lunedì 9 settembre 2019

Anche Habeck mette in discussione il pareggio di bilancio

Un'altra voce si aggiunge al coro di critiche nei confronti del pareggio di bilancio, ed è una voce di peso, quella di Robert Habeck, l'uomo che probabilmente sfiderà la CDU di AKK alle prossime elezioni per il posto di Cancelliere. Sono stati sufficienti 3 o 4 trimestri senza crescita economica per cambiare radicalmente l'orientamento rigorista della politica tedesca. Ne scrive Die Zeit


Il segretario dei Verdi Robert Habeck, in considerazione della recessione in arrivo in Germania, chiede un allentamento della rigida disciplina di bilancio applicata dalla Große Koalition. "Vogliamo estendere i requisiti di stabilità europei alla Germania e tramite questi aggiornare lo Schuldenbremse (freno al debito). Ciò darebbe allo stato  la possibilità di avere a disposizione tra i 30 e i 35 miliardi di euro aggiuntivi ogni anno", ha detto in un'intervista alla Welt am Sonntag. Lo Schuldenbremse, nella sua forma attuale, ci arriva da un periodo in cui la capacità di azione della politica era limitata dagli alti tassi di interesse.

Il denaro dovrebbe finire in un fondo per gli investimenti al di fuori del budget annuale e aperto alle necessità dei Laender e dei comuni. "Ci si potrebbero finanziare, ad esempio, le infrastrutture, la copertura della banda larga, la ristrutturazione delle scuole, i palazzetti dello sport, le piscine e l'estensione della rete ferroviaria", ha affermato Habeck. Per dare maggiori garanzie al fondo per gli investimenti, i Verdi chiedono un emendamento costituzionale.

Habeck si pronuncia anche in favore di un sostegno alla nuova coalizione di governo italiana fra Movimento Cinque Stelle e PD. "Anche la Germania trae beneficio dal fatto che l'economia italiana cresca, per questo non dovremmo insistere su una rapida riduzione del debito, ma concentrarci sulla necessità di rimettere in sesto l'economia italiana", ha detto Habeck alla Welt am Sonntag. L'Italia è un "paese chiave", sempre secondo Habeck.


domenica 8 settembre 2019

Intervista a Sahra Wagenknecht sul disastro elettorale della Linke e sulle ragioni del successo di AfD nell'est

Per Sahra Wagenknecht il grande successo di AfD nell'est nasce anche e soprattutto dal disastro elettorale del suo partito, la Linke. Ormai la Linke ha perso il contatto con i problemi del paese reale e nel vano tentativo di costruire una linea politica sulle banalità ecologiste dei ceti riflessivi urbani, ha regalato metà del suo elettorato storico ad AfD. Intervista a Sahra Wagenknecht sulla Märkischen Allgemeinen Zeitung


Frau Wagenknecht, la Linke domenica scorsa in Sassonia e Brandeburgo ha perso una marea di voti. Perché?

Wagenknecht: molti nostri ex-elettori evidentemente pensano che ci siamo allontanati dalla realtà quotidiana della loro vita, che non parliamo più la loro lingua. Ci considerano ormai come una parte dell'establishment verde e liberale. Chi nel complesso è soddisfatto può scegliere i Verdi, gli insoddisfatti cercano una voce diversa.

Si è parlato molto degli interessi della Germania orientale. Sono ancora così diversi da quelli occidentali?

Wagenknecht: i risultati non sono risultati specifici dell'est. AfD ha una percentuale di voti superiore alla media anche nelle regioni piu' in difficoltà dell'ovest. La differenza è che nell'est ci sono molte più  regioni di questo tipo, più persone che lavorano per un basso salario e che si sentono abbandonate dalla politica.

Qual è la ragione che ha spinto la Linke ad allontanarsi da loro?

