domenica 23 settembre 2018

Thomas Fricke: perché gli economisti tedeschi raccontano cosi' tante stupidaggini?

Un ottimo Thomas Fricke su Der Spiegel fa un parallelo con il caso Maaßen e si chiede perché gli economisti tedeschi che da anni raccontano stupidaggini e non ne azzeccano una non abbiano ancora perso le loro prestigiosissime poltrone, ma anzi continuino ad essere venerati dalla grande stampa. Da Der Spiegel


Certamente possiamo discutere se quanto dichiarato dal nostro povero capo del Verfassungsschutz sia così negativo. La questione del video falso, che evidentemente non era stato falsificato. La dichiarazione non è stata davvero felice, anzi una tesi alquanto traballante. Ad ogni modo, non così azzeccata da meritare una promozione al ruolo di Segretario di Stato.

Maaßen, con una tesi traballante che non può essere dimostrata, sorprendentemente ne è uscito bene. Per molti è fastidioso, ma non è certo un principio nuovo. Almeno nel campo della consulenza in materia di politica economica. Sembra anzi che le cose spesso vadano in questo modo.

Che qualcuno pur avendo delle tesi vacillanti riesca comunque ad uscirne bene, lo abbiamo appreso in un altro ambito: dai nostri economisti. Non importa che i papi dell'economia dominante come Hans-Werner Sinn abbiano già diagnosticato tutto o quasi in maniera erronea o almeno  traballante  - cio' non sembra aver danneggiato in alcun modo i grandi saggi. Almeno non a livello personale. Al contrario

Grazie alla madre di tutte le crisi che sarebbe dovuta arrivare, questi profeti di sventura sono riusciti ad ammansirci, senza che queste crisi poi siano effettivamente arrivate. Ed è per questa ragione che questi economisti non sono stati in grado di anticipare nessuna delle grandi crisi dei decenni passati. O almeno non hanno dato un contribuito significativo per poterle prevenire.

Ovunque assurdità 

Guardando in retrospettiva, una delle principali diagnosi errate dell'economia tedesca tradizionale sono state le grida ai tempi dell'Agenda 2010. A quel tempo la Germania, in quanto nazione esportatrice, sembrava essere minacciata nella sua stessa esistenza perché ormai era diventata troppo cara, e i tedeschi socialmente viziati e soprattutto pigri - questa era la tesi preferita dal maggior profeta di sventura dell'epoca, H. W. Sinn.

A quel tempo in realtà la Germania era ancora campione del mondo dell'export. Le vendite tedesche nel mondo non erano mai aumentate tanto quanto in quegli anni di presunto declino. Un'assurdità grottesca.

Non c'è da meravigliarsi se poco dopo nessun grande economista tedesco ha profetizzato che la Germania, a partire dal 2006, sarebbe entrata in una lunga fase di ripresa. A quel tempo gli economisti alla Sinn per molto tempo provarono a far finta di nulla. Fino a quando poi negli anni successivi non hanno dovuto reinterpretare quel successo economico attribuendolo all'Agenda 2010, senza tuttavia riuscire a prevedere l'arrivo della crisi finanziaria, compresa la successiva crisi dell'euro.

Uno dei delitti ritenuti meno importanti è quello relativo alla fase in cui alcuni cosiddetti "veterani" dell'economia mettevano in guardia, secondo la bellezza e il romanticismo dettati dall'economia di mercato, dal pericolo di un intervento della banca centrale finalizzato alla messa in sicurezza della moneta durante la crisi dell'euro. Che comunque Mario Draghi ha realizzato nell'estate del 2012. Quello che ora, secondo gli allarmi lanciati nel nostro paese, viene interpretato come un salvataggio.

Perché gli studiosi del mercato ci hanno fatto perdere il senno quando in Germania è stato introdotto un salario minimo? Il paese sembrava di nuovo sull'orlo del baratro. Ancora una volta si è rivelato essere un racconto falso. Della crisi del lavoro nessuna traccia. Nel dubbio si puo' dire che il salario minimo abbia persino portato a un aumento dell'occupazione, perché da allora in Germania i lavoratori hanno piu' soldi da spendere. E questo è positivo per l'economia.

D'altra parte non sono certo mancati gli avvertimenti, come del resto è divenuto chiaro negli anni seguenti, in merito al fatto che il tanto amato commercio mondiale, con la sua concorrenza a basso prezzo anche da noi avrebbe generato dei perdenti frustrati. Persone che, come ora dimostrano gli studi, votano per Donald Trump. O AfD. I libri di testo ci dicono che il commercio internazionale a conti fatti è buono per tutti perché ci sono più vincitori che vinti. Peccato che questo non serva a confortare i perdenti.

Per anni gli opinion leader delle corporazioni ci hanno ripetuto che dobbiamo umilmente prepararci al declino demografico. Ora invece si organizzano i vertici per l'emergenza abitativa, perché i profeti di sventura non si aspettavano che il declino demografico in un'economia in costante crescita non è così rapido, e che quando l'economia va bene sorprendentemente ci sono più nascite e più persone in arrivo dall'estero.

In realtà in questi giorni non stiamo assistendo a quei drammi per i quali eravamo stati messi in guardia dai nostri economisti - né alla carenza di alloggi, né al divario di ricchezza, né all'insofferenza della classe media, né al protezionismo come risultato di importanti fratture economico-sociali.

La critica alle eccedenze commerciali tedesche è una cospirazione globale?

Ora si potrebbe pensare che proprio in questi tempi di ricambio, i  profeti al vertice avrebbero dovuto essere sostituiti da persone che potrebbero non essersi sbagliate così spesso, oppure essere più disposte ad imparare.

Non proprio.

- Hans-Werner Sinn nonostante tutte le diagnosi sbagliate è rimasto al vertice dell'Ifo fino al suo pensionamento per ragioni di età -  e due anni e mezzo dopo resta ancora il secondo più importante economista del paese, come scrive ad esempio la "Frankfurter Allgemeine".

- Christoph M. Schmidt, il capo dei gloriosi saggi economici, da quasi dieci anni ricopre la sua posizione all'interno del consiglio degli esperti economici - apparentemente senza alcun dubbio sul suo operato. Nel Consiglio dei Saggi, anche se non sono riusciti a comprendere la crisi del secolo, non è piu' stato chiamato nessuno che si sia fatto notare per aver criticato i vecchi dogmi sul mercato.

- Il successore di Sinn all'Ifo, Clemens Fuest, assomiglia ad una versione light di Sinn.

- E quando in palio ci sono delle nuove posizioni da consigliere per la politica, come è stato di recente con la poltrona di presidente presso il Kieler Institut für Weltwirtschaf, sembra che si voglia fare di tutto per dare il via a qualcosa di  nuovo. Ma il nuovo, Gabriel Felbermayr, arriva dall'Ifo - ooh! - e ha già dichiarato che considera le critiche mondiali alle eccedenze commerciali tedesche come una cospirazione globale nei nostri confronti.

