martedì 17 aprile 2018

Come CDU e Merkel si preparano ad affondare le riforme europee di Macron

A Berlino Merkel e la CDU preparano le grandi manovre per affondare il piano di riforme di Macron e rimandare la temuta unione di trasferimento. Al di là dei sorrisi e delle strette di mano nei vertici franco-tedeschi, Macron e gli amici del + Europa alla fine resteranno alquanto delusi. Ne parla die Welt.


CDU e CSU in materia di politica europea iniziano a sentire il fiato sul collo di FDP e AfD. Per questa ragione alla fine della scorse settimana il gruppo parlamentare dell'Unione ha fatto uscire un documento volto a frenare la trasformazione del Fondo europeo di salvataggio (ESM) in un Fondo monetario europeo (FME). 

Martedì (oggi) il gruppo parlamentare dell'Unione al Bundestag intende sottoporre il documento a votazione. A quanto pare anche la SPD sarebbe d'accordo sul contenuto del documento, il cui obiettivo sarebbe proprio quello di spingere il governo federale a rallentare il passo delle riforme europee a Bruxelles. 

In sostanza l'Unione sta cercando di fermare la trasformazione dell'ESM in un fondo monetario europeo utilizzando una motivazione di carattere tecnico: la Commissione europea per fare questa modifica avrebbe scelto il percorso sbagliato. Bruxelles propone infatti di introdurre il FME nell’ordinamento europeo attraverso un semplice "regolamento complementare" senza la necessità di modificare i trattati europei ed escludendo i parlamenti nazionali, argomentano in maniera critica CDU e CSU. Nel loro documento invece, CDU e CSU chiedono una modifica dei trattati europei

SPD: segnale fatale per i paesi europei 

Questo approccio tuttavia causa qualche frizione fra Unione e SPD. "L'Unione vorrebbe sfruttare un argomento puramente tecnico, per inviare un segnale politico", si dice all’interno della SPD. E questo potrebbe essere fatale. Perchè in Francia questo approccio sarebbe percepito come un ulteriore blocco alle proposte del presidente francese Emmanuel Macron. 

I socialdemocratici perciò chiedono di fare riferimento all’accordo di coalizione secondo il quale: "L'ESM dovrà essere trasformato in un nuovo fondo monetario europeo controllato dai parlamenti e ancorato al diritto dell'unione", è scritto nel documento. "I diritti dei parlamenti nazionali restano pertanto inalterati". 

La SPD insiste affinché l'Unione si attenga a questo accordo. Questo passaggio inserito nell'accordo di coalizione sarebbe anche un segnale incoraggiante per i partner dell'eurozona, almeno cosi’ si dice nel gruppo parlamentare socialdemocratico. L'Unione con il suo atteggiamento vorrebbe trasformare la natura degli accordi di coalizione. E questo sarebbe un problema serio, visto che da tempo Angela Merkel invia a Macron segnali di disponibilità a collaborare. 

Pressione dall'opposizione 

La SPD vorrebbe una parola chiara da parte della Cancelliera sulla questione: "dovrebbe ricordare ai membri del suo partito il loro programma elettorale - nel quale proponevano appunto la creazione di un fondo monetario europeo", ha detto il parlamentare della SPD Carsten Schneider in un'intervista alla „Augsburger Allgemeinen“. E anche Schneider ha lanciato una minaccia: la SPD in ogni caso non è disponibile ad altri anni di interruzione e blocchi. 

La condotta dell'Unione è alquanto sorprendente. Era stato proprio Wolfgang Schäuble, ora presidente del Bundestag e precedente ministro delle finanze, a lanciare l'idea di un FME. La Cancelliera aveva tacitamente sepolto il progetto e al suo posto aveva invece coinvolto il FMI nei programmi di salvataggio dell'eurozona. 

Quando il presidente francese Macron dopo la vittoria elettorale ha iniziato la campagna per la creazione di un ministro delle finanze europeo, Schäuble aveva rispolverato la vecchia idea di un FME da contrapporre alle proposte francesi. 

Critiche anche all'interno dell'unione 

Al momento non c'è nulla di ufficiale da parte della Cancelliera. Presumibilmente è stata informata in anticipo sul comportamento del gruppo. E non vi si è opposta, almeno cosi’ si dice negli ambienti del partito. Pertanto il documento, che sarà votato martedi' nel gruppo parlamentare, è stato redatto d'accordo con lei. 

Questo atteggiamento non causa perplessità solo nella SPD. Anche dalle proprie fila arrivano delle critiche. "Il tono del gruppo parlamentare dell'Unione è inaccettabile", ha detto il Commissario UE Günther Oettinger in un’intervista alla FAZ domenica scorsa in merito alla mozione del gruppo. "Mettono in pericolo l'intera ripartenza dell'Europa. Mi aspetto che i leader di partito e i capigruppo nei prossimi giorni possano chiarire". 

Nel gruppo parlamentare le critiche vengono accolte con una certa consapevolezza. Nessuno vuole rendere troppo facile la vita alle opposizioni. Che un compromesso nella discussione sulle regole di funzionamento dell'ESM sia possibile, tuttavia non è stato indicato nel documento del gruppo parlamentare. La domanda ora è un‘altra: come potranno fare la SPD e l'Unione a mettersi d'accordo sulla questione?