Wagenknecht: in parte perché la Linke ha cercato di imitare i Verdi. La protezione del clima è importante anche per i nostri elettori, ma non come un tema di life-style da ricchi, ma come un tema relativo al nostro modo di pensare l'economia. Se il governo federale  discute una tassa sulla CO2, ma contemporaneamente è uno dei difensori più strenui dell'accordo di libero scambio con il Mercosur, che spinge i proprietari terrieri brasiliani a bruciare la foresta pluviale e ad aumentare massicciamente le emissioni globali di CO2, anche a causa dell'aumento dei volumi di trasporto, questa non è una politica climatica responsabile, ma un'ipocrisia climatica. E se ci sono anche parti della Linke che sostengono questa tassa sulla CO2, una tassa che colpirebbe duramente i pendolari e la classe media fuori dalle grandi città, non dovremmo essere affatto sorpresi che poi siano anche in molti a prendere le distanze dal nostro partito.

Qual'è stato il ruolo della Linke nel rafforzamento di AfD nell'est?

Wagenknecht: la responsabilità principale ce l'hanno i partiti di governo i quali hanno causato un profondo divario sociale e regionale all'interno del nostro paese. Nell'est non vi è mai stata un'economia sociale di mercato come quella vissuta dalla Germania occidentale fino all'inizio del millennio. La deindustrializzazione dell'Est si è orientata piuttosto al modello britannico: in brevissimo tempo centinaia di migliaia di posti di lavoro sono stati distrutti senza che nessuno si sia preoccupato della loro sostituzione. Oggi nell'est un dipendente su tre lavora nel settore a basso salario. Nelle aree rurali ancora oggi ci sono meno medici o collegamenti con i bus e persino una maggiore emigrazione rispetto a regioni comparabili dell'ovest. Questi sviluppi non sono stati causati dalla Linke, ma è vero che per molti anni siamo stati la voce del malcontento. Con l'alienazione dai nostri elettori tradizionali, abbiamo reso facile il gioco ad AfD. In questo senso, siamo corresponsabili del loro successo.

Qual'è la sua responsabilità come leader del gruppo parlamentare del Bundestag per il "disastro", secondo le parole usate dal copresidente Dietmar Bartsch per descrivere i risultati delle elezioni?

Wagenknecht: poiché i pessimi risultati elettorali della Linke fanno parte di una tendenza nazionale, tutti coloro che ricoprono posizioni di comando ne sono corresponsabili. Mi sono battuta per un altro corso politico, ma non ci sono riuscita. Devo incolpare me stessa per questo fallimento.

La discussione sull'orientamento della Linke e sul livello di apertura della società tedesca all'immigrazione è stata sospesa con una specie di tregua armata tra la leadership del partito e il vertice del gruppo politico. Sono questioni che devono essere ancora chiarite?

Wagenknecht: non si tratta solo del nostro atteggiamento nei confronti dell'immigrazione. La Linke essenzialmente deve chiarire per chi sta facendo politica: per la classe medio-alta istruita delle città o per coloro che devono lottare sempre più duramente per conquistare il loro piccolo pezzo di benessere? Se vogliamo raggiungere le persone anche al di là dell'ambiente metropolitano alla moda, dobbiamo prendere sul serio la loro visione delle cose, invece di voler insegnare loro come parlare e come pensare. Per la maggior parte delle persone, la patria è qualcosa di molto importante, danno valore ai legami sociali, alla coesione familiare e sociale. Il tema della sicurezza riguarda la sicurezza sociale, ma anche la protezione dal crimine. La crescente distanza da questo mondo si riflette anche nei nostri rapporti con gli elettori di AfD, che spesso e volentieri vengono generalmente etichettati come razzisti, anche se molti di loro prima votavano a sinistra. Se vogliamo tornare ad essere popolari, dobbiamo cambiare.

È possibile farlo con i due presidenti Kipping e Riexinger, oppure la Linke a livello federale ha bisogno di un ricambio ai vertici, oltre che di un riorientamento  strategico?

Wagenknecht: c'è una tendenza pericolosa. 5,5 % alle elezioni europee, ora la Sassonia e il Brandeburgo. Se lo relativizziamo e lo minimizziamo, invece di assumercene le responsabilità, a un certo punto potrebbe essere troppo tardi.

Ad ottobre vota la Turingia. Sarà un voto anche sull'unico primo ministro della Linke, Bodo Ramelow. Un dibattito all'interno del partito sarebbe una minaccia per la sua candidatura?

