mercoledì 19 aprile 2017

Vite da Hartz IV

Come vivono gli Hartz IV? Hartz IV è davvero un sistema vessatorio da cui non si riesce ad uscire. Secondo la Süddeutsche Zeitung non è sempre cosi'. Il giornale di Monaco ha chiesto a 3 Hartz IV di raccontare che cosa significa per loro vivere con l'aiuto dello stato e dei Jobcenter. Dalla  Süddeutsche Zeitung


Dietmar Kienle, 44, Monaco

Sono stato disoccupato per un lungo periodo, lo ero già nel 2000 quando mi sono trasferito a Monaco. Ho solo un diploma di scuola professionale (Hauptschule), l'apprendistato da muratore non sono riuscito a terminarlo. Anche con una certificazione nella logistica di magazzino non sono riuscito ad ottenere molto. 120 candidature, ma non è successo nulla.

Per diversi anni sono rimasto a galla con lavori giornalieri e precari. Stuccatore, imbianchino, muratore. Lavori faticosi, ma mai nulla di stabile. Poi le mie ginocchia non ce l'hanno piu' fatta. Con l'operazione mi hanno raddrizzato il piede, ma non mi è stato piu' possibile fare del lavoro fisico. I soldi sono diventati ancora meno.

In ogni città è difficile vivere con Hartz IV. Ma in una città come Monaco e quando come nel mio caso sei alle prese con una dipendenza da alcol, ancora di piu'. Nel 2014 l'impiegato del Jobcenter a cui ero stato assegnato mi ha procurato un "lavoro a un Euro" (Ein-Euro-Job, misura del centro per l'impiego per far rientrare i disoccupati nel mondo del lavoro, retribuzione fra 1 e max 2,5 € lordi l'ora) all'assistenza tecnica per le biciclette presso la Dynamo. Si tratta di un'associazione che sostiene le persone bisognose.

Mi è sempre piaciuto avvitare e svitare. Si dice sempre, una bicicletta è solo una bicicletta, ma non è vero. Le riparazioni spesso sono difficili. Grazie ad un programma del Jobcenter avrò un impiego stabile per i prossimi 2 anni. Poi vedremo. Il mio obiettivo è un lavoro vero, cioè indeterminato.

Anche al responsabile della mia pratica al Jobcenter farebbe molto piacere. Alle persone che si lamentano di continuo posso solo dire: mi sono sempre sentito in buone mani. Non mi hanno mai deluso.

Peter Tonau, 27, Riesa

Il mio avvocato mi ha sconsigliato di usare qui il mio vero nome. Mi ha detto: se il mio nome finisce su Internet posso peggiorare le chance di trovare un lavoro. Nel 2006 ho iniziato un apprendistato come conduttore di macchine  e impianti. Non era mai stato il lavoro dei miei sogni. Avrei preferito la polizia, ma ho l'asma. Dopo l'apprendistato sono stato preso da un'azienda che costruisce radiatori. Andavo d'accordo con i colleghi.

Penso sia piu' importante essere circondato da persone per bene che guadagnare 2500 € al mese. Nel 2010 l'azienda si è trasferita nella Repubblica Ceca. Da allora per me ci sono stati solo lavori temporanei: ogni 2 giorni nuove persone, nuovo lavoro, 7 € lordi l'ora.

E poi a causa della presunta mancanza di ordini si viene licenziati. Così ogni volta si torna al Jobcenter, e ogni volta ti assegnano a una delle loro misure. La prima è stata in una cooperativa sociale. Dal punto di vista lavorativo non mi ha portato nulla, ma mi ha fatto piacere andarci. Poi mi hanno spedito come lavoratore qualificato in un laboratorio per giovani. Invece di fare qualcosa di artigianale, dovevamo giocare a Monopoli.

Un'altra volta invece sono andato con la mia auto e come prima cosa mi hanno chiesto come mi fosse venuto in mente di guidare senza patente. Poi ho capito: si trattava di una misura per gli alcolisti. In una sala fredda c'erano persone anziane che continuavano a limare pezzi di legno. Quando ho chiesto di cosa si trattava, non ho ricevuto nessuna risposta. Me ne sono quindi andato e il Jobcenter mi ha tagliato del 30% il sussidio. Solo quando mi sono lamentato me li hanno ridati indietro.

Non fraintendete: Hartz IV non è del tutto sbagliato. E' giusto candidarsi ed è anche giusto doverlo provare. Ma queste misure insensate sono una presa in giro.

Wieland Kerschner, 61, Hamburg

Di formazione sono un commerciante di sanitari, ma in quell'ambito non sono mai riuscito a lavorare. Ho anche studiato legge, ma poi non ho passato gli esami. Sono stato disoccupato per 15 anni, di questi pero' solo 4 veramente. Il resto l'ho trascorso nei posti di lavoro ad un Euro (Ein-Euro-Job), ho sempre fatto in modo che questi lavori avessero anche un senso. Non ci si puo' certo aspettare che qualcosa di buono accada da sé.

Ho messo a posto libri nella facoltà di diritto, corretto cataloghi. All'erbario ho inserito piante nella rete dei dati. Tutti lavori che mi sono anche piaciuti. Senza questi lavori non avrei avuto alcuna prospettiva. Ora lavoro nella libreria antiquaria nel Rathauspassage di Amburgo. Lì assumono da sempre anche i disoccupati di lunga durata.

Per il momento ho un contratto di lavoro da 25 ore. Anche perché l'ho sempre segnalato: non ho intenzione di fare volontariato. E' una cosa che si possono permettere solo le persone con ricche.

Oltre a questo continuo a lavorare per la SPD. Sono un militante da 30 anni. Sull'Agenda 2010 ho un opinione contrastata. Penso che avesse senso combinare le prestazioni di disoccupazione e l'assistenza sociale. E' stato giusto anche obbligare le persone a dichiarare la loro ricchezza. Se voglio avere i soldi dallo stato, allora devo giocare a carte scoperte.

Il problema è che i Jobcenter invece di mediare si occupano dell'amministrazione. Nei diversi uffici non lavorano degli headhunter ma degli assistenti sociali. Non hanno nessun contatto con le imprese, e la maggior parte delle imprese non prende sul serio le misure di formazione professionale. Ne ho frequentata una su SAP, perché volevo lavorare da Airbus. Fra le 30 persone che hanno frequentato il corso, per quanto io ne sappia, nessuno ha ottenuto un lavoro in cui gli è stato utile quello che ha imparato al corso.

venerdì 14 aprile 2017

Hans Werner Sinn: 4 riforme indispensabili per far funzionare l'UE

Hans Werner Sinn torna a parlare delle 4 riforme necessarie per far funzionare l'UE, ovviamente dal punto di vista tedesco: meno welfare per gli immigrati, uscita temporanea dall'Euro, default sul debito pubblico e rimborso annuale dei saldi Target da farsi con l'oro. Da WirtschaftsWoche

Hans werner sinn

Se vogliamo che l'UE sopravviva, dobbiamo fare le riforme necessarie. Soprattutto per l'Euro abbiamo bisogno di nuove regole. Chi non le rispetta, in caso di dubbio, dovrà uscire. Anche il fallimento degli stati non deve essere piu' un tabù.