"Non si può negare che il modello economico britannico è ingiusto"

Le cose possono andare anche diversamente. Due settimane fa nel Regno Unito ha fatto scalpore un piano in dieci punti redatto da una commissione i cui rappresentanti di spicco appartengono a diversi gruppi sociali, dagli accademici ai dirigenti aziendali, fino ad un arcivescovo; piano con il quale hanno lanciato una campagna per una "nuova economia". L'obiettivo: allontanarsi dalla dottrina Thatcher. "Che il modello economico britannico sia profondamente iniquo, fino a poco tempo fa era considerata una posizione radicale, oggi è indiscutibile", ha scritto il Guardian.

In Germania invece i principali economisti dubitano ancora che in questo paese ci sia ingiustizia sociale - o del fatto che la gente possa essere insoddisfatta.

Tali diagnosi cosi' errate potenzialmente possono fare molti danni. I lamenti per il declino delle esportazioni degli anni 2000 hanno contribuito in larga misura al fatto che la politica economica tedesca ha speso tutto il tempo nel cercare di costruire la nostra prosperità fondandola sul commercio estero. Oggi la nostra economia dipende troppo dalle esportazioni - e ora c'è un presidente degli Stati Uniti che contrattacca con i dazi doganali.

La resistenza nei confronti degli aiuti finanziari durante crisi dell'euro, fondata sulla fiducia nel mercato, probabilmente ha contribuito ad aggravare la spirale del panico. E senza le preoccupazioni tipiche dei vecchi dogmi economici, in Germania avrebbe potuto esserci un salario minimo molto prima, e quindi meno cittadini arrabbiati che nel loro lavoro si sentono sfruttati.

La prossima crisi arriverà sicuramente. Al momento, nulla lascia presagire che i profeti di sventura questa volta faranno una figura migliore. Soffriamo del principio di Maassen.

È arrivato il tempo dei nuovi pensatori. Ce ne sono abbastanza.

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venerdì 21 settembre 2018

La svolta a destra e la risorsa più scarsa

Sembra una banalità eppure nel clima di conformismo che domina il dibattito tedesco sui migranti nessuno ne parla: nelle regioni rurali dell'est e della Germania centrale da molti anni e in quasi tutte le fasce di età c'è un forte squilibrio demografico caratterizzato da un eccesso di uomini rispetto al numero di donne. Se poi il governo di Berlino nel giro di un paio di anni fa entrare in Germania piu' di un milione e mezzo di profughi e migranti composti in larga parte da individui di sesso maschile il risultato finale non dovrebbe sorprendere piu' di tanto. Der Freitag, testata liberal e cosmopolita, propone una riflessione sul tema. Da Der Freitag


(...) Dal Mecklenburg-Vorpommern fino al sud della Sassonia c'è un forte eccesso di uomini e questa situazione dura da quasi 30 anni. Nessun'altra regione in Europa è cosi' dominata dagli uomini come accade alle zone rurali della Germania dell'est. Il fenomeno non è nuovo - eppure poco presente nel dibattito sulle ragioni del rafforzamento della destra.

Cosa è successo dopo il 1989

Subito dopo la caduta del muro i rapporti fra i generi erano ancora in equilibrio, tra il 1990 e il 1995 tuttavia si verifica un vero e proprio esodo di giovani donne dall'est verso l'ovest. Secondo uno studio del 2007 dell'Institut für Bevölkerung und Entwicklung di Berlino, dal 1991 in poi a lasciare i nuovi Laender dell'est sono per due terzi donne. Il risultato: nel 2004 nei Laender dell'est nella fascia di età tra i 22 ei 32 anni c'erano meno di 90 donne ogni 100 uomini. Alcune regioni sono più maschili di altre: a Parchim nel Mecklenburg-Vorpommern ogni quattro giovani uomini ci sono solo tre giovani donne. Nel comune di Weißkessel nel distretto di Görlitz ogni 100 uomini ci sono solo 56 donne. Il più grande deficit femminile nel 2009 lo registrava la comunità di Schönbeck nel Mecklenburg-Strelitz con 17 uomini e nemmeno una donna in età compresa tra 20 e 24 anni.

L'est è quindi maschile, ma non solo quello. Anche le regioni più rurali della Bassa Sassonia, del Baden-Württemberg e della Baviera mostrano un surplus maschile. Nella Bassa Baviera si parla addirittura di "condizioni cinesi". Dove sono tutte le donne? La mappa della distribuzione di genere in Germania lo mostra chiaramente: nelle grandi città. Ad Amburgo, Monaco, Colonia o Berlino, ogni 100 donne ci sono tra i 93 e i 96 uomini.

Sovrapponendo la mappa della distribuzione di genere alla mappa degli elettori di AfD, la copertura in gran parte coincide: maggiore è il rapporto fra il numero di uomini e donne in una determinata regione, maggiore sarà la percentuale di voti presi da AfD. Che forma assume questa relazione? Gli studi sull'eccesso di uomini forniscono alcune risposte, ad esempio in rapporto alla sensazione di ingiustizia. Mentre nelle regioni dell'est il 20,8% degli uomini senza una partner ritiene di essere vittima di ingiustizia sociale, fra gli uomini in una relazione solo il 15% dichiara di essere insoddisfatto nella stessa misura, secondo i dati dell'Institut für Bevölkerung und Entwicklung.

L'autrice di uno studio del 2016 sull'emigrazione delle donne realizzato presso l'Università di Scienze Applicate di Zittau/Görlitz, Julia Gabler, evidenzia gli effetti sulla società civile causati da una carenza di donne: "nelle aree con una evidente mancanza di donne viene meno l'impegno civico", secondo la Gabler. Gli studi evidenziano inoltre una relazione indiretta tra eccesso di uomini e criminalità": cresce laddove il tasso di disoccupazione degli uomini sotto i 30 anni è alto - e dove ci sono molti nuclei composti da una sola persona.

Anche gli sviluppi nel mondo del lavoro giocano un ruolo nell'emigrazione femminile e nella crisi maschile: mentre vengono eliminate o "alleggerite" dalla radicale deindustrializzazione di intere regioni o dalla digitalizzazione le occupazioni in cui la forza del corpo maschile svolge un ruolo importante, nel settore dei servizi si creano di continuo nuovi posti di lavoro in cui per lo piu' sono impiegate le donne - e che si trovano soprattutto nelle città. Le donne si spostano in altre regioni, gli uomini restano fermi in provincia e svalutati.

I diversi livelli di istruzione hanno poi l'effetto di un acceleratore. Secondo lo studio dell'Institut für Bevölkerung und Entwicklung di Berlino, le donne laureate in media hanno delle qualifiche scolastiche decisamente migliori. A Löbau-Zittau ad esempio le donne sono solo il 35% di tutti i diplomati nelle scuole professionali, ma sono invece il 61% fra i diplomati nei licei. Julia Gabler giunge alla stessa conclusione: la ricerca di un guadagno piu' alto, un livello di istruzione superiore e la ricerca di condizioni di vita adeguate sarebbero le motivazioni principali delll'emigrazione femminile verso le città.