Wagenknecht: la Turingia è uno degli stati federali in cui, contrariamente alla tendenza nazionale, abbiamo ancora molto supporto e consenso. Bodo Ramelow è popolare, la gente sente che come Primo Ministro si è impegnato per i loro interessi. Se il partito federale segnalasse: abbiamo capito e cambieremo, ciò potrebbe essere di aiuto in Turingia.



Sostiene Scholz

Secondo la stampa italiana il Ministro delle Finanze tedesco sarebbe pronto ad aprire i cordoni della borsa e a fare piu' deficit pubblico. Le parole di Scholz riportate dalla stampa tedesca, tuttavia, descrivono uno scenario alquanto diverso. Da Handelsblatt


(...)"Facendo debiti, non si guadagna mai"

A chi chiede al governo federale, in considerazione dei tassi di interesse negativi e del rallentamento economico, di investire di piu' e di fare piu' debito, Scholz risponde molto tiepidamente: "facendo debiti, non si guadagna mai, anche se ci troviamo in uno scenario di tassi di interesse negativi", ha detto il Ministro delle finanze. "In ogni caso i debiti restano e aspettano che qualcuno li ripaghi."

In linea di principio vorrebbe continuare a perseguire una "solida politica di bilancio" e a guardare con attenzione a quali settori abbiano maggiormente bisogno di investimenti pubblici, ha affermato Scholz. A suo avviso sarebbe appropriato un aiuto per quei comuni fortemente indebitati. In linea di principio, il governo federale sta già investendo molto di più rispetto agli anni precedenti, ha affermato Scholz.


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Trucchi tedeschi - Una fondo pubblico fuori bilancio per fare debito e salvare il clima

Dopo aver imposto lo Schuldenbremse (pareggio di bilancio) a livello federale, regionale e in mezza Europa, i politici di Berlino assistono impotenti all'avanzata di AfD e dei Verdi. Per non perdere la faccia e cercare di salvare il salvabile propongono di creare un fondo pubblico fuori dal bilancio dello stato, con il compito di salvare il clima e di distribuire un po' di interessi ai risparmiatori tedeschi ormai stremati dopo anni di tassi a zero. Ne scrive Der Spiegel



Il tema della difesa del clima nel governo tedesco ultimamente è diventato molto popolare. I politici ogni giorno lanciano dei nuovi suggerimenti per potersi profilare come i paladini del risparmio di CO2. Solo una cosa però sembra essere importante, il miracolo verde deve costare il meno possibile.



Il ministro dell'economia Peter Altmaier (CDU) recentemente avrebbe escogitato un trucco magico per proteggere il clima senza danneggiare il bilancio pubblico.

Il ministro appoggia infatti la creazione di una cosiddetta "Fondazione per il clima", la quale dovrà emettere obbligazioni per conto del governo federale - "con un tasso di interesse garantito del 2% nell'arco di dieci anni", secondo quanto sottolineato da Altmaier ai giornali del "Funke Mediengruppe". Chiunque presterà del denaro allo stato farà contemporaneamente qualcosa di buono per il clima e in considerazione dei bassi tassi di interesse, avrà un ritorno tutto sommato decente.

Con questo denaro, la fondazione dovrà quindi finanziare misure per la protezione del clima, senza pagare interessi. Se la fondazione spenderà piu' denaro di quello che entra, sarà lo stato a dover aggiungere fino a due miliardi di euro all'anno per tenerla in funzione

Il governo federale si indebita ad un tasso piu' economico

Il vantaggio, tuttavia, sarebbe evidente: il finanziamento del programma di protezione del clima - Altmaier parla di un volume totale fino a 50 miliardi di euro - sarà, almeno in parte, esternalizzato su di un bilancio secondario. Nel bilancio federale, infatti, comparirebbero solo i pagamenti per la compensazione delle risorse a favore della fondazione. Il freno al debito (Schuldenbremse) inserito nella Legge fondamentale, che stabilisce limiti molto stretti per il deficito pubblico, non ne risentirebbe.
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giovedì 20 giugno 2019

Verso la recessione?