Nessun dubbio: il Trattato di Roma firmato il 25 marzo 1957 ha garantito all'Europa decenni di pace e prosperità. La politica in seguito si è fatta arrogante: con il Trattato di Maastricht (1992) e il Trattato di Lisbona (2007), piu' concretamente con l'Euro, con le regole per la libera circolazione e l'integrazione sociale, con i sistemi di redistribuzione e la garanzia comune sui debiti e con i rischi connessi di un abuso. E' emerso uno squilibrio che puo' distruggere l'UE. L'uscita dall'UE dei britannici e la deindustrializzazione del sud-Europa sono le conseguenze tangibili di questa avventatezza. Per stabilizzare l'unione è necessaria una modifica urgente dei trattati. Si tratta prima di tutto di fare  4 riforme chiave:

Primo: impedire l'immigrazione nei sistemi sociali

Libertà di movimento, stato sociale e inclusione dei migranti nel welfare formano un trilemma indissolubile. Lo stato sociale ha un effetto magnetico, in grado di distruggerlo, se la politica non limita la libertà di movimento delle persone oppure i diritti di inclusione. E questo sarebbe il male minore. Sarebbe quindi ragionevole distinguere fra le prestazioni sociali acquisite, che devono essere erogate dai paesi ospitanti, e le prestazioni sociali ereditate, per le quali sono responsabili i relativi paesi di origine UE. Fra le prestazioni acquisite ci sarebbero le indennità di disoccupazione e l'erogazione di una pensione. Le prestazioni sociali finanziate con il denaro dei contribuenti, come ad esempio le indennità sociali, l'assistenza sociale oppure gli assegni familiari, sarebbero al contrario prestazioni ereditate. Questa separazione impedirebbe la fuga dei migranti verso i paesi con un sistema assistenziale piu' sviluppato, garantirebbe l'assistenza dei piu' bisognosi e manterrebbe la libertà di movimento delle persone.

Secondo: permettere un'uscita temporanea dall'Euro!

Alcuni paesi dell'unione monetaria hanno chiaramente dei problemi con l'Euro, proprio perché non possono piu' svalutare. Ormai sono afflitti da anni da una disoccupazione di massa e dalla crisi cronica delle loro industrie. A questi paesi dovrebbe essere consentita la possibilità di uscire in maniera ordinata dall'Euro con annessa svalutazione - collegata al diritto, dopo un adeguato risanamento dell'economia, di rientrare nell'unione monetaria.

Terzo: creare un quadro normativo per la gestione dei default pubblici

Gli acquirenti dei titoli di stato non devono poter fare affidamento sul fatto che in caso di crisi saranno i contribuenti degli altri paesi a dover intervenire. Si tratta fondamentalmente di una implicazione naturale della clausola di No-Bail-Out prevista dai trattati europei, clausola che esclude la garanzia pubblica degli altri stati per la cattiva gestione delle finanze in un altro paese. Con un tale quadro normativo gli investitori avrebbero concesso molto meno credito ai paesi oggi in crisi. I loro tassi di interesse sarebbero stati molto piu' alti, e le bolle creditizie e inflattive, che dopo la loro esplosione nel 2008 hanno lasciato dietro di sé delle economie inflazionate e non competitive, non ci sarebbero mai state. Il secondo e il terzo punto sono fra loro collegati, nella misura in cui il fallimento degli stati richiede necessariamente un'uscita dall'Euro per poter recuperare la competitività perduta con la svalutazione.

Quarto: rimborsare i saldi Target annualmente

I saldi Target all'interno dell'Eurosistema continuano a crescere. I crediti della sola Bundesbank, accreditati agli altri paesi europei senza alcuna garanzia, ammontano a circa 814 miliardi di Euro netti. Vale a dire circa la metà della posizione patrimoniale  netta tedesca sull'estero. I saldi Target hanno finanziato e finanziano i precedenti e gli attuali deficit delle partite correnti dei diversi paesi europei. Hanno trasformato la Germania nel "negozio della cuccagna", un negozio dove si puo' tranquillamente comprare e segnare tutto sul conto, senza dover mai pagare la fattura al proprietario. Attualmente i paesi debitori hanno addirittura imposto che il tasso di interesse sui saldi Target sia pari a zero. I tedeschi non sono ancora insorti contro questo stato di cose perché ancora non hanno percepito la perdita in conto capitale; e questo accadrà solo quando vorranno tornare in possesso del loro denaro.

Si tratta di una bomba a orologeria che deve essere disinnescata al piu' presto. Il sistema dei trasferimenti sovietico, fondato sul Rublo, a suo tempo è crollato proprio per questa ragione: mancava un meccanismo per il rimborso e un limite ai trasferimenti. Per riformare l'Eurosistema ci si dovrebbe ispirare al funzionamento dei 12 distretti della FED americana e creare un meccanismo che preveda un rimborso annuale dei saldi Target. Questa compensazione potrebbe essere fatta ad esempio con l'oro - come accadeva fino al 1975 negli Stati Uniti.

martedì 11 aprile 2017

Una questione di interesse nazionale

Breve ma interessante articolo di German Foreign Policy per riepilogare il punto di vista delle élite tedesche sul progetto europeo: l'UE è la base del successo economico e politico della Germania nel mondo ed è quindi fondamentale per gli interessi nazionali tedeschi. Da German Foreign Policy


L'UE come base per l'export

L'establishment tedesco cerca di serrare i ranghi e rafforza la sua propaganda pro-UE verso l'interno. Lunedi scorso, ad esempio, il capo esecutivo della Bundesverbandes der Deutschen Industrie (BDI, la Confindustria tedesca), Joachim Lang, ha voluto ribadire i benefici dell'UE per l'industria tedesca. Non solo "circa il 40% di tutti i nostri investimenti diretti" sono realizzati all'interno dell'UE; ma anche "quasi il 60% delle nostre esportazioni...vanno nella stessa area". Di fatto l'UE è una base strategicamente molto utile per la crescita dell'economia tedesca legata all'export. "La catena del valore delle nostre imprese si sviluppa attraverso i confini europei senza soluzione di continuità", ricorda Lang; le aziende possono dislocare i loro siti produttivi in tutta l'UE massimizzando i profitti. [2] E' perfettamente normale che "un auto made in Germany abbia molti componenti provenienti dalla Francia, dalla Polonia o dalla Repubblica Ceca", ha proseguito il funzionario di vertice della BDI: "in totale circa tre quarti di tutte le importazione di beni intermedi dei paesi UE arrivano da altri paesi UE. In nessun'altra regione del mondo questa quota interregionale è cosi' alta".