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domenica 15 aprile 2018

Perché la CDU vuole bloccare l'unione di trasferimento

Il gruppo parlamentare della CDU al Bundestag manda un messaggio chiaro al governo: non c'è una maggioranza per le riforme europee proposte da Macron, l'unione di trasferimento resta politicamente insostenibile e al Bundestag non passerà. Merkel è avvisata. Le riforme proposte dal presidente francese sempre piu' destinate al fallimento. Ne parla la Süddeutsche Zeitung 


Il giorno dopo la riunione del governo federale a Meseberg il gruppo parlamentare della CDU al Bundestag giovedì' scorso ha voluto lanciare un messaggio urgente. La "situazione politica interna non è cosi' semplice" e non consente di trovare rapidamente un accordo sulle riforme europee, ha detto il vice-presidente del gruppo parlamentare CDU Ralph Brinkhaus. "Non credo che entro il vertice di fine giugno ci saranno progressi sostanziali", ha detto il politico della CDU. Il maggiore gruppo parlamentare non ritiene sia necessario avere fretta. "Se è vero che dei passi sostanziali in avanti possono essere fatti solo con una nuova Commissione UE, allora sarà cosi'".

Brinkhaus ha voluto chiarire che l'Unione non è disposta a mettere a rischio la maggioranza di governo per portare avanti le riforme europee. Le elezioni europee si terranno a maggio del prossimo anno e la nuova Commissione assumerà i pieni poteri presumibilmente entro la fine del 2019. A quel punto il presidente francese Emmanuel Macron avrà dietro di sé la metà del suo mandato e i suoi piani di riforma sarebbero ormai considerati un fallimento.

Fondo monetario europeo? Bilancio per la zona euro? La Bulgaria nell'euro? Meglio di no

La Cancelliera Merkel durante la sua visita inaugurale di metà marzo a Parigi aveva promesso di voler affrontare congiuntamente i piani di riforma europea e aveva parlato di una data obiettivo: "Dobbiamo necessariamente ottenere dei risultati entro giugno". Alla fine di giugno si terrà a Bruxelles il vertice dei capi di stato e di governo dell'UE, entro quella data la Große Koalition avrebbe voluto trovare un accordo sulle proposte di Macron per la riforma dell'UE, compresa la politica per l'eurozona e le politiche di asilo.

Poiché non si può' sapere esattamente se Merkel con il suo "ottenere dei risultati" in realtà intendeva anche un "progresso sostanziale" sul tema delle riforme, non è possibile dire se il vice-capogruppo abbia voluto lanciare un messaggio urgente. Che dovrebbe essere piu' o meno questo: anche se Merkel volesse realmente dei progressi sostanziali, non riuscirà ad imporsi contro il Bundestag. E li', secondo Brinkhaus, i deputati dell'Unione difficilmente accetteranno dei piani di riforma europei che potrebbero essere interpretati come una forma di trasferimento da parte della Germania a favore degli altri stati. Tali decisioni metterebbero le ali ai partiti euroscettici come AfD, la Linke e "sempre più la FDP". Pertanto difficilmente l'Unione potrà accettare un fondo monetario europeo o un bilancio proprio per la zona euro. Oppure l'ingresso della Bulgaria nell'euro. Già durante il voto sul terzo programma di aiuti alla Grecia nel 2015 c'erano stati piu' di 60 voti contrari provenienti dall'Unione. "Non possiamo piu' permettercelo" ha detto Brinkhaus. "La maggioranza semplicemente non ci sarebbe piu".

Brinkhaus ha anche detto che il suo gruppo parlamentare nei prossimi giorni avrebbe trovato un punto di' incontro anche con la SPD e ipotizza che "sia possibile raggiungere una posizione comune in modo da restare uniti". LA SPD, sotto l'allora ex segretario Martin Schulz, durante i negoziati per la coalizione aveva insistito nel voler perseguire una politica europea offensiva. Dopo l'uscita di scena di Schulz tuttavia non c'è piu' nessuno a mettere pressione. Alla Cancelleria il personale responsabile per le politiche europee è lo stesso di sempre. Al Ministero delle Finanze c'è Olaf Scholz, un socialdemocratico. Che l'Europa per lui sia al primo posto ancora non sembra essere cosi' chiaro.

L'Unione sta anche cercando di non concedere a Scholz un margine di manovra troppo ampio sulla politica europea. "L'Europa deve spostarsi dal Ministero delle Finanze", ha detto Brinkhaus. "E' un errore" aver ridotto l'Europa ad una mera questione di soldi. E' necessario rafforzare la lotta comune contro il terrorismo e la protezione delle frontiere esterne. Non e' privo di ironia il fatto che il gruppo parlamentare della CDU, proprio ora che non esprime piu' il Ministro delle Finanze, chieda con insistenza di ridurre l'influenza del Ministero delle Finanze sulla politica europea.

Brinkhaus ha voluto anche rassicurare che l'Unione non deve essere considerata come un freno in materia di politiche europee, piuttosto "come un elemento critico". E' voluta intervenire in una fase iniziale per impedire che ai vertici UE vengano prese decisioni su cui poi in seguito sarà costretta solo a dire si'. "Vogliamo essere coinvolti in anticipo". E anche questo a sua volta suona come un messaggio urgente per Merkel.

giovedì 12 aprile 2018

Anche nel 2017 prosegue la diaspora italiana in Germania

I dati appena pubblicati dall'ufficio statistico tedesco certificano un enorme flusso migratorio dall'Europa verso la Germania: nel corso del 2017 l'afflusso netto dall'UE è stato di oltre 420.000 unità. Anche per gli italiani prosegue la tendenza migratoria avviata nel 2011 con le manovre restrittive del governo dei professori: nel corso del 2017 l'immigrazione netta dal nostro paese è stata di circa 32.000 unità. Dal 2011, l'anno dei salvataggi che non ci hanno salvato, e fino al 2017, in soli sei anni gli italiani in Germania sono passati da 520.000 a oltre 643.000. 