La paura dello straniero

Osservando questo sviluppo dalla prospettiva degli uomini rimasti nelle regioni di origine, i riflessi patriarcali e anti-femministi non possono essere certo giustificati, ma almeno spiegati. Perché alcuni uomini nelle regioni dell'est temono che "lo straniero" possa portasi via "le loro donne" - anche se i migranti sono solo fra il 3 e il 6% della popolazione? Forse bisogna pensare "allo straniero" in modo diverso. Prima era l'occidente ad attrarre le donne, ora a farlo sono le città cosmopolite con le loro offerte educative, di lavoro e culturali. Lo straniero: il cosmopolita (...)

La mancanza di donne in provincia non puo' essere certo l'unica causa della crescita della destra. Non si puo' spiegare allora perché i neo-nazisti a Dortmund sono così forti. Inoltre, anche nella Germania dell'Est non tutti gli uomini senza una partner votano per AfD. Tuttavia non si può negare una relazione fra una certa mascolinità tossica, la cultura patriarcale e il voto a destra. Cosa potrebbe fare la politica per combattere le cause del voto a destra in provincia? Invece di mettere al centro le preoccupazioni degli uomini patriarcali, ad esempio, si potrebbe favorire un ambiente maggiormente orientato alle donne con una redistribuzione decentralizzata delle scienze umane e sociali, ad esempio: le città universitarie Greifswald, Jena, Potsdam, Lipsia e Erfurt hanno un forte surplus femminile. Le infrastrutture potrebbero essere ampliate e anche nelle piccole città si potrebbe promuovere un'adeguata offerta culturale per le donne. La cultura patriarcale tradizionale dello Stammtisch, tuttavia contribuisce a perpetuare l'emigrazione delle donne. E se non ci sono più donne, che ne sarà del coniglio - e che ne sarà di quell'uomo che cosi' volentieri va a caccia di conigli?


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martedì 18 settembre 2018

Josef Ackermann e il disastro Deutsche Bank

Un'ottima inchiesta della ZDF prova a ricostruire il ruolo avuto da Josef Ackermann, il carismatico ex-capo di Deutsche Bank, nella crisi finanziaria iniziata nel 2007. Emerge il ritratto di un bankster senza scrupoli che nel tentativo di salvare la sua testa ha messo nei guai Deutsche Bank e l'intero settore bancario tedesco. Ne parla Handelsblatt.


(...) C'è un top manager che fin dalla grande crisi lavora con un certo impegno alla sua riabilitazione sociale: Josef Ackermann. Lo svizzero, dal 2002 al 2012 alla guida di Deutsche Bank, è indaffarato come non mai. Dal 2014 è presidente del consiglio di amministrazione della più grande banca di Cipro. Ha appena finito di fare consulenza sulle grandi fusioni bancarie europee. Recentemente, ha anche ribadito di aver consegnato ai suoi successori una Deutsche Bank "in buone condizioni", criticando l'attuale dirigenza.

A parlare è un manager purificato e in pace con se stesso - oppure un eterno impostore che lavora alla sua riabilitazione? Un documentario della ZDF ripercorre il ruolo di Deutsche Bank negli anni della crisi e arriva a un verdetto molto chiaro sul ruolo avuto dal suo ex amministratore.

"E' stato senza dubbio l'incendiario. Non era né onesto né decente. E' un uomo senza scrupoli che ha cercato di tenere lontani da sé i problemi", dice Ingrid Matthäus-Maier sul ruolo di Ackermann durante la Grande Crisi. L'ex capo della banca pubblica KfW (Kreditanstalt für Wiederaufbau) ricorda ancora con emozione le riunioni tenute negli anni di crisi 2007 e 2008. Da allora si rifiuta di dare la mano ad Ackermann, ci spiega.

Il documentario affronta molto bene la storia della crisi finanziaria e il modo in cui le grandi banche confezionavano i mutui degli acquirenti di immobili poco affidabili, li mescolavano con dei prestiti migliori, ottenendo cosi' un buon rating e infine distribuivano i rottami cartolarizzati in tutto il mercato finanziario.

Deutsche Bank sempre in prima linea. Anche in Germania ha concesso molti mutui e rivenduto a terzi i prestiti a rischio insolvenza, come dimostra il video con il caso della città di Plauen. Un totale di 4,5 miliardi di euro fatturati dalla banca solo sul mercato tedesco, con un utile netto generato di 900 milioni di euro. Ma gli affari piu' grandi erano negli Stati Uniti, dove nel frattempo era stato creato un pacchetto di mutui di oltre 100 miliardi di dollari presso la sede di New York.

Come è potuto accadere che ad essere in prima linea ci fosse sempre Deutsche Bank? Il documentario ZDF presenta due importanti testimoni chiave: il precedente e l'attuale capo economista dell'istituto.

Thomas Mayer, capo economista fino dal 2012, ricorda una riunione interna del 2005, quando gli analisti di Deutsche Bank avevano messo in guardia dal rischio dei prestiti ipotecari cartolarizzati e avevano profetizzato un incidente a breve. La risposta del consiglio di amministrazione? La prassi da molti anni ormai è entrata nel mainstream, tutti i concorrenti fanno lo stesso. "Le cose sono rimaste come erano", dice Mayer.

"Sapevamo molto bene che il mercato dei mutui subprime sarebbe crollato. Solo che non sapevamo esattamente quando. Abbiamo creduto agli esperti che ci dicevano che prima di arrivare al crollo sarebbero stati necessari un paio di anni ancora", spiega David Folkerts-Landau, attuale capo-economista della banca. "Chi esce troppo presto, perde il posto. Chi esce troppo tardi, perde un sacco di soldi. La decisione del management fu: dobbiamo restare in gioco".

Il motore al vertice della banca, come è chiaro dal documentario della ZDF, era Josef Ackermann. La sua ambizione era illimitata: nel giro di pochi anni una banca tedesca di grande tradizione come DB, da sempre un po' noiosa, doveva essere catapultata nel club delle tre maggiori banche mondiali. Per fare cio' i profitti dovevano aumentare drasticamente - Ackermann aveva fissato un obiettivo del 25% di rendimento sul capitale proprio.

"L'espansione di Deutsche Bank a partire dal 2003 nelle diverse aree di attività è stata una crescita che la banca non è stata in grado di affrontare con le proprie forze", afferma Folkerts-Landau oggi. È stato possibile solo grazie ad una crescita finanziata a debito, in una situazione in cui la banca ha lavorato con leve enormi, prima di tutto per la sua presunta inviolabilità. "Gli americani dicevano: questa è Deutsche Bank, cosa dovrebbe mai accadere a Deutsche Bank?", cosi' dice Folkerts-Landau.