Il paese vincitore

Di recente anche il Ministro degli Esteri Sigmar Gabriel ha voluto sottolineare i benefici dell'UE per l'economia tedesca e in particolare la grande importanza del contributo tedesco al bilancio UE. In verità "la Germania non è un contribuente netto europeo, ma un paese che dall'UE ottiene un guadagno netto", ha scritto Gabriel in un suo articolo per la influente Frankfurter Allgemeine Zeitung. "Certamente mettiamo nel bilancio europeo piu' denaro di quello che poi torna indietro", è scritto nell'articolo: tuttavia "si tratta solo di una piccola parte del conto". Bisogna considerare che "esportiamo circa il 60% dei nostri beni e servizi nell'UE". Cio' presuppone che questi beni siano anche venduti in quei paesi. "Milioni di posti di lavoro tedeschi dipendono dal fatto che negli altri paesi europei ci sono persone che stanno bene e che possono permettersi i nostri beni". Gabriel ha spiegato in questo modo l'utilità del contributo tedesco all'UE: "ogni euro che Berlino mette a disposizione del bilancio UE, in maniera diretta o indiretta, torna indietro moltiplicato". [3]

Modellare l'ordine mondiale

L'Ue per la Germania è una "questione di interesse nazionale", è invece scritto in un documento recentemente pubblicato dalla sede berlinese dello European Council on Foreign Relations (ECFR): "l'economia tedesca e il modello politico tedesco traggono un enorme vantaggio dall'UE, e Berlino grazie all'UE ritiene di poter meglio contribuire alla creazione di un nuovo ordine mondiale coerente con gli interessi tedeschi ed europei" [4].

Coalizioni contrarie

Per poter imporre al meglio i suoi interessi all'interno delle strutture europee, parallelamente alla promozione dell'integrazione fra gli stati europei, Berlino cerca di minare la creazione di ogni possibile coalizione che possa contrastare l'egemonia tedesca. Una di queste è il vertice dei paesi sud-europei, che si è già tenuto 2 volte - il 9 settembre ad Atene e il 28 gennaio 2017 a Lisbona - e che ha raggruppato gli oppositori della politica di austerità tedesca.[5] Per far uscire da questa coalizione gli stati piu' influenti, la Cancelliera Merkel il 6 marzo a Versailles ha tenuto un mini vertice con il presidente francese François Hollande, il primo ministro italiano Paolo Gentiloni e il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy. Con lo sguardo rivolto alle elezioni presidenziali francesi, Merkel ha recentemente ricevuto a Berlino i candidati alla presidenza francese piu' promettenti - ad eccezione del candidato euro-scettico del Fronte Nazionale (FN) Marine Le Pen. 

Buone relazioni

Lunedì scorso si è occupata anche del cosiddetto "Gruppo di Visegrad". L'alleanza che unisce Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca e Slovacchia negli ultimi tempi ha intensificato la propria collaborazione e ad esempio in materia di politica dei rifugiati ha minacciato la Germania formando un blocco contrario alle politiche tedesche. [6] Gli esperti sottolineano tuttavia che il "gruppo di Visegrad ha al proprio interno numerose crepe" - e che negli ultimi tempi soprattutto la Repubblica Ceca e la Slovacchia "hanno cercato un accordo con la Germania" [7]. Nei giorni scorsi Merkel ha ricevuto a Berlino il primo ministro della Repubblica Ceca Bohuslav Sobotka, e quello della Slovacchia, Robert Fico. Abbiamo parlato del "futuro dell'Unione Europea" e ci siamo trovati d'accordo sul fatto che il vertice di gruppo in occasione dell'anniversario del 25 marzo a Roma "sia stato un passo molto importante". "Le relazioni fra la Repubblica Ceca, la Slovacchia e la Germania sono molto buone", ha detto Merkel [8]. Le probabilità che nell'Europa dell'est si formi un blocco di opposizione a Merkel si riducono notevolmente. 


[1] Joachim Krause: Die neue Zeitenwende in den internationalen Beziehungen - Konsequenzen für deutsche und europäische Politik. Sirius 1/2017, S. 3-24.
[2] "Global Player Europäische Union". bdi.eu 03.04.2017.
[3] Sigmar Gabriel: Wir sollten mehr für Europa zahlen. Frankfurter Allgemeine Zeitung 22.03.2017.
[4] Almut Möller: What next after the Rome Declaration? www.ecfr.eu 30.03.2017.
[5], [6] S. dazu Spalte und herrsche.
[7] Kai-Olaf Lang: Differenzieren und Kooperieren. SWP-Aktuell 22, März 2017.
[8] Gute Beziehungen mit Tschechien und Slowakei. www.bundesregierung.de 03.04.2017.

sabato 8 aprile 2017

10 domande a Pulse of Europe

Tutte le domeniche nelle piazze tedesche migliaia di persone si ritrovano per manifestare a favore dell'UE in nome di Pulse of Europe. Di questo movimento non sappiamo molto, chi sono? Chi li finanzia? Quali interessi rappresentano? Qual'è l'agenda dei leader del movimento? Der Freitag pone 10 domande all'avvocato Daniel Röder, leader del movimento. Se e quando ci saranno le risposte questo blog le pubblicherà. Da Der Freitag


Il Dr. Daniel Röder non è solo il leader dell'iniziativa PULSE OF EUROPE, ma è anche un avvocato specializzato dello studio legale Greenfort di Francoforte. Una lettera aperta, con dieci domande.

Fra le specializzazioni dello studio legale Greenfort ci sono: le ristrutturazioni aziendali, i licenziamenti collettivi e i relativi piani sociali, la privatizzazione dei beni pubblici e i partenariati pubblico-privati.

Egregio Dr. Roeder,

1) Lei è il presidente di Pulse of Europe (Fonte Impressum). Oltre a lei, chi fa parte del consiglio direttivo?

2) La gestione di un'associazione probabilmente è molto costosa. Il funzionamento di un ufficio, l'aggiornamento di un sito web e l'organizzazione regolare di manifestazioni costano molto denaro. Oltre alle quote associative e alle donazioni, come si finanzia la vostra associazione? Ricevete donazioni da parte di imprese, se si', quali? Ci sono donazioni private da parte di proprietari di imprese oppure di manager? Se si', quali? A quanto ammontano le donazioni?