L'ipotesi di una recessione si fa largo anche fra le parole, di solito prudenti, dei grandi centri di ricerca e della Bundesbank. Si parla con insistenza della frenata dell'economia italiana, ma anche l'economia tedesca è ferma, e il secondo trimestre molto probabilmente avrà il segno negativo. Ne scrivono le Deutsche Wirtschafts Nachrichten e la Reuters



Il PIL della Germania, secondo le previsioni della Bundesbank, nel corso del secondo trimestre diminuirà. "La produzione economica tedesca nella primavera del 2019 potrebbe registrare un lieve calo", ha anticipato la Bundesbank nel suo rapporto mensile pubblicato lunedì. "Gli effetti straordinari che hanno contribuito a un notevole aumento del PIL nel primo trimestre dell'anno in corso stanno finendo o addirittura si stanno invertendo", chiariscono gli esperti della Bundesbank. Da gennaio a marzo di quest'anno l'economia era cresciuta dello 0,4%.

Il settore delle costruzioni nel trimestre in corso dovrebbe registrare un certo "effetto rimbalzo", dopo che l'attività invernale era stata notevolmente espansa a causa del clima particolarmente mite. "Inoltre, a causa delle difficoltà di consegna dovute all'introduzione del nuovo test sulle emissioni WLTP dello scorso autunno, gli acquisti di auto che per questo motivo erano stati posticipati, nel frattempo potrebbero essere già stati realizzati", afferma la Bundesbank.

Le esportazioni tedesche nel Regno Unito - uno dei principali mercati di sbocco - rischiano di soffrire per il caos della Brexit.

Nel complesso l'andamento economico di base rimane debole. "Il fattore decisivo resta la continua flessione del settore industriale", sottolinea la Bundesbank. L'industria soffre per i conflitti commerciali, a causa di un'economia globale più debole e dei rischi come la Brexit.

"Lo slancio dell'economia interna, tuttavia, resta fondamentalmente invariato", sottolinea la Bundesbank in considerazione di un livello occupazionale record, di salari crescenti e di bassa inflazione. "In questo senso perdura un quadro congiunturale diviso a metà."

Ad inizio giugno la Bundesbank aveva ridotto le sue previsioni di crescita per l'economia tedesca. Per quest'anno ci si aspetta una crescita dello 0,6 %, che nel 2020 dovrebbe raddoppiare passando all'1,2 %. Nel dicembre 2018, la banca centrale ipotizzava una crescita dell'1,6% per entrambi gli anni.




Secondo le previsioni dell'Istituto Ifo, l'economia tedesca nel trimestre in corso rallenterà. Il prodotto interno lordo nel periodo da aprile a giugno, infatti, dovrebbe diminuire dello 0,1% rispetto al trimestre precedente, come indicato martedì dal responsabile per le previsioni economiche dell'Ifo, Timo Wollmershäuser. Nell'estate del 2018, il PIL tedesco era sceso dello 0,2%. In seguito l'economia ha ristagnato, prima di registrare una ripartenza all'inizio dell'anno. Nonostante la difficile situazione in primavera, l'esperto dell'Ifo non si aspetta che ci siano due trimestri consecutivi negativi: "non abbiamo indicazioni per poter parlare di una recessione".

In considerazione dei conflitti sui dazi, del pericolo di una Brexit forse disordinata e delle crescenti tensioni tra Stati Uniti e Iran, le aspettative economiche degli investitori continuano a precipitare. Il barometro dello ZEW di Mannheim a giugno è sceso di 19 punti passando a - 21,1 punti. Al pessimismo generale contribuisce "anche una congiuntura economica tedesca sostanzialmente peggiore" all'inizio del secondo trimestre, ha detto il presidente dello ZEW Achim Wambach. Anche la Bundesbank recentemente si è aggiunta al coro dei pessimisti prevedendo un calo della produzione economica nel secondo trimestre. Da gennaio a marzo, il PIL è cresciuto dello 0,4 %.

