giovedì 14 marzo 2019

Intervista ad Andreas Nölke: "Non possiamo fare a meno dello stato nazione"

Andreas Nölke è professore di scienze politiche a Francoforte nonché la mente dietro il raggruppamento di sinistra Aufstehen!. Intervistato da Welt ci spiega perché non possiamo fare a meno dello stato nazione e perché l'immigrazione è un problema serio. Da Welt.


Welt: Herr Nölke, come professore di scienze politiche a Francoforte lei si è schierato a favore dello stato-nazionale. Perché?

Andreas Nölke: in realtà fra i sostenitori della sinistra è qualcosa di insolito, la maggior parte vorrebbe superare lo stato nazione. Io invece nel medio periodo non voglio, perché ci sono importanti funzioni che al momento vengono svolte meglio a livello nazionale. La democrazia, lo stato sociale e lo stato di diritto funzionano meglio nello stato nazionale che nell'UE. In questo senso, credo che l'aspirazione della sinistra a creare un super-stato europeo e poi uno stato mondiale non siano adeguate.

Welt: quindi apprezza le funzioni dello stato-nazionale, ma per ragioni diverse dalle destre?

Nölke: in realtà ci sono diversi motivi per sostenere lo stato nazionale. Non mi interessa il superamento della cultura tedesca. Ma lo stato-nazione, in quanto stato sociale, dispone dei mezzi per migliorare la situazione delle persone piu' svantaggiate, e rimane l'istanza più importante per protegge la loro libertà e sicurezza.


Welt: per quanto tempo ne avremo ancora bisogno?

Nölke: fino a quando non ci saranno segnali evidenti che la democrazia può funzionare meglio a un livello più elevato. Se emergesse un'opinione pubblica europea, se aumentasse l'identificazione con l'UE, se l'affluenza alle elezioni europee fosse più elevata - allora potremmo pensare di lasciarci alle spalle lo stato nazione.

Welt: quali elementi dell'UE sono anti-democratici?

Nölke: distinguo fra deficit democratico strutturale e attuale. Quest'ultimo include un'affluenza significativamente inferiore alle elezioni europee. La legittimità della democrazia si basa sulla volontà dei cittadini di andare a votare. Darei una maggiore legittimità a quel livello per il quale i cittadini votano con maggiore partecipazione.

Inoltre, anche alle prossime elezioni europee le questioni nazionali avranno un ruolo importante, anche perché non abbiamo un'opinione pubblica europea e sappiamo molto di più sulla politica di Berlino che non su quella di Bruxelles. Ma questi sono tutti problemi risolvibili. I deficit strutturali sono più difficili da risolvere.

Welt: quali sono?

Nölke: empiricamente, si può stabilire una stretta connessione tra le dimensioni di una comunità e il funzionamento della democrazia. Non so come ciò possa essere risolto nel quadro dell'UE. Inoltre, se osservo da sinistra vedo dei problemi con la mancanza di neutralità economica della costituzione europea. I trattati europei non erano destinati a diventare una costituzione, ma grazie all'interazione fra la Corte di giustizia europea e la Commissione sono diventati de facto una costituzione europea - attraverso due istituzioni con una legittimazione democratica estremamente indiretta.

Welt: cosa non la soddisfa dal punto di vista del contenuto?

Nölke: le quattro libertà fondamentali per i beni, i capitali, i servizi e il lavoro, sono state prima inserite nei trattati, con intenzioni di politica economica, per poi insinuarsi nella costituzione. Una cosa del genere, tuttavia, non dovrebbe trovare posto in una costituzione perché significa che queste libertà economiche non sono più accessibili al potere politico.

Ecco perché questa costituzione per me non è accettabile. Ci sono proposte per rimuovere queste norme dai trattati, sarebbero quindi soggette alla legislazione normale, e in quel caso non avrei alcun problema.

Welt: tra le quattro libertà fondamentali viene soprattutto contestata la circolazione illimitata dei lavoratori all'interno dell'UE. Questo diritto alla mobilità degli europei e l'accettazione della migrazione irregolare non sono forse di sinistra?

Nölke: dal mio punto di vista: no. Per me, in quanto uomo di sinistra, si tratta prima di tutto della protezione dei lavoratori. E una forte immigrazione mina le condizioni lavorative dei più deboli all'interno della nostra società. Perché è soprattutto la migrazione irregolare a portare da noi persone poco qualificate, fatto che aumenta la concorrenza in questo settore del mercato del lavoro. Diversi studi mostrano che un tale afflusso di lavoratori nel segmento meno qualificato ha effetti alquanto problematici. Dal punto di vista dell'economia nel suo complesso, tuttavia, l'immigrazione può anche avere degli effetti positivi.
Welt: a quali studi si riferisce?