3) Per il raggiungimento dei vostri obiettivi collaborate con aziende private? Se si', quali e con quali costi?

4) Per poter sviluppare e formulare i vostri obiettivi, collaborate con agenzie di PR oppure con società di consulenza aziendale? Se si', con quali e a quanto ammontano i costi?

5) Qual'è la vostra posizione sul salario minimo per legge e sull'esenzione degli standard retributivi minimi tedeschi da applicare alle imprese straniere operanti in Germania nel contesto dei contratti d'opera e dei lavoratori distaccati all'estero?

6) Lei lavora come avvocato specializzato presso lo studio legale Greenfort. Fra le aree di specializzazione dello studio legale ci sono anche i tagli del personale (pianificazione e negoziazione del piano sociale e i licenziamenti collettivi di massa). Qual'è l'impatto del suo lavoro presso Greenfort sulla sua posizione in merito ai diritti dei lavoratori e sul suo ruolo in PULSE OF EUROPE?

7) Molti cittadini tedeschi ed europei rifiutano le privatizzazioni dei beni pubblici e i partenariati pubblico-privati. Lo studio legale Greenfort è specializzato nell'acquisizione e nella vendita di imprese in Germania e all'estero, nelle aste giudiziarie, nella fusione di imprese, nelle acquisizioni pubbliche e nelle privatizzazioni, nei partenariati pubblico-privati, negli appalti pubblici, nel diritto degli aiuti di stato e nel diritto relativo al commercio estero. In alcuni di questi ambiti lei è anche menzionato come persona di contatto. Qual'è l'influenza dell'area di specializzazione del suo datore di lavoro sulle attività di PULSE OF EUROPE?

8) Il suo datore di lavoro Greenfort, fra le altre cose, è stato consulente nell'acquisizione dell'aeroporto di Frankfurt Hahn da parte di investitori cinesi. Lo studio legale di cui lei fa parte, a quali altre privatizzazioni di beni pubblici in Germania ha partecipato?

9) Lo studio Greenfort a quali privatizzazioni di proprietà pubbliche all'estero ha partecipato? In quali paesi? Greenfort è stata coinvolta nella privatizzazione di beni pubblici in Grecia?

10) Molte persone in Europa e in Germania si oppongono ai trattati di libero scambio come il TTIP e il CETA (con il Canada). Temono la perdita di potere da parte dei parlamenti nazionali e la soppressione della democrazia a favore degli interessi delle imprese e dell'economa nell'ambito della creazione di una magistratura privata parallela. Sul sito di PULSE OF EUROPE non trovo nessuna presa di posizione sul TTIP e sul CETA. Qual'è la posizione di PULSE OF EUROPE e dei suoi dirigenti su questi temi?

La ringrazio in anticipo.

Mit freundlichen Grüßen 
Martin Betzwieser
Frankfurt am Main

domenica 2 aprile 2017

I consigli di Oskar Lafontaine per la SPD e per Schulz

A quasi venti anni dalle dimissioni dal governo Schroeder, sulla stampa tedesca continua il botta e risposta fra Oskar Lafontaine e l'ex/Cancelliere. Schroeder attacca: fino a quando sarà la famiglia Lafontaine a dettare la linea della Linke è improbabile un'alleanza di governo con la SPD. Lafontaine risponde: la SPD e Schulz devono cambiare radicalmente la loro politica. Da Welt am Sonntag


L'obiettivo iniziale dei partiti operai europei era il superamento del capitalismo. Il rifiuto fondamentale di questo sistema aveva portato il francese Jean Jaurès a dire: "il capitalismo porta in sé la guerra, come le nubi portano la pioggia". Da molto tempo ormai i partiti socialdemocratici hanno abbandonato questo obiettivo. Vogliono domare il capitalismo, dicono di voler controllare le forze economiche.

Di questo dilemma ha recentemente scritto la Süddeutsche Zeitung: "come si comporta un movimento politico che ormai da tempo non sostiene piu' il superamento del capitalismo, ma il suo addomesticamento, di fronte all'evidenza che questo sistema economico ogni volta si dimostra limitatamente addomesticabile?"

"Limitatamente addomesticabile" è tuttavia alquanto riduttivo. In verità è il capitalismo a domare i suoi politici. La famosa frase di Danton nel dramma di Georg Büchners: "Lo so bene - la rivoluzione è come Saturno, uccide i propri figli", si applica in senso figurato e in una forma diversa anche al capitalismo: mangia i propri figli.

Dopo la seconda guerra mondiale la scuola di Friburgo di Walter Wucken aveva riconosciuto il dilemma del capitalismo. A differenza della socialdemocrazia del dopoguerra non credeva nella possibilità di un controllo democratico delle forze economiche. Gli economisti di Friburgo ritenevano invece che il potere economico, una volta formatosi e cresciuto, non puo' piu' essere controllabile.

In occasione dell'inizio del secondo mandato presidenziale di George W. Bush, lo storico Fritz Stern aveva avvertito che gli Stati Uniti si stavano avvicinando "ad una plutocrazia di stampo cristiano-fondamentalista". E' probabile che ci troveremo di fronte ad un nuovo tipo di autoritarismo. 

Trump, al contrario di Bush, sicuramente non fa piu' pregare il suo governo, mentre Putin, anche se in maniera solo dimostrativa, prende parte ad una messa in una chiesa ortodossa, tuttavia le nuove forme di autoritarismo previste da Fritz Stern si stanno diffondendo in tutto il mondo. 

Con una sola frase Papa Francesco è riuscito a riportare l'attenzione sul militarismo intrinseco al capitalismo, causa principale del terrorismo e della crisi dei migranti: "questa economia uccide".

Ma anche i politici americani confermano il rischio di guerra collegato al capitalismo. Il candidato democratico alla presidenza americana John F. Kerry il 24 febbraio del 2004 affermava: "quando sarò presidente faro' ogni sforzo per sviluppare carburanti alternativi per le auto del futuro, in modo che questo paese nel giro di 10 anni possa diventare indipendente dal petrolio del Medio Oriente e i nostri figli e le nostre figlie non dovranno piu' morire per questo petrolio".

I figli e le figlie dell'America continuano a morire nelle guerre per il petrolio. In Medio Oriente, a causa di queste guerre, hanno perso la vita oltre un milione e mezzo di persone.

La SPD deve avere piu' coraggio in politica estera

Sebbene Martin Schulz fra i socialdemocratici venga festeggiato come un Papa, probabilmente non ci si sbaglia di molto nel pensare che il punto di vista del Papa, "questa economia uccide", gli sia completamente estraneo. Proprio come la Cancelliera cristiano-democratica, che al contrario dell'allora Cancelliere social-democratico Schröder, nel suo ruolo di segretario della CDU appoggiava la guerra in Irak di George W. Bush.