Industria in recessione

Secondo l'Istituto Ifo l'economia tedesca crescerà meno della metà rispetto al 2018. Il prodotto interno lordo aumenterà solo dello 0,6%. L'istituto di ricerca RWI di Essen nelle sue previsioni ipotizza un aumento dello 0,8 %. "Segnali sempre piu' forti indicano che la crescita dell'economia tedesca sta rallentando", ha dichiarato Roland Döhrn, Chief Economist di RWI. "Ciò emerge, tra le altre cose, dall'andamento negativo degli ordini nel settore industriale e da una più debole creazione di nuovi posti nel mercato del lavoro".

Secondo l'esperto di congiuntura dell'Ifo Wollmershäuser, la produzione nel settore manifatturiero fortemente orientato all'export, dove viene generato un quarto del valore aggiunto, attualmente si trova in recessione. Allo stesso tempo i fornitori di servizi operanti sul mercato interno e il settore delle costruzioni, tuttavia, stanno registrando una crescita robusta. L'Istituto di Monaco prevede che l'economia tornerà a crescere e che la crescita dei prossimi trimestri sarà dello 0,3%. (...)

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Jörg Krämer: perché una procedura di infrazione contro l'Italia sarebbe controproducente

Jörg Krämer, il capo-economista di Commerzbank, su Handelsblatt ci spiega perché invece di avviare una procedura di infrazione contro l'Italia, bisognerebbe tornare alle origini dell'unione monetaria quando i singoli stati erano pienamente responsabili per il proprio debito. Per Krämer la disciplina imposta dai mercati finanziari, infatti, sarebbe piu' efficace delle procedure di infrazione della commissione. Ma cosa sarebbe accaduto a Commerzbank se il principio della responsabilità fosse stato applicato anche in passato? Ah saperlo... Da Handelsblatt


Che a prevalere nella disputa sul bilancio sia la commissione europea o il governo populista italiano, alla fine non avrà molta importanza. L'Italia continuerà a rifiutarsi di fare le riforme mettendo a repentaglio l'esistenza stessa dell'unione monetaria, almeno fino a quando non sarà essa stessa a dover sostenere direttamente il costo della sua errata politica di bilancio. Invece di imporre la sua politica di bilancio agli stati membri, l'UE dovrebbe accrescere la loro responsabilità.

E' fuori questione: il governo italiano dei populisti di sinistra e di destra persegue una politica economica irresponsabile. Sebbene il debito pubblico sia già più del doppio rispetto a quello consentito dal trattato di Maastricht, il governo intende ridurre in maniera massiccia le imposte sul reddito e annullare un aumento dell'IVA concordato con l'UE.

Minaccia inoltre di pagare le fatture ancora aperte con dei titoli di debito di piccolo taglio. Questi cosiddetti mini-bot potrebbero essere il nucleo di una valuta parallela che viola le leggi europee, dato che l'euro è l'unico mezzo di pagamento legale dell'unione monetaria.

Nel conflitto con l'UE, almeno a prima vista, i ruoli sono già chiaramente assegnati. Da buoni europei bisognerebbe schierarsi senza indugio dalla parte della Commissione europea, che nei confronti dell'Italia vuole avviare una procedura di infrazione per eccesso di deficit.

Ma la Commissione Europea, se pensa di poter forzare l'Italia ad andare contro il suo desiderio di felicità, cioè spingerla verso una politica fiscale sana, è sulla strada sbagliata. E ciò diventa ancora piu' evidente quando si osservano i due possibili risultati della disputa sul bilancio.

Lo scenario più probabile è che la Commissione europea stia facendo il viso duro, ma poi, come è già accaduto verso la fine dello scorso anno, alla fine si riesca a trovare un accordo con il governo italiano sulla base di un compromesso modesto che porta alla chiusura della procedura di infrazione. Ciò equivarrebbe ad un trionfo per il capo della Lega Matteo Salvini.

Dopo nuove possibili elezioni, la Lega potrebbe formare insieme a Forza Italia di Berlusconi e agli altri partiti minori di destra un nuovo governo senza il movimento populista di sinistra dei Cinque Stelle. La politica di bilancio irresponsabile potrebbe solo proseguire.

L'alternativa alla ritirata della Commissione europea sarebbe una  applicazione coerente della procedura di infrazione nei confronti dell'Italia - non influenzata dalle possibili turbolenze del mercato. Ma anche se la Commissione Europea fosse disposta a farlo, nel migliore dei casi riporterebbe a una vittoria di Pirro.

