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lunedì 26 febbraio 2018

Il funerale della socialdemocrazia tedesca

I sondaggi parlano di una SPD in caduta libera rispetto al magro 20,5% ottenuto alle ultime elezioni di settembre. Con un'altra Große Koalition le cose non potrebbero che peggiorare e per AfD probabilmente si aprirebbe un'autostrada elettorale. Ecco perché la SPD dovrebbe rifiutare l'abbraccio mortale della CDU e spingere Merkel a formare un governo di minoranza. Ne parla Timothy Garton Ash su The Guardian.


Il 4 marzo sarà un giorno molto importante per l'Europa. Nello stesso giorno si terranno le elezioni generali in Italia e scopriremo se un referendum interno ai socialdemocratici tedeschi darà il via libera al governo di Grande Coalizione a Berlino e quindi al proseguimento dell'attuale collaborazione con i cristiano-democratici di Angela Merkel.

La saggezza convenzionale ci dice che questo dovrebbe essere un buon risultato per l'Europa. Io penso invece che la saggezza convenzionale si sbagli. Come indossare un corsetto medico per cercare di alleviare un problema grave alla schiena e poi continuare la stessa vita di prima: un'altra grande coalizione sarebbe forse una buona cosa nel breve periodo ma cattiva nel lungo. Bisogna affrontare le cause, non i sintomi. E c'è un'alternativa. 

Questa settimana ho trascorso due giorni a Berlino e non ho mai visto meno entusiasmo per un possibile nuovo governo. Dovrebbe essere un matrimonio, ma invece sembra di essere ad un funerale. Ed è ciò' che potrebbe diventare: il funerale della SPD, uno dei più' antichi ed importanti partiti europei di centro-sinistra. In un sondaggio scioccante di pochi giorni fa il partito di estrema destra AfD veniva dato al 16%, mezzo punto in più' dei socialdemocratici. Potrebbe essere solo un fuoco di paglia, ma già il 20.5% ottenuto alle ultime elezioni è stato il risultato più' basso di sempre.

Sappiamo dalla storia che una grande coalizione fra il principale partito di centro-sinistra e quello di centro-destra tende a rafforzare le ali estreme - e questo è già accaduto. Il risultato di questa stessa grande coalizione - o Groko - che ha governato per 8 dei precedenti 12 anni, è stato proprio il voto dato ad AfD da parte di un elettore tedesco su 8. E guardate che messo accanto ad AfD lo Ukip sembra un partito moderato e Silvio Berlusconi un distinto gentiluomo conservatore.

...

Certo, nuove elezioni ora, dopo 5 mesi di confusione politica senza precedenti potrebbero produrre un voto di protesta ancora piu' ampio a favore di AfD. Ma c'è un'alternativa migliore che la Cancelliera e il Presidente Federale potrebbero tentare se i militanti del partito socialdemocratico dovessero votare no: un governo di minoranza cristiano-democratico guidato da Merkel. Il governo di minoranza sarebbe sicuramente un'innovazione nella storia della Repubblica federale, anche se è già stato messo in pratica in molte altre democrazie e nella costituzione tedesca non c'è scritto da nessuna parte che non lo si possa fare anche in Germania. In realtà, il ruolo importante che la Costituzione deliberatamente conferisce al Cancelliere potrebbe rendere più facile sostenere un governo di minoranza. I principali partiti d'opposizione, i Liberali, i Verdi, nonché i Socialdemocratici, offrirebbero sicuramente il loro sostegno sulle politiche europee o di sicurezza, come del resto sulle leggi di bilancio e sui voti di fiducia. Si', il governo di minoranza potrebbe perdere alcuni voti parlamentari su altri temi, ma come sottolineato dallo storico tedesco Heinrich-August Winkler, cio' aumenterebbe l'importanza dei dibattiti parlamentari e il lavoro delle specifiche commissioni. Sarebbe un male per una democrazia parlamentare? Al contrario.

La riposta di Berlino alle proposte di Macron sull'Europa sarebbe un po' meno entusiasta, specialmente in merito all'Eurozona. Ma si tratterebbe di una sintesi molto piu' realistica della posizione su cui si trova la maggioranza dei tedeschi sull'argomento. Sicuramente molto lontana dalla visione dell'ex leader della SPD Martin Schulz, quella degli Stati Uniti d'Europa da creare entro il 2025. Allo stesso tempo i cristiano-democratici sarebbero spronati ad offrire qualcosa in piu' a Macron sui temi della politica estera, della sicurezza e della difesa comune - specialmente di fronte al terribile trio Brexit, Trump e Putin. Sarebbe un male per l'Europa? Al contrario.

Un governo di minoranza sotto Merkel probabilmente non durerebbe un intero mandato, ma non sarebbe nemmeno la fine del mondo. Sono un grande ammiratore di Merkel, ma ci stiamo decisamente avvicinando al momento di un cambiamento al vertice. La democrazia è anche questo. Un'elezione nel 2019 o 2020 con dei partiti di opposizione meglio delineati e con un nuovo e piu' giovane leader cristiano-democratico difficilmente potrebbe essere peggiore di quella imposta da una grande coalizione stantia e in rovina.

Il motto silenziosamente sospeso sulla saggezza convenzionale che domina a Berlino è un motto conservatore usato per la prima volta nel 1957: Keine Experimente!  (nessun esperimento!). Ma ciò' di cui invece la Germania avrebbe bisogno in questo momento è il grido di Willy Brandt del 1969: Mehr Demokratie wagen! (osare piu' democrazia!). L'esperimento di un governo di minoranza creerebbe alcune incertezze nel breve periodo, ma nel lungo periodo sarebbe un vantaggio sia per la Germania che per l'Europa. 

martedì 5 settembre 2017

The dark side of the boom

L'economia va bene, il mercato del lavoro ancora meglio, difficile che Merkel e la CDU possano subire un tracollo di voti alle prossime elezioni, anche se i sondaggi dicono che i tedeschi iniziano ad essere stanchi della Cancelliera. La conservatrice e liberista Die Welt timidamente prova a mostrare i punti deboli del Jobwunder tedesco, molte luci, qualche ombra. Da Die Welt


A fine estate 2017 nelle mense aziendali tedesche non si parla d’altro: il personale disponibile non basta a coprire i fabbisogni. La lamentela è tipica e ci mostra dove risiede veramente il problema: se il collega o la collega dovessero assentarsi la situazione potrebbe farsi difficile. Nel breve periodo non si riesce a trovare personale sufficiente per coprire il fabbisogno di lavoratori. La ragione di questa mancanza di personale un po' in tutto il paese è la seguente: il mercato del lavoro tedesco è in tensione. Molte aziende, ma anche le amministrazioni pubbliche, hanno difficoltà a reperire un numero sufficiente di dipendenti qualificati. Il numero dei posti di lavoro non coperti è salito al livello piu' alto di tutti i tempi: nel complesso ad agosto c'erano circa 741.000 posizioni segnalate come aperte, e non si trattava solo dei proverbiali specialisti IT.