Ma la SPD dovrà inevitabilmente riallacciarsi alla Ostpolitik di Willy Brandt e alla sua politica di buon vicinato, se veramente vuole continuare a credere nella sua missione: affrontare e domare le forze distruttive del capitalismo.

Se anche il grande maestro della politica estera americana George Kennan considera l'accerchiamento della Russia, portato avanti dagli Stati Uniti, come "il piu' grande errore della politica americana nel dopoguerra", allora la SPD dovrebbe avere il coraggio di schierarsi contro una politica che mette in pericolo la pace.

Willy Brandt si rivolterebbe nella tomba se sapesse che anche con il voto della SPD sono state inviate delle truppe tedesche al confine con la Russia, e se sapesse che la sua eredità politica, e cioè che in Europa ci puo' essere pace solo con la Russia e non contro la Russia, non viene piu' osservata nemmeno dai socialdemocratici.

Nazionalismo dell'export invece di buon vicinato

La politica europea del buon vicinato portata avanti da Brandt, Schmidt fino a Helmut Kohl, con il consenso della socialdemocrazia tedesca, è stata sacrificata in nome di uno spietato nazionalismo dell'export tedesco.

Sebbene i popoli europei continuino ad allontanarsi fra di loro e la supremazia economica tedesca sia sempre piu' un problema, Schulz e i socialdemocratici tedeschi appoggiano i diktat di Merkel e Schäuble sui tagli al welfare e sono corresponsabili del fatto che, soprattutto nel sud Europa, i giovani non hanno piu' un futuro.

Una politica di buon vicinato in Europa ha bisogno di un nuovo ordine economico e valutario, che possa dare a tutti i paese europei la possibilità di uno sviluppo economico sostenibile.

Accanto ad una nuova Ostpolitik, fondata sulla pace e la distensione, secondo la tradizione di Willy Brandt, ed una politica europea che possa superare il nazionalismo dell'export tedesco e si ricolleghi allo spirito dei padri fondatori dell'Europa, se vuole ancora avere una chance, la socialdemocrazia tedesca dovrà modificare radicalmente la sua politica sociale. Il suo obiettivo originario era quello di "difendere lo stato sociale ed estenderlo", non quello di distruggerlo e smantellarlo.

L'Agenda 2010 non nasceva dal programma socialdemocratico, era piuttosto l'acquisizione delle posizioni delle associazioni dei datori di lavoro da parte di un Cancelliere socialdemocratico.

La Frankfurter Allgemeine Zeitung ha definito l'Agenda 2010 "la piu grande riduzione dei diritti sociali dalla seconda guerra mondiale". Cio' non ha pero' impedito a Schulz di dire, nel primo discorso al Congresso della SPD, che  Gerhard Schröder "ha riformato la Germania in modo che tutti noi oggi possiamo trarne beneficio".

Con quel "tutti noi" Schulz fa lo stesso grave errore di Angela Merkel, che ogni volta ripete: "la Germania sta bene". Se per milioni di lavoratori è programmata una vecchiaia in povertà, se in Austria il pensionato medio riceve 800 € al mese in piu' che in Germania e se il 40% dei tedeschi oggi ha un reddito familiare inferiore rispetto a quello del 1999, come riportato dal DIW, allora frasi come "tutti noi oggi possiamo trarne beneficio", oppure "la Germania sta bene" sono solo una presa in giro.

Fino a quando la SPD non tornerà ad una politica sociale e fiscale in grado di arrestare la crescita della disuguaglianza e capace di redistribuire la ricchezza in maniera più equa, un cambio alla Cancelleria sarebbe solo un cambio di volti.

Per poter migliorare le condizioni di vita di milioni di persone, il sistema pensionistico tedesco dovrebbe essere rifondato. La riforma delle pensioni è stata solo una frode e la pensione aziendale integrativa, in cui non vengono nemmeno garantiti gli importi versati, è una truffa ancora piu' grande.

Cambiate la legge e alzate la mano al Bundestag

Quando poco tempo fa all'aeroporto un deputato socialdemocratico, dopo aver concordato con la mia analisi, mi ha chiesto: "ma allora cosa dobbiamo fare?" io gli ho risposto: "copiate la legge austriaca e alzate la mano al Bundestag. Non dovrebbe essere troppo difficile".

Altrettanto importante sarebbe realizzare la richiesta che l'ex presidente AfA Ottmar Schreiner prima della sua scomparsa prematura aveva sempre portato avanti: rimuovere la clausola  di ragionevolezza dalla legge Hartz IV e ripristinare quella vigente fino ad allora. Oggi un disoccupato che non vuole vedersi ridotto il sussidio Hartz IV deve accettare qualsiasi lavoro, indipendentemente dalle sue qualificazioni e dal salario.

Questa clausola devastante non solo ha portato ad una continua espansione del cosiddetto settore a basso salario nell'economia tedesca, ma ha messo in moto una politica di dumping salariale, con i conseguenti danni per i nostri vicini europei, interrompendo la politica di buon vicinato.

L'avvertimento di Willy Brandt vale ancora oggi: "riflettete sulle vostre forze e assicuratevi che ogni volta possiate essere all'altezza delle vostre risposte, se volete fare del bene". Se l'obiettivo è fare del bene, allora il compito imprescindibile della SPD sarà quello di migliorare le condizioni di vita di quella metà della popolazione tedesca che a causa delle riforme dell'Agenda 2010 ha sofferto duramente.

sabato 1 aprile 2017

Schäuble: no al pozzo senza fondo!

Breve ma interessante intervista a Wolfgang Schäuble. Il Ministro delle Finanze tedesco risponde all'apertura fatta recentemente da Sigmar Gabriel (SPD) in favore di maggiori trasferimenti verso i paesi del sud: no ad una unione di trasferimento, l'UE non ha bisogno di piu' solidarietà. Si avvicinano le elezioni politiche di settembre. Da deutschlandfunk.de


DF: Herr Schäuble secondo lei, in questo momento è in gioco il futuro dell'Unione Europea?

Schäuble: le istituzioni europee si trovano sicuramente in una situazione difficile. Ma l'idea secondo cui l'Europa deve restare unita, e che solo se resta unita avrà un futuro, soprattutto in una fase storica in cui l'America sta discutendo se vuole e può' ancora avere uno ruolo di primo piano, è un'idea ancora molto forte che alla fine riuscirà ad imporsi. Ci saranno sempre delle crisi, ma dalle crisi usciremo piu' forti. Ora abbiamo alcune sfide da affrontare, e come europei, che ci piaccia o no, dovremo occuparci di più' dei nostri vicini: del Mediterraneo, del Medio Oriente, che poi sono il nostro diretto vicinato, esattamente come l'Ucraina, si tratta di compiti molto importanti per noi europei. Nessuno, né i francesi né i tedeschi da soli, potranno farcela singolarmente. Ma insieme ce la possiamo fare.