L'UE perderebbe anche l'ultimo spiraglio di simpatia fra gli elettori italiani, i quali non vogliono che le politiche economiche del loro paese vengano messe fuorilegge in maniera non democratica. I populisti allora soffierebbero sul fuoco del risentimento nei confronti dell'UE. In un clima così avvelenato e irrazionale, l'idea di fare le riforme necessarie all'economia di mercato non troverebbe alcun spazio. 

L'Italia mette in pericolo l'unione monetaria

Se nella disputa sul bilancio a prevalere dovesse essere la Commissione europea o se alla fine la Commissione deciderà di cedere, non è poi così importante. In entrambi gli scenari, l'Italia continuerà a rifiutarsi di fare le riforme, mettendo a repentaglio l'esistenza stessa dell'unione monetaria.

Il comportamento dell'Italia è dovuto al fatto che l'unione monetaria non tiene conto del principio di responsabilità proprio dell'economia di mercato. Non è solo l'Italia ad essere responsabile delle conseguenze della sua pessima politica economica e di bilancio. Piuttosto, se lo stato italiano diventasse troppo indebitato e quindi insolvente, porterebbe  con sé verso il fondo il resto dell'unione monetaria.

Il patrimonio netto delle banche è insufficiente per far fronte al default sui titoli di stato in loro possesso. Ma se nella terza economia della zona euro le banche dovessero crollare, verrebbe messa a repentaglio la stabilità dell'intero sistema finanziario, anche nel resto dell'area dell'euro.

I politici italiani sono consapevoli di questi effetti di contagio e ipotizzano che nel caso peggiore sarebbero espulsi dalla comunità internazionale, e in particolare dalla BCE. Questo problema di incentivi errati non può essere risolto con la tutela della politica economica dell'UE, ma solo ripristinando il principio di responsabilità.

Se gli italiani dovessero sostenere da soli i costi degli errori di politica economica, non continuerebbero a dare la loro fiducia e ad affidare il governo al populismo di destra e di sinistra. Una misura radicalmente positiva per riaffermare il principio di responsabilità sarebbe una nuova regolamentazione per la gestione del fallimento degli stati, come era già stata discussa alcuni anni fà.

Nelle condizioni delle obbligazioni verrebbe irrevocabilmente indicato che i creditori potrebbero perdere una parte dei loro soldi nel caso in cui il rapporto debito/Pil dovesse superare un determinato livello. Gli investitori verrebbero così a sapere in tempo utile se la situazione dovesse farsi pericolosa.

I rendimenti obbligazionari salirebbero sin da subito, tanto da permettere allo stato di prendere delle adeguate contromisure. Se il principio dell'auto-responsabilità dovesse sostituire la garanzia illimitata dell'UE, l'unione monetaria allora potrebbe sopravvivere anche nel lungo periodo.



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domenica 16 giugno 2019

Thomas Mayer - Perché i mini-bot sarebbero legali e perché la BCE li teme

Il professore Thomas Mayer, ex capo-economista di Deutsche Bank, dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung ci spiega perché i mini-bot sarebbero perfettamente legali e perché la BCE con i mini-bot probabilmente sarebbe costretta ad assumere quel ruolo di prestatore di ultima istanza che ha sempre rifiutato. Dalla Faz.net


Già alcuni anni fà l'italiano Claudio Borghi aveva proposto l'emissione di obbligazioni governative di piccolo taglio senza scadenza e senza interessi sotto il nome di "mini-bot". La sua intenzione era quella di creare una nuova valuta che potesse circolare parallelamente all'euro o sostituire l'euro. Nel loro contratto di coalizione, i partiti di governo Lega e 5 Stelle si sono accordati sulla possibilità di emettere tali mini-bot per il finanziamento del debito pubblico.