Nemmeno due decenni dopo che The Economist aveva definito la Germania "il malato d'Europa", la piu' grande economia europea si trova nel pieno di un vero e proprio Jobwunder. Il mercato del lavoro tedesco sta vivendo una delle piu' lunghe fasi di boom della sua storia. I tempi dei tassi di disoccupazione a doppia cifra, diventati la normalità in molti paesi industrializzati ma anche in quelli emergenti, qui da noi fanno ormai parte del passato. Angela Merkel in campagna elettorale puo' rivendere la ripresa del mercato del lavoro come uno dei suoi piu' grandi successi sul campo. Negli uffici della Cancelleria tuttavia sanno bene che sotto la superficie brillante dei dati restano alcuni problemi irrisolti. Il boom dell'occupazione ha i suoi lati oscuri: non tutti i cittadini ne stanno beneficiando in egual maniera.


"Nel complesso ci sono piu' luci che ombre", dice Enzo Weber, Professore di Ricerca economica empirica presso l'Università di Regensburg. Ma non dovremmo dimenticare i molti lati oscuri. I dati di per sé sono imponenti, quasi epici. Quando il 18 settembre del 2005 l'Unione ha vinto le elezioni e poco dopo si è capito che Merkel sarebbe stata la nuova Cancelliera, in Germania c'erano 4.8 milioni di disoccupati: quasi il 12% della popolazione attiva. La situazione era particolarmente drammatica nell'est, un quinto della popolazione attiva era disoccupata. Quello che è successo da allora sembra quasi una favola. In dodici anni di governo Merkel la disoccupazione si è quasi dimezzata. Secondo l'Agenzia Federale per il Lavoro attualmente ci sarebbero solo 2.5 milioni di persone in cerca di occupazione.

Il tasso di partecipazione al lavoro è salito al 75%

Il governo non puo’ prendere per buona l'accusa secondo la quale le statistiche sarebbero abbellite dal fatto che molte persone scoraggiate semplicemente non si presentano piu’ ai centri per l’impiego. Diversamente da quanto è accaduto negli Stati Uniti, il tasso di partecipazione durante l'era Merkel in Germania è aumentato notevolmente: è passato da due terzi all’attuale 75%. In America nello stesso periodo è sceso dal 66 al 63 %. La Repubblica Federale, con circa il 75%, ora ha uno dei tassi più alti di partecipazione al lavoro del mondo sviluppato. Dal punto di vista economico il "mercato del lavoro" per le persone effettivamente in cerca di occupazione si è quasi completamente esaurito.

E c'è ancora un altro indizio che ci mostra la genuinità della ripresa: nel 2005 un lavoratore su sette in Germania era sottoutilizzato. Quasi il 14% della popolazione avrebbe lavorato volentieri piu' di quanto le condizioni del loro impiego gli permettevano. Nell'estate del 2017 questa quota è inferiore all'8%.

Nel complesso il numero delle persone occupate è salito notevolmente: da quanto Merkel è alla Cancelleria, la popolazione attiva è cresciuta di quasi cinque milioni (anche il PIL è cresciuto), mentre la popolazione complessiva è cresciuta solo leggermente. Neanche la Cancelliera probabilmente vorrebbe assumersene interamente il merito. Gli economisti tuttavia attestano che i tre governi da lei guidati ( grande coalizione I, nero-giallo, grande coalizione II) hanno gestito lo sviluppo con una mano leggera senza far deragliare il treno della ripresa.



"Il settore a basso salario è ancora molto grande"

Le riforme del lavoro e le politiche di moderazione salariale tuttavia hanno avuto un loro prezzo. La Germania oggi ha uno dei piu' grandi “settori a basso salario” del mondo, circa 4.7 milioni di lavoratori sono esclusivamente “dipendenti minori”, vale a dire minijobber. In diversi settori anche i redditi dei lavoratori a tempo pieno restano bassi. Accanto al loro lavoro principale, molte persone sono oggi costrette ad avere un secondo lavoro. Secondo l'Agenzia per il lavoro, nel 2016 quasi 2.7 milioni di lavoratori avevano un secondo impiego. "Per una parte di questi lavoratori il secondo lavoro è un extra reddito, per un'altra parte invece il reddito del primo lavoro semplicemente non basta", dice il ricercatore Weber.

Anche Brzeski osserva: "anche dopo diversi anni di forte crescita economica il settore a basso salario in Germania è ancora molto grande". Nei primi anni di applicazione delle riforme Hartz un “settore a basso salario” dinamico poteva essere un segnale del fatto che le riforme stavano funzionando e che le persone stavano tornando a lavorare, nel frattempo pero' le riforme hanno mostrato anche il loro lato oscuro. L'andamento dei salari non è negativo, ma non è stato certo esaltante. Nei dieci anni conclusi nel 2016 gli stipendi e i salari sono aumentati del 23%, depurato dall'inflazione ai lavoratori è rimasto un 10% di aumento reale, si tratta soprattutto di un aumento diffuso in maniera irregolare fra le diverse regioni e le varie occupazioni.


Piu’ sostegno per i disoccupati di lungo periodo

Mentre per gli stipendi dei dipendenti specializzati le cose non vanno troppo male, per i lavoratori meno qualificati e part-time spesso non è facile riuscire a sbarcare il lunario. Secondo l'ufficio federale di statistica il 7.7% di tutti i lavoratori è a rischio povertà. Calcolato sui 44 milioni di occupati della piu' grande economia del continente si tratta di circa 3.4 milioni di persone. Lo slogan di "povero con un lavoro" è diventato popolare. Ma c'è anche un altro gruppo di persone che dalla “favola del miracolo del lavoro” non ha ottenuto molto: i disoccupati di lungo periodo. Il loro numero è sicuramente diminuito, attualmente sono 900.000, restano tuttavia ad un livello molto elevato. "Per riuscire ad integrare nel mercato del lavoro il gruppo dei disoccupati di lungo periodo servirebbero maggiori sforzi", dice Weber. La chiave per farlo è un aiuto individuale ai disoccupati, combinato con un  sostegno personale nei Jobcenter.