La domanda è semplice: si tratta di una sana mobilità intraeuropea oppure di una nuova forma di colonialismo demografico? 

I dati forniti dall'ufficio statistico tedesco sono mediamente piu' affidabili di quelli forniti dall'Istat visto che spesso molti emigranti italiani per varie ragioni non si iscrivono all'Aire. La pubblicazione completa è disponibile su Destatis.de


Stranieri secondo la nazionalità


Residenti stranieri con una cittadinanza europea dal 2010 al 2017:



Anni 2010-2011

2012-2013

2014-2015

2016-2017

Popolazione straniera per Laender di residenza e nazionalità al 31-12-2017:


Stranieri per Laender di residenza e nazionalità


Stranieri per Laender di residenza e nazionalità
Stranieri per Laender di residenza e nazionalità

mercoledì 11 aprile 2018

Hast du mal nen Euro?

Se i tedeschi del sud non ne vogliono sapere di pagare per i berlinesi che reputano fannulloni e spreconi, perché dovrebbero avere cosi' tanta voglia di finanziare i disoccupati francesi, italiani o spagnoli, come invece chiedono con insistenza Macron e tutti gli amici del + Europa? Il Ländernanzausgleich, il meccanismo per trasferire denaro fra i Laender ricchi del sud e quelli (relativamente) poveri dell'est ha i giorni contati ed entro il 2020 dovrebbe essere smantellato. Era diventato ormai cosi' impopolare e politicamente insostenibile da spingere Baviera ed Hessen a presentare un ricorso alla Corte Costituzionale tedesca. Ne parla Handelsblatt.com

Markus Söeder, presidente della Baviera, a carnevale si diverte prendendo in giro gli scrocconi berlinesi


C'è una parola di 21 lettere che fa arrabbiare un sacco di gente. Ländernanzausgleich! (perequazione finanziaria). Dietro questo nome c'è un sistema con il quale lo stato trasferisce denaro dai Laender più' ricchi a quelli piu' poveri. Lo scorso anno la somma complessiva trasferita ha raggiunto il livello record di 11.2 miliardi di euro. Lo ha comunicato giovedì' scorso il Ministero delle Finanze tedesco. 



I dati in breve: i Bundeslaender piu' ricchi sborsano denaro che finisce ai Laender piu poveri del nord e dell'est. Nel 2017 la Baviera, con 5.9 miliardi di euro, fra i Laender, è stato il piu' grande pagatore, alle sue spalle ci sono il Baden-Württemberg e l'Hessen. Il piu' grande percettore è stato invece Berlino con 4.2 miliardi di euro ricevuti - piu' di un terzo della somma complessiva. In totale, piu' di due terzi del denaro redistribuito è andato verso i Laender dell'est. 

Il Ländernanzausgleich è un sistema creato per redistribuire denaro fra i diversi Bundesländer tedeschi. L'idea di fondo: le regioni finanziariamente piu' forti devono aiutare quelle piu' deboli. L'obiettivo è fare in modo che ovunque in Germania i cittadini abbiano a disposizione strade buone, oltre a scuole e ospedali decenti. Non tutti i Bundesländer tedeschi, infatti, offrono le stesse precondizioni per il successo economico. 

Secondo la Costituzione (art. 107, par. 2, frase 1) è compito dello stato "bilanciare adeguatamente la diversa capacità finanziaria delle regioni". 

Nel Baden-Württemberg ad esempio - il Bundesland che fin dall'introduzione della perequazione è stato un contribuente netto - hanno la loro sede molte imprese economicamente e finanziariamente forti: produttori di auto come Daimler e Porsche, componentistica come Mahle e Bosch, l'azienda di software SAP e il gruppo tessile Hugo Boss - solo per citarne alcune. 


Sebbene queste grandi aziende abbiano filiali in tutta la Germania, la maggior parte delle imposte viene pagata nel luogo in cui si trova la sede centrale, vale a dire laddove si paga l'imposta sulle società.

Allo stesso tempo i lavoratori impiegati presso queste aziende spesso hanno dei buoni stipendi. Una parte dei redditi percepiti viene ovviamente pagata allo stato centrale sotto forma di imposta sul reddito. Chi guadagna di piu', deve anche pagare di piu' - e sugli acquisti pagherà altre tasse: cioè l'imposta sul valore aggiunto, anche questa va allo stato centrale. 

Per questa ragione le entrate fiscali pro-capite nelle regioni economicamente piu' forti come la Baviera e il Baden-Württemberg oppure l'Hessen sono decisamente piu' alte rispetto a quelle di altre zone della Germania. Soprattutto nelle regioni della Germania dell'est non ci sono grandi imprese che hanno localizzato la loro sede centrale in uno di questi Laender. 


Perché è proprio la Baviera il piu' grande paese donatore nella perequazione finanziaria? 

I contribuenti netti sono i Laender che devono trasferire alle altre regioni una parte del denaro proveniente dalle loro entrate fiscali. La Baviera è il piu' grande contribuente netto, perché l'economia va bene, la disoccupazione è bassa - e perché molte grandi imprese hanno la loro sede in Baviera, esattamente il contrario di quanto accade nella Germania dell'est. 