Nel 2007 la festa stava già volgendo al termine. La situazione sul mercato finanziario stava diventando tossica, perché nessuno poteva valutare il rischio di credito insito nei titoli garantiti dai mutui e le banche non volevano piu' prestarsi soldi fra loro. La prima vittima della crisi è stata la IKB (Deutsche Industriebank). Un tempo la banca piu' solida di Dusseldorf, con una grande esperienza nel finanziamento delle PMI, che negli anni prima della crisi aveva investito sempre piu' denaro sul mercato statunitense dei mutui e che alla fine, sotto il suo capo Stefan Ortseifen, aveva scommesso e perso una grande quantità di denaro.

Fino al 2007 Deutsche Bank era sempre stata pronta a vendergli tutta la sua spazzatura. Ma quando la IKB si è trovata in difficoltà e ha avuto bisogno di aiuto, il CEO di Deutsche Bank Ackermann, durante la notte, gli ha tagliato la linea di credito. L'ex presidente di KfW Ingrid Matthäus-Maier sostiene: "E' stato lui, solo lui ad innescare questa crisi, tutto per spingere le altre parti a risolvere la crisi, senza che i privati subissero delle perdite. Come consiglio di amministrazione di KfW ci sentimmo ricattati, in particolare da Ackermann". Nel giro di 24 ore il consiglio di KfW ha dovuto decidere se salvare IKB con i soldi pubblici.

Perché il CEO di Deutsche Bank ha agito in maniera cosi' spietata? L'ex presidente delle casse di risparmio tedesche, Heinrich Haasis, sospetta che Ackermann con il salvataggio dell'IKB volesse dare l'esempio per dissipare i crescenti dubbi sulla solidità del suo istituto. Fedele al motto: per Deutsche Bank, anche durante la crisi, è lo stato tedesco a garantire.

Ackermann stava comprando tempo per sé e per il suo istituto. Ancora nel febbraio 2008 credeva di essere all'apice del suo successo, tanto da festeggiare il suo 60esimo compleanno alla Cancelleria federale di Berlino su invito di Angela Merkel. Ackermann  da molto tempo era a conoscenza del pericoloso squilibrio che interessava l'intero sistema.

Come ha reagito il capo di Deutsche Bank quando la crisi con la bancarotta di Lehman nel 2008 si è aggravata? Il documentario della ZDF solleva una grave accusa: per salvare la sua testa, il topbanker ha agito di conseguenza comportandosi sempre di più come un frullatore.

L'inchiesta della ZDF, sulla base dei documenti della Federal Reserve americana, ricostruisce il modo in cui Deutsche Bank segretamente e sin dall'inizio aveva ottenuto dei prestiti governativi. Già ad inizio 2008 negli Stati Uniti la banca aveva preso in prestito 76 miliardi di dollari. Ufficialmente la banca tuttavia sosteneva di aver risolto i suoi problemi, mentre anche negli anni di crisi continuava a versare miliardi di dollari di bonus ai suoi vertici (71 miliardi di dollari dal 1995 al 2016). E mentre le altre grandi banche negli Stati Uniti sono state forzosamente nazionalizzate e ricapitalizzate con il denaro dei contribuenti - una ragione della loro forza attuale - Ackermann dichiarava che si sarebbe vergognato di accettare dei soldi pubblici.

L'attuale capo-economista Folkerts-Landau spiega: "Ero presente a questa teleconferenza quando Joe (Ackermann) ha detto quella frase. È stata una delle decisioni politiche più egocentriche che abbia mai visto prendere da un banchiere di vertice. Se avessimo preso i soldi, Joe avrebbe probabilmente perso il suo lavoro. Ma a quanto pare non l'aveva preso in considerazione".

Proprio a causa dei trucchi di Ackermann, degli occultamenti e per la sua volontà di posticipare la soluzione dei problemi, durante tutta la crisi è stata impedita una pulizia della banca proprio nel momento in cui sarebbe stata più necessaria. "È stato un errore politico così grave. È semplicemente incomprensibile che un membro del settore finanziario di alto rango possa prendere una tale decisione", dice Folkerts-Landau all'indirizzo dell'ex capo della banca.

Si tratta di un giudizio duro e anche molto comodo, poiché allevia le responsabilità di molti altri decisori. La domanda che il film non fa è un'altra: perché così tante personalità di alto rango si sono fatte abbagliare da Ackermann e dalla sua banca? Quali colpe portano con sé? "Potrebbe essere un uomo molto affascinante", spiega Matthäus-Maier in un'intervista su Ackermann. Come motivazione della loro debolezza nel riconoscere la gravità della situazione tuttavia non è abbastanza. (...)

La conclusione dell'ex ministro delle Finanze federale Wolfgang Schäuble non poteva essere piu' chiara: "Se si guarda all'attuale situazione di Deutsche Bank, per dirla in maniera educata, non hanno ancora superato il guado. Ecco perché, se in passato fossero stati un po' piu' umili, avrebbero potuto evitare un po' dei  danni che invece sono stati fatti".

Per il futuro gli addetti ai lavori fanno delle brutte previsioni. Folkerts-Landau dice: "Sarei sorpreso se nei prossimi tre-cinque anni non ci fosse un'altra crisi molto grave". Già oggi vengono scambiati più derivati rispetto a quanto non accadeva prima della crisi finanziaria, come se l'intera industria fosse drogata dal denaro a basso costo.

Alla fine del film è chiaro che quando "il sistema" fallisce, sono le persone a fallire. E anche se molti nella corsa verso la crisi finanziaria pensavano e si comportavano come lui, Josef Ackermann resta uno dei principali responsabili. Non può sfuggire a questa colpa, anche se, come in questo caso, continua a rifiutare tutte le richieste di rilasciare un'intervista.


Il Video completo: Geheimakte Finanzkrise – Droht der nächste Jahrhundert-Crash? 


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lunedì 17 settembre 2018

Die Welt: il destino dell'Europa nelle mani del governo italiano

Die Welt affida al prof. Friedrich Heinemann un commento decisamente critico sulla situazione italiana. Per il professore di economia di Heidelberg il destino del patto di stabilità e soprattutto la credibilità delle istituzioni europee è nelle mani del governo italiano. Se la Commissione dovesse cedere, allora i "populisti" dilagherebbero in tutta Europa. I primi della Klasse salgono in cattedra. Da Die Welt


Negli ultimi giorni un sospiro di sollievo collettivo ha attraversato l'Europa. Il motivo sono state le dichiarazioni dei rappresentati del governo italiano secondo le quali l'Italia intende rispettare il limite del tre per cento previsto dal Patto di stabilità. In precedenza i ministri del governo avevano ripetutamente fatto sapere che il paese, con un rapporto debito/pil di oltre il 130%, in futuro avrebbe ignorato le norme sul debito. Ciò che viene trascurato, tuttavia, è il fatto che il patto di stabilità è molto più di un semplice limite del 3%. Per buone ragioni questo limite nel patto di stabilità riformato ha perso gran parte della sua importanza.

