ancora oggi sareste per l'introduzione dell'Euro?

Snower: Assolutamente si'. Ma con regole piu' solide. Gli stati europei hanno avuto vantaggi sia politici che economici. Anche se noi fino ad oggi avessimo vissuto bene senza l'Euro, ora sarebbe il momento giusto per introdurlo.

Lucke: Oggi non sarei affatto per l'introduzione dell'Euro, sebbene nel 1999 lo fossi. Pensavo che l'Euro avrebbe potuto esercitare una benefica pressione sugli stati e renderli piu' competitivi. Competitività che fino ad allora era stata difesa solo con le svalutazioni. Ma l'inerzia è stata troppo forte. Anche esercitando una grande pressione, non si sono viste le riforme strutturali sufficienti. Per questo motivo l'Euro non è adatto ad una zona valutaria cosi' eterogenea.

Snower: Io la vedo in maniera opposta. Se i paesi iniziassero ad uscire dall'Euro, in Europa avremmo piu' protezionismo e un nazionalismo dannoso. L'intero progetto europeo sarebbe messo in discussione. Rischiamo un circolo vizioso che ci porta al kaos. Dobbiamo affrontare la crisi Euro in maniera diversa.

FAZ: Siete entrambi d'accordo sul fatto che in questo modo non si potrà andare avanti a lungo. Herr Lucke, lei vuole uscire dall'Euro e tornare al D-Mark?

Lucke: No, non è la Germania a dover abbandonare l'Euro, ma i paesi del sud. Sarebbe molto piu' efficace di un'uscita della Germania dall'Euro. I paesi del sud avranno la possibilità di svalutare, e in questo modo tornare competitivi. L'Europa soffre di una crisi di competitività. Nei paesi del sud i salari in rapporto alla produttività sono troppo alti. Le aziende non sono competitive, è difficile esportare i loro prodotti.

FAZ: Allora, non è un ritorno al D-Mark, ma un ritorno alla Drachma e all'Escudo?

Lucke: Si', dall'introduzione dell'Euro i paesi del sud hanno importato molto di piu' di quanto non abbiano esportato. Le loro bilance commerciali sono sempre state in rosso. I governi hanno avuto per 10 anni la possibilità di contrastare questo pericoloso sviluppo. Non ci sono riusciti, oppure non ne hanno avuto la volontà. Bassa produttività e alti salari non sono sostenibili. I salari nel sud Europa sono del 30 o del 50 % troppo alti. Un taglio dei salari in questa dimensione non è ragionevole. Ormai è possibile solo una svalutazione, e per fare questo c'è bisogno di una propria valuta.

Snower: Concordo con la sua analisi, Herr Lucke, ma non con la sua conclusione. L'introduzione di una moneta nazionale, se tutto andasse bene, avrebbe solo un breve effetto. I prezzi si adeguerebbero velocemente. La competitività di un paese non dipende dalla sua valuta, piuttosto dai suoi vantaggi comparati: che cosa sanno fare meglio degli altri? Questo dipende dalla sua struttura produttiva e dalla sua forza innovativa. Se le cose non dovessero funzionare, un paese povero del sud-Europa, con una valuta debole, non potrebbe permettersi investimenti per creare una nuova struttura produttiva. Il governo cercherebbe la sua salvezza nell'inflazione, alle porte d'Europa ci sarebbe un kaos valutario. Come tutto questo potrebbe portare paesi come la Grecia ad una maggiore competitività, non lo capisco proprio.

Lucke: Esatto, una svalutazione crea solo un sollievo temporale. Ma puo' essere utilizzata per fare le riforme strutturali. In caso contrario, gli stati dovranno poi deprezzare ulteriormente le loro valute.

Snower: Questo li farà andare indietro.