Un esempio lo rende particolarmente chiaro: nel capoluogo regionale Monaco di Baviera ci sono oltre 1.3 milioni di abitanti, con oltre 28.000 imprese che pagano alla regione le imposte sulle società. 

Al contrario, nel distretto SpreeNeiße in Brandeburgo, con una superficie 5 volte superiore e con soli 128.000 abitanti, ci sono meno di 1.000 imprese. Lo mostrano i dati dello Statistisches Bundesamt. 

La Baviera ovviamente è alquanto contrariata dal dover trasferire ogni anno diversi miliardi di euro alle altre regioni. "La perequazione finanziaria incentiva il dolce far niente", ha detto qualche tempo fa in un'intervista il Presidente bavarese Markus Söder. Il miglior luogo per custodire il denaro bavarese è proprio la Baviera - "e non Berlino". Söder anche a carnevale ha voluto scherzare sull'argomento (foto in alto). 

La cosa interessante: i bavaresi, che si lamentano sempre e in maniera alquanto chiassosa per la perequazione finanziaria, in passato sono stati per molti anni una regione percettrice di trasferimenti. Dal 1950 fino al 1986 hanno incassato denaro dai Laender piu' ricchi. In totale 3.4 miliardi di euro, come calcolato dal Ministero delle Finanze. 

Solo negli anni '90 la Baviera è diventato un Land donatore e da allora ha pagato ogni anno almeno un miliardo di euro alle altre regioni. Nel complesso da allora la Baviera ha pagato piu' di 63 miliardi di euro. 

Cosa succederà alla perequazione finanziaria dal 2020? 

Il Ländernanzausgleich nella sua forma attuale terminerà a fine 2019. Dal 2020 sarà lo stato centrale a dover trasferire denaro alle regioni piu' povere. Lo ha deciso con una legge il governo federale nell'agosto del 2017. Il motivo: i Laender piu' ricchi come la Baviera sostengono che la perequazione non puo' essere un incentivo per migliorare le condizioni economiche. 

Secondo il motto: il denaro alla fine arriva sempre a Berlino. Al contrario la perequazione finanziaria nelle regioni piu' povere non crea nessun incentivo al miglioramento economico e fa in modo che le regioni piu' arretrate non si impegnino per cambiare le cose. E questo alla fine danneggerebbe l'intera economia tedesca. Nel 2013 la Baviera e l'Assia hanno addirittura presentato alla Corte Costituzionale tedesca un ricorso contro il sistema della redistribuzione fra le regioni. Dopo la nuova legge del 2017 tuttavia hanno deciso di ritirarlo.

Sullo stesso argomento: Anche in Germania c'è un po' di Grecia


giovedì 29 marzo 2018

Perché in realtà nessuno si sogna di mettere in discussione Hartz IV

Qualcuno nella SPD ha provato a lanciare l'idea di un "reddito di base solidale" come alternativa ad Hartz IV. I vertici del partito socialdemocratico non hanno perso tempo nel far sapere che Hartz IV, con il suo carrozzone fatto di sanzioni, corsi di formazione obbligatori e impiegati zelanti non è affatto in discussione. Mark Schieritz su Die Zeit con un commento molto interessante ci spiega perchè il superamento di Hartz IV al momento è impensabile: si dovrebbe aumentare il salario minimo fissato dalla legge mettendo in pericolo interi settori fondati sul lavoro a basso costo. Ne parla Die Zeit.


In realtà dovremmo essere grati a Jens Spahn. Con le sue dichiarazioni controverse su Hartz IV ha involontariamente avviato un dibattito atteso da tempo, e cioè se il reddito minimo statale nella sua forma attuale possa essere ancora considerato adeguato ai tempi. La risposta è no.

Quando Hartz IV fu introdotto, la Germania era un paese con oltre cinque milioni di disoccupati e un debito pubblico in rapida crescita. Oggi, in alcune regioni c'è la piena occupazione e il debito pubblico sta diminuendo. Si può discutere a lungo su quanto l'introduzione di Hartz IV abbia contribuito a questa inversione di tendenza, ma una cosa è chiara: oggi rispetto ad allora dal punto di vista economico è molto piu' difficile giustificare il fatto che il governo deve risparmiare proprio su coloro che comunque hanno poco o nulla.

Perché è quello che accade: le tariffe standard non tengono conto, ad esempio, del fatto che l'elettricità è diventata sempre più cara, e che non sono previste spese per l'alcol o il tabacco. E chi non si presenta ad un appuntamento all'Arbeitsamt deve aspettarsi un ulteriore taglio al sussidio - solo tra ottobre 2016 e settembre 2017 ci sono stati 965.000 casi in cui sono state applicate sanzioni. Le stime lo mostrano chiaramente: se Hartz IV dovesse consentire una vita dignitosa con un minimo di partecipazione sociale, bisognerebbe aumentare le indennità di 50 o 100 euro al mese.

L'aumento dei sussidi tuttavia è solo uno fra gli elementi necessari di una riforma. Perché se lo stato decidesse di spendere di piu' per le persone bisognose, potrebbero esserci diversi effetti collaterali indesiderati. Probabilmente non varrebbe piu' la pena cercarsi un lavoro oppure passare da un lavoro part-time a basso reddito a uno a tempo pieno - perché di fatto il sostegno statale viene meno quando il reddito aumenta, mentre si iniziano a pagare le tasse e le imposte. Più lordo, in determinate circostanze, può significare anche meno netto. Chiunque cercasse di rendersi indipendente dai sussidi statali verrebbe punito finanziariamente.