A fine maggio il Parlamento italiano ha votato una mozione rivolta al ministro delle finanze in cui si chiedeva di liquidare definitivamente gli arretrati dello Stato per diversi miliardi di euro, anche emettendo dei mini-bot. Mario Draghi, il presidente della Banca centrale europea (BCE), ha affermato che se i mini-bot venissero utilizzati come strumenti finanziari andrebbero ad aumentare il deficit di bilancio e il debito pubblico, mentre se dovessero funzionare come una moneta sarebbero invece da considerare illegali. Se il governo dovesse utilizzare i mini-bot per saldare le fatture non pagate ai suoi fornitori, di fatto non aumenterebbe il deficit di bilancio e il debito crescerebbe solo nella misura in cui i pagamenti in arretrato vengono ignorati, dato che la spesa è già stata effettuata e finanziata con dei prestiti involontari da parte dei fornitori. Con i mini-bot il credito del fornitore verrebbe solo convertito. I mini-bot, inoltre, non metterebbero in discussione l'euro come moneta a corso legale.

I mini-bot sono davvero illegali?

Di fatto nell'eurozona solo le banconote in euro hanno corso legale e possono essere utlizzate senza restrizioni. Le monete devono essere accettate solo fino ad un limite di 50 pezzi. E il denaro bancario con il quale paghiamo prevalentemente tramite bonifico bancario, non è (secondo la Bundesbank) un mezzo di pagamento legale. Se qualcuno può esigere il pagamento di un debito tramite bonifico bancario piuttosto che in contanti è ancora controverso e attualmente se ne sta occupando la Corte di giustizia europea dopo che il giornalista Norbert Häring ha insistito per poter pagare in contanti il suo canone radio-televisivo. I mini-bot quindi hanno molto più a  che fare con il denaro bancario di quanto non venga comunemente ipotizzato.

La moneta bancaria è denaro derivante dal credito privato creato tramite una licenza statale per l'esercizio del credito. I mini-bot sarebbero quindi un debito creato dallo stato (staatliches Schuldgeld). Entrambi gli strumenti sono  quindi un surrogato della moneta a corso legale in forma di banconote. Di conseguenza, la BCE non potrebbe vietare i mini-bot più di quanto non faccia con le banconote. Ci sarebbe tuttavia una differenza importante. Mentre le banche, con il supporto dei governi e della BCE, hanno accettato l'impegno di cambiare in banconote e alla parità la loro moneta per un importo fino a 100.000 euro, per i mini-bot non vi sarebbe una garanzia equivalente di cambio. Il tasso di cambio risulterebbe dall'offerta e dalla domanda. L'offerta sarebbe derivata dalle esigenze finanziarie dello stato.

La  domanda potrebbe essere stimolata, senza tuttavia imporre l'obbligo di accettazione, se lo stato fornisse uno sconto nel momento in cui il debito tributario viene saldato con dei mini-bot. Grazie ad un tasso di cambio flessibile da applicare al cambio in banconote andrebbe a modificarsi la natura dei mini-bot, i quali da semplice surrogato della moneta a corso legale si trasformerebbero in una valuta parallela. Ma se la moneta parallela non viene elevata al rango di mezzo di pagamento legale, non sarebbe affatto illegale, contrariamente a quanto affermato dal presidente della BCE Draghi.

Già il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis, nel 2015 aveva provato a introdurre una moneta parallela sul modello dei mini-bot con l'intenzione di dare al suo governo un nuovo strumento per finanziare la spesa. I creditori del governo greco lo avevano impedito. Il governo italiano si trova ora in una posizione molto più forte. Inizialmente potrebbe introdurre i mini-bot come un mezzo per liquidare gli arretrati, quindi estenderne il ruolo per finanziare ulteriori spese e infine creare una valuta parallela. Con la valuta parallela potrebbe costringere la BCE a dover intervenire per sostenere il suo debito sovrano. Perché lo stato creerebbe così tanti mini-bot che questi finirebbero per svalutarsi pesantemente nei confronti dell'euro, e in assenza di entrate fiscali in euro, si troverebbe nella situazione di non poter più pagare i suoi debiti in euro. L'Italia si troverebbe ad affrontare una bancarotta statale. Poiché ciò andrebbe contro la politica di difesa dell'euro ad ogni costo, la BCE sarebbe costretta ad intervenire come prestatore di ultima istanza. Per questa ragione la BCE si è già pronunciata in maniera molto chiara sui mini-Bot.