Oggi ci sono altri due "guardrail" progettati per garantire che i paesi altamente indebitati riducano il loro debito e che per farlo utilizzino gli anni buoni del ciclo economico. Il primo requisito importante è il livello di indebitamento, che dal Trattato di Maastricht in poi per i paesi della zona euro dovrebbe essere inferiore al 60% del PIL. Su questo punto il patto prescrive che i paesi con un debito più elevato debbano ridurre la distanza da questo limite di un ventesimo ogni anno.

L'Italia ormai da molti anni, in maniera alquanto sfacciata, non rispetta questo criterio. Il secondo limite riguarda il disavanzo corretto per gli effetti del ciclo economico (il "deficit strutturale"), che per l'Italia dovrebbe essere pari a zero. Anche qui, con un deficit strutturale di poco inferiore al due per cento, il paese resta attualmente ben al di sopra del valore consentito. In caso di tali infrazioni, il patto prevede l'obbligo di ridurre ogni anno il deficit di circa mezzo punto percentuale fino al raggiungimento dell'obiettivo.

In parole povere tutto ciò significa: il patto impone all'Italia di ridurre l'attuale deficit in passi misurabili fino al raggiungimento dello zero per cento nello spazio di qualche anno. Ciò è ancora piu' valido in quanto il paese si trova di nuovo in una situazione economica normale. In anni in cui la congiuntura economica è normale o addirittura buona, a ragione il patto richiede delle forti misure di austerità. Questo è l'unico modo per avere margini di deficit più alti nelle fasi di rallentamento economico.

La strategia di Salvini è politicamente intelligente

Anche prima della formazione del nuovo governo, la Commissione europea aveva richiamato l'attenzione sul fatto che l'Italia potrebbe mancare gli obiettivi previsti dal patto per il 2019. Questo avvertimento era evidentemente legato alla politica di bilancio del precedente governo. Anche se il nuovo governo intendesse implementare solo una piccola parte delle sue nuove idee in merito all'aumento della spesa e alla riduzione delle tasse, la situazione si aggraverebbe ulteriormente.

Nell'interpretazione delle regole bisognerebbe prendere in considerazione anche il fatto che il governo di Giuseppe Conte ha già ritirato alcune riforme del mercato del lavoro e che intende abolire le riforme pensionistiche introdotte dai suoi predecessori. Sono state proprio queste riforme a fornire alla Commissione argomenti per concedere al paese "circostanze attenuanti".

È in linea con la logica simmetrica del patto secondo la quale i limiti di deficit devono essere applicati in maniera più stringente se le riforme vengono ritirate. Puoi trasformare il patto oppure girarlo a tuo piacimento, ma un deficit piu' alto, inferiore solo di alcuni decimali rispetto al limite del 3%, non è in alcun modo conforme alle regole. Un deficit massimo dell'1,5% nel 2019 potrebbe essere accettabile, ma solo con un po' di buona volontà. E comunque il bilancio dovrà muoversi con una certa rapidità verso l'obiettivo del pareggio fra entrate e uscite.

Che i ministri italiani come Matteo Salvini preferiscano concentrarsi sul limite del tre per cento e non ne vogliano sapere di osservare standard più rigidi, è politicamente intelligente. E' un argomento che sposta il punto di riferimento. Prima il governo minaccia di superare il limite del tre per cento, subito dopo però rivende un deficit del 2,9 % come un "successo" e un "rispetto delle regole". È inoltre in linea con l'esperienza fatta in molti anni con il patto di stabilità, e cioè: gli Stati  della zona euro fanno una scelta selettiva. Nella comunicazione  infatti, spesso viene utilizzato il limite più facile da raggiungere. Piuttosto è sorprendente che i media e la politica siano acritici nei confronti di questa strategia che invece sta passando nel silenzio generale.

Si tratta del futuro del patto di stabilità

Il guardiano del patto di stabilità e crescita è la Commissione europea. E' necessario un rapido chiarimento sul tema. Jean-Claude Juncker e il commissario per gli affari monetari Pierre Moscovici devono mettere in  chiaro che l'Italia senza una ulteriore riduzione del deficit violerebbe il Patto. Non sappiamo tuttavia se la Commissione alla fine dell'era Juncker avrà questo coraggio.

A Bruxelles il timore è quello di un importante successo elettorale dei gruppi populisti alle elezioni europee del maggio 2019. Un argomento comune è che una procedura di infrazione sul deficit nei confronti dell'Italia potrebbe regalare ancora più voti a Lega e Cinque stelle. Un handicap del patto è ora molto chiaro: l'ufficio di controllo in seno alla commissione ha un'autorità politica che non ha la neutralità sufficiente per l'applicazione pertinente delle regole del gioco.

L'attuale disputa sul bilancio con l'Italia riguarda quindi il futuro del patto di stabilità. È sicuramente complesso, tuttavia offre un insieme ben equilibrato di regole con una certa flessibilità e un senso per la politiche economiche congiunturali. Se la Commissione dovesse cedere, allora la credibilità del patto riformato sarebbe irreparabilmente danneggiata. E il calcolo di voler contenere in questo modo i populisti non sarebbe affatto convincente. Se la Commissione dovesse piegarsi, dimostrerebbe che i in Europa i governi possono far valere la propria volontà con strategie di confronto populiste. Difficilmente si potrebbe immaginare una pubblicità migliore per la campagna elettorale dei populisti alle europee.

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domenica 16 settembre 2018

Mi' cuggino a Monaco di Baviera (2)

M'ha detto mi' cuggino che a Monaco di Baviera gli danno 2000 euro al mese...questa volta è Die Zeit a occuparsi del livello incredibile raggiunto dagli affitti a Monaco di Baviera e della prima manifestazione degli inquilini, si arriva da qui. Da Die Zeit


A Monaco, gli affitti e i prezzi degli immobili crescono intinterrottamente da anni. Nel frattempo, un metro quadro di nuova costruzione in periferia costa almeno 8.000 euro. Gli affitti per gli edifici di nuova costruzione partono da 17 euro e arrivano spesso ai 25 euro al metro quadro. Sabato, migliaia di residenti di Monaco scendono in piazza per manifestare a favore di alloggi a prezzi accessibili. Come siamo arrivati a questa situazione? Cosa deve cambiare affinché gli infermieri e i parrucchieri non siano costretti ad andare via dalla città? Abbiamo chiesto alle parti interessate: un attivista, un immobiliarista (...)

Maximilian Heisler è titolare di un bar. Ha fondato il Bündnis Bezahlbares Wohnen

ZEIT: Herr. Heisler, lei è nato e vive da sempre nell'ex quartiere operaio Untergiesing in un appartamento in affitto. Perché uno come lei ha fondato un movimento di cittadini contro il caro affitti?