Per inciso, questo è anche il motivo per cui Hartz IV, anche in una fase con entrate fiscali copiose come questa, non può essere aumentato a piacere. Almeno non senza paralizzare una parte significatica del mercato del lavoro tedesco. Ma ciò non significa che non si possa fare nulla. Il governo dovrebbe affrontare la questione in maniera sistemica: il salario minimo probabilmente dovrebbe essere aumentato, la tassazione sui redditi piu' bassi dovrebbe scendere e i diversi trasferimenti statali - indennità di alloggio, assegni familiari, sicurezza di base - dovrebbero essere  meglio coordinati. Nell'accordo di coalizione fra Unione e SPD ci sono alcune buone idee, ma non vanno abbastanza lontano. Anche perché un simile attacco al settore a basso salario costerebbe probabilmente miliardi.

E poi c'è la questione su cosa dovrebbe effettivamente accadere a coloro che non trovano un lavoro regolare - ad esempio, perché sono disoccupati da così tanto tempo che non hanno piu' alcuna possibilità di essere collocati sul mercato del lavoro regolare. Per queste persone la SPD vorrebbe introdurre un cosiddetto "reddito di base di solidarietà", una sorta di mercato del lavoro statale per i disoccupati di lunga durata. Cosa dovrebbe significare nel dettaglio non è ancora chiaro.  Ad esempio, le persone coinvolte potrebbero essere impiegate da aziende municipali per svolgere lavori socialmente utili retribuiti: pulizia dei parchi, mantenimento degli edifici pubblici in buone condizioni, allenamento delle squadre giovanili nelle associazioni sportive.

Per questa ragione, il "reddito di base di solidarietà" differisce in maniera fondamentale dal reddito di base incondizionato, che invece resta popolare in alcune aree della sinistra.  Nel concetto di reddito di base incondizionato il lavoro è inteso come un male da evitare, motivo per cui tutti dovrebbero avere il diritto di accedere ai sussidi statali, indipendentemente dal fatto che lavorino o meno. I sostenitori del reddito di base di solidarietà, invece, considerano il lavoro come un mezzo per la partecipazione sociale, quindi chiunque sia in condizione di farlo dovrebbe avere la possibilità di lavorare.

E' decisamente piu' probabile che la realtà della vita in un moderno stato industriale si avvicini a questo modello.

Sullo stesso argomento: La nuova frontiera di Hartz IV

mercoledì 28 marzo 2018

Thilo Sarrazin: il miglior consiglio per gli italiani è quello di uscire dall'euro

Thilo Sarrazin è un ex dirigente della SPD, è stato nel board della Bundesbank e parlamentare della città di Berlino. Intervistato sulla moneta unica da Focus ha un consiglio da dare agli italiani: per voi sarebbe molto meglio uscire dall'euro. La stampa popolare tedesca continua con una narrazione dell'eurocrisi fondata su pregiudizi e cliché: il tentativo dei sud-europei di impossessarsi dei risparmi tedeschi per poter continuare a vivere al di sopra dei propri mezzi, ovviamente a spese dei contribuenti del nord. Da Focus.de 


Focus: in Italia gli euroscettici recentemente hanno ottenuto quasi il 50% dei voti. L'euro ha ancora un significato?

Sarrazin: mi lasci rispondere. L'euro ha tre funzioni. Primo: è una valuta, con la quale paghiamo. Secondo: molti hanno sperato che con l'euro le condizioni economiche generali sarebbero migliorate. Ma non è andata cosi'. E terzo, l'euro è il veicolo per l'integrazione europea. Tuttavia anche in questo compito è fallito, è accaduto esattamente il contrario.

Focus: cio' ha a che fare anche con le differenze culturali fra i paesi?

Sarrazin: abbastanza, noi tedeschi abbiamo fiducia nelle nostre istituzioni e abbiamo una avversione storica nei confronti del debito e dell'inflazione. I paesi del sud sono meno disposti a scendere a compromessi e guardano di più' ai loro interessi. Questo è il motivo per cui esiste un altro approccio verso i conflitti politici, la cui soluzione spesso tende ad essere procrastinata.

Focus: che cosa significa concretamente?

Sarrazin: se non si riesce a trovare un accordo sulla politica di bilancio e sui tagli alle spese o sull'aumento delle tasse, allora si finisce per fare piu' debito. Questa fino ad ora è stata la via italiana. Per questo l'Italia fin dalla seconda guerra mondiale ha avuto un'inflazione piu' alta e ha fatto piu' debiti della Germania. In passato non era un problema, ma ora abbiamo una moneta comune che richiede una certa disciplina di bilancio.

Focus: che non c'è...

Sarrazin: ....e questo è diventato il modo italiano per risolvere i problemi.  I partiti che hanno vinto le ultime elezioni sono quelli che dicono: non ne vogliamo piu' sapere dei diktat finanziari tedeschi. Che si può' anche tradurre cosi': ci piace avere l'euro per comprare auto tedesche a buon mercato, ma non abbiamo nessuna voglia di rispettare le regole sul debito. Inoltre, non possono piu' svalutare la loro valuta per vendere ad un prezzo piu' competitivo i loro prodotti. Tutto cio' in Italia sta producendo grande frustrazione.

Focus: l'economista Heiner Flassbeck sostiene che la Germania nell'ambito dell'eurozona stia praticando un damping valutario, perché l'euro per la Germania è una moneta troppo debole.