Una critica di rilievo arriva da Gunther Schnabl, professore di Politica economica all'Università di Lipsia. Il boom nel mercato del lavoro secondo l'economista non sarebbe cosi' sostenibile come sembra. Secondo la valutazione di Schnabl il boom degli ultimi anni in gran parte è dovuto alla politica finanziaria e monetaria europea. "Con la crisi la banca centrale europea ha ridotto i tassi di interesse e ha iniziato ad acquistare titoli su larga scala", dice l'economista. I bassi tassi di interesse stanno surriscaldando il boom delle costruzioni, che nel breve periodo crea nuova occupazione. Inoltre l'euro debole ha creato una congiuntura particolarmente favorevole per i beni da esportazione, il che a sua volta ha stimolato l'occupazione nelle industrie orientate verso l'export. "Non appena la bolla immobiliare tedesca scoppierà, la disoccupazione in Germania tornerà a salire", teme Schnabl. E allora probabilmente nelle mense aziendali tedesche il tema principale di discussione sarà completamente diverso.

domenica 2 aprile 2017

I consigli di Oskar Lafontaine per la SPD e per Schulz

A quasi venti anni dalle dimissioni dal governo Schroeder, sulla stampa tedesca continua il botta e risposta fra Oskar Lafontaine e l'ex/Cancelliere. Schroeder attacca: fino a quando sarà la famiglia Lafontaine a dettare la linea della Linke è improbabile un'alleanza di governo con la SPD. Lafontaine risponde: la SPD e Schulz devono cambiare radicalmente la loro politica. Da Welt am Sonntag


L'obiettivo iniziale dei partiti operai europei era il superamento del capitalismo. Il rifiuto fondamentale di questo sistema aveva portato il francese Jean Jaurès a dire: "il capitalismo porta in sé la guerra, come le nubi portano la pioggia". Da molto tempo ormai i partiti socialdemocratici hanno abbandonato questo obiettivo. Vogliono domare il capitalismo, dicono di voler controllare le forze economiche.

Di questo dilemma ha recentemente scritto la Süddeutsche Zeitung: "come si comporta un movimento politico che ormai da tempo non sostiene piu' il superamento del capitalismo, ma il suo addomesticamento, di fronte all'evidenza che questo sistema economico ogni volta si dimostra limitatamente addomesticabile?"

"Limitatamente addomesticabile" è tuttavia alquanto riduttivo. In verità è il capitalismo a domare i suoi politici. La famosa frase di Danton nel dramma di Georg Büchners: "Lo so bene - la rivoluzione è come Saturno, uccide i propri figli", si applica in senso figurato e in una forma diversa anche al capitalismo: mangia i propri figli.

Dopo la seconda guerra mondiale la scuola di Friburgo di Walter Wucken aveva riconosciuto il dilemma del capitalismo. A differenza della socialdemocrazia del dopoguerra non credeva nella possibilità di un controllo democratico delle forze economiche. Gli economisti di Friburgo ritenevano invece che il potere economico, una volta formatosi e cresciuto, non puo' piu' essere controllabile.

In occasione dell'inizio del secondo mandato presidenziale di George W. Bush, lo storico Fritz Stern aveva avvertito che gli Stati Uniti si stavano avvicinando "ad una plutocrazia di stampo cristiano-fondamentalista". E' probabile che ci troveremo di fronte ad un nuovo tipo di autoritarismo. 

Trump, al contrario di Bush, sicuramente non fa piu' pregare il suo governo, mentre Putin, anche se in maniera solo dimostrativa, prende parte ad una messa in una chiesa ortodossa, tuttavia le nuove forme di autoritarismo previste da Fritz Stern si stanno diffondendo in tutto il mondo. 

Con una sola frase Papa Francesco è riuscito a riportare l'attenzione sul militarismo intrinseco al capitalismo, causa principale del terrorismo e della crisi dei migranti: "questa economia uccide".

Ma anche i politici americani confermano il rischio di guerra collegato al capitalismo. Il candidato democratico alla presidenza americana John F. Kerry il 24 febbraio del 2004 affermava: "quando sarò presidente faro' ogni sforzo per sviluppare carburanti alternativi per le auto del futuro, in modo che questo paese nel giro di 10 anni possa diventare indipendente dal petrolio del Medio Oriente e i nostri figli e le nostre figlie non dovranno piu' morire per questo petrolio".

I figli e le figlie dell'America continuano a morire nelle guerre per il petrolio. In Medio Oriente, a causa di queste guerre, hanno perso la vita oltre un milione e mezzo di persone.

La SPD deve avere piu' coraggio in politica estera

Sebbene Martin Schulz fra i socialdemocratici venga festeggiato come un Papa, probabilmente non ci si sbaglia di molto nel pensare che il punto di vista del Papa, "questa economia uccide", gli sia completamente estraneo. Proprio come la Cancelliera cristiano-democratica, che al contrario dell'allora Cancelliere social-democratico Schröder, nel suo ruolo di segretario della CDU appoggiava la guerra in Irak di George W. Bush.

Ma la SPD dovrà inevitabilmente riallacciarsi alla Ostpolitik di Willy Brandt e alla sua politica di buon vicinato, se veramente vuole continuare a credere nella sua missione: affrontare e domare le forze distruttive del capitalismo.

Se anche il grande maestro della politica estera americana George Kennan considera l'accerchiamento della Russia, portato avanti dagli Stati Uniti, come "il piu' grande errore della politica americana nel dopoguerra", allora la SPD dovrebbe avere il coraggio di schierarsi contro una politica che mette in pericolo la pace.

Willy Brandt si rivolterebbe nella tomba se sapesse che anche con il voto della SPD sono state inviate delle truppe tedesche al confine con la Russia, e se sapesse che la sua eredità politica, e cioè che in Europa ci puo' essere pace solo con la Russia e non contro la Russia, non viene piu' osservata nemmeno dai socialdemocratici.

Nazionalismo dell'export invece di buon vicinato

La politica europea del buon vicinato portata avanti da Brandt, Schmidt fino a Helmut Kohl, con il consenso della socialdemocrazia tedesca, è stata sacrificata in nome di uno spietato nazionalismo dell'export tedesco.

Sebbene i popoli europei continuino ad allontanarsi fra di loro e la supremazia economica tedesca sia sempre piu' un problema, Schulz e i socialdemocratici tedeschi appoggiano i diktat di Merkel e Schäuble sui tagli al welfare e sono corresponsabili del fatto che, soprattutto nel sud Europa, i giovani non hanno piu' un futuro.

Una politica di buon vicinato in Europa ha bisogno di un nuovo ordine economico e valutario, che possa dare a tutti i paese europei la possibilità di uno sviluppo economico sostenibile.

Accanto ad una nuova Ostpolitik, fondata sulla pace e la distensione, secondo la tradizione di Willy Brandt, ed una politica europea che possa superare il nazionalismo dell'export tedesco e si ricolleghi allo spirito dei padri fondatori dell'Europa, se vuole ancora avere una chance, la socialdemocrazia tedesca dovrà modificare radicalmente la sua politica sociale. Il suo obiettivo originario era quello di "difendere lo stato sociale ed estenderlo", non quello di distruggerlo e smantellarlo.

L'Agenda 2010 non nasceva dal programma socialdemocratico, era piuttosto l'acquisizione delle posizioni delle associazioni dei datori di lavoro da parte di un Cancelliere socialdemocratico.