Heisler: Vedo quello che succede ai miei amici e conoscenti: chiunque cerchi un appartamento in questa città non troverà nulla, oppure solo delle case così costose da non potersele permettere. A volte ho l'impressione di vivere in una delle ultime zone a prezzi accessibili ancora esistenti a Giesing, tra tutti i nuovi edifici molto costosi o quelli vecchi ristrutturati. Nei blocchi che stanno a sinistra e a destra rispetto al mio, non potrei permettermi nessun appartamento. E io sono un lavoratore con un reddito medio. In questa città ci sono migliaia di persone che guadagnano meno di me e sono in cerca di una casa: genitori single, disoccupati, famiglie con bambini - prima di tutto, cosa accadrà a loro?

ZEIT: Gli economisti dicono: se così tante persone vogliono vivere nel centro città, i prezzi inevitabilmente umentano. Vivere in centro quindi non puo' essere alla portata di tutti.

Heisler: Si parla spesso di infermieri o poliziotti che non possono piu' permettersi di pagare un affitto. Ma prima di loro ci sono altre persone ad essere colpite: cassieri, commessi e parrucchieri. Vogliamo davvero che nessuno sia piu' in grado di permettersi la città in cui lavora?  A Monaco la carenza di alloggi colpisce perfino la classe media. Nel frattempo, ad essere colpite ci sono anche molte persone ben istruite, intorno ai 40 anni, con una laurea. I miei amici sono designer industriali, giornalisti o informatici, e anche con loro almeno una conversazione su due ruota intorno al tema della carenza di alloggi.

ZEIT:  Perché ci sono così poche case ad un prezzo accessibile a Monaco?

Heisler: Da un lato ne sono state costruite troppo poche. Ogni anno ci sono 30.000 persone che si trasferiscono a Monaco, e già ora mancano dai 60.000 agli 80.000 appartamenti. Quello che viene costruito è molto caro, motivo per cui ogni nuovo appartamento fa salire l'indice degli affitti. Molti appartamenti fino ad ora affittati ad un prezzo accessibile vengono acquistati da grandi investitori per essere ammodernati o ristrutturati. E in quel caso per i residenti la situazione diventa davvero costosa: sentiamo parlare di aumenti dell'affitto di nove o dieci euro - al metro quadrato!

ZEIT:  cosa fate a riguardo?

Heisler: Finalmente diamo una voce agli inquilini. Finora la cosa riguardava piu' che altro le persone anziane che finivano per parlarne e arrabbiarsi con i vicini. O gli studenti, che poi si trasferivano in un appartamento condiviso oppure ricevevano supporto dai loro genitori. Fino ad ora nessuno a Monaco era sceso in strada per la casa. Molti si sono abituati alle piccole dosi di veleno somministrate sotto forma di continui aumenti dell'affitto. Altri si vergognavano ad ammettere di poter a malapena pagare l'affitto. Ora per molti si tratta della sopravvivenza. Noi incoraggiamo tutti: insieme è piu' facile lottare!

ZEIT:  cosa potrebbe alleviare la carenza di alloggi?

Heisler: L'amministrazione della città dovrebbe comprare tutto ciò che arriva sul mercato e quello che gli immobiliaristi si passano fra loro, al fine di guidare i prezzi. Ma l'amministrazione della città non fa abbastanza. Si dovrebbe anche chiarire qual'è il ruolo della Sparkasse nei progetti immobiliari che finanzia in quanto banca di diritto pubblico, che poi pero' sul mercato arrivano solo ad un prezzo molto elevato. Le associazioni di edilizia comunale potrebbero almeno abbassare simbolicamente gli affitti delle loro migliaia di appartamenti, per l'indice degli affitti. Inoltre, sarebbe necessario passare al sostegno diretto dei piu' bisognosi attraverso dei sussidi per l'affitto. Nel complesso, sono alquanto sconcertato. Abbiamo perso molto tempo.

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Reinhold Knodel è l'amministratore di Pandion AG, uno dei maggiori sviluppatori immobiliari di Monaco. Gli sviluppatori comprano un terreno, ci fanno costruire sopra delle abitazioni e vendono poi le case o i singoli appartamenti insieme al terreno.

ZEIT: Herr Knodel, non potreste costruire piu' appartamenti?

Knodel: certo che potremmo, se dipendesse da noi. Ma c'è un collo di bottiglia in due aree cruciali: in primo luogo la disponibilità di terreni edificabili. L'offerta è lontana dal soddisfare la domanda, per questo i prezzi sono cresciuti così tanto. In secondo luogo, anche i costi di costruzione sono drasticamente aumentati, si può dire anzi che sono esplosi. Il costo della muratura e degli impianti in un anno è salito fino al 25%. E questo vale anche a livello nazionale. Ma potremmo costruire di più. Se domani ricevessimo dalla città di Monaco un terreno per altri 50.000 metri quadrati edificabili, potremmo andare dal notaio dopodomani.

ZEIT: i costi di costruzione stanno aumentando perché attualmente ci sono pochi artigiani e tecnici disponibili?

Knodel: Esattamente. Se 5 anni fa avessimo offerto una costruzione per 30 milioni di euro, avremmo ricevuto almeno dieci offerte dalle società di costruzioni. Oggi riceviamo una o due offerte e dobbiamo accettare i loro prezzi. E cosi' accade anche con molti altri mestieri. Non possiamo aspettare a lungo altre offerte perché abbiamo preso degli impegni e dobbiamo rispettare i tempi di consegna. Prima o poi devi iniziare a costruire. Gli artigiani lo sanno. Ma i progetti che costruiamo oggi sono già stati venduti ai clienti circa un anno e mezzo fa. In questo caso non puoi aumentare i prezzi di vendita. Di conseguenza, molti sviluppatori immobiliari sono diventati decisamente più cauti.

ZEIT: Cosa pensa del fatto che ci sia bisogno di più alloggi sociali?

Knodel: Ciò è completamente controproducente, perché farà salire i prezzi ancora di piu'. Il collo di bottiglia non è nel fatto che ci sono troppi pochi investitori che investono in appartamenti. Non siamo un fattore limitante che deve essere sostituito dalle forze dello stato. Il punto è che c'è troppo poco terreno edificabile e pochi artigiani. Se lo stato si mettesse a fare il costruttore, non supererebbe il collo di bottiglia. Cio' accadrebbe solo se identificasse nuovi terreni edificabili.

ZEIT: Da dove potrebbe arrivare il terreno edificabile?

Knodel: le città devono crescere oltre i loro confini. Continuare a pensare nei limiti della vecchia città è il vero problema: Londra o Monaco di 100 anni fa non erano cosi' grandi come oggi. Continuiamo a discutere di come possiamo riempire ancora di più una pentola su cui teniamo ancora un coperchio. Ma il sollievo puo' arrivare solo quando la città oltrepassa i propri confini verso l'esterno.

ZEIT: Ma non è così facile come ai tempi dei re, in cui i governanti decidevano: su quel terreno agricolo si dovrà costruire.


Knodel: non devi espropriare subito i proprietari. Ma negli anni '70 nel nostro paese c'era già stata una riforma amministrativa. Bisogna solo osare. E pensare in modo più pragmatico, ma nessuno lo sta facendo.