Sarrazin: Flassbeck in parte ha ragione. L'euro è davvero troppo debole per noi. In realtà stiamo vendendo i nostri beni ad un prezzo troppo basso, e in questo modo rinunciamo ad una parte della nostra prosperità. Potremmo chiedere molto di piu' per i nostri prodotti. Ma Flassbeck ha anche torto perché da quando c'è l'euro la quota del commercio estero con i paesi dell'euro è diminuita costantemente. Il commercio con i paesi non-euro sta crescendo in maniera decisamente piu' forte.

Focus: perché è così?

Sarrazin: se l'economia in paesi come Francia e Italia non cresce, ovviamente non aumenta nemmeno il potere d'acquisto di quei paesi. L'euro ha influenzato negativamente la crescita nell'Europa meridionale, mentre nell'Europa del nord non ha avuto un effetto positivo.

Focus: ma se la Germania uscisse dall'euro avremmo un D-Mark decisamente piu' forte.

Sarrazin: non ho chiesto che sia la Germania ad uscire dall'euro. Ma alcuni paesi dell'europa del sud starebbero sicuramente meglio senza l'euro. Dobbiamo tornare alle regole del Trattato di Maastricht. E in quei trattati non vi è alcuna indicazione che la Germania debba garantire per i buchi di bilancio dei paesi economicamente piu' deboli. L'unione monetaria non dovrebbe essere una unione dei debiti.

Focus: in realtà è cio' che sta accadendo. Ci puo' spiegare nuovamente perché il denaro tedesco è sul fuoco?

Sarrazin: ci sono diversi meccanismi, in totale ce ne sono cinque, se si include il bilancio UE. La cosa peggiore è: io temo che la maggior parte degli economisti non abbia ancora compreso tutti i meccanismi.

Focus: proviamoci ancora una volta

Sarrazin: inizio dai saldi Target. Gli stati hanno due opzioni per finanziare i disavanzi delle partite correnti. Da un lato con il debito, dall'altro con il sistema Target-2. La BCE permette la creazione di enormi saldi negativi per i singoli stati, come se si trattasse di una linea di credito. Alla fine si tratta di paesi che come l'Italia e la Grecia sono indebitati con la BCE. Dietro però ci sono i crediti dei paesi che nel sistema sono dei pagatori, come la Germania.

Focus: come si è arrivati a questa situazione?

Sarrazin: l'unione monetaria è nata con l'idea che doveva esistere una moneta comune, ma nessun sistema di responsabilità comune. Questo approccio è venuto meno con il salvataggio della Grecia nel 2010. Da allora abbiamo una unione di responsabilità, ad esempio con il sistema Target 2 oppure con il meccanismo europeo di stabilità (ESM)

Focus: ... il fondo europeo di salvataggio per gli stati in difficoltà.

Sarrazin: giusto, e in quel fondo - come lei sa, la Germania è il maggiore contribuente netto. In casi estremi si potrebbe arrivare a 190 miliardi di euro per la Germania.

Focus: la richiesta di un sistema europeo di garanzia dei depositi si fa sempre piu' forte: che cosa significa per il risparmiatore tedesco?

Sarrazin: un'assicurazione europea sui depositi è un altro passo verso questa unione basata sulla messa in comune del debito. Quando si parla di assicurazione sui depositi, si tratta di garantire che i depositi dei clienti siano protetti nel caso in cui la banca fallisca. Abbiamo tre sistemi di garanzia dei depositi in Germania: per le banche private, per le casse di risparmio e per le Volks- e Raiffeisenbanken. E se questi sistemi non dovessero essere sufficienti,interviene lo stato, come è accaduto nel 2008...

...un'assicurazione sui depositi è una messa in comune delle garanzie. Tutte le banche che fanno parte dell'assicurazione garantiscono per una singola banca. Ora molti paesi del sud e dell'Europa dell'ovest, che vogliono portare avanti l'unione monetaria, vorrebbero creare un sistema di responsabilità comune per tutte le banche europee.

Focus: alcune banche in Europa pero' stanno già traballando, specialmente in Italia

Sarrazin: in Spagna, Francia e nella Repubblica Federale, le banche sono sostanzialmente stabili. Sono alquanto instabili in Grecia ma anche in Italia. Le banche italiane, in particolare, nei loro bilanci hanno ancora molti crediti inesigibili.

Focus: l'economista  Markus Krall  ha recentemente parlato di "un oleodotto" che va dalla Germania alla Sicilia

Sarrazin: me lo lasci dire. Vengono create delle condutture affinché i paesi del sud possano continuare a spillare denaro. Si tratta dei saldi Target, del meccanismo europeo di stabilità (ESM), come di una possibile unione basata sulla responsabilità comune. Solo la semplice esistenza di una condotta non significa necessariamente che in quella tubatura scorra del denaro.

Focus: ma questo è esattamente il motivo per cui la condotta è stata creata.

Sarrazin: corretto. Cio' significa: quante piu' tubature ci sono, maggiore sarà il rischio che in una seduta notturna a Bruxelles si decida che di fatto dovranno effettivamente scorrere soldi. Per questa ragione io dico: quante meno tubature possibile!

Focus: ecco lo scenario: diciamo che i tassi di interesse della zona euro aumentano e che i costi per il servizio del debito per i paesi indebitati stanno aumentando. A un certo punto queste condutture vengono aperte, e noi tedeschi dobbiamo pagare. Giusto?

Sarrazin: sì è giusto. Lasciatemi dire qualcosa sulla politica dei tassi di interesse. Abbiamo ancora dei tassi di interesse estremamente bassi. Se sei un risparmiatore, allora sai cosa cio' significa per i tuoi risparmi.