La Frankfurter Allgemeine Zeitung ha definito l'Agenda 2010 "la piu grande riduzione dei diritti sociali dalla seconda guerra mondiale". Cio' non ha pero' impedito a Schulz di dire, nel primo discorso al Congresso della SPD, che  Gerhard Schröder "ha riformato la Germania in modo che tutti noi oggi possiamo trarne beneficio".

Con quel "tutti noi" Schulz fa lo stesso grave errore di Angela Merkel, che ogni volta ripete: "la Germania sta bene". Se per milioni di lavoratori è programmata una vecchiaia in povertà, se in Austria il pensionato medio riceve 800 € al mese in piu' che in Germania e se il 40% dei tedeschi oggi ha un reddito familiare inferiore rispetto a quello del 1999, come riportato dal DIW, allora frasi come "tutti noi oggi possiamo trarne beneficio", oppure "la Germania sta bene" sono solo una presa in giro.

Fino a quando la SPD non tornerà ad una politica sociale e fiscale in grado di arrestare la crescita della disuguaglianza e capace di redistribuire la ricchezza in maniera più equa, un cambio alla Cancelleria sarebbe solo un cambio di volti.

Per poter migliorare le condizioni di vita di milioni di persone, il sistema pensionistico tedesco dovrebbe essere rifondato. La riforma delle pensioni è stata solo una frode e la pensione aziendale integrativa, in cui non vengono nemmeno garantiti gli importi versati, è una truffa ancora piu' grande.

Cambiate la legge e alzate la mano al Bundestag

Quando poco tempo fa all'aeroporto un deputato socialdemocratico, dopo aver concordato con la mia analisi, mi ha chiesto: "ma allora cosa dobbiamo fare?" io gli ho risposto: "copiate la legge austriaca e alzate la mano al Bundestag. Non dovrebbe essere troppo difficile".

Altrettanto importante sarebbe realizzare la richiesta che l'ex presidente AfA Ottmar Schreiner prima della sua scomparsa prematura aveva sempre portato avanti: rimuovere la clausola  di ragionevolezza dalla legge Hartz IV e ripristinare quella vigente fino ad allora. Oggi un disoccupato che non vuole vedersi ridotto il sussidio Hartz IV deve accettare qualsiasi lavoro, indipendentemente dalle sue qualificazioni e dal salario.

Questa clausola devastante non solo ha portato ad una continua espansione del cosiddetto settore a basso salario nell'economia tedesca, ma ha messo in moto una politica di dumping salariale, con i conseguenti danni per i nostri vicini europei, interrompendo la politica di buon vicinato.

L'avvertimento di Willy Brandt vale ancora oggi: "riflettete sulle vostre forze e assicuratevi che ogni volta possiate essere all'altezza delle vostre risposte, se volete fare del bene". Se l'obiettivo è fare del bene, allora il compito imprescindibile della SPD sarà quello di migliorare le condizioni di vita di quella metà della popolazione tedesca che a causa delle riforme dell'Agenda 2010 ha sofferto duramente.

mercoledì 15 marzo 2017

Il trauma dell'Agenda 2010 (seconda parte)

Riforma necessaria per rilanciare l'economia tedesca oppure progetto neo-liberista fondato sulla svalutazione del lavoro e sulla povertà diffusa? Quali sono stati i risultati dell'Agenda 2010 e delle riforme Hartz? Seconda parte dell'analisi di Die Zeit sugli effetti dell'Agenda 2010. Si arriva da qui-->>


Quali cambiamenti ha portato l'Agenda 2010 per i disoccupati di lunga durata e per le persone bisognose?

Prima dell'Agenda 2010 i disoccupati con almeno un periodo di lavoro alle spalle si trovavano senza dubbio in condizioni migliori. Anche chi non aveva piu' diritto all'indennità di disoccupazione vera e propria, otteneva comunque un sussidio sociale: chi era senza un lavoro in teoria aveva diritto per tutta la vita ad un massimo del 53% dell'ultimo salario netto. Le famiglie ricevevano il 57%, lo stato pagava al massimo 1.500 euro netti al mese.

Le riforme dell'Agenda hanno cambiato questa situazione. A partire dal primo gennaio 2004 a chi è senza un lavoro, al massimo dopo 2 anni di disoccupazione, spetta solo un sussidio Hartz IV. Nell'Est erano 331 € al mese, nell'Ovest 345 € al mese. "Naturalmente per molti c'è stato un peggioramento delle condizioni di vita", dice Eric Seils, ricercatore sul tema della povertà presso la Hans-Böckler-Stiftung. Ad essere colpiti sono stati prima di tutto i disoccupati di lunga durata, che in precedenza guadagnavano abbastanza bene: nel nuovo sistema, diversamente dal sistema precedente, i redditi dei partner si sommano nel calcolo delle prestazioni sociali.

"Ci sono stati anche casi di persone che percepivano un piccolo sussidio di disoccupazione e che grazie ad Hartz IV alla fine hanno avuto piu' denaro a disposizione", aggiunge Michael Löher, direttore del Deutsches Verein für öffentliche und soziale Fürsorge, che fra le altre cose è un consigliere del governo federale per il calcolo delle prestazioni Hartz IV. Secondo uno studio ciò' è accaduto prima di tutto tra le famiglie con molti figli.

Fra i cambiamenti piu' rilevanti c'è stato sicuramente l'aumento delle sanzioni. Senza dubbio anche prima dell'Agenda 2010 era possibile che ad un disoccupato fosse tagliato il sussidio di disoccupazione in caso di rifiuto di un'offerta di lavoro ragionevole. Tuttavia era una scelta a discrezione del singolo impiegato. Con l'Agenda 2010 è stato introdotto invece il principio del "sostenere e dell'esigere". La gamma dei corsi di qualificazione e le offerte di consulenza sono state ampliate, ma per coloro che non collaborano pienamente la legge prevede sanzioni obbligatorie. "Le prestazioni vengono prima drasticamente ridotte, e poi completamente negate", dice Löher del Deutsches Verein für öffentliche und soziale Fürsorge. Il disoccupato resta praticamente senza nulla, l'ufficio del lavoro non paga piu' nemmeno l'affitto e il riscaldamento. Da anni la politica discute del rigido sistema sanzionatorio, soprattutto per i giovani sotto i 25 anni. Sono in molti a chiederne una modifica.

La situazione di chi deve fare affidamento sull'assistenza sociale pubblica si è fatta senza dubbio piu' difficile. Tuttavia molti esperti ritengono che il generoso sistema di assistenza sociale degli anni ottanta e novanta, anche senza l'Agenda 2010, avrebbe avuto comunque bisogno di una riforma. Era semplicemente troppo ingombrante e molto costoso. Anche Seils, ricercatore ed esperto sul tema della povertà, non è favorevole ad un sussidio di disoccupazione basato sul reddito, come accadeva nel sistema precedente. Probabilmente fornisce gli incentivi sbagliati a coloro che lo percepiscono. Sarebbe importante invece un prolungamento dell'attuale sussidio di disoccupazione ad almeno 20 mesi. "Chi diventa disoccupato deve avere la possibilità di ricevere una somma di denaro che gli permetta di mantenere il tenore di vita precedente, e che non lo trasformi immediatamente in una persona bisognosa", dice Seils.