DF: l'Europa pero' costa. Sigmar Gabriel ha proposto che la Germania versi nelle casse europee piu' di quanto ha fatto fino ad ora. Sarà così possibile aiutare i paesi più' deboli, magari con l'effetto collaterale di togliere il vento dalle ali dei partiti populisti.

Schäuble: non è una questione di soldi, si tratta piuttosto di utilizzare il denaro nella maniera corretta.

DF: forse anche una questione di soldi, se si potesse investire di piu'...

Schäuble: mi scusi, l'Europa non soffre per una mancanza di denaro e ancora meno per una mancanza di debiti. Il punto è che gli stati membri non fanno quello che dovrebbero fare e che alcuni fanno troppo affidamento sugli altri. Per questo - lo dice la Commissione, la BCE, lo ripetono sempre tutti - è importante che ogni paese prenda sul serio i propri compiti, e trovi il modo di risolvere i propri problemi. Noi non possiamo farlo per un altro paese, noi tedeschi, nemmeno per la Grecia. Devono farlo i greci da sé.

Se diciamo che si tratta di soldi, inviamo un messaggio completamente sbagliato. Si tratta invece di fare in modo che i paesi facciano i loro compiti, e nel farlo noi li aiuteremo. Noi - lei stesso lo ha detto - abbiamo assunto dei rischi enormi nei confronti della Grecia. Ma le riforme strutturali, la trasformazione dell'economia, la messa in piedi di un'amministrazione pubblica efficiente in un paese che possa essere competitivo e vantare standard moderni, è compito dei greci. Noi possiamo anche aiutare i greci a raggiungere questo obiettivo. Ma se si dice, è necessario dare piu' soldi all'Europa, il problema non lo si risolve, si fornisce solo un incentivo sbagliato. E' stato un errore molto grave.

DF: Herr Schäuble, la domanda è se si tratta solo di parole. Conosce gli argomenti di Gabriel: la Germania nei momenti difficili ha fatto le riforme e per farle ha anche aumentato il debito. Per questo motivo, secondo Gabriel, la Germania oggi si trova in una buona situazione. Perché non dovrebbero farlo anche gli altri?

Schäuble: sicuramente loro sono responsabili per l'aumento del debito. Ma non è questo il punto. Non è che manchi il debito. Devono prima fare le riforme, i problemi vengono posti nell'ordine sbagliato. E fuori da ogni dubbio che noi tedeschi, piu' forti, dobbiamo aiutare i paesi economicamente più' deboli. Del resto anche i Laender piu' forti, Bayern, Baden-Württemberg, Hessen, ad esempio, pagano di piu' di quelli piu' deboli. Ma i Laender piu' deboli devono naturalmente darsi da fare per diventare piu' forti. Non ci puo' essere un pozzo senza fondo. Per questa ragione Sigmar Gabriel ha inviato un messaggio completamente sbagliato alla Grecia. Non sta aiutando la Grecia, piuttosto porterà i leader politici greci a pensare di non dover implementare le misure necessarie su cui si sono impegnati. Questo è il pericolo.

DF: si puo' obbligare i partner o gli amici a risparmiare?

Schäuble: noi non costringiamo nessuno, diciamo, come sempre...con tutto il rispetto, che la Grecia ha assunto l'impegno volontariamente. La Grecia ha detto di voler restare nell'Euro. E questo puo' farlo solo se ha un'economia competitiva. Per farlo la Grecia deve attuare le riforme promesse. Per farlo ha bisogno di tempo e noi stiamo dando questo tempo alla Grecia. Ma se il tempo concesso non  viene utilizzato per fare le riforme, perché sono scomode, allora siamo sulla strada sbagliata. Ancora una volta: il messaggio lanciato, peraltro contrario a tutto cio' che in Europa negli ultimi anni abbiamo concordato con qualsiasi governo greco, va esattamente nella direzione sbagliata. Non si tratta di avere troppo poco debito in Europa, piuttosto del fatto che alcuni paesi non hanno potuto o voluto applicare i  cambiamenti necessari che avrebbero dovuto mettere in campo per rendere le loro economie piu' competitive e meglio connesse nella moderna economia mondiale -  aiuti sì, ma non un pozzo senza fondo.

DF: l'UE come dovrebbe spendere i suoi soldi?

Schäuble: l'Ue dovrebbe spendere le sue risorse affinché in tutti i paesi membri, grazie agli investimenti giusti, le opportunità future siano migliori di quelle attuali. Per fare questo, siamo sempre disponibili a dare all'Europa piu' risorse. Ma il denaro in Europa deve essere speso in maniera corretta. Si tratta in primo luogo di assicurarsi che il denaro sia impiegato nella maniera giusta. Se abbiamo bisogno di piu' denaro, ad esempio per la difesa comune, allora la Germania è disposta a spendere di piu'. Non è questo il punto. Il dibattito sui contribuenti netti è stato iniziato dai Ministri delle Finanze socialdemocratici. Il punto è che il denaro in Europa deve essere speso correttamente. Dobbiamo farlo soprattutto se si tratta del denaro dei contribuenti. E' questo il nostro obiettivo. E se l'Europa in occasione dei suoi 60 anni ha come obiettivo una migliore gestione dei suoi compiti, poiché sono diventati ambiziosi, allora ciascuno in Europa, l'UE come i paesi membri, dovrà impegnarsi, e per questo siamo tutti insieme.

DF: mi scusi, siamo già in campagna elettorale?

Schäuble: no, per niente. Ma mi ha dato molto fastidio il fatto che Herr Gabriel abbia inviato alla Grecia un messaggio che non aiuta i greci, e che renderà piu' difficile prendere le giuste decisioni.

DLF: vorremmo sapere qual'è il suo messaggio verso l'Isola. Per lei qual'è l'obiettivo piu' importante dei negoziati sulla Brexit?

Schäuble: in primo luogo saranno i britannici a deciderlo. Considero la loro decisione sbagliata, ma dobbiamo rispettarla. Ora dobbiamo trovare una via giusta. Se la Gran Bretagna vuole continuare ad avere accesso al mercato unico, dovrà anche assumere gli obblighi corrispondenti. Se non intende farlo, ci sarà una separazione. E' un peccato per la Gran Bretagna. Cercheremo di ridurre al minimo gli svantaggi per la Gran Bretagna. Ma è chiaro: il resto dell'Europa non deve farsi contagiare. Non ci puo' essere una scelta: chi prende i vantaggi dell'integrazione del mercato comune europeo, deve naturalmente anche accettarne gli obblighi, come ad esempio la libertà di viaggiare e le garanzie previste dal mercato unico. Non potrà esserci l'uno senza l'altro.