Nölke: dopo la forte immigrazione da Cuba verso la zona di Miami, nell'ambito dell'esodo di Mariel del 1980, è stata osservata una ripresa generale dell'economia, ma una riduzione fino a un terzo del livello dei salari fra le persone meno qualificate. Un altro studio ha fornito un quadro simile dopo l'apertura da parte dell'Austria agli europei dell'Est nel 2011: è stato buono per il prodotto interno lordo, ma catastrofico per le persone poco qualificate.

Le aziende hanno un legittimo e razionale bisogno di ottenere una buona manodopera al miglior prezzo possibile. Un'alta offerta significa prezzi bassi. Tuttavia, questi interessi spesso non sono in sintonia con quelli della società ospitante, né con quelli delle società che hanno formato queste persone. E spesso nemmeno con quelli dei migranti stessi, molti dei quali preferirebbero vivere nel loro paese, ma lì non trovano lavoro.

Welt: non è forse ragionevole se molte persone provenienti da economie disfunzionali si spostano nelle aree economiche più forti? In questo modo non si aiutano i migranti e le aziende?

Nölke: nel breve termine, sì, ma il mio interesse si rivolge più che altro al sostegno alle aree economiche disfunzionali. Ciò riguarda anche la politica di sviluppo, ma soprattutto la politica del commercio estero. Ad esempio, negli ultimi 20 anni, l'UE ha optato per una politica di libero scambio molto più severa nei confronti dell'Africa sub-sahariana. Le esportazioni agricole stanno distruggendo grandi parti dell'agricoltura di quei paesi. Una politica economica esterna meno aggressiva aiuterebbe questi paesi molto più dell'emigrazione di una parte della loro popolazione verso l'Europa.

Welt:  almeno ora i dazi all'importazione sui beni africani sono stati ampiamente aboliti, in modo che questi paesi possano esportare a basso costo in Europa..

Nölke: sì, ma il problema riguarda molto meno i nostri dazi all'importazione, e molto di piu' invece la pressione esercitata sulle economie di questi paesi costretti ad aprire i loro mercati ai nostri prodotti. La mia ricerca sui modelli economici dei mercati emergenti mostra che i paesi con un protezionismo selettivo sono di gran lunga i paesi di maggior successo: India e Cina. Le economie emergenti, che volontariamente o forzatamente si sono aperte, spesso hanno strangolato l'economia locale.

A proposito, penso anche che la Germania dovrebbe frenare il suo forte orientamento all'export. Da un lato per rispetto nei confronti di queste economie, ma anche nel proprio interesse. Abbiamo il più forte orientamento all'export fra tutte le principali economie. Nel lungo termine, per la Germania non è una buona idea, siamo totalmente dipendenti da ciò che accade nell'economia globale come non accade a nessun'altra grande economia. Se ci fosse un'ondata di protezionismo, delle guerre commerciali o un crollo economico globale, la Germania sarebbe seriamente minacciata.

Welt: lei è una delle principali menti di Aufstehen, questo raggruppamento ha la possibilità di raggiungere una dimensione rilevante?

Nölke: penso che sia possibile, ma ci vorrà del tempo. Da un lato, vogliamo riunire persone che socio-economicamente pensano a sinistra, ma con i partiti di sinistra attuali, fortemente cosmopoliti e globalisti, non riescono a fare nulla. Dall'altro lato, vogliamo spingere verso un ripensamento all'interno della SPD e dei Verdi. Dopo una buona partenza, da due o tre mesi affrontiamo dei problemi organizzativi. Per ora non siamo un movimento forte, ma la situazione potrebbe cambiare rapidamente in una prossima crisi economica.

Welt: cosa significa per Aufstehen la partenza di Sahra Wagenknecht?

Nölke: il suo ritiro dalla ristretta cerchia della leadership di "Aufstehen" in favore di nuovi volti politici era già stato annunciato mesi fa. Mi aspettavo che sarebbe accaduto durante il congresso di giugno, quando dovrà essere eletta una nuova leadership. Da quel momento la fase di avvio, influenzata in maniera relativamente pesante da politici professionisti, sarà finita, e a prendere il timone saranno coloro che organizzano il movimento a livello locale. Questa attualmente è la vera forza di "Aufstehen".



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