L'Agenda spinge le persone verso un rapido declino sociale?

E' un paradosso: l'economia in Germania continua a crescere, la disoccupazione è bassa come non accadeva da molto tempo. Eppure sono in molti a temere una riduzione del proprio tenore di vita e della propria posizione sociale - seguendo quanto detto pochi giorni fà da Martin Schulz: "Cresce la paura di perdere il proprio status sociale", ha dichiarato il candidato alla Cancelleria della SPD. E cosi' intende motivare la sua proposta di correzione dell'Agenda 2010.

Cresce fra i tedeschi la paura di perdere la propria posizione sociale, lo mostrano molte indagini. Tuttavia fra gli esperti non c'è accordo su quale sia stato il ruolo dell'Agenda 2010. "La perdita reale è molto inferiore rispetto a quella percepita", dice il sociologo Oliver Nachtwey. "Soprattutto nel ceto medio c'è stabilità. Ma è nella parte piu' bassa della società che ci sono molte preoccupazioni".

Nachtwey descrive la situazione attuale come una scala mobile che va verso il basso. "Chi non corre abbastanza in fretta verso l'alto, finisce in fondo alla scala". Puo' accadere ad esempio ad un lavoratore specializzato, che dalla disoccupazione finisce in Hartz IV, oppure ad un giovane che ottiene solo un contratto a tempo determinato e non sa se prima o poi sarà assunto a tempo indeterminato. "L'Agenda 2010 è stato il catalizzatore di un processo che sicuramente era iniziato anni prima", dice Nachtwey.

Le riforme hanno tuttavia accelerato questo processo. Non solo è aumentata la pressione sui disoccupati affinché accettino un posto di lavoro al di sotto della loro qualifica. Ma è stato creato un settore a basso salario che oggi impiega piu' del 20% di tutti gli occupati. La minaccia della povertà non è molto lontana. "Si cade piu' in fretta e piu' a fondo. Solo l'idea di poter cadere verso il basso ha terrorizzato molti", dice Nachtwey.

Allo stesso tempo oggi circa 7.5 milioni di persone lavorano in condizioni precarie - come lavoratori interinali, a tempo parziale, con contratti a tempo determinato oppure con una catena di contratti temporanei. Anche questo è un risultato dell'Agenda 2010.

Markus Promberger, ricercatore presso l'Institut für Arbeitsmarkt- und Berufsforschung (IAB) ritiene che il motivo principale della paura di perdere il proprio status sociale sia stato il taglio dei sussidi di disoccupazione, legati allo status del lavoratore, e la riduzione della loro durata. "Un cambiamento che ha toccato la convinzione dei lavoratori di essere parte del ceto medio della società. Ora sanno che è possibile cadere velocemente".

Al momento la paura è smorzata dalla buona congiuntura economica. "Ma alla prossima crisi tornerà probabilmente a manifestarsi con forza" Il sociologo Heinz Bude parla di ansia latente.

Che cosa ha fatto l'Agenda 2010 per la competitività? 

La disputa è antica quanto l'Agenda 2010. E ruota attorno ad una domanda apparentemente semplice: le riforme hanno migliorato la competitività delle imprese tedesche? Una risposta chiara non c'è - come spesso accade, quando sono gli economisti a discutere.

Hans Werner Sinn ha una posizione chiara sul tema. L'ex presidente dell'IFO di Monaco, uno degli economisti piu' influenti del paese, già da diversi anni criticava lo stallo delle riforme in Germania, prima che il governo di Gerhard Schröder riformasse in maniera radicale il mercato del lavoro. Il suo libro "La Germania puo' essere ancora salvata?" è uscito nel 2003 - esattamente nell'anno in cui Schröder ha annunciato il suo piano di riforme. Lo si puo' considerare un modello.

All'epoca l'economia tedesca non aveva ancora digerito la riunificazione e dopo lo scoppio della bolla delle "dot.com" e gli attentati dell'11 settembre soffriva le conseguenze di una crisi economica globale. Nell'Europa dell'est i salari erano piu' bassi, i lavoratori pero' ugualmente qualificati - molte imprese industriali avevano deciso di trasferire i loro impianti in quei paesi. Le barrriere commerciali erano cadute, e la concorrenza si era fatta piu' difficile. 

Per tenere il passo, in Germania i salari dovevano crescere piu' lentamente, cosi' chiedeva Sinn. Le differenze salariali dovevano accentuarsi e il mercato del lavoro aveva bisogno di piu' flessibilità. "La scelta migliore (...) sarebbe quella di lasciare le forze di mercato libere di determinare il livello dei salari". La sua proposta corrispondeva allo spirito del tempo. "Per i lavori piu' semplici, il salario in molti casi sarà piu' basso di quanto possiamo ritenere accettabile dal punto di vista sociale", scriveva Sinn. Per compensare queste differenze lo stato dovrà pagare delle integrazioni salariali.

Da molti anni Sinn loda l'Agenda 2010. Avrebbe aumentato la competitività tedesca creando un settore a basso salario e garantendo una crescita moderata dei salari, anche nel ceto medio. Soprattutto per le persone poco qualificate è stato piu' facile trovare un impiego. "La disoccupazione di massa, che all'epoca era dilagante, è scomparsa".

La moderazione salariale dei sindacati ha sostenuto il trend. Nel complesso i costi per le aziende tedesche sono cresciuti piu' lentamente rispetto ad altri paesei - anche grazie all'Euro, che già prima della sua introduzione, sin dagli anni '90, aveva fatto scendere i tassi in Italia, Spagna e Portogallo sostenendo aumenti salariali molto al di sopra della crescita della produttività, soprattutto nel settore pubblico e nelle costruzioni.

Peter Bofinger, professore di economia a Würzburg e da molti anni membro nel Consiglio dei Saggi economici ritiene invece che le valutazioni di Sinn sulla crisi di quegli anni fossero una "diagnosi chiaramente errata". L'economia tedesca all'epoca non era gravemente malata, scriveva nel 2013 sulla Taz. "Percio' non c'era fondamentalmente nulla da cui guarire". La Germania è competitiva grazie alle sua forte industria, alla leadership nella meccanica, alla  indipendenza finanziaria delle aziende dal mercato dei capitali - oggi come allora.

I salari tuttavia non sarebbero cosi' importanti per avere successo nell'esportazione delle auto di lusso, dice Bofinger "Sono solo una piccola parte dei costi di produzione". E anche se non fosse cosi': il trend verso un abbassamento dei salari in verità è iniziato verso la fine degli anni '90, chiaramente prima dell'Agenda 2010. "Era una strategia dei sindacati per difendere i posti di lavoro". Oggi Bofinger nel suo giudizio è chiaro come Sinn, solo che arriva alla conclusione opposta: "dell'Agenda 2010 non ho mai avuto una grande opinione".

