Per la FAZ Mario Draghi passerà alla storia come il primo presidente della BCE a non aver alzato i tassi di interesse e soprattutto lascerà al suo successore un'eredità molto pesante. Per la stampa conservatrice Draghi resta l'autore di un enorme trasferimento di ricchezza ai danni dei risparmiatori e dei pensionati. Ne scrive Philip Plickert nel suo pistolotto sulla FAZ.
Venne, vide e abbassò i tassi di interesse. Quando quasi otto anni fa Mario Draghi è diventato il presidente della Banca centrale europea, il suo primo atto ufficiale fu il taglio dei tassi. I tassi di interesse e i tassi sui depositi vennero rapidamente portati sotto lo zero.
Draghi sta per entrare nei libri di storia come il primo presidente della BCE sotto la cui presidenza i tassi di interesse sono stati solo ridotti, e mai aumentati. Anche dopo cinque anni di crescita economica relativamente forte della zona euro, i tassi restano ancora a zero.
Inoltre, con un programma di acquisto titoli per trilioni di euro ha ulteriormente allentato la politica monetaria. Per i risparmiatori, che soffrono a causa dei mini-interessi e la cui previdenza per la vecchiaia perde valore, è davvero spiacevole.
Molti problemi vengono solo posticipati
Il Consiglio direttivo della BCE, in previsione di sviluppi economici e inflattivi più deboli, ha quindi deciso di posticipare ulteriormente il primo rialzo dei tassi. Si ipotizza che ciò accadrà non prima del 2020, vale a dire dopo la fine del mandato di Draghi alla BCE, previsto per la fine di ottobre.
Il suo successore, a cui lascia un bilancio molto inflazionato, si farà carico di una pesante eredità. Se l'economia dovesse continuare a scivolare, non è chiaro in che modo la BCE potrebbe contrastare la situazione: i tassi di interesse già ora sono al livello piu' basso. Una ulteriore riduzione del tasso sui depositi, già ampiamente in terreno negativo, all'interno del consiglio BCE non viene sostenuta da nessuno, assicura Draghi. Non si è nemmeno parlato di una ripresa degli acquisti netti di obbligazioni.
Se è onesto, dovrebbe però ammettere di aver già usato la maggior parte della polvere da sparo a disposizione della banca centrale. Negli Stati Uniti dopotutto la Federal Reserve già tre anni fa ha osato fare il primo passo sui tassi di interesse: il loro tasso ufficiale di interesse è già oggi al due e mezzo per cento. Se si presentasse il rischio di una recessione, la banca centrale americana potrebbe contrastarlo in maniera efficace. La BCE è invece è nuda.
In Europa tuttavia ci sono alcuni fattori strutturali che impediscono una vera e propria uscita da una politica monetaria accomodante: la BCE con i suoi bassi tassi di interesse e gli acquisti di obbligazioni di fatto sta sostenendo i paesi fortemente indebitati. Ad esempio difficilmente l'Italia potrebbe far fronte ad un aumento dei tassi di interesse.
Anche alcune delle banche che in buona parte dell'Europa meridionale stanno ancora soffrendo per i crediti deteriorati, difficilmente potrebbero sopravvivere a un'inversione di tendenza sui tassi di interesse. Di fatto, la BCE, con la sua politica dei tassi a zero, sta gestendo una grossa ridistribuzione di ricchezza dai creditori e dai risparmiatori, in favore dei debitori.
Tutto ciò fa parte del prezzo da pagare per "il salvataggio dell'euro". Il maestro dei tassi a zero, Mario Draghi, lo sa bene, e pensa anche che si tratti di un suo traguardo storico. Ma alla fine molti problemi vengono solo spostati nel futuro. E anche questo lui lo sa bene.
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