DF: che cosa significa questo per l'atmosfera dei negoziati? Bastone o carota?

Schäuble: i negoziati saranno equi tenendo in considerazione gli interessi divergenti. Ma io non ho il minimo dubbio: Michel Barnier, che con il suo team ha ricevuto l'incarico per la gestione delle trattative dalla Commissione e dal Consiglio dei Ministri è ben preparato. Ne ho già parlato con lui piu' volte. I britannici sono dei negoziatori difficili, ma anche molto intelligenti. Si troveranno davanti una controparte onesta, dei partner negoziali che sapranno difendere gli interessi europei con la stessa energia con cui i britannici cercheranno di difendere i loro.

DF: Ministro Wolfgang Schäuble (CDU), molte grazie per l'intervista, e a risentirsi.

Schäuble: Bitte, gerne! Auf Wiederhören.

mercoledì 29 marzo 2017

La campagna per una bomba atomica tedesca

In Germania da qualche settimana è in corso una campagna mediatica in favore di una bomba atomica tedesca. A smuovere le acque sono stati alcuni articoli di peso sulla cosiddetta "stampa di qualità" (FAZ e Die Zeit) e una recente trasmissione di Panorama sulla ARD, il canale pubblico piu' importante (la RAI 1 tedesca). Di fronte a milioni di spettatori e in prima serata, i giornalisti della tv pubblica hanno tranquillamente argomentato in favore di una bomba atomica per la Germania. Ne parla Jens Berger sulle nachdenkseiten.de

bomba atomica tedesca

Dietro le quinte la campagna per una bomba atomica tedesca era già iniziata da tempo, la vittoria di Trump è stata solo l'occasione per rilanciare un dibattito assurdo e a lungo dimenticato per una bomba atomica in Germania. Di Jens Berger

Il sogno di Adenauer

Oggi si dimentica volentieri, oppure lo si ignora, che nella giovane Repubblica Federale non si dava affatto per scontato che la Germania non sarebbe mai potuta diventare una potenza nucleare. Konrad Adenauer, spronato da Franz Josef Strauß, avrebbe fatto molto volentieri della Germania una potenza nucleare. Il 25 marzo 1958 è il momento più’ alto di questa ambizione, e allo stesso tempo è anche la data che ne sancisce la fine. Dopo un lungo ed intenso dibattito, il Bundestag tedesco vota per proseguire il riarmo atomico della Germania all'interno della Nato. Non si sarebbe mai arrivati a questo risultato se Adenauer e Strauß fossero riusciti ad imporsi. Entrambi i politici dell'Unione desideravano disporre di una bomba atomica tedesca, sul cui impiego avrebbe deciso Bonn, e non Washington. Poiché un progetto "tedesco solista" non sarebbe mai stato approvato dalle superpotenze, si cercò un alleato nel debole premier francese Félix Gaillard, con il quale si era trovato un accordo per la costruzione di una bomba atomica franco-tedesca. Ci fu poi l'escalation del conflitto in Algeria e la Quarta Repubblica si trovo' sull'orlo di un colpo di stato militare, evitato solo con la salita al potere del generale Charles de Gaulle. Con la fondazione della Quinta Repubblica finisce anche la speranza tedesca di una bomba atomica in comune con i francesi. De Gaulle infatti non aveva mai pensato di far partecipare i tedeschi alla sua "force de frappe".

Nel 1960 la Francia lancia nel deserto algerino la sua prima bomba atomica ed entra a far parte del club delle potenze nucleari insieme agli USA, all'Unione Sovietica e alla Gran Bretagna. Nei mesi successivi De Gaulle chiede agli Stati Uniti di mettere sotto il controllo francese le bombe americane che stazionavano sul suolo francese. Gli Stati Uniti rifiutano la proposta e la Francia si ritira dalle strutture operative della Nato.

Il sogno di una bomba atomica tedesca fortunatamente non era destinato a diventare realtà. Al suo posto la Germania aveva ottenuto la cosiddetta "condivisione nucleare": le attrezzature tecniche della Bundeswehr possono trasportare e conservare le bombe americane - i codici di lancio tuttavia restano custoditi negli Stati Uniti. "Si permette al piccolo pagliaccio di suonare con la sua trombetta giocattolo accanto all'orchestra militare, e gli si fa credere che sia lui il tamburo maggiore" - cosi' Franz Josef Strauß commentava senza mezzi termini il concetto di "condivisione nucleare" nel suo libro di memorie. Strauß nel corso della sua vita non è certo riuscito ad imporre le sue idee, tuttavia dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia potremmo senza dubbio considerarlo fra coloro che avrebbero chiesto una bomba atomica per la Germania.

Il dibattito è di nuovo attuale

Come per magia, un dibattito a lungo dimenticato, da qualche mese è tornato attuale. Dietro le quinte, nei Think Tank e nelle conferenze tecniche sulla difesa, la bomba atomica tedesca era già stata tematizzata molte volte. Ora però il dibattito si estende - seppur timidamente - ed entra nello spazio pubblico.

Pochi giorni dopo la vittoria elettorale di Trump, il condirettore della FAZ Berthold Kohler scriveva "dell'impensabile", chiedeva una "revisione" della politica di sicurezza fino "ad oltrepassare una linea rossa che per il pensiero tedesco è inconcepibile" - "la questione di un proprio deterrente nucleare". Alla fine, scriveva Kohler, "non possiamo più' fare affidamento sulle garanzie americane mentre gli arsenali francesi e britannici nelle loro condizioni attuali sono troppo deboli. Mosca nel frattempo si sta riarmando". L'articolo di Kohler è simile ad una lunga serie di interventi sulla stessa linea. La Russia viene demonizzata e ogni volta si cerca di giustificare le ambizioni nucleari tedesche con il fatto che Putin già domani potrebbe intervenire nel Baltico, se non in Polonia o addirittura in Germania. Ci potremmo difendere da questo rischio solo se "noi" disponessimo di un nostro "deterrente nucleare".

Anche volendo immaginare un possibile equilibrio del terrore, questo ragionamento zoppica. L'assurdità secondo cui i russi sarebbero alle nostre porte e pronti ad impadronirsi dell'Europa, la si può' tranquillamente lasciare da parte. Kohler e co. dovrebbero tuttavia rispondere almeno una volta alle domande: perché le garanzie americane improvvisamente non sono piu' valide e per quale motivo abbiamo bisogno di una bomba atomica tedesca? Perché Gran Bretagna e Francia improvvisamente, da un giorno all'altro, sarebbero diventate inaffidabili?