Lucke: Niente affatto, li farà andare solo avanti. Alcuni paesi trovavano molto conveniente svalutare ogni tanto. Ma lei ha naturalmente ragione: senza riforme strutturali non si va da nessuna parte. Ma l'aggiustamento preteso dal sud Europa è ovviamente troppo grande. Perché non dovremmo tornare alla situazione che ha preceduto l'introduzione dell'Euro? Il kaos valutario, da lei evocato, Herr Snower, io non lo vedo affatto. Che cosa ci sarebbe di cosi' caotico nell'avere piu' valute? Prima dell'Euro c'era lo SME. I tassi di cambio fissati venivano adeguati di tanto in tanto. Ha funzionato bene. Se la Grecia potesse svalutare, avrebbe ancora una possibilità.

FAZ: Ha degli esempi?

Lucke: Nel 2001 la Turchia si trovava in una pessima situazione, simile a quella della Grecia di oggi: altamente indebitata e prossima alla bancarotta. Allora dicevamo in maniera arrogante: la Tuchia non è pronta per l'EU. Ma cosa è successo? La Turchia ha risolto il suo problema debitorio, è entrata in nuovi settori economici e al momento sta vivendo un boom con la sua moneta flessibile. Perché la Grecia non dovrebbe andare nella stessa direzione?

Snower: Che la crescita della Turchia sia da ricondurre ad una valuta flessibile, per me è una novità! Il paese ha semplicemente fatto delle buone politiche economiche, ha rafforzato lo stato di diritto e migliorato l'educazione.

Lucke: Nell'ambito dello stato di diritto e dell'istruzione la Grecia puo' già competere con la Turchia. La differenza è una valuta propria. La differenza è anche nel fatto che la Turchia ha ormai abbandonato la speranza di entrare nell'EU e di ricevere i suoi fondi. Per questo ha ripreso il  destino nelle proprie mani. Anche la Grecia dovrebbe fare lo stesso - con una propria valuta e senza un trasferimento di denaro permanente.

Snower: Arriviamo al punto. Considero il meccanismo per lo scioglimento dell'Euro da lei sostenuto alquanto pericoloso. Lei vorrebbe di fatto costringere i paesi del sud ad abbandonare l'Euro. E questa sarebbe la conseguenza, se la Germania non prendesse piu' parte ai fondi europei di salvataggio. Il risentimento nei confronti dei tedeschi nel sud-Europa è già abbastanza forte. Frau Merkel è raffigurata con uniformi naziste. Ma un'uscita forzata sarebbe uno scenario da orrore sociale, a causa del divario crescente fra paesi ricchi e paesi poveri. In secondo luogo, avremmo una divisione interna, fra coloro che hanno gli Euro, e coloro che invece avrebbero solamente Drachma.

Lucke: Non stiamo parlando di buttare fuori qualcuno. Voglio solo tornare al testo e allo spirito dei trattati europei. E li' si trova ancora oggi scritto: nessuna garanzia per i debiti degli altri paesi. Se i greci vogliono restare nell'Euro in queste condizioni, bene. Ma la mia previsione è: in queste condizioni i greci vorranno tornare immediatamente alla loro valuta.

Snower: Lei mi deve spiegare come facciamo a dire ai greci che la Germania non garantirà per un'insolvenza dello stato, se poi siamo stati noi, con il nostro no ad ulteriori finanziamenti, a causarla. Ogni greco dirà: i tedeschi ci hanno sbattuto fuori.

Lucke: Il solo responsabile per la bancarotta è il governo greco. Il governo tedesco è  responsabile per aver trascinato cosi' a lungo la bancarotta. E' ora di attenersi a quanto deciso: col primo pacchetto di salvataggio abbiamo garantito un sostegno per soli tre anni. Questi 3 anni sono passati. Dopo ci sono stati altri 2 pacchetti di salvataggio senza poter vedere progressi decisivi. La Grecia non ha rispettato gli aggiustamenti strutturali promessi. Percio' è legittimo dire: adesso ci atteniamo agli accordi. Chiunque non rispetti gli obblighi, non puo' contare su ulteriori concessioni.

Snower: In Europa si raccontano due storie. La storia degli stati creditori è questa: gli stati irresponsabili dell'Europa mediterranea ci rubano i nostri risparmi. I paesi debitori raccontano: l'Europa ha una nuova potenza egemone, la Germania. E la Germania impone la disgregazione sociale dei paesi del sud. Se la Germania imponesse un'uscita dei paesi del sud, in Europa si scatenerebbe l'inferno. Come poi in Europa si possa tornare a vivere in armonia, non mi è chiaro.