La domanda chiave nella disputa sull'Agenda 2010: le riforme hanno davvero avuto un ruolo importante nell'abbassare il costo del lavoro per le imprese? Oppure la pressione sui salari è aumentata molto tempo prima? La verità probabilmente sta nel mezzo. "La fase di moderazione salariale è iniziata prima dell'Agenda 2010", dice Stefan Kooths, capo del centro per le previsioni economiche dell'Institut für Weltwirtschaft di Kiel. "Tuttavia l'Agenda aveva elementi che hanno spinto verso il basso soprattutto i salari delle persone meno qualificate".

E anche secondo Achim Wambach, presidente del Zentrum für Europäische Wirtschaftsforschung di Mannheim, la competitività economica non è migliorata solo grazie alla moderazione salariale. Una ulteriore condizione favorevole è stata creata dal governo Schröder quando nel 2000 ha permesso alle società di capitali di vendere esentasse le partecipazioni incrociate che le tenevano legate fra loro. In questo modo sono stati resi disponibili per gli investimenti miliardi di Euro. Era la fine del vecchio modello Deutschland AG - una "riforma che ha portato un grande dinamismo", dice Wambach. "E con l'Agenda 2010 non aveva nulla a che fare"

domenica 5 marzo 2017

Lettera aperta di Christoph Butterwegge a Martin Schulz

Christoph Butterwegge, professore di scienze politiche, ricercatore sul tema della povertà e recentemente candidato alla Presidenza della Repubblica per la Linke, scrive una lettera aperta al candidato alla Cancelleria della SPD, Martin Schulz: c'è bisogno di una coalizione rosso-rosso-verde per rimettere in discussione l'Agenda 2010 e superare gli errori del passato. Dal Kölner Stadt-Anzeiger. 


Lieber Martin Schulz,

pochi giorni fà Lei era seduto vicino a me in prima fila all'Assemblea Federale. Entrambi abbiamo scelto di fare della giustizia sociale il faro della nostra azione politica, per questo io ripongo in lei la speranza di un grande cambiamento politico nel nostro paese. Non posso tuttavia farmi illusioni su di un partito da cui nel 2005 sono uscito a causa dell'Agenda 2010 e delle leggi Hartz, e che nonostante all'epoca al Bundestag ci fosse una maggioranza rosso-rosso-verde abbia preferito dare vita ad una "Große Koalition" con la CDU.

Per queste ragioni molti militanti profondamente frustrati e milioni di ex elettori della SPD oggi proiettano le loro speranze e i loro desideri su di lei, sebbene negli anni passati la leadership del partito li abbia sempre delusi. Lei puo' essere orgoglioso delle migliaia di nuovi tesserati che dopo la sua nomina a candidato SPD - intelligentemente messa in scena da Gabriel - hanno scelto di entrare nel partito. Nel 1972, l'anno della campagna elettorale di "Willy", ci furono piu' di 100.000 nuovi tesserati sotto i 35 anni. Peccato che nonostante cio', il partito, che poco dopo avrebbe superato il milione di tesserati, oggi non abbia nemmeno la metà delle tessere che aveva allora. Da quando lei ha deciso di sfidare Angela Merkel sono soprattutto i giovani a voler entrare nella SPD, e questo ci mostra l'enorme fascino che gli ideali di solidarietà e giustizia sociale continuano ad avere in un periodo in cui il divario fra i ricchi e i poveri si è fatto sempre piu' profondo.

Mi pare che lei abbia riconosciuto la crescente disuguaglianza sociale come il problema principale nello sviluppo della nostra società, tuttavia non è andato oltre qualche accenno sul modo in cui i rapporti di distribuzione attuali potrebbero essere corretti. Se mettesse in discussione Hartz IV dovrebbe mettere in discussione il cuore delle riforme che Gerhard Schröder nel suo famoso discorso sull'Agenda 2010  all'epoca aveva ben illustrato. Le regole rigide e le sanzioni draconiane dei Jobcenter, soprattutto per gli under 35, non solo sono vessatorie per chi le subisce, ma hanno costretto i lavoratori, i consigli di cogestione e i sindacati ad accettare condizioni di lavoro peggiori e salari piu' bassi. Sono molto curioso di conoscere le sue proposte di modifica.

Quale vantaggio avrebbero i disoccupati dal prolungamento dell'indennità di disoccupazione per gli ultra-cinquantenni, se un quarto di tutti i nuovi disoccupati nemmeno ne ha diritto e la grande maggioranza dei disoccupati riceve un sussidio Hartz IV? Con le riforme Hartz, le indennità per i disoccupati di lungo periodo (erano tra il 53 e il 57% del salario netto) sono state sostituite da un'indennità di sussistenza minima, il sussidio Hartz IV appunto. Questo è stato di gran lunga il provvedimento piu' drastico nella storia del diritto sociale e del lavoro della Repubblica Federale. Su questo argomento non si puo' tacere se si vuole essere credibili quando si parla di giustizia sociale.

Mi conceda di dire che la SPD nell'ambito delle politiche dell'Agenda ha fatto diversi errori, che lei dopo l'elezione a Cancelliere vorrebbe correggere. In verità l'errore decisivo è stato proprio l'Agenda 2010 con il concetto collegato di stato sociale "attivante". I disoccupati sono stati messi in una posizione subordinata e passiva, si è cercato di farli sentire colpevoli per la loro condizione. Al contrario la politica dello stato sociale attivo, come fino ad allora lo avevamo conosciuto, si basa sulla convinzione che non sono le persone colpite ad essere pigre, ma l'economia e il sistema sociale nel quale esse vivono.

Lei, gentile Martin Schulz, limita la solidarietà in maniera eccessiva alla parte centrale della società e chiede giustizia sociale "per le persone che lavorano duramente e che rispettano le regole", come Bill Clinton aveva già fatto anni fà negli Stati Uniti, prima di sopprimere gli aiuti sociali. Milioni di disoccupati lavorerebbero molto volentieri, anche duramente, tuttavia non lo possono fare - in alcuni casi da decenni - a causa delle loro basse qualificazioni professionali, della chiusura di una fabbrica, o di una grave malattia. Il prossimo governo - si spera guidato da lei - dovrebbe prima di tutto occuparsi di queste persone disoccupate, per lo piu' svantaggiate e destinatarie di un sussidio, perché tutte le persone - non solo gli occupati e le persone rispettose della legge - hanno il diritto di vivere in condizioni dignitose.

Lo stesso vale per le piccole pensioni. La sua annunciata "stabilizzazione del livello delle pensioni" per milioni di lavoratori non servirà a molto, perché con i tagli introdotti dal governo rosso-verde, molti pensionati ormai sono vicini alla soglia di povertà. E' necessario ritornare al livello delle pensioni di fine anni '90 e quindi alla possibilità di garantire un tenore di vita dignitoso a chi ha decenni di anzianità lavorativa. Il rafforzamento della previdenza integrativa, recentemente introdotto dalla Große Koalition, indebolisce la previdenza obbligatoria pubblica ed espone i lavoratori al rischio dei mercati finanziari.