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sabato 15 settembre 2018

Mi' cuggino a Monaco di Baviera (parte prima)

M'ha detto mi' cuggino che a Monaco di Baviera gli danno 2000 euro al mese...peccato tuo cugino e Lambrenedetto non ti abbiano detto che probabilmente la metà dello stipendio gli serve per affittare un piccolo appartamento di una stanza e mezzo in una lontana periferia, sempre che sia riuscito a trovare un posto dove dormire. La follia degli affitti, causata dai tassi a zero e dall'enorme afflusso di migranti e profughi, a Monaco di Baviera, la città piu' cara in assoluto, ormai minaccia la pace sociale. Per oggi 15 settembre è in programma la prima manifestazione degli inquilini organizzata dal movimento per la casa di Monaco. Le Nachdenkseiten intervistano Christian Schwarzenberger, uno dei leader della protesta. 


NDS: Herr Schwarzenberger, lei è uno degli organizzatori della manifestazione prevista per il 15 settembre a Monaco. Insieme ai suoi sostenitori si batte per avere alloggi a prezzi accessibili. Anche lei vive a Monaco. Come è la situazione?

Schwarzenberger: Monaco è conosciuta per essere la città tedesca più cara in assoluto. Affitti superiori ai 20 € / m² non sono più una rarità, ma stanno diventando la norma. Soprattutto negli ultimi anni, dopo la crisi finanziaria, gli affitti sono cresciuti sempre rapidamente. Per questo molte persone non possono piu' permettersi di vivere in città e sono costrette a trasferirsi fuori. Ad essere colpiti, tra gli altri, ci sono ad esempio gli infermieri, gli educatori o i commessi, persone che non possono fare a meno di vivere in città. D'altra parte, il numero dei senzatetto a Monaco è quasi quadruplicato negli ultimi 10 anni. Stiamo parlando di una situazione drammatica.

NDS: Da quanto tempo vive a Monaco?

Schwarzenberger: Mi sono trasferito a Monaco di Baviera più di 10 anni fa per studiare. Da allora ho sempre vissuto qui tranne alcune brevi interruzioni e ho potuto osservare da vicino gli sviluppi.

NDS: Quando ha notato per la prima volta che c'era un problema?

Schwarzenberger: Ero ancora uno studente quando ho dovuto lasciare la residenza universitaria per trasferirmi in un appartamento in condivisione. All'epoca dovevo spendere più di due terzi delle mie entrate solo per affittare una stanza. Ma oltre alla mia situazione, per me è sempre stato importante osservare un paesaggio urbano in continuo mutamento. A meno che tu non cammini per la città con gli occhi chiusi, ti accorgi che il numero dei senzatetto aumenta di anno in anno.

NDS: Può farci un esempio concreto di quali sono i problemi?

Schwarzenberger: I partecipanti agli incontri fra gli inquilini riferiscono principalmente di ristrutturazioni di lusso e di sfratti. Per alcuni gli affitti vengono raddoppiati, per altri invece c'è una ristrutturazione e poi uno sfratto immediato. Questo fa sì che, ad esempio, una famiglia stia prendendo in considerazione la possibilità di trasferirsi in una roulotte perché ha ricevuto lo sfratto e non trova alloggi a prezzi accessibili.

La maggior parte delle volte, la casa viene venduta, entra uno speculatore - spesso una società non identificabile - con l'obiettivo, dopo l'ammodernamento, di trasformare gli appartamenti affittati in case di proprietà da rivendere poi sul mercato in maniera molto redditizia. A causa dei prezzi esorbitanti delle superfici edificabili a Monaco, che hanno un forte impatto sui prezzi degli appartamenti e degli affitti, al momento la situazione è estrema.

NDS: Ha un altro esempio?

Schwarzenberger: Gli inquilini dei 33.000 appartamenti della bavarese GBW - a Monaco di Baviera ci sono 8.000 di questi appartamenti - stanno lottando contro l'aumento degli affitti. Questi appartamenti erano di proprietà della Landesbank bavarese, la quale poi è stata salvata dal governo regionale bavarese perché aveva perso molti soldi negli Stati Uniti e in Austria con delle scommesse azzardate. La vendita al predatore immobiliare "Patrizia" è avvenuta nel 2013 sotto l'ex ministro delle finanze Söder. Solo di recente si è saputo che lui e  Horst Seehofer avevano giustificato la vendita con delle argomentazioni consapevolmente false.

Io stesso aiuto una comunità composta da circa 100 inquilini di Monaco colpiti da questa vendita. Sono tutti lavoratori a basso reddito che pensavano di avere preso in affitto un alloggio sociale, e che ora invece si ritrovano degli affitti che aumentano fino al 15% ogni tre anni. Per molto tempo si sono rivolti alla politica cittadina e regionale, da anni portano avanti delle cause legali per i contratti di affitto, e da anni vengono lasciati soli da chi dovrebbe essere responsabile.

NDS: Quali sono le conseguenze di queste condizioni?

Schwarzenberger: Se hai un contratto a tempo determinato, se sei di origine straniera, se hai un animale domestico o solo perché sei un genitore single, tutto ciò è sufficiente a far sì che la ricerca della casa si trascini per mesi o addirittura per anni. Inoltre, l'affitto divora una quota sempre maggiore del reddito netto. Dall'altro lato ci sono gli speculatori che si arricchiscono a spese delle persone. E questo porta ovviamente all'ampliamento del divario sociale. Se continua così, la pace sociale sarà a rischio.

NDS: Se si ascolta Markus Söder e gli altri politici bavaresi palare in televisione, si ha l'impressione che in Baviera tutto vada bene. Che messaggio ha per questi politici?

Schwarzenberger: I dati economici possono essere anche buoni, anche i dati sulla disoccupazione sono bassi. Tuttavia, un numero crescente di persone in Baviera riesce a malapena a tirare avanti. Oltre all'aumento degli affitti, anche i bassi salari e l'occupazione precaria giocano  un ruolo determinante.

I politici come Söder, Seehofer e gli altri pezzi da novanta dovrebbero ascoltare le storie delle persone che sono realmente colpite da questo fenomeno di allontanamento e sostituzione. Dovrebbero rivolgere la loro attenzione alle questioni veramente importanti invece di condurre finti dibattiti sulla sicurezza, l'immigrazione o la polizia di frontiera.

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venerdì 14 settembre 2018

Vita di una giovane Hartz IV

Sarah è una studentessa diciassettenne del Nord Reno-Westfalia e insieme a sua madre sopravvive con un sussidio Hartz. La sua testimonianza diretta ci spiega perché molto spesso la burocrazia degli Arbeitsamt, invece di aiutare i giovani ad uscire dalla povertà, impedisce di pianificare un futuro normale e dignitoso. Da Vice.com la lettera di Sarah Heinrich


Lavorare per 450 euro al mese e tenere per sé solo 170 euro? Sembrerebbe una tassazione sul reddito estrema - come si potrebbe sospettare dai numeri - ma con i ricchi non ha nulla a che fare, al contrario. Si tratta invece dei figli dei sussidiati Hartz IV.