Herr Lucke, si aspetta una pacificazione dell'Europa?

Lucke: Certo. Ci sarà una piccola ondata di risentimento, ma passerà. L'accusa di egemonia dice: voi tedeschi volete imporre ai paesi debitori la visione tedesca. E cio' fa arrabbiare. E' arrivato il momento di fermarsi. Senza i pacchetti di salvataggio, non ci sarebbero piu' le condizioni di austerità dettate dalle potenze straniere. Ognuno deve poter essere felice a modo suo. Se l'etica del lavoro di questi paesi non corrisponde a quella tedesca, è bene che le persone in questi possano lavorare come meglio preferiscono.

FAZ: Pensa che l'etica del lavoro nel sud-Europa sia diversa?

Lucke: Si', certamente. Ma lasciamoli vivere nel modo in cui preferiscono. Se le persone in questi paesi vogliono lavorare meno, in maniera piu' rilassata e avere un benessere inferiore, prego. Perseguire la propria felicità è un diritto di ogni popolo. Se noi tedeschi vogliamo rispettare gli altri paesi, dovremmo permettere loro di vivere come preferiscono.

Snower: Sarebbe bello se potesse essere vista in questo modo. La storia che sento raccontare nel sud-Europa dice: dovremmo diventare sudditi tedeschi. I tedeschi l'hanno sempre voluto, e ora ci stanno riuscendo. Se la Germania bloccasse i prestiti di emergenza, gli altri paesi lo considererebbero un atto di aggressione.

Lucke: Se lasciamo i paesi in pace, senza imporre loro le nostre condizioni, non cercheremo di assogettarli. Li lasciamo liberi di scegliere.

FAZ: Come funziona il suo scenario di uscita graduale dall'Euro nel dettaglio?

Lucke: Ricordi: nel 1999 quando l'Euro è stato introdotto, il D-Mark per 3 anni è rimasto come denaro contante. Nelle transazioni non in contante, si pagava già in Euro. La conversione era fatta dai computer, non la si notava nemmeno. Adesso faremmo nello stesso modo, ma nella direzione inversa. L'Euro resterebbe come denaro contante, questo significa che tutti i pagamenti in contante saranno fatti in Euro: comprare il pane, prendere un caffé. I pagamenti non in contante, ad es. stipendi, gli affitti, le fatture, e cosi' via, sarebbero gestiti con la nuova valuta. In senso stretto questa moneta sarebbe un paniere di valute, composto dall'Euro e dalla nuova Drachma, e i clienti non se ne accorgerebbero nemmeno. In ogni momento questa valuta potrebbe essere convertita in Euro, e al contrario. Per lo piu' saranno i  computer a fare i calcoli automatici. Di volta in volta la banca centrale greca svaluterebbe la Drachma o ridurrebbe la quota degli Euro nel paniere di valute. Le valute parallele garantirebbero una transizione morbida.

Snower: Non mi sembra una buona idea. Una transizione dolce è inutile, perché il solo effetto positivo di una svalutazione è in un passaggio rapido. I debiti del paese restano in Euro, ma dovrebbero essere rimborsati immediatamente in Drachma. E questo porterebbe ad un taglio del debito. Potremmo avere lo stesso risultato anche senza una valuta parallela. E poi ci sarebbe una divisione nella società: fra i salariati che ricevono solamente Drachma, e i titolari di depositi bancari che invece hanno ancora gli Euro. Inoltre, questi paesi avranno bisogno di importare beni per sviluppare una struttura produttiva, che invece non potranno piu' permettersi. E tutti finirebbero per dare la colpa alla Germania.