Focus: sfortunatamente, niente di buono per i risparmiatori tedeschi.

Sarrazin: questa politica dei tassi di interesse non è stata fatta secondo gli standard e le necessità tedesche. Considerando la forza dell'economia tedesca, anche un tasso di interesse del tre, quattro o cinque per cento sarebbe assolutamente accettabile. Anche se i bilanci pubblici dovessero pagare più interessi, sarebbe comunque fattibile. I tassi di interesse sono mantenuti artificialmente bassi dalla BCE.

Focus: parlando di lavoro, fortunatamente, in Germania abbiamo un tasso di disoccupazione relativamente basso. Le cose vanno diversamente in altri paesi come ad esempio in Spagna. Alcuni economisti stanno già mettendo in guardia contro la sicurezza sociale europea. Sarebbe una conduttura in piu'?

Sarrazin: è vero, nel peggiore dei casi potremmo quindi trovarci a finanziare i disoccupati nei paesi del sud.

Focus: quindi ancora denaro tedesco che deve servire per risolvere i problemi degli altri?

Sarrazin: è sicuramente intenzione degli europei del sud ottenere più denaro possibile dalla Germania e in generale dal Nord Europa. La domanda è come dobbiamo gestire la situazione.

Focus: come la gestiamo?

Sarrazin: non facciamo abbastanza resistenza. Una delle scelte piu' infelici di Martin Schulz è stata quella di dare l'impressione che fosse compito della Germania lasciare che gli stati indebitati si rifornissero con il denaro tedesco. Questo non puo' e non deve accadere.

Focus: accadrà?

Sarrazin: io faccio la seguente previsione. A livello europeo continueremo a prendere iniziative che vanno nella direzione sbagliata. Questi passi saranno troppo piccoli per risolvere i problemi in Spagna, Francia, Italia & Co. Ma sufficientemente grandi da causare rabbia e instabilità in Germania. Per questa ragione la frustrazione sta crescendo, su entrambi i fronti

Focus: quali saranno le conseguenze?

Sarrazin: in Germania, la moneta comune, l'euro, sta diventando sempre più impopolare. E nei paesi del sud stanno crescendo le forze che sono contrarie ad una ulteriore integrazione europea.

Focus: non dovremmo forse preferire un finale con l'orrore rispetto ad un orrore senza fine e lasciare che l'euro imploda?

Sarrazin: io piuttosto mi auspico che si possa tornare ai principi originari che furono concordati all'inizio. Il vecchio principio diceva: abbiamo una moneta comune, ma delle casse nettamente separate, e ognuno si occupa dei propri debiti.

Focus: che cosa accade se ipotesi simili venissero portate alle estreme conseguenze?

Sarrazin: se i mercati sapessero che ad esempio gli italiani devono pagare tutti i loro debiti da soli, i tassi per gli italiani salirebbero sicuramente. Questo significa: gli italiani devono pensare seriamente al loro futuro. Se vogliono mantenere l'euro, devono iniziare a risparmiare sul serio. Ma se non vogliono risparmiare, allora staranno meglio con la loro valuta.

Focus: ma è del tutto irrealistico che Italia & Co. in futuro possano garantire da soli per i propri debiti. 

Sarrazin: anche io sono scettico, perché il ministro delle finanze italiano in realtà dovrebbe preoccuparsi di come tenere sotto controllo il suo debito e di come far ripartire economicamente il suo paese. Non mi pare stia accadendo. Piuttosto si preferisce inveire contro la politica di austerità tedesca.

Focus: e la Francia?

Sarrazin: i francesi sicuramente finiranno per arrabbiarsi con i tedeschi, ma pensano ancora secondo categorie come quelle del prestigio. Non sarebbe certamente compatibile con il loro orgoglio nazionale accettare di essere troppo deboli per l'euro.

Focus: che dire dell'Italia?

Sarrazin: il miglior consiglio che si puo' dare agli italiani è quello di uscire

Focus: ci possiamo permettere di liberare l'Italia dall'euro?

Sarrazin: potrebbe diventare costoso: probabilmente dovremmo rinunciare a tutti i crediti nei confronti dell'Italia.

Focus: quanti soldi ci sono in ballo per il contribuente tedesco?

Sarrazin: potremmo perdere centinaia di miliardi di euro

Focus: che cosa significa?

Sarrazin: che il treno dell'integrazione europea deve essere fermato

Focus: in Germania, AfD sta lavorando duramente per fermare l'integrazione europea. Questo partito è cresciuto molto negli ultimi anni. Cosa ne pensa: AfD sarebbe diventata così forte se la SPD avesse ascoltato di più le tesi dei suoi libri come "Europa braucht den Euro nicht"  oppure "Deutschland schafft sich ab“?