E' necessario rifiutare il concetto neo-liberale di giustizia sociale espresso dal precedente candidato SPD Peer Steinbrück, che nel 2003 si era pronunciato a favore di una giustizia sociale basata "sulla performance", posizione ribadita poco prima delle elezioni del 2013 con queste parole: "giustizia sociale significa fare una politica per coloro che si impegnano per il futuro del nostro paese: che apprendono e si riqualificano, che lavorano, che fanno figli e li educano, che fanno impresa e creano lavoro, in altre parole, di coloro che fanno qualcosa per sé e per la società. La politica deve occuparsi di loro". No, il nostro stato sociale deve occuparsi di tutti, anche di coloro che hanno problemi, anche e soprattutto di queste persone; dei disabili, dei senza tetto, dei tossicodipendenti, di tutti coloro che secondo le parole di Steinbruch non possono essere considerati dei "fornitori di prestazioni".

Negli ultimi sondaggi il suo partito è davanti alla CDU/CSU. Per mantenere fino al giorno delle elezioni del 24 settembre l'ondata di ottimismo scaturita dalla sua candidatura, oltre ad una leadership simpatica e divertente, saranno necessari un programma attraente, la prospettiva di una maggioranza credibile per la SPD e un progetto comune con i futuri partner di governo. In caso di una coalizione con la CDU, anche se Lei fosse il Cancelliere, non ci sarebbe alcuna speranza di trasformare in realtà un'agenda politica fondata sulla solidarietà e la giustizia sociale. Per fare cio' Lei avrà bisogno di una coalizione rosso-rosso-verde e di un ampio supporto nella società civile. SPD, Verdi e Linke sono uniti dalla richiesta comune di un'assicurazione sanitaria unica che dia allo stato sociale un nuovo e piu' solido fondamento e che possa rappresentare una piattaforma programmatica unitaria per la coalizione rosso-rosso-verde (SPD, LINKE e Verdi).

Non appena hanno sentito il suo appello per una maggiore giustizia sociale e intuito la possibilità di un reale cambiamento di direzione politica, i lobbisti, gli economisti neo-liberali e gli altri opinionisti ci hanno immediatamente messo in guardia: c'è il rischio di un crollo del sistema produttivo tedesco affondato dal peso crescente delle prestazioni sociali e del welfare. Considerando le reazioni rabbiose delle associazioni degli industriali, Lei avrà bisogno di piu' coraggio, come del resto ha chiesto anche il Presidente della Repubblica neo-eletto Frank-Walter Steinmeier nel suo recente discorso all'Assemblea Federale. Anche nel caso in cui Lei fosse eletto Cancelliere, senza una proposta politica di ambia portata non Le sarà possibile superare le fratture sociali e le aberrazioni politiche sviluppatesi a partire dall'inizio dello scorso decennio.

Mit solidarischen Grüßen

Ihr Christoph Butterwegge 

mercoledì 15 febbraio 2017

Martin Schulz, l'europeista nazionalista

Schulz l'europeista che risale nei sondaggi ed è in grado di sfidare Merkel e la CDU. Schulz grande speranza per l'Euro e l'Europa, dopo gli anni bui del merkelismo e dell'austerità, saprà rilanciare il progetto europeo? Secondo Taz.de è altamente improbabile, perché la SPD è storicamente piu' vicina agli interessi nazionali che non a quelli europei, e con Schulz non andrà diversamente. Un'analisi di Martin Reeh da Taz.de


La battuta "si è formato un gruppo di lavoro di socialdemocratici all'interno della SPD" nasce ai tempi dell'agenda 2010, oggi probabilmente ha perso un po' di smalto. Ma illustra in maniera abbastanza chiara il problema della SPD: fare una politica sociale perché ci si chiama socialdemocratici non è una cosa ovvia

Perché allora l'opinione pubblica crede che Martin Schulz sia un "europeo purosangue" (FAZ), un "convinto europeista" "(Tagesschau), "un europeo appassionato" ((Wirtschaftswoche), forse solo perché i leader della SPD lo vendono come un "grande europeista" (Frank-Walter Steinmeier)? 

Perché non dovrebbe esserlo?

Per rispondere a questa domanda bisogna andare a scavare un po' nella storia. Nel 1998 - Kohl è ancora Cancelliere, Lafontaine capo della SPD - Ingrid Matthäus-Maier tiene al Bundestag la madre di tutti i discorsi della SPD sull'Euro. All'epoca era portavoce del gruppo SPD sui temi di politica fiscale, e quel giorno parlò in qualità di principale relatore d'opposizione, Ministro delle Finanze era Theo Wagel (CSU).

Dobbiamo spiegare ai cittadini l'Euro in maniera comprensibile, disse lei: "Mi ricordo di un caso nel mio collegio elettorale nel 1994. Pochi giorni dopo la svalutazione della Lira stavo visitando l'acciaieria Klöckner-Mann­staedt. Il morale era a terra. Dobbiamo licenziare personale, mi dicevano. La Lira è andata giu'. Cinque giorni dopo gli italiani avevano cancellato tutti gli ordini a questa acciaieria tedesca. Avrebbero dovuto pagare le fatture in Marchi, a causa della svalutazione della Lira servivano molte piu’ Lire di quante non ne sarebbero state necessarie prima. Qualche giorno dopo hanno deciso di spostare tutti gli ordini in altri paesi. Questi esempi concreti ci mostrano che le turbolenze valutarie sono pericolose anche per il nostro paese. Per questa ragione l'Euro è una buona cosa, soprattutto per noi". 

Egoismo nazionale

Matthäus-Maier giustificava un progetto europeo con l'egoismo nazionale, sorvolava sul fatto che gli altri paesi avrebbero avuto dei problemi, a differenza della Germania - alla fine del discorso chiedeva un coordinamento delle economie, delle finanze e delle politiche fiscali europee dopo le elezioni del 1998, coordinamento che pero' non è mai arrivato: "Non è possibile che in Europa ci siano ancora dei paradisi fiscali e si pratichi il dumping fiscale su larga scala".

Con l'Agenda 2010, invece, la maggioranza rosso-verde inizia un'aggressione ai modelli economici dei paesi vicini. Piu' tardi con l'Eurocrisi, le profezie di Matthäus-Maier diventano realtà: Italia, Francia e Grecia non possono più' svalutare le loro valute, la Germania ne approfitta. Il sud Europa non riesce ad uscire dalla crisi. 