Lucke: Sui tempi dell'uscita dovrebbero decidere i rispettivi governi. E' anche possibile fare tutto in maniera molto rapida. Se si sceglie il percorso piu' prudente, non potranno esserci grandi disordini. Avremo un rilancio dell'economia e un piccolo aumento del debito. Lo stato avrebbe un aumento delle entrate fiscali e potrebbe in questo modo far fronte ad un aumento dei debiti. L'effetto netto sarebbe pari a zero. Ma il settore privato beneficerebbe di una svalutazione. Anche i disoccupati ne trarrebbero un grande vantaggio. Meno import corrisponde a un minore disavanzo delle partite correnti, e proprio questo era l'obiettivo.

FAZ: Quindi secondo il suo modello la Grecia potrebbe non aver bisogno di un taglio del debito?

Lucke: No, L'uscita dall'Euro aiuterebbe il settore privato a tornare competitivo. Per risolvere la crisi debitoria c'è bisogno di un taglio del debito - per la Grecia in ogni caso. Ma anche in Portogallo probabilmente non potremo fare a meno di un default ordinato. Come sappiamo da molte esperienze precedenti, subito dopo la svalutazione si verifica una forte ripresa economica.

FAZ: Herr Snower, lei come intenderebbe stabilizzare l'Euro?

Snower: Siamo ad un bivio. Diamo all'Euro ancora una chance! Per fare cio' abbiamo bisogno di istituzioni che siano vincolanti per tutti. Suggerisco la creazione di regole fiscali flessibili.

FAZ: Vale a dire?

Snower: Le regole dovranno permettere agli stati di spendere di piu' durante una recessione, ma nel lungo periodo si dovrà raggiungere un rapporto debito-PIL desiderato. Dovrebbe funzionare in maniera automatica. Se uno stato viola la regola, sarà - automaticamente - punito: l'IVA sarà aumentata automaticamente, le spese dello stato saranno automaticamente tagliate con il tosaerba. Tutto cio' affinché gli stati rispettino le regole di bilancio.

FAZ: Una tale regola automatica suona alquanto antidemocratica

Snower: Ma i popoli ne trarranno vantaggio. Oggi sono in balia del cosiddetto "deficit bias". Questo significa: nei periodi di recessione si accumulano debiti, ma in tempi buoni, quando le entrate fiscali migliorano, il denaro viene speso anziché essere restituito. Questo è il motivo per cui l'indebitamento fra i paesi OCSE cresce continuamente. Non è sostenibile. Per questo lo stato, come accade nella politica monetaria, deve essere forzato da una istituzione indipendente a scendere verso un determinato livello di debito.

Lucke: Queste regole, Herr Snower, non potranno funzionare. Chi dovrebbe controllare il loro rispetto? I politici troverebbero sempre nuovi motivi per poter violare i criteri "in via eccezionale": in una fase di sviluppo non si puo' soffocare la crescita con piu' tasse, e argomenti del genere.  Dovremmo allora trasferire il controllo a Bruxelles. Ma questo non è politicamente sostenibile. I popoli non accetterebbero mai di sacrificare la sovranità fino a questo punto. Chi vuole trasferire sovranità nazionale a Bruxelles? I popoli europei non potrebbero piu' decidere il loro stesso destino.

Snower: Al contrario. Nella situazione attuale i cittadini sono trattati come dei bambini. Tutti gli stati, anno dopo anno, aumentano le spese, e i cittadini non hanno alcuna possibilità di decidere se vorranno o meno scaricare questo peso sulle generazioni future. Le regole fiscali dovranno essere decise a livello nazionale, e monitorare da parte dell'EU.

Lucke: Lei sembra credere che tutti i popoli europei sono composti da macroeconomisti che riescono a comprendere in anticipo e con una certa lungimiranza la relazione fra crescita e debito. Ma la gente comune non riesce a comprendere a pieno le regole fiscali. I governi cercheranno di vendere ai loro cittadini degli scenari ottimisti per poter promettere loro dei benefici sociali. E allora ci troveremmo nel solito dilemma del debito, come oggi. 

Snower: Andrebbe ancora peggio se lasciassimo queste decisioni in mano ai politici miopi. Non sottovaluti i cittadini, Herr Lucke. Il popolo sa bene che i debiti non possono crescere piu' rapidamente del PIL. Lo hanno imparato dalla gestione del loro bilancio familiare.