Il primo colpo di Panorama

Il "via libera" per i falchi è arrivato dopo la dichiarazione di Trump, incompresa, sull'obsolescenza della NATO. Trump naturalmente non è un isolazionista a cui improvvisamente è venuta in mente l'idea che dopo la fine della guerra fredda non c'è piu' bisogno della NATO, oppure che la NATO deve essere trasferita in una nuova architettura di sicurezza che comprenda anche la Russia. Per Trump piu' che altro si tratta di chiedere piu' soldi agli altri membri dell'alleanza - un appello che agli amici del riarmo come Angela Merkel e Ursula von der Leyen non puo' che fare piacere. Una dichiarazione, quella di Trump, che non c'entra molto con le garanzie previste dai trattati Nato, ed è ancora meno utile come argomento per un'arma nucleare tedesca.




Il dibattito nel frattempo ha preso slancio. 2 settimane dopo le dichiarazioni di Trump, la trasmissione televisiva Panorama ha tirato il primo colpo giornalistico: ha portato la campagna davanti ad un pubblico di milioni di spettatori scatenando una valanga. Tre giorni dopo la trasmissione della ARD, improvvisamente, l'uomo forte della Polonia, Jarosław Kaczyński, in un'intervista rilasciata alla FAZ ha apertamente appoggiato la richiesta tedesca di una bomba atomica - "la potenza nucleare europea deve tenere il passo con la Russia", secondo il polacco. Un caso? Una coincidenza? Non proprio. E' molto più' probabile che la richiesta di Kaczyński sia stata attentamente orchestrata.

Il maggiore Terhalle - il dibattito si fa sempre piu' forte e sempre piu' assurdo

Quattro giorni dopo Kaczyńsky, i Think Tank hanno aperto "il dibattito sulla bomba nucleare tedesca". Thorsten Benner, del Global Public Policy Institute (GPPi) ha consigliato al governo federale tedesco, dopo le elezioni francesi, di rivolgersi al nuovo governo di Parigi e proporre una cooperazione in materia di nucleare militare. Lo studioso di scienze politiche e maggiore della Bundeswehr Maximilian Terhalle non crede che questa sia la strada giusta. L'ex addetto alla sicurezza politica e alla strategia del Ministero della Difesa, una settimana prima della trasmissione di Panorama, sul quotidiano Tagesspiegel, era riuscito a portare l'attenzione sul tema con delle tesi alquanto assurde e confuse. Putin vorrebbe "ribaltare il trauma del 1991" e convincere l'Europa, da Lisbona fino a Vladivostock, con il "suo nuovo ordine di pace" - come accaduto recentemente in Ucraina. Pertanto la Germania avrebbe bisogno di armi atomiche, con cui "potrebbe limitare militarmente il potere di Putin, con un deterrente nucleare". Il Tagesspiegel dove va a prendere i suoi autori? E' solo un caso? Una campagna? Una scelta intenzionale?

Si', questa è roba forte e sicuramente anche pianificata. I 2 giornalisti di Die Zeit Peter Dausend e Michael Thumann, con la loro richiesta di una "bomba UE", pubblicata appena due settimane dopo la famosa trasmissione di Panorama, sembrano già molto piu' seri rispetto a Terhalle. Ma è proprio questa la tattica: senza le filippiche di Maximilian Terhalle, anche le fantasie atomiche degli uomini di Die Zeit sembrerebbero completamente assurde - qualunque esse siano. Comunque, messe accanto a quelle di Terhalle possono sembrare anche moderate - come dovrebbe essere nel quadro della campagna, prese di per sé, sono delle assolute sciocchezze.

Il colonnello Kiesewetter - ovvero come ho imparato ad amare la bomba

La campagna per un riarmo nucleare della Germania non è affatto un gioco intellettuale per giornalisti con troppo tempo disponibile, oppure a libro paga dei produttori di armi. Tra i grandi sostenitori della bomba atomica tedesca c'è anche Roderich Kiesewetter, ex colonnello, deputato CDU al Bundestag, Presidente della Commissione d'inchiesta sulla NSA e appartenente a numerose organizzazioni di lobby.

Se fosse per Kiesewetter la nuova potenza nucleare tedesca dovrebbe nascere nel quadro delle forze nucleari francesi: la Francia dovrebbe mettere a disposizione dell'UE le sue forze militari e stazionarle in tutta Europa. La Germania in cambio dovrebbe partecipare al finanziamento. Ma questo sarebbe solo il primo passo, solo una fase necessaria alla rimozione del blocco mentale, secondo Kiesewetter. Ad un  vero e proprio deterrente appartiene una dottrina politica comune che permetta di utilizzare le armi anche in un conflitto non-nucleare. "Si tratta di armi politiche. Il loro uso deve essere impensabile", secondo il deputato della CDU. Secondo quanto da lui dichiarato, a sostenere le  ambizioni nucleari di Kiesewetter ci sarebbero alcuni "importanti" ministeri a Berlino, il quartier generale Nato e i governi di Polonia e Ungheria.

Panorama era solo l'inizio?

Qui non c'è solo una trasmissione di Panorama, c'è molto di piu'. Ci troviamo all'inizio di una campagna che sicuramente ci accompagnerà per molto tempo. Il profilo della campagna tuttavia non è ancora chiaro. I "soliti noti" dei Think Tank transatlantici per il momento restano coperti, mentre sono soprattutto i rappresentanti della „Deutschen Gesellschaft für Auswärtige Politik“ (DGAP) a costituire la punta di diamante della campagna. Secondo Jana Pulgerin della DGAP è "sorprendente" che un tale dibattito sia condotto in pubblico: alla fine l'opinione pubblica tedesca è decisamente contraria.

Il tema della segretezza è come un filo rosso che attraversa tutte le dichiarazioni sull'argomento. Anche Roderich Kiesewetter preferirebbe non parlarne in pubblico, ed entrambi i giornalisti di Die Zeit ammettono tranquillamente che gli esperti di campagne elettorali consigliano di stare alla larga da questo tema. E' giusto che sia cosi', e così dovrebbe restare. Non c'è alcun dubbio sul fatto che in Germania ci siano ambienti molto influenti che aspirano ad avere una bomba atomica tedesca. Quanto questi piani siano sviluppati e se gli articoli citati, le trasmissioni e le interviste siano solo un anticipo della profondità che la campagna può' raggiungere ancora non possiamo saperlo. Come è difficile prevedere se la campagna appena iniziata prenderà realmente slancio solo dopo le elezioni politiche di settembre 2017. Resteremo sicuramente sul tema. Perché l'unico modo possibile per contrastare stupidaggini di questo tipo, e ancora piu' importante, per evitarle, è un'ampia contro-campagna.


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