Sono Sarah, ho 17 anni e sono la figlia di un Hartz IV. L'anno prossimo farò la maturità nel Nord Reno-Westfalia, e vorrei poter mettere da parte qualche soldo per il periodo che seguirà. Per viaggiare con gli amici, per i mobili del primo appartamento, o forse solo per avere un piccolo cuscinetto se dovesse accadere qualche imprevisto e se dovessi avere bisogno di un po' di denaro.

Ma il problema è che fino a quando vivo a casa, difficilmente riuscirò a mettere da parte qualcosa.

Poiché mia madre percepisce un sussidio Hartz IV, secondo la lingua dei burocrati formiamo una cosiddetta "comunità di bisogno" (Bedarfsgemeinschaft). Altri la chiamerebbero una famiglia, una comunità in cui ci si sostiene l'un l'altro. L'agenzia federale per l'impiego inquadra la situazione in maniera molto precisa. Tutto ciò che io, figlia diciassettenne, guadagno oltre i 100 euro al mese, viene detratto all'80% dal sussidio Hartz IV della nostra "comunità di bisogno". L'Arbeitsamt ci darà quindi di meno, perché io appunto guadagno una parte dei soldi che secondo l'ufficio ci spettano.


Di per sé è logico che in una famiglia ci si prenda cura dell'altro, ma i minorenni devono provvedere anche ai loro genitori? Io non credo sia così.

Piuttosto, dovremmo fare in modo che i figli non vadano a finire nella stessa situazione di povertà finanziaria dei genitori. Perché questa spesso passa di generazione in generazione.

Ho escluso sin dall'inizio la possibilità di partecipare con la mia classe alla gita scolastica di fine anno. Certamente ci sono ragazzi con dei genitori ricchi che possono permettersela. Ma ci sono anche molti adolescenti che hanno dei genitori che non possono permettersi con facilità nulla del genere. Ma almeno hanno la possibilità di fare qualche lavoretto per un paio di mesi e di mettere da parte qualche soldo. Io non posso farlo, proprio come molti altri figli di sussidiati Hartz IV.

La povertà fa ammalare le persone, questo è noto, e anche i bambini e gli adolescenti ne sono colpiti. La marginalizzazione è fatale per la loro psiche, sebbene non possano fare molto per la situazione in cui si trovano.

I primi 100 euro che i giovani come me possono guadagnare e tenere per sé spesso vengono spesi nelle associazioni sportive, nei viaggi del fine settimana o anche in attività banali come il cinema, il cibo o fare festa. Non si tratta di uno spreco, ma del tentativo di vivere una vita come quella gli altri.

Molti adolescenti sognano di lasciare definitivamente la casa dei genitori dopo aver terminato la scuola. Per me invece non è un sogno, perché so che dovrò uscire di casa il prima possibile se non voglio restare legata all'Arbeitsamt ancora a lungo. Il pensiero di dover traslocare tuttavia mi spaventa.

Posso richiedere al Jobcenter una sovvenzione con la quale poter arredare il mio appartamento o la mia stanza in un appartamento condiviso. Tuttavia l'ufficio può anche rifiutare la richiesta se ritiene che il mio trasloco non sia necessario. E poi c'è la cauzione. Su cui io non posso risparmiare e per la quale il Jobcenter dovrebbe decidere se vuole concedermi o meno un prestito.

Dopo il diploma mi piacerebbe molto fare un anno di servizio sociale volontario, ma per farlo dovrei trasferirmi. Perché vivo in campagna, e i lavori del FSJ (Freiwilliges Soziales Jahr) sono disponibili solo nelle città. L'unica alternativa sarebbe un'auto privata. Se rimanessi con mia madre, sarei autorizzata a tenere fino ad un massimo di 200 euro dalla paga che prenderei come volontaria. Ma quei soldi servirebbero solo per coprire i costi per l'auto e il carburante. Senza considerare che non posso risparmiare denaro nemmeno per comprare una piccola auto usata.

Se dopo aver finito la scuola o dopo il FSJ decidessi di andare all'università avrei diritto al BAföG (borsta di studio), ma mi troverei immediatamente di fronte alla prossima sfida finanziaria: pagare le tasse del primo semestre (Semesterbeitrag). Nelle università piu' vicine, quelle di Dortmund e Duisburg-Essen, sono 291 o 305 euro. Soldi che dovrei mettere da parte, se solo potessi.

Ancora una volta il primo passo è il più difficile. Ma senza questo io non posso uscire dalla mia situazione.

Spesso si dice che i figli dei destinatari di Hartz IV mancano di esempi positivi nella vita. Per questo motivo spesso finiscono essi stessi a condurre una vita in povertà. Crescono senza considerare normale il fatto di dover lavorare otto ore al giorno. Non possono vedere i loro genitori mentre si felicitano per una promozione lavorativa oppure godersi una vacanza pagata con i soldi risparmiati. In breve: non imparano che il lavoro è utile.

Ma se questi figli decidessero di fare diversamente dai loro genitori - che forse nella loro adolescenza non potevano o non volevano guadagnare qualche soldo, verrebbero puniti.

In che modo dovremmo sviluppare una relazione positiva con il lavoro se il denaro ci viene semplicemente sottratto? È quasi impossibile trovare un annuncio di lavoro per 100 euro al mese, e poi oltre alla scuola, ai compiti a casa e soprattutto allo studio per il diploma, chi è disposto a lavorare molte più ore senza alla fine essere pagato? Non si dovrebbe forse sostenere proprio questi ragazzi a cui fin dall'inizio si prospettava una vita in povertà e che invece stanno cercando di intraprendere una strada diversa?

Dovreste essere contenti se ancora riusciamo a trovare la motivazione per uscirne con le nostre forze!

Non si dice sempre: chi è diligente e si dà da fare dovrebbe avere la possibilità di condurre una buona vita? Il lavoro deve essere utile? Se ci viene negato di fare esattamente ciò, allora è la dimostrazione che a molti non interessa il fatto che tutti possano avere le stesse opportunità. E forse a molti non interessa nemmeno se alcune persone restano  povere per sempre.

Le ragioni per le quali le persone fanno domanda per i sussidi di disoccupazione sono molteplici, e far sentire le persone in colpa è inappropriato. Ma ovviamente so che ci sono persone che la pensano in maniera diversa. Che considerano i percettori di Hartz IV come dei parassiti sociali. Ma anche loro sembrano essere d'accordo con il punto fondamentale secondo il quale i ragazzi non possono farci nulla se sono nati in condizioni sfavorevoli. Non è un caso che ogni partito scriva sulla propria bandiera di voler ridurre la povertà infantile e garantire le pari opportunità.

Dovremmo stimare questi ragazzi perché cercano di sfuggire alla povertà finanziaria, sostenerli e incoraggiarli. E non rendere ancora più difficile la loro strada già lunga e complicata.