FAZ: Cosa succede quando un paese non si attiene alle regole e non puo' ripagare il debito?

Snower: Un paese diventa insolvente, e ci sarà un taglio del debito all'interno dell'Euro. Fino ad ora sono mancati criteri di solvibilità

Lucke: Herr Snower, lei sa che in tutta la letteratura scientifica non esistono criteri utilizzabili per definire la solvibilità di uno stato.

FAZ: Che cosa significa concretamente?

Snower: Io credo la Grecia abbia bisogno di un nuovo taglio del debito. Ma gli altri paesi, secondo il mio modello, ce la faranno a rimborsare il debito.

FAZ: Chi controllerà che i governi, abusando di uno stato di emergenza permanente non infrangano costantemente le regole?

Snower: Le regole saranno implementate da un istituto indipendente, composto da persone noiose come il sottoscritto, che avranno il compito di misurare il ciclo economico su cui la politica fiscale anticiclica dovrà adattarsi.

Lucke: E' destinato a fallire. Non ho fiducia in certi organi indipendenti, ma che in realtà sono dipendenti dalla politica. La sola cosa che puo' avere effetto sulla politica è la disciplina dei mercati e dei tassi di interesse. Io non credo che i paesi ridurranno i debiti durante una fase di espansione. Pensi alla Grecia: dal 2001 al 2007 ha avuto un periodo di boom, ma si è indebitata ancora di piu'.

FAZ: Gli altri paesi membri saranno obbligati a fornire un aiuto finanziario?

Snower: No, no. La regola di no bail-out dovrà essere ripristinata. Anche seconde me l'Europa non deve essere una comunità fondata sulla messa in comune dei debiti; l'ESM non dovrà piu' fornire denaro agli stati. Al massimo, per un periodo transitorio di cinque anni, posso ipotizzare un fondo per la compensazione degli interessi - un trasferimento limitato verso gli altri paesi - fino a quando il mercato dei capitali non si sarà aggiustato sulle regole fiscali in vigore.

Lucke: Con un fondo per la compensazione degli interessi di fatto sta già rinunciando alla disciplina dei mercati. In questo modo renderemo possibile un maggiore indebitamento. Penso che sia molto positivo il fatto che anche lei sia contro l'ESM, la messa in comune del debito e i bail-out. Ma un fondo per la perequazione degli interessi non è altro che una forma di bail-out. Di fatto sono trasferimenti, e quando i 5 anni saranno terminati, si comincerà a strillare di nuovo - per averne ancora.

FAZ: Cari signori, entrambi volete un'alternativa per la Germania, ma sulle questioni importanti avete un punto di vista completamente diverso. Lei, Herr Lucke, si batte per un'uscita dall'Euro, in quanto leader del partito da lei fondato. Che cosa pensa, Herr Snower, di un accademico che diventa politico?

Snower: Non credo che gli accademici debbano restare fuori dalla politica. Dovremmo tuttavia distinguere fra conoscenza accademica e obiettivi sociali. Si tratta di due prospettive molto diverse.

FAZ: Se Herr Lucke dovesse avere successo, secondo lei andremo verso un disastro?

Snower: Si'. Mi sembra la storia di quello che ha costruito una casa di paglia e legno. E' chiaro che c'è un pericolo di incendio. Allora qualcuno se ne esce con l'idea di bruciare la casa preventivamente per poi ricostruirla. Un altro, invece, e sarei io, dice: è possibile rendere l'edificio a prova di fuoco. Temo disordini sociali, se dovessimo sciogliere l'Euro.

Lucke: Non si dovrebbero costruire case facilmente incendiabili - e possibilmente non bisognerebbe abitarci. Ma l'immagine è sbagliata, perché nessuno vuole bruciare. Vedo l'Europa come un'escursionista in montagna, che cammina su di un terreno molto scivoloso. La strada si restringe, è difficile da distinguere e conduce verso una precipizio. E' il momento di invertire la rotta, tornare all'ultimo bivio, e prendere una strada migliore.

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