Pezzi del discorso di Matthäus-Maier si possono trovare ancora oggi fra le paraole dei leader socialdemocratici attuali, anche se con qualche piccola variazione. Il candidato alla cancelleria Schulz parla dell'industria automobilistica, invece dell'acciaio, e ci spiega perché l'Europa deve assolutamente mantenere l'Euro. Secondo Schulz, in una sua intervista del 2012, con la reintroduzione del Marco, "l'industria automobilistica tedesca non dovrebbe piu' avere paura solo dei cinesi, ma anche della Francia e dell'Italia, di Peugeot, Citroën e Fiat". L'Euro ai suoi occhi è un mezzo per proteggere i lavoratori specializzati che votano SPD, dalla concorrenza degli altri paesi europei.

Nella campagna elettorale del 2017 vuole far rivivere le promesse di armonizzazione fiscale europea fatte all'epoca da Matthäus-Meier: "Se il piccolo fornaio paga onestamente le tasse, ma la catena di caffetterie globali parcheggia i suoi utili in un paradiso fiscale, siamo di fronte a una grande ingiustizia. La lotta contro l'evasione fiscale sarà dunque una questione elettorale chiave", ha detto Schulz nella suo discorso inaugurale a Berlino.

Il populismo „Blame your neighbour" 

La SPD è il partito dello Status Quo nella politica europea. Ogni passo indietro nel processo europeo (ad esempio la fine dell’Euro) toccherebbe gli interessi del proprio elettorato, come del resto ogni passo in avanti verso il piu’ Europa (una assicurazione sociale comune, la messa in comune del debito, o le sanzioni per il surplus commerciale elevato). La sola eccezione è l’armonizzazione fiscale: mentre la Germania ha beneficiato dell’Euro, altri paesi come l’Irlanda o l’Olanda ottengono vantaggi dalle basse aliquote fiscali.

Se l'Europa dovesse mantenere l'Euro e unificare la tassazione, la Germania avrebbe un ulteriore vantaggio competitivo. Schulz, che come Matthäus-Maier non parla mai di cio' che le esportazioni tedesche causano all'estero, con la sua campagna sulle imposte sta portando avanti una politica populista del tipo "blame your neighbour".

I cambiamenti politici arrivano raramente da coloro che beneficiano dello status quo. I socialdemocratici hanno ampiamente supportato le politiche di austerità di Merkel e Schäuble. La richiesta di emettere gli Eurobond, e cioè la messa in comune dei debiti, Schulz l’ha sostenuta solo per un breve periodo. Per lui, in ultima analisi, era poco importante, come del resto la richiesta di un vasto programma di investimenti e crescita per tutta l'Europa. Per entrambi i progetti Schulz non ha combattuto in maniera credibile.

3 fasi nella politica europea

Nella politica europea socialdemocratica si possono distinguere a grandi linee 3 fasi: nella prima la SPD ignora completamente le richieste di solidarietà arrivate dai partiti fratelli europei, dalla Francia, dall’Italia e dalla Grecia. Quando nel 2013 si trova a negoziare nuovamente una Grande Coalizione, fra le condizioni per l'accordo non c'è una diversa politica europea. Isolato politicamente, François Hollande lancia un programma economico vicino agli interessi dell'economia, programma che di fatto renderà la sua ricandidatura impossibile. Il Pasok greco si è dissolto. Matteo Renzi si è dimesso.

Quando il centro lascia uno spazio politico libero, sebbene le condizioni siano difficili, altre forze si fanno avanti. Nella seconda fase vincono i partiti alla sinistra dei socialdemocratici. In Grecia, Syrizia conquista il potere nel 2015. Il suo tentativo di bloccare le politiche di austerità finisce durante una lunga notte di negoziati a Bruxelles. Verso i democratico-cristiani come Juncker, Schulz è sempre stato molto cordiale, il governo Tsipras invece percepisce immediatamente la sua ira: "sono stufo", annuncia Schulz. Un'uscita a sinistra dalla crisi dell'Eurozona, dopo l'inchino di Syriza, appare ormai alquanto improbabile.

Nel 2016 inizia la terza fase - i populisti di destra prendono il sopravvento: in Gran Bretagna vincono i sostenitori della Brexit. Nell'Inghilterra del Nord, a causa della migrazione di manodopera dall'est Europa, una parte dei lavoratori vota Si'. Quando i britannici chiedono di mantenere un accesso privilegiato al mercato interno dell'UE, Schulz risponde che la libertà di movimento dei lavoratori non è negoziabile. Per non stravolgere il senso del referendum sulla Brexit, Theresa May annuncia una "Hard Brexit". Promette alle aziende imposte piu' basse e dà vita ad un'alleanza con Trump.

La solidarietà nazionalista con Merkel

Questo è il bilancio nella gestione dell'Eurocrisi della SPD: nessuna alleanza con i socialdemocratici europei, piuttosto la scelta di una solidarietà nazionale con Merkel. Come conseguenza la fine dei governi socialdemocratici in Francia e in Italia. La sconfessione dei partiti a sinistra. Alla fine: aver spinto i britannici verso una "Hard Brexit", e quindi l'annessa minaccia di concorrenza fiscale in Europa e la conseguente alleanza con Trump contro l'UE.

Ma le egemonie non durano all'infinito, come la buona congiuntura tedesca. Il surplus commerciale tedesco negli ultimi tempi è stato messo sotto pressione. In primo luogo grazie ad una politica piu' isolazionista degli Stati Uniti e della Gran Bretagna. Secondo, perchè anche altri paesi potrebbero applicare riforme simili all'Agenda 2010 - ad esempio Emannuel Macron in Francia se dovesse vincere. Terzo, perché potrebbe esserci l'uscita di uno o piu' paesi dall'Euro, nel caso in cui Marine Le Pen dovesse vincere. 

Come reagirebbe la SPD guidata da Martin Schulz? Prendiamo il passato come esempio: in caso di uscita della Francia o dell'Italia, ci sarebbe sicuramente un'espulsione dura. E in politica interna? Schulz ancora oggi sostiene che l'Agenda 2010 "è stata la risposta giusta ad una fase di stagnazione". Vale a dire: se il boom dell'export dovesse fermarsi, i tagli sociali tornerebbero al centro della discussione politica?

Il concetto della SPD è il seguente: se vuoi che per i tuoi elettori le cose vadano bene, allora ai tuoi vicini di casa europei devono andare male. Se la SPD fosse stata veramente pro-europea, avrebbe già da tempo trovato un accordo comune con i suoi partiti fratelli nell'UE: sul salario minimo, sugli investimenti, sulle assicurazioni sociali, sulle tasse, sulle sanzioni per gli eccessi negli avanzi commerciali. Avrebbe spiegato ai suoi elettori che a Volkswagen deve andare un po' peggio, affinché le cose per Fiat e Peugeot possano andare un po' meglio.

Invece, la Germania con l'Agenda 2010 ha esportato la sua crisi economica all'estero. Donald Trump, Theresa May, Emmanuel Macron e Marine Le Pen lavorano affinché la crisi torni di nuovo in Germania.