Sarrazin: certo, penso che cio' che ho scritto nel 2010 sull'islam, l'immigrazione e sui nostri problemi demografici fosse giusto. La SPD ma anche la CDU/CSU all'epoca hanno perso l'opportunità di affrontare questi problemi in maniera ragionevole. E quando i temi non trovano una rappresentanza politica, allora saranno gli altri ad occuparsi di questi problemi. AfD non esisteva nemmeno quando uscì il libro. E anche se AfD certamente su molte cose sbaglia, ciò non cambia il fatto che in Germania abbiamo ancora molti problemi irrisolti. 

martedì 27 marzo 2018

In piedi sotto la pioggia ad aspettare

Così la stampa tedesca descrive il giovane presidente francese alle prese con la grande temporeggiatrice Merkel, che evidentemente non ha nessun interesse ad accelerare l'integrazione europea e soprattutto puo' nascondersi dietro lo scetticismo del nuovo "fronte del nord". I tedeschi ancora una volta si mostrano disponibilissimi a sfruttare i vantaggi dell'unione monetaria quando si tratta di inondare i mercati europei e mondiali con le loro merci, ma diventano improvvisamente euroscettici quando c'è da cooperare con i paesi del sud. Ne parla German Foreign Policy


[…] Parigi vorrebbe un budget per la zona euro e un euro-ministro delle finanze; dell'introduzione degli Eurobond, originariamente prevista dal piano Macron, non c’è piu’ traccia. Durante la conferenza stampa congiunta in occasione dell‘ultimo vertice UE di venerdì scorso, la Cancelliera ha risposto alle proposte concrete del Presidente francese senza prendere impegni precisi oltre ad esprimersi in favore di un generico "proseguimento della discussione", riportano le corrispondenze; Merkel sta lasciando Macron "in piedi sotto la pioggia ad aspettare". Sorge spontanea la domanda: "quanto tempo ancora il presidente francese presterà il fianco alle tattiche temporeggiatrici di Merkel". La discussione su quale forma concreta dovrebbero prendere i trasferimenti finanziari nel quadro di una unione sociale europea non ha fatto passi avanti; c'è ancora disaccordo e "non si sa ancora da dove dovrebbe arrivare il denaro e in che modo dovrebbe essere speso"[2]. 


La tattica temporeggiatrice di Berlino 



E’ dalla vittoria elettorale del presidente francese che Berlino continua ad utilizzare la stessa tattica per temporeggiare. Macron era riuscito infatti a prevalere nei confronti dell'estrema destra del Front National promettendo una maggiore integrazione europea e una riforma dell'eurozona. All'inizio si è voluto far credere alla "speranza francese“ che sarebbe stato necessario aspettare le elezioni federali dell'autunno 2017. In seguito, si è voluto raccontare che la lunga fase necessaria per la formazione di un governo a Berlino avrebbe creato "un vuoto di potere" che invece ha permesso alla Cancelliera di "lasciare in attesa" le proposte di Macron.[3] Il "nuovo slancio", promesso dal presidente dall'aspetto giovanile subito dopo la sua elezione, ha lasciato il posto allo scetticismo di molti critici. Gli avversari di un budget della zona euro e di un ministro delle finanze dell'eurozona all'interno dell'UE sono molti, soprattutto se si tratta di "posticipare e disinnescare" dei piani cosi' impopolari a Berlino. Nel tentativo di sfruttare il temporaneo vuoto di potere a Berlino, il ministro delle finanze olandese e altri ministri nordici dell'UE si sono pronunciati contro i piani di Macron. Anche fra i paesi governati dall'ultradestra della periferia orientale dell'UE prevale il rifiuto nei confronti dei piani di Parigi. “E' diventato molto piu' facile per la Germania nascondersi dietro lo scetticismo degli altri paesi", conferma un esperto del Consiglio Tedesco per le Relazioni Estere (DGAP). La prolungata "incertezza" sulla posizione di Berlino ha spinto anche altri stati a criticare i piani di Macron. Ora "Berlino potrebbe appoggiarsi a questo rifiuto e invocare un compromesso oppure dei progressi decisamente piu’ piccoli". [4] 



La tradizione del blocco di Berlino 


Il temporeggiamento nei confronti degli sforzi francesi finalizzati alla creazione di un meccanismo intraeuropeo in grado di compensare la "Beggar-Thy-Neighbour-Politik" tedesca, a Berlino ha una lunga tradizione. Parigi ha sempre cercato di contrastare le enormi eccedenze commerciali tedesche, che di fatto equivalgono ad una esportazione di debito, cercando di spingere verso una integrazione europea accellerata; ma ogni volta le élite francesi si sono trovate di fronte ad un muro di gomma. Nel 2015 l'allora presidente francese Francois Hollande aveva suggerito una piu’ stretta cooperazione franco-tedesca e l'istituzione di un governo della zona euro – ricevendo pero' un rifiuto netto da parte di Berlino. Hollande vorrebbe "forzare l'Europa a stare insieme ricorrendo a dei tecnocrati. Ma questo non funziona"[5]. In precedenza il presidente francese Sarkozy ci aveva provato con l'idea di creare all'interno dell'eurogruppo un "governo europeo". La proposta francese formulata nell'autunno del 2008 - poco dopo lo scoppio della crisi finanziaria globale - nasconde il rischio "di una divisione all'interno dell'UE" e tocca i "nervi" dell'Europa, aveva lasciato trapelare nell'ottobre 2008 la Cancelleria nei confronti dei media tedeschi.[6] Con queste dichiarazioni il tentativo di Sarkozy era stato rimosso dall'agenda.



[2] Silke Wettach: Warum die große Euro-Reform ausfällt. wiwo.de 23.03.2018.

[3], [4] Karin Finkenzeller: Merkel hat Zeit. zeit.de 21.03.2018.

[5] Albrecht Meier: Unions-Fraktionsvize Friedrich erteilt Hollandes Vorschlag Abfuhr. tagesspiegel.de 20.07.2015.

[6] Berlin: Sarkozy könnte die EU spalten. faz.net 24.10.2008. S. auch Tomasz Konicz: Aufstieg und Zerfall des deutschen Europa.